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Sommario del 22/01/2008

Il Papa e la Santa Sede

  • I vescovi sloveni in visita ad Limina. Il metropolita, mons. Uran: riscoprire il Vangelo per contrastare le derive del relativismo etico e del consumismo
  • Possessi cardinalizi del cardinale Lajolo e del cardinale Coppa
  • Presentato il Convegno in Vaticano per celebrare il 25.mo di promulgazione del Codice di diritto canonico
  • Il dialogo tra Chiesa cattolica e Chiese orientali ortodosse. La testimonianza di mons. Johan Bonny, del dicastero per l'Unità dei cristiani
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • Lo sguardo sull'Italia del cardinale Angelo Bagnasco, all'apertura del Consiglio permanente della CEI
  • Il cardinale di Milano, Tettamanzi, scrive ai divorziati e ai separati: la Chiesa vi è vicina e dialoga con voi. Intervista con don Silvano Caccia
  • Presentato il Rapporto UNICEF 2008: infezioni e dissenteria uccidono 26 mila bambini ogni giorno nel mondo, ma calano le morti totali fra i minori di 5 anni
  • "Staffetta" di conferenze stampa in tutto il mondo per presentare il Forum sociale mondiale, in concomitanza con il Forum economico di Davos. L'opinione di Sergio Marelli
  • L'integrazione dei nomadi nelle società europee, un dato di fatto, non un'emergenza: se ne parla alla Conferenza europea sulla popolazione Rom
  • Chiesa e Società

  • L’invito del cardinale Sandri all’Ordine libanese dei maroniti perché sostengano il loro Paese
  • India: i cristiani dell’Orissa temono nuove violenze contro le loro comunità
  • A Roma, liturgia ecumenica per ricordare i cristiani uccisi in Iraq
  • I leader cristiani nelle Filippine premono affinchè riprendano i colloqui di pace tra governo e guerriglia comunista
  • In Malaysia, confiscati libri cristiani per bambini perchè ritraggono Maometto
  • Il commento del teologo musulmano tunisino, Adnane Mokrani, all'annullamento della visita dell'imam alla Sinagoga di Roma
  • La riflessione dell’arcivescovo dell’Avana, il cardinale Ortega, a dieci anni dalla visita di Giovanni Paolo II a Cuba
  • In Messico, l’arcivescovo di Oaxaca chiede che nel 2008 si dia più impulso alla devozione mariana
  • Colletta a favore della Chiesa dell’America Latina: coinvolte numerose parrocchie degli USA
  • Premio “Paul Wattson” 2008 al cardinale Kasper, per la promozione della Settimana per l’Unità dei cristiani
  • “La bottega dell’orefice” di Karol Wojtyla debuterrà nei teatri di Lourdes a fine maggio
  • Nelle Filippine, la Chiesa annuncia il Vangelo tramite SMS
  • 24 Ore nel Mondo

  • Dopo il "lunedi nero" delle borse mondiali, nuovo crollo dei mercati asiatici. Timori per Wall Street
  • Il Papa e la Santa Sede



    I vescovi sloveni in visita ad Limina. Il metropolita, mons. Uran: riscoprire il Vangelo per contrastare le derive del relativismo etico e del consumismo

    ◊   Il maggiore benessere sta rendendo gli animi degli sloveni più tiepidi verso la religione cristiana. Ad affermarlo è l’arcivescovo metropolita di Ljublijana, Alojz Uran, che da ieri guida la Conferenza episcopale della Slovenia nella visita ad Limina in Vaticano. Il Paese è stato tra i più rapidi, nella parte orientale dell’Europa, a conformarsi agli standard comunitari e ora le sfide pastorali per la Chiesa locale divengono più simili a quelle delle Chiese occidentali. Il servizio di Alessandro De Carolis:


    Un’accelerazione poderosa verso l’integrazione europea, “premiata” poco più di un anno fa da un record: quello di primo Paese dell’ex blocco orientale ad adottare l’euro. La realtà sociopolitica attuale della Slovenia è questa, ulteriormente rafforzata in questi giorni da un incarico di prestigio: quello di detenere dal primo gennaio 2008 la presidenza di turno dell’Unione Europea, oltre ad aver raggiunto il 21 dicembre scorso anche un altro obiettivo nel segno dell’integrazione comunitaria, ovvero l’ingresso nello spazio Schengen. La Slovenia Paese dell’ex Jugoslavia sembra essere lontana anni-luce. E la Chiesa locale, che conta due province ecclesiastiche e poco meno di un milione e mezzo di cattolici, deve fare i conti con questo mutato scenario interno, in un Paese che conosce il Vangelo da 1800 anni, ma che sembra sempre più spesso aver bisogno di una sua riscoperta, che si opponga all’irrompere del relativismo religioso di marca occidentale e ai condizionamenti di una ricchezza media crescente, che offusca però i valori di una fede antica. Un primo, tipico segno di questa tendenza, il calo delle vocazioni.

     
    “La Chiesa in Slovenia vive come la Chiesa della maggior parte dei Paesi cattolici europei”, conferma l’arcivescovo di Ljublijana, mons. Uran. “Subisce pressioni da parte del mondo, vive la crisi di fede al suo interno”. Il maggior benessere, prosegue, “ha portato una tiepidezza nella vita di fede, che in alcuni casi si manifesta nell’assenza di prassi religiosa. Il consumismo è la nuova religione, che sta già dando i suoi effetti negativi nel calo della qualità della vita. L’ ‘avere’ prevale sull’ ‘essere’. D’altra parte, osserva il presule, la comunità cattolica slovena “gioisce dei segni di speranza, quando anche i cosiddetti ‘lontani’ si avvicinano alla Chiesa e vengono a conoscere il cristianesimo come valore.” Undici anni fa, dopo il risveglio seguito al crollo jugoslavo nei balcani, la Chiesa locale adottò come slogan “scegli la vita”, intendendo con ciò un’apertura alla vita di Dio e alla vita umana. Oggi, afferma mons. Uran, “la nostra attenzione è rivolta alla famiglia, alla sua apertura alla vita. E ai giovani, che sono chiamati a prepararsi alla vita, alla vita familiare. Il percorso da seguire è la nuova evangelizzazione”.

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    Possessi cardinalizi del cardinale Lajolo e del cardinale Coppa

    ◊   Il cardinale Giovanni Lajolo, presidente della Pontificia Commissione per lo Stato della Città del Vaticano e del Governatorato dello Stato della Città del Vaticano, prenderà possesso domenica prossima, 27 gennaio alle ore 10.30, della Diaconia della chiesa romana di Santa Maria Liberatrice a Monte Testaccio. Sempre domenica, ma alle 18.30, il cardinale Giovanni Coppa prenderà possesso della Diaconia della chiesa di San Lino nel quartiere romano di Primavalle.

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    Presentato il Convegno in Vaticano per celebrare il 25.mo di promulgazione del Codice di diritto canonico

    ◊   Si è tenuta stamani in Sala Stampa vaticana la conferenza di presentazione del Convegno "La legge canonica nella vita della Chiesa. Indagine e prospettive, nel segno del recente Magistero Pontificio", che si terrà nei giorni 24 e 25 gennaio nell’Aula del Sinodo in Vaticano. Occasione dell’evento è il 25.mo anniversario della promulgazione del Codice di Diritto Canonico. Alla presentazione sono intervenuti mons. Francesco Coccopalmerio e mons. Juan Ignacio Arrieta rispettivamente presidente e segretario del Pontificio Consiglio per i Testi Legislativi. Il servizio di Alessandro Gisotti:


    Rivedere il corpo centrale dell’ordinamento legislativo della Chiesa, tenendo conto degli apporti dottrinali del Concilio Vaticano II. Con questo obiettivo, il 25 gennaio del 1983, veniva promulgato da Giovanni Paolo II il Codice di Diritto Canonico. Un testo, ha sottolineato mons. Francesco Coccopalmerio, frutto di un lungo lavoro di revisione del Codice del 1917. Il capodicastero vaticano ha ribadito che un Codice di diritto canonico è innanzitutto “un indicatore di doveri e diritti insiti nella persona dei fedeli oppure nella struttura della Chiesa per statuizione di Cristo stesso”. Quindi, si è soffermato sulle caratteristiche del testo promulgato 25 anni fa:
     
    “È un canone programmatico da cui vengono poi tante determinazioni concrete riguardanti tutti i fedeli e specialmente i fedeli laici: tutti sono chiamati a essere attivi nella Chiesa, a compiere per tale motivo le celebrazioni liturgiche, l’insegnamento, il governo, ciascuno evidentemente nel suo grado, ma tutti in posizione attiva”.
     
    Mons. Coccopalmerio ha così ricordato l’importanza del Pontificio Consiglio per i Testi legislativi chiamato non solo all’interpretazione delle norme, ma anche a coadiuvare il Papa nell’applicazione corretta delle leggi vigenti e nel mantenere la legislazione completa e aggiornata. Dal canto suo, mon. Juan Ignacio Arrieta ha rivolto il pensiero al Convegno in Vaticano. Un evento, ha detto, che volutamente non avrà solo un taglio dottrinale e accademico. Si vuole invece compiere un’indagine propositiva sull’andamento e sull'applicazione del Codice stesso. Rispondendo alle domande dei giornalisti, mons. Coccopalmerio ha sottolineato che i progressi ecumenici, specie con gli ortodossi, porranno certamente a confronto le diverse tradizioni canoniche. Quindi, ha ribadito la posizione della Chiesa sull’aborto:

     
    “Penso che la Chiesa rimanga ferma nella sua dottrina riguardante questo delitto e quindi credo che non si possano ipotizzare cambiamenti di nessun tipo”.
     
    Una domanda ha poi riguardato il rapporto tra formazione dei sacerdoti e diritto canonico, in particolare di fronte alle sfide dei nostri tempi. Ecco la riflessione di mons. Coccopalmerio:

     

     
    “Coloro che devono vegliare e far rispettare il diritto, devono essere anche nella loro formazione personale, nel seminario, particolarmente consapevoli della loro missione, perciò l’intervento della Chiesa nella formazione di coloro che vengono formati nel seminario è importante”.

     
    Mons. Arrieta ha poi rammentato che Benedetto XVI, nella Deus Caritas est, indica una lacuna del Codice a proposito delle iniziative caritative della Chiesa. Per esempio, riguardo alla trasparenza di gestione e all’uso del termine cattolico per le organizzazioni assistenziali. Di qui, ha detto, risulta evidente la necessità di una revisione costante del testo. Mons. Arrieta ha sottolineato che sono diverse le Congregazioni coinvolte e i porporati che interverranno al Convegno, appuntamento che conta ben 700 iscritti. La relazione conclusiva del Convegno spetterà al cardinale segretario di Stato, Tarcisio Bertone. A conclusione dei lavori, i partecipanti all’incontro saranno ricevuti in udienza dal Papa.

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    Il dialogo tra Chiesa cattolica e Chiese orientali ortodosse. La testimonianza di mons. Johan Bonny, del dicastero per l'Unità dei cristiani

    ◊   “Pregate continuamente”: intorno a questo tema proseguono le riflessioni in occasione della Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani, giunta oggi al quinto giorno. “Pregate costantemente con cuore paziente. Siate pazienti con tutti” è filo conduttore lungo il quale si sviluppano le meditazioni della giornata odierna, dedicata alla perseveranza e alla pazienza. In seno al Pontificio Consiglio per la promozione dell’Unità dei cristiani, mons. Johan Bonny si occupa, nell'ambito delle Chiese ortodosse orientali, delle Chiese "precalcedonesi", quelle cioè che non hanno accettato il Concilio di Calcedonia (451). Giovanni Peduto gli ha chiesto di illustrarne la fisionomia:
     

     
    R. - E’ un gruppo di sette Chiese locali, Chiese indipendenti. Non sono una sola Chiesa, ma appartengono a tradizioni diverse. Hanno in comune il fatto che, al tempo del Concilio di Calcedonia, non hanno accettato la definizione o alcune nozioni che riguardavano la definizione cristologica delle due nature in Gesù Cristo, quella divina e quella umana, nell’unità dell’unica Persona del Verbo. Praticamente, si tratta, come dicevo, di Chiese locali: la Chiesa copta-ortodossa in Egitto, la Chiesa siro-ortodossa in Siria e Medio Oriente, la Chiesa armena apostolica - con due "catolicosati", quello di Etchmiadzin, in Armenia, e quello di Antelias, in Libano - e poi la Chiesa ortodossa dell’Etiopia, la Chiesa ortodossa dell’Eritrea e quella malankara-ortodossa in India.

     
    D. - Mons. Bonny, quali sviluppi ci sono stati nel dialogo con queste Chiese ortodosse orientali lo scorso anno?

     
    R. - Come sapete, da quattro anni, ogni anno abbiamo un Dialogo teologico internazionale tra la Chiesa cattolica e la famiglia di queste sette Chiese. L’anno scorso, abbiamo parlato di alcuni temi teologici importanti per loro e per noi. Un tema importante è stato quello della salute dei non battezzati. Queste Chiese praticamente vivono tutte in ambienti a grande maggioranza non cristiana, ma musulmana, in Medio Oriente. Lì si pone chiaramente il problema di quale sia lo statuto teologico, quale sia la salvezza di chi non ha conosciuto la fede cristiana e che non è stato battezzato. E’ un punto delicato. La Chiesa cattolica ha la sua dottrina e loro hanno una dottrina in parte uguale e su alcuni punti diversa. E noi abbiamo potuto parlare di questo. Legata alla questione della salvezza dei non battezzati è la questione del matrimonio tra un non cristiano e una persona non battezzata. E’ possibile o no questo matrimonio? Temi, dunque, importanti a livello teologico, ma anche a livello pastorale, perché per loro sono delle realtà molto, molto concrete.

     
    D. - Avete incontri già previsti per quest’anno?

     
    R. - Sì, proprio la settimana prossima la riunione avrà luogo in Siria. Siamo stati invitati tutti dal Patriarca Zakka I Iwas della Chiesa siro-ortodossa, nella sua residenza patriarcale, che è anche un centro di vita monastica con una Facoltà di teologia presso Damasco. Saremo presenti: i nostri 14 membri della delegazione cattolica e 14 rappresentanti di queste sette Chiese orientali. In programma, ci saranno due argomenti. L’argomento principale sarà un progetto di documento sulla natura e la missione della Chiesa. Dopo tre, quattro anni di studio e di discussione sulla Chiesa abbiamo potuto comporre un primo progetto di documento in comune. Quel documento ora sarà discusso, modificato, amplificato e dopo qualche anno potrà diventare un documento in comune sulla Chiesa. L’altro argomento è sulla metodologia, l’itinerario e lo scopo del nostro dialogo ecumenico. Qual è il nostro scopo? Dove vogliamo andare? E’ importante, quando si inizia un dialogo, sapere più o meno dove si vuole arrivare. Questo sarà il secondo tema. Ci sarà un documento preparato da un ortodosso e un cattolico. Speriamo così di chiarire la strada da seguire in questo dialogo.

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   Intervista, in prima pagina, al cardinale Angelo Bagnasco all'indomani dell'apertura della riunione del Consiglio permanente della Cei.

    In evidenza, nell'informazione internazionale, il Vicino Oriente: Israele allenta il blocco intorno alla Striscia di Gaza.

    Un commento di Ettore Gotti Tedeschi sulla crisi dei mercati borsistici.

    L'attualità dei valori cristiani ed europei. A colloquio, nell'informazione religiosa, con il presidente della Conferenza episcopale slovena.

    Gli obiettivi del prossimo Congresso eucaristico internazionale (15-22 giugno in Canada). Intervista al cardinale Marc Ouellet, arcivescovo di Quebec.

    Un articolo di John A. Radano sul dialogo tra cattolici e battisti, incentrato sul rapporto Scrittura-Tradizione.

    Finiamola di mettere la scienza contro la fede. Riflessione di Oddone Camerana.

    Finito l'esilio di sant'Elena. Michele Piccirillo sul restauro della cappella adiacente alla basilica della Natività a Betlemme.

    Ampi stralci dell'editoriale di Manlio Sodi (per l'ultimo numero della rivista "Path") sul rapporto tra umanesimo e teologia.

    Roberto Sgaramella e Maria Maggi sulla questione dello smaltimento dei rifiuti legato al rispetto ambientale.



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    Oggi in Primo Piano



    Lo sguardo sull'Italia del cardinale Angelo Bagnasco, all'apertura del Consiglio permanente della CEI

    ◊   Uno sguardo d'insieme ma attento all'Italia e alle sue vicende. Il cardinale arcivescovo di Genova, Angelo Bagnasco, nella sua veste di presidente della Conferenza episcopale italiana ha aperto ieri i lavori del Consiglio permanente della CEI. Nell’ampio discorso del porporato, gli obiettivi pastorali e la valutazione di alcuni problematici temi attuali: dalla moratoria sull’aborto e la famiglia, alla sicurezza sul lavoro e la legalità pubblica. Il servizio è di Gabriella Ceraso:


    I vescovi rinnovano comunione affettiva e effettiva al Santo Padre, come i tanti fedeli che domenica erano in Piazza San Pietro, dopo i fatti dell'Università "La Sapienza" di Roma. Si sofferma sui fatti recenti il cardinale Bagnasco, prima di entrare nel vivo della prolusione ai lavori dei vescovi. Quello del Papa - dice - è stato un atto di amore per Roma. Certo l’accaduto rattrista, perché nasce nel luogo privilegiato del confronto tra intelligenze libere, ma la fiducia nel buon senso estraneo all’intolleranza, ora è più forte. Poi lo sguardo si allarga, il presidente della CEI indica nei contenuti dell’Enciclica Spe Salvi la guida per rinnovare la pastorale e interpretare la crisi dell’umanità che è soprattutto, dice, crisi della speranza cristiana. "Al cristianesimo d’oggi intimidito di fronte ai successi della scienza, e per questo spesso ripiegato solamente in ambito educativo e caritativo s’impone - afferma il porporato - una ri-centratura sul suo essenziale, per far scaturire da qui una nuova capacità propositiva”.

     
    L’Italia di oggi ha bisogno di speranza, prosegue il cardinale Bagnasco: è vero molti analisti dipingono un Paese inerte, impaurito del futuro e sfiduciato, ma ciò che interessa noi vescovi - precisa - è la crisi interiore, da cui nasce quella pubblica: se manca Dio, manca la più grande delle speranza. Da qui l’offerta della Chiesa. “La Chiesa - ribadisce - non vuole e non cerca il potere", ma con la sua "testimonianza pubblica e grazie alla capillarità della sua presenza vicina alla gente, la Chiesa vuole aiutare il Paese a riprendere il cammino, a recuperare fiducia nelle proprie possibilità, a riguadagnare un orizzonte comune". Con esempi dettagliati, quindi, il presidente della CEI spiega l’atteggiamento della Chiesa, che rimane sempre quello del sì all’uomo, alla società, alla cultura, anche quando si vede costretta a dire "leali no", come alla regolamentazione delle coppie di fatto, alle discriminazioni sociali per orientamento sessuale, all’equiparazione tra tendenze sessuali e differenze di sesso, razza ed età o alla logica relativistica che domina nei consessi internazionali. Ogni volta che li dice, sostiene il cardinale Bagnasco, lo fa "per pronunciare un sì più grande alla vita, alla persona intera, alla giustizia, alla pace, all’amore, alla coscienza, al progresso, al Creato; per confermare il sì all’Italia, al suo futuro e alla sua vocazione in seno all’Europa e nel concerto dei popoli”.
     
    Poi il riferimento alla recente moratoria contro la pena di morte e l’analogia con l’altra sofferenza del nostro tempo l’aborto. "Pur senza intenzionalità bellica, la Chiesa - soggiunge - continuerà a dire che la vita è un dono". Morti sul lavoro, emergenza rifiuti in Campania, legalità pubblica: anche su questi temi si sofferma il presidente della CEI, chiedendo una politica non evasiva e rigore agli imprenditori perché la gente - dice - è stanca di promesse. Infine mettendo in luce le difficoltà economiche delle famiglie, che soprattutto se numerose, sono ad alto rischio povertà, il cardinale Bagnasco lamenta soluzioni troppo parziali adottate nella legge Finanziaria e si rivolge con un appello ai politici di ispirazione cattolica, perché rifiutino la logica partitica, non sostengano proposte contrarie all’antropologia razionale cristiana, e perchè il voto di coscienza diventi una scelta trasversale agli schieramenti.

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    Il cardinale di Milano, Tettamanzi, scrive ai divorziati e ai separati: la Chiesa vi è vicina e dialoga con voi. Intervista con don Silvano Caccia

    ◊   “Il Signore è vicino a chi ha il cuore ferito”, parte dalle parole del Salmo 34 la lettera del cardinale arcivescovo di Milano, Dionigi Tettamanzi, agli sposi separati, divorziati o che hanno iniziato una nuova unione. Il porporato abbraccia idealmente tutte le persone che vivono queste condizioni: “Se avete trovato uomini o donne della comunità cristiana che vi hanno in qualche modo ferito, se da loro avete sentito giudizi senza misericordia - scrive - desidero dirvi il mio dispiacere e affidare ciascuno al giudizio e alla misericordia del Signore”. Sui contenuti della lettera Paolo Ondarza ha intervistato don Silvano Caccia, responsabile del Servizio per la famiglia della diocesi di Milano.


    R. - Il cardinale ha ascoltato all’interno delle comunità ecclesiali la situazione di queste persone e per loro mostra l’attenzione del pastore, così come domanda alle comunità ecclesiali di assumere nei confronti delle persone che stanno vivendo queste situazioni di difficoltà un atteggiamento pastorale adeguato.

     
    D. - Esprimendo vicinanza alle coppie divorziate o separate, più volte sottolineata anche da Papa Benedetto XVI, l’arcivescovo di Milano le invita alla responsabilità, a cercare un aiuto competente, anche pensando al bene dei figli...

     
    R. - In effetti, questo è l’atteggiamento pastorale di tutta la Chiesa, quindi non solamente del cardinale Tettamanzi, cioè quello di coniugare sempre nella relazione pastorale la verità e la misericordia. Le parole del cardinale sono parole che cercano di dare anche significato ad una dimensione di un amore, che diventa anche croce. A queste responsabilità vengono chiamate sia le persone che le stanno vivendo, ma anche la comunità ecclesiale all’interno della quale queste persone sono sempre, perchè il Sacramento del Battesimo le rende appartenenti alla comunità ecclesiale per sempre.

     
    D. - L’arcivescovo di Milano spiega che l’impossibilità di accesso alla comunione eucaristica non implica l’esclusione da una vita di fede all’interno della comunità...

     
    R. - L’impossibilità a partecipare in modo pieno all’eucaristia è sempre per una testimonianza alta che la comunità ecclesiale vuole dare all’amore indissolubile del sacramento del matrimonio. E quindi è quella testimonianza che gli sposi sono chiamati a dare in relazione alla loro unione, che diventa sacramento dell’unione di Cristo con la Chiesa. Certo, la partecipazione alla comunità ecclesiale ha il suo vertice nella comunione eucaristica, ma è anche possibile dentro ad un’esperienza di vita di fede, che si compie anche con altre modalità. Una modalità di presenza ecclesiale è comunque fattibile.

     
    D. - Ha già registrato qualche reazione da parte delle persone a cui è indirizzata la lettera?

     
    R. - Sì, abbiamo avuto un momento di incontro con alcune persone che stanno vivendo queste situazioni e verificavano sia il tono pastorale del nostro cardinale, sia ritrovavano la stessa consonanza anche con le linee del magistero della Chiesa, del Papa, dei vescovi italiani e nello stesso tempo uno stimolo pastorale di apertura. Quindi, è stato acceso un dialogo con questa lettera, col desiderio di vedere i passi successivi, all'interno di una responsabilità che è sia di queste persone che stanno vivendo simili situazioni, sia anche una responsabilità di pastorale familiare.

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    Presentato il Rapporto UNICEF 2008: infezioni e dissenteria uccidono 26 mila bambini ogni giorno nel mondo, ma calano le morti totali fra i minori di 5 anni

    ◊   Ogni giorno, nel mondo, muoiono 26 mila bambini con meno di 5 anni, a causa di malattie infettive e dissenteria: è questo il dato principale che emerge dal Rapporto UNICEF 2008. Intitolato “La condizione dell’infanzia nel mondo. Nascere e crescere sani”, il documento è stato presentato stamani a Roma. C’era per noi Isabella Piro:


    “Quanto vale una vita?”: si apre così, in modo quasi provocatorio, il Rapporto UNICEF 2008. Un documento che ci ricorda la triste piaga della mortalità infantile: 26 mila i bambini che ogni giorno muoiono nel mondo a causa di patologie prevenibili, come le malattie infettive e la dissenteria. Chiamate in causa anche le infezioni delle vie respiratorie, la malnutrizione e le conseguenze di gravidanze precoci, parti non assistiti e carenza di servizi. Gravi inoltre gli effetti di conflitti secolari, come sottolinea Antonio Sclavi, presidente di UNICEF Italia:

     
    “In Afghanistan, ogni giorno ci sono 257 bambini morti su mille nati vivi. In Sierra Leone, dove ora non c’è belligeranza, ci sono ancora dei tassi altissimi: 270 morti su mille nati vivi. Poi, ci sono dei Paesi invece che hanno messo assieme le loro forze - col nostro eventuale sostegno - e hanno raggiunto dei risultati eccellenti. Cuba, nonostante un indice di ricchezza molto, molto basso, ha una sanità, anche per i bambini, che è in ottime condizioni: sette per mille i morti alla nascita, quindi tassi molto bassi. Ma anche lo Sri Lanka, anche la Siria…”
     
    Ragionando per macro-aree, si rileva che l’80% di morti infantili nel 2006 si è verificato nell’Asia meridionale e nell’Africa sub-sahariana, che è arrivata a contare il 22% delle nascite contro il 49% delle morti tra zero e cinque anni. Molto fa anche un certo tipo di cultura, come accade per l’AIDS:

     
    “Le madri spesso, in certi Paesi, vogliono evitare di farsi le analisi, anche se gli offriamo di farle gratuitamente, perché hanno paura di essere allontanate dal villaggio, di essere allontanate addirittura dal loro marito. Per loro, è un fatto sociale, di sopravvivenza, perchè c’è questa mentalità di incolpare la donna di tutte le cose”.

     
    Il Rapporto UNICEF 2008 presenta però anche un dato positivo: per la prima volta nella storia, infatti, la mortalità infantile dei minori di 5 anni è scesa al di sotto dei 10 milioni, fermandosi a quota 9,7 nel 2006. Il risultato è dovuto ad una campagna capillare di vaccinazione ed assistenza:

     
    “L’UNICEF ha preparato un kit contro la mortalità infantile, cioè un insieme di materiali che prevedono vaccinazioni, vitamina A, zanzariere, materiale per l'assistenza al parto che non provochi infezioni. Lo chiamiamo il "kit per l’infanzia" e diffondendolo anche nei singoli villaggi, stiamo raggiungendo ottimi risultati”.

     
    Non bisogna però “cantare vittoria”, conclude Sclavi: l’Obiettivo di sviluppo del Millennio prevede la riduzione di due terzi della mortalità infantile entro il 2015. Una sfida che richiede assistenza medica continuativa, passi avanti nell’istruzione e nella costruzione di infrastrutture, come le reti idriche, la cui mancanza provoca ancora 1,5 milioni di morti l’anno. Una sfida da vincere, perché i bambini non possono aspettare.

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    "Staffetta" di conferenze stampa in tutto il mondo per presentare il Forum sociale mondiale, in concomitanza con il Forum economico di Davos. L'opinione di Sergio Marelli

    ◊   Organizzato come ogni anno in concomitanza con il Forum Economico Mondiale di Davos che si apre domani, il Forum sociale mondiale continua la sua attività per un altro tipo di globalizzazione che non si basi solo sui valori del mercato e del profitto. Oggi, una staffetta di conferenze stampa presenta in tutto il mondo l'edizione del 2008; giovedì prossimo, una tavola rotonda a Roma, promossa dalla FOCSIV, la Federazione delle organizzazioni cristiane di servizio internazionale volontario, ripercorrerà la storia del Forum. Marco Ravalico ha sentito il direttore generale della FOCSIV, Sergio Marelli:


    R. - E’ un grande appuntamento per tutte le organizzazioni della società civile mondiale, siano esse religiose o di ispirazione laica, per mettere a confronto le proprie tesi, le proprie soluzioni e anche le analisi dei problemi e per costruire - questo lo slogan con il quale ormai viene raccontato il Forum Sociale Mondiale - un altro mondo possibile.

     
    D. - Quest’anno, non un unico grande evento mondiale, ma iniziative simultanee in tutto il pianeta: una scelta voluta, che immagino abbia un significato preciso...

     
    R. - Sì, è l’idea di decentralizzare la tenuta del Forum Sociale Mondiale per tornare a contestualizzare nei propri ambiti locali quello che sarà poi il grande appuntamento che, a livello mondiale, si terrà il prossimo gennaio a Belem, in Brasile. Bisogna ripartire dai problemi delle piccole comunità, per poi individuare delle strategie a livello nazionale e poi a livello internazionale.

     
    D. - In Italia, l’appuntamento è a Roma, giovedì pomeriggio...

     
    R. - Giovedì prossimo, i volontari nel mondo FOCSIV hanno deciso di promuovere una tavola rotonda sulla storia, i significati e soprattutto sulle prospettive del Forum Sociale Mondiale. E’ significativo penso il fatto che sia un’organizzazione cattolica come FOCSIV a promuovere questo appuntamento, perchè non bisogna mai dimenticare come la storia del Forum Sociale Mondiale abbia nell’azione di una realtà come la Commissione per la Pastorale sociale del lavoro del Brasile uno dei soggetti e degli attori fondamentali proprio della promozione del Forum Sociale Mondiale, che poi si è sviluppato nel corso degli anni.

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    L'integrazione dei nomadi nelle società europee, un dato di fatto, non un'emergenza: se ne parla alla Conferenza europea sulla popolazione Rom

    ◊   “Tutela dei diritti dei Rom e rispetto delle regole”: sono questi i temi che affronterà la Conferenza europea sulla popolazione Rom organizzata a Roma, oggi e domani, dal Ministero della Solidarietà sociale e dell’Interno. Federico Piana ne ha parlato con Paolo Ciani della Comunità di Sant’Egidio, tra i partecipanti all’incontro.


    R. - Per una volta, si vuole affrontare questo discorso non soltanto sotto l’aspetto emergenza sociale o in relazione all’ultimo fatto di cronaca, ma si vuole provare a ragionare un po’ a tutto tondo: tant’è che si tratta di una conferenza internazionale. E, quindi, partendo dal territorio, si vuole arrivare a pensare a tutto il continente.

     
    D. - Anche perché le cose sono legate? Se non si accolgono sul territorio le politiche internazionali, fatte a tavolino, poi non funzionano. Deve, quindi, partire tutto dal basso?

     
    R. - Assolutamente sì. Per troppo tempo abbiamo pensato che la questione degli zingari, dei rom, dei sinti - o comunque li vogliamo chiamare. Che fosse qualcosa di legato all’emergenza, ad una situazione particolare, dimenticando da un lato che si sono popolazioni rom e sinti presenti in Italia dal 1300, e quindi pienamente cittadini del nostro Stato, e, dall’altra, che ormai costituiscono da secoli una minoranza europea con cui dobbiamo fare i conti, di cui dobbiamo tener conto e a cui - prima o poi - andrà trovata una collazione all’interno della nostra società.

     
    D. - Quali saranno i contribuiti che Sant’Egidio porterà a questa Conferenza internazionale?

     
    R. - Sant’Egidio porta la sua esperienza di ormai trent’anni di amicizia con gli zingari. Un’amicizia, questa, da cristiani e quindi una amicizia gratuita accanto a gente che molto spesso è l’ultima della nostra società. Portiamo la realtà di una conoscenza personale, dal basso, e non soltanto sociologica o non soltanto sulla carta. Parleremo dei problemi concreti dei nostri amici e quindi del problema della scuola per i bambini, parleremo del problema dell’abitazione e del superamento di questi campi di scarica in cui si vive e si muore male. Parleremo anche del discorso della tutela dei diritti, perché poi il problema è che noi crediamo che gli zingari, come tutti, vadano trattati come persone che devono vivere nelle nostre società, rispettandone i doveri ed i parametri di tutti, ma anche come destinatari di diritti al pari di tutti. A noi sembra che molto spesso gli zingari, nel bene e nel male, vengano considerati un mondo a parte. Questo non ci sembra giusto.

     
    D. - Da questa conferenza internazionale, secondo me, dovrebbero uscire dei propositi concreti. Voi, tra questi propositi, quale sperate vi sia?

     
    R. - Anzitutto, che si affronti il discorso dello status giuridico dei rom in Europa e poi che vi siano delle politiche europee per cui quando accadono situazioni come quelle della Romania - e quindi accordi internazionali che prevedono il poter passare da uno Stato all’altro senza visto - che quando questo coinvolge anche i rom non si crei agitazione ed allarme sociale, perché i rom sono una popolazione europea. E’ necessario che si affronti la realtà, guardandola in faccia.

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    Chiesa e Società



    L’invito del cardinale Sandri all’Ordine libanese dei maroniti perché sostengano il loro Paese

    ◊   “Aiutate il cammino delle Chiese orientali ad essere al servizio dell’unità dei cristiani”, ha detto domenica il cardinale Leonardo Sandri, prefetto della Congregazione per le Chiese orientali. Il porporato ha presieduto la concelebrazione eucaristica in occasione della chiusura del terzo centenario della presenza a Roma dell’Ordine Maronita Mariamita, accompagnato dal Cardinale Bernard Francis Law, arciprete della Basilica di Santa Maria Maggiore, e dal Superiore Generale dell’Ordine, l’abate Semaan Abou Abdo. All’inizio della celebrazione, l’Abate Abou Abdo ha rivolto una parola di benvenuto e di ringraziamento al nuovo cardinale prefetto della Congregazione per le Chiese Orientali e ha quindi rivolto un pensiero alla situazione in Libano: “Celebriamo il sacrificio eucaristico mentre il nostro Paese, il Libano, soccombe sotto il peso delle difficoltà economiche, politiche e sociali”. L’abate ha poi proseguito auspicando l’elezione di un nuovo presidente capace di mettere in risalto “la specificità del Libano come simbolo di convivenza tra religioni e culture diverse”. Nella sua omelia il cardinale Sandri ha ringraziato l’Ordine per il servizio che svolge in tutti i luoghi dove è presente: Libano, Italia, Stati Uniti, Argentina, Paraguay ed Egitto. Parlando poi della situazione libanese li ha incitati a svolgere un ruolo attivo nella risurrezione del Paese. “Sostenete il cammino del vostro caro Libano”, per il quale “risuonano le parole di Cristo a Lazzaro: ‘Lazzaro vieni fuori dal sepolcro’; Libano vieni fuori da questa situazione”, ha proseguito il porporato “e poi alzati e cammina come perno di pace e vita cristiana nel Medio Oriente”. Non è mancato quindi un augurio per la pace in Medio Oriente: “La preghiera per la pace attraverso le mani di Maria si estende dal Libano alla Terra del Signore, all’Iraq e a tutta la regione quale seme di pace". “Preghiamo che i maroniti siano anche loro protagonisti di questa risurrezione del Libano”, ha concluso il cardinale al termine della celebrazione. (C.C.)

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    India: i cristiani dell’Orissa temono nuove violenze contro le loro comunità

    ◊   I cristiani dello Stato indiano di Orissa temono nuove esplosioni di violenza. Il recente rapporto della Commissione Nazionale sulle Minoranze Religiose, organo statale della Federazione indiana di natura non confessionale, ha confermato che la violenza del dicembre scorso è stata “premeditata e organizzata”, e che episodi di tal sorta potrebbero accadere ancora. Secondo fonti dell’agenzia Fides, alcuni gruppi di estremisti incitano alla morte e alla distruzione, diffondendo stereotipi e spargendo violenza. “Finora nessuno è stato arrestato o incriminato per le violenza perpetrate il mese scorso - prosegue la fonte – occorre una svolta che metta fine alla violenza organizzata in Orissa”. Dopo gli attacchi avvenuti dal 23 al 28 dicembre 2007 nel distretto di Kandhamal, in Orissa centrale, i vescovi indiani hanno sollevato la questione a diversi livelli. Una delegazione della Conferenza episcopale ha incontrato il Presidente dell’India Shrimati Pratibha Patil e gli ha consegnato un memorandum, chiedendo il rispetto dei diritti civili. La situazione è aggravata dal fatto che alle organizzazioni umanitarie, come la Caritas, è tuttora impedito di visitare le aree distrutte, mentre sono oltre 3 mila i cristiani dei diversi villaggi del distretto che vivono in campi profughi. (C.C.)

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    A Roma, liturgia ecumenica per ricordare i cristiani uccisi in Iraq

    ◊   La celebrazione per inaugurare la Settimana dell’unità dei cristiani si è svolta ieri nel Pontificio Collegio Urbano di Roma, in lingua italiana e aramaica. Erano presenti suddiaconi delle Chiese orientali nei Paesi arabi e seminaristi di diverse nazionalità e tradizioni. Nell’omelia padre Najm ha tracciato un excursus storico della Chiesa caldea, che in Iraq accoglie il maggior numero di fedeli. “Chiesa dei martiri”: così l’ha definita, ricordando i tanti sacerdoti uccisi. Sacerdoti, ancora oggi, venerati come martiri. Il primo risale al 1553, quando Yohanna Sulaka fu brutalmente ucciso nel nord dell’Iraq. L’ultimo martire è padre Ragheed Ghanni, che il 3 giugno 2007 fu ammazzato a Mosul insieme a tre suddiaconi. Al termine, padre Najim ha auspicato per la Chiesa caldea un futuro di pace e convivenza, in Iraq ed all’estero, con tutte le altre confessioni e religioni. “L’unità dei cristiani è un dovere: per questa ragione il dialogo per l’unità è importante”, ha detto padre Najim. “La bellezza della Chiesa – ha aggiunto, in un comunicato diffuso dall’agenzia Sir – è proprio questa: la capacità di accogliere ed unire le sue diverse tradizioni, ognuna delle quali è portatrice di valori di fede dai quali il cristiano non può prescindere”. (B.B.)

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    I leader cristiani nelle Filippine premono affinchè riprendano i colloqui di pace tra governo e guerriglia comunista

    ◊   Il governo di Manila e il ‘Fronte nazionale democratico’ (Ndf), movimento rappresentativo della guerriglia comunista attiva da oltre 30 anni nelle Filippine, devono tornare il prima possibile al tavolo negoziale per evitare che nel paese “peggiori ulteriormente la situazione della pace e dell’ordine”: lo hanno chiesto i leader religiosi della Piattaforma ecumenica filippina per la Pace (Pepp), l’associazione che raccoglie esponenti di primo piano della Chiesa cattolica, protestante, metodista e altre denominazioni cristiane, in una nota diffusa questa mattina. Nel presentare il messaggio, riferisce l'Agenzia Misna, l’Arcivescovo cattolico Antonio Ledesma, co-presidente della Pepp, ha precisato che “non c’è tempo da perdere” , invitando governo e ribelli a focalizzare la propria attenzione e il proprio impegno a ravvivare i negoziati di pace, piuttosto che a distruggersi l’un l’altro attraverso campagne di propaganda dannose al paese. Il riferimento è alle recenti accuse governative mosse all’insurrezione comunista e contenute in un rapporto dei servizi segreti secondo cui l’Ndf starebbe lavorando a un nuovo piano per destabilizzare l’amministrazione della presidente Gloria Magapal Arroyo. Senza entrare nel merito della veridicità del rapporto - in questi giorni messo in discussione da molti osservatori locali che lo ritengono strumentale agli interessi del governo e dei militari – i religiosi chiedono alle parti di evitare nuovi spargimenti di sangue e di cercare il confronto. Dal 1969, il Partito comunista delle Filippine (Ccp) e le sigle a esso riconducibili lotta in 69 delle 79 province filippine per l’instaurazione di un governo maoista in un conflitto già costato oltre 40.000 vittime. Negoziati di pace, avviati per la prima volta nel 1995, erano stati sospesi nell’agosto 2004, dopo una terza serie di colloqui infruttuosi a Oslo. (R.P.)

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    In Malaysia, confiscati libri cristiani per bambini perchè ritraggono Maometto

    ◊   Le autorità malaysiane hanno confiscato in alcune librerie pubblicazioni religiose destinate a bambini cristiani, perché contenevano immagini di Maometto. L’agenzia Malysiakini ripresa da AsiaNews, spiega che l’ordine di confisca è partito dal ministero della Sicurezza interna, guidato dal premier Abdullah Badawi. La motivazione: le illustrazioni del Profeta offendono il sentimento religioso della comunità di maggioranza musulmana. In un comunicato stampa ufficiale Hermen Shastri, segretario generale del Consiglio delle Chiese della Malaysia, condanna il provvedimento: “Il governo ha oltrepassato ogni limite confiscando la letteratura cristiana; non ne ha il diritto”. Shastri chiede al Primo ministro ed al governo, di agire immediatamente per “emendare norme amministrative e speciali regolamenti che danno il potere a funzionari del ministero della Sicurezza interna di agire a loro piacere”. Ragione di confisca da parte delle autorità rimane anche l’utilizzo della parola “Allah” nelle pubblicazioni non musulmane. Lo stesso dicastero guidato da Badawi ha reso noto di avere sequestrato, per questo motivo, un totale di 163 libri in tutto il Paese. Il vice ministro della Sicurezza interna ha tenuto a sottolineare che il provvedimento non è diretto contro la letteratura cristiana e ha ribadito di nuovo i divieti in vigore: non solo “Allah”, ma anche “baitullah” (una moschea alla Mecca), “solat” (preghiera in arabo) e “kaabah” (il piccolo santuario meta di pellegrinaggio alla Mecca), sono esclusiva dell’islam. Nei primi di gennaio al settimanale cattolico malaysiano, Herald, è stato confermato il divieto per l’utilizzo della parola “Allah” nel riferirsi al Dio dei cristiani. (R.P.)

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    Il commento del teologo musulmano tunisino, Adnane Mokrani, all'annullamento della visita dell'imam alla Sinagoga di Roma

    ◊   Il dialogo interreligioso “non può escludere nessuno” e le moschee e gli imam in Italia devono essere “autonomi” nelle loro azioni e liberi da qualsiasi interferenza esterna. Sono le due considerazioni di Adnane Mokrani, tunisino, teologo musulmano e docente all’Università Gregoriana, commentando al Sir l’annullamento della visita che l’imam della grande Moschea di Roma Ala Eldin Mohamed Ismail al Ghobashy e del segretario generale del centro culturale islamico d'Italia Abdallah Redouane dovevano fare domani alla sinagoga di Roma. “Il dialogo islamico-ebraico – dice il professore Mokrani - è necessario, soprattutto in Europa e in Italia per promuovere una convivenza pacifica ed una conoscenza reciproca. E’ un principio etico importante ribadire che il dialogo interreligioso non esclude e non può escludere nessuno. Dunque la visita poteva essere un segno molto positivo. Sono pertanto molto dispiaciuto che sia stata annullata, anche se fino ad adesso non c’è nessuna spiegazione ufficiale che spieghi la ragione di questo annullamento”. La seconda considerazione di Adnane Mokrani alla mancata visita dei musulmani alla Sinagoga di Roma è che “le moschee e gli imam in Italia devono essere assolutamente autonomi, senza subire interferenze dall’estero. Dunque, dobbiamo andare verso questa direzione di autonomia perché mi sembra assurdo che si cerchi autorizzazione dall’estero per eventi e decisioni che toccano gli affari interni e le relazioni intercomunitarie in Italia”. Il professore ricorda la visita che il Rabbino capo di Roma insieme ad una delegazione della comunità ebraica capitolina fecero alla Grande Moschea di Roma il 13 marzo del 2006. “Fu – ricorda - un gesto di grande speranza e solidarietà, soprattutto perché fu fatta durante le polemiche che erano scoppiate attorno alle vignette satiriche”. (R.P.)

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    La riflessione dell’arcivescovo dell’Avana, il cardinale Ortega, a dieci anni dalla visita di Giovanni Paolo II a Cuba

    ◊   A dieci anni dalla visita di Giovanni Paolo II a Cuba, l’arcivescovo dell’Avana racconta l’evoluzione del Paese. “La riconciliazione auspicata da Karol Wojtyla a Cuba è possibile”, ha affermato il cardinale Ortega, in un’intervista concessa ad una rivista. “L'impronta cattolica – ha aggiunto – è diventata un elemento sempre più consapevole tra pensatori, professori, ricercatori e studiosi attuali”. Nell'intervista, il cardinale Ortega ha ricordato anche l’articolato cammino che ha preceduto la visita papale nel Paese. Infatti nel 1981, la Chiesa di Cuba ha iniziato un processo di riflessione ecclesiale che ha segnato profondamente l’indirizzo pastorale della Chiesa locale. “La Chiesa trovò in questa riflessione – prosegue Ortega – un cammino decisamente missionario e un modo concreto di realizzarlo tra le limitazioni della società socialista”. Per accogliere il Papa, infatti “doveva esistere un rapporto accettabile tra Stato e Chiesa”. La preparazione del viaggio papale, ricorda il cardinale Ortega, venne effettuata mediante una commissione congiunta Chiesa-Stato e non incontrò grandi ostacoli. “Gli inviti vennero fatti quartiere per quartiere, casa per casa. Ci fu davvero una mobilitazione a livello nazionale, di tutte le nostre comunità e un'immensa accoglienza da parte del popolo”. “L'emozione della gente, l'allegria, la disciplina, l'entusiasmo – conclude – hanno fatto sì che il bilancio fosse molto positivo, superando le nostre migliori aspettative”. Il Papa stesso ebbe parole di grande apprezzamento per i Cubani: “Sono un popolo intelligente – disse Giovanni Paolo II –, applaude i concetti, non l'intonazione del discorso”. (B.B.)

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    In Messico, l’arcivescovo di Oaxaca chiede che nel 2008 si dia più impulso alla devozione mariana

    ◊   “L’amore per la Vergine Santissima è il pilastro di un’evangelizzazione solida”: lo afferma mons. José Luis Chávez Botello arcivescovo di Antequera-Oaxaca, in Messico. “Chi separa la Santissima Vergine da Gesù Cristo – afferma il vescovo in una lettera pastorale inviata a tutti i fedeli, diffusa dall’agenzia Fides – mutila e svuota il messaggio del Vangelo”. L’arcivescovo chiede che nel 2008 sia dato grande impulso alla devozione alla Vergine Santissima. Obiettivo: preparare il centenario dell’incoronazione pontificia di Nostra Signora della Soledad, previsto per gennaio 2009. Per diffondere la devozione mariana, mons. Chávez Botello propone alcune azioni concrete: la preghiera del rosario in famiglia, la partecipazione alla catechesi settimanale e alla Santa Messa domenicale. Inoltre, suggerisce il pellegrinaggio in tutte le parrocchie dell’arcidiocesi di due immagini sacre: quella di Nostra Signora della Soledad e dell’Immacolata di Juquila. Il pellegrinaggio comincerà il 30 marzo, per concludersi a fine novembre. Sia l’invio che l’accoglienza delle due immagini pellegrine avverrà nel contesto di una celebrazione solenne presieduta dal vescovo. Le immagini si fermeranno in ogni parrocchia per circa quattro giorni, in modo da dare la possibilità di essere ammirate anche da altre comunità. (B.B.)

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    Colletta a favore della Chiesa dell’America Latina: coinvolte numerose parrocchie degli USA

    ◊   “Formare discepoli e missionari di Gesù Cristo”: è il titolo scelto quest’anno per la Colletta a favore della Chiesa dell’America Latina. Il tema scelto è ispirato alla quinta conferenza generale dell’Episcopato Latino-Americano (CELAM), celebrata a maggio scorso, in Brasile. Inoltre, sottolinea la lunga cooperazione tra la Conferenza Episcopale degli Stati Uniti e la Chiesa dell’America Latina. L’iniziativa si svolgerà il 26 e 27 gennaio, nella maggior parte delle parrocchie degli Stati Uniti. “Con questa Colletta – dichiara all’agenzia Fides, mons. Carlos Quintana Puente, direttore della Colletta a favore della Chiesa in America Latina - sosteniamo progetti grandi e piccoli nella Chiesa dell’America Latina”. Il denaro verrà distribuito tra le diocesi, le parrocchie, le congregazioni religiose, i seminari e altre istituzioni religiose di 25 Paesi dell’America meridionale e dei Carabi. Il denaro contribuirà alla formazione di sacerdoti, religiosi, ministri laici, missionari, operatori pastorali, catechisti ed operatori di pastorale giovanile. Tra i progetti: l’avvio della missione nella Repubblica Dominicana, in Perù e nell’Uruguay; la ricostruzione di sette chiese, crollate in Perù durante il terremoto dello scorso agosto; la ristrutturazione di 85 cappelle, colpite in Nicaragua dall'uragano Félix del settembre scorso; l’aiuto ai vescovi di Haiti per iniziative a sostegno di poveri e anziani. Nel 2007 la Colletta ha sostenuto 562 progetti e in totale sono stati distribuiti 7,72 milioni di dollari: un aumento di quasi due milioni di dollari e 86 progetti in più rispetto all’anno precedente. (B.B.)

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    Premio “Paul Wattson” 2008 al cardinale Kasper, per la promozione della Settimana per l’Unità dei cristiani

    ◊   Il premio “Paul Wattson” 2008, sarà consegnato al cardinale Walter Kasper e al pastore John Gibaut, rispettivamente, presidente del Pontificio Consiglio per l’unità dei cristiani e direttore della Commissione Fede e Costituzione del Consiglio ecumenico delle Chiese (WCC). Ossia i due principali organismi che, da oltre 40 anni, preparano e sostengono la celebrazione della Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani. Il premio - riferisce l'agenzia Sir - sarà consegnato giovedì pomeriggio a Roma, nella sede del Centro Pro-unione. La cerimonia sarà aperta da una conferenza, alla quale seguirà una celebrazione ecumenica. Il premio prende il nome dal promotore dell’Ottavario di preghiera dell’Unità dei cristiani: iniziativa di preghiera ecumenica celebrata annualmente, che quest'anno compie il centenario, infatti la prima edizione risale al gennaio del 1908, a Graymoor negli Stati Uniti. (B.B.)

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    “La bottega dell’orefice” di Karol Wojtyla debuterrà nei teatri di Lourdes a fine maggio

    ◊   L’opera teatrale di Karol Wojtyla “La bottega dell’orefice” diventa un balletto. Per la prima volta, le meditazioni sul sacramento del matrimonio di Karol Wojtyla verranno liberamente interpretate e tradotte in uno spettacolo in due atti. Lo riferisce l'agenzia Zenit. Diversi i linguaggi e le tecniche utilizzate nella rappresentazione: musica, danza, recitazione, grafica computerizzata e proiezioni video. “D’amore e luce”, questo il titolo del progetto, debutterà il 23 maggio a Lourdes. La regia è di Corrado Cascianelli, la musica di Adriana Del Giudice. Le selezioni per scegliere i protagonisti, i ballerini e le comparse inizieranno a metà febbraio. Lo spettacolo è inserito nel programma delle “Giornate per la Pace”, che la città francese organizza ogni anno per promuovere la pacificazione tra i popoli. (B.B.)

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    Nelle Filippine, la Chiesa annuncia il Vangelo tramite SMS

    ◊   “La Bibbia sul cellulare”: è un nuovo progetto realizzato dalla Commissione episcopale per l’apostolato biblico e dalla Società biblica filippina. L’iniziativa prevede l’invio di testi del Vangelo e piccole animazioni, sui cellulari di coloro che si iscrivono al servizio. Il costo di attivazione è di circa 8 centesimi. L’obiettivo è trasmettere un messaggio evangelico anche a coloro che non possono recarsi in chiesa. “Inoltre, è un modo per essere vicini alle nuove generazioni – afferma all’agenzia AsiaNews, padre Oscar Alunday segretario della Commissione – ed al loro modo di comunicare”. Il progetto è una risposta all’altissimo allarmante livello di coloro che, specialmente fra i giovani, non leggono la Bibbia. Infatti, secondo un sondaggio del 2006 compiuto dalla Società biblica filippina, il 60% della popolazione nazionale non legge la Bibbia o addirittura non ne possiede neanche una copia. La Società biblica filippina , organizzazione non governativa (ONG), è fra i pionieri della modernizzazione dell’evangelizzazione. Lo scorso anno ha realizzato la e-Bibbia: una versione interattiva delle Sacre Scritture, tradotta nelle 7 principali lingue del Paese e scaricabile sul computer grazie ad un piccolo software. (B.B.)

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    24 Ore nel Mondo



    Dopo il "lunedi nero" delle borse mondiali, nuovo crollo dei mercati asiatici. Timori per Wall Street

    ◊   Dopo il lunedì nero delle Borse euro-asitiche, gli spettri della recessione statunitense fanno registrare un nuovo crollo dei listini dell’Estremo Oriente. I ribassi tra i cinque e gli otto punti percentuali sono ancora più accentuati di quelli di ieri. Tengono invece i mercati europei, con perdite limitate su diverse piazze. Il calo dei futures nelle borse del vecchio continente fa però prevedere un’apertura negativa di Wall Street. Ma quali sono le cause di questa reazione a catena negativa nelle borse di tutto il mondo? Giancarlo La Vella lo ha chiesto a Luigi Campiglio, economista dell’università Cattolica di Milano:

    R. - E’ una reazione a catena che comincia i primi di agosto, con la ben nota crisi dei mutui americani e il prezzo eccessivamente elevato di tutto il settore immobiliare. Il punto è che è una recessione nuova per certi aspetti, nel senso che occorre probabilmente immaginare dei provvedimenti molto immediati, come in effetti sta avvenendo negli Stati Uniti. Diciamo che da una parte del mondo c’è la recessione e dall’altra c’è l’inflazione e si finisce con l’avere il peggiore dei mondi possibili cioè l’inflazione insieme alla stagnazione.

     
    D. - Potrebbe modificarsi il rapporto tra i grossi blocchi economici come Stati Uniti, Europa e i Paesi emergenti asiatici?

     
    R. - Penso stiano per arrivare grossi cambiamenti sul piano della geopolitica, indotti da queste crisi. In buona sostanza, alcuni gruppi bancari hanno dimenticato che esiste il rischio di mercato sono stati praticamente salvati da fondi “sovrani” arabi e cinesi: chi ha liquidità oggi è intervenuto. Quindi, è una situazione che richiede certamente molta attenzione.

     
    D. - Quale ricaduta è immaginabile sulla vita economica della gente?

     
    R .- La ricaduta c’è in termini di legittimi timori sul futuro. L’esempio americano andrebbe seguito, combinandolo con una politica fiscale che riconsegni potere d’acquisto alle famiglie perché altrimenti - e questo è il vero grande pericolo - potrebbe accadere che la politica monetaria da sola non basti.
     
    Iran - Nucleare
    Riunione oggi a Berlino dei ministri degli Esteri dei cinque membri permanenti del Consiglio di Sicurezza ONU più la Germania, per discutere di una possibile nuova risoluzione che preveda ulteriori sanzioni contro l’Iran per il suo programma nucleare. Il segretario di Stato americano, Condoleezza Rice, ha minimizzato, affermando che il varo di una terza serie di sanzioni internazionali, rimane tutt'altro che scontato. Da parte vsua, il portavoce del governo di Teheran ha già fatto sapere che un'eventuale nuova risoluzione “non avrà alcun effetto” sulla politica interna della Repubblica islamica. Salvatore Sabatino ne ha parlato con Bijian Zarmandili, giornalista e scrittore iraniano:


    R. - La contrapposizione tra il governo di Teheran-Ahmadinejad e, innanzitutto, gli Stati Uniti non è una novità. La novità del dossier nucleare iraniano probabilmente è che l’accordo c’è, gli iraniani lo hanno fatto appena qualche giorno fa direttamente con El Baradei, il direttore dell’Agenzia internazionale per l’energia nucleare. E’ una novità perché El Baradei altre volte è stato a Teheran, ma questa volta si è concordato direttamente con la guida della rivoluzione, con l’Ayatollah Khamenei e questo vuol dire che ha un peso maggiore. Si sono detti che è possibile una risposta definitiva dell’Iran su tutti i dubbi sul dossier nucleare entro quattro settimane. Credo che la riunione di Berlino non possa non tener conto sia dell’accordo che l’Iran ha fatto El Baradei sia che il dossier americano smentisce sostanzialmente per lo meno una parte di quello che si è detto fino ad adesso sul nucleare iraniano.

     
    D. - Se le cose stanno davvero così, se c’è questo accordo, non si rischia di indebolire le Nazioni Unite?

     
    R. - La questione dell’ONU è condizionata dalle posizioni delle cinque grandi e a questo punto non sono tanto la Cina e la Russia che tradizionalmente hanno detto che non vorrebbero delle sanzioni ulteriori, la novità potrebbe invece essere la Francia di Sarkozy, che ha una politica molto vicina alla Casa Bianca. Bisogna vedere se davvero quest’asse Washington-Parigi-Londra regga davvero e ha una sua conseguenza effettiva sulla questione nucleare.
     

     
    Medio Oriente
    Dopo quattro giorni di chiusura totale dei varchi da parte di Israele, come rappresaglia per il lancio di razzi contro il proprio territorio, nella Striscia di Gaza stanno arrivando i primi rifornimenti di emergenza. L’allentamento del blocco è stato deciso ieri sera dal ministro della Difesa dello Stato ebraico, Ehud Barak, di fronte alle crescenti pressioni della comunità internazionale. Una revoca che al momento riguarda solo i medicinali e il combustibile che serve per alimentare l’unica centrale elettrica della Striscia di Gaza. Dal canto suo, Hamas non ha però interrotto il lancio di razzi verso Israele. Questa mattina, sono caduti su Sderot due Qassam senza provocare vittime. E sulla situazione umanitaria e politica di Gaza nel pomeriggio si riunirà il Consiglio di sicurezza dell'ONU.
     
    Iraq
    “Non possiamo ignorare i recenti miglioramenti della situazione politica e della sicurezza in Iraq”: così, si è espresso ieri l’inviato speciale ONU per l’Iraq, Staffan De Mistura, intervenendo al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite. De Mistura ha inoltre sottolineato che il governo iracheno ha intrapreso gli attesi passi per conseguire la riconciliazione nazionale. Sul terreno, però non passa giorno senza che si registrino violenze. Ieri, l’ennesimo attentato suicida nel Paese del Golfo ha causato a Baiji 15 morti e 10 feriti. Questa mattina, un altro attentato suicida ha invece ucciso uno studente e feriti altri venti nei pressi di una scuola della città di Baquba. Infine, a Baghdad un ordigno è esploso al passaggio di un minibus, provocando la morte di un civile e il ferimento di altri sei.


    Pakistan
    “Le elezioni politiche pakistane del 18 febbraio saranno libere, il Paese resterà democratico, l'arsenale nucleare è sotto controllo e la lotta al terrorismo continua”. Sono le rassicurazioni che il presidente del Pakistan, Pervez Musharraf, ha fornito a Bruxelles, prima tappa del suo tour europeo mirato a spazzare via i timori occidentali di involuzione autoritaria. Intanto, continuano le violenze nel Paese asiatico. Fonti militari riferiscono nella notte i miliziani integralisti hanno attaccato un postazione delle Forze di sicurezza nella regione del sud Waziristan, al confine con l'Afghanistan, provocando la morte di cinque soldati e il ferimento di altri sette.

    Italia - Crisi politica
    Momenti decisivi per il futuro del governo Prodi e dell’intera legislatura, dopo l’uscita dell’UDEUR dalla maggioranza. Romano Prodi ha riferito questa mattina in aula a Montecitorio e ha chiesto la fiducia alla Camera e al Senato. Il voto dei deputati è previsto domani a partire dalle 17. L’opposizione chiede le dimissioni di Prodi e le elezioni anticipate. Il servizio di Giampiero Guadagni:


    E’ nel parlamento che il governo trae la sua legittimità ed è nel parlamento che deve verificare l'esistenza della fiducia. Con queste parole, intervenendo in aula alla Camera, Romano Prodi ha indicato la sua via d’uscita alla crisi di fatto apertasi ieri con lo strappo non ricucibile dell’UDEUR di Mastella. Il premier ha chiesto la fiducia delle Camere convinto - come ha spiegato entrando a Montecitorio - di farcela anche stavolta. Prodi ha espresso la solidarietà umana e politica all’ex ministro della Giustizia: non lo abbiamo mai lasciato solo, ha assicurato. Da Prodi, anche un lungo elenco dei risultati ottenuti in questi due anni dal suo governo. Applausi dai banchi dell’Unione, mentre l’opposizione chiedeva a gran voce le elezioni anticipate. Il centrodestra in questa fase sembra aver ritrovato una sostanziale unità di intenti. Casini (UDC) invoca prima o dopo il voto un governo di responsabilità nazionale. Fini (AN), dopo le polemiche degli ultimi tempi, fa sapere che con questa legge elettorale la CDLl si presenterà unita con Berlusconi candidato premier. Da parte sua, il leader di Forza Italia ritiene che le dimissioni del governo siano a questo punto inevitabili e teme che portare la crisi in parlamento nasconda una trappola. In questo scenario, in rapida evoluzione le altre alternative sono un governo tecnico, composto da esperti non politici, oppure un governo istituzionale, presieduto dal presidente di Camera o Senato. Al Capo dello Stato, naturalmente, la parola decisiva, ma solo dopo che il Parlamento si sarà pronunciato sulla fiducia chiesta da Prodi.

     
    Russia - elezioni
    Un'inchiesta è stata aperta in Russia per la falsificazione di 12 mila firme a sostegno di Mikhail Kasianov alle elezioni presidenziali del 2 marzo: lo ha riferito l’agenzia Interfax. L'ipotesi d'accusa è falsificazione di documenti elettorali. Nei giorni scorsi, Kasianov, tra gli oppositori di Putin, aveva denunciato presunti tentativi di boicottare la sua candidatura.

    Colombia
    Il presidente colombiano, Alvaro Uribe, ieri a Parigi, ha riaffermato la sua volontà di “schiacciare” la guerriglia delle FARC. Uribe ha chiesto la collaborazione dei Paesi europei durante il suo incontro con il presidente francese, Nicolas Sarkozy, il quale si è detto d’accordo per una mediazione europea, ma con alcune riserve. Più cauti invece i familiari della franco-colombiana, Ingrid Betancourt, ancora nelle mani dei guerriglieri. Intanto, Clara Rojas, l’ex prigioniera liberata il 10 gennaio, ha lanciato un appello ieri da Madrid affinché i ribelli liberino la Betancourt.

    Timor est
    Timor est rischia di nuovo di piombare nel conflitto civile. L’allarme viene lanciato in un rapporto dell’International Crisis Group, pubblicato il 17 gennaio scorso. Secondo lo studio della ONG, la stabilità del piccolo Stato asiatico sarebbe minata dal permanere delle tensioni irrisolte tra la polizia e l’esercito. Per questo motivo, viene chiesto a gran voce un intervento delle Nazioni Unite affinché sostengano un processo di  riforma della Difesa. Sull’attuale situazione della delicata pace civile raggiunta nel Paese, sentiamo il presidente della Repubblica di Timor est, José Ramos-Horta, intervistato dalla collega della redazione francese, Armance Bourgois, in occasione della sua udienza di ieri con il Santo Padre:


    R. - Comme président de la République et dans notre constitution, je suis …
    In qualità di presidente della Repubblica e in base alla nostra Costituzione, io sono il primo responsabile riguardo al mantenimento della pace e alla difesa della sovranità, dell’unità e dell’integrità territoriale del mio Paese. Per far questo, però, non si può contare unicamente su un esercito, ma risulta fondamentale basarsi soprattutto sul dialogo. Ed io, in qualità di capo dello Stato, ma anche in qualità di cristiano e di essere umano, cerco di parlare con tutti, facendo visite nei villaggi - anche i più lontani - ed incontrando e ricevendo la gente più semplice e più povera. Cerco ugualmente di tenere degli incontri di dialogo con i responsabili della società civile e delle ONG. Ma incoraggio anche il dialogo fra le parti politiche, poiché ritengo che tutto questo possa alla fine contribuire a consolidare la pace. La pace c’è, la pace è là ed esiste, è una realtà, ma è molto, molto fragile.

     
    D. - Come vivono gli abitanti di Timor il loro passato doloroso relativo all’Indonesia?

     
    R. - L’Indonésie est très, très important pour nous…
    L’Indonesia è veramente molto, molto importante per noi. E’ un nostro vicino, con il quale condividiamo delle frontiere terrestri e marittime. Anche l’Indonesia sta cercando di consolidare la pace, la stabilità e il processo di democratizzazione del Paese. Si tratta dello Stato musulmano più grande del mondo. E’ necessario, quindi, che sia da parte di Timor Est, che da parte della comunità internazionale, vengano comprese le difficoltà dei nostri vicini. Per quanto riguarda noi, c’è un passato tragico e doloroso, che ha causato molti morti, migliaia di morti, ma non vogliamo permettere che ora esso rappresenti un ostacolo per le relazioni future con l’Indonesia. (Panoramica internazionale a cura di Marco Guerra e Chiara Calace)
     

     
    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LII no. 22

     

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