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Sommario del 18/01/2008

Il Papa e la Santa Sede

  • Lettera del Papa a padre Kolvenbach, in occasione della 35.ma Congregazione generale della Compagnia di Gesù
  • Udienza di Benedetto XVI alla delegazione finlandese luterana: la comune preghiera dei cristiani è "la porta regale dell'ecumenismo". Intervista con mons. Fortino
  • Appello del Papa a sostenere i cristiani delle regioni arabe: quella terra non diventi una zona archeologica priva di vita ecclesiale
  • Nomine
  • Migliaia di giovani si preparano a pregare col Papa domenica in San Pietro per l'Angelus, in segno di affetto e solidarietà dopo la vicenda della Sapienza
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • "La peggiore strumentalizzazione dell'uomo": così, mons. Sgreccia alla notizia della clonazione di cinque embrioni umani
  • Italia: sindacati verso lo sciopero generale sulla questione dei salari
  • Chiesa e Società

  • La condanna di mons. Warduni per l’ennesimo attacco contro una chiesa in Iraq
  • Colombia: continua la mediazione della Chiesa per la liberazione di ostaggi delle FARC
  • Tensione in Vietnam per i beni espropriati alla Chiesa. Lettera dell’arcivescovo di Hanoi
  • La preoccupazione della Chiesa pakistana per le violenze che continuano a colpire il Paese
  • Gli interventi della Caritas Italiana nei Paesi sconvolti dallo tsunami
  • La moratoria sull'aborto è una logica conseguenza dopo quella sulla pena capitale. Così suor Nirmala, superiora generale delle Missionarie della Carità
  • La speranza fissa la vita nell’eternità: così il cardinale Bertone ai sacerdoti genovesi
  • Il cardinale Caffarra invita ebrei e cristiani a pregare insieme Dio per evitare di cadere in una “solitudine senza rimedio”
  • Il dispiacere di luterani e ortodossi per le dimissioni del cardinale Lehmann dalla presidenza della Conferenza episcopale tedesca
  • Celebrazioni del 75.mo anniversario delle apparizioni della Madonna a Banneux
  • Incontro dei sacerdoti dell’OCSHA a Cuba
  • L’Orionino don Gaetano Piccinini riceverà il riconoscimento di “Giusto fra le Nazioni” per aver salvato numerosi ebrei durante la seconda guerra mondiale
  • 24 Ore nel Mondo

  • Medio Oriente: si teme un'emergenza umanitaria nella Striscia di Gaza dopo la chiusura dei valichi decisa da Israele
  • Il Papa e la Santa Sede



    Lettera del Papa a padre Kolvenbach, in occasione della 35.ma Congregazione generale della Compagnia di Gesù

    ◊   Alcuni giorni prima di presentare la sua rinuncia a superiore generale della Compagnia di Gesù, padre Peter Hans Kolvenbach ha ricevuto una lettera personale del Papa. Padre Kolvenbach – riferisce in un comunicato la Compagnia di Gesù - ha condiviso la lettera con i membri della Congregazione generale e con tutta la Compagnia, e ha riferito a Benedetto XVI “la profonda attenzione e gratitudine” con cui era stato accolto il suo messaggio”. Ai gesuiti, padre Kolvenbach ha comunicato “l’affetto, la vicinanza spirituale, la stima e la gratitudine con cui i successori di Pietro hanno guardato e guardano alla Compagnia di Gesù, continuando ad aspettarne un fedele servizio per l’annuncio integro e senza incertezze del Vangelo nel nostro tempo”. Il servizio di Roberto Piermarini:


    Ponendosi in continuità con gli interventi dei suoi predecessori, il Santo Padre richiama nella sua lettera il legame particolare che lega la Compagnia di Gesù al Successore di Pietro, espresso dal "quarto voto" di speciale obbedienza al Papa come definito nella “Formula” fondazionale di sant’Ignazio: “Militare per Iddio sotto il vessillo della Croce e servire soltanto il Signore e la Chiesa sua sposa, a disposizione del Romano Pontefice, Vicario di Cristo in terra”. “Di questa fedeltà, che costituisce il segno distintivo dell’Ordine, la Chiesa ha ancora più bisogno oggi – sottolinea il Papa – in un’epoca in cui si avverte l’urgenza di trasmettere, in maniera integrale, ai nostri contemporanei distratti da tante voci discordanti l’unico e immutato messaggio di salvezza che è il Vangelo, 'non quale parola di uomini, ma com’è veramente, quale parola di Dio', che opera in coloro che credono”.

     
    “L'opera evangelizzatrice della Chiesa conta pertanto molto sulla responsabilità formativa che la Compagnia ha nel campo della teologia, della spiritualità e della missione”, continua il Papa il quale chiede alla Congregazione generale che "riaffermi, nello spirito di sant'Ignazio, la propria totale adesione alla dottrina cattolica, in particolare su punti nevralgici oggi fortemente attaccati dalla cultura secolare, come, ad esempio, il rapporto fra Cristo e le religioni, taluni aspetti della teologia della liberazione e vari punti della morale sessuale, soprattutto per quel che riguarda l'indissolubilità del matrimonio e la pastorale delle persone omosessuali”. “Il segreto dell’autentico successo dell’impegno apostolico e missionario di ogni cristiano e ancora più di quanti sono chiamati ad un più diretto servizio al Vangelo – scrive il Papa – presuppone un’intima comunione con Colui che ci chiama ad essere suoi amici e discepoli, un’unità di vita e di azione che si alimenta di ascolto della sua parola, di contemplazione e di preghiera, di distacco dalla mentalità del mondo e di incessante conversione al suo amore perché sia Lui, il Cristo, a vivere ed operare in ciascuno di noi”.

     
    Benedetto XVI, nella sua lettera, auspica che la presente Congregazione “riaffermi con chiarezza l’autentico carisma del Fondatore per incoraggiare tutti i Gesuiti a promuovere la vera e sana dottrina cattolica”. Riprendendo le parole di Giovanni Paolo II del 1995, il Pontefice invita inoltre i membri della Congregazione a riaffermare “senza equivoci e senza esitazioni”, la fedeltà amorosa al carisma, indicato da sant’Ignazio, come fonte sicura di rinnovata fecondità”. Benedetto XVI, rifacendosi alle parole del suo precedessore Paolo VI, invita a non alterare e non sfigurare “l’identità fondamentale della figura del Gesuita, quale è descritta nella Formula Instituti, quale la storia e la spiritualità propria dell’Ordine la propongono e quale l’interpretazione autentica dei bisogni stessi dei tempi sembra oggi reclamare”.

     
    La Compagnia di Gesù, - afferma, nella sua lettera di risposta al Papa, Padre Kolvenbach - dichiara la propria volontà di rispondere sinceramente agli inviti e alle richieste del Santo Padre. La Congregazione Generale dedicherà ad essi tutta l’attenzione dovuta nel corso dei suoi lavori, una considerevole parte dei quali sarà dedicata appunto ai temi della identità e della missione dei Gesuiti e della obbedienza religiosa ed apostolica, in particolare della obbedienza al Papa.

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    Udienza di Benedetto XVI alla delegazione finlandese luterana: la comune preghiera dei cristiani è "la porta regale dell'ecumenismo". Intervista con mons. Fortino

    ◊   La Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani che si apre oggi ha visto Benedetto XVI subito impegnato in un importante incontro ecumenico. Il Papa ha ricevuto una delegazione ecumenica proveniente dalla Finlandia, che in questi giorni si trova tradizionalmente a Roma per la festa di Sant’Enrico, patrono del Paese finnico. Il Pontefice ha indicato nel valore della preghiera la “porta regale dell’ecumenismo” e di un dialogo fra cristiani del quale, ha affermato, l’Europa attuale non può fare a meno. Il servizio di Alessandro De Carolis:

    Dove stia l’importanza concreta, che incide nella società, del dialogo luterano-cattolico, Benedetto XVI lo ha affermato con chiarezza nell’ultima frase: nelle “nuove e mutevoli” circostanze dell’Europa di oggi, “c’è molto che luterani e cattolici possono fare insieme al servizio del Vangelo e la promozione del Regno di Dio”. Sul significato spirituale che impegna le due parti nella ricerca della piena comunione, il Papa si è soffermato invece sin dalle prime battute del suo intervento, al cospetto del vescovo luterano, Kari Mäkinen. Ispirandosi al tema della Settimana 2008 - “Pregare incessantemente” - Benedetto XVI ha osservato che “in un certo senso, la Settimana di preghiera trae le sue origini dal momento in cui Gesù patì la sofferenza e la morte”, pregando per i suoi discepoli: “Che tutti siano una cosa sola” perché “il mondo creda”. “Questa infatti è la porta regale dell’ecumenismo", ha affermato il Papa. Tale preghiera "ci porta a guardare il Regno di Dio e l'unità della Chiesa in un modo nuovo, che rafforza i nostri legami di comunione e che ci consente di affrontare con coraggio le memorie dolorose, i pesi sociali e le debolezze umane, che rappresentano molta parte delle nostre divisioni”.

     
    Un’autentica vita di comunione “è possibile - ha proseguito Benedetto XVI - solo quando gli accordi dottrinali e le dichiarazioni formali sono costantemente guidati dalla luce dello Spirito Santo”. Ed ha aggiunto: “Dobbiamo essere grati per i frutti del dialogo teologico Luterano-cattolico nordico, in Finlandia e in Svezia, riguardante le questioni centrali della fede cristiana, compresa la questione della Giustificazione nella vita della Chiesa. Possa il dialogo continuo portare a risultati concreti e azioni che esprimono e costruiscano la nostra unità in Cristo e, pertanto, rafforzino i rapporti tra i cristiani”.

     
    Quattrocentocinquanta anni fa, moriva un celebre teologo finnico, Mikael Agricola, la cui traduzione della Bibbia, ha ricordato il Pontefice, “ha avuto un impatto enorme sulla lingua e sulla letteratura finlandese”. Il tributo conferitogli dal Paese nordeuropeo è utile per sottolineare ancora, ha concluso Benedetto XVI, “l'importanza della Scrittura per la Chiesa, per i singoli cristiani e per l'intera società”, in un’Europa che Benedetto XVI vede immersa in situazioni non facili.

     
    L’udienza con la delegazione luterana finlandese, benché tradizionale nell’agenda pontificia, cade quest’anno in coincidenza con l’inizio della 100.ma Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani. Ieri, il cardinale Walter Kasper, presidente del Pontificio Consiglio per l’unità dei cristiani, l’ha inaugurata con una cerimonia nella chiesa romana di Santa Brigida, alla presenza proprio della delegazione ecumenica della Finlandia. La storia di questo evento risale all’intuizione che nel 1908 ebbe un sacerdote anglicano, padre Paul Wattson, co-fondatore della Society of Atonement, che propose quello che lui chiamò un “Ottavario per l'unità dei cristiani”. Nelle sue intenzioni, l’unità voleva dire un “ritorno” alla Chiesa cattolica romana. Fu in quella occasione che vennero fissate le date di inzio e fine, rimaste invariate a tutt’oggi: il 18 gennaio - allora festa della Cattedra di Pietro - e il 25 gennaio, festa della Conversione di San Paolo.

     
    Per molti cristiani, tuttavia, l'idea del “ritorno” all’unità con Roma impediva di associarsi in preghiera ai cattolici: fu ciò che rilevò, nel 1936, l’Abbé Paul Couturier di Lione, che diede inizio, nelle stesse date, alla “Settimana di Preghiera Universale per l'Unità dei Cristiani”. L’esperienza è poi cresciuta diventando un appuntamento ecumenico rituale e molto sentito al punto che, dal 1973, ogni anno un gruppo ecumenico viene invitato a preparare la prima bozza del materiale della Settimana, poi riesaminato dal gruppo preparatorio internazionale nominato dalla Commissione “Fede e Costituzione” del Consiglio Ecumenico delle Chiese (CEC) e dal Pontificio Consiglio per la promozione dell’unità dei cristiani. Da rilevare che nei Paesi dell'emisfero nord l’iniziativa si celebra in gennaio, mentre in quelli dell'emisfero sud, dove gennaio è periodo di vacanza, viene celebrata in altre date, ad esempio nel tempo di Pentecoste.

    Quest’anno, dunque, la Settimana per l’unità ha come tema un passo della Prima Lettera di San Paolo ai Tessalonicesi: “Pregate continuamente”. Giovanni Peduto ne ha parlato con mons. Eleuterio Fortino, sottosegretario del Pontificio Consiglio per la promozione dell’unità dei cristiani:


    R. – E’ sintomatico che si sia presa la Lettera di San Paolo ai Tessalonicesi. San Paolo aveva creato la prima comunità cristiana a Tessalonica. Poi, dopo un certo tempo sente che vi sono delle divisioni. Allora, scrive quella lettera e dice: “Pregate continuamente. Pregate incessantemente”. La preghiera fa parte di quel nucleo centrale che è l’anima dell’intero movimento ecumenico. Siamo convinti che la santa causa di ristabilire la piena unità tra i cristiani supera la forza umana, quindi fa affidamento alla preghiera

     
    D. – Nell’ambito del dialogo ecumenico, un posto di grande rilievo è quello delle relazioni tra cattolici e ortodossi e in questo campo lei è un esperto. Può farci una sintesi dell’attuale situazione del dialogo cattolico-ortodosso?

     
    R. – Lei si riferisce al dialogo cattolico-ortodosso, cioè al dialogo teologico. Quest’anno questo dialogo ha compiuto un passo positivo: si è aperto al futuro. Nel mese di ottobre, dall’8 al 14, si è tenuta a Ravenna la decima sessione della Commissione mista internazionale fra la Chiesa cattolica e la Chiesa ortodossa nel suo insieme, con la partecipazione di tutte le Chiese autocefale. Il tema è un tema ampio, un tema difficile, un tema che non si risolve in una sessione, anche se questa sessione ha dato particolare importanza e ha avuto convergenze importanti. L’ultima era la comunione ecclesiale, la conciliarità e l’autorità nella Chiesa. Si è affrontata in particolare l’autorità nella Chiesa a livello universale, cioè quale sia il ruolo del vescovo di Roma nella comunione delle Chiese. Il progresso stato è che alla luce della storia, riflettendo sul primo millennio, si è concordato che – nel testo si parla di Oriente e Occidente, di cattolici e ortodossi – nella Chiesa a livello universale ci sia un “protos”, un primo, cioè il vescovo di Roma, che ha un ruolo particolare nella Chiesa di Cristo. La Commissione ha sottolineato come problematico e da discutere il fatto che non siano d’accordo, cattolici e ortodossi, sulle prerogative di questo primato. E per l’anno prossimo ha proposto che si riunisca la Commissione sul tema “Il ruolo del vescovo di Roma nella comunione ecclesiale, nel primo millennio”, cioè si cominci a studiare come di fatto la comunione delle Chiese e il ruolo del vescovo di Roma sia stata concretamente vissuta nella storia, considerando i cambiamenti che ci sono stati, la maturazione che è avvenuta nella coscienza cristiana e i problemi posti che meritano una soluzione.

     
    D. – Quando e dove questo incontro?

     
    R. – Nella prima parte di questo anno 2008 si incontreranno due sottocommissioni di studio sullo stesso tema parallelo. Poi, dal 27 settembre al 4 ottobre, si incontrerà il Comitato misto di coordinamento, che dagli studi fatti dalle sottocommissioni preparerà una sintesi organica come progetto da sottoporre alla sessione plenaria. La sessione plenaria si riunirà nell’autunno del 2009. La data e il luogo non sono stati ancora fissati. La sessione sarà ospite della Chiesa ortodossa.

     
    D. – I suoi auspici mons. Fortino per il futuro?

     
    R. – I miei auspici sono quelli che provengono dal tema della preghiera dell’unità di quest’anno. La preghiera continua e l’auspicio finale è che tutti i cristiani possano celebrare insieme l’unico sacrificio di Gesù Cristo: l’Eucaristia.

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    Appello del Papa a sostenere i cristiani delle regioni arabe: quella terra non diventi una zona archeologica priva di vita ecclesiale

    ◊   Ricevendo stamani i presuli della Conferenza dei vescovi latini delle regioni arabe, in visita ad Limina, Benedetto XVI ha auspicato che queste terre, spesso abbandonate dai cristiani a causa di continue violenze, non diventino "siti archeologici senza vita ecclesiale". La vocazione dei cristiani nelle regioni arabe - ha osservato - riveste “un’importanza essenziale”: sono “artigiani di pace e giustizia, una presenza viva del Cristo venuto a riconciliare il mondo con il Padre”. Il servizio di Amedeo Lomonaco:


    "Dans votre région, le déchaînement sans fin de la violence…
    Nella vostra regione lo scatenarsi senza fine di violenza, insicurezza e odio rende difficile la coabitazione”.

    A volte - prosegue Benedetto XVI - questa inquietante combinazione fa temere per l’esistenza delle vostre comunità:

    "C’est un grave défi posé à vostre service pastoral…
    E’ una grave sfida per il vostro servizio pastorale che vi stimola a rafforzare la fede dei fedeli ed il loro senso fraterno, affinché tutti possano vivere in una speranza fondata sulla certezza che il Signore non abbandona mai coloro si rivolgono a Lui”.
     
    Solo il Signore - ha sottolineato quindi Benedetto XVI - è la nostra vera speranza, in virtù della quale noi possiamo affrontare il nostro presente. Il Papa ha esortato quindi i vescovi latini delle regioni arabe ad essere vicini alle persone affidate al loro ministero e ad accompagnarle in un cammino di “autentica fedeltà al Vangelo”:

     
    "Que tous, dans les situations difficiles qu’ils connaisent…
    Tutti, nelle situazioni difficili che conoscono, possano avere la forza e il coraggio di vivere nella testimonianza ardente della carità di Cristo”.

     
    E’ comprensibile - ha osservato quindi Benedetto XVI - che i cristiani siano spinti dalle circostanze a lasciare il loro Paese:

     
    "Cependant, il faut encourager et soutenir fermement…
    Tuttavia, occorre incoraggiare e sostenere fermamente coloro che fanno la scelta di rimanere fedeli alla loro terra, affinché non diventi una zona archeologica senza vita ecclesiale”.
     
    Per questo, Benedetto XVI ha assicurato il proprio sostegno ad iniziative dei presuli per la creazione di condizioni socioeconomiche in favore dei cristiani nelle regioni arabe. Il Papa si è soffermato poi sulla collaborazione tra i cattolici dei vari riti:

     
    "La prière du Christ au Cénacle ‘Que tous soient un’ est une invitation…
    La preghiera di Cristo al Cenacolo ‘Che tutti siano uno’ è un invito pressante a ricercare incessantemente l’unità dei discepoli di Cristo”.

    Gli ostacoli sul cammino dell’unità - ha proseguito - non devono mai spegnere l’entusiasmo per “tessere le condizioni di un dialogo quotidiano che è un preludio all’unità”:

    "La rencontre des membres des autres religions, Juifs et Musulmans…
    L’incontro di membri di altre religioni, ebrei e musulmani è per voi vescovi una realtà quotidiana”.

    Una migliore conoscenza reciproca - ha concluso il Santo Padre - è necessaria “per favorire un rispetto sempre più grande della dignità umana, l’uguaglianza dei diritti e dei doveri delle persone e un’attenzione rinnovata alle necessità di ciascuno, particolarmente dei più poveri”.

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    Nomine

    ◊   Il Santo Padre ha nominato vescovo della diocesi di Kigoma (Tanzania) il rev. Protase Rugambwa, del clero di Rulenge, officiale della Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli. Il rev.do Protase Rugambwa è nato il 31 maggio 1960 a Bunena, nella diocesi di Bukoba. È stato ordinato sacerdote il 2 settembre 1990, a Dar-es-Salaam, da Giovanni Paolo II, durante la sua visita pastorale in Tanzania, ed incardinato nella diocesi di Rulenge.

    Il Santo Padre ha concesso il suo assenso all’elezione canonicamente fatta dal Sinodo dei Vescovi della Chiesa Siro-Malankarese, del rev. Abraham Kackanatt, sacerdote dell’arcieparchia di Tiruvalla dei Siro-Malankaresi, a vescovo di Muvattupuzha dei Siro-Malankaresi Il rev. Abraham Kackanatt è nato il 10 giugno 1944 a Kallooppara nell’arcieparchia di Tiruvalla. E’ stato ordinato sacerdote il 10 ottobre 1970.

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    Migliaia di giovani si preparano a pregare col Papa domenica in San Pietro per l'Angelus, in segno di affetto e solidarietà dopo la vicenda della Sapienza

    ◊   Una mobilitazione di solidarietà e di affetto nei riguardi di Benedetto XVI, con una finalità spirituale e non certo politica o di protesta, come alcuni media hanno provato a definirla. E’ l’appuntamento che migliaia di giovani stanno dandosi per domenica prossima in Piazza San Pietro, per salutare il Papa all’Angelus. Dietro il passa-parola di queste ore c’è l’invito esplicito fatto ai ragazzi dal cardinale vicario, Camillo Ruini, all’indomani delle contestazioni che hanno indotto il Pontefice a soprassedere alla cerimonia d’inaugurazione dell’anno accademico dell’Università romana “La Sapienza”, svoltasi ieri. A coonfermare il fermento giovanile in vista di domenica è Savino Pezzotta, uno dei fondatori di “Retinopera”, cartello di coordinamento dell’associazionismo cattolico, intervistato da Luca Collodi:

     
    R. - Seguendo l’indicazione del cardinal Ruini è un andare in piazza per manifestare una vicinanza al Santo Padre. Io aggiungo che vado in piazza come italiano per riscattare quello che è successo in questi giorni perché non rappresenta solo un’offesa a me come cattolico ma anche a me come italiano, perchè si è messo in cattiva luce il mio Paese e la sua cultura e non si è tenuto conto di milioni di persone che hanno un certo sentire, una certa attenzione. Io vado in piazza per dire che gli italiani non sono così, gli italiani hanno una venerazione, un’attenzione al Papa e hanno rispetto per la libertà, per la laicità, per la possibilità di tutti di parlare.

     
    D. – Pezzotta, c’è il rischio che questa manifestazione di solidarietà al Papa, di preghiera comune, possa trasformarsi in qualche modo in una manifestazione politica?

     
    R. - Ci sarà qualcuno che tenderà a strumentalizzarla politicamente, ma questi non fanno un favore al Papa. Credo che dobbiamo andare proprio al di là delle nostre collocazioni politiche, non per mostrare i nostri “gagliardetti”, ma per mostrare il nostro affetto, la nostra amicizia, la voglia di pregare col Papa per il bene del nostro Paese. Credo che sia importante proprio in questo tempo in cui la confusione, l’incertezza, l’insicurezza, è alta. Bisogna andare in Piazza San Pietro per pregare, non per manifestare.

     
    D. - Di fatto sta crescendo la mobilitazione che va oltre Roma. Perché, secondo lei, questa sensibilità così spontanea verso Papa Benedetto?

     
    R. - Gli italiani, al di là di quattro intellettuali che ragionano più di libri che di cose concrete, la gente comune, quella che tutte le mattine si alza e va a lavorare, quella che ha una famiglia da condurre, quella che ha le sue difficoltà, ha sempre visto la figura del Papa come una figura importante, oserei dire protettiva per la nostra realtà. Certo c’è verso Benedetto XVI un elemento di affettività alto: l’immagine di questo Papa è quella di un Papa dolce, mite, che trasmette il senso della mitezza e, sottoposto a un attacco di questo genere, oserei dire violento, può far scattare un meccanismo di identificazione molto alto. C’è sempre questo legame tra il Papa e l’Italia che nessuno riuscirà a rompere. Io adesso non voglio tirar fuori il primato, come avrebbe detto il Gioberti, per carità, ma bisogna prendere atto che c’è un legame indissolubile tra il Pontefice, indipendentemente dalla sua nazionalità, e il nostro Paese, è un modo per avere un’idea di cosa sia l’Italia e io credo che da questo punto di vista si stanno commettendo dei grandi errori, si stanno creando delle scissioni che sono inutili. Andare in piazza all’Angelus domenica significa andare per dire che abbiamo bisogno di una ricomposizione dell’identità nazionale e l’identità nazionale non può fare a meno di guardare con attenzione a una figura come quella del Pontefice.

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   Libero dibattito in libera Chiesa. In cultura, l'Arcivescovo Mauro Piacenza sull'"Introduzione al mistero eucaristico" di Mauro Gagliardi.

    Inconsistenza educativa, confronto e intolleranza in una conversazione alla Radio Vaticana dell'arcivescovo Gianfranco Ravasi.

    Mons. Inos Biffi sull'importanza dell'educazione teologica nell'ambito della liturgia.

    Stralci della prefazione del vescovo Rino Fisichella all'edizione del testo di Manuele II il Paleologo "Dialoghi con un persiano", curata da Francesco Colafemmina e presentata questa sera alla Lateranense.

    Sistema tribale e violenze; vent'anni di denunce cadute nel vuoto. Nell'informazione religiosa, un articolo sul Kenya, dove i vescovi, dall'inizio degli anni Novanta, hanno lanciato l'allarme sulla strumentalizzazione delle divisioni sociali.

     In rilievo, nell'informazione internazionale, l'Iraq. I cristiani ancora nel mirino della guerriglia.

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    Oggi in Primo Piano



    "La peggiore strumentalizzazione dell'uomo": così, mons. Sgreccia alla notizia della clonazione di cinque embrioni umani

    ◊   Sconcerto e cautela nella comunità internazionale per la notizia pubblicata dalla rivista 'Stem Cells' che un istituto di ricerca californiano avrebbe clonato, per la prima volta nella storia, cinque embrioni umani da cui prelevare cellule staminali da usare per terapie mediche su misura. Per la clonazione sarebbe stato usato lo stesso metodo con cui è nata la pecora Dolly, cioè il trasferimento del nucleo da cellule somatiche della pelle. Alcuni studiosi però dubitano dell'esperimento e sono molto cauti dopo lo scandalo per un falso annuncio di una ricerca simile in Corea alcuni anni fa. Al microfono di Sergio Centofanti, ci ha rilasciato un commento il presidente della Pontificia Accademia per la Vita mons. Elio Sgreccia, che si riserva di verificare la veridicità della notizia:
     
     R. – Si tratterebbe di una clonazione fatta con il metodo usato da Wilmut per la pecora Dolly: prelievo di un ovulo che viene denucleizzato e poi fecondato con un nucleo di una cellula del corpo, in questo caso, una cellula della pelle. Su questa produzione per clonazione dei cinque embrioni, se confermata, posso dire due cose. La prima è che ha la stessa squalifica morale che conosciamo per la clonazione fatta sull’essere umano. Finché era su una pecora, finché è stata fatta sugli scimpanzé può essere motivo scientifico giustificato; ma quando è fatta sull’uomo, si tratta della peggiore strumentalizzazione dell’essere umano, che diventa così un oggetto di ricerca. Circa la possibilità giustificativa di cavare di qui delle terapie, finora non c’è stato nessun successo; anche se ci fosse, non sarebbe comunque lecito utilizzare l’essere umano come farmaco. Quindi, dal punto di vista etico, si tratta di un qualifica di illecito morale tra i più gravi; secondo, è un fatto anti-storico, cioè dopo che si è provato che le cellule staminali adulte possono essere impiegate per le terapie con successo, e soprattutto dopo che è stato recentemente dimostrato che cellule staminali adulte, riprogrammate, possono produrre cellule staminali dello stesso tipo di quelle embrionali, per cui lo stesso Wilmut è passato a questo tipo di ricerca abbandonando quello che aveva fatto in passato, credo che sia un prodotto ritardato e anti-storico, questo qui. Non c’è più non dico la giustificazione, perché questa non c’è mai; non c’è nemmeno il pretesto di trovare qualcosa che non ci sia già, per altre vie lecite.

     
    D. – Qual è la logica che c’è dietro a questi esperimenti?

     
    R. – Non si riesce a capire, perché prima si diceva che poteva servire in campo terapeutico per guarire Parkinson, Alzheimer e cose di questo genere, che vengono sempre tirate in ballo. Ma ora questo è raggiungibile più facilmente e più documentativamente per altre strade; non si riesce più a capire se questo è un puro gioco, fatto poi con i soldi pubblici o privati che siano, per dire chi è più bravo a farla più grave, questa sperimentazione, fatta unicamente per il gusto di sperimentare sull’uomo e sulla donna.

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    Italia: sindacati verso lo sciopero generale sulla questione dei salari

    ◊   In Italia indetta una giornata di mobilitazione per il 15 febbraio che, in caso di risposte del governo ritenute insufficienti, potrà trasformarsi in uno sciopero generale. Lo hanno annunciato stamattina i segretari generali di Cgil, Cisl e Uil, riuniti a Roma per i direttivi unitari. Le dichiarazioni dei leader sindacali giungono all’indomani della diffusione dei dati Istat che hanno messo in luce le difficoltà con cui vivono le famiglie italiane, soprattutto quelle numerose e quelle monoreddito. Secondo l’Istat le entrate di una famiglia su due non superano i 1900 euro mensili. Marco Ravalico ha sentito Giorgio Santini, segretario confederale della Cisl:


    R. – Aumentano le difficoltà per riuscire a combinare le tante esigenze familiari per quelle famiglie che hanno i figli, ma che hanno anche difficoltà con gli anziani o con altre persone. Grande preoccupazione, e per noi anche la necessità, che questo tema delle tutele dei redditi delle persone che lavorano, ma delle famiglie in generale, diventi un tema sul quale si interviene, guardando anche alle migliori esperienze europee, nelle quali la famiglia è maggiormente tutelata.

     
    D. – I dati diffusi ieri parlano di una differenza tra il centro-nord e il sud dell’Italia, una realtà abbastanza asimmetrica...

     
    R. – Purtroppo è un dato che dura da tempo, ma che peggiora. Piove, dunque, sul bagnato, potremmo dire. Allora, noi non possiamo accettare una situazione di questo genere, sempre più pesante, sempre più difficile, una vera e propria frustata, senza fare nulla. Il sud vive naturalmente un problema di crisi dello sviluppo più generale, che non riguarda solo le famiglie, ma si ripercuote pesantemente sulle famiglie che sono in una situazione di povertà e quindi di difficoltà ad andare avanti. Noi facciamo un grande appello, perché si esca da questa situazione, coordinando le competenze del governo, delle regioni, degli enti locali, per dare al sud quello sviluppo, per utilizzare bene i fondi che in questi anni sono a disposizione, sia europei, che nazionali, perché se non c’è sviluppo, non si riesce a tirar su i livelli di reddito e, quindi, non si riesce a dare una risposta a questa domanda forte, di giustizia sociale che viene dalle famiglie.

     
    D. – Quindi, secondo lei la direzione da intraprendere è quella di un maggior utilizzo delle risorse che già ci sono e di una maggiore collaborazione tra le istituzioni...

     
    R. - Dobbiamo saper usare meglio queste risorse. Paesi a noi vicini come la Spagna e la Grecia, in questi anni hanno costruito su questo dei tassi di crescita dell’economia e dei redditi impressionanti. Nel nostro Paese purtroppo queste risorse vengono per lo più usate in modo frammentario e alla fine inefficace.

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    Chiesa e Società



    La condanna di mons. Warduni per l’ennesimo attacco contro una chiesa in Iraq

    ◊   "Un atto barbaro perpetrato da terroristi, da gente senza fede” contro "una chiesa simbolo non solo per i cristiani ma anche per i musulmani". Così il vescovo ausiliare di Baghdad, mons. Warduni, condanna – attraverso l’agenzia SIR - l’attacco bomba condotto ieri contro la chiesa caldea dell’Immacolata nella parte vecchia di Mosul, che ha provocato almeno due feriti. Dalle informazioni che arrivano dal Paese del Golfo, la deflagrazione avrebbe causato lievi danni al muro esterno del luogo di culto, peraltro già attaccato nel 2004. Come ricorda l’agenzia AsiaNews, si tratta del “quinto attentato contro obiettivi cristiani in soli 11 giorni”, verificatisi a Bagdhad, Kirkuk e Mosul. Secondo Mons. Wardun, l’attacco, come quelli precedenti, è una chiara dimostrazione del fatto che in Iraq non vi sia sicurezza e mira soprattutto ad intimorire i cristiani, impegnati da sempre – ha detto – “a favore della tolleranza, del dialogo e della riconciliazione nel Paese”. Proprio questo impegno è stato rinnovato durante il digiuno di Ninive, ricorrenza celebrata dalla chiesa Caldea nei giorni scorsi. Purtroppo - ha notato il presule – “le chiese erano semivuote proprio per paura di attentati”. Tuttavia – ha aggiunto – “andiamo avanti lo stesso per il bene di tutto l’Iraq”. Mons. Warduni definisce poi “una favola” le stime del Fondo Monetario Internazionale (FMI) che vedono per il 2008-2009 una crescita del Pil iracheno di oltre il 7%. La situazione nel Paese è difficile – afferma - la popolazione non ha disponibilità economiche per comprare il cibo. Fa molto freddo e c’è carenza di carburante e l’energia elettrica è erogata solo poche ore al giorno. “In Iraq – conclude - mancano le infrastrutture. Senza di queste non ci può essere ripresa e ricchezza diffusa”. (A cura di Eugenio Bonanata)

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    Colombia: continua la mediazione della Chiesa per la liberazione di ostaggi delle FARC

    ◊   “Abbiamo preso contatti con le FARC, le Forze armate rivoluzionarie della Colombia, e vogliamo andare avanti con la massima discrezione”. Così, ieri, il presidente della Conferenza episcopale colombiana, monsignor Luis Augusto Castro, vescovo della città di Tunja, a proposito degli ultimi contatti con la guerriglia per facilitare la liberazione di 44 ostaggi da tempo nelle loro mani. Secondo quanto si è appreso, dopo la richiesta indirizzata in questo senso alla Chiesa cattolica da parte del presidente Alvaro Uribe, questi contatti preliminari, dovrebbero condurre alla gestione di una “zona di incontro”, destinata a essere la sede per negoziare un accordo umanitario. Lunedì scorso il presidente colombiano Alvaro Uribe aveva detto: “La strada che la Colombia ha aperto è quella della creazione di una zona di incontro con la mediazione della Chiesa cattolica”. Monsignor Castro, ha confermato che si lavora con la guerriglia per analizzare il progetto di una “zona di incontro” con supervisione internazionale, in cui delegati di entrambe le parti, senza la presenza di uomini armati, possano procedere verso un accordo. Il presule ha precisato inoltre che è stato chiesto alle FARC di permettere alla Croce Rossa Internazionale di accedere ai campi per verificare lo stato di salute dei sequestrati. In realtà si questa proposta del presidente Uribe si sta lavorando dai primi di dicembre e le trattative non si sono mai interrotte. La Chiesa colombiana, da moltissimi anni, in diverse circostanze ha offerto i suoi servizi per dialogare con esponenti dei due principali gruppi guerriglieri (FARC ed ELN) onde “umanizzare” il conflitto e, soprattutto, trovare uno sbocco politico che consenta al Paese di recuperare le vie della pace, del rispetto reciproco e della riconciliazione. Tra l’altro, lungo questa strada, la Chiesa ha pagato altissimi prezzi di sangue con l’uccisione di due vescovi e diversi sacerdoti. Appare chiaro che nel futuro prossimo su questa gestione in corso calerà un silenzio doveroso come ha già fatto capire mons. Castro. Lo scorso 8 gennaio il vescovo emerito di Florencia e segretario della Conferenza episcopale mons. Fabián Marulanda, ha condiviso la decisione governativa d non autorizzare nuove missioni internazionali per facilitare la liberazione degli ostaggi e ha poi aggiunto: “Occorre mettere fine ad ogni tipo di protagonismo e abbassare il volume mediatico attorno ad una vicenda così dolorosa e triste”. Mons. Marulanda, nel respingere con sdegno “lo show mediatico che a volte accompagna la terribile vicenda umana delle vittime del flagello” dei sequestri, ha ribadito che la questione fondamentale “da non perdere mai di vista è la liberazione di queste persone, poiché si tratta di un’esigenza elementare del sentimento umanitario”. (L.B.)

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    Tensione in Vietnam per i beni espropriati alla Chiesa. Lettera dell’arcivescovo di Hanoi

    ◊   Sta crescendo la tensione in Vietnam per il problema dei beni espropriati alla Chiesa. Il Governo, che sembra ignorare la questione, ha accusato l’arcivescovo di Hanoi, Joseph Ngo Quang Kiet, di sfruttare la libertà di religione per sollevare proteste contro le autorità cittadine, danneggiando i rapporti fra Vietnam e Vaticano. L’arcivescovo ha risposto con una lettera indirizzata alla vicepresidente del Comitato popolare della capitale, Ngô Thi Thanh Hang, per spiegare i motivi profondi delle pacifiche manifestazioni che ormai da settimane vedono i cattolici riuniti nella protesta. La lettera del 14 gennaio è giunta dopo che numerosi vescovi hanno espresso solidarietà all’arcivescovo della capitale e in seguito alle dichiarazioni ufficiali delle autorità pubbliche che accusano l’arcivescovo di abusare della libertà di religione per protestare contro il Governo. In questo quadro, la risposta dell’arcivescovato e della Conferenza episcopale: “da molti anni è stata richiesta la restituzione del terreno della Delegazione apostolica. Si tratta di una proprietà contestata e quindi nessuna delle due parti in causa ha il diritto di costruire o modificare lo stato del luogo prima di un giudizio ufficiale. Quest’anno, invece, il complesso della Delegazione apostolica è stato costantemente violato; l’organismo che lo gestisce provvisoriamente ha fatto costruire un ristorante di due piani. Chi ha autorizzato la costruzione, ha commesso un errore. Se non c’è stata l’autorizzazione, il fatto è ancora più grave”. “Restare in silenzio di fronte alle violazioni compiute dall’organismo incaricato di gestire la Delegazione apostolica e attribuire la responsabilità ai cattolici è dare prova di un estremo spirito partigiano”. “Il problema di fondo – ha concluso l’arcivescovo - è la giustizia. Non desideriamo altro che l’imparzialità del governo, perché la popolazione ritrovi la calma e viva in pace e felicemente”. (C.C.)

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    La preoccupazione della Chiesa pakistana per le violenze che continuano a colpire il Paese

    ◊   La Chiesa pakistana esprime preoccupazione per la crescente insicurezza nel Paese, colpito da numerosi attentati, e chiede all’esercito di evitare l’uso della forza. In questo senso si è espresso il vicario generale dell’arcidiocesi di Karachi, mons. Arthur Charles, per il quale gli attentati in Pakistan non sono il risultato di un coinvolgimento di “forze esterne”, ma l’esito della frustrazione della popolazione locale, “gente comune disperata – ha affermato - che non ha nulla per cui vivere”. L’11 gennaio scorso, la Commissione Giustizia e Pace aveva condannato gli ultimi atti di violenza verificatisi nel Paese ed aveva espresso vicinanza alle famiglie delle vittime. “È triste constatare – annotava l’arcivescovo di Lahore e presidente della Commissione, mons. Lawrence John Saldanha – che poliziotti e militari sono divenuti bersaglio di numerosi attacchi kamikaze, mentre la sicurezza dei cittadini ed il controllo della criminalità dipende proprio da loro”. Per questo, la Chiesa pakistana chiede al governo di rivedere con urgenza le strategie in materia di sicurezza. Infine, la Commissione Giustizia e Pace si appella alle forze di polizia perché non usino la forza nelle aree colpite dagli attentati, ribadendo che il Pakistan “dovrebbe tornare alla democrazia prima possibile ed il governo dovrebbe rivedere la propria politica interna ed estera affinché la difesa dei diritti umani sia una priorità”. (I. P.)

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    Gli interventi della Caritas Italiana nei Paesi sconvolti dallo tsunami

    ◊   Il 26 dicembre del 2004 lo tsunami ha colpito 8 paesi affacciati sull'Oceano Indiano: Indonesia, Sri Lanka, India, Thailandia, Myanmar, Maldive, Somalia e Kenya. La Caritas Italiana da allora è rimasta accanto alle Chiese e alle popolazioni colpite. Oltre a contribuire all’impegno complessivo della rete Caritas nei Paesi più danneggiati - che è stato di circa 313 milioni di euro - Caritas Italiana è intervenuta direttamente anche nella Repubblica Islamica delle Maldive, in Somalia e in Myanmar, non raggiunti dalla rete internazionale. Dopo la fase dell’emergenza, l’azione di Caritas Italiana si è concentrata sull’aiuto delle categorie vulnerabili, la ripresa socio-economica e il rafforzamento delle Caritas locali. In particolare in Indonesia, alle attività di ricostruzione, si sono accompagnati diversi programmi, soprattutto nelle diocesi di Medan e Sibolga: realizzazione di una radio comunitaria per l’educazione e la promozione dei diritti umani; un progetto di prevenzione e lotta alla malnutrizione; attività per produrre reddito anche in favore di categorie vulnerabili. In Thailandia si è sostenuta la diocesi di Suratthani negli interventi sociali e d’emergenza; un progetto di microcredito; campi di profughi birmani; avvio di un programma di riabilitazione socio-sanitaria. Nelle Maldive sono stati supportati quattro ospedali locali, attraverso la fornitura di attrezzature sanitarie e personale medico. In Myanmar si è operato in vari settori: capacity building della Caritas locale, sviluppo rurale e socio-economico, sanità, approvvigionamento idrico, prevenzione della diffusione dell’Aids. In Somalia, infine, con la Caritas locale, sono stati erogati aiuti d’urgenza e si è sostenuto un dispensario a Baidoa. (C.C.)

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    La moratoria sull'aborto è una logica conseguenza dopo quella sulla pena capitale. Così suor Nirmala, superiora generale delle Missionarie della Carità

    ◊   “Nessuno ha il diritto di togliere la vita”. Con queste parole della Beata Madre Teresa di Calcutta, la superiora generale delle Missionarie della Carità, suor Nirmala Joshi, ribadisce l’impegno della congregazione, fondata dalla suora albanese, a sostegno della vita fin dal concepimento. Suor Nirmala ritiene poi che l’idea di una moratoria mondiale contro l’aborto sia una logica conseguenza di quella recentemente raggiunta sulla pena capitale. “La cultura della vita – sottolinea la superiora all’agenzia AsiaNews – promuove l’amore, la bellezza, la gioia e la pace”. “La cultura della morte, invece, distrugge la vita e semina odio, discordia e infelicità”. A noi – prosegue suor Nirmala – spetta una scelta. E quella per la protezione della vita, fin dal concepimento, è stata una delle principali battaglie di madre Teresa di Calcutta: “L’unico che ha il diritto di togliere la vita – aveva detto durante la Conferenza ONU su popolazione e sviluppo tenutasi nel 1994 al Cairo – è quell’Unico che l’ha creata”. Per madre Teresa – ricorda inoltre suor Nirmala – l’aborto è “il peggiore dei mali e il maggiore distruttore della pace”: “se accettiamo che una madre possa uccidere persino il proprio figlio - chiedeva la suora albanese - come possiamo dire alle altre persone di non uccidere i propri simili?” A questa domanda le Missionarie della Carità cercano di dare risposte concrete per arginare il fenomeno dell’interruzione di gravidanza. In India, in particolare, gestiscono case di accoglienza per mamme non sposate o in difficoltà e sostengono programmi di adozione internazionale. (A.L.)

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    La speranza fissa la vita nell’eternità: così il cardinale Bertone ai sacerdoti genovesi

    ◊   Il segretario di Stato vaticano, cardinale Tarcisio Bertone, si è soffermato ieri sull’enciclica "Spe Salvi" concentrandosi sull’intreccio tra fede e speranza: il porporato, rivolgendosi ai sacerdoti di Genova per sviluppare il tema “Dio e l’uomo speranza del mondo”, ha detto che “ogni azione di questa vita si fissa nell’eternità”. Il cardinale ha anche sottolineato che la speranza cristiana, definita “l’attesa di una prospettiva possibile”, è “sicurezza che indica la strada della salvezza”, “virtù che apre al trascendente”. “Tutti gli uomini e le donne – ha aggiunto – non possono vivere senza sperare”. E la speranza del Risorto – ha spiegato il porporato - è la certezza del “compimento di qualcosa che è già iniziato”, una delle “forme basilari dell’esistenza umana”. Il cardinale Angelo Bagnasco, arcivescovo del capoluogo ligure e presidente della CEI, ha dato il benvenuto al segretario di Stato e lo ha ringraziato per la scelta del tema, "quanto mai opportuno nel tempo attuale", in un mondo bisognoso di riscoprire il senso ultimo dell’esistenza e “una luce che ci faccia guardare al futuro”. "Questa luce e la speranza cristiana – ha osservato il cardinale Tarcisio Bertone, che ha guidato l’arcidiocesi ligure dal 2003 al 2006 – possono essere trovate in numerosi piccoli segni anche nella vita quotidiana, anche in mezzo alle delusioni dalle quali la vita di un sacerdote non è esente. I cristiani sono quindi chiamati a costruire il futuro nella consapevolezza che “Dio è il nostro tutto”: come ci insegna Benedetto XVI nell’enciclica "Spe Salvi" – ha concluso il segretario di Stato – dobbiamo “attendere nella consapevolezza che la giustizia di Dio saprà portare luce dove ora sembra essere assente”. (A.L.)

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    Il cardinale Caffarra invita ebrei e cristiani a pregare insieme Dio per evitare di cadere in una “solitudine senza rimedio”

    ◊   “Custodire la santità del nome di Dio è forse il più grande servizio che Israele e la Chiesa possono fare all’umanità di oggi in Occidente, perché essa non smarrisca se stessa nel deserto del nulla”. Con queste parole l’arcivescovo di Bologna, card. Carlo Caffarra, ha commentato ieri sera a Bologna il comandamento biblico “Non pronunzierai il nome del Signore Dio tuo invano”, filo conduttore della giornata per il dialogo tra cattolici ed ebrei. L’arcivescovo – riferisce l’agenzia Sir - ha invocato la preghiera comune, di ebrei e cristiani, perché Dio stesso “impedisca che la sua vera identità sia oscurata dalla nostra capacità di deformare” il suo nome. Dal canto suo il rabbino capo della locale comunità ebraica, Alberto Sermoneta, ha affermato che “non vi è un rapporto tra uomo e Dio se non c’è tra uomo e uomo; non può esserci rispetto nei confronti di Dio se non c’è verso il prossimo”. Il rabbino ha inoltre sottolineato che “solo mantenendo fede ai comandamenti si può creare un legame tra l’uomo, Dio e il prossimo”. Un legame che rende possibile il dialogo, ma richiede il rispetto come requisito fondamentale. “Dialogare significa rispettare l’opinione di ogni essere umano, anche se difforme dalla nostra, perché egli è creato a immagine e somiglianza di Dio. Non c’è dialogo – ha concluso - se non c’è disponibilità ad ascoltare”. (E. B.)

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    Il dispiacere di luterani e ortodossi per le dimissioni del cardinale Lehmann dalla presidenza della Conferenza episcopale tedesca

    ◊   Il cardinale Karl Lehmann, presidente dimissionario della Conferenza episcopale tedesca, lascerà un vuoto dietro di sé, secondo il giudizio di luterani e ortodossi, visto il suo operato per la Chiesa cattolica e per l’intero Paese. Il capo della Chiesa evangelica tedesca, Wolfgang Huber, ha definito il porporato “un grande dono”. Nella sua lettera indirizzata al cardinale Lehmann, Huber esprime tutto il suo “dispiacere”, anche se ne comprende “le serie motivazioni”. Si legge inoltre: “il lavoro del cardinale in ambito ecumenico ha rafforzato l’appartenenza e la collaborazione dei cristiani nelle Chiese. Lo spirito ecumenico da lui rappresentato deve continuare ad essere determinante”. Dello stesso avviso il metropolita greco-ortodosso della Germania e presidente della Commissione della Chiesa ortodossa (KOKID), Augoustinos che ha definito il cardinale Lehmann “promotore impegnato e di rilievo dell’ecumenismo, partner affidabile e amico sincero dell’ortodossia”. Siamo lieti che rimanga come vescovo di Magonza perchè avremo bisogno della sua esperienza e del suo consiglio”, conclude il metropolita. Il presidente del Comitato centrale dei cattolici tedeschi (ZDK), Hans Joachim Meyer, infine, ha ringraziato il cardinale per “la sua collaborazione improntata alla fiducia reciproca, la sua fedeltà ai principi e la disponibilità ad ascoltare”. (C.C.)

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    Celebrazioni del 75.mo anniversario delle apparizioni della Madonna a Banneux

    ◊   Il 15 gennaio scorso si sono aperte le celebrazioni del 75.mo anniversario delle apparizioni della Vergine a Banneux, villaggio a 25 chilometri da Liegi, in Belgio. Qui la Madonna per la prima volta apparve proprio il 15 gennaio del 1933 nel giardino di una modesta famiglia di operai, i Beco, e la prima persona che ebbe l’apparizione della “Vergine dei Poveri” fu la piccola Mariette, di 11 anni. La Madonna successivamente apparve altre sette volte nella casa della famiglia Beco e in una di esse si fece dedicare una sorgente d’acqua, “la Fange”. Le apparizioni furono riconosciute ufficialmente nel 1949 dall'allora vescovo di Liegi, mons. Louis-Joseph Kerkhofs, e da quel giorno il piccolo villaggio di Banneux, fino allora sconosciuto, divenne meta di pellegrinaggi di centinaia di fedeli che desideravano vedere il luogo dell’apparizione della Vergine. Per il 75.mo anniversario il vescovo di Liegi, mons. Aloys Jousten, ha inviato una lettera alla diocesi che è stata letta nelle celebrazioni domenicali del 12 e 13 gennaio. "A Banneux - scrive il vescovo - la Vergine dei Poveri fa scoprire che c'è una beatitudine dei poveri e invita i cristiani della diocesi di Liegi ad essere una Chiesa fraterna dove ciascuno è riconosciuto e valorizzato e può godere della gioia di Dio, lavorando per il benessere dei poveri". (C.C.)

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    Incontro dei sacerdoti dell’OCSHA a Cuba

    ◊   Si è celebrato in questi giorni a L’Avana l'incontro di tutti i sacerdoti appartenenti all'OCSHA (Opera di Cooperazione sacerdotale Ispanico-Americana), che svolgono il loro lavoro pastorale in America. All’iniziativa hanno partecipato più cento sacerdoti, in rappresentanza dei circa 400 che al momento sono impegnati in America Latina e negli Stati Uniti. L’incontro ha avuto inizio nel pomeriggio di lunedì 14 gennaio con la celebrazione della Santa Messa. Martedì 15 gennaio il cardinale Jaime Ortega Alamino, arcivescovo de L’Avana, ha portato il suo saluto ai partecipanti. Sono quindi intervenuti mons. Emilio Aranguren, vescovo di Holguín e Las Tunas, che ha presentato la situazione della Chiesa a Cuba, e mons. Ramón del Hoyo, che ha presentato la situazione della Chiesa in Spagna. Nel pomeriggio c’è stato uno scambio di esperienze sulla realtà socio-religiosa dei paesi rappresentati, al fine di condividere i rispettivi punti di vista sulle sfide missionarie presenti in ciascuno di essi e di individuare l’apporto specifico che i sacerdoti dell’OCSHA possono fornire. L'incontro è terminato con la presentazione della relazione dell’OCSHA e le conclusioni. L’OCSHA è sorta nel 1949 su iniziativa della Commissione episcopale delle Missioni con lo scopo di offrire aiuto all’America Latina. In oltre 50 anni di vita, l’OCSHA ha inviato in America più di 2.300 sacerdoti spagnoli. Attualmente, circa 400 sacerdoti degli 800 che lavorano in questo continente, appartengono all’organismo. (C.C.)

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    L’Orionino don Gaetano Piccinini riceverà il riconoscimento di “Giusto fra le Nazioni” per aver salvato numerosi ebrei durante la seconda guerra mondiale

    ◊   Ieri in occasione della “Giornata dell’ebraismo”, dedicata dalla Chiesa al dialogo con gli ebrei, il Superiore generale dell’Opera Don Orione, don Flavio Peloso, si è recato all’ambasciata di Israele presso la Santa Sede per firmare il documento in vista del riconoscimento al religioso Orionino don Gaetano Piccinini del titolo di “Giusto fra le Nazioni”. A ricevere il superiore generale, il console d’Israele che ha espresso parole di riconoscenza per quanto fatto da don Piccinini e dalla Congregazione per la salvezza di Ebrei durante la persecuzione degli anni 1930/40. Don Gaetano Piccinini aveva già ricevuto un riconoscimento nel 1994 dalla Comunità ebraica di Roma e dal Benè Berith per aver salvato ebrei romani dalle atrocità nazifasciste, mettendo a rischio la propria vita. In onore di don Piccinini, il 22 ottobre 1994, venne anche dato il diploma di un albero piantato a Gerusalemme. Don Gaetano Piccinini, ordinato sacerdote nel 1927, nel periodo delle leggi razziali (1938) era direttore dell’Istituto di Novi Ligure, in provincia Alessandria, e contemporaneamente preside del Pontificio Istituto scolastico “San Filippo Neri” nel quartiere Appio a Roma. E fu soprattutto nella capitale italiana che operò durante la seconda guerra mondiale, dove si prodigò per soccorrere orfani, ragazzi mutilati e tanti ebrei. Mantenne in particolare rapporti di amicizia con le persone salvate, particolarmente con Bruno Camerini, che ha avanzato richiesta per l’alto riconoscimento israeliano. (E. B.)

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    24 Ore nel Mondo



    Medio Oriente: si teme un'emergenza umanitaria nella Striscia di Gaza dopo la chiusura dei valichi decisa da Israele

    ◊   Nuova fiammata di violenza in Medio Oriente. Nella Striscia di Gaza continuano i raid israeliani ed il lancio di razzi Qassam verso lo Stato ebraico. Una situazione che rischia di degenerare sempre di più per la decisione di Israele di chiudere i valichi. Si teme un’emergenza umanitaria. Il servizio di Benedetta Capelli:


    Il premier israeliano Ehud Olmert è stato chiaro ieri, parlando a Tel Aviv: ha detto che la guerra continuerà fino a quando non cesseranno i lanci di razzi contro lo Stato ebraico. Si riaccendono così i toni mentre a livello diplomatico continua il dialogo tra le parti che ad Annapolis, negli Stati Uniti, avevano trovato un’intesa di massima per un accordo di pace tra israeliani e palestinesi. C’è da capire allora quanto le perdite sul terreno condizioneranno il dialogo appena ripreso. Anche oggi si registrano tre vittime palestinesi, dopo le sette di ieri, in un raid aereo israeliano sulla zona di Jabalya. L’operazione è scattata in risposta al continuo lancio di razzi Qassam sulla città di Sderot che hanno provocato notevoli danni. Ieri sera Olmert ha compiuto un sopralluogo sulla zona ed ha promesso agli abitanti del luogo aiuti materiali. Il ministro della Difesa Barak ha ordinato la chiusura di tutti i valichi fra Israele e Gaza, una misura che resterà in vigore alcuni giorni sia per quanto riguarda il traffico di merci che il transito di persone. Nella zona vivono oltre un milione di abitanti in condizioni di assoluta miseria. Il provvedimento ha fatto subito allarmare le organizzazioni umanitarie che temono l’isolamento della Striscia di Gaza. Per l’agenzia delle Nazioni Unite di sostegno ai profughi palestinesi, già la situazione era difficile prima di questa nuova misura che non può far altro che complicare le cose. Un portavoce dell’agenzia si è detto meravigliato del provvedimento proprio mentre si tenta il rilancio del dialogo. “La chiusura dei valichi - ha precisato - non è certo nell’interesse della pace”.

    Libano- presidenziali
    Febbrile attività diplomatica del segretario generale della Lega Araba, Amr Mussa, giunto in Libano per tentare di risolvere la crisi istituzionale nel Paese, senza presidente dalla fine di novembre. Dopo aver avuto incontro oggi con il presidente del parlamento, Nabih Berri, e il premier Fuad Siniora, è atteso nelle prossime ore in Siria. Sarebbe Damasco a non volere un’intesa per la scelta del nuovo capo dello Stato.

    Italia-politica
    Il premier Prodi è atteso oggi pomeriggio al ministero della Giustizia dopo aver assunto l’incarico di guardasigilli per le dimissioni di Mastella, coinvolto in un’inchiesta giudiziaria. Questa mattina ha incontrato i sottosegretari alla Giustizia, a loro ha detto di voler restare per “breve tempo”, ma ha anche parlato della necessità di accelerare i tempi dei processi. Intanto, la vicenda Mastella sarà affrontata dal plenum del Consiglio Superiore della Magistratura, presieduto dal capo dello Stato Napolitano, il prossimo 7 febbraio. Domani in procura a Santa Maria Capua Vetere è previsto l’interrogatorio della moglie di Mastella, Sandra Lonardo, agli arresti domiciliari con l’accusa di tentata concussione.

    Italia-morti bianche
    In Italia ancora vittime sul lavoro. Nel porto di Marghera, due addetti alle pulizie sono morti ieri sera per asfissia all’interno della stiva di una nave che era satura di anidride carbonica. Un terzo operaio è riuscito a salvarsi. La magistratura veneziana ha aperto un’inchiesta: l’ipotesi di reato è omicidio colposo. Secondo alcune testimonianze, la bombola d’ossigeno in dotazione era vuota. I sindacati hanno proclamato uno sciopero immediato in tutti i porti italiani per 24 ore in segno di protesta per le condizioni di sicurezza in cui si trovano a lavorare. Mobilitazione anche per i metalmeccanici che protestano per il mancato rinnovo del contratto. Le tute blu hanno bloccato la Bologna-Taranto e la statale sorrentina.

    Iraq-Pakistan
    Giornata di violenza ieri sia in Pakistan che in Iraq in occasione delle cerimonie dell’Ashura, ricorrenza nella quale i musulmani di rito sciita commemorano il martirio dell’imam Hussein avvenuto nell’anno 680. Due gli attentati kamikaze che hanno provocato la morte di circa 20 persone.

    Russia-Iran
    La Russia ha consegnato all’Iran il terzo carico di uranio all’impianto nucleare di Bushehr, nel sud del Paese. Sono in programma altre cinque consegne per un totale di 82 tonnellate di combustibile nucleare, necessarie per far entrare in funzione l’impianto la prossima estate. Intanto restano forti i dubbi della comunità internazionale sul programma atomico iraniano, in particolare Israele ha mostrato riserve per il timore che l’uranio russo possa essere impiegato per scopi militari.
     
    Russia-Bulgaria-Kosovo
    In visita a Sofia, il presidente russo Putin è tornato sulla questione del Kosovo sostenendo che una dichiarazione unilaterale di indipendenza della provincia serba a maggioranza albanese sarebbe “un atto immorale e illegale che la Russia non potrà mai appoggiare”. Intanto Bulgaria e Russia hanno siglato un’intesa per la partecipazione di Sofia al progetto russo-italiano del gasdotto South Stream avviato da Gazprom con l’ENI. Entrambi i Paesi si divideranno il 50 per cento del tratto bulgaro del gasdotto. Con quest’accordo la quantità di gas russo in transito in Bulgaria aumenterà di 30 miliardi di metri cubi contro i 17 miliardi annui attuali.

    Kenya-proteste
    In Kenya non accenna a diminuire la tensione. Un uomo è morto a Mombasa durante gli scontri con la polizia nel corso di una manifestazione dell’opposizione. Disordini anche a Kimusu, dove le forze dell’ordine hanno usato gas lacrimogeni contro la folla, nell’ultimo giorno di protesta dei tre decretati dalla formazione di Odinga che contesta l’affermazione di Kibaki nelle elezioni di dicembre. L’opposizione ha in programma nuove iniziative come piccoli scioperi o il boicottaggio delle imprese vicine al governo. Intanto la polizia keniana ha arrestato due stranieri -un tedesco e un olandese- che hanno detto di essere giornalisti. Secondo le autorità di Nairobi, sarebbero invece dei terroristi.

    Yemen-attentato
    In un attacco condotto da uomini armati nella provincia di Hadramaut, nel sud dello Yemen, due turiste belghe sono state uccise. Nell’agguato ha perso la vita anche uno yemenita mentre un altro turista belga e altri due yemeniti sono rimasti feriti.

    USA-primarie
    Sarebbero 5 i punti di vantaggio che la democratica Hillary Clinton avrebbe sul suo rivale Barak Obama in Nevada. Lo rivela un sondaggio alla vigilia delle primarie nello Stato. Tra i repubblicani che votano, sempre domani, in South Carolina il senatore dell'Arizona John McCain mantiene un vantaggio di 7 punti sull’ex governatore dell'Arkansas Mike Huckabee.

    Colombia
    Difficoltà per 8 mila persone costrette ad abbandonare le loro case per la ripresa attività del vulcano Galeras, nel sud della Colombia. Il vulcano si trova alla frontiera ecuadoriana, nella cordigliera delle Ande. Le ultime due eruzioni risalgono al 1992 e al 1993. Al momento non si segnalano né feriti né danni.
     
    Scacchi-scompare Bobby Fisher
    Lutto nel mondo degli scacchi. E’ morto in Islanda all’età di 64 anni Bobby Fisher, il primo campione del mondo americano nel 1972, quando sconfisse in uno storico incontro, trasmesso da tutti i media del mondo, il russo Boris Spassky. Proprio l’Islanda era diventata la sua seconda casa dopo essere stato arrestato in Giappone per aver utilizzato il passaporto statunitense, revocato nel 2003. Bobby Fisher aver sfidato le sanzioni internazionali giocando con il rivale Spassky in Jugoslavia. Nel 2005, il parlamento islandese gli aveva concesso la cittadinanza per “ragioni umanitarie” perché, secondo l’Assemblea, era stato sottoposto a trattamenti ingiusti da parte dei governi giapponese e statunitense.(Panoramica internazionale a cura di Benedetta Capelli)


     Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LII no. 18

     

     E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sulla home page del sito www.radiovaticana.va/italiano.

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