Logo 50Radiogiornale Radio Vaticana
Redazione +390669883674 | +390669883998 | e-mail: sicsegre@vatiradio.va

Sommario del 28/02/2008

Il Papa e la Santa Sede

  • Aiutare la famiglia per sconfiggere la violenza presente nella società e promuovere un’autentica cultura di pace: l’esortazione del Papa nel discorso ai vescovi del Salvador in visita ad Limina
  • Altre udienze e nomine
  • Il cardinale Bertone traccia un bilancio positivo del suo viaggio a Cuba
  • L’attività caritativa nella Chiesa e i suoi attori dopo la Deus caritas est: al via la Plenaria di Cor Unum
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • Caracas: attivisti politici occupano la sede dell'arcivescovado. La condanna di Chavez
  • Convegno alla Lateranense sul tema "L’uomo, via di Cristo e della Chiesa"
  • Cardinali e vescovi amici dei Focolari riuniti nel Centro Mariapoli di Castelgandolfo
  • Pubblicato “Con l’aiuto di Dio”, libro di preghiere ideato da padre Ivan Zuzek per le Guide e gli Scout cattolici d’Europa
  • Chiesa e Società

  • Mons. Saldanha: in Pakistan una nuova ondata di estremismo contro i cristiani
  • Colombia: le FARC liberano 4 ostaggi. Molto malata la Betancourt
  • Lettera di intellettuali musulmani alle comunità ebraiche nel mondo
  • Esponenti ebrei rilanciano il dialogo dopo la nuova preghiera del Venerdì Santo secondo il Messale di S.Pio V riformato da Giovanni XXIII
  • Filippine: religioni unite contro la corruzione e il malgoverno
  • Bangladesh: a tre mesi dal ciclone Sidr la Caritas chiede abitazioni a basso costo e strumenti di lavoro
  • Caritas Bolivia in prima linea nell’assistenza umanitaria per le vittime delle inondazioni
  • Isole Salomone-Australia: cooperazione delle Caritas per gli aiuti all’arcipelago devastato dallo tsunami e dal terremoto del 2007
  • Terra Santa - Pax Christi per Betlemme: un pellegrinaggio di solidarietà con gli abitanti della città
  • Guatemala: il cardinale Quezada Toruño definisce la pena di morte una "ricetta inutile"
  • Impegno delle agenzie ONU per combattere la pratica delle mutilazioni genitali femminili
  • Nei Paesi in via di sviluppo continua a crescere la popolazione urbana
  • Giornata europea contro il sovraffollamento delle carceri
  • I vescovi peruviani preoccupati delle difficili condizioni degli indigeni
  • Portogallo: conclusa la Settimana nazionale della Caritas 2008
  • Dossier della Fides sui martiri della persecuzione religiosa nella guerra civile spagnola
  • Bulgaria: incontro a Sofia dei presidenti dei vescovi del Sud-Est europeo su fidanzamento e matrimonio
  • India: assegnato il primo "Premio internazionale Beata Teresa di Calcutta" a due "pionieri" che assistono i malati di AIDS
  • 24 Ore nel Mondo

  • Nuovi raid israeliani nella Striscia di Gaza causano numerose vittime tra i palestinesi
  • Il Papa e la Santa Sede



    Aiutare la famiglia per sconfiggere la violenza presente nella società e promuovere un’autentica cultura di pace: l’esortazione del Papa nel discorso ai vescovi del Salvador in visita ad Limina

    ◊   La difesa della famiglia, la lotta alla povertà, la formazione delle nuove generazioni: sono i tre temi chiave affrontati da Benedetto XVI nell’udienza ai vescovi del Salvador, ricevuti stamani in Vaticano, in occasione della visita ad Limina. Il Papa ha ribadito che se da una parte bisogna consentire a tutti di vivere una vita degna, dall’altra non si può ridurre l’uomo ad un semplice prodotto della società in cui vive. L’indirizzo d’omaggio al Papa è stato rivolto dall’arcivescovo di San Salvador, Fernando Sáenz Lacalle, presidente dell’episcopato salvadoregno. Il servizio di Alessandro Gisotti:


    “La famiglia è un bene indispensabile per la Chiesa e la società come anche un fattore fondamentale per costruire la pace”: è quanto ribadito da Benedetto XVI che ha invitato i vescovi a rafforzare la pastorale famigliare per offrire ai giovani “una solida formazione spirituale e affettiva”. Una formazione, ha aggiunto, che li aiuti a “scoprire la bellezza del piano di Dio sull’amore umano e che gli permetta di vivere con coerenza gli autentici valori del matrimonio e della famiglia” come il rispetto reciproco, e la fedeltà.

     
    A causa de la situación de pobreza...
     
    “A causa della povertà”, ha rilevato con amarezza il Santo Padre, molti salvadoregni “si vedono obbligati ad emigrare alla ricerca di migliori condizioni di vita”. Un fenomeno che provoca conseguenze negative “per la stabilità del matrimonio e della famiglia”. Il Papa ha quindi lodato gli sforzi dei presuli per promuovere la pace e la riconciliazione nel Paese, superando così le dolorose contrapposizioni del passato. Benedetto XVI ha poi rivolto il pensiero alla piaga della violenza, diffusa nel Paese centroamericano. Analizzandone le cause, ha costatato, “si riconosce che l’incremento della violenza è conseguenza immediata di altri mali sociali più profondi come la povertà, la mancanza di educazione, la disgregazione famigliare, la progressiva perdita di quei valori che hanno sempre costituito l’anima salvadoregna”.

     
    Frente a la pobreza de tantas personas...
     
    “Di fronte alla povertà di tante persone”, ha proseguito, “si percepisce come una necessità ineludibile” il miglioramento delle strutture e delle condizioni economiche per “permettere a tutti di vivere una vita degna”. Tuttavia, è stato il suo richiamo, non bisogna dimenticare che “l’uomo non è un semplice prodotto delle condizioni materiali e sociali in cui vive”. Ha bisogno di qualcosa di più, “aspira a qualcosa di più di quanto la scienza o qualsiasi altra iniziativa umana possa dargli”.

     
    Los hombres anhelan a Dios en lo más íntimo de su corazón...
     
    “Gli uomini – ha detto – anelano a Dio nel più intimo del proprio cuore. Solo Lui può appagare la loro sete di pienezza e di vita, perché solo Lui ci dà la certezza di un amore incondizionato che è più forte della morte”. Benedetto XVI non ha mancato di sottolineare che il popolo salvadoregno si caratterizza per una “fede viva e un profondo sentimento religioso”. Ed ha ricordato i tanti missionari e pastori, come il vescovo Oscar Romero, che hanno evangelizzato questa terra “dando frutti abbondanti di vita cristiana e santità”. Il Papa ha poi esortato i vescovi del Salvador ad aiutare i fedeli delle proprie diocesi ad incontrare Cristo. Un’intensa vita di preghiera, l’ascolto assiduo della Parola di Dio e una partecipazione costante ai Sacramenti come anche una solida formazione dottrinale, ha affermato, sono elementi necessari “per illuminare cristianamente la società in cui vivono”. Il Papa ha inoltre invitato i presuli ad essere vicini ai propri sacerdoti e religiosi, prestando attenzione alle loro necessità spirituali e materiali ed incoraggiandoli a proseguire con gioia il cammino di santità sacerdotale. D’altro canto, ha concluso, proprio “l’amore e la fedeltà del sacerdote alla propria vocazione” rappresenta la migliore ed efficace pastorale vocazionale.

    inizio pagina

    Altre udienze e nomine

    ◊   Il Santo Padre ha ricevuto questa mattina anche mons. Giuseppe Lazzarotto, arcivescovo titolare di Numana, nunzio apostolico in Australia.

    Il Santo Padre ha nominato sotto-segretario della Congregazione per gli Istituti di Vita Consacrata e le Società di Vita Apostolica padre Sebastiano Paciolla, dell’Ordine Cistercense, finora promotore di giustizia del Tribunale della Rota Romana.

    inizio pagina

    Il cardinale Bertone traccia un bilancio positivo del suo viaggio a Cuba

    ◊   Il cardinale segretario di Stato Tarcisio Bertone è rientrato ieri sera in Vaticano dopo una visita a Cuba nell’ambito delle celebrazioni del decimo anniversario dello storico viaggio di Giovanni Paolo II nell’isola caraibica. Lo stesso cardinal Bertone ha fatto un primo bilancio di questo viaggio in un'intervista rilasciata stamane alla Radio Vaticana e all'Osservatore Romano, di cui oggi diamo una prima parte. Domani la pubblicheremo integralmente insieme al quotidiano della Santa Sede (edizione di sabato primo marzo). Ascoltiamo il porporato al microfono di Giovanni Peduto:


    R. – Mi pare che il bilancio possa dirsi senz’altro positivo, anzitutto per quanto riguarda l’incontro con la Chiesa cubana: una Chiesa viva, nonostante le difficoltà di azione in certe circostanze, però una Chiesa che è raccolta attorno ai vescovi, una bella Conferenza episcopale unita, i sacerdoti, i religiosi, le religiose che si proiettano oltre la testimonianza della preghiera, della vita spirituale in una grande azione sociale di assistenza ai più poveri ed ai bisognosi, e di lavoro in mezzo ai giovani ... E poi, sul versante dei rapporti con le autorità civili il bilancio è stato altrettanto positivo: ho avuto incontri bilaterali con delegazioni composte di responsabili della vita civile, del governo, e incontri anche con singole persone, come poi l’ultimo giorno con il nuovo presidente, Raúl Castro. Mi sembra che ci siano le prospettive per un lavoro insieme, di fiducia nell’azione della Chiesa e di possibilità di apertura di nuovi spazi di presenza.

     
    D. – Quale messaggio lei ha voluto lasciare al Paese?

     
    R. – Ho lasciato questo messaggio: di essere molto vicini al popolo, di ascoltare le aspirazioni, “los anhelos del pueblo” che ha sofferto molto, ha sofferto anche – come sappiamo – per le congiunture economiche e per le restrizioni che vengono dall’esterno, all’economia, allo sviluppo dell’Isola; è un popolo che, però, continua ad avere grandi ideali, soprattutto in mezzo ai giovani che vogliono risorgere e vogliono affermare la loro identità: una identità cattolica, in buona parte dei giovani: l’ho sperimentato sia negli incontri all’Università dell’Avana, sia alla Scuola di formazione di medicina latinoamericana. Ho lasciato anche il messaggio di avere fiducia nel futuro, perché tutti insieme si può lavorare per uno sviluppo integrale verso un umanesimo integrale.

     
    D. – Sulla scia di Giovanni Paolo II lei, eminenza, ha definito l’embargo contro Cuba “eticamente inaccettabile”. Ma ha parlato anche di libertà e, infine, un appello per i detenuti...

     
    R. – Sì. Ci sono due fattori che in qualche modo “affliggono” l’economia, lo sviluppo economico dell’Isola: l’embargo degli Stati Uniti e anche molte restrizioni che sono ancora mantenute dall’Unione Europea. Mi sembra che questi atteggiamenti sono naturalmente mirati a fare evolvere il governo dell’Isola ad una maggiore libertà, ad un maggiore rispetto dei diritti umani; però io ritengo che questi provvedimenti così pesanti, presi unilateralmente, non favoriscono lo sviluppo. Intanto fanno soffrire la popolazione perché è la popolazione, sono le famiglie, sono i bambini, i giovani quelli che sono penalizzati da questi provvedimenti, e non riconoscono la dignità di nazione nei suoi valori, nella sua indipendenza, nella sua tradizione, a Cuba. Quindi, sono inaccettabili. Io ho assicurato che la Santa Sede si adopererà perché vengano almeno ridotte queste sanzioni, se non eliminate, tolte. Poi, certamente, questo deve comportare uno sviluppo verso una maggiore libertà, verso un riconoscimento maggiore dei diritti personali e dei diritti sociali, come dei diritti politici e dei diritti economici. Ma ci sono anche prospettive promettenti, perché adesso Cuba si appresta a firmare le due Convenzioni delle Nazioni Unite proprio sui diritti personali, sui diritti sociali, sui diritti economici, sui diritti politici.

     
    D. – Lei ha incontrato il neo presidente Raúl Castro. Come è andato il colloquio?

     
    R. – Ho visto un uomo molto realista, aperto a discutere su tutto e preoccupato della tenuta dei valori, degli ideali. Naturalmente ho presentato al presidente Raúl anche il problema dei prigionieri di ogni tipo, non solo dei prigionieri politici, e della cura pastorale dei prigionieri.

     
    D. – Eminenza, un accenno alle difficoltà, ma anche alle speranze della Chiesa cubana…

     
    R. – Le difficoltà sono davanti ai nostri occhi e sono le difficoltà di tutti giorni, come ad esempio quelle relative alla costruzione di nuove Chiese. Ci sono tante comunità che nascono, che sorgono a livello popolare, specialmente nei villaggi, ma senza avere la possibilità di riunirsi in una chiesa; possono farlo soltanto nelle famiglie. Le speranze sono relative a questa nascita o meglio rinascita di comunità vive, ovvero di piccole comunità anche senza sacerdoti, perché i sacerdoti sono pochi, ma i religiosi e le religiose cubane stanno crescendo. Ci sono vocazioni nelle diverse famiglie religiose, ma sono sempre insufficienti rispetto al fabbisogno. C’è però un entusiasmo, c’è una freschezza di vita cristiana soprattutto in mezzo ai giovani.

    inizio pagina

    L’attività caritativa nella Chiesa e i suoi attori dopo la Deus caritas est: al via la Plenaria di Cor Unum

    ◊   Si è aperta stamane a Roma l’Assemblea plenaria del Pontificio Consiglio Cor Unum, l’organismo vaticano per la promozione della carità e il coordinamento delle attività assistenziali della Chiesa universale e i rapporti con altre confessioni e con la società civile. Il servizio di Roberta Gisotti.

     
    La Chiesa s’interroga sulle opere di carità e sull’identità e ruolo degli operatori cristiani impegnati nei vari organismi e strutture assistenziali. E lo fa supportata dalla prima Enciclica di Benedetto XVI Deus caritas est.
     Ad aprire i lavori dell’Assemblea è stato il presidente di Cor Unum, il cardinale Paul Jozef Cordes, con una originale riflessione sui tempi odierni che viviamo. “Dobbiamo opporci – ha detto - alla corrente dell’oblio che soffoca tutto”, indotta dal ritmo incalzante di un’informazione che rimuove rapidamente tutto il nuovo. Ma questo non può valere per testi “significativi”, “preziosi” come in questo contesto è il “documento magistrale del Papa”, “nato in ultima analisi – ha osservato il porporato - per affrontare la questione della fede dei nostri operatori”. Se prima infatti la loro appartenenza ecclesiale “normalmente era un dato di fatto, un punto di partenza per il loro impegno, oggi non è più necessariamente così”, ha ricordato il cardinale Cordes. Oggi in queste istituzioni ci sono persone con la fede, altre alla ricerca della fede, ed altre ancora che non professano la fede.” Questo non toglie nulla all’onestà delle loro motivazioni e alle loro capacità professionali”. Ma ne conseguono due questioni di fondo - ha il cardinale Cordes - se la fede cattolica vuole restare parte integrante delle nostre agenzie: allora “come incide la società secolarizzata sui nostri operatori e sul loro lavoro” e “che rapporto esiste tra l’istituzione cattolica caritativa e la struttura ecclesiale”.
     “Non si tratta di mettere in dubbio il tanto bene che riusciamo a fare – ha chiarito il presidente di Cor Unum – ma di mettere più luce sulla nostra identità di attori caritativi, perché possono indebolirsi la radici della fede e la condivisione di atteggiamenti di vita e di convinzioni cristiane”.
     Da qui le domande: “Possiamo limitarci a fornire servizi, iniziare e accompagnare progetti? Possiamo semplicemente ritenere di dover combattere per la promozione sociale? Ci lasciamo guidare solo dalla buona volontà o da un senso di giustizia umana?” Nessuno di noi crede però - ha proseguito il cardinale Cordes - che la salvezza realizzata da Cristo possa valere solo per la vita sulla Terra. La fede nella vita eterna è parte specifica dell’aiuto cristiano. E l’intento di questa Assemblea – ha concluso - è quello di far rivivere, nelle mutate condizioni storiche, lo spirito cristiano che ha sempre animato la grande carità della Chiesa.
     Al termine del suo intervento, il cardinale Cordes ha consegnato due premi al prof. Heinrich Pompey e al signor Anthony Curmi, insigniti rispettivamente dell’onorificenza di commendatore con placca dell’Ordine di San Gregorio Magno e di cavaliere dell’Ordine di San Silvestro Papa, per particolari meriti nella testimonianza di carità nella Chiesa.

    inizio pagina

    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   Sulle presidenziali del 2 marzo in Russia, un articolo, nell'informazione internazionale, di Giuseppe M. Petrone.

    Lettere e scritti spirituali del cardinale Domenico Tardini: in cultura Raffaele Alessandrini recensisce un volume del gesuita Franco Gianfreda dedicato al "ruvido" prete romano.

    Marilena Amerise sulla lezione tenuta, alla Sapienza, dall'arcivescovo Gianfranco Ravasi sull'uguaglianza e la dignità dell'uomo.

    Giuseppe Ghiberti sul tema della Sindone, cui l'ateneo Pontificio Regina Apostolorum dedica, domani a Roma, un congresso internazionale.

    Lorenzo Ornaghi e Rett Ludwikowski sull'esigenza di una conoscenza autentica per combattere la mercificazione della cultura. 

    Bambini soldato, servono più aiuti alle organizzazioni di volontariato: nell'informazione religiosa, a colloquio con il nunzio apostolico Tomasi, osservatore permanente presso le Nazioni Unite a Ginevra.

    inizio pagina

    Oggi in Primo Piano



    Caracas: attivisti politici occupano la sede dell'arcivescovado. La condanna di Chavez

    ◊   E’ durata due ore l’occupazione, ieri a Caracas, della sede dell’arcivescovado da parte di studenti e attivisti politici. Il gruppo, 15 persone, ha parlato di una manifestazione pacifica per il rilascio di un rappresentante del movimento studentesco vicino all’opposizione che da un anno si è rifugiato nella sede della nunziatura apostolica. Contestate anche alcune posizioni della Chiesa definita “conservatrice”. Il presidente venezuelano Hugo Chavez ha condannato l'episodio. Paolo Ondarza ha raggiunto telefonicamente in Venezuela il vescovo ausiliare di Caracas mons. Jesus Gonzales:


    R. - Poco prima delle nove del mattino, sono arrivati in fretta una quindicina di studenti, si sono presentati come vicini al pensiero del presidente della Repubblica, vicini a Lina Ron, la leader di un partito politico. Hanno voluto leggere un comunicato per esprimere all’opinione pubblica nazionale le loro idee, il loro pensiero sulla realtà nazionale; hanno anche fatto qualche domanda relativa al lavoro della Chiesa.

     
    D. – Come mai, secondo lei, hanno occupato proprio l’arcivescovado di Caracas? Non c’è un attacco alla Chiesa?

     
    R. – No, non credo che sia propriamente questo. Hanno occupato questo luogo per il suo significato. Qui siamo al centro della città e per questo credo che siano venuti proprio qui.

     
    D. – Faceva riferimento a critiche che hanno espresso nei confronti della Chiesa...

     
    R. – Durante l’occupazione, hanno fatto critiche sulla posizione dei vescovi, sulla realtà nazionale, sulla posizione di fronte al governo attuale...

     
    D. – Come avete vissuto questi momenti?

     
    R. – Sono stati momenti di tensione: gli studenti hanno detto che non era una manifestazione violenta ma pacifica, hanno espresso le loro posizioni, hanno chiuso la porta, hanno detto che dovevamo andare via dall’arcivescovado, cosa che noi non abbiamo accettato. In questo momento stiamo tutti bene, abbiamo detto a tutti gli studenti che la Chiesa è sempre aperta al dialogo, sulla realtà nazionale, che la Chiesa non è un partito politico e che cerca sempre il benessere comune della società.

    inizio pagina

    Convegno alla Lateranense sul tema "L’uomo, via di Cristo e della Chiesa"

    ◊   Oggi e domani si tiene a Roma, presso la Pontificia Università Lateranense il Convegno internazionale sul tema “L’uomo, via di Cristo e della Chiesa”, a cinquant’anni dalla istituzione del Pontificio Istituto Pastorale Redemptor Hominis”. Ma cosa vuol dire in concreto che l’uomo è la via di Cristo e della Chiesa? Giovanni Peduto lo ha chiesto al preside dell’Istituto, don Dario Viganò:


    R. – In concreto significa proprio assumere, a partire da quella grande Enciclica di Giovanni Paolo II, Redemptor hominis, un metodo di riflessione teologico-pastorale, e ciò significa che Dio non salva l’uomo al di sopra dell’uomo, ma salva l’uomo dal di dentro della sua umanità. Quindi, questo significa coniugare da un lato le scienze umane con un approccio scientifico corretto e, dall’altro, non dimenticare un approccio che sia da subito teologico. Quindi, abitare ciò che l’umano marca quotidianamente e trovare, individuare lì dentro modelli adeguati di azione pastorale oggi.

     
    D. - La Chiesa è accusata talora di essere poco umana e misericordiosa, vedi il dibattito sull’aborto, l’eutanasia, etc. …

     
    R. – Io credo che questa attenzione all’umano, che sempre dobbiamo avere e sempre più dobbiamo coltivare, non significhi dimenticarsi di un evento che per noi è l’evento normativo, che è l’evento dell’Incarnazione. Quindi, certamente noi di fronte alle situazioni, pur nell’accoglienza - ricordando appunto Giovanni XXIII - delle singole biografie delle persone, dobbiamo tener conto che gli eventi vanno giudicati a partire da quell’evento, che è l’evento cristiano dell’Incarnazione, che significa “l’uomo configurato a Cristo”.

     
    D. - Come può la Chiesa annunciare la Buona Novella perché possa essere compresa da questa società secolarizzata?

     R. – Innanzitutto, non aver paura di stare dentro questa società, cioè evitare da una parte la sindrome di Giona e, dall’altra parte, la tentazione della fuga. Io credo che la Chiesa debba stare all’interno di questa società, perché non è al di fuori essa stessa dalla costruzione di un sapere che oggi, ad esempio, i media accompagnano. Certo, c’è da star dentro, sapendo che abbiamo un’offerta estroversa, eccedente che è, appunto, l’offerta di una parola, di un annuncio, che ha la propria peculiarità, la propria non omologazione alle parole chiacchierate del quotidiano, che è la parola del Vangelo.

    D. - Un bilancio di questi 50 anni dell’Istituto Redemptor Hominis …

     
    R. – Certamente uno degli aspetti di conquista scientifica maggiore è proprio quello di aver dato uno statuto teologico alla riflessione pratica, cioè appunto alla teologia pratica. La pastorale non è più ridotta ad un mero sperimentalismo, ad una “praticoneria”, ma è proprio una riflessione teologica sull’agire della Chiesa. Questo penso che sia il guadagno di questi 50 anni. Poi, certo, accanto a questo c’è anche un’apertura, nel senso che inizialmente l’Istituto era rivolto ai sacerdoti e ai religiosi; oggi avendo anche una specializzazione in Dottrina sociale della Chiesa, diventa un luogo privilegiato, un centro di eccellenza, anche per molti laici provenienti da tutto il mondo.

    inizio pagina

    Cardinali e vescovi amici dei Focolari riuniti nel Centro Mariapoli di Castelgandolfo

    ◊   Circa 90 tra vescovi e cardinali di 42 nazioni di tutto il mondo sono riuniti da domenica nel Centro Mariapoli di Castelgandolfo. Si tratta del 32.mo convegno internazionale dei vescovi amici del Movimento dei Focolari. Al centro della riflessione quest’anno: “La Parola è viva: persone, ambienti strutture che si trasformano”. Ieri, dopo aver partecipato all'udienza generale del Papa, alcuni vescovi sono intervenuti in una conferenza stampa. A seguirla per noi c'era Debora Donnini:


    La Parola di Dio, capace di trasformare i cuori e le strutture nei più disparati contesti del mondo. Questo hanno testimoniato i vescovi intervenuti alla conferenza stampa in rappresentanza delle diverse aree geografiche. Sentiamo il cardinale Miloslav Vlk, arcivescovo di Praga e moderatore del convegno:

     
    “Abbiamo compreso che la parola di Dio vissuta può essere strumento per cambiare le parrocchie, le famiglie e anche la società stessa. E questo perché la Parola di Dio è Gesù Risorto. Ci sono molte esperienze, io posso ad esempio dire che noi nella diocesi di Praga stiamo attuando un processo di rinnovamento delle parrocchie e lo strumento principale è proprio quello della Parola realizzata, perché la Parola vissuta crea la comunione”.

     
    Presenti da 45 anni in Africa e portatori della Parola di Dio i membri del Movimento dei Focolari sono stati anche promotori di pace, giustizia e riconciliazione, ha detto mons. Paul Verdzekov, arcivescovo emerito di Bamenda, in Camerun.

     
    Sulla testimonianza dei cristiani perseguitati da gruppi di estremisti indù nello Stato indiano dell’Orissa, sentiamo mons. Vincent Michael Concessao, arcivescovo metropolita di Delhi:

     
    R. – When, people getting…
    Quando si avvicinava il Natale e la gente stava preparando gli addobbi e le decorazioni, persone appartenenti a questi gruppi estremisti hanno distrutto tutto. Centinaia di persone pronte sono arrivate ed hanno bastonato i cristiani. Quando il vescovo ha saputo quello che stava succedendo ha detto ai sacerdoti e alle suore di non compiere atti di opposizione, ma soltanto di fuggire. E’ stato rubato tutto dalle case dei cristiani, hanno distrutto circa una cinquantina di cappelle e cinque chiese, con un convento ed un orfanotrofio. I cristiani sono fuggiti nella giungla per salvarsi. In questo caso noi non abbiamo reagito, non ci siamo vendicati e stiamo anzi cercando di capire come sia possibile dialogare con loro ed arrivare ad una certa riconciliazione.

     
    La difficile situazione del Libano al centro delle parole di mons. Simon Atallah, vescovo maronita di Baalbek:

     “La situazione in Libano non è tranquilla ed ormai da oltre 40 anni. Non riusciamo ad arrivare ad una soluzione di questa situazione, anche perché – secondo me – la soluzione non l’abbiamo noi, ma l’hanno le forze e le potenze straniere. Finora però si sono fatti la guerra e hanno cercato di destabilizzare l'area. Non si tratta in realtà di una guerra fra musulmani e cristiani, ma si tratta di guerre compiute da altri sulla nostra terra. Naturalmente essendo i cristiani una minoranza in Medio Oriente sentono la guerra molto più degli altri. Noi abbiamo compreso che è meglio ritornare al Vangelo, alla Parola che ci illumina, che ci guida e che soprattutto nutre in noi la speranza di un Libano migliore”.

     
    L’amore, dunque, filo conduttore di tutti gli interventi come risposta alle difficoltà, ai conflitti e alle sofferenze del mondo.

    inizio pagina

    Pubblicato “Con l’aiuto di Dio”, libro di preghiere ideato da padre Ivan Zuzek per le Guide e gli Scout cattolici d’Europa

    ◊   Le Guide e gli Scout d’Europa cattolici hanno presentato in questi giorni a Roma, presso l’Aula Magna del Pontificio Istituto Orientale, il libro di preghiere “Con l’aiuto di Dio”, ideato dal loro ex assistente generale, padre Ivan Zuzek, scomparso quattro anni fa. Il servizio di Chiara Calace.


    Studioso universalmente riconosciuto per le sue competenze legislative e scientifiche, padre Ivan Zuzek, nonostante i suoi incarichi accademici, si è dedicato per molto tempo alla formazione cristiana dei giovani Scout d’Europa. Ascoltiamolo dalle parole di mons. Vincenzo Apicella, vescovo di Velletri-Segni, che ha introdotto padre Zuzek al gruppo cattolico degli scout d’Europa:

     
    “Padre Zuzek per gli scout ha fatto l’educatore. E’ riuscito a trasmettere quello che lui era: un uomo veramente appassionato del Signore, equilibrato, solido, dalla grande e profonda spiritualità. Tutto questo ha saputo trasmetterlo nel modo più semplice e immediato ai ragazzi che ha incontrato. E devo dire anche che i ragazzi hanno accolto il modello che veniva presentato con molto entusiasmo. Quel libro di preghiere, che viene fuori dalle sue indicazioni, è un po’ lo specchio di tutto questo”.

     
    Padre Ivan Zuzek non è riuscito a vedere in vita realizzato il suo libro “Con l’aiuto di Dio”, un vademecum e una guida per imparare a pregare. Mons. Apicella:

     
    “E' lì, in quelle pagine, che si ritrova padre Ivan: una costruzione che va avanti giorno per giorno, pietra su pietra, basata su quelle che sono le realtà fondamentali nella vita del cristiano. La preghiera, la liturgia, la Parola di Dio, la lectio divina, i Salmi vengono proposti come un metodo completo di crescita, di formazione cristiana permanente. Bello è il nome di vademecum, perché è qualcosa che uno porta con sé, ed è una specie di compagno di cammino. Gli Scout parlano molto del cammino. Padre Ivan continua a camminare insieme ai suoi Scout proprio per mezzo di questo vademecum”.
     
    E sull’attività degli Scout d’Europa e di padre Zuzek, ascoltiamo Angela Vanini Grieco, vicepresidente dell’Associazione italiana scout d’Europa cattolici:

     
    “Gli scout d’Europa sono un’associazione che si occupa della formazione dei ragazzi, formazione cristiana e civica, dagli otto fino ai 21 anni. Essendo un’associazione cattolica, l’educazione alla fede permea tutti gli altri tipi di formazione. E’ un metodo educativo nella vita alla fede. E' ancora più completo, quindi, rispetto allo scoutismo propriamente detto”.
     
    E parlando di educazione alla fede, ancora un pensiero di Angela Vanini Grieco:

     
    “Padre Ivan Zuzek è stato assistente nei nostri gruppi per tantissimi anni. Noi che l’abbiamo conosciuto e gli abbiamo voluto bene, lo ricordiamo veramente in ogni momento della nostra attività quotidiana e della nostra vita, perchè ci ha insegnato veramente tanto. Il suo apostolato tra di noi si può riassumere in due termini: preghiera e testimonianza. Padre Ivan non ci diceva ‘pregate’, ci faceva pregare, e pregava per noi”.

    inizio pagina

    Chiesa e Società



    Mons. Saldanha: in Pakistan una nuova ondata di estremismo contro i cristiani

    ◊   Il presidente della Conferenza episcopale pakistana, mons. Lawrence John Saldanha, chiede al governo di proteggere i cristiani dall’ondata di nuova violenza islamica che si sta abbattendo su di loro. Il presule sottolinea che la libertà religiosa è garantita dalla Costituzione e chiede ad Islamabad di intervenire per fermare le minacce ed i tentativi di conversione operati dagli estremisti islamici nei confronti delle minoranze nazionali. Nel corso di un’intervista rilasciata ad "Aiuto alla Chiesa che soffre" e ripresa dall'Agenzia AsiaNews, mons. Saldanha afferma che "l’odio e l’intolleranza di gruppi musulmani composti da integralisti crescono di giorno in giorno. I ripetuti tentativi di convertire i cristiani all’islam non rappresentano soltanto una violenza, ma anche una violazione dei principi di libertà religiosa garantiti nella nostra Costituzione”. In Pakistan, aggiunge il presule, “l’estremismo cresce di giorno in giorno, mentre sparisce la tolleranza nei confronti dei non musulmani. La situazione dei cristiani che vivono in aree remote è particolarmente difficile, perché lontano dalle città cresce l’odio e la discriminazione”. Un fattore che “desta ancora più preoccupazione”, sottolinea Mons. Saldanha, è la pratica di rapire giovani donne cristiane, che vengono convertite all’islam con la forza e poi sposate dai loro rapitori: “Cose come questa non sono mai successe prima. Esse dimostrano cosa può succedere a chi vive in Paesi intolleranti. Noi cristiani siamo cittadini come tutti gli altri: vogliamo che i nostri diritti siano difesi come quelli del resto della popolazione”. (R.P.)

    inizio pagina

    Colombia: le FARC liberano 4 ostaggi. Molto malata la Betancourt

    ◊   In Colombia, il ritorno ieri alla libertà di quattro ex deputati, nelle mani delle FARC da sei anni, ha riempito di gioia familiari ed amici, ma allo stesso tempo ha acceso, ancora una volta, i riflettori sul dramma degli ostaggi. I primi racconti, soprattutto di Luis Eladio Perez e di Gloria Polanco, hanno ricordato le sofferenze di quanti sono – anche da dieci anni – prigionieri nella selva e posto in evidenza la necessità di fare qualcosa subito. E’ il caso della ex candidata presidenziale franco-colombiana Ingrid Betancourt che aveva già impressionato e commosso il mondo nel video diffuso alla fine dello scorso anno e che ora, secondo le parole dei suoi ex compagni, versa in condizioni fisiche e morali ancora peggiori. Un’azione concreta è urgente anche perchè mentre consegnavano i quattro ostaggi alla Croce Rossa Internazionale, le FARC hanno comunicato ieri che non vi saranno più liberazioni unilaterali. Ora, hanno assicurato, per trovare la strada di un accordo umanitario è la smilitarizzazione dei municipi di Florida e Pradera. Una richiesta, questa, che per il momento il governo del presidente Alvaro Uribe non sembra disposta ad accettare. (Dall’America Latina, Maurizio Salvi, ANSA, per la Radio Vaticana)

    inizio pagina

    Lettera di intellettuali musulmani alle comunità ebraiche nel mondo

    ◊   Un’altra lettera senza precedenti scritta da un gruppo internazionale di studiosi musulmani alla comunità ebrea. Un gesto definito - dallo sceicco Michael Mumisa - di riconciliazione, che tenta di portare sollievo alle ferite ancora aperte, frutto di odio e incomprensioni tra ebrei e musulmani, sentimenti che in diverse parti del mondo si trasformano in violenza e conflitti. Lo sceicco, professore all’università di Cambridge e uno dei firmatari, ha detto che la lettera - ripresa dall'Agenzia AsiaNews - è la prima mai scritta nella storia moderna alla comunità degli ebrei. “Il messaggio - ha aggiunto - esprime un desiderio genuino di pace, rispetto e comprensione profonda”. Tra i firmatari c’è il professore Akbar Ahmed, ex alto commissario pakistano per la Gran Bretagna, che aveva sottoscritto anche la precedente lettera ai rappresentanti delle varie Chiese cristiane. Gli intellettuali musulmani credono che “ciò a cui oggi si assiste non è uno ‘scontro di civiltà’, bensì uno scontro di incomprensioni e cattiva informazione”. Nella nuova lettera si legge: “Radicati pregiudizi e stereotipi hanno prodotto un allontanamento tra le comunità e una de-umanizzazione dell’ ‘Altro’. C’è un urgente bisogno di cambiare le cose. Dobbiamo fare di tutto per trasformare l’ignoranza in conoscenza, l’intolleranza in comprensione, e il dolore in coraggio e sensibilità verso l’ ‘Altro!’”. Gli studiosi musulmani enfatizzano quello che esiste in comune tra loro e gli ebrei, fertile terreno in cui coltivare il dialogo inter-religioso. “Un eventuale fallimento è un’opportunità mancata. I ricordi di incontri pacifici e arricchenti tra le due comunità si offuscheranno sempre più e i problemi esistenti aumenteranno il divario e le incomprensioni tra di noi”. (R.P.)

    inizio pagina

    Esponenti ebrei rilanciano il dialogo dopo la nuova preghiera del Venerdì Santo secondo il Messale di S.Pio V riformato da Giovanni XXIII

    ◊   Alcuni rappresentanti ebrei hanno espresso la volontà di portare avanti il dialogo con la Chiesa cattolica, al di là delle interpretazioni suscitate dalla nuova preghiera del Venerdì Santo proposta per le comunità che celebrano secondo il Messale precedente al Concilio Vaticano II. Un testo, in cui si prega "affinché i figli del popolo eletto, come tutte le altre persone, possano arrivare a riconoscere Gesù Cristo e la sua Chiesa". Tra le reazioni riportate dall'Agenzia Zenit, spicca un articolo pubblicato sul quotidiano tedesco “Die Tagespost”, il 23 febbraio da Jacob Neusner, professore di Storia e Teologia dell'Ebraismo al “Bard College”, il quale sostiene come la preghiera non faccia altro che esprimere l'identità cristiana. “Israele prega per i gentili, per cui gli altri monoteisti – inclusa la Chiesa cattolica – hanno il diritto di fare lo stesso e nessuno si dovrebbe sentire offeso. Ogni altra politica nei confronti dei gentili negherebbe loro di accedere all'unico Dio che Israele conosce nella Torah”, spiega il docente, che ha insegnato in molte università statunitensi. “La preghiera cattolica esprime lo stesso spirito generoso che caratterizza l'ebraismo nella sua adorazione. Il Regno di Dio apre le sue porte a tutta l'umanità e quando nell'adorazione gli ebrei chiedono il rapido avvento del Regno di Dio, esprimono la stessa liberalità di spirito che caratterizza il testo del Papa per la preghiera per gli ebrei – meglio 'santo Israele' – il Venerdì Santo”, spiega il professore. “Sia 'E' nostro dovere' che 'Preghiamo per gli ebrei' realizzano la logica del monoteismo e la sua speranza escatologica”, conclude Neusner. Altri rappresentanti di importanti organizzazioni ebraiche hanno inviato al Pontificio Consiglio per la Promozione dell'Unità dei Cristiani – l'organismo vaticano di riferimento della Commissione Pontificia per i Rapporti Religiosi con l'Ebraismo – messaggi per continuare sul cammino di dialogo avviato con il Concilio Vaticano II. Il World Jewish Congress, ad esempio, propone in un messaggio di proseguire sulla difficile strada del dialogo per approfondire proprio quegli aspetti che feriscono reciprocamente i credenti delle due religioni, con franchezza, rispetto e la necessaria apertura di spirito. (R.P.)

    inizio pagina

    Filippine: religioni unite contro la corruzione e il malgoverno

    ◊   Sarà una grande manifestazione interreligiosa quella indetta per domani a Manila contro il malgoverno delle Filippine. In strada, uno a fianco all’altro, saranno presenti l’Associazione dei Religiosi maggiori, l’Associazione degli educatori cattolici, il movimento Musulmani uniti per la verità e la solidarietà. Secondo quanto riferisce l’agenzia Sir la protesta delle religioni contro la corruzione e il malgoverno, sarà rappresentata dal colore verde. “Il verde rappresenta la ricerca di onestà, verità e speranza e ha incontrato l’approvazione di tutti", ha comunicato Leah Navarro, uno dei promotori -. I gruppi più schierati politicamente saranno liberi di utilizzare il rosso e il bianco tradizionali, ma ci aspettiamo anche colori diversi”. Al centro della manifestazione, che si prospetta di grandi dimensioni, ci sarà la richiesta di dimissioni della presidente Gloria Macapagal-Arroyo. Nell’incontro di martedì scorso a Manila, la Conferenza episcopale cattolica, ha sottolineato la necessità di una lotta concreta conto la corruzione, definita un “male nazionale”. La manifestazione nel pomeriggio avrà al centro un incontro di preghiera attorno al monumento dedicato a Benigno “Ninoy” Aquino, leader della resistenza alla dittatura Marcos, assassinato nel 1981. (M.G.)

    inizio pagina

    Bangladesh: a tre mesi dal ciclone Sidr la Caritas chiede abitazioni a basso costo e strumenti di lavoro

    ◊   Abitazioni a basso costo e strumenti per lavorare. Sono queste le principali necessità che ha oggi la popolazione del Bangladesh, a poco più di tre mesi dal ciclone Sidr, che il 15 novembre scorso colpì le coste del Paese asiatico, provocando oltre 3.300 morti e 2 milioni di senzatetto. A riferirle al Sir il direttore di Caritas Bangladesh, Benedict Alo D'Rozario, in occasione di un congresso, a Roma, della Pontificia accademia per la vita. Mentre l’opera di ricostruzione sta avanzando, “ora – racconta – è un bisogno primario edificare abitazioni a basso costo per poter vivere in maniera decente quando arriverà la stagione delle piogge”, che in Bangladesh corrisponde ai mesi primaverili, da metà aprile a giugno. Si tratta perciò di “un’opera da portare a compimento in tempi rapidi”, per la quale Caritas Bangladesh si è impegnata a realizzare 10.000 abitazioni “low cost”, “ma – lancia un appello D’Rozario – è necessario un aiuto”. L’altra necessità riguarda invece la “riabilitazione professionale”, fornendo alla gente quegli strumenti di lavoro, dalle barche per la pesca agli attrezzi per gli artigiani, andati distrutti durante il passaggio del ciclone. “L’aiuto economico che abbiamo finora ricevuto – spiega il direttore della Caritas – è servito innanzitutto per sfamare la popolazione, poi per edificare rifugi temporanei, ricostruire le strade e riparare le case: ora, però, bisogna portare a compimento l’opera di ricostruzione dedicandosi al lavoro”. Nelle attività di questi mesi si sono distinti per l’impegno sia la Caritas, sia i missionari cattolici che vivono nel Paese e che “lavorano a stretto contatto e in sintonia con i vescovi e la Chiesa locale”. Una solidarietà concreta, in un Paese a maggioranza islamica, che “ha contribuito a migliorare i rapporti e la collaborazione tra cristiani e musulmani, sotto l’insegna comune della solidarietà”. (R.P.)

    inizio pagina

    Caritas Bolivia in prima linea nell’assistenza umanitaria per le vittime delle inondazioni

    ◊   Viveri, medicine e vestiti per circa 30.000 sfollati dei diversi distretti della Bolivia colpiti dalle inondazioni delle ultime settimane. Sono le principali misure della prima parte del piano di assistenza umanitaria portato avanti dalla Caritas Bolivia. L’agenzia Fides rende noto che la seconda fase di questo piano prevede poi la distribuzione di semi ed attrezzature agricole in 90 comunità rurali colpite drasticamente dalle inondazioni, in maggioranza di etnia quechua, aymarás e guaranì, che risiedono in zone distanti dai maggiori nuclei abitati. Comunità che soffrono in maniera più dolorosa le precarie condizioni di vita del mondo rurale boliviano, con indici di povertà che oscillano tra il 70 ed il 98 per cento. Caritas Bolivia agisce comunque all’interno di un piano nazionale coordinato dalla Difesa Civile Boliviana, alla quale appartiene. Anche l’Organizzazione delle Nazioni Unite ha sollecitato la comunità internazionale a donare 18,2 milioni di dollari da destinare all’assistenza delle vittime. I fondi serviranno per assicurare viveri, acqua, alloggi, servizi sanitari ed altri beni di prima necessità, oltre a finanziare progetti agricoli, educativi e di protezione dei bambini, come ha dichiarato l’Ufficio di Aiuto Umanitario delle Nazioni Unite (OCHA). In totale, lo stanziamento prevede 30 progetti umanitari da avviare nei prossimi sei mesi da parte di otto agenzie delle Nazioni Unite e di otto Organizzazioni Non Governative (ONG). Di fronte ai grandi disastri causati dalle intense piogge cadute nelle ultime settimane, si è anche ravvisata la possibilità di una tregua temporanea nel dibattito politico tra il governo e l’opposizione. Questa scelta nasce da una presa di coscienza generale secondo cui non si possono privilegiare interessi politici, regionali o locali, quando è necessario l’impegno di tutti per far fronte alla situazione. Le incessanti piogge, legate al fenomeno climatico de "La Niña", dallo scorso novembre hanno causato 61 morti e provocato danni a 73.000 famiglie. Le piene e le piogge hanno provocato inoltre la distruzione di parte delle infrastrutture stradali del Paese, la morte di migliaia di capi di bestiame e la perdita di ettari di coltivazioni. (M.G.)

    inizio pagina

    Isole Salomone-Australia: cooperazione delle Caritas per gli aiuti all’arcipelago devastato dallo tsunami e dal terremoto del 2007

    ◊   Uno sforzo congiunto e efficace per la riabilitazione delle aree colpite, la ricostruzione, la ripresa di una vita normale per le vittime e i profughi. E’ quanto messo in atto dalle Caritas delle Isole Salomone e dell’Australia per affrontare le devastazioni lasciate dal ciclone abbattutosi sul piccolo arcipelago del Pacifico all’inizio di aprile 2007. Nel quadro di questo intervento le due Caritas hanno inoltre lanciato lo “Special Operations Appeal”, inviandolo a tutte le Caritas del mondo e diffondendolo a un vasto pubblico, specialmente nel periodo di Quaresima. Hanno così ricevuto sostegno concreto dalle Caritas di Corea, Stati Unti, Giappone, Indonesia, Taiwan, Regno Unito, Olanda e da numerosi altri donatori in tutto il mondo. Nel frattempo la supervisione dell’Ufficio Nazionale per la Gestione dei disastri, nelle Isole Salomone, ha provveduto a ripartire gli interventi nelle aree colpite fra le diverse ONG, per evitare sovrapposizioni e garantire un buon coordinamento delle forze in campo. Alla Caritas è stata assegnata la Provincia delle isole Shortland e la Provincia di Choiseul, due aree a forte presenza cattolica, anche se la Caritas opererà, come suo solito, senza alcuna discriminazione di credo o razza dei beneficiari. Tra gli obiettivi fissati dal Piano di intervento della Caritas: la ricostruzione e riabilitazione di case distrutte o fortemente danneggiate; infrastrutture come scuole, cliniche, strade, istituti; condutture, pozzi e attrezzature per il rifornimento idrico e l’irrigazione; spazi pubblici e attrezzature professionali (per l’agricoltura o la pesca). Inoltre si prevede di fornire un supporto psicologico e consulenza post-traumatica alle vittime e di proseguire l’assistenza quotidiana, con beni di prima necessità e aiuti umanitari, alle comunità colpite.(M.G.)

    inizio pagina

    Terra Santa - Pax Christi per Betlemme: un pellegrinaggio di solidarietà con gli abitanti della città

    ◊   “Non possiamo dimenticare Betlemme”. Sarà l’appello delle suore del Caritas Baby Hospital il motto della II Giornata di solidarietà e sensibilizzazione con i cristiani e tutti gli abitanti di Betlemme, promossa da Pax Christi. Le religiose ogni anno ricordano il 1° marzo del 2004, quando veniva posta la prima lastra di cemento del muro, oggi lunga più di 700 chilometri lungo il confine con Israele, che circonda la città. “Non riusciamo più a uscire dalla spirale di violenza e di odio alimentata dalle tante ingiustizie perpetrate ai danni della terra e delle persone – dichiara all'Agenzia Sir mons. Fouad Twal, arcivescovo coadiutore del patriarca latino di Gerusalemme, Michel Sabbah - sembra che non ci sia via di uscita da questo drammatico scenario. Ma di fronte a tutta questa situazione c'è ancora una speranza: la nostra fede in Cristo”. “Il 1° marzo – ribadisce mons. Twal - faremo una giornata di pellegrinaggio e preghiera a Betlemme per ricordare quel triste giorno di 4 anni fa in cui è stato posto il primo blocco del muro di separazione tra Gerusalemme e Betlemme”. (M.G.)

    inizio pagina

    Guatemala: il cardinale Quezada Toruño definisce la pena di morte una "ricetta inutile"

    ◊   In un documento intitolato “Torniamo ai tempi di Nerone”, l'arcivescovo di Guatemala, card. Rodolfo Quezada Toruño, ha bollato come “una vergogna” la recente decisione del Parlamento di ripristinare il ricorso alla grazia presidenziale per i condannati a morte. Il provvedimento rende, di fatto, nuovamente applicabile la pena capitale, sospesa dal 2000 per un 'vuoto giuridico’, divenuto in pratica una specie di moratoria. Per questo è stato vivamente criticato dalle organizzazioni per i diritti umani, secondo le quali si tratta di un “un grande passo indietro” in un Paese che, a 11 anni dalla fine della guerra civile, nel solo 2007 ha registrato 4.620 omicidi ufficiali. Nel documento del card. Quezada Toruño - pubblicato integralmente dal quotidiano 'La Hora' – si legge: "Sono incredibili le diaboliche invenzioni dell’uomo nel corso dei secoli per eliminare un altro essere umano. Molta acqua è passata sotto i ponti della storia da quella maledetta mascella di asino, proprietà del primo Caino, fino alla tristemente nota iniezione letale concepita a scopo ‘umanitario’ per non fare soffrire troppo il giustiziato. Senza contare uno dei peggiori tormenti inventati dall'uomo per uccidere: la croce”. “È assolutamente comprovato – prosegue il testo - che la pena di morte non ha effetti dissuasivi, come invece alcuni, infondatamente, ritengono. Nel nostro caso si tratta di pura demagogia post-elettorale". Il card. Quezada Toruño si interroga infine sull’irreparabilità di un errore giudiziario nel caso della pena di morte: “Con un sistema giudiziario malato come quello vigente in Guatemala, questo è forse l’unico Paese in cui i giudici non possono mai sbagliare?”. (L.Z.)

    inizio pagina

    Impegno delle agenzie ONU per combattere la pratica delle mutilazioni genitali femminili

    ◊   Sostenere i governi, le comunità locali, le donne e le ragazze ad abbandonare la pratica della mutilazione genitale femminile nell’arco di una generazione. E’ l’obiettivo sottoscritto da dieci agenzie delle Nazioni Unite (UNAIDS, UNDP, UNECA, UNESCO, UNFPA, UNHCHR, UNHCR, UNICEF, UNIFEM, WHO), che mercoledì scorso hanno firmato una dichiarazione per dire basta a questa terribile usanza che “viola il diritto delle donne e delle ragazze alla salute, alla protezione e alla vita stessa”. Secondo gli ultimi dati riportati dall’agenzia Sir, sarebbero tra i 100 e i 140 milioni le donne e le ragazze che hanno subito mutilazioni genitali femminili e 3 milioni le ragazze che rischiano ogni anno di essere sottoposte a questa pratica. Numeri che mostrano un allarme socio sanitario che crea effetti dannosi sulla salute delle donne, delle ragazze e delle bambine appena nate. La stessa dichiarazione delle agenzie dell’ONU sottolinea che, oltre allo shock cruento immediato, gli effetti sulla salute a lungo termine possono includere dolore cronico, infezioni e traumi. Senza contare poi che studi recenti mostrano che le donne che hanno subito mutilazioni genitali femminili hanno un più altro rischio di parto cesareo, una degenza più lunga ed emorragie post-partum, mentre per i loro bambini si riscontrano più alti tassi di mortalità durante e immediatamente dopo la nascita. (M.G.)

    inizio pagina

    Nei Paesi in via di sviluppo continua a crescere la popolazione urbana

    ◊   Entro la fine del 2008 la metà della popolazione mondiale vivrà in centri urbani. Lo si apprende dal rapporto ‘Prospettive dell’urbanizzazione mondiale: revisione 2007” presentato ieri dal dipartimento economico e sociale dell’ONU e ripreso dall’agenzia Misna. Asia e Africa saranno i continenti maggiormente interessati da questo fenomeno pur se nelle aree rurali resterà la maggioranza della popolazione. Nel documento si prevede inoltre la nascita entro il 2025 di almeno due nuove megalopoli africane, Kinshasa (Repubblica Democratica del Congo) e Lagos (Nigeria), che andranno ad aggiungersi al Cairo (Egitto). Per la Repubblica popolare cinese e India, i due paesi più popolosi del mondo, si ipotizza che oltre la metà della popolazione si sposterà dalle campagne in città entro i prossimi 40 anni. Mentre attualmente la maggior parte degli abitanti di Europa, Nord-america, Oceania, America Latina e Caraibi vive già nei centri urbani. In occasione della presentazione del rapporto, Hania Zlotik, responsabile della Divisione popolazione dell’ONU, ha spiegato che l’urbanizzazione intensa e a ritmi sostenuti metterà i governi di fronte a nuove sfide, in particolare per l’accesso ai servizi di base, in primo luogo quelli sanitari e igienici. (M.G.)

    inizio pagina

    Giornata europea contro il sovraffollamento delle carceri

    ◊   “No al sovraffollamento delle carceri”. Questo il titolo della manifestazione che si sta svolgendo a Bruxelles in concomitanza con la riunione dei ministri di Giustizia e degli Affari interni della UE. Organizzata dal Sindacato europeo dei servizi pubblici, l’iniziativa mira a riportare l’emergenza carceri all’attenzione della politica comunitaria. Le persone, condannate in via definitiva o in attesa di giudizio, che affollano le carceri europee sono oltre 600 mila, una cifra che, in quasi tutti gli Stati membri, non ha cessato di crescere negli ultimi anni e che in 14 Paesi supera il limite della capienza regolamentare. Spazi insufficienti dunque a garantire condizioni di vita dignitose ai detenuti e difficoltà sempre maggiori per i dipendenti del settore: polizia, educatori, assistenti sociali. La situazione più drammatica si registra in alcune aree dell’Europa Orientale, dove l’eccesso di presenze rispetto alla capienza delle strutture arriva anche al 200 per cento. Da qui l’istituzione, da parte della Federazione sindacale europea dei Servizi pubblici, della Giornata europea contro il sovraffollamento delle carceri. Oltre alla manifestazione a Bruxelles, sono in corso oggi, in circa 20 città dell’Unione, conferenze e eventi finalizzati alla denuncia del dramma carcerario. A Roma si è svolto un incontro dal titolo “Un’Europa sociale, non l’Europa delle prigioni”. Presente tra gli altri anche Mauro Palma, presidente del Comitato Europeo per la prevenzione della tortura e dei trattamenti inumani e degradanti. “Negli istituti penitenziari – ha affermato – si possono creare condizioni inumane anche a prescindere da una precisa volontà di tortura e il sovraffollamento è una di queste”. Il problema, ha aggiunto non si risolve solo con la costruzione di nuove strutture, ma soprattutto con un incremento del sostegno sociale e con un maggiore rispetto dei diritti fondamentali della persona. (S.G.)

    inizio pagina

    I vescovi peruviani preoccupati delle difficili condizioni degli indigeni

    ◊   I vescovi delle giurisdizioni ecclesiastiche della Selva peruviana hanno espresso forte preoccupazione per le popolazioni indigene “costrette all’emarginazione e alla povertà” in una nota diffusa a margine dell’Incontro di Pastorale Indigena della Selva, svoltasi a Lima. Nel comunicato dei presuli ripreso dalla Fides, si legge che “grandi settori della popolazione amazzonica vivono in condizioni di estrema povertà e senza possibilità di una vita degna”, sebbene “per molti analisti, l’Amazzonia sia oggi la seconda regione geopolitica più strategica del mondo e del Perù e rappresenta più del 60% del territorio nazionale”. In particolare i vescovi sono preoccupati soprattutto per “i processi di investimento privato nella Selva; i disegni di legge 840 (denominata “Legge della Selva”); le concessioni e le aggiudicazioni delle terre e dei boschi; l’esplorazione e lo sfruttamento minerario e l’industria petrolifera, poiché possono minacciare la sopravvivenza fisica e socio-culturale dei paesi indigeni ed incrementare i conflitti socio-ambientali nell’Amazzonia”. Per fronteggiare questa situazione i vescovi indicano la strada di uno sviluppo sostenibile che rispetti le culture esistenti, l’ecosistema e i diritti umani. A tal proposito viene infine lanciato un appello affinché lo Stato promuova “una partecipazione effettiva dei propri cittadini nel disegnare e mettere in pratica le politiche di sviluppo del Paese, in ottemperanza alle norme internazionali sottoscritte per la difesa dei diritti umani nei paesi indigeni”. “L'Amazzonia è parte importante delle Indie e del Perù. Restiamo tutti uniti per la difesa della vita, dei valori e dello sviluppo dei paesi indigeni dell’Amazzonia peruviana” conclude il comunicato. (M.G.)

    inizio pagina

    Portogallo: conclusa la Settimana nazionale della Caritas 2008

    ◊   "Accogli la diversità, apri le porte all'uguaglianza" è stato lo slogan della Settimana nazionale della Caritas 2008, che si è appena conclusa in Portogallo. Il tema, scelto per sensibilizzare sulle sfide dell'interculturalità, è stato sviluppato dalle Caritas diocesane con diverse iniziative . Quella di Leiria-Fatima ha rivolto la sua attenzione all’informazione sulla malattia di Alzheimer: "Lo spazio familiare è stato individuato come il luogo principale dove la diversità e l'eguaglianza devono essere affrontate", ha spiegato il presidente Ambrósio Santos: "Si è cercato di dare risposte concrete al dramma delle famiglie e al peso delle loro difficoltà quotidiane, mediante ambulatori di appoggio e la creazione di gruppi di aiuto reciproco in diverse località". In una regione che presenta problemi di desertificazione umana, la diocesi di Guarda si è invece impegnata ad aiutare e a motivare la popolazione. Il presidente della Caritas locale, Isabel Varandas, ha ricordato che "è stato compiuto uno studio accurato per identificare e caratterizzare le situazioni di maggiore povertà della diocesi", ed ha aggiunto che "è stata affrontata l'indigenza infantile e giovanile a cui si è cercato di ovviare attraverso degli incontri intergenerazionali e una formazione musicale mirata". Nella diocesi di Setúbal è stato invece programmato un incontro pubblico sul tema "Educare lo sguardo per accogliere la diversità" ed una mostra organizzata da tre associazioni di culture diverse: il Centro culturale africano, l'Associazione di appoggio brasiliano e l'Associazione di donne zigane del municipio di Seixal (AMUCIP). "Accogliere l'altro e guardare alla diversità come ad una ricchezza può solo arricchire la nostra umanità", ha dichiarato Maria Madalena Cruz, membro della Caritas locale. (L.Z.)

    inizio pagina

    Dossier della Fides sui martiri della persecuzione religiosa nella guerra civile spagnola

    ◊   Settemila vittime e un numero imprecisato di religiosi e fedeli torturati e imprigionati. Sono i numeri di quella che è stata una vera e propria persecuzione anticattolica nella zona repubblicana della Spagna durante la guerra civile degli anni ’30 dello scorso secolo, raccolti in un dossier della Fides che sarà pubblicato sabato 1° marzo. Il documento - curato da Jorge López Teulón, Postulatore delle cause di Beatificazione dei martiri della diocesi di Toledo, e da P. Marcón Rincón Cruz, - sottolinea che la causa più profonda di questa oppressione “era la volontà di farla finita con la religione, non precisamente per ragioni socio-economiche o politiche, benché anche queste fossero presenti”. Dalle anticipazioni del testo emerge poi “l’elevato numero di morti violente fra i membri del clero, gli ordini religiosi e i militanti cattolici di qualunque età o condizione sociale, in tutto il territorio dominato dalla Repubblica, perpetrate da miliziani, da membri di organismi o partiti di sinistra e dei comuni”. “Sin dal primo momento – si legge ancora nel dossier – la persecuzione religiosa fu una realtà nella zona repubblicana e, benché in graduale diminuzione, la libertà e la normalità religiosa scomparirono in questa zona finché durò la guerra”. Stando agli accurati calcoli della Fides solo tra il clero il totale delle vittime fu di 6.832 unità, cifra a cui bisogna aggiungere un numero imprecisato di cristiani laici sacrificati. (M.G.)

    inizio pagina

    Bulgaria: incontro a Sofia dei presidenti dei vescovi del Sud-Est europeo su fidanzamento e matrimonio

    ◊   Inizia stasera a Sofia, in Bulgaria, l'8° incontro dei presidenti delle Conferenze episcopali del Sud-Est Europa. Un evento - che si concluderà domenica prossima - promosso dal Consiglio delle Conferenze episcopali d'Europa (CCEE) sul tema: "La preparazione dei fidanzati e l'accompagnamento spirituale degli sposi": Alla riunione partecipano le Conferenze episcopali di Albania, Bosnia ed Erzegovina, Bulgaria, Grecia, Romania, Turchia e quella internazionale dei Santi Cirillo e Metodio. Ad ospitare l'incontro sarà l'Esarca Apostolico di Sofia e presidente della Conferenza episcopale bulgara, Mons. Christo Proykov. Tra i temi al centro della riflessione: i matrimoni tra un cattolico ed un cristiano non cattolico e quelli con disparità di culto (tra un cattolico ed una persona non battezzata) sulla scia dello studio avviato nel 2007 in Romania su "Matrimoni misti e famiglia in Europa". Ai lavori parteciperà l'esponente della Chiesa ortodossa, Kalin Yanakiev ed il Gran Muftì dei musulmani di Bulgaria. Due le liturgie previste: domani sera nella Concattedrale latina di San Giuseppe e domenica mattina, in rito bizantino, nella Cattedrale greco-cattolica. (R.P.)

    inizio pagina

    India: assegnato il primo "Premio internazionale Beata Teresa di Calcutta" a due "pionieri" che assistono i malati di AIDS

    ◊   Un riconoscimento alla lotta contro l’Aids, perché chi soffre di questo terribile male “è come Cristo in croce, a cui non si possono voltare le spalle”. È la presentazione fatta dal card. Telesphore Toppo al primo Premio internazionale Beata Teresa di Calcutta, assegnato ieri al dr. Peter Piot ed all’ambasciatore Mark Dybul, definiti “pionieri” della sensibilizzazione nei confronti dei malati di Aids. Il premio è stato istituito dalla Commissione salute della Conferenza episcopale indiana. I due vincitori – il direttore esecutivo dell’Unaids ed il coordinatore per gli Stati Uniti nella lotta contro l’Hiv – hanno conosciuto la Beata Teresa e da lei hanno sentito “la necessità” di curare i malati. Il segretario della Commissione, padre Alex Vadakunthala, spiega all'Agenzia AsiaNews che il riconoscimento “è stato creato per premiare coloro che dimostrano la stessa dedizione ai problemi umanitari che ha sempre caratterizzato la Beata Teresa”. Il card. Toppo, parlando della vita di Madre Teresa, ha detto che "quella presente in lei era una rara combinazione di fede e dedizione al servizio umanitario: il suo amore per i più poveri fra i poveri lo dimostra. Con tono profetico, lei diceva che chi vive con l’Hiv è come Cristo che soffre sulla croce, a cui non si possono voltare le spalle”. (R.P.)

    inizio pagina

    24 Ore nel Mondo



    Nuovi raid israeliani nella Striscia di Gaza causano numerose vittime tra i palestinesi

    ◊   Due nuovi raid aerei sono stati compiuti nella tarda mattinata di oggi nel nord della Striscia di Gaza. Fonti mediche hanno riferito all'ANSA che un miliziano di Hamas è rimasto ucciso e altri tre feriti. Gli attacchi sono stati compiuti vicino a a Beit Hanun e a Beit Lahia. Da questa mattina sale così a otto il totale dei palestinesi uccisi: sette nella Striscia di Gaza, tra cui 4 bambini, e uno in Cisgiordania. Sempre da questa mattina sono 17 i razzi Qassam che, sparati da miliziani palestinesi contro la città israeliana di Sderot, hanno provocato finora quattro feriti. Ieri, sono rimasti uccisi 13 palestinesi (compreso un miliziano in Cisgiordania) e un civile israeliano (colpito da un razzo Qassam a Sderot). Il segretario generale delle Nazioni Unite, Ban Ki-moon, si è detto “preoccupato dell'escalation di violenza” ed ha espresso “la speranza che questo non faccia deragliare il processo di pace”.

    Israele
    L'ex presidente israeliano, Moshe Katzav, è stato formalmente incriminato per reati di natura sessuale dal procuratore generale dello Stato davanti al tribunale distrettuale di Gerusalemme. Katzav è accusato di atti immorali senza consenso e con l'esercizio di pressioni nei confronti di una sua ex dipendente quando era ministro del Turismo, di molestie sessuali e di aver infastidito un testimone. I capi di imputazione sono stati pattuiti con gli avvocati della difesa lo scorso giugno, stralciando le imputazioni più pesanti, come stupro e violenze sessuali.

    Iraq
    Un civile iracheno è stato ucciso dalle forze americane nei pressi di un posto di blocco a Muqdadiya, 90 km a nord-est da Baghdad. Secondo fonti USA non si era fermato a un blocco, ma non aveva armi. Intanto a Mossul, due poliziotti iracheni, padre e figlio, sono stati uccisi in un agguato.

    Gli Stati Uniti a colloquio con i vertici turchi per le incursioni in Nord Iraq
    “Gli Stati Uniti ritengono che l'offensiva in corso debba essere breve ed il più possibile mirata negli obiettivi”. Così, il segretario alla Difesa americano, Robert Gates, da Ankara, ha esortato la Turchia a limitare la durata delle operazioni militari nel nord dell’Iraq tese a colpire le basi del PKK nel Kurdistan iracheno. Le autorità turche non hanno fornito date per la conclusione delle operazioni. Quali sono, dunque, i rischi che possono scaturire da questa situazione di tensione? Salvatore Sabatino lo ha chiesto a Mirella Galletti, docente di Diritto delle Comunità Islamiche presso l’Università Cà Foscari di Venezia:


    R. – Il problema non è tanto il PKK, che già da anni è al confine tra il Kurdistan iracheno e il Kurdistan turco ed iraniano, ma il problema per i militari turchi è rappresentato dalla regione autonoma del Kurdistan iracheno. Di fatto questi attacchi mirano non tanto a distruggere il PKK, quanto ad indebolire questa specie di Stato che de facto è quasi indipendente nel Kurdistan iracheno. Vorrei anche sottolineare che questi bombardamenti più che distruggere le basi del PKK, distruggono le infrastrutture che sono all’interno del Kurdistan iracheno.

     
    D. – Il Kurdistan iracheno è una delle regioni più ricche di petrolio e da sempre indirizzata verso l’autonomia. Le tensioni tra Baghdad ed Ankara di questi ultimi giorni sono più politiche o economiche?

     
    R. – Probabilmente sono più politiche, ma poi dopo – come è stato anche sottolineato nell’ambiente del presidente della regione autonoma del Kurdistan, Massud Barzani - di fatto Baghdad e il governo iracheno sembra che abbiano espresso delle proteste, anche se tiepide, nei confronti della Turchia. Non c’è stato, poi, un atteggiamento molto vigoroso contro la Turchia, perché di fatto questa regione autonoma dà fastidio a tutti.

    D. – C’è, però, da sottolineare che molti analisti dicono che c’è stata una reazione tiepida anche da parte della Comunità internazionale. Perché questo atteggiamento?

     
    R. – Il problema è che la Turchia rappresenta un punto vitale per l’Occidente, soprattutto per gli Stati Uniti. Dal canto suo, la Turchia ha anche delle relazioni strettissime con Israele.Il suo governo islamico rappresenta anche un volto modernizzante dell’islam. Abbiamo, quindi, una reazione internazionale estremamente tiepida.

     
    Pakistan
    Un missile ha colpito una casa nella regione pachistana del Waziristan, facendo almeno otto vittime. L'attacco è avvenuto nel sud della regione, vicino al villaggio di Kaloosha, una zona ritenuta rifugio dei militanti di al Qaeda, al confine con l'Afghanistan. Un ufficiale della sicurezza ha affermato di ritenere che il missile sia stato sparato dalle forze americane dal vicino Afghanistan. Tuttavia, nè gli Stati Uniti nè le autorità pachistane hanno confermato questa ipotesi.

    Afghanistan
    La polizia afghana ha ucciso 25 combattenti talebani, tra cui un loro comandante, in uno scontro nel sud del Paese. I militanti sono stati uccisi ieri a Nadi Ali, nel distretto di Helmand, uno dei principali bastioni talebani e uno dei maggiori produttori di droga regionali dell'Afghanistan. L'Afghanistan sta assistendo ad una crescente ondata di violenza, in cui sono morte più di 11 mila persone negli ultimi due anni.

    Libano
    I vertici della forza ONU schierata in Libano (UNIFIL) hanno assicurato oggi che “non c'è ragione di temere un aumento della tensione” dopo le minacce di “guerra aperta” rivolte da Hezbollah a Israele in seguito all'uccisione, in un attentato due settimane fa, a Damasco di Imad Mughniyeh, capo militare del movimento sciita libanese. Tutte le parti hanno ancora una volta confermato il pieno impegno a rispettare la risoluzione ONU 1701, che ha posto fine nell'agosto 2006 alle ostilità tra Hezbollah e Israele dopo 34 giorni di guerra. Le rassicurazioni dell'UNIFIL contrastano tuttavia con alcuni recenti rapporti di stampa stranieri.

    Questione cipriota
    Segnali di apertura da parte del leader turco cipriota, Mahmet Ali Talat, nei confronti del neo presidente di Cipro, Demetris Christofias, considerato favorevole al rilancio del dialogo per la riunificazione dell’isola. L’ultimo tentativo di risolvere la crisi cipriota, apertasi nel 1974 dopo l’occupazione turca della parte settentrionale del Paese, è stato con il referendum sulla riunificazione promosso dalle Nazioni Unite nel 2004, ma bocciato dal 76% dei greco ciprioti. Servirà, dunque, l’uscita di scena dell’ex presidente nazionalista Papadopulos a rilanciare il dialogo tra le due parti di Cipro e a far crollare l’ultimo muro all’interno dell’UE? Stefano Leszczynski lo ha chiesto a Stefano Silvestri, direttore dell’Istituto Affari Internazionali:


    R. – Credo sia possibilee questo non solo perché i due leader si riferiscono alla tradizione del partito comunista, che a Cipro è sempre stata molto forte, ma perché così hanno detto. Così ha detto Christofias e così ha detto anche il presidente turco-cipriota. Il problema è vedere quanto di tutto questo è un movimento – diciamo – di public relations e quanto è, invece, sostanziale. È comunque un segnale positivo, che sia stata espressa questa volontà di andare avanti.

     
    D. – Per la Turchia, Cipro rappresenta il principale ostacolo all’avvio di un processo di integrazione nella Unione Europea. Potrebbe essere possibile se solo si presentasse l’occasione di salvare la faccia e quindi di soprassedere sull’occupazione di Cipro?

    R. – Credo che ci voglia prima una qualche soluzione politica. per il resto tutti sono d’accordo che la Repubblica di Cipro, la Repubblica turco-cipriota è uno Stato che non ha possibilità di sopravvivere da solo. Diciamo che i turchi sarebbero favorevoli ad una soluzione di tipo federale mentre i ciprioti greci sono più favorevoli ad una soluzione di tipo unitario. Il problema è, come sempre, sui dati particolari e quindi sulle case, sui terreni, sulle popolazioni. Ci sono tutti questi elementi che poi diventano difficili all’interno del negoziato.

     
    D. – Christofias è stato indicato, durante la campagna elettorale come un antieuropeista e per quanto riguarda l’Unione Europea si presenta come l’unico leader ancora comunista tra i 27. Questo può essere un elemento di difficoltà?

     
    R. – Bisognerà vedere. Se risolve la questione di Cipro sarà un altro benefattore dell’Unione Europea. In fondo anche Sarkozy aveva iniziato come un mezzo euroscettico e poi è riuscito a far passare il Trattato di Lisbona. Diciamo che l’aiuto può venire dalle parti più inaspettate.

     
    Ultime fasi di alleanze e candidature in Italia, in vista del voto di aprile
    Fervono le trattative all’interno degli schieramenti per definire alleanze e candidati. Accordo fatto sulle liste tra Forza Italia e Alleanza Nazionale. Confronto ancora aperto invece tra UDC e Rosa Bianca. Mentre Veltroni prova a rassicurare i cattolici del partito democratico sulla natura dell’intesa con i radicali. Servizio di Giampiero Guadagni:


    Il tempo stringe. Entro domenica vanno infatti depositati i simboli delle liste ed essere decisi apparentamenti e coalizioni. L’incognita maggiore riguarda il centro: UDC e Rosa Bianca non hanno ancora trovato l’intesa. Intanto, nel Partito democratico Veltroni assicura di poter fare una sintesi sui temi etici tra i valori laici e quelli cattolici. E a proposito dell’ingresso dei radicali nel PD osserva: hanno accettato la cultura del dialogo e della mediazione. Siamo il partito del lavoro, aggiunge Veltroni che questa mattina ha presentato altri tre candidati, tra i quali l’unico sopravvissuto al rogo della Thyssenkrupp di Torino. Nel Popolo delle Libertà, Forza Italia e Alleanza Nazionale hanno trovato un accordo sulle quote delle candidature: ogni dieci parlamentari, tre saranno del partito di Fini. Ma si registrano i malumori dei partiti più piccoli. Nel fine settimana il PDL presenterà il proprio programma elettorale. Il primo problema da affrontare, spiega Berlusconi,  è quello dei rifiuti di Napoli; poi si metterà mano alla riduzione delle tasse a beneficio delle famiglie, delle imprese e del lavoro. Saranno anche allestiti gazebo in tutta Italia dove gli elettori del PDL potranno esprimersi sulle priorità. Il programma è stato presentato anche dalla Sinistra Arcobaleno: 14 i punti cardine, dalla sicurezza sui luoghi di lavoro alle misure per l'informazione, dalla nuova scala mobile alla lotta contro la precarietà, dalle misure per l’ambiente alla difesa della laicità dello Stato e della 194. Poi una serie di no: dal Mose di Venezia al ponte sullo Stretto alla TAV. (Giampiero Guadagni per la Radio Vaticana)

     
    A Bruxelles si discute l’ingresso del Liechtenstein nello spazio Schengen
    L'UE firmerà oggi col Liechtenstein l'estensione dello spazio Schengen di libero movimento. Un passaggio diventato più delicato, in seguito allo scandalo, scoppiato prima in Germania e che man mano si sta estendendo a numerosi Paesi europei, sulle centinaia di contribuenti che hanno frodato il fisco dei rispettivi Paesi, portando i fondi a Vaduz. Sarebbero venute proprio dalla Germania le maggiori perplessità all'inserimento del piccolo principato alpino fra i Paesi che godono delle condizioni previste dallo spazio Schengen. Lo spazio Schengen conta attualmente 24 Paesi, dei quali 22 UE, più Islanda e Norvegia. A novembre dovrebbe entrare anche la Svizzera.

    Il commissario UE all’Allargamento annuncia accordo con la Bosnia Erzegovina
    L'Unione Europea potrebbe firmare l'accordo di preadesione (ASA) con la Bosnia Erzegovina entro aprile ed è pronta in qualunque momento a riprendere il cammino interrotto con la Serbia. Lo ha detto il commissario UE all'Allargamento, Olli Rehn, al termine di un seminario informale di due giorni sull'avvenire europeo della Bosnia Erzegovina, a Bruxelles. Il commissario Rehn ha spiegato che il parlamento bosniaco dovrebbe completare le riforme richieste in tempi molto stretti. Possibile dunque in altrettantti tempi brevi la prospettata firma dell'ASA con la Bosnia, che farà fare un nuovo passo in avanti al processo di avvicinamento alla UE dei Paesi dei Balcani occidentali. Passo in avanti tanto più significativo dopo la situazione delicata che si è creata con la proclamazione dell'indipendenza del Kosovo. La firma per un accordo politico ad interim tra UE e Belgrado, programmata per il 7 febbraio scorso, è stata, infatti, congelata dopo le violenze scoppiate in seguito alla separazione della ex provincia serba. Da parte sua, Rehn ha affermato di ritenere che la Serbia abbia una prospettiva europea “concreta e tangibile”. “Siamo pronti a riprendere il cammino, appena la Serbia riconfermerà la sua disponibilità alla prospettiva europea”, ha aggiunto il commissario. In realtà, il riconoscimento del Kosovo pone problemi anche alla Bosnia Erzegovina. Le autorità non hanno ancora deciso quale linea prendere in ragione delle differenze esistenti tra l'entità serbo bosniaca della Repubblica Srpska e la Federazione croato musulmana, le due entità che compongono la Bosnia Erzegovina dagli accordi di pace di Dayton, che nel 1995 hanno messo fine alla guerra civile.

    Kenya
    Un accordo per un governo di unità nazionale con divisione bilanciata dei poteri è stato raggiunto in Kenya. Lo ha annunciato l'ex segretario generale dell'ONU, Kofi Annan, che sta mediando tra le parti da oltre un mese, dopo lunghi colloqui col presidente Mwai Kibaki ed il leader dell'opposizione Raila Odinga.

    Sahara occidentale
    Deve essere trovata una soluzione alla questione del Sahara occidentale, "congelata da tempo" e "qualsiasi soluzione deve rispettare i diritti del popolo saharaoui, compreso il diritto ad esprimere il proprio parere sulla questione". Lo ha dichiarato il sottosegretario di Stato americano per il Medioriente, David Welch, in visita ad Algeri, dove ha avuto un incontro con il presidente Bouteflika. Dal 16 al 18 marzo si terrà a Manhasset, vicino a New York, il quarto round delle trattative dirette tra Marocco e Sahara Occidentale, previste dall'ultima risoluzione dell'ONU, 1754. I negoziati iniziati in giugno non hanno portato fino ad oggi a nessun risultato. Il Fronte Polisario continua a reclamare l'organizzazione di un referendum per l'autodeterminazione, mentre il Marocco è disposto a concedere un’autonomia della regione ma sotto sovranità marocchina. La disputa sull'ex colonia spagnola, occupata dal Marocco subito dopo la sua indipendenza nel 1975, continua a dividere il Maghreb da oltre 30 anni.

    Russia
    L'opposizione russa a Vladimir Putin vuole un suo parlamento ombra: lo ha annunciato l'ex campione di scacchi Garry Kasparov, leader del movimento Altra Russia, al quotidiano Kommersant. La prima seduta del “parlamento alternativo”, come lo ha battezzato, si dovrebbe tenere il 23 marzo. “In condizioni di possibile crisi del potere o di una sua delegittimazione, il parlamento alternativo potrà essere un utile strumento”, ha detto Kasparov. Nel frattempo, la "camera ombra" servirà all'opposizione come terreno di confronto ideologico.

    Filippine
    L'esercito e la polizia delle Filippine sono in stato di allerta in vista di una manifestazione di protesta domani contro il presidente Gloria Macapagal Arroyo, per i timori di attacchi da parte di militanti islamici o ribelli comunisti. Lo hanno riferito funzionari della sicurezza. Gli organizzatori della protesta hanno detto che le minacce sono solo un escamotage delle forze di sicurezza per convincere la gente a non partecipare alla marcia di domani. Alla manifestazione, nel distretto economico di Makati, sono attese alcune migliaia di partecipanti. La protesta è stata organizzata per chiedere l'allontanamento della Arroyo per uno scandalo di tangenti. (Panoramica internazionale a cura di Fausta Speranza)

     

     
    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LII no. 59

     
    E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sulla home page del sito www.radiovaticana.va/italiano.

    inizio pagina