Logo 50 Radiogiornale Radio Vaticana
Redazione +390669883674 | +390669883998 | e-mail: sicsegre@vatiradio.va

Sommario del 27/12/2008

Il Papa e la Santa Sede

  • Domani l'Angelus del Papa nella Festa della Santa Famiglia in videocollegamento con Madrid: intervista col cardinale Rouco Varela
  • Nomine
  • La Chiesa celebra la festa di San Giovanni apostolo ed evangelista
  • Dialogo, inculturazione, evangelizzazione e promozione umana: le sfide della Chiesa in Asia
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • Raid israeliano a Gaza: oltre 150 morti. I commenti di Battistini, padre Pizzaballa e padre Lombardi
  • Il cardinale Tettamanzi: di fronte alla crisi rilanciare solidarietà e responsabilità
  • Emergenza a Lampedusa: nuovi sbarchi di immigrati
  • Il commento di don Massimo Serretti al Vangelo della Domenica
  • Chiesa e Società

  • A quattro anni di distanza l’Asia ricorda lo tsunami
  • La Chiesa di Beirut si mobilita a sostegno dei cristiani esuli dall’Iraq
  • Venezuela. Il cardinale Urosa invita alla solidarietà e alla fraternità
  • Messaggio dei vescovi messicani sulle gravi sfide del Paese
  • Sessant’anni fa in Ungheria l’arresto del cardinale Mindszenty
  • Il cardinale Bagnasco ai detenuti: "Le celle diventino delle piccole chiese"
  • Usa: licenziata un’impiegata che al telefono augurava “Buon Natale”
  • Cile: “Radio voz de la costa” fondata dai Cappuccini compie 40 anni
  • Al Teresianum convegno su "Maria nel cuore della Parola di Dio"
  • 24 Ore nel Mondo

  • Alta tensione tra Islamabad e New Delhi a un mese dagli attentati di Mumbai
  • Il Papa e la Santa Sede



    Domani l'Angelus del Papa nella Festa della Santa Famiglia in videocollegamento con Madrid: intervista col cardinale Rouco Varela

    ◊   La Chiesa di ogni parte del mondo si appresta a celebrare domani la Festa della Santa Famiglia di Nazareth. Domani il Papa ne parlerà durante l'Angelus in Piazza San Pietro. Festa che, in particolar modo in Spagna, assumerà i contorni di un grande raduno della fede dal tema “La famiglia, grazia di Dio”, che vedrà Plaza de Colón, nel cuore di Madrid, gremita per la Messa presieduta dal cardinale arcivescovo della città, Rouco Varela. E per i fedeli spagnoli ci sarà anche l’opportunità di ascoltare in videocollegamento il saluto che il Papa rivolgerà loro durante la recita dell’Angelus. I particolari nel servizio di Alessandro De Carolis:

    Uomo, donna, il dono dei figli. Per un cristiano la famiglia non sarà mai “una costruzione sociologica casuale”, ma il modello scelto da Dio per realizzare il mistero dell’incarnazione di suo Figlio, la cui nascita ha reso quella di Nazareth un “prototipo” per tutte le famiglie cristiane. Sulla traccia di un magistero specifico tracciato con chiarezza da Benedetto XVI all’alba del suo Pontificato - e ribadito in innumerevoli circostanze, con accentuazioni diverse anche quest’anno - i cattolici di tutto il mondo tornano a riflettere, alla fine dell’anno, sul valore che la fede cristiana ha sempre attribuito alla dimensione familiare. Riecheggiando il Pontefice, il capo della Chiesa madrilena, il cardinale Antonio María Rouco Varela, ha scritto una lettera ai fedeli affermando che “la festa della Santa Famiglia invita tutti a ringraziare il Signore poiché ha voluto che suo Figlio Gesù vivesse in seno ad una famiglia e fosse modello per tutti nei rapporti familiari”. Un concetto ribadito dallo stesso arcivescovo di Madrid al microfono di Rafael Alvarez Taberner, della redazione spagnola della nostra emittente:

     
    "El problema de la familia es de tal envergadura ...
    La problematica della famiglia ha grande rilievo in questo momento per la Chiesa: una Chiesa senza famiglie cristiane rischia di svanire come neve al sole e lo stesso destino è riservato alla società. La famiglia è un elemento fondamentale dell’antropologia cristiana ed è un segno fondamentale della dimensione sociale dell’uomo, e pertanto si trova anche nel sostrato dell’opera redentrice del Signore, che (…) si serve della famiglia, non ne prescinde”.

     
    Roma e Madrid unite spiritualmente dal filo del pensiero di Benedetto XVI e quello dei vescovi e dei fedeli spagnoli, i quali domani per qualche minuto vedranno la loro bella Plaza de Colón trasformata in una “estensione” di Piazza San Pietro, grazie ai maxischermi. Ancora il cardinale Rouco Varela:

     
    Pues es una solemnisima celebración de la Eucaristía ...
    Sarà un’Eucaristia solenne che sarà preceduta da un collegamento con Roma, con le parole che il Papa pronuncerà, rivolto a noi, nel corso dell’Angelus. In questo modo noi potremo ringraziarlo. Le sue parole saranno illuminanti e daranno coraggio al popolo di Dio in Spagna, alla grande assemblea eucaristica. Queste parole saranno di grande consolazione e ci consentiranno di entrare meglio nella celebrazione dell’Eucaristia”.

     
    La festa di domani, organizzata in sostanza dalla Chiesa spagnola nel suo insieme, si inserisce nel solco di una iniziativa lanciata lo scorso anno. Le famiglie cristiane spagnole scendono in piazza perché intendono offrire, spiega ancora il cardinale Rouco Varela:

     
    "Un gran testimonio del Evangelio de la familia. ...
    Una grande testimonianza del Vangelo della famiglia. Testimoni della parola e testimoni della vita. L’assemblea di questa domenica sarà un’assemblea visibile di tipo familiare, anche dal punto di vista fenomenologico. Perché? Perché sarà composta di famiglie con bambini che vengono da tutta Madrid e da tutta la Spagna, e renderà visibile come la famiglia viva di radici cristiane (…) e che continua ad essere vigorosa, anche se bisognosa di aiuto. La Chiesa, insieme con essa, porta questo messaggio al cuore della società e anche della comunità politica di Spagna”.

    inizio pagina

    Nomine

    ◊   Il Santo Padre ha accettato la rinuncia al governo pastorale dell’arcidiocesi di San Salvador presentata da mons. Fernando Sáenz Lacalle, per raggiunti limiti di età. Il Papa ha nominato nuovo arcivescovo metropolita di San Salvador mons. José Luis Escobar Alas, finora vescovo di San Vicente. Mons. José Luis Escobar Alas è nato a Suchitoto, arcidiocesi di San Salvador, il 10 marzo 1959. Ha compiuto gli studi ecclesiastici nel Seminario Centrale "San José de la Montaña" in San Salvador e nel Seminario Maggiore di Morelia in Messico. Ha ottenuto la Licenza in Filosofia presso la Pontificia Università Gregoriana di Roma. Ordinato sacerdote il 15 agosto 1982 per il clero della diocesi di San Vicente, ha svolto diversi incarichi: rettore del Seminario Minore diocesano di San Vicente; parroco di "Guadalupe"; professore del Seminario Centrale "San José de la Montaña" a San Salvador; parroco del "Pilar" in San Vicente e vicario generale della diocesi di San Vicente. I1 19 gennaio 2002 è stato nominato vescovo titolare di Tibica ed ausiliare di San Vicente. Ha ricevuto la consacrazione episcopale il 23 marzo 2002. Il 4 giugno 2005 è stato nominato vescovo di San Vicente.

    Il Santo Padre ha nominato vescovo di San Lorenzo (Paraguay) mons. Sebelio Peralta Álvarez, finora vescovo di Villarrica del Espíritu Santo. Mons. Sebelio Peralta Álvarez è nato il 19 settembre 1939 ad El Salvador, in diocesi di Villarrica del Espíritu Santo (Paraguay). È stato alunno del Seminario minore della diocesi, poi del Seminario Maggiore di Asunción. È stato ordinato sacerdote il 19 dicembre 1964. Nominato vescovo titolare di Giunca di Mauritania ed ausiliare di Villarrica del Espíritu Santo il 3 marzo 1979, ha ricevuto la consacrazione episcopale il 1° maggio dello stesso anno. Il 19 aprile 1990 è stato nominato vescovo di Villarrica del Espíritu Santo.

    Benedetto XVI ha accettato la rinuncia al governo pastorale della diocesi di Rožňava (Slovacchia), presentata da mons. Eduard Kojnok, per raggiunti limiti di età. Gli succede mons. Vladimír Filo, finora vescovo coadiutore della medesima diocesi.

    inizio pagina

    La Chiesa celebra la festa di San Giovanni apostolo ed evangelista

    ◊   La Chiesa celebra oggi la festa di San Giovanni apostolo ed evangelista. Figlio di Zebedeo e fratello di Giacomo era il discepolo prediletto di Gesù. Il Papa gli ha dedicato tre catechesi del mercoledì durante l’estate del 2006. Ce ne parla Sergio Centofanti.

    Benedetto XVI nelle sue catechesi sottolinea come San Giovanni ci indichi il “dato peculiare del cristianesimo” proclamando “con folgorante intuizione che ‘Dio è amore’”:

     
    “Si noti bene: non viene affermato semplicemente che ‘Dio ama’ e tanto meno che ‘l'amore è Dio!’. In altre parole: Giovanni non si limita a descrivere l'agire divino, ma procede fino alle sue radici. Inoltre, non intende attribuire una qualità divina a un amore generico e magari impersonale; non sale dall’amore a Dio, ma si volge direttamente a Dio per definire la sua natura con la dimensione infinita dell'amore. Con ciò Giovanni vuol dire che il costitutivo essenziale di Dio è l’amore e quindi tutta l'attività di Dio nasce dall’amore ed è improntata all'amore: tutto ciò che Dio fa, lo fa per amore e con amore. Anche se non sempre possiamo subito capire che questo è l’amore, ma è l’amore vero”. (9 agosto 2006)

     Dunque non è un amore teorico: Dio lo dimostra facendosi uomo e pagando con la vita questo amore. L’uomo è chiamato a rispondere all'amore senza misura di Dio, come dice Gesù nel comandamento nuovo riportato nel Vangelo di San Giovanni: “Come io vi ho amati, così amatevi anche voi gli uni gli altri”:

     “Quelle parole di Gesù, ‘come io vi ho amati’, ci invitano e insieme ci inquietano; sono una meta cristologica che può apparire irraggiungibile, ma al tempo stesso sono uno stimolo che non ci permette di adagiarci su quanto abbiamo potuto realizzare. Non ci consente di essere contenti di come siamo, ma ci spinge a rimanere in cammino verso questa meta”. (9 agosto 2006)

     
    Forte della verità dell’amore San Giovanni annuncia senza timori il Vangelo di Gesù, perché non può tacere quello che ha visto e ascoltato:

     
    “Proprio questa franchezza nel confessare la propria fede resta un esempio e un monito per tutti noi ad essere sempre pronti a dichiarare con decisione la nostra incrollabile adesione a Cristo, anteponendo la fede a ogni calcolo o umano interesse”. (5 luglio 2006)

     
    L’annuncio della verità porta con sé le persecuzioni. Così nell’Apocalisse San Giovanni racconta la sua grande visione dell’Agnello che è sgozzato ma sta ritto in piedi:

     
    “Gesù, il Figlio di Dio, in questa terra è un Agnello indifeso, ferito, morto. E tuttavia sta dritto, sta in piedi, sta davanti al trono di Dio ed è partecipe del potere divino. Egli ha nelle sue mani la storia del mondo. E così il Veggente vuol dirci:  abbiate fiducia in Gesù, non abbiate paura dei poteri contrastanti, della persecuzione! L'Agnello ferito e morto vince! Seguite l'Agnello Gesù, affidatevi a Gesù, prendete la sua strada! Anche se in questo mondo è solo un Agnello che appare debole, è Lui il vincitore”.(23 agosto 2006)

    inizio pagina

    Dialogo, inculturazione, evangelizzazione e promozione umana: le sfide della Chiesa in Asia

    ◊   Le sfide della Chiesa in Asia, i problemi e le speranze dei cristiani nel più grande continente del mondo: ne parla il comunicato, pubblicato oggi, relativo al Consiglio Speciale per l’Asia della Segreteria Generale del Sinodo dei Vescovi che si è tenuto l’11 e il 12 dicembre in Vaticano. Il servizio di Fausta Speranza:

    Pace e inculturazione sono stati al centro della relazione di mons. Nikola Eterovic, segretario generale del Sinodo dei Vescovi. Il pensiero va alla situazione in India, dalla difficile condizione dei cristiani in Orissa ai tragici fatti di Mumbai, e alla instabilità delle regioni mediorientali. C’è poi l’importante impegno dell’inculturazione della Parola di Dio nel continente più popolato del mondo e ricco di antiche culture, lingue, religioni e tradizioni. E di inculturazione si è parlato molto anche nell’ambito dei lavori mettendo in luce come sia un “processo delicato, lungo ed esigente”, che impone una formazione accurata degli evangelizzatori. Fondamentale il ruolo del laicato, ed essenziale il ruolo dei teologi, che – viene sottolineato nel comunicato stampa – “hanno il delicato compito di sviluppare una teologia inculturata, specialmente nell’area della cristologia tenendo presente l’unicità salvifica di Gesù Cristo”. Bisogna evitare che le persone siano indotte a confusione o a sincretismo. Bisogna dire che nel discutere di inculturazione in Asia, sono emersi elementi positivi per la Chiesa, come l’aumento delle vocazioni sacerdotali e alla vita consacrata, la crescita dello spirito missionario con l’intento di promozione umana in particolare a favore di poveri e emarginati. Sul piano delle sfide, c’è innanzitutto il dialogo con altre grandi religioni asiatiche, “turbato – si legge nel comunicato – da gruppi fondamentalisti che non rifuggono dal ricorso alla violenza”, e poi le difficoltà date da un mancato rispetto della libertà religiosa in vaste regioni e dalla diffusione di uno spirito secolarizzato. Infine, c’è da riferire che sono stati ricordati valori religiosi e culturali tipici dei popoli dell’Asia: semplicità di vita, famiglia, ospitalità, rispetto per il sacro e le religioni. E poi amore per il silenzio e la contemplazione, l’armonia, il distacco, la non violenza, lo spirito del lavoro, la disciplina, la sete di conoscenza e di ricerca filosofica.

    inizio pagina

    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   Il mondo va in rovina se ciascuno pensa solo a sé: in prima pagina, il messaggio “urbi et orbi”, in cui Benedetto XVI ha richiamato le emergenze della pace e della solidarietà.

    E’ guerra a Gaza: in evidenza, nell’informazione internazionale, la situazione nel Vicino Oriente. L’aviazione israeliana sferra diversi attacchi contro basi di Hamas: oltre centocinquanta i morti.

    Quella scena che “chiede” di essere rappresentata: in cultura, Antonio Paolucci sulla Natività secondo Giotto e il Ghirlandaio.

    Nuova rabbia al teatro dell’assurdo: Claudio Toscani ricorda Harold Pinter, Nobel per la letteratura nel 2005.

    Lanciato l’amo nell’acqua profonda pescò il Pesce giusto: mons. Inos Biffi sull’inno di Ambrogio per San Giovanni Apostolo.

    Un articolo di Alejandro Mario Dieguez dal titolo “Un padre premuroso per gli orfani di Reggio e di Messina”: Pio X e il terremoto del 1908.

    “Stasera dormirò coi morti”: Aurelio Fusi su don Orione in viaggio da Tortona a Reggio Calabria dopo il funesto sisma.

    inizio pagina

    Oggi in Primo Piano



    Raid israeliano a Gaza: oltre 150 morti. I commenti di Battistini, padre Pizzaballa e padre Lombardi

    ◊   Il Medio Oriente sprofonda nuovamente nella spirale di violenza. L’aviazione israeliana ha lanciato questa mattina un attacco aereo su la Striscia di Gaza, colpendo basi e impianti militari di Hamas. Al momento si parla di 155 morti e 200 feriti. Il raid, annunciato nei giorni scorsi dalla stampa e da diversi membri del governo di Tel Aviv, ha l’obiettivo dichiarato di porre fine al lancio di razzi sul Negev, ripreso dalla fine della tregua il 19 dicembre scorso. Tuttavia non si è fatta attendere la reazione palestinese: quattro razzi sparati da Gaza sono caduti sul villaggio di Netivot, uccidendo una cittadina Israeliana. Sconcerto e preoccupazione si registrano in tutta la comunità internazionale mentre la Lega Araba ha convocato per oggi una riunione di emergenza. Per gli ultimi aggiornamenti il servizio di Marco Guerra:

     
    L’offensiva israeliana su Gaza è partita alle 11.30 locali, quando sui cieli della Striscia sono entrati in azione gli F16 e gli elicotteri della aviazione dello Stato ebraico. In tutto sono state colpite una trentina di strutture, fra cui basi, arsenali, campi di addestramento e il quartier generale della polizia di Hamas, dove è rimasto ucciso il capo delle forze di sicurezza. A pochi minuti all’attacco, fonti palestinesi già stimavano almeno 50 vittime ma l’ultimo bilancio parla di oltre 155 morti e 200 feriti. La situazione adesso è drammatica: in molti ospedali non c'è posto e i feriti vengono trasportati in Egitto, che nel frattempo ha aperto il valico di Rafah. Le immagini che girano sui circuiti internazionali mostrano decine di morti, edifici distrutti e un territorio scosso da colonne di fumo e sirene dei soccorsi. In pratica si è verificato quanto anticipato dalla stampa di Tel Aviv nei giorni scorsi: un’operazione mirata su obiettivi strategici, volta a porre fine alla pioggia di razzi sul Negev. Ma al momento l’effetto sortito è di segno opposto. È infatti ripreso il lancio di missili da Gaza e si registra già una vittima: una cittadina Israeliana nel villaggio di Netivot. Un portavoce militare dello Stato ebraico ha intanto fatto sapere che l'operazione potrà essere ampliata e approfondita secondo le necessità. Si è fatta sentire anche l'Autorità palestinese che, in un comunicato a nome di Abu Mazen, ha duramente condannato l' attacco e ne ha chiesto l'immediata fine. Un appello a fermare le ostilità è stato poi lanciato da diversi esponenti della comunità internazionale, fra cui il responsabile per la Politica estera e di sicurezza dell'Ue, Javier Solana, il presidente francese Sarkozy e il ministro degli Esteri russo. Per tutti i gruppi vicini ad Hamas la parola d’ordine è invece una sola: vendetta. Le fazioni radicali palestinesi hanno infatti dato l’ordine a tutti i combattenti di rispondere al massacro con ogni mezzo.

    Quali potranno essere ora le conseguenze sul processo di pace in Medio Oriente del vasto attacco israeliano contro le basi di Hamas nella Striscia di Gaza? Giancarlo La Vella lo ha chiesto a Francesco Battistini, corrispondente a Gerusalemme del Corriere della Sera:

    R. – E’ chiaro che l’operazione è partita al di là di ogni previsione, nel momento in cui tutti la escludevano. Solo pochi minuti prima dell’attacco, il presidente Peres aveva ripetuto che non si sarebbe attaccata Gaza, quindi la prima sensazione è che ci possa essere o uno scollamento tra alcune parti dell’establishment israeliano e il governo, oppure che ci siano delle logiche che vanno oltre la logica politica, in queste decisioni. Quindi, proprio su questa base possiamo dire che al momento stanno parlando le armi e la politica tace. Quindi anche il processo di pace, almeno per queste ore, sicuramente è una questione sospesa.

     
    D. – E l’altro timore è che questa operazione aggraverà ancora di più l’emergenza umanitaria della popolazione civile a Gaza, anche se Israele nelle ultime ore ha fatto arrivare aiuti di prima necessità attraverso i valichi …

     
    R. – Sì: diciamo che l’apertura dei valichi da parte di Israele era sicuramente preparatoria a questo attacco. Sono stati dati aiuti alla popolazione in previsione di un attacco che, dicono gli analisti militari, dovrebbe essere breve e molto mirato. La situazione umanitaria nei giorni scorsi si era aggravata pesantemente; in questo momento, la chiusura di tutti i valichi sicuramente peggiorerà le cose.

     
    D. – Si parla anche di basi di Hamas in Sud Libano, che stanno per operare contro Israele: c’è il rischio di un ampliamento generale del conflitto …

     
    R. – Sì: questo è il rischio grave che temono le forze israeliane, e cioè che si apra un conflitto su due fronti. Questo già era successo, peraltro, due anni fa, quando ci fu il sequestro del soldato Shalid nella Striscia di Gaza: proprio in contemporanea incominciarono le turbolenze con Hezbollah alla frontiera con il Libano. Quindi, i due fronti vanno in parallelo. Qualche giorno fa, è stato trovato cinque chilometri al di là della linea del confine con il Libano, una postazione di otto missili Katiusha diretti verso il territorio israeliano. Un diversivo è possibile che venga in qualche modo attuato.

     
    D. – A questo punto è urgente far partire subito la diplomazia internazionale; ma come fare per mettere in moto il tutto?

     
    R. – Israele tratta in realtà questa faccenda quasi come una questione interna; l’emergenza di Gaza si è consumata nelle settimane, nei mesi scorsi nel totale silenzio e, direi anche, in una certa indifferenza dell’opinione pubblica occidentale, nonostante gli appelli delle Nazioni Unite che più volte sollecitavano interventi per l’emergenza umanitaria in atto. Non essendo intervenuta la diplomazia e la politica quando forse ancora si poteva fare qualcosa in termini di pressioni su Hamas – perché non dimentichiamo che questo attacco parte in risposta a settimane di missili Kassam lanciati dalla Striscia di Gaza sulla città israeliana di Sderot - ecco, se non è stato fatto nulla nelle settimane scorse, quando le armi tacevano, è un po’ difficile che in questo momento si riesca ad attuare un’iniziativa.

     
    La recrudescenza degli scontri e delle violenze in Medio Oriente preoccupa la comunità cattolica locale, come racconta il Custode di Terra Santa, padre Pierbattista Pizzaballa, al microfono di Sergio Centofanti:

    R. – Questo raid – che temiamo sia solo l’inizio – era da lungo tempo annunciato da Israele. Siamo in campagna elettorale e tutti devono mostrare i muscoli. Le provocazioni di Hamas anche erano evidenti. Purtroppo, siamo dentro ad un copione già scritto e visto molte volte.

     
    D. – Adesso cosa può succedere?

     
    R. – Temiamo di essere di fronte ad una escalation. Temiamo. Ma speriamo che il buon senso prevalga.

     
    D. – Violenza genera violenza. Qual è la vostra riflessione?

     
    R. – Siamo disarmati di fronte a queste immagini e a queste situazioni. Da un lato, sì, c’era continuamente questo stillicidio creato dal governo di Hamas; dall’altro lato, anche questa violenza così inusitata, così eccessiva … Siamo senza parole, ancora una volta, di fronte a situazioni così difficili che speriamo che prevalga il buon senso e che qualcuno riesca a mediare tra le parti.

     
    D. – Come spezzare questi circolo vizioso di violenza?

     
    R. – Questo è un problema che si può risolvere solo con una forte politica capace di una grande lungimiranza.

     
    D. – Che può fare anche la comunità internazionale?

     R. – Ha un ruolo importante, la comunità internazionale: deve fare pressione su tutte e due le parti. Spero intervenga con forza e con energia quanto prima. Certamente la pace non verrà presto e non verrà in maniera semplice: richiede uno sforzo unanime di tutti, comprese anche le autorità religiose, che richiederà tempo, educazione e lunga pazienza. Però, bisogna incominciare subito con questi sforzi, sicuramente!

     
    E sulla nuova situazione di conflitto esplosa in medio Oriente, ascoltiamo la riflessione del nostro direttore generale, padre Federico Lombardi:

    L’attacco delle forze armate di Israele contro le basi e le strutture di Hamas nella striscia di Gaza era atteso fin dal momento in cui, terminata la tregua alcuni giorni fa, era ripreso il lancio di razzi e colpi di mortaio da Gaza verso i territori israeliani vicini. Per quanto atteso, impressiona per le sue proporzioni e per il numero delle vittime. Molto probabilmente le operazioni militari continueranno e le vittime cresceranno ancora.

     
    Certamente, sarà un colpo durissimo per Hamas. Allo stesso tempo è assai probabile che anche le vittime innocenti non mancheranno, anzi saranno numerose; l’odio crescerà ancora e le speranze di pace torneranno ad allontanarsi.

     
    Ma tutto questo è stato provocato in modo consapevole. L’odio, da una parte acceca per quanto riguarda le vie della pace, dall’altra aguzza l’intelligenza per le vie della morte e per riavviare i circoli viziosi che portano solo all’ulteriore crescita dell’odio.

     
    Hamas è prigioniero di una logica di odio. Israele di una logica di fiducia nella forza come migliore risposta all’odio. Bisogna continuare a cercare una via di uscita diversa, anche se sembra impossibile.

    inizio pagina

    Il cardinale Tettamanzi: di fronte alla crisi rilanciare solidarietà e responsabilità

    ◊   Un milione di euro per integrare il reddito dei disoccupati, dei cassintegrati e dei lavoratori per i quali si profila il licenziamento. E’ il fondo, annunciato dall’arcivescovo di Milano cardinale Dionigi Tettamanzi durante la Messa di Natale, per aiutare le famiglie dell’arcidiocesi ambrosiana, la più grande del mondo. Si tratta di un territorio molto colpito dalla crisi economica, con 180 mila persone che rischiano di perdere il posto di lavoro. “Il Natale – ha detto il porporato - ci chiama ad uno slancio rinnovato, ad un supplemento speciale di fraternità e solidarietà”. Ad uno slancio che possa poi essere seguito anche da altre iniziative, come sottolinea al microfono di Amedeo Lomonaco lo stesso cardinale Dionigi Tettamanzi:

    R. – In occasione di questo Natale, ho voluto – in rapporto alla crisi finanziaria ed economica che si sta profilando e sta ricadendo in particolare sulle famiglie, anche da noi, anche a Milano – ho voluto scegliere come campo di riferimento il campo delle famiglie, in particolare di quelle famiglie nelle quali un membro finisce per perdere il posto di lavoro. Questo fondo è come un “la” che vorrebbe poi dar vita ad un concerto che coinvolge la responsabilità di ciascuno e la responsabilità di tutte le comunità parrocchiali della diocesi e degli uomini di buona volontà.

     
    D. – Proprio per promuovere questa sinfonia solidale, oltre allo stanziamento del fondo sono previste, eminenza, altre iniziative per rispondere all’avanzata della crisi economica?

     
    R. – E’ chiaro che le possibilità o le responsabilità per venire incontro alle situazioni di povertà sono davvero numerose, sto pensando alle Caritas, alle Acli … Però tutto questo evidentemente è uno scenario che è chiamato ad aprirsi il più possibile e a fare riferimento, davvero, a tutte le risorse che sono in gioco: quindi le istituzioni amministrative, gli industriali, tutte quelle persone che in un modo o in un altro hanno davvero la possibilità di sapere offrire, proprio per venire incontro alle situazioni di povertà. In questo senso, l’appello mio vuole essere un appello a ritornare ad una santa sobrietà che io chiamo “questione di giustizia” prima ancora che questione di virtù.

     
    D. – A quale rivoluzione interiore dobbiamo allora affidarci per riscoprire in questo tempo la via della sobrietà?

     
    R. – Il riferimento è a Gesù Cristo. A Gesù Cristo che crea dei legami profondi tra di noi proprio grazie alla sua presenza nell’Eucaristia. La rivoluzione interiore è data appunto dalla imitazione di Cristo, dalla partecipazione al suo amore, che è un amore che riceve dal Padre e come tale si vuole rendere visibile e concreto presso tutti gli uomini.

     
    D. – Nel messaggio natalizio, il Santo Padre ha auspicato che il Natale possa essere occasione di più grande solidarietà tra le famiglie. Come far crescere ancor di più in Italia e in tutti gli ambiti anche della vita sociale e politica, il seme della solidarietà?

     
    R. – La Chiesa vede la famiglia come piccola espressione di se stessa, nello stesso tempo come cellula fondamentale della società, sicché il valore di solidarietà come valore fondamentale della vita di relazione e dunque della vita della società, trova il suo germe e la sua forza di crescita decisamente nello stile di vita che le famiglie sanno avere e in particolare al quale sanno educare i loro figli.

     
    D. – Quali luci servono oggi per rischiarare quella che il Papa ha definito “la cara nazione italiana”?

     
    R. – Il recupero di ciò che è tipico della nostra nazione, ossia le sue radici tipicamente cristiane; un recupero che significa trovare proprio in queste radici l’energia, il dinamismo, la voglia di farle fiorire e maturare nei gesti di un’autentica fraternità, che esprime il rispetto di ogni essere umano e pertanto dare la possibilità ad ogni vita di svilupparsi secondo quei talenti, quelle responsabilità che Dio Creatore e Padre mette nel cuore di ogni uomo e ogni donna.

     
    D. – A proposito di rispetto, di accoglienza, questi ultimi due giorni sono stati segnati in Italia dallo sbarco a Lampedusa di oltre mille immigrati e dal rogo in una baracca ad Ostia costato la vita ad una madre e al suo piccolo. Cosa si può e si deve fare?

     
    R. – Occorre richiamare alla coscienza di ciascuno che un qualche cosa può essere fatto, magari di piccolo, di piccolissimo, ma ciò che può essere fatto da ciascuno di noi non può essere delegato ad altri, non può essere trasferito alla responsabilità delle istituzioni. Cominciando a camminare su questa strada così personale ma anche così coinvolgente ed esigente, io penso che non sarà difficile poi dar vita ad una rete di solidarietà e quindi dar vita ad un impegno anche delle istituzioni pubbliche perché non soltanto a livello nazionale problemi così grossi possano essere insieme affrontati e, proprio per questo, anche risolti.

     
    D. – Eminenza, come giudica il 2008 e cosa si augura per il prossimo anno?

     
    R. – Iniziamo l’anno nuovo sempre ricordando la benedizione di Dio sui popoli: la benedizione di Dio è come una carezza che non manca mai. E allora, io non so se il 2008 sia migliore dell’anno che inizieremo tra pochi giorni; l’augurio mio è che questa carezza sia sentita come una realtà viva, presente. Quindi è l’augurio che rinasca la fede e con la fede la consapevolezza, lucida e gioiosa, che non siamo soli, che non siamo abbandonati ma siamo sempre presi per mano e accompagnati su quel cammino che conduce tutti e ciascuno di noi a quella meta di felicità piena che noi possiamo trovare soltanto nel cuore paterno di Dio.

    inizio pagina

    Emergenza a Lampedusa: nuovi sbarchi di immigrati

    ◊   Situazione al collasso nel centro di prima accoglienza di Lampedusa, nel sud Italia. Nelle ultime 24 ore, 5 diversi sbarchi hanno portato sull’isola 1095 immigrati. Attualmente la struttura, con una capienza di 800 posti, ospita oltre 1500 persone. Per fronteggiare l’emergenza, la prefettura di Agrigento ha previsto nel pomeriggio il trasferimento di centinaia di immigrati a Brindisi e Crotone. In mattinata, intanto, il ministro dell’Interno Maroni ha chiesto telefonicamente al collega degli Esteri Frattini di “intervenire ufficialmente nei confronti delle autorità libiche”. Sulla situazione Paolo Ondarza ha intervistato padre Stefano Nastasi, parroco della chiesa di San Gerlando a Lampedusa:

    R. – Dalle notizie che noi abbiamo, la cifra va tra le 1400 e le 1550 persone all’interno del centro ma ci sono altri barconi che prevedono di arrivare nel pomeriggio.

     
    D. – Questo sulla base di notizie che vi sono giunte, perché voi non avete la possibilità di accedere all’interno del centro in qualsiasi momento?

     
    R. – Noi non abbiamo possibilità di accedere all’interno del centro di accoglienza se non su richiesta da parte dell’amministrazione del centro. Non sempre è facile entrare anche quando noi lo chiediamo espressamente. Tante volte, magari come ora, c’è un’emergenza in corso allora, di conseguenza, loro preferiscono lavorare liberamente senza presenze esterne come la nostra.

     
    D. – L’ultima volta che siete potuti entrare, quale situazione avete potuto vedere?

     
    R. – E’ una situazione, nonostante i numeri, tutto sommato serena, anche se è chiaro che può variare perché quando ci sono 1400 persone, è una realtà che va in emergenza in quanto il centro ne può ospitare al massimo 800.

     
    D. – Da dove provengono quelli giunti nelle ultime ore?

     
    R. – Sono per buona parte egiziani ma credo che ci sia un buon numero di somali. Molto spesso si tratta di un disagio enorme, sia a livello economico ma anche tante volte a livello politico, perché provengono da realtà dove c’è una guerriglia in corso e allora, tra la morte e la vita, scelgono quella vita possibile che potrebbe rifiorire nell’immigrazione.

     
    D. – Quindi di tratta di rifugiati?

     
    R. – Per buona parte, sì. Su 1400 persone, allo stato attuale abbiamo una presenza almeno di 200 minori che seguono lo status dei rifugiati politici. E’ un elemento da andare a considerare perché, già da qualche mese, ci sono arrivi sempre più frequenti di minori o di donne.

     
    D. – Nella sua esperienza, ritiene che queste ondate di sbarchi provochino un atteggiamento di accoglienza da parte degli italiani, oppure di razzismo?

     
    R. – Di razzismo io non direi; sicuramente innescano un atteggiamento magari di impotenza dinanzi a tale fenomeno; quello che si chiede da parte di tutti, è una presenza più forte o forse diversa da parte dello Stato.

     
    D. – E lo Stato, il governo, non fa abbastanza, attualmente?

     
    R. – Nei rapporti internazionali, penso di no.

     
    D. - Il ministro dell’Interno Maroni ha telefonato oggi al ministro degli Esteri Frattini, chiedendogli di intervenire ufficialmente nei confronti della Libia…

     
    R. – Sicuramente, se non altro, per il fatto che è un punto di passaggio in base agli accordi stipulati precedentemente. Da parte nostra ci si aspetta magari un atteggiamento diverso: da parte della Libia, un controllo ulteriore in merito ai flussi che arrivano in Italia.

    inizio pagina

    Il commento di don Massimo Serretti al Vangelo della Domenica

    ◊   In questa domenica la Chiesa celebra la Santa Famiglia di Gesù, Maria e Giuseppe: la liturgia ci presenta il Vangelo della presentazione al Tempio del Signore con le parole di Simeone: uomo giusto e pio, lo Spirito Santo gli aveva preannunciato che non avrebbe visto la morte senza prima aver veduto il Cristo. Mosso dallo Spirito, si reca al tempio e, accogliendo tra le braccia il Bambino Gesù, benedice Dio, dicendo:

    «Ora puoi lasciare, o Signore, che il tuo servo
    vada in pace, secondo la tua parola,
    perché i miei occhi hanno visto la tua salvezza,
    preparata da te davanti a tutti i popoli:
    luce per rivelarti alle gentie gloria del tuo popolo, Israele».

     
    Ascoltiamo il commento del teologo, don Massimo Serretti, docente di Cristologia all'Università Lateranense:

    Giuseppe e Maria salgono col Bambino Gesù a Gerusalemme per dare pieno compimento alla Legge. Dopo che l’Angelo, in Egitto, passando nella notte, aveva risparmiato i primogeniti di Israele, il Signore chiede che ogni primogenito maschio che nascerà sia riscattato. Quel Bambino, infatti, non è venuto ad abolire la Legge, ma a darle pieno compimento.

     
    E’ la famiglia a compiere quel gesto di adesione e di osservanza del precetto divino. Il Bambino lo compie grazie a Giuseppe e a Maria. Presentando il Bambino al Tempio e riscattandolo la Santa Famiglia si mantiene legata alla storia santa, alla storia del Popolo eletto da Dio. E’ attraverso la famiglia che il Bambino viene inserito nella storia del Popolo: è attraverso la famiglia che vive l’appartenenza al Popolo.

     
    C’è da chiedersi come potranno le nostre famiglie introdurre i loro figli nella storia santa se non vivono di legami stretti e concreti con quel grande Corpo che è il Popolo di Dio, la Chiesa. C’è da chiedersi, ancor prima, se, staccate da questa matrice, potranno ancora essere vere famiglie.

    inizio pagina

    Chiesa e Società



    A quattro anni di distanza l’Asia ricorda lo tsunami

    ◊   Causò la morte di oltre 250 mila persone, fra Thailandia, Indonesia e Sri Lanka, devastando le coste dell’Oceano Indiano. Ieri – si legge sull’Avvenire - a quattro anni di distanza dal quel drammatico 26 dicembre 2004, centinaia e centinaia di persone hanno ricordato le vittime dello tsunami, affidando alle onde e ai flutti del mare corone di fiori, lanterne galleggianti e tartarughe marine. A Banda Aceh, nel nord dell’isola indonesiana di Sumatra, la più colpita dal cataclisma, si è tenuta una cerimonia di commemorazione mentre nella città di Meulaboh migliaia di persone si sono riunite in preghiera. Il presidente indonesiano, Susilo Bambang Tundhoyono, ha invece assistito ad una esercitazione di allerta contro lo tsunami. In questa mesta giornata non sono mancate tuttavia le polemiche, indirizzate in particolare al governo indonesiano, accusato di non aver prestato ai disastrati i necessari soccorsi. La ricostruzione, in effetti, non è proseguita ovunque secondo gli stessi ritmi: se nello Sri Lanka 10 mila persone vivono ancora nelle tendopoli, in Indonesia sono già state costruite circa 125 mila abitazioni insieme a scuole, strade e ponti, ma a preoccupare è il futuro di questi stessi interventi: si teme infatti il progressivo esaurimento degli aiuti e la ripresa dei conflitti interni al Paese, interrotti nel 2005 dalla tregua fra guerriglieri di Aceh e il governo indonesiano. (C.D.L.)

    inizio pagina

    La Chiesa di Beirut si mobilita a sostegno dei cristiani esuli dall’Iraq

    ◊   Creare in Libano, Siria e Giordania le condizioni per una permanenza e negoziare in Iraq uno statuto particolare che consenta ai cristiani di vivere e professare liberamente la propria fede. Queste – secondo il quotidiano Avvenire - le priorità del piano d’azione a sostegno dei cristiani esuli dall’Iraq proposto dall’episcopato caldeo di Beirut, capitale del Libano, da lungo tempo rifugio di centinaia di migliaia di profughi. Un piano che ipotizza la mobilitazione di ONU, UE e Paesi Arabi e che intende giungere alla stipula di un accordo internazionale. “La mia missione è salvare questo popolo” ha detto Michel Kassarij, vescovo caldeo di Beirut, che traccia i contorni di quella che in altre aree del globo è definita “pulizia etnica”: “Questo mese 32 famiglie dall’Iraq, il mese scorso lo stesso: noi ne abbiamo registrate 1200 ma molte preferiscono restare completamente nell’ombra. In Siria e Giordania ce ne sono molti di più e sulla loro sorte e situazione sappiamo molto poco”. Un peggioramento della situazione – osserva Michel Kasdarno, direttore del centro informazioni della Chiesa caldea – è seguito all’assassinio, nel marzo scorso, del vescovo di Mosul, mons. Paulos Faraj Rahho. Da allora – riferisce – anche l’esodo dalla regione è fortemente aumentato: per le minacce degli integralisti islamici, le accuse di collaborazione con gli americani, e il pericolo rappresentato dalle bande di delinquenti. E ancora, per il miraggio di un futuro migliore in Occidente, che spesso incontra la disillusione e cela il rischio di una perdita della propria identità. Per febbraio è in preparazione un convegno internazionale a cui saranno invitate tutte le componenti religiose e politiche del Medio Oriente. L’obiettivo è quello di individuare soluzioni condivise al fine di salvare i caldei profughi dall’Iraq e rendere possibile la presenza dei cristiani nei territori. “Non si cerca un’autonomia politica e amministrativa – spiega infine Kasdarno - ma individuare una regione storica protetta da una forza internazionale dell’ONU”. (C.D.L.)

    inizio pagina

    Venezuela. Il cardinale Urosa invita alla solidarietà e alla fraternità

    ◊   "Il Natale è un'occasione meravigliosa per crescere, sia come persone sia come cittadini, e ciò significa rinnovare la nostra fede e glorificare Dio", ha sottolineato l'arcivescovo di Caracas, in Venezuela, cardinale Jorge Urosa, durante la Messa della notte di Natale nella cattedrale capitolina. "Tutti siamo invitati ad accogliere Gesù con il cuore aperto" per “rinforzare la nostra fede crescendo nell'amore di Dio e nell'amore verso i nostri fratelli". In riferimento al messaggio natalizio dei vescovi venezuelani, il porporato ha sottolineato che dalla Chiesa giunge “un invito alla speranza, alla solidarietà e alla fraternità”, ed ha auspicato che esso venga accolto anche “dai dirigenti politici”. La mattina di Natale il cardinale Urosa ha visitato l’ospedale pediatrico “J.M. de los Ríos” dove ai piccoli pazienti ha donato oltre 500 giocattoli. Interpellato dai giornalisti, il porporato ha anticipato che durante la plenaria dell’Assemblea episcopale, che si aprirà il 5 gennaio prossimo, saranno rinnovate le autorità del coordinamento episcopale e fatto il punto della situazione della Chiesa e del Paese. Sull’emendamento costituzionale che permetterebbe “la rielezione a tempo indeterminato del presidente della Repubblica”, e che le autorità hanno intenzione di sottoporre a referendum, il porporato ha ricordato che la “proposta fu già rifiutata nella consultazione referendaria del 2007” e che, secondo la Costituzione, “una proposta di riforma costituzionale rifiutata in un referendum non può essere ripresentata nello stesso periodo”. “Si tratta – ha detto - di una modalità non congeniale al sentire del popolo venezuelano” che nel futuro potrebbe diventare fonte di conflitti. L’emendamento ha già avuto una prima approvazione nel Congresso; una seconda lettura è prevista per i primi di gennaio e dopo 30 giorni un referendum popolare deciderà se accettare o rifiutare la proposta. Ma accanto alle questioni politiche, ha osservato a margine il porporato, è necessario che le istituzioni “s’impegnino nella soluzione dei problemi di sicurezza che tanto dolore causano al popolo venezuelano”. Fra i temi della prossima plenaria episcopale, ha precisato il cardinale Urosa, anche “la Missione continentale, la valutazione dei piani pastorali in corso e l’elezione delle nuove autorità episcopali per il triennio 2009-2012”. (A cura di Luis Badilla)

    inizio pagina

    Messaggio dei vescovi messicani sulle gravi sfide del Paese

    ◊   "Ci fa soffrire nella nostra carne la situazione del Messico, Paese ferito e disincantato, di fronte ai problemi dell'insicurezza", scrivono i vescovi messicani nel loro messaggio di Natale letto in tutte le chiese, anche in quelle di Ciudad Juárez dove la Messa è stata anticipata al primo pomeriggio del 24 come misura precauzionale di fronte a gravi atti di violenza. In questa località, confinante con quella statunitense di El Paso, le persone uccise sono già 1.500 dall'inizio dell'anno. "Viviamo un vero cambiamento epocale che comporta grandi problemi, ma anche grandi opportunità per la costruzione del Regno di Dio", scrivono i presuli messicani invitando a cercare coraggio nella fede: “è l’ora per prendere quella decisione che cambierà ogni cosa. Cercare Gesù e chiedere allo Spirito Santo l’aiuto per incontrare il Messia. (…) Coloro che accettano di vivere secondo il Vangelo, rilevano i presuli, avranno pace per la propria anima, forza per affrontare i problemi, speranza di fronte al dolore e vigore per alzarsi da ogni sconfitta: in una sola parola, avranno vita eterna”. L’episcopato messicano ringrazia il Presidente della Repubblica Felipe Calderón Hinojosa per gli sforzi compiuti “nella lotta contro il narcotraffico e il crimine organizzato” e per il coraggio di riconoscere e combattere “la corruzione che si annida nei più insospettabili ambiti dello Stato”. Secondo i presuli è “necessario e conveniente” un patto unitario nazionale tra il governo federale, le autorità dei singoli stati e i partiti politici per “sradicare il degrado dei servitori pubblici”. Sottolineando la loro vicinanza ai “patimenti della società messicana” i presuli ricordano che a minacciare la nazione sono soprattutto “sequestri, carceri sovraffollate, corruzione generalizzata, fame ed emarginazione, disintegrazione familiare, arretratezza nel campo educativo, inefficienza della giustizia, narcotraffico, violazione dei diritti umani e criminalità organizzata”. Problematiche che indicano “una grave mancanza di coscienza personale e sociale di fronte all’inalienabile dignità della persona umana in tutti le fasi della sua vita”. A Natale i vescovi invitano a “vedere con Gesù oltre il buio” ed evidenziano “fra tante avversità la crescita dei laici che desiderano impegnarsi nell’apostolato cristiano”. Il laicato cattolico – spiegano - ha una missione unica: discernere e operare per creare il consenso capace di edificare strutture giuste a partire della difesa dell’intangibilità “della vita e della famiglia”. Infine, l’episcopato messicano ripete: "noi vescovi rinnoviamo il nostro impegno in favore del più alto riconoscimento e della promozione più attiva possibile del protagonismo dei fedeli laici nella chiesa e nella società, in particolare per quanto riguarda la partecipazione civica e politica”. (L.B.)

    inizio pagina

    Sessant’anni fa in Ungheria l’arresto del cardinale Mindszenty

    ◊   La Chiesa ungherese ha ricordato ieri il 60° anniversario dell’arresto del cardinale Jozsef Mindszenty, arcivescovo di Eszertergom - Budapest e Primate d’Ungheria. Era il 26 dicembre del 1948, a Eszertergom, quando il porporato veniva prelevato dalla polizia nella cappella della curia arcivescovile, torturato e condotto in carcere, dove sarebbe rimasto per circa 8 anni, fino all’ottobre 1956, dopo aver subito un processo “farsa”. Alla notizia dell’arresto, Papa Pio XII nella lettera “Acerrimo maerore” espresse profondo dolore e indignazione per l’ingiuria inferta al cardinale Mindszenty. Ricordandone l’impegno in difesa del cattolicesimo e della libertà religiosa, il Papa scriveva: “Ben conosciamo i meriti di questo ottimo Pastore; conosciamo la tenacia e l’illibatezza della sua fede; conosciamo la sua fortezza apostolica nel tutelare l’integrità della dottrina cristiana e nel rivendicare i sacri diritti della religione. Che se con petto impavido e forte sentì il dovere di opporsi quando vide che la libertà della Chiesa veniva sempre più limitata e in molte maniere coartata, e soprattutto quando vide impedito con grave detrimento dei fedeli il magistero e ministero ecclesiastico — il quale deve esercitarsi non solo nelle chiese, ma anche all’aperto nelle pubbliche manifestazioni di fede, nelle scuole inferiori e superiori, con la stampa, con pii pellegrinaggi ai santuari e con le associazioni cattoliche — questo certamente non è per lui un motivo di accusa o di disonore, ma piuttosto di alto elogio, giacché devesi ascrivere al suo ufficio di vigilante pastore”. (C.D.L)

    inizio pagina

    Il cardinale Bagnasco ai detenuti: "Le celle diventino delle piccole chiese"

    ◊   Che le celle del carcere diventino delle piccole chiese, da dove, “pur nel rispetto di tutti e delle altre fedi”, si innalzi un coro di preghiera a Dio. E’ l’esortazione dell’arcivescovo di Genova e presidente della Conferenza Episcopale Italiana, cardinale Angelo Bagnasco, nell’omelia della Messa celebrata a Natale nel carcere genovese di Marassi. Secondo quanto riferito dall’agenzia Misna, ai 630 detenuti nell’istituto di pena – il 70% dei quali extracomunitari – il porporato ha ricordato che "Dio è ovunque e ci vuole bene, non ama i nostri peccati, ma ama noi peccatori e vuole cancellare le nostre colpe se noi siamo veramente pentiti”. E sul significato dell’esperienza della detenzione il cardinale Bagnasco spiega che essa deve essere intesa quale “tempo di redenzione, un tempo per fare verità dentro di voi, per riconoscere le colpe e pentirsi del male compiuto”, perché questo è ciò che chiede il Signore, giacché “il nostro peccato non fa solo male agli altri uomini, alla società civile, ma in primo luogo a ciascuno di noi”. “l tempo presente – ha aggiunto - serva per recuperare l'umanità profonda di ciascuno e per tornare, un giorno, nella società e riprendere in modo nuovo il proprio cammino terreno". Rivolto ai cronisti, al termine della celebrazione, l’arcivescovo di Genova ha osservato che il reinserimento dei detenuti che hanno scontato la propria pena "deve essere una responsabilità di tutta la società”, che deve aver cura in particolare di coloro che, una volta fuori delle mura del carcere, non possono contare sul sostegno della famiglia. (C.D.L.)

    inizio pagina

    Usa: licenziata un’impiegata che al telefono augurava “Buon Natale”

    ◊   Salutava i clienti augurando “buon Natale” anziché “buone vacanze” ed è stata licenziata. E’ accaduto lo scorso 10 dicembre nello Stato americano della Florida – ha riferito ieri l’edizione on line de “Il Corriere della Sera” - dove un’impiegata di una ditta immobiliare ha perso il lavoro perché – a detta dell’azienda – “non era una buona impiegata e ha esagerato”. “Noi siamo una ditta cristiana – hanno detto i titolari spiegando le ragioni del provvedimento - ma dobbiamo tenere conto di chi non lo è”. Una questione di “perbenismo politico”, dunque, alla base del licenziamento di Tonia Thomas, 35 anni, sposata e con un figlio di sei, appartenente alla Chiesa battista di Panama City, che si dice “profondamente cristiana”. “Dall’inizio del mese - ha raccontato la donna - rispondevo al telefono “buon Natale”. Mi obbiettarono che non tutti i clienti sono cristiani e che non potevo offendere i seguaci di altri fedi. Spiegai che non potevo dire “buone vacanze” perché per me è una festività cristiana. Mi buttarono fuori e chiamarono la polizia affinché me ne andassi senza troppe proteste. Un trattamento incredibile”. A sostegno della sua causa è intervenuto il Liberty Counsel, l’osservatorio sulla libertà religiosa, con sede in Florida, che ha fatto ricorso per lei alla Commissione sull’eguale opportunità di impiego. “È inaccettabile - ha detto un portavoce - perdere il posto perché si osserva la propria fede”. La donna ha trovato ora un altro lavoro, meno remunerativo del precedente, e spera in un risarcimento danni. (C.D.L.)

    inizio pagina

    Cile: “Radio voz de la costa” fondata dai Cappuccini compie 40 anni

    ◊   “Mezzo secolo fa, quando i cappuccini olandesi arrivarono a Osorno, nel sud del Cile, trovarono una geografia completamente diversa da quella di oggi. "Los costeños" (gli abitanti della costa), non vivevano nei piccoli centri accovacciati oggi ai piedi della Cordigliera, ma in capanne lontanissime le une dalle altre, isolate sui cerros che preannunciavano (e preannunciano) le altitudini delle vette preandine, o nelle "ganchas largas", minuscole pianure aperte sotto il grigio- amianto delle montagne che riducevano l’abitabilità. Non c’erano strade, ma sentieri a mezza costa che portavano faticosamente verso le vette della Cordigliera, ricoperte di neve. Per questo, nonostante tutta la buona volontà, per i missionari era pressoché impossibile andare a trovare i cristiani, rimasti all’evangelizzazione di trecento anni fa, e riunirli nelle piccole chiese coloniali. Era più facile che fosse la gente a scendere alla missione per i matrimoni, ma soprattutto per i battesimi, a cui teneva moltissimo. Padre Manoel Alejandro Sanchez, uno dei pochi cappuccini spagnoli (della Navarra) impegnati ancora in Cile, parla con disappunto della situazione ambientale del sud del Paese, evangelizzato dai confratelli olandesi. Non sembrava giusto a nessuno che decine di persone dovessero muoversi perché il missionario non poteva raggiungerle, ma non c’erano altre possibilità. "Tiempos difíciles - dice padre Manoel - perché è impossibile formare il cristiano se prima non si forma l’uomo; i missionari lo sapevano, anche se di binomio evangelizzazione-promozione si è cominciato a parlare solo qualche decennio fa. Il problema andava risolto”. I missionari venivano dall’Olanda, la patria della Philips, e quando a due di loro, padre Auxencio Wijnhoven e padre Winfredo Van Den Berg, balenò l’idea che solo la radio avrebbe potuto annullare le distanze, ne parlarono immediatamente alla direzione della Società, che fu ben lieta di mettere a disposizione la propria tecnologia per il "desarrollo" lo sviluppo della gente affidata ai loro connazionali, missionari alla Francesco Saverio, di quelli che vanno con nulla e convertono il mondo. Il governo cileno facilitò le pratiche e, precisamente 40 anni fa, Radio la voz de la costa decollò con programmi di evangelizzazione semplice, diretta e immediata. Furono distribuiti vari apparecchi, dislocati dove la gente della costa usava riunirsi. (A cura di padre Egidio Picucci)

    inizio pagina

    Al Teresianum convegno su "Maria nel cuore della Parola di Dio"

    ◊   Si apre domani a Roma, al Teresianum, il 29.mo Convegno Mariano “Fine d’anno con Maria” sul tema: “Maria nel cuore della Parola di Dio donata, accolta, trasmessa”, promosso dal Centro di Cultura Mariana “Madre della Chiesa”. Il Convegno guarda alla riflessione mariana del Sinodo dei vescovi recentemente celebrato sul tema “La Parola di Dio nella vita e nella missione della Chiesa”, assise che nell’Instrumentum laboris e nelle relazioni dei Padri sinodali ha posto ripetutamente l’accento sulla Vergine Maria, custode esemplare della Parola, “modello provvidenziale di ogni ascolto e annuncio”, “icona vivente della Chiesa nel servizio della Parola”. Le relazioni del Convegno esamineranno in primo luogo la figura di “Maria nel cuore della Parola di Dio” rivelata nell’Antico Testamento (Padre Aristide Serra), custodita dalla Tradizione vivente della Chiesa (Professor Mario Maritano), trasmessa nel Nuovo Testamento (Professoressa Elena Bosetti e professor Alberto Valentini). Altri contributi proporranno Maria come modello del credente in relazione al primato della Parola e al suo ascolto (mons. Michele Giulio Masciarelli) e in riferimento all’annuncio e alla testimonianza della Chiesa (padre Sabatino Majorano). L’”esperienza mariana” del Sinodo verrà infine ripresa dal padre Ermanno Toniolo, che terrà la riflessione conclusiva dal titolo “La persona e la missione di Maria nel Sinodo dei Vescovi sulla Parola di Dio”. (R.P.)

    inizio pagina

    24 Ore nel Mondo



    Alta tensione tra Islamabad e New Delhi a un mese dagli attentati di Mumbai

    ◊   Sale pericolosamente la tensione tra India e Pakistan a un mese dagli attentati di Mumbai. Islamabad, accusata di aver sostenuto l’offensiva terroristica, ha ammassato alla frontiera indiana oltre 20 mila soldati e l’India ha scoraggiato i connazionali a recarsi nel Paese vicino. Intanto, nel sud del Pakistan, oltre 100 mila sostenitori del Partito popolare pakistano hanno ricordato Benazir Bhutto, moglie dell’attuale presidente Ali Zardari, uccisa un anno fa durante la campagna elettorale. Stefano Leszczynski ha chiesto a Francesca Marino, esperta del continente asiatico per la rivista di geopolitica “Limes, un bilancio sulla situazione politica del Pakistan:

    R. - La situazione interna è semmai peggiore di quella che c’era quando Benazir Bhutto è stata uccisa. Sei, sette mesi di cosiddetto governo democratico in Pakistan hanno reso il Paese ancora più instabile, ancora di più preda di tensioni interne. La popolazione è stata, ed è, estremamente delusa e spaventata anche dalla situazione attuale e dal cosiddetto governo democratico ed è in corso, in Pakistan, una partita tra il governo civile e l’esercito, che si aspettava ma forse non così presto.

     
    D. - Una situazione di instabilità politica che sembra aver favorito il radicalismo islamico nel Paese: radicalismo islamico eversivo?

     
    R. - Ovviamente sì, anche perché il governo del presidente Zardari, praticamente, non fa e non ha fatto assolutamente nulla in questo senso. In questo momento, sono in corso da un mese circa - cioè da quando c’è stato l’attacco di bombe in India - meeting e discussioni tra l’esercito, che ha una sua posizione chiara, ed il governo che invece non ce l’ha.

     
    D. - Se prima si poteva dire che il punto focale dello scontro tra India e Pakistan era basato sul nazionalismo, sulle rivendicazioni territoriali, oggi la miccia è quella del terrorismo. Che vantaggi possono trarre le diramazioni di Al Qaeda da una crescita di tensione tra India e Pakistan?

     
    R. - Moltissimi, anche perché in realtà in questo momento, nonostante ciò che sembra, la crisi non è tra India e Pakistan: l’India non sta facendo assolutamente nulla per alimentare uno stato di tensione. La crisi, in realtà, è tra poteri interni al Pakistan. Bloccare le azioni al confine afghano, come sta succedendo in questi giorni, per ammassare truppe al confine indiano - in previsione di un possibile e ben smentito mille volte, attacco indiano - significa soltanto che l’esercito sta consolidando la sua posizione ed intende sfruttare la tensione con l’India per lasciare da una parte mano libera a chi deve, e dall’altra parte per premere sugli Stati Uniti.

     
    Iraq
    Ancora violenza in Iraq. Almeno 22 persone sono morte e 54 sono rimaste ferite nell'attentato compiuto oggi con un'autobomba nella parte occidentale di Baghdad. Intanto, è rimasto ucciso in un conflitto a fuoco l’esponente di al-Qaeda che ieri era riuscito a fuggire da una stazione di polizia a Ramadi. Gli altri due evasi restano a piede libero.

    Cina
    La giornata in Cina è stata scandita da due drammatici incidenti. Almeno 15 persone hanno perso la vita nella deflagrazione di esplosivi per uso civile nel villaggio di Donggangcheng, nella regione dell’Henan. Sempre oggi, altre 17 persone sono morte per la caduta di un ascensore in un cantiere edile a Changsha.

    Guinea Conakry
    La Guinea Conakry è ormai saldamente sotto il controllo della giunta militare golpista, salita al potere dopo la morte del presidente Lansana Conté. I militari, che hanno imposto un severo coprifuoco, hanno annunciato nuove elezioni entro il dicembre del 2010. Sono cadute nel vuoto, intanto, tutte le condanne della comunità internazionale per l’avvenuto colpo di Stato.
     Gran Bretagna
    La crisi economica colpisce la grande distribuzione britannica. La storica catena al dettaglio "Woolworths" chiuderà dopo cento anni di attività. Un quarto di tutti i punti vendita, circa ottocento in tutto il Regno Unito, abbassa oggi la saracinesca. Circa 25 mila lavoratori di "Woolworths" e altri cinquemila dipendenti di altri due gruppi della società sono destinati a perdere il loro posto di lavoro. Oltre a "Woolworths", altre vittime eccellenti della stretta sono "Zavvi", leader nel settore dell'intrattenimento (ex Virgin Megastore, 125 negozi e oltre 3 mila impiegati), "Whittard of Chelsea" (che vende the, caffè e porcellana) e la catena di abbigliamento maschile "The Officers Club". Lunghe file si sono viste in questi giorni fuori dei grandi magazzini prossimi alla chiusura, dove venivano offerte le rimanenze a sconti fortissimi.

    Belgio
    Secondo le indiscrezioni raccolte dalla stampa di Bruxelles, sarà il presidente della Camera, Herman Van Rompuy, il prossimo primo ministro del Belgio. Con molta probabilità, Van Rompuy sarà costretto a chiedere l’appoggio alla stessa coalizione che sosteneva Yves Leterme, il premier dimissionario accusato di aver fatto pressioni sui giudici per agevolare il salvataggio della banca Fortis. I partiti della maggioranza uscente auspicano che il nuovo governo resti in carica fino alla fine della legislatura, nel 2011. (Panoramica internazionale a cura di Marco Guerra)
     

     
    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LII no. 362

     
    E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sulla home page del sito www.radiovaticana.va/italiano.

    inizio pagina