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Sommario del 01/07/2008
“Combattere la povertà, costruire la pace” è il tema scelto da Benedetto XVI per la Giornata mondiale della pace 2009
◊ “Combattere la povertà, costruire la pace”, è il tema - reso noto oggi - scelto da Benedetto XVI per la prossima Giornata mondiale della Pace, del 1 gennaio 2009. Tema che vuole sollecitare “una risposta urgente” “alla grave questione della povertà, “non una mera fatalità”, né un fenomeno da ricondurre ai soli fattori tecnici o economici. Lo scandalo della povertà” - si legge in una nota esplicativa - manifesta “l'inadeguatezza degli attuali sistemi di convivenza umana nel promuovere la realizzazione del bene comune”. “La risposta va allora cercata - sollecita la nota - prima di tutto nella conversione del cuore dell'uomo al Dio della carità”. Roberta Gisotti ha intervistato don Albino Bizzotto, fondatore dell’Associazione “Beati i costruttori di pace”:
D. - Quando parliamo di povertà dobbiamo intenderla certo come "problema materiale", ma ancor prima come problema "morale e spirituale". Perché don Bizzotto, questa sottolineatura nella nota che accompagna il tema?
R. - Credo che il punto nodale sia se noi scegliamo le persone prima di tutto il resto o se ci sono altre cose che ci importano più delle persone. Non basta soltanto lavorare contro la povertà, ma credo sia determinante riconoscerci poveri e in questo senso, allora, avere gli uni bisogno degli altri. Così, le persone acquistano immediatamente importanza, dignità e siamo anche capaci di 'cose nuove', volendoci bene.
D. - Povertà e malnutrizione non sono una "mera fatalità". Don Bizzotto, dalla sua esperienza, dove sono le maggiori manchevolezze?
R. - La prima manchevolezza, senza dare colpa a nessuno, è che ognuno di noi è cresciuto all’interno di un sistema dove noi siamo i privilegiati e gli altri devono soffrire, pagare, lavorare per i nostri privilegi. In questo tipo di mondo, chi deve cambiare di più non sono i poveri, ma siamo noi che siamo nel rango strutturale dei ricchi. E la seconda cosa, è che la politica, e cioè l’organizzazione delle Nazioni e degli Stati, non debba ancora continuare ad impegnare energie, attività e risorse soltanto per una sicurezza fondata sulla forza e fondata sulle armi di distruzione, piuttosto che impegnare tutta la capacità umana, ma anche tecnica, a favore della vita e delle necessità quotidiane delle persone.
D. - A dire il vero, già da tempo, non solo in ambito ecclesiale, ma anche politico ed economico, si evidenzia lo stretto collegamento tra povertà e pace. Così, infatti, leggiamo in numerosi documenti delle Nazioni Unite. Ma dalle parole difficilmente si passa ai fatti...
R. - La nostra pace è fondata sulla forza e imposta con la forza: non è la pace. E questo è il dramma che stiamo vivendo e rovesciare l’ottica dei responsabili sia dell’economia come della politica verso un rispetto dei bisogni elementari delle persone credo sia la necessità più urgente che abbiamo. Tutti, oggi, siamo impegnati per le cose più elementari: l’acqua, l’aria, la terra come luogo da dove provengono le cose per la vita di tutti quanti. Se continuiamo con la logica che fino a questo momento è stata quella che ha fatto prendere le decisioni più importanti credo che non avremo futuro.
D. - Forse, solo con una spinta dal basso di responsabilità individuali potremo muovere i vertici politici ed economici che decidono il futuro del Pianeta...
R. - Io credo che il buono e il cattivo sia ovunque, alla base come al vertice. L’importante è che siamo determinati. E per noi cristiani quella scelta della povertà che è anche l’annuncio di una felicità - cioè la condivisione totale con tutti quanti, fino ad essere capaci di non aver paura per noi, ma condividere tutto - felicità a fondamento di tutta la storia del cristianesimo e fondamento della novità dell’annuncio cristiano.
Dal 28 luglio all’11 agosto, il Papa trascorrerà un soggiorno a Bressanone. Da domani, il Pontefice si trasferirà nella residenza di Castel Gandolfo
◊ E’ oggi vigilia, per Benedetto XVI, del trasferimento nella sua residenza estiva di Castel Gandolfo. Il Papa la raggiungerà domani, subito dopo l’udienza generale in Aula Paolo VI. Cambia come di consueto, dunque, anche la recita dell’Angelus, che nelle domeniche del 6 e del 27 luglio verrà recitato nel Cortile interno del Palazzo Apostolico di Castel Gandolfo. Durante il periodo estivo - informa una nota della Prefettura della Casa Pontificia - sono sospese tutte le udienze private e speciali e lo saranno anche le udienze generali dei mercoledì 9, 16, 23 e 30 luglio.
Dal 12 al 21 di questo mese, infatti, Benedetto XVI sarà in Australia per la 23.ma Giornata Mondiale della Gioventù. Quindi, dal 28 luglio all’11 agosto inizierà per il Pontefice il soggiorno estivo a Bressanone, ospite del Seminario locale. Anche la recita dell’Angelus delle domeniche 3 e 10 agosto avverrà nella città della Valle d’Isarco. Le Udienze generali, conclude la nota vaticana, riprenderanno regolarmente da mercoledì 13 agosto e anche la recita dell’Angelus nelle domeniche e nelle solennità del periodo estivo avrà luogo nel Palazzo Apostolico di Castel Gandolfo.
I greco-cattolici siano "strumenti di crescita della Chiesa e di pace". Così il cardinale Leonardo Sandri che ha presieduto in Ungheria la cerimonia di intronizzazione del nuovo vescovo di Hajdúdorog, Fülöp Péter Kocsis
◊ Il clima di forte slancio ecumenico che ha segnato sabato scorso l’apertura dell’Anno Paolino, indetto per celebrare i due millenni dalla nascita dell’Apostolo delle genti, ha caratterizzato ieri anche la cerimonia di intronizzazione, presieduta in Ungheria dal cardinale Leonardo Sandri, del nuovo vescovo di Hajdúdorog, mons. Fülöp Péter Kocsis. Dopo il rito solenne, il prefetto della Congregazione per le Chiese Orientali ha poi visitato il santuario greco cattolico di Mariapócs, dove è custodita l’icona della Madonna che lacrima. Sul messaggio portato dal porporato al nuovo presule ed ai fedeli greco - cattolici ungheresi, ascoltiamo lo stesso cardinale Leonardo Sandri intervistato da Marta Vertse, incaricata della redazione ungherese della nostra emittente:
R. - Ho portato un messaggio di benedizione a nome del Santo Padre, ma soprattutto di incoraggiamento al nuovo vescovo, mons. Fülöp Péter Kocsis, e di ringraziamento al presule, mons. Szilard Keresztes, che finora aveva governato l’Eparchia di Hajdúdorog. E’ stato quindi un doppio gesto: verso il vescovo che ha trascorso nell’Eparchia vent’anni segnati da un generoso episcopato e verso quello che arriva pieno di entusiasmo. E’ un giovane monaco di 45 anni che speriamo porti tutti i suoi carismi di preghiera, di spirito, di Chiesa, di austerità. Speriamo che così arricchisca questa Eparchia. Io non soltanto ho portato un messaggio, un saluto, ma ho ricevuto veramente un’impressione ottima di questa Chiesa viva, di questa Eparchia greco-cattolica di Hajdúdorog. Mi hanno colpito la partecipazione dei fedeli, i canti. Hanno partecipato vescovi di altri Paesi come la Romania e l’Ucraina. Sono arrivati presuli perfino degli Stati Uniti e ha preso parte alla cerimonia anche tutto l’episcopato latino dell’Ungheria. Altri vescovi hanno dato veramente un tono di grande solennità e allo stesso tempo di comunione episcopale, che si è vista riflessa nella gioia di tutta la gente. C’erano anche il cardinale Péter Erdö, presidente della Conferenza episcopale ungherese, primate di Ungheria, ed il cardinale László Paskai, arcivescovo emerito di Budapest-Esztergom. Ho visto tanto laici tanti giovani. Questo è stato un segno bello.
D. - Eminenza, dopo la cerimonia, ha visitato il santuario mariano di Máriapócs, molto caro non solo ai fedeli ungheresi ma anche un luogo centrale nel bacino dei Carpazi. Quale vocazione storica attribuisce ai greco-cattolici della regione?
R. - Loro sono praticamente i custodi di questa reliquia, di questa presenza, di queste lacrime di Maria. Io credo che si possano interpretare come un segno della presenza di Dio. La Madonna che piange mostra il dolore del Signore per tutte le mancanze che ci sono nel mondo, soprattutto per le guerre, l’egoismo, le difficoltà per i cristiani nel mondo intero e specialmente nei Paesi dove ci sono le Chiese cattoliche orientali. Credo che i greco-cattolici in Ungheria possano ispirarsi a questo dolore della Madonna, a questa compassione del suo figlio Gesù per il mondo, ed essere tutti strumenti di crescita della Chiesa e di pace.
Oggi su "L'Osservatore Romano"
◊ In prima pagina, un articolo di Ettore Gotti Tedeschi sull'efficienza, sinonimo di solidarietà, nei sistemi sanitari.
In rilievo, nell'informazione internazionale, il Vicino Oriente: l'ONU plaude all'accordo tra Hezbollah e Israele.
In cultura, Antonio Paolucci ripercorre una storia di conversione: san Francesco raccontato da Giotto.
L'arte è quell'incontro che restituisce l'uomo all'uomo: Silvia Guidi intervista il poeta siriano Adonis.
Roberto De Mattei sull'eccellenza del latino, che sa cogliere la natura universale delle cose, traducendo in vocaboli e grammatica un intero sistema di valori: eppure è stato eliminato dalla scuola media e non rappresenta più la base della formazione culturale in Italia.
Torce umane per illuminare la notte: Fabrizio Bisconti richiama la memoria dei protomartiri romani uccisi al tempo di Nerone.
Nell'informazione religiosa, sulle difficoltà e le prospettive del dialogo ecumenico, intervista di Nicola Gori a monsignor Paolo Pezzi, arcivescovo della Madre di Dio a Mosca.
Brutale omicidio di un religioso salesiano in Nepal. Sospettato un gruppo terrorista. La testimonianza del vescovo, Anthony Sharma
◊ I sacerdoti che operano in Asia contano da oggi una nuova vittima e per la prima volta in Nepal. Ad essere crudelmente ucciso, la notte scorsa, è stato un sacerdote Salesiano di 62 anni, padre John Prakash. Autori dell'omicidio, secondo le prime indagini, alcuni estremisti, come ci racconta, nel suo serrvizio, Maria Grazia Coggiola:
Sarebbe stato un gruppo armato locale, attivo nella turbolenta regione nel sud del Nepal, ad uccidere il salesiano John Prakash, preside di una scuola a Sirsiya, distretto orientale di Morang. Le circostanze dell’uccisione, avvenuta la scorsa notte, non sono ancora chiare: il commando armato, che avrebbe lasciato dei volantini sul posto, ha ucciso il sacerdote con l’esplosione di una bomba, che ha anche danneggiato l’edificio della sua residenza, inaugurato un anno fa. Padre John Prakash, di 62 anni, originario dello Stato indiano del Kerala, lavorava in Nepal da 10 anni, in una regione dell’ex Regno hymalayano che è particolarmente arretrata. Al momento dell’aggressione si trovava con un altro salesiano, che è scampato all’attentato. Sembra che il movente dell’omicidio sia un tentativo di estorsione: in due precedenti occasioni, l’organizzazione sospettata dalla Polizia locale aveva chiesto una somma di denaro al preside della scuola. Il vescovo del Nepal, mons. Anthony Sharma, ha duramente condannato il brutale assassinio, che è il primo di un prete cattolico in Nepal. E proprio mons. Anthony Sharma racconta qualcosa dell'uomo e del sacerdote, che da sette anni lavorava con gli indigeni Santhals - sia cristiani che non cristiani - con un programma sociale, organizzato e sostenuto dalla Comunità Europea. L'intervista è di Emer McCarthy, della redazione inglese della nostra emittente:
R. - A wonderful man...
Un uomo meraviglioso, con un grande cuore, molto generoso, non pensava mai a se stesso, ma sempre agli altri. Ci sono state altre minacce, però, nel passato, perchè il Nepal è un Paese a maggioranza indù, e questi estremisti vogliono che cristiani e musulmani lascino il Paese. Questa era la minaccia, ma pensavamo che il problema fosse risolto, perchè avevamo avuto un piccolo dialogo con loro. Ma poi hanno trovato delle scuse per compiere questo gesto al padre.
D. - Può spiegare perchè questo attacco, diretto ad un prete cattolico? E’ una questione religiosa o politica?
R. - Well, now Nepal has been declared…
Adesso il Nepal è stato appena dichiarato uno Stato laico. La nuova Costituzione che sta per essere scritta sarà una Costituzione laica. Il re Gyanendra, monarca indù, non è più al potere e questo non rappresenta una buona situazione per gli estremisti indù, perchè finora il Nepal è stato l’unico regno indù nel mondo: si sono sentiti privati dei loro privilegi. Lo stesso gruppo in precedenza aveva messo una bomba durante un incontro di preghiera della comunità musulmana nel Nepal dell’est, non molto lontano dal luogo dove il prete è stato ucciso. In quello scoppio, due membri musulmani sono stati uccisi. Quindi, la loro intenzione è quella di suscitare paura e di scacciare i cristiani dal Paese. Ma questo non accadrà.
Indagine della Caritas sugli immigrati nell'area romana: sono istruiti, laboriosi, poco inclini al consumo e aperti alla solidarietà. Intervista con Franco Pittau
◊ Come vivono gli immigrati nella zona di Roma e quali opportunità occupazionali trovano? A queste domande risponde il volume intitolato “Le condizioni di vita e di lavoro degli immigrati nell’area romana”, che verrà presentato questo pomeriggio a Roma nell’Auditorium di Via Rieti. Il libro è curato dal Centro Studi e Ricerche IDOS, dalla Caritas italiana e dalla Caritas diocesana di Roma. Dall’indagine, che ha preso in esame 900 persone di 69 nazionalità, emerge un profilo dell’immigrato molto diverso dallo stereotipo dello sbandato o del criminale. E’ quanto sottolinea, al microfono di Fabio Colagrande, il coordinatore del Dossier statistico Immigrazione della Caritas, Franco Pittau:
R. - Le persone che hanno risposto, sono delle persone normali: l’immigrato della porta accanto. Abbiamo scoperto che sono persone come noi, anzi più istruite di noi. Questo è un dato non certo trascurabile, perchè come era già emerso nel censimento del 2001, gli immigrati hanno rivelato un livello di istruzione veramente encomiabile. Se lo confrontiamo con i lavori che svolgono, notiamo che l’istruzione non si oppone all’umiltà e che molte volte sono disponibili a fare di tutto: magari sono laureati, conoscono due-tre lingue e fanno le collaboratrici familiari e domestiche. Tutto sommato una bella lezione.
D. - Anzitutto, da questa vostra ricerca viene fuori che è elevata tra gli immigrati la percentuale di coloro che hanno un livello di istruzione superiore; le mansioni umili sono le più ricorrenti, ma aumentano anche gli inserimenti qualificati come operai specializzati, impiegati, imprenditori, medici ed interpreti…
R. - Sì, questo è positivo. Anche perché ancora la stragrande maggioranza si trova ai livelli più bassi, perchè in fondo sono questi i lavori che noi lasciamo liberi per chi viene da fuori. Progressivamente, vediamo però che magari uno è bravo come operaio specializzato o molto bravo a scuola e quindi lo scegliamo come mediatore. Iniziamo, quindi, anche ad apprezzare persone che si inseriscono negli uffici, ne apprezziamo la loro conoscenza linguistica. C’è un lento progresso che compie l’immigrazione e che induce a ben sperare, perchè chi lavora bene alla fine - seppur molto lentamente - vede riconosciute le proprie capacità.
D. - Le retribuzioni tra gli immigrati dell’area romana non sono elevate: 916 euro al mese di media. La gran parte vive in affitto, i due terzi sono soddisfatti del proprio lavoro e cercano di farsi bastare quello che hanno, frequentando per gli acquisti supermercati e discount…
R. - Questa è la virtù della parsimonia, che noi abbiamo un po’ perduto. E’ bello mostrare che chi viene da Paesi più poveri e da situazioni più povere, apprezza molto di più quello che gli viene messo a disposizione. Un italiano con 916 euro al mese si sarebbe definito, nel più delle volte, un povero. Questi immigrati intervistati si sono definiti, invece, abbastanza, contenti e molto fiduciosi verso il futuro.
D. - Come scrivono mons. Nozza della Caritas italiana e mons. Di Tora della Caritas diocesana di Roma, legalità e solidarietà si possono coniugare in modo fruttuoso nel campo dell'immigrazione?
R. - Io penso che la politica dell'integrazione, seppure contenendo alcuni aspetti di severità - perchè ci devono essere delle regole da rispettare - debba essere il cuore della politica migratoria, puntando su valori cone l'accoglienza, il coinvolgimento, la condivisione. Se noi dimentichiamo questo, non avremo mai una società coesa, pur sapendo che l'immigrazione da adesso e per molti anni a venire sarà una parte essenziale della nostra società.
La condanna dello stupro come "arma di guerra" da parte dell'ONU: l'opinione di Carola Carrozzone
◊ “Un atto storico”, così Human Rights Watch ha commentato la recente condanna da parte del Consiglio di Sicurezza ONU dello stupro come arma di guerra. La risoluzione dei Quindici approvata all’unanimità, minacciando indirettamente di portare i colpevoli di fronte alla Corte penale internazionale de L’Aja, chiede “la cessazione completa della violenza sessuale contro i civili, con effetto immediato”. Paolo Ondarza ha raccolto il commento di Carola Carazzone, responsabile dei diritti umani del VIS, il Volontariato internazionale per lo sviluppo:
R. - E’ un atto molto importante, in linea con un movimento sempre più consistente contro la violenza di genere e colma un lacuna del diritto internazionale dei diritti umani.
D. - Perchè, cosa accadeva finora?
R. - Finora, lo stupro era riconosciuto come crimine contro l’umanità se perpetrato in modo massiccio, quindi con dei criteri più restrittivi.
D. - E' nel definirlo un’arma di guerra che sta il valore di questa condanna?
R. - Sì, perchè è un dato di fatto che sia davvero una delle forme più gravi di violenza contro le donne, che ha conseguenze e impatto non soltanto sulla donna ma sulla famiglia e su eventuali figli.
D. - Vuole aiutarci a capire quali sono gli scenari più gravi a livello globale in cui la pratica dello stupro viene perpetrata?
R. - Non credo ci possa essere una identificazione geografica. Penso sia veramente un problema che riguarda il mondo nella sua totalità.
D. - Si minaccia di portare i colpevoli di fronte alla Corte penale internazionale dell’Aja…
R. - E’ proprio la strada che speravamo prendesse. Il fatto di dare alla Corte penale internazionale dell’Aja la giurisdizione su questo consente la giustizialità diretta e piena, perchè la Corte è penale internazionale è appunto un tribunale che emette delle sentenze legalmente vincolanti per i Paesi che lo hanno ratificato.
D. - Quanto, secondo lei, questa condanna sarà ascoltata da quelle parti coinvolte nei conflitti armati e più responsabili degli stupri?
D. - Io penso che questo sia un primo segnale. Ovviamente, bisogna lavorare per costruire una cultura di pace e una cultura di rispetto della dignità di ogni uomo e ogni donna sulla terra e il diritto da solo può fare ben poco.
I primi tre anni di Pontificato di Benedetto XVI nel libro fotografico di Giuseppe De Carli: "Benedictus, servus servorum Dei"
◊ Tra le molte testimonianze su Benedetto XVI, c'è una che proviene dal mondo giornalistico e fa il punto sui primi tre anni di Pontificato. E' quella di Giuseppe De Carli, responsabile della struttura Rai-Vaticano, autore del libro fotografico "Benedictus, servus servorum Dei", edito da Rai-Eri, Elledici e Editrice Velari, e corredato della prefazione di mons. Rino Fisichella. Padre Vito Magno ha parlato del volume con l'autore:
R. - Sono molto colpito dal suo efficacissimo minimalismo comunicativo. Noi siamo passati dall’"eruzione" carismatica e comunicativa di Giovanni Paolo II a questa comunicazione di Papa Benedetto XVI che è tutta centrata sulla parola: cerca di farci amare il Dio che lui ama. Il modo di apparire di Papa Wojtyla è stato "centrifugo": ha obbligato noi giornalisti e tutto il circuito dei mass media ad uscire da noi stessi per seguirlo dappertutto. Quello di Papa Benedetto XVI, invece, è un moto "centripeto": obbliga i media ad affacciarsi sul mistero che la Chiesa rappresenta con le sue liturgie, la sua traditio teologica. Mi fa felice in Benedetto XVI questa sua grande cultura e grande conoscenza, non solo che del testo biblico, ma dei Padri della Chiesa, si vedano le catechesi di ogni mercoledì.
D. - A proposito delle catechesi del mercoledì, all’inizio del Pontificato si diceva: questo Papa svuoterà le piazze e riempirà le chiese. Ma le piazze sono ora anche più piene. Perché la gente va ad ascoltare Benedetto XVI?
R. - L’ascolta perché sa di incrociare in lui quello che è il desiderio della nostra ricerca di Dio. Non ci dice “questo è Dio”, ma “mettetevi alla ricerca di Dio e se lo cercate con pazienza e con lo slancio del cuore, lo troverete”.
D. - Avendo conosciuto il cardinale Ratzinger già prima del Pontificato, c’è in lui qualcosa che ti ha colto di sorpresa?
R. - Ci sono già dei discorsi che mi hanno lasciato sorpreso. Posso dire che non è un Pontificato di governo, non è che sia venuto per risistemare la Curia. e' come se avesse detto: io non sono venuto per ascoltare e per aiutarvi ad arrivare alla conoscenza del volto di Cristo. Dei discorsi, uno dei più persuasivi, secondo me, è stato quello alla Curia vaticana nel Natale 2005, quando ha dato la sua interpretazione della eredità del Concilio Ecumenico Vaticano II.
D. - Tra quando era cardinale e ora da Papa c’è in Benedetto XVI continuità o discontinuità?
R. - Ritengo che non ci siano degli scatti, c’è la grazia di Stato: lui ha "imparato" a fare il Papa e ha imparato anche molto velocemente. Adesso si concede molto di più, adesso non teme il contatto fisico, se si pensa che avevamo a che fare con un professore e un grande teologo: l’architrave del Pontificato di Giovanni Paolo II. E’ rimasta in lui la curiosità e poi questa grande onestà intellettuale. E poi, posso dire una cosa? Sembrerebbe curioso dirlo di un Papa: in lui si nota la felicità di essere cristiani.
D. - Giovanni Paolo II resterà nella storia per avere sconfitto il comunismo. Benedetto XVI per che cosa lo sarà?
R. - Difficile dirlo adesso. Diciamo che lui intanto è già nella storia per i libri che ha scritto. Possiamo definirlo l’ultimo intellettuale dei nostri tempi, perché difende la ragione. La ragione non deve autolimitarsi. La religione cristiana è una religione ragionevole, altrimenti cadrebbe nel mito e nella superstizione. Quindi, ragione e fede. Ed è il Papa dell’era di Internet e della grande comunicazione, come ha dimostrato facendosi intervistare già tre volte.
ANNO PAOLINO: celebrazione della Famiglia Paolina nella Basilica ostiense
◊ Per ricordare, come tutti gli anni a fine giugno, con una speciale celebrazione eucaristica San Paolo loro “ispiratore e padre”; per festeggiare i membri delle dieci istituzioni della loro Famiglia che ricordano tappe significative di vita consacrata (25 o 50 anni e oltre di professione religiosa o di ordinazione sacerdotale); e per rendere grazie al Signore del dono dell’Anno Paolino, parecchie centinaia di Paolini e Paoline hanno voluto riunirsi questa mattina nella Basilica papale di San Paolo fuori le Mura. Molti di essi provenienti dalle 60 nazioni in cui operano. E questa loro presenza in tutti i continenti si è colta durante la Santa Messa al momento della Preghiera dei fedeli recitata in tante lingue. Don Silvio Sassi, superiore generale dei Paolini, introducendo il rito, ha sottolineato il significato di ritrovarsi in preghiera, come il loro fondatore beato Giacomo Alberione , “sulla tomba dell’Apostolo che tutto si prodigò per i popoli delle nazioni e in ideale continuità con i Paolini e le Paoline che nel 1926 da Alba vennero a Roma per iniziare, dal centro della Cristianità, l’opera missionaria sulle orme dell’Apostolo delle Genti”. Furono accolti dal Padre Ildefonso Schuster, allora Abate dei Monaci benedettini dell’Abbazia di San Paolo fuori le Mura, oggi coinvolti nella celebrazione e nei festeggiamenti. La Messa è stata segnata da due speciali cerimonie: il rinnovo degli impegni di consacrazione di religiosi e religiose che hanno celebrato i giubilei; e la consegna, ad essi, da parte delle novizie delle “Figlie di San Paolo” e delle “Pie Discepole del Divin Maestro” di una recente edizione critica delle “Lettere” dell’Apostolo. Ieri sera intanto per l’apertura dell’Anno Paolino la Basilica Papale di San Paolo fuori le Mura, gremita, ha ospitato un concerto straordinario di altissimo livello artistico nel quale è stata eseguita, per la direzione del maestro Lorin Maazel, “La creazione” di Franz Joseph Haydn”. Opera che ha come fonte la Genesi, lo stesso racconto biblico che ha ispirato molte sculture del celebre Baldacchino di Arnolfo di Cambio che sovrasta il sepolcro di San Paolo; ed infatti le riprese televisive dell’ esecuzione, che pure hanno spaziato sui tanti capolavori d’arte del tempio, si sono soffermate su questa coincidenza. In un breve indirizzo di saluto, l’Arciprete della Basilica, cardinale Andrea di Montezemolo, ha sottolineato l’eccezionalità dell’evento musicale che, organizzato dal maestro Enrico Castiglione, presidente dell’istituzione romana “Festival di Pasqua”, ha avuto come interpreti i solisti Chiara Taigi, Elena Belfiore, Marius Brenciu, Tomas Tomasson e Andrea Concetti, la Schola Cantorum Santa Maria degli Angeli-Aramus diretta dal maestro Osvaldo Guidotti e l’Orchestra Symphonica Toscanini”. La registrazione televisiva del concerto sarà diffusa da RAI UNO sabato 12 luglio alle ore 9,30. (A cura di Graziano Motta)
ANNO PAOLINO: celebrazioni d’apertura in tutte le diocesi della Cina
◊ Anche nelle diocesi della Cina, tra il 28 e il 29 giugno, è stato aperto con celebrazioni solenni l’Anno paolino, che si concentrerà sul tema dell’evangelizzazione seguendo le orme del Santo di Tarso, come riferisce l’agenzia Fides. Nella parrocchia di Lin He, nella diocesi di Ba Meng, nella provincia della Mongolia interna del continente, circa 500 fedeli hanno preso parte alla Processione eucaristica guidata da sacerdoti e fedeli che con il battesimo assumeranno i nomi Pietro o Paolo e cui è seguita un’ora di adorazione. Nelle parrocchie di Gui Yang, in un clima di preghiera e raccoglimento, i fedeli hanno letto e studiato insieme le Lettere paoline. Nella parrocchia di Bei Tang, in particolare, è stato contemporaneamente aperto l’Anno dell’Evangelizzazione della Parrocchia, durante il quale si opererà per la sensibilizzazione alla responsabilità missionaria dei credenti. Nella provincia di Shaan Xi, la parrocchia di Xing Ping si occuperà di approfondire l’insegnamento paolino attraverso un programma di studio delle 14 lettere del Santo. La diocesi di Nan Chong, nella provincia del Sichuan duramente colpita dal terremoto, la Celebrazione eucaristica si è svolta nella piazza dei 12 apostoli del Seminario di San Benedetto: per tutta la giornata i sacerdoti si sono resi disponibili per le confessioni e hanno spiegato lo “spirito paolino” e le motivazioni che hanno spinto Papa Benedetto XVI a indire l’Anno paolino in occasione del bimillenario dalla nascita del Santo di Tarso. (R.B.)
ANNO PAOLINO: il Vicariato apostolico di Phnom Penh, in Cambogia, scrive una lettera ai giovani
◊ Una lettera Pastorale firmata da mons. Emiles Destombes, vicario apostolico, è stata diffusa dal Vicariato di Phnom Penh, capitale della Cambogia. La lettera, come riferisce l’agenzia Fides, è rivolta particolarmente ai giovani affinché trovino nuovo slancio per diventare “testimoni di Cristo” e prende in prestito le parole della Lettera di San Paolo ai Corinzi: “Non è infatti per me un vanto predicare il Vangelo; è per me un dovere”. Il Vicariato ha poi rivolto un invito alle organizzazioni cattoliche a sostenere e stimolare i giovani perché riscoprano la chiamata del Signore. A ogni comunità locale è stata inoltre inviata una presentazione dell’Apostolo redatta dalla Chiesa locale e un piccolo commentario sulle Lettere del Santo di Tarso perché “la nostra piccola Chiesa sia segno di pace e di amore nella società cambogiana”. Molti sacerdoti, religiosi e catechisti avranno anche la possibilità di partecipare a giornate di formazione sulla teologia paolina predisposte dal Vicariato. Per le scuole, infine, è disponibile un video che racconta la vocazione di San Paolo e i suoi viaggi missionari. (R.B.)
ANNO PAOLINO: i vescovi di Malta: “Paolo come guida nelle foschie del nostro tempo”
◊ “La forza delle sue parole e della sua visione ci dovrebbe aiutare cosicché, sul suo esempio, non rinunciamo a proporre e a costruire un nuovo ordine nella vita pubblica e nel Paese”. Mons. Paul Cremona, arcivescovo di Malta, e mons. Mario Grech, vescovo di Gozo, ribadiscono l’importanza di San Paolo come modello per i cristiani di oggi nell’auspicio che conclude la Lettera pastorale pubblicata in occasione dell’apertura dell’Anno Paolino. Nel messaggio citato dal Sir, i presuli rammentando il naufragio di San Paolo sull’isola di Malta, definiscono l’evento “una benedizione e un privilegio” e guardano all’Apostolo delle genti come al “nostro padre nella fede”. Di qui l’importanza che l’Anno Paolino “non costituisca soltanto l’occasione per un gran numero di celebrazioni”, ma “nei naufragi che molti di noi devono affrontare tutti i giorni”, sia opportunità per “riscoprire la forza che deriva dalla fede”. “In ogni tempo – si legge ancora nella Lettera – la comunità cristiana ha bisogno di riscoprire la propria identità”: di qui la necessità di “ritornare alle sue radici” e di guardare a San Paolo che “anche oggi ha molto da dirci”. Di fronte alla cultura pagana “Paolo ha necessariamente dovuto essere radicale, radicale e controverso” osservano ancora i vescovi di Malta e Gozo. Nonostante il clima contrario “alla proclamazione della fede”, egli “non ha provato imbarazzo, né ha provato timore, non ha misurato le parole, non ha rinunciato alla sua prontezza”. “Coraggioso con chi proponeva compromessi”, “forte con chi era causa di divisione”, “chiaro sulle questioni morali”, l’Apostolo “può esserci guida nelle foschie del nostro tempo, quando siamo tentati di fare retromarcia di fronte alla fede perché ci sentiamo imbarazzati o intimoriti”. Per i due presuli la nostra società è “molto simile” a quella “dei tempi di San Paolo” e “si aspetta da noi, comunità cristiana, una risposta che sia anzitutto autentica e convinta testimonianza”. Famiglia, eguaglianza, schiavitù, sessualità, condizione della donna: questi alcuni dei temi trattati dall’Apostolo alla luce della verità del Vangelo, anche “quando ciò che egli affermava era in contrasto con le opinioni del tempo”. Di qui l’esortazione conclusiva ai cristiani di oggi a costruire sul suo esempio un nuovo ordine sociale: “Il nostro Paese ha assolutamente bisogno del lievito della convinzione e della verità della fede”. (M.G.)
ANNO PAOLINO: in un editoriale dell’Osservatore Romano, la missione della Chiesa di Roma
◊ L’Osservatore Romano, in un editoriale del direttore Gian Maria Vian in occasione dell’apertura dell’Anno paolino, ha collegato la figura di San Paolo al ruolo della Chiesa di Roma, riprendendo le parole pronunciate da Papa Benedetto XVI in questi giorni. “Un maestro che parla ogni giorno attraverso le sue lettere – ha definito Vian il Santo di Tarso – un uomo la cui fede non è una teoria, un’opinione su Dio e sul mondo, ma l’impatto dell’amore di Dio sul suo cuore”. “L’esperienza di vita di Paolo mostra ai cristiani la via dell’unità che si trova nel servizio alla verità”, scrive ancora il direttore, sottolineando che la Chiesa ha sempre affiancato la figura di Paolo a quella di Pietro, apostoli che hanno condiviso la missione di “aprire la Chiesa all’ecumene, cioè all’intero mondo allora conosciuto, senza alcuna barriera”. “Roma deve rendere visibile la fede a tutto il mondo – ha concluso Vian – la missione di Pietro è far sì che la Chiesa sia di tutti e, in continuità con la tradizione apostolica, questo è il compito della Chiesa di Roma”. (R.B.)
I segretari generali delle Conferenze episcopali d'Europa chiedono di intensificare "la rete del bene" per la stabilità del continente
◊ Si è chiusa ieri a Covadonga, in Spagna, la riunione dei Segretari generali delle Conferenze episcopali d'Europa. L’iniziativa è stata promossa dal Consiglio delle Conferenze Episcopali d’Europa (CCEE) e si è svolta su invito della Conferenza episcopale spagnola e del suo segretario Mons. Juan Antonio Martínez Camino, vescovo ausiliare di Madrid. In questa località nel cuore dell’Asturia, spazio geografico ricco di storia e di spiritualità, i Segretari Generali hanno realizzato le sessioni di lavoro nella sede dell’istituto Mariológico “Nuestra Señora de Covadonga”, e celebrato nel Santuario e nella grotta della Vergine. Il tema fondamentale della quattro giorni che i segretari generali hanno affrontato è stato “La situazione religiosa in Europa: tra secolarizzazione e domanda di senso e di spiritualità”. Nella nota conclusiva i presuli hanno analizzato la crisi di valori che colpisce la società del vecchio continente, mettendo l’accento sulla necessità espressa da molti giovani nel cercare “vie per superare un deludente materialismo e riscoprire la realtà del trascendente, del vero, del bello e del buono”. “Questa ricerca è nel contesto di un crescente pluralismo religioso, soprattutto originato dalle migrazioni, che crea una specie di “gara” tra religioni e tra verità – si legge ancora nel comunicato -. In questa situazione complessa si afferma la tendenza ad una certa liquefazione della fede cristiana dove manca il riferimento alla dimensione oggettiva della fede e dove si costruisce la morale in modo privato attraverso proprie rappresentazioni ed emozioni”. In questo contesto i presuli mettono in guardia dalla diffusione di una visione distorta della missione della chiesa “la quale spesso è vista in modo riduttivo come istituzione civile, interessante solo per il suo impegno per la solidarietà e l’ambiente. Insieme si registra l’affermarsi di un ateismo umanista aggressivo, proprio di una minoranza, ma molto presente nello spazio mediatico e pubblico”. “Esistono molte esperienze, che dicono che si può vivere il Cristianesimo anche in una cultura secolarizzata. La prossima GMG in Australia e i numerosi incontri di giovani che si realizzeranno nei vari paesi europei in contemporanea a Sydney, sono un segno di questa possibilità”. Dopo aver analizzato radicali cambimenti che hanno cambiato la società europea negli ultimi 15 anni i presuli hanno infine esortato l’approfondirsi della rete e della comunione tra le Conferenze episcopali del continente “che permette una risposta significativa” a grandi interrogativi di oggi. “Questo è il senso del servizio del CCEE: intensificare questa “rete del bene””. “L’Europa ha bisogno di ritrovare la strada – affermano infine i presuli -. Una rete di esperti delle Conferenze episcopali può contribuire ad affrontare le delicatissime problematiche etiche che sono spesso nell’agenda dei governi nazionali e degli organismi europei, come l’eutanasia, le cure palliative, la ricerca sulle cellule staminali, l’aborto”. L´incontro dei segretari generali delle Conferenze episcopali d´Europa del 2009 si terrà in Ucraina a Leopoli il 9-13 luglio. (M.G.)
Zimbabwe: la Chiesa cattolica, che subisce intimidazioni, continua a chiedere il rispetto dei diritti umani
◊ "Alcune congregazioni religiose cattoliche nello Zimbabwe sono state messe sotto pressione perché abbandonino il loro servizio ecclesiale. Domenica in molte parrocchie si è comunque celebrata la Messa, anche se ad alcuni sacerdoti è stato impedito di recarsi a celebrare nelle località più lontane, oppure sono stati avvisati dai laici del luogo di non recarvisi per motivi di sicurezza". All'indomani della rielezione del presidente Robert Mugabe, giudicata una farsa da gran parte della comunità internazionale, la Chiesa cattolica nello Zimbabwe continua a denunciare le angherie alle quali sono sottoposti i suoi rappresentanti ed i suoi fedeli. In una pubblicazione dei Gesuiti nello Zimbabwe ("In Touch with the Church and Faith"), inviata all'agenzia Fides, si afferma che la Caritas locale ed altre realtà della Chiesa locale, "stanno cercando di assistere gli sfollati senza curarsi delle loro appartenenza ecclesiale. Vi sono dei tentativi di bloccare le attività della Caritas, allo stesso modo di quanto fatto con le ONG, anche se la Caritas non è un'Oorganizzazione non governativa". Alcuni sacerdoti sono stati vittime di violenze: ad un prete è stata anche distrutta l'abitazione. I Vescovi dello Zimbabwe, alla vigilia del ballottaggio presidenziale del 27 giugno, chiedevano la cessazione delle violenze, la neutralità delle forze armate e di polizia, l'invio di osservatori internazionali per garantire la regolarità del voto, e richiamavano gli organi di sicurezza a proteggere la vita ed i beni dei cittadini comuni. Anche le Conferenze episcopali di alcuni Paesi africani sono intervenute per denunciare il clima di violenza e per esprimere la loro vicinanza al popolo dello Zimbabwe. (R.P.)
Myanmar: migliora la collaborazione con il governo militare per i soccorsi alle vittime del ciclone Nargis
◊ In Myanmar proseguono con efficacia le operazioni di soccorso e assistenza a milioni di persone colpite dal ciclone Nargis e migliora anche la cooperazione tra il governo birmano e l'ONU. A darne notizia sono le Nazioni Unite in una nota ripresa dalla Misna, dopo che per settimane avevano registrato il forte ostruzionismo dellla giunta militare al potere. “Il grado di cooperazione è migliorato drasticamente” ha detto Dan Baker, coordinatore per l’ONU degli aiuti umanitari per il Myanmar. “I visti richiesti dall’ONU per l’accesso e i permessi per spostarsi nel paese vengono tutti autorizzati, seppure non così velocemente come vorremmo” ha aggiunto. Finora 290 operatori internazionali dell’ONU e centinaia di altre organizzazioni umanitarie e non governative internazionali hanno avuto accesso al paese. I visti hanno una durata di due settimane ed è possibile chiedere un rinnovo. Decisamente minori anche le restrizioni di accesso alle zone più disastrate nel Delta dell’Irrawaddy, ha fatto sapere Baker. Secondo dati ufficiali sono 138.000 i morti e i dispersi provocati dal ciclone che si è abbattuto sul paese tra il 2 e 3 maggio scorso. Solo tra l’11 e il 20 giugno è stato possibile fare una prima ricognizione internazionale nelle zone più colpite, da parte del cosiddetto ‘Tripartite core group’ composto da tre incaricati governo militare birmano e altrettanti dell’ONU e dell’Associazione dei paesi del sudest asiatico (ASEAN); il gruppo ha constatato che gran parte della popolazione ha ancora bisogno di interventi fondamentali alla sopravvivenza. Secondo i primi dati diffusi dal gruppo, il 59% delle abitazioni è stato distrutto o gravemente danneggiato, il 60% delle famiglie contattate non ha un accesso adeguato all’acqua potabile e il 48% delle riserve di cibo sono andate distrutte. Il Programma Alimentare Mondiale stima siano 940.000 le persone che avranno bisogno di assistenza alimentare nei prossimi sei mesi: 724.000 nella regione del Delta e 200.000 nel distretto dell’ex capitale Yangon. (M.G.)
La solidarietà dei fedeli canadesi per le vittime del ciclone Nargys in Myanmar
◊ I fedeli canadesi hanno risposto generosamente all’appello alla solidarietà con le vittime del ciclone Nargis in Myanmar. Alla fine del mese di maggio il Presidente della Conferenza episcopale (CECC) mons. James Weisgerber aveva sollecitato tutti i vescovi a promuovere una speciale raccolta di fondi in tutte le parrocchie. E la risposta non si è fatta attendere: nel giro di poche settimane “Sviluppo e Pace, l’organismo dei vescovi per la solidarietà internazionale e gli aiuti contro la povertà, ha raccolto complessivamente da parrocchie, comunità religiose e singoli fedeli più di 1,8 milioni di dollari. “I cattolici canadesi hanno mostrato una grande generosità di fronte a una crisi che rischiava di essere dimenticata ha dichiarato con soddisfazione Josianne Gauthier, direttrice generale aggiunta di sviluppo e pace. Nella ex Birmania continua intanto ad aggravarsi il bilancio ufficiale delle vittime del ciclone. Secondo le ultime cifre diffuse dal governo i morti sono 84.537 mentre i dispersi sono 53.836. Il resoconto governativo non include possibili decessi avvenuti nei giorni successivi al passaggio del ciclone, come conseguenza dell’emergenza e lentezza dei soccorsi. A distanza di quasi due mesi dal cataclisma, le condizioni dei sopravvissuti appaiono stabilizzate. Tre settimane fa le Nazioni Unite stimavano che 1,3 milioni di vittime erano state raggiunte dai soccorritori di organizzazioni birmane o internazionali, poco più della metà di quelle che si ritiene siano state colpite dal ciclone. (L.Z.)
Il rapporto di Save the children: i governi investano nella prevenzione dei disastri naturali
◊ L’organizzazione internazionale per la difesa dei diritti dei minori, Save the children, in un rapporto internazionale pubblicato ieri, ha denunciato la condizione di pericolo in cui ogni anno vivono circa 175 milioni di bambini a causa dei cambiamenti climatici che affliggono il pianeta. Come riportato dall'agenzia Sir, il movimento sottolinea come il numero di bimbi a rischio sia aumentato del 40% rispetto al decennio precedente e invita i governi a investire sulla prevenzione di calamità naturali quali terremoti, alluvioni e siccità. “Per ogni dollaro investito se ne risparmiano sette che si spenderebbero per rimediare ai danni successivi – si legge nel rapporto – la violenza delle catastrofi naturali testimoniano che non è più sufficiente cercare di limitare gli effetti delle emissioni di anidride carbonica, ma occorre pianificare investimenti volti a prevenire le loro conseguenze sulla popolazione”. “Non sappiamo quale sarà esattamente il prossimo Paese ad essere colpito – ha dichiarato il direttore generale di Save the children Italia, Valerio Neri – ma sappiamo quali sono le aree più a rischio”. Tra queste certamente tutti i Paesi in via di sviluppo, in particolare le regioni aride dell’Africa sub-sahariana. Fra le ultime colpite, invece, il Bangladesh, squassato dal ciclone Sidr nel novembre 2007 e il Myanmar devastato da Nargis un paio di mesi fa. (R.B.)
Somalia a rischio carestia. La Croce Rossa denuncia i primi decessi per fame
◊ La Somalia è in piena emergenza alimentare. A seguito dei combattimenti, della siccità e dell’aumento dei prezzi dei generi alimentari nel Paese africano si registra un forte aumento dei casi di malnutrizione. “Senza aiuti alimentari urgenti una carestia come quella del 1992 è molto probabile” ha detto alla Misna Pascal Hundt, capo delegazione di una missione del Comitato internazionale della Croce Rossa (CIRC/ICRC) al rientro a Ginevra da un viaggio in Somalia dove ha constatato sintomi di malnutrizione nei pazienti di cinque ospedali nel Paese. Nelle ultime settimane si sarebbero già avuti i primi decessi per fame. Il prezzo del riso e dell’olio si è moltiplicato per sei dalla fine dello scorso anno, ha aggiunto Hundt, ricordando che oggi mezzo milione, (degli otto milioni di somali) dipende da aiuti alimentari per la sopravvivenza e che la Somalia è il terzo Paese tra quelli in cima della lista della Croce Rossa dopo Sudan e Iraq. Il centro del paese è quello più colpito dalla siccità e a rischio carestia; qui la Croce Rossa ha già fatto giungere 400 camion con riserve d’acqua e ha distribuito 32.000 milioni di tonnellate di cibo suffienti per i prossimi quattro mesi. L’operatore umanitario ha messo in relazione il peggioramento delle condizioni di sussistenza alimentare con l’aggravarsi del conflitto interno dal 2006, con l’intervento delle truppe etiopiche al fianco delle forze governative, una presenza mal sopportata dalla popolazione locale. “Le cifre parlano da sole” ha detto Hundt, riferendo che lo scorso anno sono stati ricoverati negli ospedali del Paese 4300 feriti di guerra, il doppio rispetto al 2006. Nelle ultime settimane si sarebbero già avuti i primi decessi per fame. (M.G.)
Sono 857 mila gli sfollati nella Repubblica Democratica del Congo. Migliaia di minori lontani dalla famiglie
◊ Non si arresta l’ondata di violenza che ha colpito la parte orientale della Repubblica Democratica del Congo: nella provincia del Kivu il numero totale degli sfollati è arrivato a 857mila. Lo rende noto oggi l’Onu. Nel 2008, nonostante il cessate il fuoco raggiunto a gennaio tra governo congolese e milizie ribelli, oltre mezzo milione di persone ha perso tutto, tra questi migliaia di minori. "Siamo di fronte alla peggiore crisi umanitaria della Repubblica Democratica del Congo. La maggior parte degli sfollati che oggi vive nei quattro campi più vicino a Goma, il capoluogo del Nord Kivu, - riferisce l'agenzia Sir - ha dovuto abbandonare le loro case proprio a inizio anno” dice Patrick Lavand'Homme, capo dell'Ufficio Onu per il coordinamento degli affari umanitari (Ocha) a Goma. "Sono arrivata insieme ad altri 16mila" ha detto Jeanine Maombi, giovane madre che a causa dei conflitti ha perso le tracce dei suoi due figli. "Siamo fuggiti quando si è intensificata la lotta contro i Masisi, otto mesi fa, e ora sono costretta a vivere con i miei cinque figli in una piccola tenda in questo campo" ha detto Savina Tumaini. Numerosi i nuclei familiari separati dal conflitto interno, che temono di tornare nei loro villaggi. Le Ong e le agenzie Onu hanno adottato misure per facilitare i ricongiungimenti familiari, partendo dalla mappatura degli sfollati ospitati nei campi. (R.P.)
La Conferenza episcopale della Costa Rica ha chiesto al governo misure adeguate per fronteggiare la crisi alimentare
◊ La Conferenza episcopale del Costa Rica, in occasione della Giornata Nazionale per l’alimentazione e il diritto alla produzione di alimenti, ha chiesto al governo di varare misure adeguate per far fronte alla crescente crisi alimentare. I vescovi, come riferito dall’agenzia Fides, hanno lanciato l’allarme sull’aumento indiscriminato dei prezzi dei generi alimentari, fatto che colpisce in particolar modo le persone più povere. Il Paese si fondava su un’economia di tipo agrario, basata cioè sull’agricoltura, attività che garantiva lavoro, guadagno, solidarietà e salvaguardia dei valori della democrazia sociale. La Conferenza episcopale sottolinea come il diffondersi dell’economia di libero mercato abbia causato “lo smantellamento dell’economia agraria” e causato “il deterioramento della famiglia e della sua base religiosa” oltre a favorire una massiccia “migrazione dalla campagna verso le città”. I vescovi, infine, hanno rivolto un appello al governo locale affinché individui uno spazio di dialogo all’interno del quale elaborare strategie a breve, medio e lungo termine “garantendo sicurezza alimentare, accesso ai campi, finanziamento della produzione, prezzi accessibili delle entrate agricole, guadagni necessari per acquistare il cibo”. (R.B.)
Assemblea dei vescovi della Colombia nel centenario della Conferenza episcopale
◊ Con un appello ad invocare la protezione della Vergine Maria e ad essere discepoli di Gesù, presso il Santuario di Nostra Signora del Rosario di Chiquinquirá, domenica scorsa ha avuto inizio la 85.ma Assemblea Plenaria dell’episcopato colombiano, che ha per tema “La memoria storica della Conferenza episcopale della Colombia nella celebrazione del suo primo Centenario”. L’Assemblea - riferisce l'agenzia Fides - è stata inaugurata da un pellegrinaggio di vescovi, sacerdoti e laici al Santuario di Nostra Signora del Rosario di Chiquinquirá, patrona della Colombia, cui ha partecipato anche il nunzio apostolico in Colombia, Mons. Aldo Cavalli. All’Assemblea partecipano 90 tra vescovi ed arcivescovi delle 76 giurisdizioni ecclesiastiche della Colombia. C'è attesa per l'intervento di Benedetto XVI che rivolgerà la sua parola ai partecipanti con un video-messaggio che sarà trasmesso nel pomeriggio. Durante l’incontro si nomineranno presidente, vicepresidente e segretario generale dell’episcopato per il triennio 2008-2011. È prevista anche la consegna del “Premio Inter Mirifica” a giornalisti o mezzi di comunicazione che si siano distinti nel lavoro sociale a sostegno del popolo colombiano. Al termine dell’Assemblea, i vescovi rivolgeranno un appello alla saggezza ed al buon senso dei dirigenti politici colombiani per superare la crisi generatasi tra il governo, la Corte Suprema di Giustizia e alcuni settori dell’opposizione. La chiusura dell'Assemblea avrà luogo sabato prossimo, con una solenne celebrazione nella cattedrale di Bogotà, presieduta dal cardinale Giovanni Battista Re, presidente della Pontificia Commissione per l’America Latina. Il cardinale Re, prima della sua visita in Colombia, sarà in Ecuador da domani al 4 luglio per partecipare, il giorno 3 a Quito, ad un Congresso di sacerdoti sul tema del discepolato e della missione, il cui obiettivo principale è motivare i sacerdoti a continuare ad assumere il loro ministero sacerdotale come discepoli e missionari di Gesù Cristo. Nel pomeriggio dello stesso giorno il cardinale Re presiederà l’Eucaristia di chiusura della prima Giornata Nazionale della Gioventù sul tema “Giovani, con la forza dello Spirito Santo, sarete miei testimoni”, che si terrà a Guayaquil. (R.P).
Francia: riflessione dei vescovi sulle controverse problematiche della maternità in affitto
◊ Riflettere sull’istituto della maternità in affitto nell’ottica degli sconvolgimenti determinati al bambino e all’interno di una coppia. È questo il significato della nota pubblicata ieri sul sito www.cef.fr, dal vescovo Jean-Charles Descubes, presidente del Consiglio per questioni famigliari e sociali della Conferenza episcopale francese. “La sofferenza delle coppie che non possono avere dei bambini non può essere ignorata – si legge nel comunicato ripreso dal Sir -. Però bisogna prestare attenzione agli sconvolgimenti che il ricorso alla maternità in affitto può indurre sul nostro concetto di coppia, di bambino e del suo posto nella famiglia”. “Gli interrogativi delle autorità morali del nostro Paese e dei responsabili politici”, spiega poi il vescovo, “mostrano quanto sia importante non fermarsi entro i limiti di un dibattito mediatico e di riflettere con calma sulla questione”. Mons. Descubes specifica che sono tre i tipi di questioni poste dalla maternità in affitto: “La maternità di chi dona l’ovulo, di chi partorisce e di chi alleva il bambino”. “Questa dissociazione – continua il prelato - crea dei legami di intimità sociale finora sconosciuti. Essa si differenzia in questo dall’adozione che risponde chiaramente ad una situazione già esistente”. Il vescovo Descubes continua la sua riflessione ricordando che “il tempo della gestazione implica una relazione molto forte e progressiva tra la donna incinta e il bambino che si forma nel suo seno”. “Durante questo periodo – spiega - ella prende coscienza che è diventata madre del suo bambino risultato dalla sua fecondazione”. La donna “non è né un nido né un’incubatrice”, avverte il prelato francese. “Quale sarà il posto reale e simbolico di un bambino che si trova in relazione con una coppia di genitori “in affido”, con i figli di questa coppia e la coppia che lo riceve?”, si domanda mons. Descubes. Tali relazioni risultano difficili da concepire sia sul piano psicologico che sul piano giuridico. “La nostra società moderna – commenta infine il vescovo francese - pensa che la scienza sia capace di regolare tutte le sofferenze e che ha su tutto l’ultima parola. Ricorrere alla maternità in affitto, non significa forse strumentalizzare la nascita di un bambino per risolvere finalmente in maniera illusoria il dramma e la disperazione della sterilità?”. (M.G.)
Il cardinale Vallini si rivolge a tutti i romani all’inizio del suo ministero come vicario del Papa per la diocesi di Roma
◊ “Come pastore e concittadino mi sento vicino, amico e alleato di ogni persona nella promozione e nella difesa dei diritti fondamentali e della dignità di ciascuno”. All’inizio del suo ministero di Vicario generale del Papa per la diocesi di Roma, il cardinal Agostino Vallini, ha indirizzato “a tutti i fedeli romani” un messaggio in cui saluta “con gioia tutto il Popolo di Dio che è in Roma: le famiglie, i giovani, gli ammalati, gli anziani, i poveri, le persone sole e, con spirito di cordiale amicizia, quanti vivono nella nostra città”. Nella nota citata dal Sir il porporato esprime la sua “più viva riconoscenza” al card. Ruini, suo predecessore, “per l’esemplare testimonianza di vita, l’intelligenza, la saggezza e la dedizione pastorale con cui ha servito la nostra Chiesa nel corso di tanti anni” e definisce un privilegio il fatto di aver lavorato al fianco di papa Benedetto XVI “nel servizio alla Chiesa di Roma”. “L’eredità che sono chiamato a raccogliere è grande”, ha ammesso il cardinal Vallini, citando le “grandi sfide della modernità, che hanno creato in tanti uomini e donne una situazione di smarrimento spirituale, d’incertezza e di paura rispetto al futuro, quali altrettante provocazioni alla Chiesa, perché si impegni a mostrare, con la testimonianza della vita e il fervore apostolico, il volto bello della sposa di Cristo, luogo e scuola di speranza cristiana”. “Un’azione pastorale efficace oggi non è facile”, sostiene poi il cardinal Vallini, secondo il quale “non bastano più gli appuntamenti tradizionali della vita cristiana, se i valori della fede e della morale diventano ininfluenti, sotto la spinta della secolarizzazione e del relativismo etico”. In altre parole, spiega il cardinale, “non è sufficiente, come un tempo, curare i cristiani, presupponendone sempre la fede. E’ necessario che la ‘buona notizia’ sia nuovamente annunciata e accolta come ragione di vita, capace di dare luce e forza di salvezza all’uomo del nostro tempo”. Un “grande impegno”, questo, che “la Chiesa di Roma affronta da anni e che intende continuare a portare avanti”, ha assicurato Vallini citando a testimonianza il Sinodo diocesano, terminato nel 1993 e le cui linee pastorali “rimangono attuali”. Altra sfida da raccogliere, per la diocesi di Roma, quella dell’”emergenza educativa”: “Dobbiamo lavorare per ‘educare alla speranza’”, si legge infine nel messaggio, per “rendere più bello, più umano e fraterno il volto di questa nostra città”, come auspica il Papa. (M.G.)
Belgio: i vescovi indicono l'Anno della Parola di Dio
◊ In contemporanea con l’Anno Paolino, i vescovi del Belgio hanno deciso di dedicare l’anno pastorale 2008-2009 alla “Parola di Dio”. L’annuncio dell’iniziativa, scrive in una lettera mons. Rémy Vancottem, vescovo ausiliare della provincia del Brabante Vallone, “avverrà nel mese di settembre in ciascuna delle parrocchie locali, anche attraverso la pubblicazione di un opuscolo intitolato ‘Incontrare Dio nella sua Parola”. L’evento, scrive ancora il presule, “sarà l’occasione per ritrovare l’importanza della Parola di Dio per tutti i cristiani. Essa è la fonte viva presso la quale possiamo, senza sosta, rinnovare e dare nuovo slancio alla nostra fede. Essa è la Parola di un Dio che vuole comunicare, che prende sempre l’iniziativa per incontrarci e per sancire un’alleanza con noi”. L’Anno della Parola di Dio “sarà anche l’occasione – continua mons. Vancottem – per riscoprire che Gesù, il Cristo, è questa Parola di Dio che si è incarnata nel cuore della nostra umanità, affinché noi possiamo accostarci al Padre nella comunione dello Spirito Santo”. A partire dal prossimo settembre, quindi, conclude il presule, le singole parrocchie sono invitate ad organizzare momenti di lettura, riflessione e meditazione sulle Sacre Scritture, “così che, grazie ad essa, possiamo crescere nella fede”. (I.P.)
Alain Le Roy è il nuovo capo delle operazioni di pace dell’ONU
◊ Il nuovo capo del Dipartimento per le Operazioni di mantenimento della pace delle Nazioni Unite (DPKO) è il francese Alain Le Roy, che sostituirà Jean-marie Guéhenno. Ad annunciarlo è stato il segretario generale dell’ONU Ban Ki-moon. Le Roy ha iniziato lavorando nel settore privato come ingegnere petrolifero, poi è entrato a far parte dell’amministrazione pubblica con l’incarico di viceprefetto e poi di consigliere presso la Corte dei Conti francese. In seguito è diventato vice coordinatore speciale ONU per Sarajevo e direttore delle operazioni per il ripristino dei servizi pubblici essenziali, quindi ha partecipato a numerose missioni del Programma di sviluppo delle Nazioni Unite in Mauritania e alla missione di pace ONU in Kosovo come amministratore regionale. Poi Le Roy è stato nominato coordinatore nazionale per il patto di stabilità per l’Europa sud-orientale presso il ministero degli Affari esteri francese, quindi rappresentante speciale dell’Unione europea presso l’ex Repubblica jugoslava di Macedonia. In seguito è stato anche assistente segretario per gli Affari economici e finanziari al ministero degli Affari esteri francese e ambasciatore in Madagascar. Attualmente Le Roy è consigliere alla Corte dei Conti francese e da settembre 2007 ambasciatore responsabile per l’iniziativa dell’Unione per il Mediterraneo. (R.B.)
Un generoso slancio apostolico per rispondere alle sfide attuali: lo scrive Benedetto XVI ai Focolarini che eleggeranno la prima presidente dopo Chiara Lubich
◊ Al via stamani al Centro Mariapoli di Castelgandolfo l’Assemblea generale del Movimento dei focolari che eleggerà la prima presidente che succede a Chiara Lubich, il copresidente e gli altri dirigenti. Dopo la scomparsa, poco più di tre mesi or sono, di Chiara Lubich, si apre ora per il Movimento da lei fondato e guidato per oltre 60 anni, “un momento storico, un tempo nuovo e inesplorato”. Con queste parole Oreste Basso, copresidente del Movimento dei Focolari, ha dato inizio questa mattina ai lavori dell’Assemblea generale che eleggerà la nuova presidenza. Con gioia è stato accolto l’incoraggiamento e l’augurio del Papa espresso in un telegramma a firma del cardinale Segretario di Stato Tarcisio Bertone. Benedetto XVI assicura la sua preghiera perché il Movimento prosegua “la feconda testimonianza evangelica secondo il carisma della indimenticata Chiara Lubich”. Auspica che “questo importante evento susciti generosi propositi di rinnovata adesione a Cristo e sempre più generoso slancio apostolico in risposta alle sfide del tempo presente”, ed imparte sui delegati presenti al Centro Mariapoli di Castelgandolfo e su tutto il Movimento la sua benedizione apostolica. Sono 516 i partecipanti all’Assemblea composta dal corpo direttivo uscente, tra cui i responsabili centrali delle diverse diramazioni, e dai delegati del Movimento provenienti dai 5 continenti. I lavori proseguiranno sino al 31 luglio. Dopo alcuni giorni di preparazione si procederà alle operazioni di voto, quindi l’Assemblea si confronterà su argomenti fondamentali per la vita dell’intero Movimento. (A cura di Carla Cotignoli)
GMG 2008: un programma dei Gesuiti dell'Asia Orientale in vista della Giornata mondiale della gioventù
◊ Il Magis08, ovvero il programma ignaziano elaborato in coincidenza con la Giornata Mondiale della Gioventù (GMG), radunerà dal 5 al 27 luglio di quest'anno giovani pellegrini dai 18 ai 30 anni provenienti da 26 paesi di tutto il mondo. Dei 125 mila ospiti stranieri di cui è previsto l'arrivo a Sydney, circa un migliaio prenderà parte al Magis08. I primi sette giorni vedranno svolgersi in tutta l'Asia Orientale una serie di esperimenti definiti "creativi", di "pellegrinaggio", di "servizio". Molti degli esperimenti di "servizio" si svolgeranno nel contesto di progetti di giustizia sociale gestiti da gesuiti. In Cambogia, i pellegrini affiancheranno la gente nelle loro attività quotidiane, aiuteranno le vittime delle mine antiuomo, ripristineranno le abitazioni distrutte. Nelle Filippine, abiteranno presso famiglie di carcerati ospiti del penitenziario di Stato, aiuteranno a costruire abitazioni per i senzatetto, vivranno con rovistatori di immondizia e con spazzini presso la discarica Payatas di Manila. A Sydney saranno a contatto con i poveri e gli emarginati; a Melbourne lavoreranno per progetti gestiti dai Servizi sociali dei gesuiti, approfondendo così la tematica dei rifugiati, delle donne oggetto di traffici e dell'opera di riconciliazione con la popolazione aborigena. Dal 12 al 15 luglio si terrà a Sydney un incontro ignaziano anticipatore della Giornata Mondiale della Gioventù, seguito dalla partecipazione ai grandi eventi previsti con con Papa Benedetto XVI (15-20 luglio). Quanti non potranno prendere parte agli “Esperimenti”, avranno la possibilità di trascorrere una settimana di esplorazione dell’Australia, per esempio svolgendo un pellegrinaggio nel selvaggio entroterra. Per maggiori informazioni sul Magis, visitare www.magis08.org (in inglese, spagnolo e italiano). (A.M.)
GMG 2008: La delegazione delle Filippine si prepara a partire per Sydney
◊ Saranno complessivamente 600 i componenti della delegazione filippina che si appresta a partire per la Giornata Mondiale della Gioventù di Sydney. Come riportato da Asianews, il presidente della Commissione episcopale filippina per i giovani (ECY) nonché vescovo di Masbate, mons. Joel Baylon, ha specificato che si tratta di “438 giovani, sacerdoti e suore” che nei giorni scorsi hanno partecipato a un incontro preparatorio “che ha riscosso vivo interesse fra tutti”. A questi si aggiungono gruppi provenienti dalla diocesi di Mindanao, ma se molti giovani hanno dovuto rinunciare per motivi economici, molti altri sono ancora in attesa del visto. Un altro incontro preparatorio si svolgerà domani a Davao, come annunciato dal segretario esecutivo dell’EYC, padre Conegundo Garganta. (R.B.)
GMG 2008: è nata una piattaforma mediatica attraverso Internet
◊ E' nato da poco sotto lo slogan "Tutto in uno, tutti per Uno" un singolare progetto di condivisione di risorse per offrire, attraverso Internet, un servizio di comunicazione unificato sulla prossima Giornata Mondiale della Gioventù di Sydney. La piattaforma www.wydcrossmedia.org riunisce infatti insieme Afriradio (Comboniani), Centro televisivo Vaticano, DonBoscoLand (Movimento Giovanile Salesiano Triveneto), H2onews, Korazym, Lamorfalab, Lemiedomande (sito di domande e risposte sulla religione), Misna, Movimento dei Focolari, Pj Online (pastorale vocazionale San Paolo), Telepace e Zenit e la Radio Vaticana. Il sito raduna notizie e contenuti multimediali all'interno di un'unica pagina e permette di scaricare uno strumento unico (player), inglobabile in qualsiasi sito o utilizzabile come programma a se stante, che permette di accedere in pochi secondi a contenuti video, audio e news riguardanti la GMG di Sydney. Per scaricare gratuitamente il player, o inserirlo all'interno del proprio sito, è necessario registrarsi ed accettare il regolamento che ne garantisce un uso non commerciale. Alcuni contenuti, raccolti grazie alla collaborazione di Qumran2, verranno resi disponibili liberamente per supportare chi organizza veglie o incontri in Italia. Il progetto ha carattere internazionale ed ha coinvolto una decina di media cattolici di altri Stati ed aree linguistiche per la produzione di file multimediali. Attualmente i contributi sono disponibili in inglese, francese, spagnolo e portoghese, oltre che in italiano. In Australia sarà presente una piccola task-force di giovani che utilizzerà le più moderne tecniche per favorire la partecipazione da casa: dalle dirette video inviate direttamente dai cellulari, alle riprese video a 360 gradi che consentiranno una visione dell'evento unica nel suo genere. (R.P.)
GMG 2008: i vescovi dell’Andalusia scrivono ai giovani per un evento parallelo ad Almonte
◊ I vescovi dell’Andalusia hanno scritto una lettera ai giovani spagnoli che non partiranno per la Giornata Mondiale della Gioventù di Sydney per invitarli a una GMG locale che si svolgerà al santuario di El Rocio ad Almonte, nella diocesi di Huelva, in concomitanza con la GMG australiana con la quale, stando a quanto riportato dall’agenzia Sir, ci saranno collegamenti in occasione delle celebrazioni più importanti. “L’incontro con l’amore di Cristo apre nel cuore la speranza”, scrivono i vescovi che hanno organizzato l’evento in cui sono previste attività, momenti di gioco e di riposo “per comprendere pienamente il dono dello Spirito Santo nella vita quotidiana”. (R.B.)
Rapiti in Somalia 5 operatori umanitari somali
◊ Sono cinque gli operatori umanitari somali, tra i quali una donna, rapiti ieri in Somalia: lo ha detto Elio Sommavilla, responsabile dei programmi per il Paese africano dell'ONG italiana "Water for life", alla quale appartengono quattro delle persone sequestrate. Il quinto operatore umanitario rapito lavora per la FAO. Due degli operatori umanitari erano in partenza per l'Italia, per ricevere il premio "Alexander Langer". Non è ancora chiaro dove sia avvenuto il rapimento, se a Mogadiscio oppure ad Afgoi, ad una quindicina di chilometri dalla capitale. "Water for Life" è un’ associazione no profit fondata a Trento nel 1987, da tempo impegnata in Somalia nello studio delle risorse idriche, l'agricoltura, l'assistenza agli orfani della guerra degli anni '90 e la gestione di scuole in alcuni villaggi del Paese.
Zimbabwe
Il leader dell'opposizione dello Zimbabwe, Morgan Tsvangirai, ha lasciato l'ambasciata dei Paesi Bassi ad Harare in cui si era rifugiato una settimana fa, ed è tornato a casa. Lo ha annunciato il Ministero degli Esteri olandese. “L'ambasciata rimarrà in stretto contatto con Tsvangirai, anche per quanto concerne la sua sicurezza”, ha precisato il portavoce. Robert Mugabe, 84 anni, è stato investito di un nuovo mandato presidenziale di sei anni dopo essere stato dichiarato vincitore domenica del secondo turno delle elezioni, malgrado il ritiro del candidato dell'opposizione a causa delle violenze e delle minacce subite dai suoi sostenitori. Le Nazioni Unite ritengono che lo scrutinio non sia legittimo. Da parte sua, il portavoce di Mugabe di fronte alle critiche e alla scelta di ritirare l’ambasciatore da parte di Paesi occidentali ha usato parole irriverenti.
Vertice dell’Unione Africana
L'Unione africana (UA) ha chiesto ieri sera con un comunicato, ottenuto dall'AFP, in margine al suo vertice di Sharm el Sheikh, in Egitto, il ritiro “immediato e senza condizioni” dell'Eritrea dai territori che occupa nel nord della Repubblica di Gibuti. Il comunicato giunge dopo una riunione, domenica sera, del Consiglio della pace e della sicurezza (CPS) dell'UA. Il Consiglio “condanna fermamente l'azione militare condotta dall'Eritrea contro Gibuti a Ras Dumeira e nell'isola di Dumeira, ed esige che l'Eritrea di ritiri immediatamente e senza condizioni dai territori gibutini occupati”. L'UA ribadisce che devono essere “rispettate le frontiere esistenti al momento dell'accessione all'indipendenza” e invita i due Paesi vicini al dialogo per risolvere il loro contenzioso frontaliero. Il CPS insiste inoltre sulla necessità di evitare altri combattimenti come quelli del 10 giugno scorso che hanno causato dieci morti tra le file dei soldati gibutini. Il presidente eritreo, Isaias Afeworki, non è andato al vertice. La tensione fra i due Stati del Corno d'Africa è riesplosa il 16 aprile scorso, quando truppe eritree hanno effettuato un'incursione verso Ras Dumeira, promontorio strategico che sovrasta l'ingresso del mar Rosso, per il cui controllo Eritrea e Gibuti si erano già scontrati nel 1996 e nel 1999.
Striscia di Gaza
Il valico di transito di Rafah fra Gaza e l'Egitto è stato aperto oggi, per la prima volta negli ultimi mesi. In base ad un’intesa fra Hamas e i dirigenti egiziani, resterà aperto tre giorni per consentire il passaggio di studenti e di persone che necessitano di cure mediche, circa cinquemila persone. Sempre a Gaza, fonti locali parlano di una donna palestinese di circa 70 anni uccisa dal fuoco di militari israeliani nella zona del valico di Sufa, fra Gaza e il territorio israeliano. Inoltre, due razzi rudimentali sono stati sparati dall'insediamento ebraico di Har Brachà (Nablus) verso il vicino villaggio palestinese di Burin, a pochi chilometri da Nablus (Cisgiordania). Da parte israeliana non c'è conferma. Intanto, una grave penuria di acqua potrebbe verificarsi durante l'estate per i palestinesi della Cisgiordania, secondo il gruppo umanitario israeliano Betzelem. Rischiano di conseguenza di verificarsi gravi ripercussioni per l’economia locale e anche per la salute di decine di migliaia di persone, secondo questa organizzazione. All'origine della crisi, viene spiegato, è il succedersi di inverni poco piovosi che hanno provocato un deficit di 40-70 milioni di metri cubi di acqua nelle riserve acquifere destinate ai palestinesi. Betzelem rileva che in Cisgiordania il consumo quotidiano di acqua è già oggi molto basso (66 litri al giorno), mentre in Israele è tre volte e mezzo superiore. Secondo Betzelem, la compagnia israeliana Mekorot riduce in caso di necessità le quantità di acqua erogate alla popolazione palestinese, mentre lascia inalterate quelle destinate alle colonie ebraiche. La ONG fa inoltre presente che centinaia di migliaia di palestinesi della Cisgiordania non dispongono di alcuna rete idrica e sono costretti ad acquistare l'acqua da autobotti che passano dai loro villaggi e che impongono prezzi tre-sei volte superiori a quelli normali di mercato.
Afghanistan
Più di 40 morti, tra ribelli e forze di polizia: è il bilancio di una serie di scontri che si sono verificati tra ieri e oggi in Afghanistan. Sei insorti e quattro poliziotti sono rimasti uccisi questa mattina nel corso di diversi attacchi nel sud e nell'ovest del Paese. Talebani hanno attaccato una stazione della polizia a Tirin Kot, capitale della provincia di Orouzgan, nel centrosud, e una bomba è esplosa al passaggio di un’unità di polizia inviata come rinforzo. Nella vicina provincia di Zaboul, insorti hanno attaccato una stazione di polizia nel distretto di Day Chopan, secondo il governatore del distretto. “Lo scambio di colpi è durato due ore. Cinque talebani sono stati uccisi. I loro corpi sono stati abbandonati sul campo di battaglia”, ha affermato Fazel Bari. Inoltre, un ribelle è stato ucciso e quattro sospetti sono stati arrestati in un'operazione della coalizione sotto il comando americano nel distretto di Khash Rod, nella provincia di Nimroz, nell'ovest del Paese. Sempre oggi, con un comunicato, la coalizione ha annunciato che 33 insorti erano stati uccisi ieri in raid aerei della stessa coalizione internazionale sotto il comando americano, nella provincia di Khost, nell'est dell'Afghanistan.
Iran
Almeno undici operai sono rimasti uccisi ieri nel crollo di un edificio di sette piani in via di abbattimento a Teheran. È quanto scrivono oggi alcune agenzie iraniane come la Fars e l'Isna. Il bilancio è provvisorio dal momento che i corpi estratti finora dalle macerie sono otto, a fronte di una ventina di operai che lavoravano sul posto al momento dell'incidente. Le autorità avevano ordinato la distruzione dell'edificio - che era stato costruito a scopo abitativo - per motivi di sicurezza. Secondo il procuratore generale di Teheran, Said Mortazavi, i costruttori avevano un permesso per soli tre piani ma successivamente ne avevano ottenuto un altro per ulteriori quattro piani. Sono state arrestate cinque persone: gli ingegneri supervisori della costruzione, il costruttore e il capocantiere.
Petrolio
L'OPEC si dice “preoccupato” per un'eventuale stagnazione della domanda di petrolio nel mondo. Lo ha dichiarato il presidente dell'organizzazione, Chakib Khelil, spiegando la preoccupazione per la stabilità della domanda” futura e, di conseguenza, dei suoi riflessi sugli investimenti. Intanto il petrolio è in rialzo all'after-hours di New York. Il greggio con consegna ad agosto è salito dello 0,6% raggiungendo i 140,85 dollari a barile.
Georgia
Come preannunciato ieri, la regione separatista georgiana dell'Abkhazia ha chiuso stanotte le “frontiere” con la Georgia, dopo che 13 persone sono rimaste ferite in tre differenti esplosioni negli ultimi giorni, nella città di Gagra e nella “capitale” Sukhumi. Lo riferisce il Consiglio per la sicurezza dell'Abkhazia, riportato dall'agenzia Interfax. E' stato chiuso al transito anche il principale ponte che attraversa il fiume Inguri. Ieri, il presidente abkazo, Serghei Bagapsh, aveva definito le esplosioni “terrorismo di Stato” accusando i Servizi segreti georgiani. Tbilisi aveva respinto ogni accusa. Le autorità abkaze sostengono che dietro le recenti esplosioni nella regione vi sia il tentativo georgiano di danneggiare la stagione turistica, che vede migliaia di russi riversarsi in quella che era una della principali località balneari dell'URSS.
Colombia
La Francia e la Svizzera avrebbero mobilitato due intermediari che sarebbero già entrati in contatto con i guerriglieri colombiani delle FARC per trattare la liberazione degli ostaggi nelle loro mani. È quanto afferma nella sua edizione online il quotidiano di Bogotà El Tiempo, precisando di avere ottenuto l'informazione da una fonte governativa. Secondo il giornale, gli intermediari sarebbero l'ex console francese a Bogota, Noel Saenz, e il diplomatico svizzero, Jean Pierre Gontard. Entrambi sarebbero stati autorizzati dal presidente colombiano, Alvaro Uribe, per ragioni umanitarie. Il quotidiano sostiene che un primo contatto è avvenuto in una zona montagnosa. Non è da escludere che i due mediatori si siano visti con il nuovo capo delle FARC, Alfonso Cano. La settimana scorsa, l'ambasciatore francese in Colombia, Jean-Michel Marlaut, aveva detto che Parigi non ha più avuto contatti con i guerriglieri che detengono, tra gli altri, l'ex candidata presidenziale, Ingrid Betancourt. La franco-colombiana Betancourt fa parte di un gruppo di 39 ostaggi per la cui liberazione le FARC chiedono il rilascio di circa 500 guuerriglieri attualmente in carcere.
UE: Trattato
Il presidente polacco, Lech Kaczynski, ha annunciato, in un'intervista pubblicata oggi che non firmerà il Trattato di Lisbona, affermando che è ora “senza scopo”, dopo il rifiuto degli elettori irlandesi di ratificarlo. Il parlamento polacco ha ratificato lo scorso aprile il Trattato, che mira a una riforma del funzionamento delle Istituzioni dell'Unione Europea. Ma la ratifica, per essere definitiva, deve avere la firma del presidente. Il rifiuto di Kaczynski assesta un duro colpo agli sforzi del capo di Stato francese, Nicolas Sarkozy, da oggi presidente di turno dell'UE, che intendeva circoscrivere all'Irlanda il problema della ratifica del Trattato. (Panoramica internazionale a cura di Fausta Speranza)
Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LII no. 183
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