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Sommario del 14/01/2008

Il Papa e la Santa Sede

  • Dal Papa per la visita "ad Limina" i vescovi latini delle regioni arabe. Intervista con il patriarca di Gerusalemme, Michel Sabbah
  • Altre udienze
  • Benedetto XVI atteso a “La Sapienza”, dove giovedì inaugurerà l’Anno Accademico. Alcune minoranze annunciano contestazioni: il commento del prof. Dallapiccola e di una studentessa dell’ateneo
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • Ripresi a Gerusalemme i negoziati israelo-palestinesi
  • Diplomazia al lavoro per risolvere il caso di don Sandro De Petris, missionario italiano in carcere a Gibuti da oltre due mesi
  • Tre biblisti presentano a Roma un volume dal titolo "L'omosessualità nella Bibbia"
  • La Tosca inaugura la stagione lirica del Teatro dell'Opera di Roma nel 150.mo anniversario della nascita di Puccini
  • Chiesa e Società

  • Kenya: cattolici e rappresentanti di altre religioni invitano maggioranza e opposizione al dialogo
  • Libano: il cardinale Sfeir torna ad esortare i libanesi ad assumere in prima persona la responsabilità del proprio futuro
  • India: anche il difensore dei diritti umani Lenin Raghavarshi, comunista ed ateo, sostiene la moratoria contro l'aborto
  • Le suore cattoliche dell’India progettano un Centro di ricerca teologica
  • Sri Lanka: i cattolici festeggiano il beato Joseph Vaz, apostolo dell'isola, a 300 anni dalla sua morte
  • Thailandia: impressiona il mondo buddista la spiritualità della Messa da Requiem presieduta dal cardinale Kitbunchu per la principessa Galyani Vadhana
  • Discriminazioni in Vietnam contro le minoranze religiose dei montagnard
  • Missione cattolica nel villaggio filippino di Mangal sconvolto dagli scontri fra tribù musulmane
  • In Francia comunicato dei cappellani delle carceri contro norme più restrittive sullo ‘sconto della pena’
  • Terra Santa: la Custodia francescana ha inaugurato a Gerusalemme un nuovo centro multimediale
  • Celebrazioni a Taiwan per l'Anno Paolino e l'inizio dell'evangelizzazione dell'isola
  • Il VII Symposium Laurentiani sull’evangelizzazione in preparazione dell’Anno Paolino
  • Presentazione alla Lateranense del saggio di Karol Wojtyla sul Concilio Vaticano II
  • Anche giovani pellegrini militari nella GMG 2008
  • Deceduto questa mattina in seguito ad un malore l'ing. Giò Maria Poles, direttore generale dell'Ufficio del Lavoro della Sede Apostolica
  • 24 Ore nel Mondo

  • Bush e Sarkozy in Medio Oriente
  • Il Papa e la Santa Sede



    Dal Papa per la visita "ad Limina" i vescovi latini delle regioni arabe. Intervista con il patriarca di Gerusalemme, Michel Sabbah

    ◊   I vescovi latini delle regioni arabe, appartenenti all’omonima Conferenza (CELRA), sono da oggi a sabato prossimo in visita ad Limina in Vaticano. Benedetto XVI ne ha ricevuti questa mattina un primo gruppo, guidato dal Patriarca di Gerusalemme dei latini, mons. Michel Sabbah. Si tratta di pastori che operano in terre dove i cristiani che vi risiedono - raccolti in comunità poco consistenti specie se raffrontate a quelle musulmane - devono confrontarsi ogni giorno con realtà difficili, fatte di annosi conflitti e gravi crisi umanitarie. Ma anche dove il cristianesimo conserva le radici più sacre e antiche del suo messaggio di speranza. Con la sua scheda, Alessandro De Carolis fa il punto sulla realtà ecclesiale di questa composita area del pianeta:


    Israele e Palestina, Iraq e Arabia, Somalia e Corno d’Africa: come dire, le terre dove affondano le radici della religiosità mondiale e le terre da dove emergono le tensioni più delicate dell’attuale scacchiere geopolitico. Terre “sante” della storia e terre insanguinate della cronaca, dove la Chiesa è nata, vive in minoranza, si confronta con la preponderanza dell’islam. Queste Chiese sono ora da Benedetto XVI con il loro carico di esperienze pastorali, di difficoltà ambientali, di attese per un presente e un futuro che il Papa, come nel recente discorso al Corpo diplomatico, dimostra di mantenere sempre in grande considerazione. La diocesi della Conferenza dei vescovi latini delle Regioni arabe (CELRA) che vanta la presenza cattolica più consistente è quella del Patriarcato latino di Gerusalemme, che comprende Israele, Palestina, Giordania e Cipro. Presenza “consistente” si traduce, in particolare tra Israele e Palestina, in una comunità di circa 170 mila persone, in prevalenza di origine palestinese, cui vanno aggiunti stranieri residenti, religiosi e laici e qualche cristiano di origine ebraica. All’interno del Patriarcato latino di Gerusalemme - caso unico fra tutte le chiese cattoliche di Terra Santa - è presente anche un antico Seminario, che non ha mai mancato di vocazioni dal 1848, anno della fondazione. Le parrocchie sono 60, con 90 sacerdoti fra vescovi, patriarchi e religiosi, e un’età media di 50 anni, che parla di un clero giovane chiamato ad affrontare la cura di una comunità cristiana in perenne sgretolamento a causa dell’instabilità cronica dell’area.

     
    E “santa” - anché perché Cristo vi si recò in predicazione - è anche la terra libanese, nella quale la comunità latina locale si affianca alle altre sei Chiese cattoliche di cui si compone l’articolato mosaico delle “minoranze” religiose presenti in Libano - maroniti, greco-melchiti cattolici, armeni cattolici, siro-cattolici e caldei - con un milione 800 mila cattolici totali, 18 mila dei quali appartenenti al Vicariato di Beirut. Il vicariato di Aleppo, in Siria, conta invece 12 mila cattolici divisi in 10 parrocchie, anche se la comunità cattolica locale, oltre ai latini, comprende le altre minoranze presenti anche in Libano. Da rilevare, in Siria, la crescente presenza di rifugiati cristiani iracheni, molti dei quali caldei, in fuga dal conflitto che ha devastato il loro Paese dal 2003. A Baghdad, l’arcidiocesi fa i conti con un esodo inarrestabile: nel 2004, i battezzati erano duemila, ma oggi la presenza cristiana è realmente a rischio di estinzione.

     
    Ad Abu Dhabi, in Kuwait, risiede inivece il Vicariato di Arabia, che ha giurisdizione su tutti i cattolici residenti nella penisola arabica. Oltre all’Arabia Saudita, il Vicariato, retto dai Frati Cappuccini, comprende gli Emirati Arabi Uniti, il Qatar, il Bahrain, l’Oman e lo Yemen. Qui, sia pure come piccola minoranza, i cattolici - quasi esclusivamente lavoratori immigrati di varie nazionalità - sono numericamente cresciuti in modo significativo. Nel 2004, il Vicariato contava oltre un milione e trecentomila fedeli, suddivisi in venti parrocchie curate da appena quarantacinque sacerdoti tra regolari e secolari.

     
    Passando in Africa, antico è anche il Vicariato apostolico che ha sede ad Alessandria in Egitto, in un territorio nel quale i cattolici dei vari riti sono in tutto 214 mila. La comunità di rito latino, in particolare, conta attualmente 30 mila fedeli, distribuiti in 17 parrocchie. Ma oltre all’egitto, la CELRA comprende anche Somalia e Gibuti. La diocesi di Mogadiscio comprende la capitale somala e conta una sola parrocchia. I cattolici sono un centinaio pari allo 0,001% degli abitanti, mentre la diocesi di Gibuti ne conta settemila, lo 0,9% della popolazione totale.

    Sulle priorità pastorali del Patriarcato latino di Gerusalemme, Jamal Ward, della redazione araba della nostra emittente, ha sentito il patriarca Michel Sabbah:


    R. - La nostra priorità consiste molto semplicemente nella catechesi, poiché si tratta di rendere cristiani i cristiani, e non soltanto di nome, ma cristiani che accettino il loro cristianesimo in un mondo che non è cristiano. Il mondo in generale non è cristiano ed ancor di più il nostro mondo. I Paesi in cui viviamo sono Paesi arabi, Paesi musulmani e il numero dei cristiani è molto ridotto. Si tratta, quindi, per il cristiano di accettare il suo cristianesimo e soprattutto di viverlo. Non si tratta soltanto di accettare il cristianesimo, ma è fondamentale viverlo. Si tratta, anzitutto, di una questione di catechesi che si presenta a tutti noi. E’ necessario comprendere come si può essere cristiani, come si può vivere il cristianesimo in una società non cristiana e, quindi, come essere testimoni di Gesù in una società non cristiana. Alla questione della catechesi è legata direttamente la questione delle migrazioni. La migrazione non ha soltanto un significato di ricerca, la ricerca cioè di una migliore condizione di vita, ma ha anzitutto un significato di accettazione o meno della propria vocazione come cristiano, della propria vocazione di fede nella società nella quale Dio ci vuole.

     
    D. - Come vive la Chiesa locale?

     
    R. – Ci sono tante Chiese locali ed alcune di queste Chiese – soprattutto in Africa, nel Corno d’Africa - sono state fondate in tempi lontani da religiosi, francescani e cappuccini in modo particolare, che sono stati i primi proprio in questi Paesi a curare i rari cristiani che si trovavano qui. In Medio Oriente i cristiani sono stati sempre presenti e non sono arrivati successivamente. Sono i nostri Paesi che si sono trasformati, nella storia, da Paesi cristiani a Paesi musulmani, sia nella cultura che nella religione. Tocca a noi ora, nuovamente, prendere coscienza della nostra missione in questi Paesi. La nostra vocazione è di essere cristiani in questi Paesi e di testimoniare Gesù a chiunque viva in questi Paesi, sia che creda in Lui sia che non creda in Lui. E’ nostro dovere testimoniare Gesù. Adesso i fedeli in tutti questi Paesi (e mi riferisco al Corno d’Africa e alla penisola araba) sono stranieri, sono operai che vengono per lavorare. Ci sono anche cristiani arabi, ma la maggioranza sono europei, filippini o provenienti dall’India. In Medio Oriente (compreso in Egitto, in Iraq, in Libano e in Siria), i latini sono locali sia perché c’era una presenza di persone che veniva e si stabiliva in questi Luoghi Santi sia perché dopo le Crociate, alcuni crociati hanno deciso di rimanere. Ma in tutti i Paesi la presenza latina è, comunque, molto ridotta come numero. E’ molto sviluppata, però, nelle istituzioni, nelle scuole, negli ospedali, nelle opere sociali. Si tratta di una presenza ridotta sì nel numero, ma molto efficiente, molto presente, che fornisce diversi servizi alla società, sia essa cristiana o non cristiana.

     
    D. - Quale oggi la situazione delle vocazioni sacerdotali e religiose?

     
    R. - Grazie a Dio per quanto riguarda le vocazioni del clero diocesano in Terra Santa, come ho detto precedente, ne abbiamo abbastanza e questo grazie alle nostre scuole parrocchiali. Ogni parrocchia ha una sua scuola, che segue tutti i programmi ufficiali, che fa sostenere ai propri allievi gli esami ufficiali, che si trova sotto la supervisione del Ministero dell’educazione. Il parroco rimane sempre e comunque responsabile, sia con la carica di direttore sia in qualità di responsabile. Questo ci permette quindi di dare una educazione cristiana ai nostri cristiani. Ci preoccupiamo sempre di avere anche professori musulmani per i nostri allievi musulmani, perché, secondo la legge, ogni studente deve poter essere educato secondo la propria religione. E grazie a questa educazione scolastica riusciamo anche ad educare, coltivare e formare al sacerdozio e alla vita consacrata.

     
    D. - Qual è, invece, il ruolo dei laici?

     
    R. - Abbiamo tenuto il Sinodo di tutte le Chiese cattoliche dal 1993 fino al 2000. In questo tempo è emerso un gran numero di laici che si sentono veramente responsabili e che vogliono portare ed assumere le proprie responsabilità all’interno della Chiesa. Sono migliaia i laici che lavorano e che sono impegnati nelle nostre opere e nelle nostre strutture - ospedali, scuole, opere sociali - e che hanno il senso della missione nel loro lavoro. Dopo il Sinodo è stato creato un Comitato composto da laici e da sacerdoti. Si tratta di un comitato di 72 persone che rappresenta tutte le Chiese cattoliche di Terra Santa. E’ anzitutto un organo di riflessione e di pianificazione per tutte le nostre Chiese, che si incontra una volta l’anno per definire e mettere a punto il piano pastorale per tutte le chiese cattoliche insieme. Quest’anno il tema del piano pastorale è quello della famiglia. I laici cominciano, dunque, ad avere il loro ruolo e la loro azione nella Chiesa e nei campi ecclesiastici e noi stessi li inviamo affinché siano presenti come cristiani e possano agire con il potere della loro vita cristiana e spirituale.

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    Altre udienze

    ◊   Benedetto XVI ha ricevuto questa mattina anche il cardinale Angelo Bagnasco, arcivescovo di Genova e presidente della Conferenza episcopale italiana;  il cardinale André Vingt-Trois, arcivescovo di Parigi e presidente della Conferenza dei vescovi di Francia con i vice-presidenti della medesima Conferenza: mons. Hippolyte Simon, arcivescovo di Clermont, mons. Laurent Ulrich, arcivescovo di Chambéry, e con il segretario generale, padre Antoine Herouard.

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    Benedetto XVI atteso a “La Sapienza”, dove giovedì inaugurerà l’Anno Accademico. Alcune minoranze annunciano contestazioni: il commento del prof. Dallapiccola e di una studentessa dell’ateneo

    ◊   Avrà per cornice l’università “La Sapienza” la prima visita di Benedetto XVI nel 2008 fuori dal Vaticano. Nell’ateneo romano, nella mattinata di giovedì prossimo, il Papa parteciperà all’inaugurazione dell’Anno accademico. La comunità universitaria attende con interesse l’incontro con Benedetto XVI. Tuttavia, non manca qualche contestazione e iniziative di tono censorio. “Benedetto XVI non deve parlare all'università La Sapienza”: questo il “tollerante appello” firmato da 67 docenti dall’ateneo di Roma, che, peraltro proprio da un Papa è stata fondata, Bonifacio VIII nel 1303. I firmatari dell’appello hanno scritto al rettore Renato Guarini, definendo “sconcertante” l’invito del Pontefice. E, intanto, gruppi di studenti annunciano sit-in anti-Papa nella città universitaria. Su questo clima che precede la visita del Santo Padre all’ateneo romano, Alessandro Gisotti ha intervistato il genetista Bruno Dallapiccola, professore di Genetica Medica presso l'Università “La Sapienza":


    R. - Devo dire che questa è un’uscita vergognosa e che sicuramente non fa onore ad un’università grande, importante come “La Sapienza”, università alla quale io appartengo. Un’università che anni fa ha ospitato il gruppo dei Raeliani che volevano far la clonazione dell’uomo. Un’università che in altri tempi è stata aperta a politici di ogni tipo o addirittura a degli attori che sono diventati così improvvisamente popolari. Non si vergognano coloro che hanno sottoscritto manifesti di questo tipo di voler impedire di parlare a una persona che gode di rispetto a livello mondiale? Rispetto per una persona la quale può avere dei pensieri che possono anche non essere condivisi, però in una palestra grande come l’università, penso che ci debba essere ospitalità per tutti specie quando abbiamo la fortuna di avere delle figure di spicco che vengono nella nostra università.

     
    D. – Non stupisce che un Papa che proprio del dialogo tra fede e ragione fa un carattere distintivo del suo Pontificato, venga poi contestato addirittura da professori, se possiamo dire, in un certo modo, suoi ex colleghi?

     
    R. – Penso che l’unica motivazione è di pensare che qualcuno abbia paura di sentire quello che il Papa vuole dire. Io penso che hanno paura che il Papa trasmetta un messaggio importante e forte e sono sicuro che le porte dell’università saranno aperte al Papa perché alternativamente sarebbe veramente la fine della storica “La Sapienza” di Roma.

     
    D. – Tra l’altro, quanti vogliono impedire al Papa di parlare, ovviamente il discorso non l’hanno ancora letto. Quindi c’è una pregiudiziale…

     
    R. – Esattamente! C’è una pregiudiziale a priori: c’è chi ha paura della Chiesa, la Chiesa ha sempre più persone che l’ascoltano di questi tempi e quindi probabilmente qualcuno che la pensa in maniera diversa ha paura di dare spazio e visibilità ad una Chiesa che, peraltro, non ha certo bisogno di visibilità andando a visitare “La Sapienza”. Penso che questa sia anzi per un’università come “La Sapienza” un’opportunità straordinaria per ricevere una persona di grande cultura, di grande valore, di grande riferimento etico come il Papa.

     
    D. – Anche in un clima che certo non è serenissimo, quali sono le aspettative, quali i frutti possibile di questa visita del Papa all’ateneo romano?

     
    R. – Io penso che un uomo che non soltanto è un uomo di riferimento per la Chiesa ma è un grande uomo di filosofia, di cultura, possa portare un contributo al dibattito di tutti quei problemi che in questo momento gravano sulla nostra umanità e quindi penso che la sua parola potrebbe essere spunto di riflessione. Temo che il veto che è stato posto sia più per la paura e probabilmente per simboleggiare qualcosa contro la Chiesa. Penso che la visita del Papa sia invece un’opportunità straordinaria per riflettere e per farci pensare tutti.

     
    Ma c’è anche, e sono in molti, chi aspetta con trepidazione la visita di Benedetto XVI. E’ il caso di Caterina Laurieri studentessa de “La Sapienza”, collaboratrice della pastorale universitaria del Vicariato di Roma, intervistata da Alessandro Gisotti:


    R. – Credo che la presenza del Santo Padre possa rappresentare l’incontro tra il messaggio biblico e il pensiero storico, letterario e scientifico, che è divulgato all’interno delle Università. Credo che faccia parte di una intera eredità europea e, quindi, di una tradizione di pensiero per la quale è essenziale una corrispondenza proprio tra fede, verità e ragione. Diciamo poi che la dignità stessa di una cultura si dimostra nella sua apertura, nella sua capacità di dare e di ricevere e, in questo caso, di ricevere una grande figura del nostro tempo quale quella del Papa.

     
    D. – Benedetto XVI - come tutti sanno - è stato professore per tanti anni e quindi ovviamente abituato a relazionarsi con gli studenti. Il Papa mette l’accento molto spesso sulla “pastorale dell’intelligenza”…

     
    R. – In un ambiente come quello de “La Sapienza” e in particolar modo all’interno di alcune Facoltà scientifiche - premetto che io studio in una Facoltà scientifica, quella di Biologia - si tende ad avere una netta separazione tra la scienza e la fede. Spesso senza neanche comprendere – usando proprio un termine scientifico – che la fede non è soltanto un catalizzatore. Non è, quindi, possibile dividerle né tanto meno operare nell’una a prescindere dall’altra.

     
    D. – In un ambiente ideologizzato come spesso sono gli atenei… Come si testimonia la fede ai propri coetanei?

     
    R. – Premettiamo che alla Sapienza la maggior parte dei giovani sono studenti fuori sede ed hanno, quindi, spesso bisogno di incontrasi per uno scambio autentico, per poter esprimere riguardo alla fede le proprie convinzioni, i propri dubbi e le inquietudini, ma anche per poter imparare a comprendere. La figura del Papa, il prossimo 17 gennaio, può aiutarli nella costruzione di una società, quella società dell’amore di cui lui spesso ci parla.

     
    D. – Ci sono anche annunci di contestazioni a “La Sapienza”. Quale consiglio puoi dare ai tuoi coetanei studenti?

     
    R. – Ascoltare il Papa pienamente e mettere in atto praticamente le sue parole all’interno delle diverse Facoltà e in modo particolare in quelle scientifiche.

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   In cultura, opinioni a confronto su Harry Potter. L'elogio di Paolo Gulisano che nella storia del maghetto più famoso del mondo non riconosce il potere del successo, ma l'umiltà del dono di sé; la critica di Edoardo Rialti, che denuncia un'immagine sbagliata dell'eroe.

    Il direttore ricorda, a vent'anni dalla morte, Raimondo Manzini, alla guida de "L'Osservatore Romano" dal 1960 al 1978.

    Marco Testi sulla poesia sacra tra cinquecento e seicento.

    Nell'informazione religiosa, un servizio sulla "messa della pace" organizzata a Roma dall'Ordinariato militare per l'Italia e celebrata dal segretario di Stato.

    Nuovo intervento della Conferenza episcopale indiana sulle violenze contro i cristiani nello Stato di Orissa.

    In evidenza, nell'informazione internazionale, la missione nel Medio e Vicino Oriente del presidente Bush, che promette aiuti ai Paesi del Golfo contro la "minaccia" iraniana.

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    Oggi in Primo Piano



    Ripresi a Gerusalemme i negoziati israelo-palestinesi

    ◊   Al via questa mattina a Gerusalemme i negoziati di pace israelo-palestinesi che cercheranno di affrontare i problemi centrali del conflitto: i confini del futuro Stato palestinese, le colonie, la questione di Gerusalemme e quella dei profughi. Allo stesso tavolo, il ministro degli Esteri israeliano, Tzipi Livni ed il negoziatore dell'ANP, Abu Ala. L’obiettivo – ha più volte dichiarato Bush, impegnato in prima persona nei colloqui – è di raggiungere la pace entro il 2008. Un obiettivo reale? Salvatore Sabatino lo ha chiesto a Ennio Di Nolfo, docente emerito di relazioni internazionali presso l’Università di Firenze:


    R. – Tutti i problemi pongono questioni di sostanza estremamente complicata. Prendiamone per esempio uno a caso tra questi, e forse il più importante. Di solito si dice che Israele debba rientrare entro i confini del 1967 e quindi dovrebbe ridurre enormemente la sua superficie. Ma entro i confini del ’67, vuol dire prima della guerra del ’67 o dopo la guerra del ’67? Se è prima del 1967, vuol dire che deve rientrare nei confini del ’48, che sono lievemente diversi da quelli che hanno concluso provvisoriamente la guerra tra Israele e il mondo arabo dal maggio all’agosto 1949. Sono confini che accrescevano abbastanza il territorio israeliano.

     
    D. – Altro problema importante è quello di Hamas, che resta al momento escluso da questi negoziati. Il presidente palestinese Abu Mazen, però, è tornato a lanciare a Hamas una proposta di dialogo. Sarà un dialogo possibile?

     
    R. – Sarà un dialogo estremamente difficile. Una volta tra Hamas e Abu Mazen era stato raggiunto un accordo per formare un governo comune. Anzi, non una volta, ma due o tre volte è stato raggiunto questo accordo. Il fatto che alla fine questo governo non fosse mai costituito, dà la misura della difficoltà del compito, che è reso ancora più difficile dall’affermazione fatta da Bush, secondo la quale i due Stati che dovrebbero nascere non dovrebbero avere soluzione di continuità. Se si riesce a risolvere questo problema con un corridoio artificiale o, comunque, di condominio, la soluzione allora è trovata, ma se non si riesce a risolvere in questa maniera, la soluzione è lontanissima.

     
    D. – Non bisogna trascurare nemmeno il fatto che l’avvio dei negoziati potrebbe avere ricadute pesantissime sulla politica interna israeliana. Un partito di estrema destra ha minacciato di abbandonare la coalizione di governo. Insomma, che cosa accadrà?

     
    R. – Come nel mondo arabo esiste questa divaricazione tra Olp e Hamas, così nel mondo israeliano esiste una divaricazione infinita tra i numerosi partiti che compongono l’universo politico israeliano. Quindi, è molto facile che gli estremisti israeliani combattano contro qualsiasi forma di compromesso. Israele, tuttavia, è un regime democratico e se è un regime democratico dovrebbe essere in grado di raggiungere una formula tale da mettere a tacere gli estremisti.

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    Diplomazia al lavoro per risolvere il caso di don Sandro De Petris, missionario italiano in carcere a Gibuti da oltre due mesi

    ◊   Prosegue la drammatica vicenda di don Sandro De Petris, missionario trentino in carcere a Gibuti, in Africa, con l'accusa di pedofilia: il religioso sta reclamando invano la propria innocenza. Dietro le accuse ci sarebbero in realtà altri motivi, legati a casi di corruzione e ad affari illeciti avvenuti a Gibuti e al centro delle indagini di un giudice francese, trovato morto in circostanze misteriose nel 1995. Oggi si sono attivati anche il presidente del Consiglio italiano Romano Prodi ed il presidente francese Nicolas Sarkozy. L’obiettivo è quello di un rapido chiarimento di questo caso, non ad opera della magistratura locale ma dello stesso presidente di Gibuti. Intanto, don Sandro De Petris si trova in un'angusta cella dove peggiorano le sue condizioni di salute. Il servizio di Amedeo Lomonaco:


    Crescono i timori per le condizioni di salute di don Sandro De Petris, in carcere da oltre due mesi e mezzo a Gibuti, in balia di accuse che cambiano continuamente. E’ quanto sottolinea don Ivan Maffeis, direttore del settimanale della diocesi di Trento, “Vita Trentina”, che recentemente ha incontrato il missionario in carcere:
     
    "Per rispondere con le sue stesse parole, don Sandro oggi è un uomo profondamente provato. E’ in prigione ormai da due mesi e mezzo. Sta affrontando con grande spirito di fede, con grande coraggio ed anche con fiducia questa prova, ma nel contempo – come lui stesso dice – ci sono dei giorni in cui conosco veramente l’abisso e la disperazione".

    Le accuse contro don Sandro De Petris cambiano continuamente: dal presunto coinvolgimento in una rete di pedofilia, si passa alla propagazione di immagini pedopornografiche e quindi all’incitamento alla depravazione e alla corruzione di minori. A questa allarmante girandola di accuse si aggiungono poi inquietanti critiche di mezzi di informazione locali contro la Francia e la Chiesa. Ancora don Ivan Maffeis:
     "Nei giorni in cui sono stato a Gibuti ho avuto la possibilità di incontrare diverse persone, tra cui il vescovo, il console. Ho avuto la possibilità anche di sfogliare 'La Nation', il giornale governativo; ho visto come in ottobre questo quotidiano abbia condotto una campagna molto dura, innanzitutto contro la Francia e, due giorni dopo, anche contro la Chiesa, denunciando presunti casi di abusi sessuali. Il giorno successivo a questa denuncia, è spuntato il nome di don Sandro come quello di uno dei personaggi coinvolti. A Gibuti ci sono solo tre sacerdoti e don Sandro è uno di questi".
     In questo difficile contesto si devono comunque sottolineare gli sforzi della diplomazia internazionale, e in particolare dei governi di Francia e Italia, per cercare di risolvere l’intricato caso di don Sandro De Petris:
     "La diplomazia si è mossa bene, si è mossa subito. In realtà, tutto questo non è servito a nulla, come ci è stato confermato a Gibuti. Oggi, anche in seguito alla ‘pressione’ fatta dal settimanale diocesano ‘Vita Trentina’ e poi dalle agenzie e da altri giornali, possiamo dire che si è mosso il presidente del Consiglio italiano; sta cercando con il presidente francese di arrivare alla soluzione del caso. Ma è troppo presto per festeggiare".

    Il vescovo di Gibuti, mons. Giorgio Bertin, è attualmente a Roma per incontrare il Papa in occasione della visita ad limina in questi giorni della Conferenza dei vescovi latini delle regioni arabe. Durante l’incontro con Benedetto XVI, mons. Giorgio Bertin illustrerà anche la situazione di don Sandro De Pretis. Don Ivan:
     "Nei giorni in cui mons. Bertin è stato ospitato a Gibuti, più volte mi ha ricordato questa visita e quanto ce l’abbia nel cuore per poter portare a Roma la condizione della sua Chiesa e, in particolare di questo suo prete, che è a Gibuti dal 1993; spera di poterla portare al Santo Padre, confidando che anche la diplomazia vaticana, che già si è mossa, possa contribuire alla soluzione di questo caso così difficile e così penoso".
     Il lavoro svolto dal missionario trentino a Gibuti è stato sempre prezioso e si spera possa continuare anche in futuro. E’ quanto auspica don Ivan Maffeis:
     "Abbiamo avuto la possibilità di visitare la missione in cui don Sandro è impegnato e posso testimoniare come sia espressione di una Chiesa veramente protesa verso gli ultimi. Don Sandro si muove all’interno di una comunità che è completamente islamica. C’è una sola famiglia cristiana. Nonostante questo, don Sandro è rispettato e amato proprio per la sua porta aperta, per la sua generosità, per la sua attenzione agli ultimi. E anche perché è visto come un uomo di Dio, un uomo di preghiera".
     L’auspicio è che questa drammatica esperienza possa concludersi al più presto con un lieto fine: prendo questo tempo in prigione – si legge in una recente lettera proprio di don Sandro De Petris – come un monaco nella sua cella: “la preghiera, la presenza del Santissimo Sacramento e la lettura – aggiunge il missionario – riempiono gran parte della giornata; ho fiducia nel Signore, molto più forte di tutto il male”.

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    Tre biblisti presentano a Roma un volume dal titolo "L'omosessualità nella Bibbia"

    ◊   Viene presentato questa sera a Roma, alle 18.00, un volume, curato dalle Edizioni San Paolo, dal titolo ‘L’omosessualità nella Bibbia’. Promuovono l'iniziativa l’Ambasciata di Francia presso la Santa Sede e il Centro culturale ‘San Luigi dei Francesi’. Autori dell'opera sono tre autorevoli biblisti: Innocent Himbaza, protestante, di origine ruandese, il padre domenicano svizzero Adrian Schenker e il sacerdote francese Jean-Baptist Edart, della Comunità dell’Emmanuel, docente presso il Pontificio Istituto Giovanni Paolo II per gli studi sul matrimonio e la famiglia. Al prof. Edart, Giovanni Peduto ha chiesto il perchè di questo libro:


    R. – Questo libro è stato voluto da Innocent Himbaza che, interessandosi delle implicazioni sociali della Bibbia, ha capito che spesso la Sacra Scrittura è utilizzata e strumentalizzata per giustificare l’omosessualità, e lui ha sentito dunque la necessità di un piccolo volume chiaro per il grande pubblico per spiegare cosa dicono i testi biblici sulle pratiche omosessuali, in modo oggettivo, con strumenti scientifici. Ecco la ragione di questo volume.

     
    D. - Cosa dice la Bibbia sull’omosessualità?

     
    R. – Sull’omosessualità in quanto stato psicologico, la Bibbia non dice nulla. Parla degli atti sessuali tra persone dello stesso sesso. La Bibbia è molto concreta e dunque sia nell’Antico Testamento, nel libro della Genesi, nel libro del Levitico, sia nel Nuovo Testamento, soprattutto in San Paolo, nell’Epistola ai Romani e in due piccoli passaggi della prima ai Corinzi e della prima a Timoteo, la Bibbia condanna chiaramente gli atti sessuali tra persone dello stesso sesso.

     
    D. - Nei Vangeli ci sono dei riferimenti all’omosessualità?

     
    R. – No, alcuni hanno dato un’interpretazione ideologica di certi testi dei Vangeli però, se si leggono questi testi con onestà, non c’è nessun riferimento diretto o indiretto all’omosessualità nei Vangeli.

     
    D. - Che differenze ci sono tra Antico e Nuovo Testamento?

     
    R. – L’Antico Testamento condanna gli atti tra persone dello stesso sesso nell’ambito di Israele, per il popolo, per la santità del popolo, per proteggere il nucleo familiare, per esempio nel Levitico. Il Nuovo Testamento, con San Paolo, si allarga e si estende, direi, questa condanna degli atti tra persone dello stesso sesso, in un modo più generale; si fa riferimento a questi atti come atti contro natura, dunque contro il progetto del Creatore. Il giudizio morale dunque non è riservato ad Israele, ma è esteso a tutti gli uomini.

     
    D. - La Bibbia distingue tra tendenze omosessuali e pratica?

     
    R. – Esplicitamente no, ma si vede in San Paolo, nell’Epistola ai Romani, già un’allusione al desiderio. San Paolo dice infatti: “Hanno bruciato di desiderio gli uni per gli altri”, dunque presenta la dimensione psicologica di desiderare, ma non si dice chiaramente la differenza tra le tendenze e gli atti ma già, diciamo, è presente il fondamento per distinguere le due cose; si fa un’allusione alla dimensione psicologica, ma non è esplicita.

     
    D. - Come un omosessuale è chiamato a vivere la fede cattolica?

     
    R. – E’ una questione molto delicata, perché è una grande prova che quando una persona omosessuale cristiana scopre - perché spesso non è una scelta ma è una tendenza innata - questa realtà affettiva, scopre la Croce, perché vede, capisce, sente, l’incompatibilità tra gli atti che caratterizzano questa tendenza e la fede in Cristo; lì dunque l’invito che farei è scoprire il senso della Croce, unirsi al sacrificio della Croce del Signore, in una vita di preghiera, di sacramenti, con l’aiuto di una comunità cristiana che capisca questa difficoltà e non giudichi; e lì sta il dinamismo che può aiutarlo a vivere cristianamente questo stato psicologico che non ha scelto. Ma è un cammino difficile che implica, da parte della comunità dei cristiani, un grande rispetto e un grande sostegno.

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    La Tosca inaugura la stagione lirica del Teatro dell'Opera di Roma nel 150.mo anniversario della nascita di Puccini

    ◊   Un nuovo allestimento di Tosca, il più romano dei melodrammi di Giacomo Puccini, inaugura la stagione 2008 del Teatro dell’Opera di Roma nello stesso giorno, il 14 gennaio, in cui 107 anni fa vide la sua prima rappresentazione, proprio al Costanzi. L’evento apre anche le celebrazioni per il 150.mo anniversario della nascita del compositore, che avranno il loro clou quest’estate al Festival pucciniano di Torre del Lago. A.V.:

    (musica)

    Sarà un’edizione memorabile, promette il direttore d’orchestra Gianluigi Gelmetti, che con Tosca debuttò 25 anni fa e ne ricorda ancora l’emozione. A garanzia dell’allestimento, la firma prestigiosa di Franco Zeffirelli, che evoca due voci leggendarie, quella di Maria Callas, diretta dal regista nella storica edizione del ’64 al Covent Garden, e quella del compianto Luciano Pavarotti, nella sua ultima apparizione romana. Era l’anno del centenario e, con l’amico Placido Domingo sul podio e sempre Zeffirelli alla regia, si prestò - causa lavori in corso - a un’esecuzione in forma di concerto. Il musicologo Raoul Meloncelli:

     
    R. – Vorrei ricordare anche accanto a Pavarotti e accanto alla Callas c’è stata anche una splendida Tosca con Renata Tebaldi. Non dimentichiamo poi che Tosca è un’attrice e, quindi, quello che diceva anche la Rajna Kabaiwanska per una cantante Tosca è un personaggio che riesce ad entusiasmare proprio perché una cantante recita anche fuori del teatro e, quindi, trova in Tosca la femminilità della donna e dell’attrice.

    (musica)
     
    Questa volta, invece, gli ingredienti ci saranno tutti: la scenografia, “di maniera, con delle invenzioni nuove, interessanti” promette Zeffirelli, che si atterrà scrupolosamente alle indicazioni del libretto e al verismo dell’autore; il cast vocale, punta di diamante il tenore argentino Marcelo Alvarez per Cavaradossi, accanto a una rivelazione nel ruolo protagonista, il soprano italo-viennese Martina Serafin, e a una “vecchia gloria”, il baritono Renato Bruson, per il “cattivo” Scarpia:

     
    R. – Dal punto di vista scenografico sappiamo che Tosca è aiutata, perché svolgendosi a Roma e quindi con il paesaggio romano di Castel Sant’Angelo, di Sant’Andrea della Valle, il riferimento è abbastanza preciso. Non è che ci si debba tanto sbizzarrire. Importante è soprattutto l’aspetto musicale.

     
    Puccini, autore popolare e intramontabile, a 150 anni dalla nascita. Ancora il Prof. Meloncelli:

     
    R. – Puccini vivente fu attaccato dal musicologo Torre Franca, il quale sosteneva che Puccini aveva successo perché faceva leva sul sentimento del pubblico. Il fatto che questo non sia vero è dimostrato da cosa? E’ dimostrato che dopo tanti anni, dopo oltre 100 anni, le sue opere sono vive ed entusiasmano il pubblico come il primo giorno. Puccini sapeva scrivere e, tra l’altro, l’orchestrazione pucciniana è interessantissima così come importante è l’armonia. Insieme a Verdi è un musicista straordinario: sono senz’altro i grandi musicisti che avevano il grande senso del teatro e per Puccini il teatro era tutto e quindi facilita anche l’interpretazione dei cantanti, se sono dei grandi artisti.

     
    (musica)

    Sette le repliche fino al 23 gennaio, e una ripresa ad aprile, dal 22 al 27, per questo allestimento che celebra insieme Roma, Puccini e la rinascita del Teatro dell’Opera.

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    Chiesa e Società



    Kenya: cattolici e rappresentanti di altre religioni invitano maggioranza e opposizione al dialogo

    ◊   In Kenya cattolici, anglicani ed esponenti di altre fedi religiose hanno esortato maggioranza e opposizione a trovare una soluzione pacifica per fermare le violenze seguite alle contestate elezioni di fine dicembre. Secondo l’ultimo bilancio fornito da alcune agenzie umanitarie, sono morte oltre 600 persone. Si temono, inoltre, nuove sanguinose proteste e di fronte a questo rischio si moltiplicano gli appelli: un gruppo per i diritti umani ha chiesto al governo di ordinare alla polizia di non usare più la forza contro i manifestanti. L’arcivescovo anglicano Benjamin Nimbi ha sottolineato, poi, che in questo momento nuove dimostrazioni di massa, già annunciate dall’opposizione, “peggiorerebbero la situazione perché aprirebbero la strada ad ulteriori saccheggi”. Le manifestazioni dovrebbero iniziare con un corteo mercoledì a Nairobi e protrarsi per tre giorni. La polizia ha già bandito ogni forma di protesta. L’arcivescovo Benjamin Nimbi – riferisce quindi l’agenzia Misna - si è rivolto anche al presidente Mwai Kibaki: “il governo – ha affermato - dovrebbe astenersi dal diffondere comunicati” che possono far salire la tensione. La paura di nuove violenze ha innescato, intanto, una vera e propria corsa all’acquisto di generi di prima necessità, soprattutto alimentari. Desta anche preoccupazione la notizia dell’invio di truppe ugandesi nella parte occidentale del Kenya. Un portavoce della polizia ha subito negato, però, che siano state dislocate forze ugandesi in territorio keniano ed ha aggiunto che simili notizie “non fanno che provocare un inutile stato di inquietudine”. Non mancano infine segnali di speranza: in questo difficile quadro, infatti, l’arcivescovo anglicano, Desmond Tutu, e l’ex segretario generale dell'ONU, Kofi Annan, cercheranno nei prossimi giorni di favorire e rendere possibile il ritorno della pace nel Paese africano. (A.L.)

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    Libano: il cardinale Sfeir torna ad esortare i libanesi ad assumere in prima persona la responsabilità del proprio futuro

    ◊   “La guerra comincia con le parole”: è un antico modo di dire che il patriarca maronita Nasrallah Sfeir ha evocato ieri per rinnovare la sua messa in guardia dal baratro verso il quale sembra precipitare il Libano. Il cardinale è anche tornato ad ammonire perché i libanesi sentano la responsabilità di prendere in prima persona le decisioni che riguardano il loro futuro. “noi – ha detto ieri durante la messa celebrata a Berke – siamo inondati di proposte che nascondono enigmi capaci di portarci ad una situazione disastrosa”. “Certo – ha aggiunto dopo la celebrazione del rito – noi dobbiamo sollecitare l’aiuto degli altri, ma dobbiamo prima di tutto contare su noi stessi. Non possiamo lasciare agli altri il compito di realizzare le nostre aspirazioni. La gente ci aiuta, ma realizza prima di tutto i suoi interessi. Ci aiutano a nostre spese, perché fanno i loro calcoli”. Le parole del patriarca riportate dall'Agenzia AsiaNews sono giunte ad un giorno di distanza da una dura dichiarazione del presidente egiziano Hosni Mubarak per il quale gli arabi si “laveranno le mani” dal problema libanese se non sarà accolta l’iniziativa della Lega araba per risolvere la crisi creata dalla mancata elezione del nuovo presidente della Repubblica. (R.P.)

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    India: anche il difensore dei diritti umani Lenin Raghavarshi, comunista ed ateo, sostiene la moratoria contro l'aborto

    ◊   In India Lenin Raghavarshi, vincitore del premio coreano Gwangju per i diritti umani, difende il diritto alla vita dell’embrione e sostiene la moratoria contro l’aborto. “La cosa più ridicola e assurda – afferma - è suggerire che l’aborto sia una soluzione alla fame, perché permette il controllo sulla popolazione. In più la concezione - così tipica delle agenzie Onu - che la sovrappopolazione è il pericolo maggiore alla salute di una nazione non ha proprio alcuna base di verità. In realtà – sostiene - il mondo dovrebbe guardare con urgenza ai temi socio-economici e politici per eliminare fame, povertà, miseria fra la gente”. Per tutti questi motivi, Lenin Raghavarshi, 37 anni, di Varanasi nell’Uttar Pradesh, ateo, comunista, attivista per i diritti umani, che lotta contro il sistema delle caste e per i diritti dei Dalit, dice ad AsiaNews che egli è favorevole alla moratoria contro l’aborto: “Alla base di tutti i diritti umani vi è il diritto a vivere”. Ogni anno in India vi sono circa 13 milioni di aborti; almeno 80 mila donne muoiono a causa dell’operazione; in più vi è la piaga degli aborti selettivi, che ha portato all’eliminazione di almeno 10 milioni di feti femminili negli ultimi 20 anni. Eppure l’India ha una delle leggi sull’aborto fra le più permissive e l’aborto viene ancora pubblicizzato come metodo per il controllo delle nascite e per garantire un maggior sviluppo economico delle famiglie. “È stato Malthus – spiega Raghavarshi - a diffondere l’idea che i maggiori problemi del mondo, come la povertà e altre situazioni di miseria, siano dovuti alla sovrappopolazione. Ma tutto questo è totalmente a-scientifico e falso - sostiene. I responsabili del degrado della dignità umana sono le compagnie multinazionali che sostengono l’industria degli aborti e del controllo della popolazione per i loro scopi di lucro. Sono esse a creare povertà e fame nel mondo. In India – continua Raghavarshi - abbiamo questo grave male sociale dell’aborto selettivo dei feti femminili. Sono contrario a questa pratica in modo assoluto. È anzi allarmante che in India e in Cina si proceda all’uccisione delle bambine: ciò dà adito a squilibri fra uomini e donne, che produrrà pericoli per il futuro delle nazioni. Dobbiamo infatti sostenere il diritto alla vita dell’embrione fin dal seno materno”. Raghavarshi precisa che la mortalità delle madri “è dovuta in massima parte al fallimento di programmi di welfare e alla mancanza di sistemi di base per la cura della salute. Difendere il diritto alla vita, come una cosa sacra, porta poi al difendere il diritto al cibo, all’educazione e alla salute. La comunità internazionale deve comprendere che il problema maggiore è la non equa distribuzione delle risorse: il 20% della popolazione mondiale (i popoli del G7) usano l’80% delle risorse del mondo. È necessario – conclude Raghavarshi - che il mondo e i governi si impegnino ad eliminare fame e povertà, salvaguardando e promuovendo la dignità della persona nel suo diritto alla vita, all’educazione, alla salute”. (R.P.)

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    Le suore cattoliche dell’India progettano un Centro di ricerca teologica

    ◊   Le religiose cattoliche, riunitesi nei giorni scorsi a Mangalore in occasione dell’assemblea generale annuale delle Superiori maggiori dell’India, hanno presentato il progetto di un Centro di ricerca teologica nel Paese. Scopo del progetto: offrire maggiore spazio alle donne consacrate e attenuare in qualche modo le discriminazioni femminili nel campo degli studi religiosi. Il problema delle ingiustizie perpetrate nei confronti delle donne anche nel campo religioso è stato affrontato nel dibattito ed è emersa l’esigenza di una maggiore competenza da parte delle suore stesse che hanno appunto avanzato la proposta di un istituto di formazione teologica. Il Centro nell’immediato avrà come punto di riferimento l’Istituto teologico ‘Mater Dei’ di Goa Vecchia, nell’India occidentale, mentre in seguito avrà una sede autonoma. A febbraio inoltre la questione femminile nella Chiesa sarà al centro della riunione della Conferenza Episcopale Cattolica indiana, dedicata proprio al tema “Il rafforzamento delle donne nella Chiesa e nella società”. (C.C.)

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    Sri Lanka: i cattolici festeggiano il beato Joseph Vaz, apostolo dell'isola, a 300 anni dalla sua morte

    ◊   Tra due giorni partiranno i tre anni di preparazione al terzo centenario della morte del Beato Joseph Vaz, (16 gennaio 2011), l'apostolo dello Sri Lanka , che nell’allora Ceylon ha reso possibile la “rinascita del cristianesimo dalle sue stesse ceneri”. Vaz nasce nello Stato indiano di Goa nel 1651, quando la zona era sotto il dominio portoghese. Diventa sacerdote nel 1676 all’interno della Congregazione di San Filippo Neri. Si reca poi come missionario in Sri Lanka (allora Ceylon), da dove gli olandesi della Compagnia delle Indie avevano espulso i missionari e minacciato di morte qualsiasi prete fosse stato sorpreso sull'isola. In modo clandestino, il padre Vaz porta il suo aiuto ai cattolici del luogo e arriva fino alla capitale Colombo. Uno dei suoi più importanti impegni è la traduzione del Vangelo nelle lingue tamil e singalese. Muore a Kandy il 16 gennaio 1711. E’ stato beatificato a Colombo da Giovanni Paolo II il 21 gennaio 1995. La festa, riferisce l'Agenzia AsiaNews, verrà celebrata in forma solenne domani al santuario dedicato al Beato, nel villaggio di Maha Galgamuwa, diocesi di Kurunegala, dove Joseph Vaz ha vissuto per diversi anni. La messa sarà celebrata dal vescovo locale, mons. Raymond Peiris, e dal vescovo ausiliare di Colombo, mons. Marius Peiris. Intanto il presidente del Segretariato nazionale del Beato Joseph Vaz, mons. Vianney Fernando, ha diffuso un messaggio in cui spiega l’importanza dei prossimi tre anni per la Chiesa dello Sri Lanka. “Questo periodo – si legge – servirà a rinnovare e approfondire la nostra fede cristiana; seguire l’esempio di questo eroico missionario servirà a risvegliare in tutti i membri della comunità il necessario impegno nella missione. Il sogno della Chiesa in Sri Lanka di essere evangelizzatrice riceverà un ulteriore impeto da questi anni di preparazione alla ricorrenza”. Il messaggio, infine, invita a continuare le preghiere per la canonizzazione del Beato. (R.P.)

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    Thailandia: impressiona il mondo buddista la spiritualità della Messa da Requiem presieduta dal cardinale Kitbunchu per la principessa Galyani Vadhana

    ◊   Davanti ad una folla composta da cristiani e buddisti, l’arcivescovo di Bangkok ha celebrato ieri una messa da Requiem per l’anima della principessa Galyani Vadhana, morta il 2 gennaio scorso. Nel corso della sua omelia, il card. Michai Kitbunchu ha detto che “la principessa ha vissuto la sua vita secondo quanto dice il profeta Isaia: ‘Ecco il mio servo che io sostengo, il mio eletto di cui mi compiaccio. Ho posto il mio spirito su di lui. Non verrà meno e non si abbatterà, finché non avrà stabilito il diritto sulla terra’”. Infatti, ha aggiunto il porporato, “dopo la sua morte, l’intera popolazione ha testimoniato come il suo impegno, la sua stessa vita sia stata dedicata in maniera particolare ai poveri ed ai disabili. Ha portato pace e felicità a tutti i thailandesi”. Fra i presenti nella cattedrale, dove si è svolto il solenne servizio funebre, anche diversi monaci buddisti. Uno di loro, il venerabile Porkrisna Kantasilo, dice ad AsiaNews che "non è stata la prima messa a cui ho partecipato, ma mi ha impressionato molto. E’ stata una funzione molto spirituale, ispiratrice”. Il monaco, che fa parte della Commissione per il dialogo interreligioso, aggiunge: “colgo questa occasione per rivolgere un invito a tutti i cattolici thailandesi: non dovete sentirvi una minoranza, perché siamo tutti esseri umani. Se una persona si comporta bene e segue gli insegnamenti della propria religione, avremo la pace nei nostri cuori e nella nostra società”. (R.P.)

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    Discriminazioni in Vietnam contro le minoranze religiose dei montagnard

    ◊   I montagnard abitano sugli altipiani centrali del Vietnam e sono in maggioranza cristiani. Sono circa un milione e la discriminazione religiosa presente nel Paese non permette loro di professare liberamente il proprio credo. La costituzione del Vietnam prevede la libertà religiosa come diritto di tutti i cittadini e la facoltà per tutti di seguire o non seguire una religione, ma questo principio viene applicato solo nelle città. Nelle zone rurali come quelle dei montagnard, invece, le minoranze non vengono rispettate e le persecuzioni sono diffuse. Nella diocesi di Lang Son, situata nel nord al confine con la Cina, ad esempio, le amministrazioni locali hanno minacciato di imprigionare i montagnards che osano partecipare alle attività religiose. La metà dei cattolici quindi ha paura di dichiarare la propria religione e più della metà rinuncia ad andare in chiesa la domenica e a partecipare alle attività delle comunità. La minoranza cristiana costituisce più dell’8% della popolazione in Vietnam ed è rappresentata da due comunità principali: i montagnard e i h’mong. Le fedi religiose autorizzate sono sei: cattolicesimo, buddismo, protestantesimo, islam, hoa-hoa e cao-dai. Il controllo del Governo su questi gruppi è molto forte, in particolare su cattolici e buddisti. (C.C.)

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    Missione cattolica nel villaggio filippino di Mangal sconvolto dagli scontri fra tribù musulmane

    ◊   I cattolici del villaggio filippino di Mangal stanno vivendo attualmente un clima di forti tensioni a causa degli scontri fra tribù musulmane. Il vescovo filippino, Martin Jumoad, prelato di Isabela, ha mandato in missione nel villaggio il missionario Euclid Balos-balos, accompagnato da un giovane sacerdote, padre Joel Silagpo, entrambi nativi di Basilan. Scopo della missione: portare il Vangelo a tutte le persone del villaggio, anche in quei luoghi ritenuti rischiosi. Padre Balos-balos, dopo l’ordinazione, ha trascorso il suo primo Natale insieme agli abitanti del villaggio e ha dovuto in seguito allontanarsi a causa della guerriglia fra i gruppi musulmani di Tausug e Yakan. Nonostante gli scontri, padre Balos-balos ha spiegato di non aver avuto paura, avendo già trascorso 4 anni in Kenya in missione con i comboniani. L’8 gennaio il sacerdote ha iniziato la sua esperienza di parroco presso la Chiesa di santa Teresa d’Avila a Cabunbata, nelle vicinanze di Isabela; mentre padre Silagpo, dopo la missione nel villaggio di Mangal, è stato assegnato alla cattedrale di santa Isabel. (C.C.)

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    In Francia comunicato dei cappellani delle carceri contro norme più restrittive sullo ‘sconto della pena’

    ◊   I cappellani francesi di diversi culti religiosi (cattolici, protestanti, ebrei e musulmani) hanno diffuso qualche giorno fa un comunicato congiunto in cui prendono le distanze dal progetto di legge che prevede norme più restrittive per lo sconto della pena soprattutto per i recidivi. I cappellani ritengono ingiusto e dannoso sanzionare dei colpevoli che hanno già scontato la loro pena in carcere. E propongono di contro di rendere il condannato corresponsabile nella gestione della sua pena e mettere in opera una cura medica e un lavoro rieducativo e, ove necessario, un accompagnamento spirituale. I sacerdoti che hanno in cura i carcerati chiedono pertanto che la prossima legge penitenziaria includa nella parte relativa ai percorsi di esecuzione della pena, la necessità e la possibilità effettiva per i detenuti di affrontare i loro problemi di ordine psicologico o psichiatrico con l’aiuto di specialisti e di prevedere misure di reinserimento una volta scontata la pena. (C.C.)

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    Terra Santa: la Custodia francescana ha inaugurato a Gerusalemme un nuovo centro multimediale

    ◊   “Dire la Terra Santa, dalla Terra Santa, a tutto il mondo”. E’ quanto si propone il nuovo centro multimediale “Franciscan multimedia center” (Fmc) della Custodia di Terra Santa inaugurato lo scorso 12 gennaio e che occupa una intera ala del "Terra Santa College" a Gerusalamme. “Otto stanze, un salone, due studi convergenti ad un’attrezzata cabina di controllo, sistemi meccanici e elettrici di suono, luci, un centro digitale avanzato per offrire ai giornalisti e alle televisioni le informazioni utili per far conoscere la Terra Santa e il suo messaggio in tutto il mondo” ha spiegato all'Agenzia Sir padre Dobromir Jasztal, economo custodiale. Il centro sarà gestito dalla comunità Cancao Nova, la cui missione, ha detto il suo fondatore, don Jonas Abib, è l’evangelizzazione attraverso i mezzi di comunicazione sociale. “La Terra Santa non è solo un conflitto interminabile – ha affermato il Custode di Terra Santa, padre Pierbattista Pizzaballa - ma ha qualche cosa di unico da dire agli uomini. Un Centro al 'centro' di una Terra che interpella, in primo luogo, tutti i cristiani che possono vantare una rete fittissima di giornali, televisioni, piccole realtà efficaci per giungere al cuore della gente nei posti più diversi del pianeta. Per dire dalla Terra Santa una parola di speranza, i mezzi di comunicazione sociale svolgono un compito importante”. (R.P.)

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    Celebrazioni a Taiwan per l'Anno Paolino e l'inizio dell'evangelizzazione dell'isola

    ◊   La Chiesa di Taiwan si sta preparando a celebrare due grandi avvenimenti: l’anno paolino e il 150.mo anniversario dell’arrivo del cattolicesimo nel Paese. Per l’occasione, le sette diocesi dell’isola terranno celebrazioni sul tema: “La Madre Benedetta porta Gesù a Taiwan”. Lo ha reso noto l’arcivescovo di Taipei, mons. John Hung Shan-chuan, ora presidente della Conferenza episcopale regionale cinese. Tra gli eventi in programma, la visita in tutte le diocesi dell’isola della statua della Madonna, conservata nella Basilica dell’Immacolata Concezione di Wancin. Oltre ai vari incontri sul tema dell’evangelizzazione e sulla storia del cattolicesimo a Taiwan, sarà anche pubblicato un libro sulle 100 chiese storiche nel Paese. (C.C.)

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    Il VII Symposium Laurentiani sull’evangelizzazione in preparazione dell’Anno Paolino

    ◊   Il VII Symposium Laurentiani avrà per tema “Evangelizzare è la nostra vocazione! In preparazione all’Anno Paolino 2008-2009” e si terrà a Padova giovedì 17 gennaio presso il Convento dei Cappuccini. Il convegno, che sarà presieduto da padre Gianluigi Pasquale, preside dello Studio Telogico “Laurentianum”, si articolerà attorno a tre nuclei tematici principali. “Il primo secondo cui la Chiesa è per sua natura missionaria, e quindi se vuole continuare a esistere deve essere missionaria”. “Il secondo – ha proseguito padre Pasquale nella sua intervista a Zenit – riguarda la riscoperta, come Provincia veneta dei frati minori cappuccini, dell’originario mandato dei cappuccini ad evangelizzare”. “Il terzo tema ribadisce il concetto dell'evangelizzazione come ‘missione di amore’ realizzata attraverso l'annuncio del Vangelo di Gesù Cristo e la testimonianza di vita”. Il programma della giornata proseguirà con la relazione di mons. Bruno Maggioni, docente di teologia presso l’Università il Sacro Cuore di Milano, sul tema “Il metodo paolino di evangelizzazione”. Il professore ha affermato che “nel XXI secolo è nelle città che dobbiamo andare ad evangelizzare, laddove c’è movimento di popoli, così come aveva predicato San Paolo”. Padre Pasquale però a conclusione dell’intervista ha aggiunto alle parole di mons. Maggioni che “la periferia costituisce ‘l’altro polmone dell’evangelizzazione’ e quindi l'evangelizzazione deve essere fatta dalle città alle periferie”. (C.C.)

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    Presentazione alla Lateranense del saggio di Karol Wojtyla sul Concilio Vaticano II

    ◊   Il saggio di Karol Wojtyla, “Alle fonti del rinnovamento. Studio sull’attuazione del Concilio Vaticano II”, verrà presentato mercoledì 16 gennaio alla Pontificia Università Lateranense. Interverranno all’anteprima editoriale mons. Rino Fisichella, rettore della Lateranense; mons. Sergio Lanza, docente di teologia pastorale e Philippe Chenaux, del Centro Studi e Ricerche Concilio Vaticano II. Il volume è stato definito dal cardinale Camillo Ruini, vicario generale della diocesi di Roma, come “il primo e forse a tutt’oggi il più approfondito studio sul Concilio Vaticano II”. Il cardinale, che ha curato la prefazione del volume, ha richiamato la contrapposizione di due tesi opposte nell’interpretazione del Concilio, quella ‘della discontinuità e della rottura’ e quella ‘della riforma e del rinnovamento nella continuità della tradizione’, ed ha affermato al termine del suo commento, “è stata quest’ultima a far crescere negli anni ‘una nuova vita’ e a far maturare nuovi frutti”. (C.C.)

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    Anche giovani pellegrini militari nella GMG 2008

    ◊   Anche i militari parteciperanno alla GMG 2008 a Sidney del luglio prossimo. L’Australia sarà così la prima nazione a coinvolgere i giovani militari nel programma delle giornate nelle diocesi australiane. In un messaggio di mons. Max L. Davis, ordinario militare dell’Australia, si legge: “Molti fra noi hanno amici o parenti che prestano servizio nelle Forze armate. Preghiamo perché possano diventare operatori di pace, libertà e sicurezza. Siamo lieti di accogliere in Australia tanti giovani militari per i quali abbiamo pensato un programma spirituale e culturale”. Questi giovani militari si incontreranno il 9 luglio sera a Canberra presso la sede Eagle Hawk. Ogni giorno avranno una messa, il 10 parteciperanno alla benedizione della bandiera, cui seguiranno momenti sportivi, musicali e culturali con visite a Canberra. Tra le visite previste quella alla “Changi chapel”, una cappella riportata da Singapore dai prigionieri di guerra australiani che la usavano per le loro preghiere nel periodo di internamento. Il 13 luglio i militari si trasferiranno a Sydney per seguire il programma ufficiale della GMG. (C.C.)

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    Deceduto questa mattina in seguito ad un malore l'ing. Giò Maria Poles, direttore generale dell'Ufficio del Lavoro della Sede Apostolica

    ◊   E’ deceduto questa mattina l’ingegnere Giò Maria Poles, direttore generale dell’Ufficio del Lavoro della Sede Apostolica (ULSA). L’ingegnere, 80.enne, è morto in seguito ad un attacco cardiaco avvenuto nella sede del Governatorato, nella Città del Vaticano. La nostra emittente è particolarmente grata per la competente e professionale opera svolta per quasi 20 anni dall’ingegner Poles alla direzione dell’ULSA.(A.L.)

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    24 Ore nel Mondo



    Bush e Sarkozy in Medio Oriente

    ◊   Prosegue il viaggio di nove giorni del presidente americano Bush in Medio Oriente, oggi a Dubai e poi a Riad, dove arriverà subito dopo la partenza del presidente francese Sarkozy, anche lui impegnato in un giro di visite nei Paesi del Golfo Persico. Il nostro servizio:


    Il presidente americano, George W. Bush, in visita da ieri negli Emirati Arabi Uniti, dopo aver fatto sosta ad Abu Dhabi, è arrivato a Dubai, terz'ultima tappa del suo viaggio in Medio Oriente, dopo essersi recato in Israele, in Cisgiordania, nel Kuwait e nel Bahrein. A Dubai, per ragioni di sicurezza, chiuse scuole e luoghi di lavoro. Ieri, le gravi accuse contro l'Iran il maggiore sponsor del terrorismo ''una minaccia per tutto il mondo'' da affrontare - ha detto Bush - ''prima che sia troppo tardi''. Il capo della Casa Bianca si trasferirà quindi in giornata a Riad, in Arabia Saudita, dove resterà fino a domani per cercare anche qui il sostegno dei Paesi arabi ad un accordo di pace tra Israele e palestinesi, ma anche per sollecitare da Re Abdallah iniziative per isolare l'Iran nel suo programma nucleare. Questo, mentre l'amministrazione Bush notificherà oggi al Congresso USA l’intenzione di vendere armi per 20 miliardi di dollari proprio alla nazione saudita e ad altri Paesi del Golfo Persico. L’iniziativa annunciata dalla Casa Bianca la scorsa estate aveva subito sollevato proteste, oltre che al Congresso, anche da parte israeliana. A Riad, prima tappa di un tour nel Golfo Persico, è anche il presidente francese Nicolas, Sarkozy, che ha annunciato accordi in campo militare ed energetico con l’Arabia Saudita per “60 miliardi di euro”. Sarkozi, che lascerà la capitale saudita poco prima dell’arrivo di Bush, si recherà poi in Qatar e negli Emirati Arabi Uniti, mentre Bush concluderà mercoledì la sua missione mediorientale in Egitto, dove incontrerà il presidente Hosni Mubarak.

    Iraq: uccisi un giudice, il suo autista e due soldati a Baghdad
    Un giudice della Corte d'Appello federale irachena, Amir Jawdat al-Naib, con il suo autista e due soldati in borghese da poco in licenza sono stati uccisi stamani in due diversi agguati a Baghdad. A Mosul, sono stati invece rinvenuti la scorsa notte i corpi di due uomini giustiziati con armi da fuoco alla testa. Sul fronte politico, è stata annunciata per i prossimi giorni una nuova alleanza di una dozzina di gruppi politici sciiti e sunniti a sostegno del Governo, per assicurre al premier Nuri al-Maliki l'appoggio di un centinaio di deputati sui 275 del parlamento di Baghdad.

    Somalia: scontri fra truppe Somaliland e Puntland
    Almeno 10 persone sono morte in scontri fra truppe della regione semiautonoma somala di Puntland e quelle della Repubblica secessionista di Somaliland durante il fine settimana, secondo quanto riferito dal governo del Puntland. Il Somaliland, autoproclamatosi indipendente nel ‘91, è rimasto sostanzialmente fuori dalla guerra civile somala. Nessun governo lo ha riconosciuto, ma gode dell'appoggio della Gran Bretagna, di cui è stato colonia. Il Puntland si è proclamato autonomo nel ‘98, sotto la guida di Abdullahi Yusuf, ora presidente del governo di transizione somalo.

    Colombia: sei turisti colombiani rapiti dalle FARC
    Sei turisti colombiani sono stati sequestrati ieri dai guerriglieri delle FARC nella località di Nuqui, nel dipartimento del Choco, ad ovest del Paese. I ribelli hanno rapinato un gruppo di 19 turisti che si trovavano su un'imbarcazione e preso in ostaggio due insegnanti, un biologo, uno studente e due commercianti. Il rapimento è stato reso noto dalla Marina militare, che ha lanciato un'operazione di ricerca degli ostaggi, con l'appoggio dell'aviazione. Questi nuovi sequestri arrivano a pochi giorni dalla liberazione di Clara Rojas, collaboratrice della ex candidata presidenziale franco-colombiana, Ingrid Betancourt, e Consuelo Gonzales, ex parlamentare. La guerriglia delle FARC, forte di 17.000 unità, ha proposto alle autorità colombiane uno scambio tra 500 ribelli incarcerati e 43 ostaggi, tra cui appunto Ingrid Betancourt e tre americani, catturati nel 2003 all'interno di una missione anti-droga.

    Venezuela: aereo scomparso, proseguono ricerche
    Trovato il corpo di uno dei 14 passeggeri, dei quali otto italiani, scomparsi lo scorso 4 gennaio con l'aereo sul quale viaggiavano nella zona dell'arcipelago venezuelano di Los Roques. Il cadavere è stato rinvenuto ieri da pescatori, a 12 miglia dalla costa del Venezuela.

    Guatemala: tutto pronto per insediamento presidente Colom
    Il leader socialdemocratico, Alvaro Colom, si insedia oggi alla presidenza del Guatemala per un periodo di quattro anni, con una agenda carica di impegni riguardanti la lotta alla violenza e alla povertà, e la costruzione di un modello di sviluppo legato alla realtà rurale del Paese. Deciso a trasformare il Guatemala ed il suo sistema economico, Colom ha sostenuto giorni fa che nella sua amministrazione ''ci sarà libero mercato fin dove possibile, e presenza dello Stato fin dove necessario''. La trasmissione dei poteri dal presidente uscente, Oscar Berger, a Colom comincerà in parlamento con l'insediamento dei suoi nuovi 158 membri, e continuerà nel Teatro nazionale, alla presenza di delegazioni di 70 Paesi.

    Taiwan: nuovo leader per il partito DDP del presidente chen shui bian
    Il Partito democratico progressista (DPP) di Taiwan ha eletto leader il suo candidato alla presidenza Frank Hsie, il giorno dopo aver subito una cocente sconfitta elettorale. Hsie sostituisce il presidente della Repubblica in carica, Chen Shui-bian, che non può ripresentarsi per una terza volta alle elezioni. Chen si è dimesso immediatamente dopo la proclamazione dei risultati, che ha visto il partito di opposizione del Kuomintang conquistare 81 dei 113 seggi del parlamento. Il Kuomintang è a favore di migliori relazioni con la Cina rispetto al DPP, che ha come obiettivo ultimo l'indipendenza dell' isola. Dal 1949, Taiwan è di fatto separata dalla Cina, ma Pechino continua a ritenerla parte del suo territorio. Le elezioni presidenziali si svolgeranno il 22 marzo.

    Russia: riaprono sedi British Council sfidando divieto
    L'ambasciatore britannico a Mosca, Tony Brenton, è stato convocato al ministero degli Esteri russo, dopo che il British Council ha riaperto le sue filiali regionali a Ekaterinburg e a San Pietroburgo, ignorando il divieto delle autorità per presunte violazioni legislative. La crisi diplomatica tra Mosca e Londra - che ha visto reciproche espulsioni - sarebbe legata al caso Lugovoi, l'imprenditore russo accusato da Scotland Yard di aver avvelenato l'ex spia del Kgb, Aleksander Litvinenko, e che la Russia si rifiuta di estradare.

    Spagna: Zapatero, nessuna possibilità dialogo con ETA
    Il premier spagnolo, Jose' Luis Zapatero, ha affermato in una intervista pubblicata oggi di ''non vedere alcuna possibilita''' nella prossima legislatura 2008-2012 di riprendere il dialogo con l'ETA, la formazione paramilitare basca che lo scorso dicembre ha violato la tregua siglata con l’esecutivo nel 2006 con un attentato all'aeroporto di Madrid, che ha causato due morti.

    Napolitano incontra a Lubiana il presidente sloveno turk
    Il capo di Stato italiano, Giorgio Napolitano, è oggi a Lubiana a colloquio con il presidente della Repubblica Slovena, Danilo Turk, che ha definito l’incontro "storico" per “una collaborazione più ampia ed approfondita”. Alla Slovenia il presidente Napolitano ha riconosciuto in appena 16 anni molti successi: l'indipendenza, l'adesione all'Unione Europea e alla NATO, l'ingresso nell'euro, un anno fa, e due settimane fa nell'area Schengen, ed infine la presidenza UE, dal primo gennaio 2008. In giornata, previsto anche un colloquio di Napolitano con il primo ministro sloveno, Janez Jansa, una visita all'Assemblea nazionale e un incontro con i rappresentanti della minoranza italiana. A tale proposito, il capo di Stato italiano ha sottolineato che la presenza in Italia e Slovenia di minoranze nazionali è “una ricchezza da tutelare”.
     
    Emergenza rifiuti in Campania: nuovi appelli a collaborare
    In Italia, nessun intervento risolutivo per l’emergenza rifiuti nella regione Campania, mentre restano chiuse le scuole nella provincia napoletana. In giornata, si aspetta una decisione definitiva del Commissario governativo, Gianni De Gennaro, sul sito di Pianura, individuato nei giorni scorsi per l'apertura di una discarica a Napoli, dove sono oltre 7000 le tonnellate di spazzatura non raccolte. Resta pure alta la tensione intorno ai siti scelti per smaltire l’immondizia della Campania, dopo i disordini in Sardegna e in Sicilia. Intanto, continua il rimpallo di responsabilità fra le autorità competenti e le forze politiche, e sono caduti nel vuoto gli appelli a collaborare.
     
    Italia: querelle sulla legge elettorale e riforma delle comunicazioni
    Si accende il dibattito tra le forze politiche italiane per un’intesa sulla nuova legge elettorale. Il capo dell’opposizione, Silvio Berlusconi, leader di Forza Italia, ha posto l’affossamento del disegno di Legge sulle Comunicazioni del Ministro Gentiloni, all’esame del parlamento, quale condizione per un accordo, dichiarando testualmente “l'impossibilità di una futura collaborazione con un governo che si macchiasse di una simile nefandezza, inconcepibile in una vera democrazia''.
     
    Oro: nuovo record a 911,10 dollari l'oncia
    L'oro ha toccato quota 911,10 dollari l'oncia al mercato di Londra, segnando un nuovo record storico. Ad alimentare gli acquisti del metallo giallo, la debolezza del dollaro e le ombre sull'economia americana che fanno emergere l'oro come un porto sicuro per gli investitori. (Panoramica internazionale a cura di Roberta Gisotti)
     
    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LII no. 14 

     E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sulla home page del sito www.radiovaticana.org/italiano.

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