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Sommario del 30/01/2008

Il Papa e la Santa Sede

  • Sant'Agostino, modello ideale nel "rapporto tra fede e ragione": lo ha affermato Benedetto XVI alla terza catechesi dell'udienza generale dedicata al grande vescovo di Ippona
  • Il Papa eleva la Chiesa greco-cattolica in Slovacchia a Chiesa metropolitana “sui iuris”
  • Nomina
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • Sessant'anni fa la morte del "Mahatma" Gandhi, profeta della non violenza e della tolleranza religiosa. Intervista con mons. Raphael Cheenat
  • Centomila bambini in fuga dai focolai di violenza in Kenya. La Chiesa mediatrice di pace tra gli odi etnici. Intervista con padre Caramazza
  • La solidarietà delle chiese di Napoli agli abitanti coinvolti nell'emergenza rifiuti. La testimonianza di don Francesco Minervino
  • I Musei Vaticani, ovvero la spiritualità che ha prodotto secoli di cultura: intervista con il direttore, Antonio Paolucci
  • Chiesa e Società

  • India: incontro interreligioso a Ranchi, per invocare la pace nello Stato dell’Orissa percorso da violenze contro i cristiani
  • La solidarietà degli ortodossi, dopo l’incendio che ha colpito la “Biblioteca dello Spirito”di Mosca: 500 libri distrutti e danni per 40 mila euro
  • Invito alla conversione dei vescovi filippini rivolto a tutti i fedeli per una riforma morale e spirituale del Paese
  • Appello dei vescovi messicani di Acapulco a lottare contro il crimine organizzato
  • Illegalità e sfruttamento dilagano fra gli stranieri impiegati nel lavoro agricolo stagionale nel centro e sud Italia: lo denuncia un Rapporto di Medici Senza Frontiere
  • Aperto oggi a Roma il Convegno su ”Parrocchie e nuova evangelizzazione: l’apporto di movimenti ecclesiali e nuove comunità”
  • Oltre seimila persone al raduno in favore della vita e della famiglia organizzato domenica scorsa a Barcellona dal “Patto per la Vita e la Dignità”
  • I premi dei vescovi spagnoli per gli operatori della comunicazione che si sono distinti per il servizio alla dignità dell'uomo ed ai valori evangelici
  • Il nuovo direttore de “L’Osservatore Romano” promette più “firme femminili” e maggiore attenzione alle Chiese orientali
  • Premiata in Australia suor Patricia Rhatiganm, per i 50 anni di servizio ai poveri nelle aree rurali e nelle zone più remote del Paese
  • Completate le nomine per il Comitato scientifico incaricato, dal Pontificio Consiglio per la Cultura, di redigere la storia culturale della Chiesa in America Latina
  • "Erano i tempi di guerra...": un libro racconta l'avventura spirituale di Chiara Lubich e del Movimento dei Focolari
  • 24 Ore nel Mondo

  • In Iraq, ucciso un cameraman e ferita una giornalista dell’emittente del maggiore partito sciita
  • Il Papa e la Santa Sede



    Sant'Agostino, modello ideale nel "rapporto tra fede e ragione": lo ha affermato Benedetto XVI alla terza catechesi dell'udienza generale dedicata al grande vescovo di Ippona

    ◊   “Un modello nel rapporto tra fede e ragione”: questo rappresenta l’itinerario intellettuale e spirituale compiuto da Sant’Agostino. Lo ha detto Benedetto XVI stamattina, durante la catechesi dell’udienza generale che si è svolta nell’Aula Paolo VI, in Vaticano. Il Papa, che dedicherà la sua quarta ed ultima catechesi al Padre della Chiesa la prossima settimana affrontando il tema della conversione, oggi ha invece evidenziato il modo in cui il vescovo di Ippona lascia intendere che chi è lontano da Dio è alienato sa se stesso. Il servizio di Tiziana Campisi:


    Cercava una religione che fosse espressione della sua ragione e la sua radicale sete di verità lo allontanò, adolescente, dalla fede cattolica - cui lo aveva educato la madre - ma al contempo lo indusse a non accontentarsi di quelle filosofie che non lo portavano alla verità stessa, che gli prospettavano un dio come ultima ipotesi cosmologica e non un Dio che dà vita. Questa ricerca, ha spiegato Benedetto XVI, ha condotto Sant’Agostino, vescovo di Ippona - l’odierna Annaba in Algeria - alla “sintesi tra fede e ragione”:

     
    “Queste due dimensioni, fede e ragione, non sono da separare né da contrapporre, ma piuttosto devono sempre andare insieme. Come ha scritto Agostino stesso poco dopo la sua conversione, fede e ragione - dice nel "Contra Academicos" - sono le due forze che ci portano a conoscere”.
     
    “Credi per comprendere” e “comprendi per credere”: sono queste le formule agostiniane che sintetizzano il punto di arrivo del Padre della Chiesa vissuto fra il IV e V secolo:

     
    “Credi per comprendere: il credere apre la strada per entrare nelle porte della verità (…) ma anche, inseparabilmente, comprendi, vedi la verità per poter trovare Dio e credere”.

     
    Armonia tra fede e ragione, ha detto il Papa, “significa soprattutto che Dio non è lontano, ma al contrario che è vicino a ogni essere umano, e che è vicino tanto al suo cuore quanto alla sua ragione”:

     
    “La presenza di Dio nell’uomo è profonda e nello stesso tempo misteriosa, può essere riconosciuta e scoperta nel proprio intimo: ‘Non andare fuori - afferma Agostino - ma torna in te stesso; nell’uomo interiore abita la verità; e se troverai che la tua natura è mutabile, trascendi te stesso' (…) Tendi dunque là dove si accende la luce della ragione. Proprio come egli stesso sottolinea (…) all’inizio delle "Confessiones", la sua autobiografia spirituale: ‘Ci hai fatti per te e inquieto è il nostro cuore finchè non riposa in te’. La lontananza da Dio equivale allora alla lontananza da se stessi”.
     
    Benedetto XVI ha poi ricordato le grandi riflessioni di Sant’Agostino sull’esistenza specificando quanto il vescovo di Ippona scrisse sull’uomo:

     
    “L’uomo è un grande enigma, è un grande abisso, enigma e abisso che solo Cristo illumina e salva. E’ importante questo: un uomo che è lontano da Dio è anche lontano da sé, è alienato da se stesso e può ritrovare se stesso solo incontrandosi con Dio, così arriva anche a sé, al suo vero io, alla sua vera identità”.
     
    “L’essere umano è sociale per natura ma antisociale per vizio”, si legge ne “La città di Dio” di Sant’Agostino: è ciò che è evidente anche oggi, ha affermato il Papa, aggiungendo quanto specifica il Padre della Chiesa, e cioè che è Cristo a salvare l’uomo, Lui che è “unico mediatore tra Dio e l’umanità”. Il Papa ha parlato anche del concetto di Chiesa nella visione agostiniana che definisce Cristo il capo e noi le sue membra. Un unico Corpo, dunque, che è “popolo di Dio e casa di Dio”. Un tema, quest’ultimo, al quale il giovane Joseph Ratzinger, nel 1953, ha dedicato la sua tesi di dottorato in teologia. Benedetto XVI ha concluso ricordando la lettera apostolica di Giovanni Paolo II dedicata a Sant’Agostino, la Augustinum Hipponensem, scritta nel 1986, nel sedicesimo centenario della conversione del santo. Per Papa Wojtyla, Agostino insegna all’uomo di oggi che la speranza di trovare la verità esiste. Infine, Benedetto XVI ha salutato i vescovi giunti a Roma in occasione del 40.mo anniversario di fondazione della Comunità di Sant’Egidio e ha esortato i giovani a guardare alla figura di San Giovanni Bosco, la cui memoria liturgica ricorre domani, come ad un autentico maestro di vita.

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    Il Papa eleva la Chiesa greco-cattolica in Slovacchia a Chiesa metropolitana “sui iuris”

    ◊   Benedetto XVI ha riorganizzato la Chiesa greco-cattolica slovacca e l’ha resa Chiesa metropolitana “sui iuris”, adottando i seguenti provvedimenti: ha elevato l’Eparchia di Prešov per i cattolici di rito bizantino a sede metropolitana ed ha promosso mons. Ján Babjak, finora vescovo eparchiale di Prešov, alla dignità di arcivescovo metropolita. Ha poi elevato l’esarcato apostolico di Košice per i cattolici di rito bizantino al rango di Eparchia, rendendola suffraganea della sede metropolitana di Prešov, ed ha nominato primo vescovo eparchiale l’attuale esarca, mons. Milan Chautur. Inoltre, il Papa ha eretto l’Eparchia di Bratislava per i cattolici di rito bizantino, rendendola suffraganea della sede metropolitana di Prešov, ed ha nominato come primo vescovo della medesima Eparchia il reverendo Peter Rusnák, parroco della parrocchia greco-cattolica dell’Esaltazione della Santa Croce a Bratislava e protopresbitero dell’omonimo Protopresbiterato.

    Con questi provvedimenti, dunque, la Chiesa greco-cattolica in Slovacchia ha raggiunto il rango di Chiesa Metropolitana sui iuris. La Chiesa metropolitana sui iuris è diversa, sotto l’aspetto dell’organizzazione e del funzionamento, dalla provincia ecclesiastica latina. Essa costituisce nell’insieme delle eparchie, del clero, dei religiosi e dei fedeli una Chiesa sui iuris, che possiede il proprio patrimonio liturgico, teologico, spirituale e disciplinare chiamato “rito”. La presiede il metropolita, nominato dal Pontefice, che entro i confini del territorio della medesima esercita la potestà stabilita dal diritto su tutti i vescovi, il clero, religiosi ed altri fedeli della stessa Chiesa. Le Chiese metropolitane sui iuris ad oggi sono tre: l’etiopica, la rutena e la slovacca.

    Le prime notizie circa i cristiani di rito bizantino sul territorio dell’odierna Repubblica Slovacca risale alla missione dei Santi fratelli Costantino-Cirillo (827-869) e Metodio (815-885), oriundi di Salonicco. La fedeltà eroica alla Chiesa cattolica dimostrata da decine di sacerdoti e migliaia di fedeli greco-cattolici, durante il regime comunista, continua a portare frutti spirituali. Attualmente, la comunità greco-cattolica slovacca è vivace e ben organizzata. Dall'ultimo censimento della popolazione, risulta che essa conta circa 350 mila fedeli, 374 sacerdoti e 254 parrocchie. Nel seminario intereparchiale di Prešov studiano 75 seminaristi.

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    Nomina

    ◊   Nella Cina continentale, Benedetto XVI ha nominato vescovo coadiutore della diocesi di Hong Kong mons. John Tong Hon, finora ausiliare della medesima diocesi.

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   Una testimonianza di affetto per la Chiesa in Cina: nell'informazione religiosa, il cardinale Paul Shan Kuo-hsi sulla Lettera di Benedetto XVI.

    Sulla riorganizzazione della Chiesa greco-cattolica in Slovacchia un articolo di Cyril Vasil, vice rettore del Pontificio Istituto Orientale.

    In cultura, Lucetta Scaraffia e don Francesco Motto ricordano la figura di don Bosco, di cui domani ricorre la memoria liturgica.

    I Papi tra immagine e comunicazione nei rari documenti custoditi dalla Filmoteca Vaticana: un articolo di Claudia Di Giovanni.

    In rilievo, nell'informazione internazionale, il Kenya, dove si stanno acuendo violenze e tensioni.

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    Oggi in Primo Piano



    Sessant'anni fa la morte del "Mahatma" Gandhi, profeta della non violenza e della tolleranza religiosa. Intervista con mons. Raphael Cheenat

    ◊   Esattamente 60 anni fa, il 30 gennaio 1948 moriva, ucciso da un fanatico, il “Mahatma” Gandhi, fondatore della lotta non violenta e padre dell’indipendenza indiana. Una vita, quella di Gandhi, all’insegna della battaglia politica contro ogni segregazione razziale. I suoi ideali erano basati su tre punti fondamentali: l’autodeterminazione dei popoli, la non violenza e la tolleranza religiosa. Il servizio è di Salvatore Sabatino:


    (musica)

     
    “Rispondere al male con il bene”, amava dire lui. Un principio che guidò tutta la sua esistenza. Mohandas Karamchard Gandhi, non a caso fu soprannominato il Mahatma, che in sancrito vuol dire “Grande Anima”; fu il poeta indiano Tagore a dargli questo appellativo. E nessuna definizione poteva calzare meglio per il fondatore della nonviolenza e il padre dell’indipendenza indiana.

     
    (musica)

     
    Nasce a Portbandar, in India, il 2 ottobre 1869. Diventa avvocato, dopo essersi laureato a Londra. Esercita brevemente l’avvocatura a Bombay e poi, nel 1893, si trasferisce in Sudafrica per lavoro. E’ lì che cresce in lui la voglia di lottare contro ogni segregazione razziale. A fargli balenare l’idea di una lotta politica sono le discriminazioni subite dai suoi connazionali da parte delle autorità britanniche. Dal 1906, inizia una battaglia per il riconoscimento dei diritti dei suoi compatrioti, lanciando, a livello di massa, il suo metodo di lotta basato sulla resistenza non violenta. I risultati arrivano: il governo sudafricano, infatti, attua importanti riforme. Michelguglielmo Torri, docente di Storia Contemporanea dell’Asia presso l’Università di Torino:

     
    “Gandhi era sì, il profeta della non violenza, ma in primo luogo la non violenza era da lui vista come una lotta: non bisogna dimenticare che elemento fondamentale della non violenza gandhiana è la lotta contro il male e quindi una posizione attiva, di sfida nei confronti di qualsiasi forma di regime che sia ritenuto eticamente indegno”.

     
    “There is an indefinibile, mysterious power that pervades everything. I feel it, though I do not see it. …”.
     
    E’ il 1915 quando Gandhi torna in India, col suo carico di esperienze. Anche qui, attua tre grandi campagne di disobbedienza civile, contro l’arroganza del dominio britannico. Arrestato più volte, risponde con lunghissimi scioperi della fame. Una lotta feroce, che nel 1947 porterà l’India alla conquista dell’indipendenza. Ma il subcontinente indiano resta diviso in due Stati, India e Pakistan: indù e musulmani si dividono e danno vita ad una guerra civile che causerà, alla fine del 1947, quasi un milione di morti.

     
    Gandhi resta un moderato sul problema della divisione del Paese. Questo suscita l’odio di un fanatico indù che lo ucciderà il 30 gennaio 1948. Con lui muore un’ideale, basato su tre punti fondamentali: l’autodeterminazione dei popoli, la nonviolenza e la tolleranza religiosa. Ma cosa è rimasto oggi del messaggio di Gandhi? Ancora Michelguglielmo Torri:

     
    “Io direi che, purtroppo, in India non è rimasto veramente molto, nel senso che Gandhi è diventato una sorta di icona, un personaggio che è riverito, ammirato, indicato come simbolo della nuova India, ma direi che i suoi ideali non sono molto seguiti. Certo, si può sostenere che la tolleranza nei confronti delle minoranze religiose che, nonostante alcune limitazioni, caratterizza la vita politica dell’India, sia una figlia dell’insegnamento gandhiano. Ma anche da questo punto di vista, bisogna tener conto che è qualcosa che è stato mediato, che è stato reso concreto a livello politico non tanto per l’operato di Gandhi, quanto dall’operato del suo successore, cioè di Nehru”.

     
    (musica)

     
    Gli eventi di un mese fa nello Stato indiano di Orissa, dove sono state attaccate chiese e scuole provocando la morte di almeno 6 persone, dimostrano che l’India, “la più grande democrazia del mondo”, è ancora lontana dall’ideale di convivenza e dialogo che pensò, e per il quale si batté, Gandhi, del quale si ricordano i sessant'anni della morte. Il servizio di Amedeo Lomonaco:


    Sessanta anni dopo l’uccisione di Gandhi, che si è prodigato per far attecchire in India il seme della convivenza pacifica, il diritto alla libertà religiosa continua ad essere deturpato da gravi episodi di violenza. Nello Stato di Orissa, in particolare, centinaia di famiglie cristiane sono ancora senza tetto. In molte zone, vige il coprifuoco notturno e la comunità cattolica vive nella paura. Ma perché il prezioso patrimonio di Gandhi, fondato anche sul diritto alla libertà religiosa, oggi in India non riesce ad inserirsi sempre e ovunque in una cornice di rispetto e solidarietà? Risponde mons. Rapaehl Cheenat, arcivescovo di Cuttack-Bhubaeswar, nello Stato di Orissa:

    R. - Other religions like buddhist...
    Le altre religioni, come il buddismo e l’islam, sono poco diffuse in India. La maggior parte della gente è, dunque, di religione indù e appartiene alle caste più alte. Questo sistema qui è molto radicato e, perciò, non è ben vista la nascita e lo sviluppo sociale al di fuori dalle caste come anche la promozione dei diritti civili, a favore dei cosiddetti intoccabili e dei fuori casta. Questa è una delle cause principali di conflitto. Induismo e cristianesimo sono in contrasto su questo, ma la conversione al cristianesimo è minima, e in Orissa solo l’un per cento è cristiano.

    Nello stato di Orissa, la popolazione è la più povera dell’India e sono forti le discriminazioni legate all’appartenenza o all’esclusione dal sistema delle caste. Cresce poi il nazionalismo e i cristiani, in particolare, vengono accusati di essere estranei alla cultura indiana. Ancora l’arcivescovo di Cuttack:

    R. - The Hindus were very tolerant…
    Gli indù erano persone molto tolleranti fino a 30 anni fa. Erano molto pacifici. Ora, però, ci sono questi gruppi fondamentalisti che vogliono creare una nazione indù, un’India integralmente indù. Sono piccoli gruppi molto potenti, molto ben organizzati, che hanno introdotto questa sorta di campagna dell’odio. I cristiani sono accusati di essere nemici della nazione e per questo vogliono impedire al cristianesimo di diffondersi in India. Quindi, alimentano un clima di tensione.

    Secondo diversi osservatori, le violenze nello Stato di Orissa si possono leggere anche come una risposta, da parte di gruppi fondamentalisti, al sostegno della Chiesa alla campagna per il riconoscimento di pari diritti civili ai dalit, i cosiddetti fuori casta. Mons. Rapaehl Cheenat:

    R. - We are working among them...
    Stiamo lavorando in mezzo a loro, perchè per molti secoli non c’è stato sviluppo e nessun aiuto da parte del governo o dalle caste più alte. Vivevano come schiavi. Quindi, i missionari, naturalmente, si sono impegnato per lo sviluppo di queste persone. Queste persone hanno risposto al messaggio del Vangelo, nel momento in cui sono stati avvicinati dai sacerdoti. Hanno amato il cristianesimo perché è apparso loro come un qualcosa che è venuto a salvarli, a proteggerli, ad aiutarli a crescere e svilupparsi nel loro Paese. Quindi, hanno deciso di convertirsi al cristianesimo e quando questo è diventato evidente, alcuni indù hanno pensato fosse una sfida alla loro posizione predominante nel Paese.

    In questo quadro, non mancano comunque segni di speranza: nonostante le difficoltà, nella zona di Cuttack sono aumentate le vocazioni.

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    Centomila bambini in fuga dai focolai di violenza in Kenya. La Chiesa mediatrice di pace tra gli odi etnici. Intervista con padre Caramazza

    ◊   Sempre più critica la situazione in Kenya, in preda alle violenze scoppiate dopo le elezioni del 27 dicembre scorso, che hanno riconfermato il presidente Mwai Kibaki, innescando le proteste dell’opposizione di Raila Odinga. La polizia, secondo fonti di Nairobi, ha avuto ordine di sparare nel tentativo di soffocare gli scontri. Sul piano umanitario si aggrava l’emergenza. Dati dell’UNICEF parlano di 100 mila bambini fuggiti da soli o con la famiglia dalle zone di combattimento: 75 mila di loro vivono in campi interni al Paese africano. Ieri, nella capitale si sono svolte nuove manifestazioni dopo l’uccisione di un deputato dell’opposizione, mentre va avanti la mediazione dell’ex segretario generale delle Nazioni Unite, Kofi Annan. Si lavora quindi per fermare le violenze a sfondo politico, alle quali si sono intrecciati contrasti etnici. Sul perché di questa crisi, Giada Aquilino ha raccolto la testimonianza di padre Giuseppe Caramazza, missionario comboniano da 16 anni in Kenya:


    R. - Lo scontro politico ha scatenato altre violenze che vengono etichettate come etniche, ma forse bisognerebbe chiamarle violenze volte all’interesse personale. Alcuni gruppi vogliono mandare via i Kikuyo ed altre etnie dalla Rift Valley, per potersi impossessare della terra. Tali gruppi hanno visto che si poteva applicare una delle regole che voleva imporre l’opposizione, cioè il majimbo, la "regionalizzazione" del Kenya. Le persone non hanno colto questa regionalizzazione come una autonomia locale, ma piuttosto come un principio secondo cui l’etnia locale ha il diritto a tutte le risorse del posto e in base al quale si sente legittimata a mandar via altre etnie.

     
    D. - La Chiesa Cattolica come si pone di fronte a questa contrapposizione etnica?

     
    R. - Chiaramente, la Chiesa Cattolica ha sempre rifiutato una posizione di questo tipo, lavorando molto invece attraverso i Comitati di giustizia e pace per ricucire gli strappi etnici della Rift Valley, che vanno avanti da molti anni. La situazione ora è però sfuggita di mano: mentre prima si puntava al dialogo, adesso bisogna prima di tutto riportare la pace per poi ricostruire il dialogo.

     
    D. - Tra le violenze sul terreno, è stata avviata da Kofi Annan una mediazione tra il presidente Kibaki e il leader dell’opposizione Odinga. C’è spazio per una trattativa?

     
    R. - Lo spazio c’è ed anzi quella del dialogo è sempre stata la strategia che le etnie kenyane hanno usato per appianare le differenze. Il pericolo è che le violenze di questi giorni, con il connotato etnico, facciano diventare più difficile il dialogo politico. Si assiste ad una contrapposizione tra Kikuyo e Luo, ma questa non è la verità sul campo: moltissimi Kikuyo hanno votato per l’opposizione, mentre membri di altre tribù hanno votato per il governo.

     
    D. - Nelle violenze è morto anche un sacerdote, padre Michael Kamau Ithondeka. Cosa lascia al Kenya e alla sua popolazione?

     
    R. - Padre Michael è soltanto l’ultimo di una lunga serie di sacerdoti, suore e laici che sono stati uccisi negli anni durante le violenze proprio nella Rift Valley. E’ morto perché era un Kikuyo nel posto sbagliato: la gente non ha più visto in lui una persona che stava compiendo un servizio e così lo ha ucciso, in maniera tremenda. Credo che la Chiesa abbia pagato un grande debito di sangue al Paese e che quindi ora abbia la forza morale di intervenire e far vedere degli spiragli di pace.

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    La solidarietà delle chiese di Napoli agli abitanti coinvolti nell'emergenza rifiuti. La testimonianza di don Francesco Minervino

    ◊   Mentre la Commissione dell'Unione Europea ha rinviato a domani la decisione sulla comunicazione all'Italia del parere relativo all'emergenza rifiuti in Campania - ovvero il secondo e ultimo passo della procedura di infrazione prima del deferimento alla Corte di giustizia europea - la mattinata nelle aree campane al centro della crisi è trascorsa tra nuove proteste, blocchi e roghi. La polizia è entrata ancora in azione contro i manifestanti che avevano occupato parte dell'autostrada A30 e dei binari della linea ferroviaria Salerno-Cancello, in segno di protesta contro la decisione del commissario governativo, Gianni De Gennaro, di attivare nella località di Marigliano un sito di stoccaggio. Intanto, anche a Napoli la situazione stenta a ritrovare un contorno di normalità, come conferma don Francesco Minervino, parroco della chiesa di Maria Santissima Assunta a Miano-Scampia. L'intervista è di Fabio Colagrande:


    R. - Napoli ha bisogno di un aiuto esterno. Non perché non vogliamo assumerci le nostre responsabilità, ma il rischio grosso - e l’ha detto anche il cardinale Sepe - è che si cada nel vittimismo, che è uno dei drammi più forti per questa storia napoletana. Quello che chiediamo è di aiutarci, perché poi la difficoltà è che sentirsi soli in questo momento è il dramma che più ferisce, che distrugge anche quella voglia di speranza. La realtà di Napoli è così complessa che noi non riusciamo a decifrare, oggi, certe realtà: sono conseguenze, anche, di un’assenza di impegno civile, di partecipazione, di attenzione al bene comune… La gente vive male questa situazione, contesta i rifiuti per strada e poi alza le barricate nel momento in cui vengono individuati dei siti per le discariche: sono le contraddizioni di questo nostro territorio, di questa nostra gente. E certamente, dietro a tutto ci sono anche le forze delinquenziali, perché sia quelli che hanno permesso certe cose sia quelli che oggi organizzano certi tipi di contestazione.

     
    D. - In che modo la camorra è coinvolta?

     
    R. - La camorra è coinvolta nella misura in cui ha tenuto nascosto, almeno a livello di informazione, il fatto che in certi territori sono stati depositati rifiuti tossici e che in quegli territori oggi, in questi ultimi anni, anche istituti impegnati nella salute pubblica hanno rilevato che quei rifiuti sono causa di tante malattie che hanno portato tanta gente alla morte. E questo, veramente, ti fa capire che la camorra ormai è riuscita a mettere su un sistema economico capillare e i rapporti che oggi ha sono non soltanto a livello locale, ma nazionale e internazionale.

     
    D. - In questa situazione così difficile da un punto di vista sociale, quale può essere il compito di un sacerdote, secondo lei?

     
    R. - Il nostro impegno ci porta a vivere le responsabilità di condivisione, perché le parrocchie ci sono anche come presenza pastorale: siamo chiamati soprattutto alla condivisione, all’impegno di solidarietà, a metterci veramente al fianco di chi in questo momento vive una tragedia, dalla quale la Chiesa non può restare fuori.

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    I Musei Vaticani, ovvero la spiritualità che ha prodotto secoli di cultura: intervista con il direttore, Antonio Paolucci

    ◊   Un museo "ripensato" nei suoi percorsi interni, per concedere ai visitatori più tempo per apprezzare e godere delle sue straordinarie bellezze artistiche. E' una delle innovazioni studiate per i Musei Vaticani, che dallo scorso dicembre hanno come direttore il prof. Antonio Paolucci, per lunghi anni ai vertici della tutela del patrimonio artistico in Italia. Musei, quelli Vaticani, che offrono una lunga teoria di capolavori e di importanti reperti storico-archeologici, ma anche l'immagine di cosa abbia prodotto nei secoli l'incontro tra la religiosità cristiana e il genio di scultori, pittori, architetti. Il prof. Paolucci ne parla al microfono di Luca Collodi:


    R. - I Musei Vaticani significano una complessità di collezioni, un percorso spesso labirintico: c’è tutto nei Musei Vaticani. Non basterebbe, io credo, una settimana di attraversamento delle collezioni per capire la sfaccettata, la plurima complessità dei Musei. E questo è un dato di fatto oggettivo. Oggi, questi Musei sono attraversati ogni anno da 4 milioni e 300 mila visitatori: come dire, la popolazione della Svizzera o del Belgio, che li visita ogni anno. Il guaio è che questa gente ci sta mediamente un’ora, un’ora e mezzo, non di più. Io mi chiedo che cosa ricorda delle infinite cose che entrano nel suo campo visivo, dopo questo veloce attraversamento dei Musei. Ad esempio, mi accorgo - e questo mi dispiace - che la gran parte dei visitatori dei Musei Vaticani ormai non guarda neanche più le stanze di Raffaello, il capolavoro assoluto nella storia dell’arte di Occidente: le oltrepassa, punta direttamente sulla Sistina di Michelangelo, e vista quella, visto tutto. I tempi turistici sono quelli che sono.

     
    D. - Lei pensa di intervenire su questo aspetto, per valorizzare meglio anche la visita all’interno dei Musei Vaticani?

     
    R. - Io vorrei poter far qualcosa in questo senso, vorrei che almeno chi esca dai Musei Vaticani, ricordasse, si rendesse conto, percepisse la straordinaria complessità e varietà della bellezza e della storia che i Musei Vaticani rappresentano e conservano.

     
    D. - Una prima novità è l’allungamento degli orari in cui si possono visitare i Musei Vaticani...

     
    R. - Certo, ed è un passo molto importante, il cui merito - è giusto riconoscerlo - va tutto al mio predecessore Francesco Buranelli, perché è stato lui a prepararlo, ad organizzarlo, a negoziarlo, io l’ho ereditato e di questo gli sono grato. Questo significa regalare alla gente 3, 4 ore in più di Apollo di Belvedere, di Laocoonte, di Raffaello, di Michelangelo, di arte paleocristiana e così via. Chi entra nei Musei Vaticani capisce quello che è stato il lascito grande della Chiesa al mondo, perchè pochi musei sono internazionali come i Musei Vaticani.

     
    D. - Direttore Paolucci, la spiritualità è un altro elemento importante, soprattutto quando si parla dei Musei Vaticani. C’è più spiritualità nei Musei Vaticani o anche agli Uffizi, al Louvre o in altri grandi musei internazionali?

     
    R. - Se uno riconosce la spiritualità nei quadri o nelle sculture che raffigurano Madonne, Santi, Crocifissioni, Natività e quant’altro, un tasso pressoché uguale di spiritualità figurativa c’è in tutti i grandi musei di opere d’arte antiche: al Louvre, come agli Uffizi, come ai Musei Vaticani. Ma se per spiritualità intendiamo un’altra cosa, e cioè come lo Spirito, la testimonianza religiosa o pastorale, si è tradotta in opere d’arte, allora i Musei Vaticani svolgono un ruolo e possono insegnare qualcosa di straordinariamente importante. Io credo che quello che la gente dovrebbe capire attraversando i Musei Vaticani è proprio questo: il fatto che la Chiesa in tutta la sua storia abbia giocato l’azzardo, il rischio grandissimo, di chiamare la cultura.

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    Chiesa e Società



    India: incontro interreligioso a Ranchi, per invocare la pace nello Stato dell’Orissa percorso da violenze contro i cristiani

    ◊   Un incontro di preghiera, organizzato dai cristiani nello Stato indiano di Jharkhand per invocare la pace in un altro Stato indiano quello Orissa, teatro di recente di gravi violenze sfociate nell’incendio e devastazione di 71 di chiese, in gran parte cattoliche e 500 abitazioni cristiane. L’iniziativa - che ha concluso la Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani – è stata promossa dal Comitato ecumenico che ha sede nella città di Ranchi. L’invito a partecipare è stato esteso oltre ai fedeli di varie confessioni cristiane anche ad indù, musulmani, animisti e siks. Tutti insieme hanno invocato la pace. Il vescovo ausiliare di Ranchi ha posto l’accento in particolare sul valore del perdono: “lasciamo che sia Dio – ha detto – a giudicare quelli che colpiscono i cristiani”. Gli ha fatto eco il musulmano Mohammad Talib: “Che Allah – ha invocato – apra gli occhi di coloro che odiano le altre religioni”. Ed ancora l’indù Diptiman Bose ha aggiunto “che le persone possano accettarsi l’una con l’altra se credono in Dio che è creatore di tutto”. Circa la situazione nell’Orissa, permane le preoccupazione mentre è ancora impedito alle organizzazioni umanitarie, tra le quali la Caritas, di visitare le aree distrutte e sono oltre 3 mila i cristiani di vari villaggi interessati dalle violenze che hanno trovato riparo in campi profughi. (R.G.)

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    La solidarietà degli ortodossi, dopo l’incendio che ha colpito la “Biblioteca dello Spirito”di Mosca: 500 libri distrutti e danni per 40 mila euro

    ◊   Solidarietà e aiuti concreti dalla Russia e da tutto il mondo stanno arrivando alla “Biblioteca dello Spirito” (Dukovnaja Biblijoteka), l’importante centro di Mosca per l’ecumenismo, danneggiato da un incendio divampato la settimana scorsa nell’edificio. Lo ha raccontato  ad “AsiaNews” padre Romano Scalfi, fondatore del Centro studi “Russia Cristiana”, che insieme alla Caritas diocesana di Mosca e alla Facoltà teologica ortodossa di Minsk ha dato vita, nel 1993, alla Biblioteca. “Circa 500 volumi sono andati distrutti - ha riferito il sacerdote - e i danni subiti alla struttura si aggirano intorno ai 40mila euro". Le fiamme si erano sviluppate la sera del 23 gennaio nell'appartamento sopra gli uffici del Centro e i pompieri avevano dovuto scoperchiare il tetto per spegnere l'incendio, provocando l'allagamento dei locali sottostanti. "Già diverse persone  hanno promesso di aiutarci", ha dichiarato padre Scalfi, tra cui il nunzio apostolico in Russia, mons. Antonio Mennini e benefattori dall’estero; anche dalla comunità ortodossa sono arrivate telefonate di solidarietà ed alcune associazioni hanno offerto ospitalità: il vicino Centro ortodosso "San Filaret" ed un'altra biblioteca del quartiere hanno messo a disposizione i loro locali per continuare provvisoriamente l’attività degli uffici, ancora inagibili. La Biblioteca dello Spirito si era trasferita nell’attuale e più ampia sede di via Pokrovka solo nel 2004. Il Centro pubblica, acquisisce, traduce e distribuisce i volumi che ritiene significativi per l'ecumenismo. Molti testi sono devoluti gratuitamente a organizzazioni religiose, a istituti per l'infanzia, carceri, centri culturali e a privati. Numerose anche le iniziative culturali promosse dal Centro: come gli incontri, tre o quattro volte alla settimana, con i partner ortodossi sui temi della fede e della società. Secondo Peter Humeniuk, esperto di Russia per “Aiuto alla Chiesa che soffre”, la “Biblioteca dello Spirito” svolge un “servizio inestimabile nel campo del dialogo interreligioso, e in questo settore rappresenta una sorta di pietra miliare”. (R.G.)

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    Invito alla conversione dei vescovi filippini rivolto a tutti i fedeli per una riforma morale e spirituale del Paese

    ◊   Dopo due giorni di lavori, si è conclusa a Manila l’Assemblea plenaria dei vescovi filippini. Per l’occasione, i presuli hanno presentato alla stampa un documento intitolato “Rinnova te stesso e credi in Dio”. Il documento - riferisce l'Agenzia Ucanews - è firmato dal presidente della Conferenza episcopale delle Filippine, mons. Angel Lagdameo, arcivescovo di Jaro. “Vediamo ovunque oscurità – scrivono i vescovi – come se la gente vivesse apparentemente senza speranza, a causa della paura, dei sospetti, delle immagini sbagliate” riportate dai giornali. Nonostante ciò, anche in una situazione di frustrazione, di cinismo e di apparente disperazione, i presuli filippini ribadiscono che “c’è del buono in ogni luogo, anche in quelle cose che spesso critichiamo”. Allo stesso tempo, essi riconoscono che “solo grazie alla prospettiva di fede e di speranza riusciamo a vedere la luce e la liberazione dalle tenebre”. I vescovi delle Filippine chiedono, inoltre, alle persone di fede di sostenerli “nella riforma morale e spirituale del Paese rinnovando innanzitutto se stessi”. D’altro canto, i presuli puntano anche alla dimensione comune, ribadendo la necessità di pensare “non solo come individui, ma come un’intera comunità”. Di qui, l’appello alle comunità ecclesiali di base, le parrocchie, le scuole ed altre “comunità di fede”, affinché si riformino. Infine, i vescovi filippini chiedono di porre fine alle lotte politiche ed ideologiche tra governo ed opposizione, poiché le divisioni paralizzano il progresso, mentre la popolazione chiede aiuto per migliorare il proprio sostentamento. (I. P.)

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    Appello dei vescovi messicani di Acapulco a lottare contro il crimine organizzato

    ◊   “Vogliamo cercare strade che aiutino i fedeli cattolici e tutti gli uomini e le donne di buona volontà disposti ad ascoltarci, a vincere il potere del male compiendo il bene”. Lo affermano i vescovi della Provincia Ecclesiastica di Acapulco in una Lettera pastorale sul crimine organizzato ripresa dall'Agenzia Fides. Secondo i vescovi, “negli ultimi anni è andata crescendo in modo esponenziale la violenza causata dalle organizzazioni criminali”, sebbene si tratti di un problema non solo circoscritto alla regione ma che coinvolge tutta l’America Latina ed i Caraibi. Dalle analisi sul fenomeno emerge la presenza sul territorio di “gruppi di delinquenti che si organizzano in maniera sistematica e permanente per ottenere guadagni per sé o per altri ricorrendo alla violenza e alla corruzione; le loro attività più diffuse sono il narcotraffico, il sequestro, la tratta di persone, il riciclaggio di denaro sporco, il furto e le esecuzioni”. Le cause di questo male sono molteplici: “le carenze del sistema educativo, che per molto tempo ha mancato di una formazione umanista ed etica; la disoccupazione che cresce ogni giorno di più; la corruzione politica; l’abbandono della campagna e la ricerca del denaro facile; la propaganda dei mezzi di comunicazione sociale; la diffusione di un’ideologia individualista ed utilitarista; la mancanza di rispetto della dignità delle persone; il deterioramento del tessuto sociale; la mancanza di politiche pubbliche di equità sociale”. Di fronte a questo fenomeno, la Chiesa deve “alzare la sua voce e fare una denuncia profetica dei gravi mali che affliggono la comunità, esigendo cambiamenti e, soprattutto, una conversione spirituale che porti ad un rinnovamento di vita”. Nella Lettera pastorale vengono poi rivolti alcuni appelli. I vari soggetti interpellati sono: le autorità, affinché “antepongano il bene comune agli interessi di partito o di gruppo”; tutti coloro che sono implicati nelle diverse forme di crimine organizzato, perché sappiamo che “Dio li sta chiamando alla conversione, pronto a perdonarli”; la società civile, cui viene chiesto di “vigilare e verificare, attraverso le proprie organizzazioni, sull’operato delle autorità per combattere alla radice il crimine organizzato, individuandone le cause sociali, economiche, politiche e culturali”; la scuola, che è chiamata a “costruire una cultura fondata su valori universali quali la dignità umana, la laboriosità ed il rispetto della legge, contribuendo così alla formazione di una mentalità ed atteggiamenti orientati al bene comune”; i mezzi di comunicazione, affinché contribuiscano a “formare una coscienza che rispetti la persona umana ricercando il bene comune”; le famiglie, “prime ed insostituibili educatrici alla pace”; ed infine, gli operatori pastorali, cui viene ribadita l’importanza dell’evangelizzazione. (R.P.)

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    Illegalità e sfruttamento dilagano fra gli stranieri impiegati nel lavoro agricolo stagionale nel centro e sud Italia: lo denuncia un Rapporto di Medici Senza Frontiere

    ◊   E’ stato presentato oggi presso l’Associazione della stampa estera di Roma, un rapporto dei Medici Senza Frontiere sulle condizioni degli stranieri impiegati come lavoratori stagionali nel centro e nel sud d’Italia. “Una stagione all’inferno” è il titolo del rapporto ed è proprio quello che vivono regolarmente gli stranieri impiegati in agricoltura in questo Paese del G8. “Sono fuggito dall’inferno del Darfur per finire nell’inferno italiano”. La drammaticità della situazione relativa ai lavoratori stagionali impiegati in agricoltura in Italia emerge senza appello dalle parole di molti immigrati assistiti e intervistati dalle equipe mobili di Medici senza Frontiere. Dal 2004 al 2007 nulla è cambiato in questo disgraziato settore dell’economia italiana, che si tratti di pomodori, arance o frutti di serra. I lavoratori sono per la quasi totalità stranieri e illegali, persone senza diritti, che lavorano 18 ore al giorno per meno di 30 euro, sfruttati dai datori di lavoro italiani e dai caporali stranieri, costretti alla clandestinità dalla paura. Oltre il 70% di questi stranieri ignora di avere diritto all’assistenza sanitaria e comunque vive in condizioni che rendono impossibile raggiungere alcun presidio ospedaliero, una vera e propria crisi umanitaria, denuncia MSF, frutto dell’ipocrisia anche delle autorità locali, che tollerano quanto avviene sul territorio di loro competenza, sfuggendo così alle proprie responsabilità. Nelle medesime condizioni si trovano immigrati illegali, ma anche richiedenti asilo e rifugiati che, per legge, dovrebbero usufruire di forme di assistenza pubblica, che ormai da anni non vengono erogate. A vivere in questo modo si stima siano tra le 6 e le 7 mila persone, un esercito di invisibili insomma nel cuore di un Paese del G8. (A cura di Stefano Leszczynski)

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    Aperto oggi a Roma il Convegno su ”Parrocchie e nuova evangelizzazione: l’apporto di movimenti ecclesiali e nuove comunità”

    ◊   La missione evangelizzatrice della Chiesa trova alimento nell’azione congiunta di parrocchie e movimenti ecclesiali. E’ il messaggio dell’incontro promosso dal Pontificio Istituto pastorale “Redemptor Hominis”, in collaborazione con la Comunità dell’Emmanuel, da oggi e fino a venerdì prossimo a Roma, presso il Centro Congressi Villa Aurelia. Comunità pluriforme, luogo di comunione tra movimenti ecclesiali e realtà parrocchiali: questa la risposta alla sfida dell’evangelizzazione, proposta dai partecipanti al convengo. Un invito a guardare alla Chiesa nell’eredità del Concilio Vaticano II, seguendo la strada indicata da Paolo. "Vi sono diversità di carismi ma un solo spirito", diceva l’apostolo nella Prima Lettera ai Corinzi; "vi sono diversità di ministeri, ma uno solo è il Signore; vi sono diversità di operazioni, ma uno solo è Dio". Uniti dal comune radicamento in Dio Padre, parrocchia e movimenti possono operare in comunione fraterna, per dare nuovo slancio all’azione evangelizzatrice della Chiesa. “La fede si rafforza quando è condivisa”, ha detto all’incontro mons. Malcolm Ranjith, segretario della Congregazione per il Culto Divino. “Una condivisione – ha sottolineato – che se da un lato chiede alle parrocchie di accogliere al loro interno i carismi apostolici, "sorpresa e dono dello Spirito Santo", come ebbe a definirli Papa Giovanni Paolo II, dall’altro necessita da parte dei movimenti di un gesto di umiltà, che li veda mettersi al servizio delle parrocchie e della comune missione evangelizzatrice. Un’azione congiunta che per la Chiesa, chiamata a fronteggiare le sfide del Terzo Millennio, rappresenta una risorsa provvidenziale e insieme un’opportunità, sia per i fedeli laici che per i pastori. “Annunciare il Vangelo è missione di ogni battezzato”, ha ricordato don Pigi Cherini, della parrocchia di Sant’Eustorgio a Milano. “Un compito che realizza appieno la vocazione di ogni cristiano”. (A cura di Claudia Di Lorenzi)

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    Oltre seimila persone al raduno in favore della vita e della famiglia organizzato domenica scorsa a Barcellona dal “Patto per la Vita e la Dignità”

    ◊   Persone di diverse associazioni “che lavorano a favore della vita, del matrimonio e della famiglia” si sono riunite “ancora una volta per riaffermare, tutelare e difendere con convinzione e rispetto queste realtà”. Lo ha sottolineato l’arcivescovo di Barcellona, cardinale Lluís Martínez Sistach, nella Messa di apertura del raduno organizzato - domenica scorsa – dal “Patto per la Vita e la Dignità”, presso il Palazzo dei Congressi della città catalana. All’evento hanno partecipato oltre seimila persone con l’intento di manifestare in difesa della vita e della famiglia. Il mondo attuale “non ci permette di vivere ed agire con facilità in accordo con la nostra coscienza cristiana”, ha osservato l’arcivescovo di Barcellona, aggiungendo che “il Signore ci chiede di stare nel mondo”, “senza essere del mondo.” “I cristiani infatti offrono alla società la ricchezza che hanno ricevuto dal Signore, - ha proseguito il presule - presentando a tutti con convinzione e semplicità la meravigliosa realtà del matrimonio, intima comunità di vita e di amore tra un uomo ed una donna, aperta alla vita umana, che genera i figli e li educa ad essere buoni cittadini e buoni cristiani”. “Dobbiamo offrire alla società il valore prezioso della vita, dal momento del concepimento fino alla morte naturale”, cosi come “il valore del matrimonio e della famiglia, istituzioni create da Dio e patrimonio dell'umanità”. Nel corso del raduno organizzato dal “Patto per la Vita e la Dignità”, che conta un centinaio di gruppi in difesa della vita, sono stati affrontati il fenomeno degli aborti illegali a Barcellona e delle unioni tra persone dello stesso sesso. (R.G.)

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    I premi dei vescovi spagnoli per gli operatori della comunicazione che si sono distinti per il servizio alla dignità dell'uomo ed ai valori evangelici

    ◊   Consegnati a Madrid presso la sede della Conferenza episcopale spagnola, i Premi “Bravo! 2007”. Con l’attribuzione del riconoscimento, la Commissione episcopale spagnola per i mezzi di comunicazione sociale ha voluto premiare il lavoro degli operatori della comunicazione che si sono distinti per il servizio alla dignità dell’uomo, ai diritti umani e ai valori evangelici. Il premio “Bravo Speciale” è andato a mons. Fernando Sebastián, arcivescovo emerito di Pamplona, per l’esemplare attuazione, nell’esercizio del suo ministero pastorale, della dottrina ecclesiale che considera le comunicazioni sociali uno degli ambiti privilegiati per l’evangelizzazione della cultura nel tempo attuale. Per la sezione “Stampa”, il Premio è stato attribuito alla rivista per l'infanzia, “Gesto”, delle Pontificie Opere Missionarie, cui è stato riconosciuto il merito di trasmettere ai più piccoli un autentico spirito missionario e solidale specialmente con i popoli più svantaggiati. A ricevere il Premio per la “Radio” è stato il giornalista della Catena COPE, Angel del Río, per aver offerto un’informazione vicina agli interessi e alla vita dei cittadini, particolarmente attenta ai costumi e alle tradizioni popolari. La sezione “Televisione” ha premiato i programmi religiosi cattolici del Servizio Pubblico (El Día del Señor, Pueblo de Dios, Ultimas preguntas e Testimonio), nel 25.mo della loro presenza televisiva, riconoscendo l’autentico servizio ecclesiale e pubblico da loro reso ai cattolici spagnoli e all’intera società. Il Premio alla “Comunicazione diocesana” è stato attribuito all’Arcidiocesi di Valencia per l’eccellente lavoro realizzato sia nella comunicazione ordinaria, sia nella copertura di eventi straordinari quali il V Incontro Mondiale delle Famiglie e la visita pastorale a Valencia di Benedetto XVI. (M.V.)

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    Il nuovo direttore de “L’Osservatore Romano” promette più “firme femminili” e maggiore attenzione alle Chiese orientali

    ◊   “Un giornale in Vaticano: la sfida della comunicazione”, è stato il tema di un incontro organizzato ieri sera a Roma dalla Dehoniana Libri. Presente il neo-direttore dell’Osservatore Romano, Giovanni Maria Vian, intervistato nel corso del dibattito dal giornalista Luigi Accattoli, vaticanista del “Corriere della Sera”. Vian - come riferisce l’agenzia SIR - ha rivelato in particolare due richieste avanzate di recente dall’editore del quotidiano della Santa Sede. Una “maggiore presenza di firme femminili” ed un supplemento di attenzione “alle Chiese orientali, anche non cattoliche”. “L’Osservatore Romano” - ha puntualizzato il suo direttore - “non è un organo ufficiale: è un giornale come gli altri, ma è il giornale del Papa, quindi è molto importante, perché il Papa è l’autorità spirituale che ha più importanza al mondo”. Il nuovo “Osservatore Romano”, ha spiegato ancora il prof. Vian, vuole essere “un giornale più leggero, più sobrio, che continui ad essere il giornale del Papa in due modi: documentando e informando giornalisticamente”. Documentare, ha spiegato, vuol dire “pubblicare tutti i testi del Papa, integralmente e subito”, informare significa “cercare di dare una lettura dell’attività o della predicazione papale”. Quanto alla richiesta del Papa di una maggiore presenza femminile, Vian ha ricordato che “le donne in redazione non ci sono mai state, ma le firme femminili sono aumentate moltissimo”. (R.G.)

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    Premiata in Australia suor Patricia Rhatiganm, per i 50 anni di servizio ai poveri nelle aree rurali e nelle zone più remote del Paese

    ◊   Premiata per 50 anni di servizio ai poveri nelle aree rurali e nella zone più remote dell’Australia: suor Patricia Rhatigan è stata insignita del grado di “Ufficiale dell’Ordine di Australia”. Ambito riconoscimento che rivela pure la stima della Nazione verso la Chiesa cattolica. Apprezzata da tutta la comunità civile australiana, suor Patricia è ormai un punto di riferimento anche per le istituzioni statali per il suo lavoro nelle comunità indigene, a sostegno del loro sviluppo socio-economico e soprattutto dell’istruzione nella regione di Kimberley, nell’Australia occidentale. La religiosa appartiene alla Congregazione delle Suore di San Giovanni di Dio, fra le più apprezzate e presenti in Australia, con il suo ramo religioso e quello laicale. Fra le altre personalità insignite vi è anche Barry James Buckley, dei Fratelli Cristiani in Queensland, per il suo servizio nel settore dell’istruzione: è direttore del Nudgee International College dal 1995, Istituto che fornisce corsi di inglese a studenti e giovani provenienti dall’estero. Infine, fra i cattolici inclusi nella lista delle onoranze pubbliche rese note dal Governo australiano, vi è anche Suor Helen Margaret Ryan, premiata per il suo contributo nel campo delle musica e dell’animazione corale dei ragazzi. La Chiesa australiana, particolarmente impegnata in opere di carattere sociale (ospedali, ospizi, case di cura o di riabilitazione), ha meritato la benevolenza e l’apprezzamento della popolazione e delle autorità civili australiane. Notevole è l’impegno che tuttora la comunità cattolica profonde per lo sviluppo sociale, economico e culturale delle minoranze aborigene. (R.G.)

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    Completate le nomine per il Comitato scientifico incaricato, dal Pontificio Consiglio per la Cultura, di redigere la storia culturale della Chiesa in America Latina

    ◊   Con la nomina di Carlos Salinas, professore di Diritto civile e canonico della Pontificia Università Cattolica di Valparaiso, in Cile, è ora completa la composizione del Comitato scientifico che, su indicazioni del Pontificio Consiglio per la Cultura, dovrà occuparsi della stesura di una vera e propria enciclopedia riguardante la Storia culturale della Chiesa in America Latina. Salinas infatti - riferisce l'Agenzia Aciprensa - sarà uno dei tredici membri di una Commissione di esperti, composta da accademici di Francia, Spagna, Messico, Uruguay, Brasile, Argentina e Perù, compreso un membro dell’Accademia Pontificia per le Scienze Sociali, Pedro Morandé Court, che dovrà provvedere alla realizzazione di quest’ambiziosa opera, nella necessità di offrire una visione globale sull’apporto culturale della Chiesa cattolica nel continente. L’iniziativa farà seguito al primo Congresso di Storia culturale della Chiesa in America Latina, svoltosi lo scorso anno a Lima, in Perù, e la prima riunione del Comitato si terrà il prossimo giugno a Roma. Dicendosi onorato di prendere parte alla missione, il prof. Salinas ha spiegato che ciò potrà costituire un impulso all’evangelizzazione culturale, “soprattutto considerando che diversi gruppi politici del luogo non sono cristiani”. (V.V.)

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    "Erano i tempi di guerra...": un libro racconta l'avventura spirituale di Chiara Lubich e del Movimento dei Focolari

    ◊   Un grande successo di pubblico ha accompagnato ieri a Roma, nella sala del Palazzo della Cancelleria, la presentazione del libro “Erano i tempi di guerra… agli albori dell’ideale dell’unità”, edito da Città Nuova. Il volume pubblica insieme, per la prima volta, due testi che ripercorrono le origini e gli sviluppi del Movimento dei Focolari: il primo, scritto da Chiara Lubich nel 1950, e il secondo di Igino Giordani negli anni ’70. “Erano i tempi di guerra” riprende l’espressione con cui innumerevoli volte Chiara e le sue compagne iniziavano il racconto della loro scoperta di Dio, sotto i bombardamenti nella città di Trento, durante la Seconda Guerra Mondiale. Non si tratta tuttavia di un’opera celebrativa, ma di un libro che vuole trasmettere la vita e l’esperienza autenticamente evangelica che è alla base del Movimento dei Focolari. Una nuova spiritualità, ancorata al Vangelo e al testamento di Gesù: “che tutti siano uno”. Di questo vero e proprio manifesto dell’ideale dell’unità si sono fatti interpreti a varie voci i relatori di ieri sera, alla presentazione. Graziella De Luca, una delle prime compagne di Chiara Lubich, ne ha parlato come di un’impronta fondamentale della sua vita, che ha coinciso con il suo incontro con Dio. Una luce che l’ha investita così fortemente da non farle sentire più alcun vuoto, con l’anima completamente saziata da Dio, l’amore infinito. Michele Vandeleene, curatore del volume, ha sottolineato le caratteristiche dei due testi. Igino Giordani, conobbe la Lubich quando lui era già un affermato scrittore, grande conoscitore della storia della chiesa e della patristica, parlamentare in carica, ma rimase subito colpito dalla carica profetica di quanto stava avvenendo in quel piccolo gruppo di ragazze che erano le prime focolarine. Nel suo scritto narra con penna incisiva episodi e fatti che ne comunicano tutta la freschezza e l’ardore. Mentre il testo di Chiara Lubich esprime efficacemente la luce spirituale sperimentata nella sua scelta esclusiva di Dio e dell’amore al fratello. Infine lo storico Alberto Monticone e Mons. Piero Coda, presidente dell’Associazione Teologica Italiana, hanno collocato l’esperienza di Chiara e del Movimento dei Focolari nell’ambito della società italiana e della Chiesa. Il prof. Monticone ha rilevato una corrispondenza tra l’iniziativa di Chiara e le attese della società e della Chiesa italiane del dopo guerra: il bisogno di uscire dagli odii e dalle divisioni per aprire la via alla comprensione, all’unione e alla carità, anche nella sfera civile e politica. Piero Coda ne ha sottolineato l’importanza dal punto di vista della teologia spirituale e di un carisma nuovo donato alla Chiesa intera. "Il Vangelo, ha osservato, deve essere sempre nuovo nelle sue espressioni di vita. Di una vita che, innestata nella Chiesa, deve essere capace di parlare a tutti gli uomini". (A cura di Pietro Cocco)

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    24 Ore nel Mondo



    In Iraq, ucciso un cameraman e ferita una giornalista dell’emittente del maggiore partito sciita

    ◊   Un cameraman di un'emittente tv irachena, Alaa Abdul Karim al Fartusi, è morto con il suo autista, nella tarda serata di ieri a nord di Baghdad quando una bomba è esplosa al passaggio della sua autovettura. Ferite altre due persone, tra cui una giornalista che lavorava per la stessa emittente, cioè la al Furat Tv, del Supremo consiglio islamico iracheno, il maggior partito sciita del Paese. Dall'inizio del conflitto nel marzo 2003, sono almeno 229 i giornalisti e tecnici dell'informazione uccisi in Iraq, mentre altri 62 sono stati rapiti e di 14 di questi si sono perse le tracce. E sempre oggi, nella zona di Baquba, un civile è stato ucciso e altri tre sono rimasti feriti da un commando armato. Baquba è il capoluogo della provincia di Diyala, dove da giorni è in corso una vasta operazione antiterrorismo delle forze irachene e americane.

    Pakistan
    Catturato, ieri sera a Karachi, nel sud del Pakistan, Qasim Toori, un estremista islamico legato ad Al Qaeda. Tre membri del gruppo di cui faceva parte il militante sono rimasti uccisi. Le autorità sospettano che Toori sia il capo di un gruppo armato islamico, "l’Esercito di Dio" (Jundullah), alleato di Al Qaeda e che stava preparando attentati a Karachi.

    Colloqui - breccia al confine tra Striscia di Gaza e Egitto
    La delegazione di Hamas invitata a partecipare oggi ad un incontro al Cairo per negoziare una soluzione sulla chiusura della breccia aperta nel muro di confine è giunta in territorio egiziano varcando proprio il valico ufficiale di Rafah di cui oggi verrà chiesta la riapertura definitiva. Il valico era da settimane deserto. La delegazione palestinese è guidata dall'ex ministro degli Esteri nel governo di Hamas, Mahmud Al-Zahar, ritenuto uno dei “falchi” al vertice dell'organizzazione. E proprio al Cairo il presidente dell'Autorità palestinese (ANP), Abu Mazen (Mahmud Abbas) ha ribadito di non avere alcuna intenzione di dialogare con Hamas. In dichiarazioni al termine della riunione con il presidente egiziano Mubarak, Abu Mazen, ha affermato - in risposta ad una domanda sulla possibilità di abbozzare un dialogo tra l'ANP e Hamas - che “non c'è alcuna autorità che si rispetti che possa dialogare con un partito illegittimo”. Il presidente dell'ANP ha aggiunto che “non ci sarà alcun dialogo a meno che il movimento non rinunci al suo colpo di stato, accetti le elezioni anticipate e rispetti le risoluzioni internazionali”. Riguardo alla sicurezza ai valichi, Abu Mazen ha precisato che "solo l'Autorità palestinese è responsabile per la sicurezza e che l'ANP rispetta gli accordi raggiunti sui passaggi".

    Israele - guerra Libano
    Intanto, cresce la tensione politica in Israele a poche ore dalla pubblicazione del rapporto della Commissione di verifica sulla guerra in Libano nel 2006, presieduta dal giudice Eliahu Winograd. Nel pomeriggio, i cinque membri della commissione si recheranno dal premier Ehud Olmert per consegnargli il rapporto, che conterà centinaia di pagine. Si tratterà di un incontro molto breve, in cui Winograd informerà il primo ministro di aver concluso l'incarico. In particolare sulla stampa da giorni infuriano polemiche centrate sulle ultime ore del conflitto: ossia se fosse giustificata la ultima offensiva terrestre nel Libano meridionale (in cui i miliziani Hezbollah riuscirono ad infliggere ingenti perdite alle forze israeliane), mentre alle Nazioni Unite volgeva al termine la battaglia diplomatica sulla risoluzione 1701 del Consiglio di sicurezza che avrebbe messo fine al conflitto.

    Somalia
    Almeno dieci persone sono morte e più di 55 sono rimaste ferite negli scontri tra gli insorti e le forze del governo in un'area residenziale di Mogadiscio. Guillermo Bettoki, responsabile dell'Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati nel Paese (UNHCR), ha dichiarato alla BBC che “la situazione in Somalia è ancora troppo pericolosa per il ritorno dell'Agenzia delle Nazioni Unite”. Intanto continuano gli episodi di violenza anche in altre zone del Paese. Ieri sono stati uccisi a Kisimayo tre cooperanti umanitari ed un giornalista e un ragazzo somalo hanno perso la vita a causa di un’esplosione.

    Congo
    Almeno 13 persone, tra cui nove bambini, sono morte e decine disperse nel naufragio di un'imbarcazione avvenuto nella notte tra lunedì e martedì, sul lago Tanganyika, nel sud-est della Repubblica democratica del Congo. Le autorità marittime di Kalemie, la località più vicina al luogo del naufragio, solo oggi hanno riportato i bilanci dell’accaduto. Riferiscono inoltre che erano circa 100 i passeggeri a bordo, di cui 17 tratti in salvo da pescatori.

    Italia - crisi di governo
    Una situazione complicata per la forte frammentazione politica. Così in Italia il capo dello Stato ha riassunto i suoi quattro giorni di consultazioni per risolvere la crisi di governo. Per questo, Napolitano si è preso una pausa di riflessione al termine della quale, presumibilmente nelle prossime ore, comunicherà, motivandole, le sue decisioni. Il servizio di Giampiero Guadagni.


    Alle 19 delegazioni di partito che sono salite in questi giorni sul Colle, il Capo dello Stato ha ripetuto che è suo diritto-dovere tentare sino in fondo di verificare l’esistenza di una maggioranza politica. L’ipotesi più concreta al momento è un incarico al presidente del Senato Marini. Potrebbe essere un mandato esplorativo, oppure uno vero e proprio per formare un governo transitorio che porti alle elezioni. Ma l’eventuale tentativo di Marini appare un’autentica impresa. A chiedere il ritorno immediato alle urne è ormai tutto il centrodestra. Anche l’UDC ha preso atto del no di Berlusconi ad un esecutivo di larghe intese e non intende, parole del suo leader Casini, fare da stampella al centrosinistra per un "governicchio". Sull’altro fronte, le posizioni sono un po’ più articolate. Il Partito Democratico di Veltroni ha confermato ieri a Napolitano la richiesta di un governo istituzionale che faccia alcune importanti riforme istituzionali e porti alle elezioni nella primavera del 2009. Sostiene Veltroni: il voto oggi vuol dire instabilità domani. Il segretario del PD, peraltro, non sembra gradire l’ipotesi che sia il dimissionario governo Prodi a portare il Paese alle urne nella prossima primavera. In questa delicata situazione, in molti si chiedono che fine abbia fatto il referendum per la riforma elettorale, che nelle settimane scorse aveva avuto il via libera della Corte Costituzionale. Per il comitato promotore, nessuno dei due scenari - governo istituzionale o elezioni anticipate - pregiudica la possibilità di votare i quesiti proposti. Le date ritenute compatibili sarebbero allora il 20 aprile per il referendum, l’8 giugno per le elezioni politiche. E certamente anche questo importante aspetto viene valutato in queste ore dal capo dello Stato. (Per la Radio Vaticana, Giampiero Guadagni)

    La Florida sceglie Clinton e McCain. Esce di scena Giuliani
    Tra le palme della Florida, il senatore McCain vince per i Repubblicani ma il dato più significativo sembra l’ormai certa uscita di scena di Giuliani. Per i Democratici il voto per Hillary Clinton non è una sorpresa. Elena Molinari:


    Se nemmeno la Florida dunque ha fatto emergere un chiaro leader nel partito del presidente Bush, ha di certo sancito la fine delle ambizioni presidenziali per Rudy Giuliani. L’ex sindaco di New York aveva puntato tutto sul voto di ieri per riprendersi da una serie di sconfitte ma si è piazzato solo terzo. In campo democratico vittoria netta invece alle primarie per Hillary Clinton come previsto, un successo però largamente simbolico. La direzione del partito democratico ha infatti privato la Florida dei suoi delegati dopo che lo Stato ha violato le regole cambiando la data delle sue primarie. Per la senatrice di New York si tratta però di una vittoria utile per lo meno dal punto di vista mediatico per recuperare la debacle di sabato scorso in South Carolina nei confronti di Barack Obama. La partita decisiva per le primarie in entrambi i partiti dunque resta quella di martedì 5 febbraio quando andranno alle urne 22 Stati per le primarie. (Da New York, Elena Molinari per la Radio Vaticana)

    Birmania
    La dissidente birmana, Aung San Suu Kyi, da anni agli arresti domiciliari, ha lasciato oggi la residenza dove è confinata a Rangoon, a bordo di un convoglio ufficiale. Fonti del regime militare birmano riferiscono che la donna è stata condotta in un edificio governativo dove ha incontrato dirigenti del suo partito, la Lega nazionale per la democrazia (LND), principale partito di opposizione del Myanmar. Già lo scorso 9 novembre, per la prima volta dopo il 2004, la dissidente era stata autorizzata ad incontrare alcuni esponenti della sua formazione politica. Sempre oggi la premio Nobel per la Pace ha visto un emissario della giunta governativa, il ministro del Lavoro, il generale a riposo Aung San, responsabile dei rapporti con la leader dell’opposizione non violenta. Dopo il colloquio, il quinto in cinque mesi, Aung San Suu Kyi si è dichiarata apertamente insoddisfatta.

    Russia
    L'ex patron del fallito colosso petrolifero Yukos, Mikhail Khodorkovski, ha annunciato di aver avviato uno sciopero della fame in segno di solidarietà con l'ex vice presidente della società Vasili Aleksanian, che oggi verrà processato per riciclaggio, appropriazione indebita ed evasione fiscale e al quale nei giorni scorsi era stato negato il ricovero in ospedale per curare l'aids. Lo riferiscono le agenzie. L'ex oligarca ha informato della sua decisione il procuratore generale con una lettera diffusa anche sul suo sito Internet e nella quale auspica una decisione che “garantisca la vita e le cure mediche a Aleksanian”. Quest'ultimo ha sostenuto che in passato la procura generale gli aveva offerto la libertà in cambio di una deposizione contro Khodorkovski e il suo socio Platon Lebedev, entrambi già in carcere per una condanna a otto anni e in attesa ora di un secondo processo: due vicende giudiziarie dietro le quali moltissimi analisti hanno visto la regia del Cremlino ai danni di oligarchi politicamente ambiziosi e contrari al progetto di nazionalizzazioni dell'energia.
     
    Bangladesh
    Si è aperto oggi a Dacca il processo all'ex primo ministro del Bangladesh, Sheik Hasina Wajed, accusata di avere estorto 435 mila dollari al proprietario di una compagnia elettrica nel corso del suo mandato dal 1996 al 2001. L'incriminazione di Hasina fa parte di una vasta operazione che ha portato nel giro di un anno all'arresto per corruzione di oltre 150 uomini politici tra cui Khaleda Zia, rivale storica di Hasina. L'ex primo ministro, attualmente dirigente della Lega Awami, partito all'opposizione, rischia fino a 14 anni di detenzione. Hasina, detenuta da luglio, secondo le autorità, sarebbe anche implicata in una storia d'omicidi, ma la ex premier, che si proclama innocente, accusa il governo di voler ostacolare la sua carriera politica. (Panoramica internazionale a cura di Fausta Speranza e Chiara Calace)


    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LII no. 30

     
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