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Sommario del 02/01/2008

Il Papa e la Santa Sede

  • Alla prima udienza generale dell'anno, il Papa parla di Maria "Madre di Dio" e le affida il 2008: ci guidi sulle "vie del bene"
  • Nomine
  • La Chiesa celebra la memoria dei Santi Basilio Magno e Gregorio Nazianzeno. Il Papa: difesero il Mistero della Trinità contro opinioni "politicamente corrette"
  • 2008, Anno europeo del dialogo interculturale: la riflessione del cardinale Tauran
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • Le violenze in Kenya: si parla di pulizia etnica
  • Un altro anno nero per la libertà di stampa: Iraq, Somalia e Pakistan i Paesi più a rischio per i giornalisti
  • I giovani dell'Azione Cattolica, pellegrini in Terra Santa, visitano l'ospedale pediatrico di Betlemme
  • Un anno fa, l'ingresso della Bulgaria nella UE. Intervista con l'ambasciatore, Atanas Mladenov
  • Chiesa e Società

  • India: i cristiani dell'Orissa, colpiti nei giorni scorsi da violenze e attacchi, continuano a vivere nella paura
  • Abolita la pena di morte in Uzbekistan, primo Paese dopo la moratoria dell'ONU
  • In Uganda appello delle Chiese contro la pena di morte
  • Manifestazioni contro la guerra in 380 città, promosse dalla Comunità di Sant'Egidio
  • Il cardinale Ruini chiede una moratoria degli aborti
  • Il cardinale Bagnasco: su famiglia e vita "la Chiesa non può tacere"
  • Allarmanti i livelli di malnutrizione nel Darfur
  • Uccisa un’operatrice umanitaria francese in Burundi
  • Aiuti umanitari alle vittime del maltempo a Giava, in Indonesia: il bilancio, finora, è di almeno 112 morti
  • L’auspicio dei vescovi sloveni per sostenere la presidenza dell’UE
  • In India protesta di cattolici contro la creazione di zone economiche esclusive e l’espropriazione di terreni
  • Nelle Filippine l’arcivescovo di Davao esorta cattolici e musulmani a proseguire sulla strada del dialogo interreligioso
  • I vescovi della Papua indonesiana contro le violazioni della legge sull’autonomia speciale delle regioni
  • “Mobilitazione a tutti i livelli”: l’appello di don Silvio Sassi in occasione dell’Anno Paolino
  • Nasce a Treviso una nuova "scuola" di musica sacra: "una grande conquista per la città", commenta il vescovo
  • 24 Ore nel Mondo

  • Ancora violenza nella Striscia di Gaza mentre volge al termine l'odissea dei pellegrini palestinesi di rientro dalla Mecca
  • Il Papa e la Santa Sede



    Alla prima udienza generale dell'anno, il Papa parla di Maria "Madre di Dio" e le affida il 2008: ci guidi sulle "vie del bene"

    ◊   Una catechesi su Maria “Madre di Dio” - il titolo con il quale la Chiesa invoca la Vergine il primo dell’anno - è stata svolta questa mattina da Benedetto XVI nella prima udienza generale del 2008. Il Papa ha parlato in Aula Paolo VI davanti a circa settemila persone, sviluppando una riflessione mariana tra storia e spiritualità, affidando alla Madonna l’anno appena iniziato perché, ha detto, ci aiuti “a camminare più speditamente sulle vie del bene”. Il servizio di Alessandro De Carolis:


    “Immacolata Concezione”, “Assunta”, “Madre della Chiesa”. Di tutti i grandi titoli con i quali la Madonna viene invocata, ce n’è uno al quale tutti si riconducono, il primo e il più antico riconosciuto dalla Chiesa: Maria come Theotokos, cioè “Madre di Dio”. Fin dal terzo secolo, i cristiani - ha ricordato Benedetto XVI - avevano subito sviluppato una profonda devozione verso Colei che aveva offerto se stessa al mistero dell’Incarnazione. Una devozione strettamente legata alle “accese discussioni” che a quell’epoca erano sorte attorno alla persona di Cristo. Con il titolo di Theotokos, ha spiegato il Papa, si intendeva riconoscere che “Cristo è Dio ed è realmente nato come uomo da Maria”, preservandone così “la sua unità di vero Dio e di vero uomo”. Verità poi confermata solennemente nel Concilio di Efeso del 431:

     
    “La qualifica di Madre di Dio, così profondamente legata alle festività natalizie, è pertanto l'appellativo fondamentale con cui la Comunità dei credenti onora, potremmo dire, da sempre la Vergine Santa. Essa esprime bene la missione di Maria nella storia della salvezza. Tutti gli altri titoli attribuiti alla Madonna trovano il loro fondamento nella sua vocazione ad essere la Madre del Redentore, la creatura umana eletta da Dio per realizzare il piano della salvezza, incentrato sul grande mistero dell'incarnazione del Verbo divino”.
     
    “La devozione del popolo cristiano - ha proseguito Benedetto XVI - ha sempre considerato la nascita di Gesù e la divina maternità di Maria come due aspetti dello stesso mistero dell’Incarnazione del Verbo”:

     
    “E perciò non ha mai considerato la Natività come una cosa del passato. Noi siamo ‘contemporanei’ dei pastori, dei magi, di Simeone e di Anna, e mentre andiamo con loro siamo pieni di gioia, perchè Dio ha voluto essere il Dio con noi ed ha una madre, che è la nostra Madre”.

     
    L’essere definita come “Madre di Dio” è stato il primo dei privilegi poi attribuiti alla Madonna, via via riconosciuta come immune dal peccato originale al momento della nascita e quindi priva della corruzione del corpo al momento della morte. Nel 1964, durante il Vaticano II, Paolo VI attribuì alla Vergine anche il titolo di “Madre della Chiesa”: una qualità - ha commentato con delicatezza il Pontefice - che avvicina ancor più la Madonna al cuore di ognuno:

     
    “Sappiamo che tutti questi privilegi non sono concessi per allontanare Maria da noi, ma al contrario per renderla vicina; infatti, essendo totalmente con Dio, questa Donna è vicinissima a noi e ci aiuta come madre e come sorella”.

     
    L’udienza che Benedetto XVI aveva introdotto con la bella e antichissima benedizione contenuta nel Libro dei Numeri – “Ti benedica il Signore e ti protegga. Il Signore faccia brillare su di te il suo volto e ti sia propizio. Il Signore rivolga su di te il suo volto e ti conceda pace” - è stata conclusa dal Papa con i consueti saluti nella varie lingue, fra i quali quello ai nuovi sacerdoti dei Legionari di Cristo, e da un nuovo augurio di intenzione mariana:

     
    “Che il nuovo anno, iniziato sotto il segno della Vergine Maria, ci faccia sentire più vivamente la sua presenza materna, così che, sostenuti e confortati dalla protezione della Vergine, possiamo contemplare con occhi rinnovati il volto del suo Figlio Gesù e camminare più speditamente sulle vie del bene. Ancora una volta, Buon Anno a tutti!”

    (applausi)

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    Nomine

    ◊   Il Santo Padre ha accettato la rinuncia al governo pastorale della diocesi di Sale, in Australia, presentata da mons. Jeremiah Joseph Coffey per raggiunti limiti di età.

    In Brasile, il Papa ha nominato vescovo di Uberlândia mons. Paulo Francisco Machado, finora vescovo titolare di Caliabria e ausiliare di Juiz de Fora. Mons. Paulo Francisco Machado è nato il 13 ottobre 1952, nella città di Andorinhas, municipio di Magé, nello Stato di Rio de Janeiro ed in diocesi di Petrópolis. E’ stato ordinato sacerdote l’11 dicembre del 1977. Il 12 maggio 2004 è stato nominato vescovo titolare di Caliabria e ausiliare di Juiz de Fora, ed ha ricevuto l’ordinazione episcopale il 25 luglio successivo.

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    La Chiesa celebra la memoria dei Santi Basilio Magno e Gregorio Nazianzeno. Il Papa: difesero il Mistero della Trinità contro opinioni "politicamente corrette"

    ◊   Oggi celebriamo la memoria di due grandi vescovi e dottori della Chiesa: San Basilio Magno e San Gregorio Nazianzeno. Entrambi vissuti nel IV secolo in Cappadocia, l’attuale Turchia, difesero la fede dalle prime eresie che riguardavano in particolare la Trinità. Il Papa ha dedicato ai due Padri della Chiesa quattro catechesi durante le udienze generali nella scorsa estate. Ce ne parla Sergio Centofanti.


    Due grandi Santi e due grandi amici, Basilio e Gregorio nascono entrambi nel 330. Sono attratti dalla vita monastica, affascinati dalla preghiera e dalla meditazione delle Sacre Scritture. Ma per il loro carisma sono fatti vescovi e accolgono questa chiamata per obbedienza – sottolinea il Papa – accettando di essere portati dalla Provvidenza là dove non volevano andare. Difendono il Mistero della Trinità proclamando la divinità di Cristo e dello Spirito Santo, contro l’opinione della maggioranza e dello stesso imperatore che - afferma il Papa – non considerava “politicamente corretto” un mistero così grande. Basilio, raffinato teologo, univa contemplazione e azione:

     
    “Basilio si preoccupò costantemente delle difficili condizioni materiali in cui vivevano i fedeli; denunciò con fermezza i mali; si impegnò a favore dei più poveri ed emarginati; intervenne anche presso i governanti per alleviare le sofferenze della popolazione, soprattutto in momenti di calamità; vigilò per la libertà della Chiesa, contrapponendosi anche ai potenti per difendere il diritto di professare la vera fede”.

     
    Aveva lo sguardo fisso su Cristo nel cui volto divino scorgeva quello dell'uomo, in particolare dei più bisognosi:

     
    "Il pensiero profondo di Basilio appare bene in questa frase suggestiva: «Tutti i bisognosi guardano le nostre mani, come noi stessi guardiamo quelle di Dio, quando siamo nel bisogno» … nelle disgrazie degli altri, dobbiamo beneficare noi stessi, e fare prestito a Dio della nostra misericordia, perché abbiamo bisogno di misericordia”.

     
    San Gregorio Nazianzeno, uomo mite e sensibile fino alla timidezza, cercava l’unità della Chiesa, ma dovette subire contrasti e opposizioni laceranti. Voleva la pace e riceveva guerra. Ma la sua forza – ricorda il Papa – era la preghiera:

     
    “Egli afferma che «è necessario ricordarsi di Dio più spesso di quanto si respiri», perché la preghiera è l'incontro della sete di Dio con la nostra sete. Dio ha sete che noi abbiamo sete di Lui. Nella preghiera noi dobbiamo rivolgere il nostro cuore a Dio, per consegnarci a Lui come offerta da purificare e trasformare. Nella preghiera noi vediamo tutto alla luce di Cristo, lasciamo cadere le nostre maschere e ci immergiamo nella verità e nell'ascolto di Dio, alimentando il fuoco dell'amore”.

     
    San Gregorio Nazianzeno – sottolinea il Papa – è stato un grande teologo, un grande oratore e un fine poeta: eppure era ben conscio di essere poca cosa:

     
    “Continuamente il santo Vescovo chiede aiuto a Cristo, per essere rialzato e riprendere il cammino e dice: «Sono stato deluso, o mio Cristo, / per il mio troppo presumere: / dalle altezze sono caduto molto in basso. / Ma rialzami di nuovo ora, poiché vedo / che da me stesso mi sono ingannato; / se troppo ancora confiderò in me stesso, / subito cadrò, e la caduta sarà fatale». Gregorio, dunque, ha sentito il bisogno di avvicinarsi a Dio per superare la stanchezza del proprio io … Per lui, nel dramma di una vita su cui pesava la coscienza della propria debolezza e della propria miseria, l’esperienza dell’amore di Dio ha sempre avuto il sopravvento”.

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    2008, Anno europeo del dialogo interculturale: la riflessione del cardinale Tauran

    ◊   Il 2008 è l'Anno europeo del dialogo interculturale, proclamato dalla Commissione di Bruxelles all'insegna del motto "Insieme nella diversità". L'iniziativa mira ad una convivenza armoniosa tra i cittadini europei attraverso la comprensione dei vantaggi della ricchezza culturale. Il cardinale Jean-Louis Tauran, presidente del Pontificio Consiglio per il dialogo interreligioso, ha sottolineato in proposito che “non c’è cultura senza religione e non c’è religione senza cultura". Ma all’interno di questo dialogo tra le culture come si colloca il dialogo interreligioso? ascoltiamo il cardinale Tauran, al microfono di Giovanni Peduto:

     
    R. - Il dialogo interreligioso, evidentemente si colloca al livello del rapporto fra l’uomo e Dio; dell’uomo che si pone delle domande sul senso della vita, sul senso della morte, sul senso del male … E’ a questo livello che si colloca il dialogo interreligioso. Perché? Perché penso che la fede parla della grandezza dell’uomo, parla di un umanesimo che non distrugge la cultura, ma che la arricchisce. Nel dialogo interreligioso c’è una pedagogia che aiuta a prendere coscienza dell’unità del genere umano, della dignità della persona e che sboccia fatalmente nelle esigenze del perdono e della conoscenza reciproca.

     
    D. - Il magistero di Papa Benedetto XVI sul dialogo tra fede e ragione trova una sua dimensione precisa nell’ambito di dialogo interculturale e interreligioso. Come si potrebbe riassumere questo incontro?

     
    R. - Il Papa ha detto che bisogna avere il coraggio di aprirsi alla ragione, di non negare la ragione, ma di aprirsi ad essa. Nella sua lezione di Ratisbona ci ha ricordato che non agire secondo la ragione, non agire con il Logos, è in contraddizione con la natura di Dio. Dunque, siamo sempre portati a ritrovare, attraverso questo dialogo fra le culture e le religioni, il senso del divino. L’uomo non vive solo di pane, ma vive anche di cultura e di preghiera. E non dobbiamo dimenticare che il linguaggio delle religioni è la preghiera.
     
    D. - Eminenza, da un’ottica più ampia e meno contingente, nel mondo di oggi, come sintetizzare il rapporto tra fede e cultura alla luce delle sfide odierne?

     
    R. - In effetti, è una grande sfida. Il Papa Paolo VI, che era un uomo di grande cultura, direi un umanista nel senso classico della parola, considerava la separazione fra la cultura e il Vangelo come il dramma più grande dei nostri tempi. Credo che in questo senso è stato un profeta. Siamo chiamati a riconciliare cultura e fede e a fare scoprire ai nostri contemporanei che abbiamo bisogno di credere per vivere bene. Un uomo che non prega è un uomo mutilato nella sua umanità. Perché l’uomo è fatto per pregare, per essere in relazione con Dio, per vivere aldilà delle cose materiali e trovare un senso definitivo a tutte le grandi domande che si pone. Credo anche che nel dialogo interreligioso è importante sottolineare che, alla fine, è la preghiera quella che può cambiare il cuore dell’uomo. Tendiamo a dimenticare che quando un uomo prega, quando si inginocchia, si trova al suo livello massimo ed è questo particolare momento che dobbiamo cercare di capire. Le religioni hanno per missione di spingere l’uomo ad agire con giustizia, ad amare la misericordia, a camminare umilmente con il suo Dio. E’ quello che dice il profeta Michea nella Bibbia.

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   Occorre aggiornare la legge sull'aborto. L'intervento del cardinale Camillo Ruini nel dibattito relativo alla legge 194.

    Anche strozzini, briganti e prostitute fra i donatori annotati negli antichi registri della Fabbrica del Duomo di Milano. In cultura, Silvia Guidi su una ricerca condotta negli Stati Uniti.

    Un articolo di Francesco Di Felice sulla crisi spirituale e sulla conversione del romanziere Joris-Karl Huysmans, morto cent'anni fa.

    Fabrizio Bisconti sull'iconografia di Santa Maria Maggiore, quasi un manifesto del Concilio di Efeso.

    In evidenza, nell'informazione internazionale, il Kenya, dove dilagano gli scontri. Cinquanta morti in una chiesa data alle fiamme. Migliaia di persone in fuga.

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    Oggi in Primo Piano



    Le violenze in Kenya: si parla di pulizia etnica

    ◊   Non si attenua la tensione in Kenya: oltre 300 i morti negli scontri di questi giorni. E si parla anche di pulizia etnica. Sotto accusa la regolarità delle elezioni che hanno visto la riconferma del presidente Kibaki. Si teme intanto per la manifestazione convocata per domani dal leader dell'opposizione Odinga. Il servizio di Francesca Fialdini.


    Il livello d'irregolarità commesso "da entrambe le parti" nelle recenti elezioni presidenziali in Kenya e' "inaccettabile", questo il commento del ministro degli Esteri britannico David Miliband in un'intervista concessa alla Bbc. Dopo UE, Stati Uniti, Canada e Giappone anche il presidente della commissione elettorale keniota ha espresso dubbi sulla correttezza delle votazioni che hanno portato alla vittoria il capo di Stato Kibaki. E mentre si parla di sanzioni contro Nairobi, i ministri del governo hanno lanciato accuse pesanti ai leader dell’opposizione: quelle di pulizia etnica contro la tribù dei kikuyo di cui fa parte lo stesso Kibaki. Il riferimento è alla morte di oltre 300 persone, dovute agli atti di violenza dei giorni scorsi, il più grave dei quali l’incendio della chiesa pentecostale di Eldoret, nella regione occidentale. Le vittime si erano rifugiate nell'edificio per sfuggire agli scontri tra fazioni, scoppiate dopo la contestata vittoria elettorale. Dal 27 dicembre, sarebbero già settantamila gli sfollati, secondo la Croce Rossa keniota, che definisce il dramma come una vera e propria calamità nazionale. Dagli Stati Uniti è giunto l’appello del segretario di Stato Condoleezza Rice, che in un comunicato congiunto con Londra ha chiesto ai dirigenti keniani di dare prova di spirito di compromesso mettendo davanti a tutto gli interessi del Paese.

    Sulla situazione in Kenya, Salvatore Sabatino ha raccolto la testimonianza di padre Renato Kizito Sesana, direttore della rivista dei missionari comboniani “Nigrizia”, raggiunto telefonicamente a Nairobi:


    R. – Ormai la situazione qui si è calmata. Resta tensione, perché domani è annunciata una manifestazione dell’opposizione e si teme ci siano altri scontri, anche perché purtroppo questa manifestazione è stata organizzata per poter avere dei morti. L’opposizione vuole a tutti i costi tenere vivo lo scontro e questa è la realtà tragica. Noi speriamo che la diplomazia internazionale, che sta cercando di intervenire in queste ore, riesca a fermare la cosa e a convincere il presidente e l’opposizione a sedersi ad un tavolo e a dialogare.

     
    D. – Una soluzione politica potrebbe essere anche il governo di unità nazionale, così come auspicato dal premier britannico Gordon Brown?

     
    R. – Un governo di unità nazionale con un obiettivo preciso: ridare entro tre mesi, per esempio, una nuova Costituzione, una Costituzione che preveda di avere un presidente, di avere un primo ministro, in modo che si possano accontentare entrambi. Non c’è una differenza politica, c’è una differenza tribale, che è stata volutamente esacerbata da alcuni, in particolare – bisogna dirlo – dall’opposizione, che ha creato una tensione molto grande. La sostanza è semplicemente una questione di potere: “Io voglio essere il presidente”.

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    Un altro anno nero per la libertà di stampa: Iraq, Somalia e Pakistan i Paesi più a rischio per i giornalisti

    ◊   La libertà di stampa, un diritto calpestato ogni giorno in molti Paesi, attraverso censure e chiusure di agenzie, giornali, siti web, fino al rapimento, all’arresto, all’omicidio di operatori dell’informazione: almeno 86 i giornalisti e 20 i collaboratori di media uccisi nel 2007. Lo rivela il rapporto di “Reporter senza frontiere” pubblicato oggi. Il servizio di Roberta Gisotti:


    106 i professionisti dell’informazione morti ammazzati lo scorso anno per motivi legati al proprio lavoro. Numerosi altri i casi non accertati di morti sospette o accidentali. A questa lista della vergogna che lede il diritto di tutti alla libertà d’espressione si aggiungono 67 giornalisti rapiti, 887 arrestati, 1511 aggrediti e minacciati, 528 media censurati; e ancora sul fronte Internet 37 blogger arrestati, 21 aggrediti, 2676 siti chiusi o sospesi.

     
    In aumento costante le vittime negli ultimi 5 anni, dal 2002 ad oggi l’incremento è stato del 244 per cento. Oltre la metà degli omicidi del 2007 si è consumato in Iraq, dove dall’inizio della guerra nel 2003 sono morti 207 operatori dei media, più che nella guerra del Vietnam, nel conflitto nell’ex Jugoslavia e nel genocidio rwandese. Seguono la Somalia con 8 morti ed il Pakistan con 6 vittime nel 2007.

     
    Ad aggravare la situazione è l’impunità: quasi il 90 per cento degli assassinii restano del tutto o in parte impuniti.

     
    14 i giornalisti tutt’ora sotto sequestro, tutti in Iraq, 135 quelli in carcere nel mondo intero, oltre a 65 ciberdissidenti detenuti, massima parte in Cina, principale censore del web, insieme alla Birmania e alla Siria. Preoccupati anche i corrispondenti esteri di Pechino che oggi denunciano ripetute intimidazioni e aggressioni a giornalisti stranieri, nonostante le regole più liberali in vigore da un anno, in obbligo agli impegni presi dalla Cina con la comunità internazionale per le Olimpiadi e le Paraolimpiadi di quest’anno.

     
    L’unica buona notizia di un altro anno ‘nero’ per la libertà di stampa arriva dalla Colombia: nessuna vittima. Non succedeva da 15 anni.

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    I giovani dell'Azione Cattolica, pellegrini in Terra Santa, visitano l'ospedale pediatrico di Betlemme

    ◊   In Terra Santa, continua il pellegrinaggio di 150 giovani dell’Azione Cattolica provenienti da 27 Paesi di 4 continenti. Il programma del viaggio, organizzato per celebrare i 40 anni della Giornata mondiale della Pace, prevede oltre alla visita dei luoghi Santi, anche incontri con comunità cristiane locali. Ieri, i ragazzi hanno ricevuto dal patriarca latino di Gerusalemme, Michel Sabbah, una lampada a forma di colomba, con l'invito a portare la pace all'umanità. Nel pomeriggio di sabato, i giovani hanno inoltre visitato a Betlemme il Caritas Baby Hospital, l’unico ospedale pediatrico in Cisgiordania. Le Suore Francescane Elisabettiane hanno illustrato il lavoro nei reparti ed espresso preoccupazione per l'aumento di malattie pediatriche croniche. La causa principale è dovuta alla frequenza dei matrimoni tra consanguinei nei villaggi palestinesi isolati dal muro. Ma cosa significa accogliere e curare i bambini in una realtà come quella palestinese? Risponde, al microfono di Fabio Colagrande, suor Donatella Alessio, del Caritas Baby Hospital:


    R. - Per noi, accogliere i bimbi, significa avvolgerli in fasce come ha fatto Maria con suo Figlio, il Dio Altissimo che si è fatto bambino. E' la cosa più grande e più bella che possa capitare a delle donne, a delle suore che hanno dato la loro vita a piccoli figli che continuamente ci giungono e dei quali noi dobbiamo prenderci cura.

     
    D. - Nell’anno passato, decine di migliaia di bambini sono stati assistiti nel vostro ospedale. Il numero è in aumento visto che il tasso di natalità in Palestina molto alto. La fine dell’anno è anche un’occasione per guardarsi indietro, un anno come sempre fatto di sofferenze, di dolori ma anche di gioia: cosa ricorderà, suor Donatella, di questo anno appena passato?

     
    R. - Una cosa che mi preme dire è che nel 2007 abbiamo dato 34 mila volte la speranza, nel senso che abbiamo ricevuto 34 mila bambini. Ci sono bambini che arrivano malati - qualcuno anche in fin di vita - e che riescono a tornare a casa con il sorriso sulle labbra e con il sorriso soprattutto della mamma. E' grande la felicità delle mamme di poter riavere i loro bambini sani, anche se qualche volta ci capita anche di dover accompagnare verso la morte qualcuno...

     
    D. - Segni della crisi economica sono ancora forti a Betlemme. Da questo punto di vista, i bambini che voi curate, le famiglie che voi incontrate, sono famiglie che lottano con la povertà. Immagino che questo porti ad una situazione sociale, e quindi anche sanitaria, particolare...

     
    R. - Quest’anno, la povertà è aumentata, soprattutto la svalutazione del dollaro ha fatto sì che tante famiglie del ceto medio entrassero nel ceto povero e noi lo vediamo ogni giorno: arrivano bambini con problemi alimentari, soprattutto perché non tutte le famiglie riescono a sostenere, da un punto di vista alimentare, i bambini. E’ diminuita anche tanto l’occupazione e questo è un segno molto forte: famiglie intere si trovano a non avere lo stipendio, né a poter portare avanti una famiglia. Si spera in un tempo migliore.

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    Un anno fa, l'ingresso della Bulgaria nella UE. Intervista con l'ambasciatore, Atanas Mladenov

    ◊   La Bulgaria ha ricordato ieri il primo anniversario del suo ingresso nell'Unione Europea. Dopo oltre 40 anni di regime comunista, dal 1946 al 1989, la Bulgaria aveva aderito alla NATO nel 2004. Ma che bilancio fare di questo primo anno nella struttura comunitaria? Il collega Dimitri Gancev lo ha chiesto all'ambasciatore della Repubblica bulgara in Italia, Atanas Mladenov:


    R. - La strada della Bulgaria verso l’UE era una lunga strada piena di sfide e molto lavoro e certamente - lo sappiamo tutti - il primo anno di ogni ingresso, il primo anno di ogni organismo, è molto importante. Decisamente, il bilancio del primo anno dell'ingresso della Bulgaria è positivo. Potrei paragonare questo anno con i primi passi di un bambino. La Bulgaria si è alzata è ha imparato a camminare con i suoi passi nell’UE.

     
    D. - Secondo lei, che vantaggi e svantaggi ha avuto questo ingresso nella famiglia europea?

     
    R. - Francamente, io vedo la parte vantaggiosa di questo ingresso. Possiamo vederla in tutti settori della nostra vita, perchè il processo dell'integrazione europea - che è legato alle riforme profonde della nostra società, sia politiche che economiche, culturali, sociali - ha dato una spinta per lo sviluppo di tutti questi settori. Economicamente, la Bulgaria entra in un grande mercato, si aprono nuove possibilità per il business bulgaro, per le esportazioni dal nostro Paese e per un più attivo interscambio con i nostri partner. Per la cultura, la Bulgaria ha una lunga storia europea: fa parte della vita culturale europea dai tempi antichi. Dunque, adesso, la Bulgaria può contribuire alle diversità culturali della grande famiglia europea. Dal punto di vista umano, dei contatti, la libera circolazione dei nostri cittadini crea più e nuove possibilità per la loro realizzazione nel contesto europeo. Possiamo menzionare, in concreto, la realizzazione del terzo Incontro dei media bulgari nel mondo, svoltosi nel maggio scorso a Roma - con la partecipazione del primo ministro, Sergey Stanishev, e del ministro degli Esteri, Ivaylo Kalfm - che ha visto il successo con la grande partecipazione di tutti i nostri media. Parlando del bilancio del primo anno dell'ingresso della Bulgaria nell'UE, vorrei sottolineare l’ambizione della Bulgaria di essere non soltanto un membro di una grande famiglia, ma anche di contribuire, di essere un buon partner per gli altri 27 Paesi della Comunità. Potremmo contribuire in diversi settori: per esempio nel Kosovo, parlando dei progetti paneuropei, come il corridoio N.8 con l'Italia, anche nella politica energetica comune. Parlando anche dei vantaggi, vorrei sottolineare l'importanza della solidarietà europea. Per noi, una forte dimostrazione di questa solidarietà era proprio la soluzione positiva delle infermiere Bulgare a Bengazi. Veramente, siamo grati ai nostri partner europei per la loro solidarietà e aiuto per risolvere questo caso.

     
    D. - Com’è stato l'inserimento dei Bulgari nella società italiana durante questo primo anno europeo, come si è sviluppato il processo di emigrazione?

     
    R. - Questa è una domanda importante perché, come ho detto, i primi anni sono decisivi, anche dal punto di vista del come la Bulgaria si integrerà nella famiglia europea, cioè come i cittadini Bulgari si inseriranno nella società, in questo caso italiana. Mi sembra che i nostri connazionali si inseriscano bene. Abbiamo una importante comunità bulgara in Italia, sono buon lavoratori, contribuiscono al dinamismo economico dell'Italia. Sono felice di dire che praticamente noi non abbiamo problemi di associazione con la criminalità e problemi di questo genere. Vorrei sottolineare che lavoriamo sullo sviluppo dei contatti a livello regionale e locale. Dunque, si svolge un processo di “gemellaggi” a diversi livelli tra città, regioni e province, tra la Bulgaria e Italia, e mi sembra che dobbiamo lavorare per sostenere questo sviluppo nel futuro, perchè si tratta di contatti a livello umano, delle autorità locali, molto utili per l’inserimento successivo dei cittadini bulgari in Italia. L’agenda dell’anno scorso era piena anche di iniziative culturali. Con la partecipazione dell’ambasciata, sono stati realizzati diversi eventi culturali anche con l’aiuto e la partecipazione della Radio Vaticana: il concerto del coro ortodosso “Ioan Kukusel” nella Basilica, di Santa Maria Maggiore, e il coro di canti ortodossi nella Basilica di Santa Maria degli Angeli e dei Martiri a Roma. Dieci giorni fa, si è esibito il gruppo folcloristico “Bistrishki babi e nipoti”, riconosciuto dall'UNESCO come tesoro straordinario del patrimonio mondiale. Questa è una dimostrazione della nostra potenzialità di contribuire alle diversità culturali nell’Europa e dare più visibilità alla Bulgaria come nuovo membro della Comunità Europea in Italia.

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    Chiesa e Società



    India: i cristiani dell'Orissa, colpiti nei giorni scorsi da violenze e attacchi, continuano a vivere nella paura

    ◊   La comunità cristiana in India  “continua a vivere nell’ansia e nella paura”, mentre la Chiesa in Orissa sperimenta un “autentico Calvario”. Attivisti per i diritti delle minoranze e diversi esponenti della Chiesa cattolica – riferisce l’agenzia AsiaNews - denunciano che sono ancora numerosi i cristiani, per lo più tribali, che per paura di attacchi rimangono nascosti. Non è stato ancora diffuso un bilancio ufficiale delle vittime e la polizia non permette a personale cristiano di condurre proprie indagini. Un memorandum degli incidenti di Natale è stato presentato alla Commissione nazionale per i diritti umani. Secondo questo rapporto sono 6 i morti; 70 tra chiese e istituzioni attaccate, distrutte o date alle fiamme. Sarebbero inoltre più di 600 le case cristiane danneggiate. Nel memorandum si chiede poi alle autorità maggiore sicurezza soprattutto nei distretti di Kandhamal e Gasatati ed un risarcimento ai familiari delle vittime. E’, soprattutto, un’inchiesta e provvedimenti seri nei riguardi delle forze di polizia e altri funzionari che non hanno protetto in modo adeguato i cittadini. Le violenze sono iniziate alla vigilia di Natale, quando alcuni militanti fondamentalisti indù hanno annunciato scioperi, blocchi e proteste contro i festeggiamenti del Natale da parte dei cristiani. Il giorno successivo è stato impedito ai fedeli di partecipare alla Messa natalizia. Sono seguiti violenti scontri nei quali è anche rimasto ferito il leader del partito induista. L’episodio ha poi scatenato nuovi, drammatici attacchi contro luoghi di culto cristiani. Ma in questo clima di violenze non manca la forza del perdono: la vedova di un missionario ucciso in un attentato del 1999, costato la vita anche ai due figli, ha ricordato proprio l’importanza del perdono. La donna, l’australiana Gladys Staines, ha invitato infine i leader politici a riportare “l’armonia” tra le comunità nel rispetto di tutti. (A.L.)

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    Abolita la pena di morte in Uzbekistan, primo Paese dopo la moratoria dell'ONU

    ◊   Ieri, 1° gennaio 2008, è stata abolita la pena di morte in Uzbekistan, che diventa così il 134.mo paese abolizionista del mondo e il terzo dopo l’Asia Centrale ex Sovietica, il Turkmenistan e il Kirghizistan. Significativo in tal senso il fatto che l’Uzbekistan sia stato il primo Paese ad abolire la pena di morte dopo la moratoria approvata dall’ONU il 18 dicembre scorso. La decisione, prevista dal decreto presidenziale del 1 agosto 2005, è stata confermata dalla Corte Suprema il 1° gennaio 2008, dopo due anni di preparativi a cui hanno contribuito assiduamente il ‘Movimento della Madri contro la Pena di Morte’ e la Comunità di Sant’Egidio. Il ‘Movimento della Madri contro la Pena di Morte’, fondato da Tamara Chikunova, ha lavorato fin dal 2002 alla sensibilizzazione dell’opinione pubblica nazionale e internazionale sulla difesa dei condannati a morte e sulla sospensione delle esecuzioni. Tamara Chikunova, dalla sua tragica esperienza di madre che ha perso il suo unico figlio condannato a morte e ucciso per mano dello Stato, ha risvegliato la coscienza del mondo e da allora la Comunità di Sant’Egidio ha sostenuto la nascita e il lavoro dell’Associazione delle Madri, costituita da parenti delle persone giustiziate. Fino ad oggi sono stati salvati 21 condannati a morte grazie al supporto dell’Associazione di Tamara Chikunova, anche se è stata riconosciuta dallo Stato solo dopo l’intervento delle rappresentanze italiane ed europee a Tashkent. (C.C.)

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    In Uganda appello delle Chiese contro la pena di morte

    ◊   Il vescovo anglicano, Zac Niringiye, ha lanciato un appello in Uganda per promuovere la moratoria della pena di morte e ha invitato i cristiani ad unirsi a loro in questa battaglia. Il presule racconta di essere stato nelle prigioni e di aver incontrato più di 500 condannati al braccio della morte. Molti di questi - riferisce l’Osservatore Romano - hanno abbracciato la fede in carcere e si sono redenti. Secondo il vescovo, che ha ascoltato i racconti di molti detenuti, bisognerebbe dare loro la possibilità di ricominciare una nuova vita, questa volta nella grazia del Signore. Un altro appello lanciato dai vescovi dell’Uganda riguarda una questione irrisolta nel Paese, quella dei contrasti legati alla riforma della legge agraria. I leader religiosi hanno invitato il governo a trovare una soluzione pacifica per risolvere la questione della terra, puntando sul dialogo fra le parti interessate. “Noi tutti amiamo le nostre risorse naturali – hanno concluso i leader religiosi – e quindi è nostro dovere proteggerle. Se ci si ascoltasse reciprocamente con calma e attenzione, si potrebbero evitare molti problemi”. (C.C.)

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    Manifestazioni contro la guerra in 380 città, promosse dalla Comunità di Sant'Egidio

    ◊   A Roma e in altre 380 città di 65 Paesi nel mondo si è svolta ieri la “Marcia della pace in tutte le terre”, organizzata dalla Comunità di Sant’Egidio. A Roma, ai promotori e ai partecipanti è giunto anche, dopo l’Angelus, l’apprezzamento e l’incoraggiamento del Papa “ad essere sempre e dovunque testimoni di pace e di riconciliazione”. Intervenendo alla manifestazione romana, il presidente della Comunità di Sant’Egidio, Marco Impagliazzo, ha detto che “la pace è il bene necessario per vivere”. “Lo diciamo oggi – ha aggiunto – guardando ai tanti Paesi che vivono il dramma della guerra”. Dopo aver ricordato la difficile situazione in Stati sull’orlo della guerra civile, tra cui il Kenya e il Pakistan, il presidente della Comunità di Sant’Egidio ha rievocato il dramma di Paesi scossi dalle violenze come l’Iraq. In Terra Santa – ha poi detto Impagliazzo – “qualche nuova speranza di pace si sviluppa dall’incontro tra israeliani e palestinesi”. Per questo – ha sottolineato – la Comunità aveva invitato “cristiani e credenti di tutte le religioni ad unirsi contro la guerra: la pace – ha concluso Marco Impagliazzo – è possibile e la guerra non è inevitabile”. (A.L.)

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    Il cardinale Ruini chiede una moratoria degli aborti

    ◊   “Credo che dopo il risultato felice ottenuto riguardo alla pena di morte” sia molto logico richiamare il tema dell’aborto “e chiedere una moratoria, quantomeno per stimolare, risvegliare le coscienze di tutti, aiutare a rendersi conto che il bambino in seno alla madre è un essere umano e la sua soppressione è inevitabilmente la soppressione di un essere umano”. Con queste parole il cardinale Camillo Ruini ha risposto, in un’intervista rilasciata al Tg5, ad una domanda sulla proposta di una moratoria degli aborti lanciata da più parti, e in particolare dal giornalista Giuliano Ferrara, all'indomani dell'approvazione dell'ONU dell'analoga moratoria delle esecuzioni capitali. Il porporato – riferisce il quotidiano della Conferenza episcopale italiana, Avvenire - ha anche auspicato che in Italia venga applicata integralmente la legge 194 sull’interruzione di gravidanza che nel suo complesso vuole difendere la vita e non incentivare l'aborto. Si potrebbe inoltre aggiornare la normativa – ha proseguito il cardinale Ruini – rispetto al “progresso scientifico che, ad esempio, ha fatto fare grandi passi avanti alla sopravvivenza dei bambini prematuri”. Diventa veramente “inammissibile – ha concluso – procedere all’aborto ad una età del feto nella quale egli potrebbe vivere anche da solo”. (A.L.)

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    Il cardinale Bagnasco: su famiglia e vita "la Chiesa non può tacere"

    ◊   Il cardinale Angelo Bagnasco, arcivescovo di Genova e presidente della Conferenza episcopale italiana (CEI), ha parlato nel suo discorso di fine anno del valore della famiglia, insostituibile e ineguagliabile, fondata sul matrimonio, sorgente di vita. “La Chiesa non può tacere su questi temi”, ha affermato il cardinale all’agenzia Sir. “Si tratta di non tradire gli uomini che vedono nella Chiesa e nel suo Magistero un punto di riferimento, perché essa non parla per interessi proprii ma per il bene di tutti”. “Su moltissime questioni – ha aggiunto il cardinale Bagnasco - si possono e si devono trovare mediazioni sensate e costruttive”, ma vi sono “valori fondamentali” che “non ammettono compromessi”. L’arcivescovo, a conclusione del suo discorso, ha quindi ringraziato tutti coloro che hanno manifestato la loro vicinanza dando incoraggiamento a difendere e promuovere il valore della famiglia. (C.C.)

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    Allarmanti i livelli di malnutrizione nel Darfur

    ◊   L’insicurezza permanente e l’inadeguatezza dei programmi di assistenza sono alcuni dei fattori che hanno determinato, in Sudan, un deterioramento della crisi alimentare nella martoriata regione del Darfur. E’ quanto si sottolinea in un rapporto, realizzato congiuntamente da Nazioni Unite e dal governo di Khartoum, nel quale si raccomanda anche di proseguire e migliorare l’assistenza alimentare. Secondo la ricerca, il tasso di malnutrizione dei bambini con meno di cinque anni di età supera ormai il livello del 15%, internazionalmente riconosciuto come critico. I dati – riferisce inoltre l’agenzia missionaria MISNA - evidenziano poi che il tasso di malnutrizione è superiore al 20% in alcune zone della regione. Sul versante politico, intanto, Nazioni Unite e Unione Africana cercano di accelerare i tempi per l’invio di una missione congiunta. Tale missione è ufficialmente iniziata lunedì scorso: l’ONU ha autorizzato il dispiegamento di 26.000 peacekeeper, ma al momento se ne contano solo 9.000. Nel Darfur, territorio con una superficie di poco inferiore a quella della Francia e con circa 6 milioni di abitanti, sono inoltre presenti attualmente i contingenti di Rwanda, Sudafrica, Nigeria e Senegal. Ma il numero delle forze di pace sul terreno lascia prevedere che non si avranno immediate ripercussioni sulle condizioni di sicurezza dell’area. Il conflitto nella regione sudanese è scoppiato nel febbraio del 2003, quando guerriglieri di alcune tribù hanno fatto ricorso all’uso delle armi contro forze del governo arabo di Khartoum per rivendicare una maggiore partecipazione all’amministrazione del Paese e una più equa distribuzione della ricchezza nazionale. A questa situazione di grande tensione sono poi seguiti bombardamenti aerei e azioni militari delle forze sudanesi anche per sostenere le famigerate milizie arabe dei janjaweed, predoni a cavallo responsabili di indicibili violenze in villaggi abitati da popolazioni non arabe. Si stima che a causa di questi attacchi e di continui scontri tra forze governative e ribelli, siano morte almeno 200 mila persone. Gli sfollati sono oltre due milioni. (A.L.)

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    Uccisa un’operatrice umanitaria francese in Burundi

    ◊   In Burundi un uomo ha sparato contro l’auto su cui viaggiavano operatori umanitari dell’organizzazione “Action contre la faim”: una volontaria francese è stata uccisa e un’altra è rimasta gravemente ferita. Teatro del tragico episodio di violenza è la regione di Ruyigi, a 170 chilometri a est della capitale Bujumbura, una delle più pericolose del Paese. ‘Action contre la faim’ ha deciso di sospendere temporaneamente qualsiasi attività nello Stato africano. Il Burundi sta tentando di riemergere dalle ceneri della violenza guerra civile scoppiata nel 1993. Si stima che fino al 2005 il conflitto abbia causato oltre 300.000 morti. Due anni fa è stato eletto un governo di unità nazionale. (A.L.)

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    Aiuti umanitari alle vittime del maltempo a Giava, in Indonesia: il bilancio, finora, è di almeno 112 morti

    ◊   A Giava, l’isola più popolata dell’Indonesia, le forti piogge e le frane dovute al maltempo, hanno provocato almeno 112 morti e gravi danni al territorio. La Chiesa indonesiana sta provvedendo ad inviare aiuti alla popolazione che sta vivendo in condizioni precarie. Soltanto nel paese di Ledoksari per uno smottamento del terreno sono morte 35 persone e distrutte 11 case. Padre Antonius Banu Kurniyanto, in una dichiarazione resa all’agenzia Uca News, ha confermato che la sua parrocchia, nell’area di Surakarta, ha inviato vestiario e cibo; e anche una fondazione cattolica con sede a Semarang, ha provveduto alla spedizione di vestiti e generi alimentari. La Caritas del luogo sta provvedendo anch’essa ad inviare aiuti umanitari. (C.C.)

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    L’auspicio dei vescovi sloveni per sostenere la presidenza dell’UE

    ◊   I vescovi sloveni si sono pronunciati in modo favorevole sul semestre di presidenza della Slovenia nell’UE. In una lettera ai fedeli letta nelle messe di ieri, i presuli affermano che l’impegno assunto ha un’importanza superiore a qualsiasi altro preso precedentemente nella storia slovena. L’auspicio della Conferenza episcopale - rivela l’agenzia Sir - è che si dia attenzione a valori fondamentali, come pace e rispetto dei diritti umani; "la Slovenia - auspicano poi i presuli - possa riuscire a guardare ai problemi e a pensare in una dimensione europea e non locale". I vescovi considerano inoltre questa un’occasione per lo Stato sloveno, di svincolarsi dai retaggi del passato in cui è ancora a tratti prigioniero; "retaggi - sottolineano i presuli - che ostacolano il nostro sviluppo e la nostra libertà. L'Europa è portatrice di speranza - si legge nel messaggio. Ma solo se il successo economico e la competitività politica saranno sottomessi ai valori del rispetto, della solidarietà, della giustizia e della pace, come europei - affermano i vescovi sloveni - guarderemo con fiducia al futuro". (C.C.)

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    In India protesta di cattolici contro la creazione di zone economiche esclusive e l’espropriazione di terreni

    ◊   In due villaggi vicino a Mumbay, oltre 150 donne cattoliche hanno manifestato per protestare contro la creazione di una zona protetta dove è prevista anche la realizzazione di un’accademia giudiziaria per la formazione di giovani avvocati. La creazione nell’area di “una zona economica esclusiva” comporta l’espropriazione da parte del governo, per pubblica utilità, di gran parte dei terreni. La comunità cattolica è decisamente contraria a questo piano. Nella prima fase si prevede, in particolare, la creazione di una zona protetta di circa un migliaio di ettari ed in seguito potrà essere ampliata. Un parroco di Gorai ha affermato che “i fedeli sono rimasti sconcertati” quando sono stati avvisati che le loro case sarebbero state demolite. Un altro parroco – riferisce l’Osservatore Romano – ha aggiunto che “la realizzazione dell’opera avverrà in base ad una sottrazione illegale di terra”. (A.L.)

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    Nelle Filippine l’arcivescovo di Davao esorta cattolici e musulmani a proseguire sulla strada del dialogo interreligioso

    ◊   L’arcivescovo di Davao nelle Filippine, mons. Fernando Capalla, ha espresso speranze ma anche preoccupazioni dopo l’elezione del nuovo presidente della lega degli ulama che prenderà il posto di Mahid Mutilan, morto lo scorso 6 dicembre a seguito di un'imboscata tesa mentre stava tornando nella sua città, Marwi City. L’arcivescovo - rende noto l'Osservatore Romano - ha affermato che non sarà facile sostituire il presidente Mutilan, anche se i musulmani si sono dimostrati aperti al dialogo; ha spiegato che la sua morte potrebbe danneggiare i già difficili rapporti fra i gruppi cattolici e musulmani, considerando che il defunto presidente riceveva consensi da entrambe le parti. Il presule ha parlato inoltre con i membri di due partiti degli ulama, l’Ulp e l’Ompia, ma ha declinato il loro invito a partecipare all’incontro per l’elezione di un nuovo rappresentante dell’Ulp. L'arcivescovo ha esortato poi a proseguire sulla strada del dialogo interreligioso ricordando alcune tappe fondamentali del processo di pace condotto da Mutilan. Nel 1996 il presule e Mutilan avevano promosso l’istituzione di un forum tra i vescovi cattolici e gli ulama. Nel 2002 il forum è poi diventato una vera e propria conferenza che comprende vescovi, ulama, sacerdoti, pastori ed è attivo per promuovere la pace nel Paese. (C.C.)

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    I vescovi della Papua indonesiana contro le violazioni della legge sull’autonomia speciale delle regioni

    ◊   I leader di diverse confessioni religiose della Papua indonesiana hanno inviato al governo una protesta formale per le violazioni commesse contro l’autonomia della loro provincia, il distretto di Jayapura, in Indonesia orientale. I leader religiosi hanno scoperto che sono stati più volte violati gli articoli della legge 21 del 2001 sull’autonomia speciale delle regioni. La legge, ratificata dall’allora presidente Megawati Soekarnoputri, dispone di 24 capitoli e 79 articoli che salvaguardano e sviluppano i diritti della popolazione civile, condannando ogni tipo di disuguaglianza e ingiustizia sociale, politica e culturale. “Principi elevati, ma disattesi dal Governo e dagli interventi della forza pubblica”, ha dichiarato mons. Leo Laba Ladjar, vescovo cattolico della diocesi di Jayapura. “C’è stato un arresto dei programmi di sviluppo a causa dei mancati interventi della forza pubblica e si sono create divisioni tra gruppi etnici emarginando i lavoratori”, prosegue mons. Ladjar. “La divisione dei distretti in territori ha comportato la riduzione degli ‘ulayat’, i terreni comunali, scatenando scontri tra la popolazione locale”. Il presule - riferisce l'Osservatore Romano - ha espresso queste preoccupazioni durante un incontro di più di 50 leader religiosi tra buddisti, cattolici, indù, musulmani e protestanti in occasione del seminario ‘Dialoghi di sviluppo per una Papua pacifica’, tenutosi nei giorni scorsi a Sentani, capitale del distretto di Jayapura. A conclusione del seminario, i leader religiosi hanno invitato l'esecutivo centrale e i governi locali ad intervenire per ricomporre quelle fratture legali che hanno contribuito a creare tensioni nella regione. (C.C.)

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    “Mobilitazione a tutti i livelli”: l’appello di don Silvio Sassi in occasione dell’Anno Paolino

    ◊   E’ intitolata “Ti basta la mia grazia” la lettera che don Silvio Sassi, Superiore generale dei Paolini, ha inviato in occasione dell’Anno Paolino che si svolgerà dal 28 giugno 2008 al 29 giugno 2009 per celebrare il bimillenario della nascita di San Paolo. Don Sassi parla di questo evento ecclesiale internazionale come “di una vera e propria mobilitazione a tutti i livelli, in piena sintonia con l’opera e l’insegnamento del suo Fondatore”. La Società San Paolo, fondata nel 1914 ad Alba (Cuneo) da don Giacomo Alberione, è presente oggi in 32 nazioni, impegnata nella diffusione del messaggio cristiano. Tra gli eventi dell’anno presentati da don Sassi, un seminario internazionale su san Paolo aperto a tutta la Famiglia Paolina, in programma dal 19 al 29 aprile 2009, ed un “forum” sulla lettera citata, aperto alla “creatività” letteraria di ogni Paolino. (C.C.)

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    Nasce a Treviso una nuova "scuola" di musica sacra: "una grande conquista per la città", commenta il vescovo

    ◊   Promuovere la musica sacra, anche attraverso personale qualificato, e per la prima volta in Italia con una sinergia di "alto profilo qualitativo" tra un Conservatorio Statale ed una diocesi. Questo accade a Treviso – informa il quotidiano "Avvenire" – tra il Conservatorio "Agostino Steffani" di Castelfranco e l’Istituto diocesano di musica Sacra, che fa parte della Fondazione del Collegio vescovile Pio X. In questi giorni è stato formalizzato l’atto che dà il via al primo biennio specialistico in musica sacra, un diploma accademico sperimentale di secondo livello in discipline musicali a indirizzo interpretativo e compositivo.  "Con l’avvio di questo biennio siamo arrivati a realizzare un progetto di alta qualità", sottolinea il vescovo di Treviso mons. Andrea Bruno Mazzocatato, che "per la città e il territorio rappresenta una grande conquista nell’ambito della musica sacra, una delle principali espressioni della nostra tradizione musicale". Il corso che prepara maestri in musica concertistica, rituale e liturgica, "non vuole assumere una fisionomia confessionale, ma ispirandosi a criteri di intelligente laicità – spiega la Fondazione Pio X – intende preparare figure professionali culturalmente attrezzate per studiare, comprendere ed eseguire quel patrimonio di musica sacra e religiosamente ispirata che ci è stato consegnato dal nostro grande passato". (S.G.)

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    24 Ore nel Mondo



    Ancora violenza nella Striscia di Gaza mentre volge al termine l'odissea dei pellegrini palestinesi di rientro dalla Mecca

    ◊   Nuova giornata di violenze nella Striscia di Gaza, dove la scorsa notte unità speciali israeliane hanno compiuto un’incursione, nel rione di Sajaya. Sembra anche che elicotteri israeliani da combattimento siano intervenuti sparando diversi razzi. Almeno sette miliziani sono stati uccisi, cinque dei quali del braccio armato di Hamas, Brigate Ezzeddin al-Qassam. Fra i morti, un comandante locale delle Brigate. Gli altri due miliziani uccisi appartengono ai Comitati di resistenza popolare. Intanto, sta per concludersi, secondo i dirigenti di Hamas a Gaza, l'odissea di circa duemila pellegrini palestinesi reduci da La Mecca che negli ultimi giorni, per ragioni diplomatiche, hanno trovato difficoltà a tornare a Gaza. Secondo fonti egiziane, una donna del gruppo bloccato nella cittadina egiziana di el-Arish è morta per un abbassamento della pressione. Lunedì un'altra donna era morta.

    Israele
    Non la Jihad islamica nè Hamas, bensì membri di al-Fatah e dei servizi di sicurezza dell'Anp sono responsabili dell'uccisione di due soldati-coloni avvenuta venerdì in un attentato nella zona di Telem (presso Hebron, Cisgiordania): è quanto sostiene lo Shin Bet, il servizio di sicurezza israeliano, anche se il ministro palestinese per gli Affari esteri Riad el-Malki smentisce. L'attentato è stato rivendicato congiuntamente da Hamas e dalla Jihad islamica. Secondo lo Shin Bet, quella rivendicazione è stata pubblicata per depistare le indagini. L'episodio (che segue di un mese l’uccisione di un colono da parte di due agenti dell'Anp presso Nablus) rischia ora di suscitare nuove polemiche, specialmente mentre l'Anp cerca di ottenere da Israele il permesso di introdurre in Cisgiordania una cinquantina di mezzi blindati. La notizia, inoltre, arriva a pochi giorni dalla visita del presidente George Bush, che cerca di rafforzare la cooperazione bilaterale nello spirito della Conferenza di Annapolis (Usa). Per la visita, fa sapere Israele – è pronto un 'esercito' di settemila agenti di polizia.

    Iraq
    Una donna kamikaze si è fatta saltare in aria nella città irachena di Baquba causando la morte di dieci persone e il ferimento di altre otto. L'attentato è stato messo a segno nell'ufficio passaporti di Baquba, capoluogo della provincia di Diyala, e l'obiettivo era il capo del Comitato per il Risveglio locale, un'alleanza di tribù che si battono contro il terrorismo. Inoltre, all'alba due fratelli iracheni, uno soldato e l'altro agente di polizia, sono stati assassinati da un gruppo di miliziani in una cittadina della regione meridionale di Kut, a 180 km a sud di Baghdad. Nelle stesse ore le autorità giudiziarie irachene hanno disposto il rilascio da diverse carceri del Paese di 201 detenuti, dopo che è stata riconosciuta la loro innocenza.

    Pakistan
    Le elezioni in Pakistan, inizialmente previste per l'8 gennaio, sono state rinviate al 18 febbraio. Lo ha detto in una conferenza stampa il presidente della commissione elettorale pachistana Qazi Muhammad Farooq. E c’è da dire che il Pakistan si è dichiarato ''aperto'' all'aiuto dall'estero nelle inchieste sulla morte di Benazir Bhutto. L'annuncio è arrivato al termine dell'incontro tra il presidente pachistano, Musharraf, e il ministro degli Esteri francese, Kouchner, primo esponente di governi stranieri ad arrivare in Pakistan dopo la morte della Bhutto. Il giornale pachistano "The Nation", citando fonti del Partito del Popolo Pachistano, afferma che sarebbe stata un'arma a tecnologia laser ad uccidere Benazir Bhutto. Il giornale riporta una dichiarazione di una fonte anonima del partito che cita le affermazioni di uno dei medici che si occuparono della Bhutto subito dopo l'arrivo in ospedale. Secondo la fonte citata da The Nation, i colpi di pistola e l'esplosione rappresentavano solo un'esca per distogliere l'attenzione dai veri killer. La fonte ha inoltre riferito che l'ambulanza raccolse anche un altro corpo senza vita trovato dietro al palco del Liaqat Bagh, dove Benazir aveva appena tenuto un comizio elettorale. In ogni caso, una ricompensa equivalente a 112 mila euro è stata offerta dal governo provinciale del Punjab a chiunque fornisca informazioni utili sull'attentato a Benazir Bhutto. Inoltre, le autorità fanno sapere che le forze di sicurezza pachistana hanno ucciso almeno 25 militanti legati ad al Qaida, durante scontri nella parte meridionale del Waziristan, zona tribale nel nord-ovest del Paese al confine con l'Afghanistan, in operazioni in corso ieri.

    Accordo sul nucleare tra India e Pakistan
    I governi di India e Pakistan si sono scambiati ieri le liste delle loro istallazioni nucleari. Lo riferisce la stampa indiana. Lo scambio di informazioni è avvenuto a Islamabad e fa parte dei punti dell'accordo di cooperazione e distensione sottoscritto dai due Paesi, per la normalizzazione dei rapporti. Le due liste comprendono le istallazioni nucleari contemplate nell'''Accordo sulla proibizione degli attacchi contro le istallazioni nucleari e loro pertinenze'', sottoscritto a Delhi tra i due Paesi e che ha segnato un punto importante nella normalizzazione dei rapporti fra i cugini ex rivali nucleari. Le liste sono state scambiate dal sottosegretario agli Esteri KPS Menon e dalla sua controparte Humayun Khan. Secondo l'accordo, nel mese di gennaio di ogni anno i due Paesi devono scambiarsi le informazioni delle istallazioni nucleari.

    Attentato in Algeria
    Sembra siano 4 i morti e 22 i feriti per l’esplosione nei pressi di un commissariato a Naciria, nella regione algerina di Boudermes (60 chilometri a est di Algeri). Il ministero dell'Interno aveva in precedenza fornito un primo bilancio di tre morti nell'esplosione su cui però non erano stati rivelati dettagli nè particolari delle circostanze dell'esplosione. Secondo i testimoni il kamikaze avrebbe tentato di lanciarsi contro la sede del commissariato a bordo dell'auto per farsi esplodere. L'11 dicembre scorso due autobomba avevano preso di mira due agenzie delle Nazioni Unite ed il consiglio costituzionale provocando 43 morti.

    La Siria e la questione libanese
    La Siria ha deciso di interrompere la cooperazione con la Francia per metter fine all'attuale vuoto istituzionale libanese. Lo ha annunciato in una conferenza stampa a Damasco il ministro degli Esteri siriano Walid al-Muallim. Il presidente francese Nicolas Sarkozy aveva affermato domenica scorsa l'interruzione dei contatti con la Siria, che appoggia l'opposizione libanese, fino a quando “non si avranno prove delle volontà dei siriani di lasciare che il Libano nomini un presidente della Repubblica di consenso”. Muallim ha ricordato di aver ''concordato a lungo con la controparte francese una soluzione complessiva per il Libano'' ed ha accusato gli Stati Uniti di avere sabotato gli sforzi fatti dalla stessa Siria e dalla Francia, che sostiene la maggioranza parlamentare antisiriana, per favorire un compromesso in Libano per l'elezione del nuovo presidente della Repubblica. Inoltre, secondo l'agenzia di stampa governativa "Sana" la Siria ha negato di aver mai discusso con un rappresentante Usa la questione delle condizioni dei prigionieri politici detenuti nelle carceri siriane. Al termine della sua visita il 29 e il 30 dicembre scorsi a Damasco, il deputato democratico aveva dichiarato di aver ricevuto dal presidente siriano Bashar al-Assad assicurazioni circa la prossima liberazione di alcuni rappresentanti della società civile arrestati a partire dal 9 dicembre.

    La Slovenia è presidente di turno dell'UE
    Dal primo gennaio, presidente di turno dell'Unione Europea è la Slovenia, piccolo Paese ex comunista, che ha proclamato la propria indipendenza solo nel 1991 ed è entrata nella Ue nel 2004. La Slovenia - due milioni di abitanti - è la prima, tra i nuovi entrati dell'Europa dell'est, ad accogliere la sfida diplomatica del semestre di presidenza europea. Sul significato di questa presidenza, in particolare per l’area dell’est e dei Balcani, Fausta Speranza ha intervistato Luigi Geninazzi, inviato del quotidiano Avvenire:


    R. – Significa qualcosa che va oltre il livello simbolico credo. La Slovenia è il Paese dell’est entrato nell’Unione Europea insieme ad altri nel 2004 che ha fatto senz’altro più strada, che ha fatto passi molto veloci. E’ già entrata nell’euro e si è integrata, quindi, anche a livello economico e finanziario nell’Unione. Io credo che la presidenza slovena abbia un grande significato per i Paesi dell’Est, ma soprattutto per i Balcani. Ovviamente tutti notiamo la coincidenza della presidenza di Lubiana con l’aggrovigliarsi della situazione tra Serbia e Kosovo.

     
    D. – I Balcani: nel messaggio Urbi et Orbi il Papa li ha nominati tra le terre martoriate, tra le terre difficili, di crisi. Qual è, secondo te, la speranza per i Balcani?

    R. – Che davvero si incominci ad entrare in una logica molto difficile, purtroppo, ma necessaria, di perdono reciproco, e non solo per il Kosovo, ma per tutta la situazione dei Balcani. Pensiamo ancora alle tensioni che esistono in Bosnia, ai problemi che covano sotto la cenere in Macedonia. Credo che bisogna pensare a tutte queste situazioni, che soprattutto possono essere risolte solo in un’ottica che non sia solo economica o politica. Purtroppo, sappiamo, quando si tratta di popoli, quanto sia difficile, ancora più che per gli individui, introdurre il principio del perdono reciproco, quello che Giovanni Paolo II ha sempre detto: “Perdonare e chiedere perdono”. E la situazione che esiste fra Belgrado e Pristina lo testimonia: c’è un muro contro muro in cui ognuno rivendica le sue ragioni, denuncia i torti degli altri, ma non riesce a capire i propri torti, a fare un passo in avanti verso una riconciliazione effettiva.

    Sri Lanka
    E' opera dei ribelli Tamil, secondo fonti militari, l'attacco che oggi nella capitale dello Sri Lanka ha provocato la morte di almeno quattro persone (cinque secondo altre fonti) e il ferimento di 24. Stando alle prime ricostruzioni, un ordigno è esploso in una trafficata zona di Colombo, all'esterno dell'hotel Nippon al passaggio di un autobus con a bordo soldati malati o feriti diretti in ospedale. Le vittime certe sono un soldato e tre civili tra cui due ragazzi di 14 e 16 anni, mentre tra i feriti ci sono 10 soldati e 14 civili. C'è inoltre chi riferisce che i soldati morti sono due. Da parte loro i Tamil smentiscono. Un episodio questo che è solo l'ultimo in ordine di tempo in un Paese martoriato, dove gli scontri sono all'ordine del giorno, a causa di una guerra civile che ha provocato circa 70.000 vittime dall'inizio del conflitto nel 1983.
     
    Birmania
    Per evitare che la gente possa vedere servizi e notiziari dissidenti o internazionali, la giunta militare al potere in Birmania ha decretato, senza preavviso, un aumento di 166 volte del canone di abbonamento annuale alla tv satellitare. I possessori di parabola e decoder, senza sapere nulla, si sono recati a pagare all'ufficio postale e si sono sentiti dire che invece dei soliti 6.000 kyat avrebbero dovuto pagare un milione di kyat, pari a circa 530 euro, circa tre volte il reddito annuale di un birmano medio. Per molti dei 56 milioni di birmani, da 45 anni sotto una dittatura militare, le uniche fonti di informazione diverse da quelle di regime sono le emittenti satellitari internazionali, tra cui la 'Democratic Voice of Burma' (Dvb, Voce democratica della Birmania), un network di dissidenti birmani con base in Norvegia.

    Spagna
    L'organizzazione separatista armata basca Eta ha rivendicato due attentati commessi il 16 e il 24 dicembre scorsi nei Paesi Baschi in cui qui non ci sono state vittime ma solo danni materiali. Lo si legge in un comunicato fatto pervenire dall'Eta oggi al quotidiano basco 'Gara'. Si legge sul sito Internet del giornale, canale regolarmente utilizzato dall'Eta per comunicare, che l'organizzazione rivendica l'attentato del 16 dicembre contro un tribunale a Sestao e quello del 24 dicembre contro una sede del partito socialista a Balmaseda. In entrambi i casi, nell'immediato, gli attacchi erano stati rivendicati in forma anonima.

    Evacuazioni per il vulcano Llaima in Cile
    Decine di turisti sono stati evacuati dal sud del Cile, dove il vulcano Llaima ha dato il via ad un’eruzione diffondendo nel cielo una enorme scia di fumo e coprendo il parco che lo circonda di cenere. Finora non ci sono notizie di danni a persone o a cose. Il vulcano si trova nella regione di Araucania, nel sud del Cile, all'interno del parco nazionale del Conguillio e circa 82 cilometri dalla città di Temuco. Il vulcano ha cominciato ad eruttare ieri sera e una colata di lava è uscita sul versante orientale della montagna. Gli esperti non sono stati in grado di prevedere se l'eruzione possa avere ulteriori sviluppi nelle prossime ore. Il vulcano Llaima, uno dei più attivi del Cile, ha di frequente moderate eruzioni. (Panoramica internazionale a cura di Fausta Speranza)


      Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LII no. 2

     
    E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sulla home page del sito www.radiovaticana.va/italiano.

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