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Sommario del 09/04/2008

Il Papa e la Santa Sede

  • All'udienza generale il Papa parla di San Benedetto e afferma: senza riconoscere le sue radici cristiane, l'Europa non può riscoprire la sua vera identità
  • La speranza evangelica e i diritti dell’uomo al centro del viaggio di Benedetto XVI negli USA: lo sottolinea il cardinale Bertone in un’intervista alla FOX News
  • Mons. Marchetto: rispettare i diritti di tutti gli immigrati, anche se irregolari
  • Disarmo, sviluppo e pace al centro di un Seminario internazionale promosso in Vaticano dal Pontificio Consiglio Giustizia e Pace
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • Il carovita mette in ginocchio i Paesi poveri: l'allarme della Banca Mondiale
  • Oggi i funerali della mamma che rifiutò di curarsi per proteggere il bimbo che portava in grembo. La testimonianza del suo parroco, don Giuseppe Nadal
  • Nel 50.mo anniversario dell’elezione di Papa Roncalli, il cardinale Bertone ricorda la figura di Giovanni XXIII, campione di bontà ma non di ‘buonismo’
  • Dossier Caritas: sempre più immigrati diventano imprenditori in Italia
  • "Juno": sugli schermi in Italia la storia di una ragazza che rimane incinta e sceglie la vita
  • Chiesa e Società

  • La comunità cristiana irachena continua a testimoniare il messaggio evangelico della pace
  • Libano: minacce di Al Qaeda all'Università di Balamand, ateneo del dialogo
  • Appello al dialogo dei vescovi della Bolivia: è in gioco la pace e la convivenza democratica
  • In Cile proibita la distribuzione della "pillola del giorno dopo" nei centri pubblici di salute
  • I vescovi argentini preoccupati del clima sociale nel Paese
  • La Chiesa dell'Uruguay si dichiara in "stato di missione permanente"
  • Nota dei vescovi del Venezuela sull'udienza del Santo Padre alla presidenza dell'Episcopato del Paese latinoamericano
  • Filippine: il governo di Manila chiede aiuto alla Chiesa per distribuire il riso ai poveri
  • Contadini filippini vincono la loro battaglia contro una multinazionale sostenuti dalla Chiesa locale
  • Sri Lanka: semi-distrutta la chiesa del Sacro Cuore nell’antico santuario di Madhu
  • Pakistan: mons. Saldanha condanna l'uccisione di un indù, vittima della legge sulla blasfemia
  • Allarme dell’ONU: i cambiamenti climatici sono causa dell’aumento delle malattie
  • Restrizioni alla libertà di stampa e di espressione in Siria
  • Il cardinale Cordes in visita ai vescovi di Inghilterra e Galles: “Promuovete l’identità cattolica delle organizzazioni caritative ecclesiali”
  • Alla Pontificia Università della Santa Croce laurea "honoris causa" in Comunicazione sociale al cardinale Ruini
  • Eretta a Houston negli Stati Uniti la co-Cattedrale del Sacro Cuore
  • Settimana di preghiera per le vocazioni a Kinshasa nella Repubblica Democratica del Congo
  • 24 Ore nel Mondo

  • Manifestazioni pro-Tibet a San Francisco per il passaggio della fiaccola olimpica
  • Il Papa e la Santa Sede



    All'udienza generale il Papa parla di San Benedetto e afferma: senza riconoscere le sue radici cristiane, l'Europa non può riscoprire la sua vera identità

    ◊   Un uomo che, con la sua celebre “Regola”, diede il via a un fermento spirituale che conferì all’Europa del suo tempo “una nuova unità spirituale e culturale”, fondata sulla fede cristiana. E’ la descrizione che il Papa ha dato di San Benedetto da Norcia, al quale ha dedicato la catechesi dell’udienza generale di questa mattina, in Piazza San Pietro. Anche oggi, come ai tempi di San Benedetto - ha affermato il Pontefice - l’Europa è alla ricerca di una identità, che non può non fondarsi su quelle antiche radici cristiane diffuse nel continente dal monachesimo benedettino. Il servizio di Alessandro De Carolis:


    L’Europa del quinto secolo, l’Europa del ventesimo. La prima, crollato il sistema unificatore impostole dall’Impero romano, cerca di trovare dolorosamente una sua nuova identità. La seconda, devastata da due guerre mondiali e dal crollo delle ideologie totalizzanti, sta evolvendo da anni, non senza fatica, verso una sua nuova fisionomia unitaria. Questi due volti storicamente agli antipodi dell’Europa hanno in comune una radice, quella cristiana, che proprio 1500 anni fa, dal colle di Montecassino, scelse di “esportare” in tutto il continente un eremita 50.enne fattosi monaco, perché deciso a dare alla sua iniziale scelta contemplativa, privata, di Dio un volto pubblico ed eccelsiale duraturo. Quelle radici antiche - ha affermato Benedetto XVI, tornando a parlare oggi della grandi figure della Chiesa dei primi secoli - sono pure le radici moderne per la nostra Europa che rischia, senza la “linfa vitale” di Dio, di cadere in una utopia di autoredenzione:

     
    "Oggi l’Europa - uscita appena da un secolo profondamente ferito da due guerre mondiali e dopo il crollo delle grandi ideologie rivelatesi come tragiche utopie – è alla ricerca della propria identità. Per creare un’unità nuova e duratura, sono certo importanti gli strumenti politici, economici e giuridici, ma occorre anche suscitare un rinnovamento etico e spirituale che attinga alle radici cristiane del Continente, altrimenti non si può ricostruire l’Europa".

     
    Dei grandi meriti di San Benedetto - patrono d’Europa per volontà di Paolo dal 1964 e anche “patrono del suo Pontificato, come lo ha definito il Papa all’inizio della sua catechesi - Benedetto XVI si è soffermato a lungo, ripercorrendone la vita e la missione:

     
    "L’opera del Santo e, in modo particolare, la sua Regola si rivelarono apportatrici di un autentico fermento spirituale, che mutò nel corso dei secoli, ben al di là dei confini della sua Patria e del suo tempo, il volto dell’Europa, suscitando dopo la caduta dell’unità politica creata dall’impero romano una nuova unità spirituale e culturale, quella della fede cristiana condivisa dai popoli del continente. E’ nata proprio così la realtà che noi chiamiamo 'Europa'”.

     
    Prima di esercitare con i suoi monasteri quell’“influsso fondamentale sullo sviluppo della civiltà e della cultura europea”, Benedetto nasce essenzialmente come uomo di profonda preghiera. Quando l’idea di Montecassino è di là da venire, il futuro Santo si ritira in una grotta di Subiaco. Nella lucida consapevolezza dell’esperienza cristiana che sempre lo sosterrà, egli comprende che prima di tutto deve imparare il dominio di sé. Il contrasto con quella “autorealizzazione facile ed ecogentrica, oggi spesso esaltata”, ha stigmatizzato il Papa, San Benedetto sperimentò per sé anzitutto l’umiltà nella della ricerca del rapporto con Dio:

     
    "Senza preghiera non c’è esperienza di Dio. Ma la spiritualità di Benedetto non era un’interiorità fuori dalla realtà. Nell’inquietudine e nella confusione del suo tempo, egli viveva sotto lo sguardo di Dio e proprio così non perse mai di vista i doveri della vita quotidiana e l’uomo con i suoi bisogni concreti. Vedendo Dio capì la realtà dell’uomo e la sua missione".

     
    Bisogni concreti che trovano una sintesi nella famosa Regola del “prega e lavora”, scritta quindici secoli fa e tutt’ora, ha osservato Benedetto XVI, “sorprendentemente moderna”:

     
    "Benedetto qualifica la Regola come 'minima, tracciata solo per l’inizio'; in realtà però essa offre indicazioni utili non solo ai monaci, ma anche a tutti coloro che cercano una guida nel loro cammino verso Dio. Per la sua misura, la sua umanità e il suo sobrio discernimento tra l’essenziale e il secondario nella vita spirituale, essa ha potuto mantenere la sua forza illuminante fino ad oggi".

     
    Alle consuete catechesi in sintesi, oggi in otto lingue, Benedetto XVI ha fatto seguire dei saluti, uno in particolare rivolto alle Suore Figlie della Croce e ai laici che ne condividono il carisma, giunti a Roma nel ricordo di suor Maria Laura Mainetti, la religiosa uccisa la notte del 6 giugno 2000 da tre ragazze in Val Chiavenna, in Lombardia. “Fedele al dono totale di sé - l’ha ricordata il Papa - ha sacrificato la sua vita pregando per chi la colpiva”. Benedetto XVI ha poi salutato, tra gli altri, gli atleti che partecipano ai Campionati europei di Taekwondo - arte marziale coreana - incoraggiandoli “a promuovere anche attraverso questa disciplina sportiva il rispetto per il prossimo e la lealtà”.

     
    Al termine dell’udienza, è stato Consegnato al Pontefice un volume di Teologia fondamentale, frutto di cinque anni di intenso lavoro ecumenico da parte di un gruppo di sei teologi cattolici della Pontificia Università Lateranense e luterani della Università di Tubinga, in Germania. Intitolato “Fondamento e dimensione oggettiva della fede. Secondo la dottrina cattolica romana ed evangelica luterana”, il volume è stato presentato lo scorso 7 aprile a Tubinga ed oggi a Roma, alla Lateranense. A consegnare il testo Benedetto XVI in Piazza San Pietro, sono stati due rappresentanti del gruppo di ricerca interconfessionale - il direttore dell’area di ricerca, Eilert Herms, e il teologo cattolico, Lubomir Zak. Un dono significativo per il Pontefice, poiché si deve all’allora cardinale Joseph Ratzinger, prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, l’avvio del dialogo teologico, poi proseguito dal cardinale Angelo Scola - allora rettore della Pontificia Università Lateranense - e infine sfociato nella creazione del gruppo di lavoro che ha redatto il volume.

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    La speranza evangelica e i diritti dell’uomo al centro del viaggio di Benedetto XVI negli USA: lo sottolinea il cardinale Bertone in un’intervista alla FOX News

    ◊   Cresce tra gli americani l’attesa per il viaggio apostolico di Benedetto XVI negli Stati Uniti, che prenderà il via martedì prossimo. Ieri, il Papa - in un videomessaggio ai cattolici statunitensi - ha sottolineato che sarà la speranza cristiana il cuore del suo ottavo viaggio internazionale. Il Pontefice ha inoltre affermato di essere consapevole che il messaggio evangelico è “radicato” nel popolo americano. Proprio sulla realtà della Chiesa americana e il diverso ruolo della religione negli Stati Uniti e in Europa, il cardinale segretario di Stato, Tarcisio Bertone, ha rilasciato un’intervista alla tv americana FOX News:


    R. – Per gli Stati Uniti - considerando la grande storia religiosa degli Stati Uniti e la storia e il ruolo che ha svolto la Chiesa cattolica degli Stati Uniti - io credo che il Papa veda un futuro sicuro per la Chiesa degli Stati Uniti, anche se la Chiesa, così come le altre religioni, può essere messa in crisi dalla secolarizzazione e dalle tante sfide del mondo moderno, come - per esempio - la sfida della scienza, che il Papa stesso analizza proprio nella sua Enciclica “Spe salvi”. Gli Stati Uniti si presentano sulla scena del mondo anche per il grande progresso scientifico, che ha fatto - soprattutto nel secolo scorso - un grande balzo in avanti. Di fronte a queste sfide, però, il Papa vede la funzione e il ruolo della fede e il ruolo dell’etica. Negli Stati Uniti ci sono due elementi importanti, insieme agli altri e insieme alla grande forza manifestata e realizzata per la società civile degli Stati Uniti da parte della Chiesa cattolica: c’è il valore della religione che è un valore recepito ed accettato comunemente negli Stati Uniti, nonostante l’evoluzione del mondo moderno; e c’è il valore dell’etica, il valore dei fondamenti etici. Mi sembra che proprio su questa base, che è una base stabile, che rappresenta le radici cristiane della società della grande nazione così multiforme degli Stati Uniti d’America, il Papa vede un futuro – che proprio su questa base – può svilupparsi coerentemente. Naturalmente questo è più difficile in Europa, perchè in Europa c’è proprio il problema del fondamento delle radici cristiane dell’Europa, che sembra essere obliterato, che sembra essere quasi rifiutato dall’Europa. Il Papa ha lanciato un grande allarme all’Europa del nostro tempo, dicendo che staccandosi dalla sue radici rischia il declino. Un’Europa senza Dio e senza il Dio di Gesù Cristo, che ha fondato e costruito la società europea e l’humus stesso della civiltà europea, che è stata così efficace e così generosa in tutto il mondo, soprattutto negli altri continenti (basti pensare all’America Latina, all’Africa così come all’Asia) l’Europa rischia il suo declino, direi quasi il suo affondamento. Allora il Papa vede questa differenza tra Stati Uniti ed Europa, ma anche all’Europa lancia i suoi messaggi di impegno e di speranza.

     
    D. – Eminenza, la Chiesa degli Stati Uniti sta ancora riassorbendo lo shock per lo scandalo degli abusi sessuali. Il Papa ne parlerà nel suo viaggio?

     
    R. – E’ vero e questo è stato un fatto doloroso che ha colpito la Chiesa e non solo la Chiesa, ma direi tutte le istituzioni. Vorrei solo sottolineare, al di là della grande afflizione che questo problema specifico ha portato ai Papi – ricordo gli incontri con Papa Giovanni Paolo II e il Papa Benedetto – che la grandissima maggioranza dei sacerdoti, dei pastori, degli educatori cattolici degli Stati Uniti sono rimasti fedeli e con una integrità ineccepibile. E questo dobbiamo tenerlo presente. Ma anche se fossero solo pochi, comunque, il fatto sarebbe gravissimo, perchè rappresenterebbe una contraddizione aperta con la vocazione e la missione soprattutto dei sacerdoti. Questo ha ferito la Chiesa cattolica negli Stati Uniti così come la Chiesa cattolica in tutto il mondo. Il Papa ne parlerà in modo specifico nella cattedrale di San Patrizio, nel suo discorso ai sacerdoti, sabato 19 aprile. Naturalmente il Papa cerca, insieme con i pastori della Chiesa, le vie della guarigione e della riconciliazione. E’ con questa intenzione che il Papa esorterà tutti a partecipare in modo deciso e con una purificazione, una purificazione della vita, per costruire una cultura di integrità morale, di giustizia, di fiducia reciproca, soprattutto nel campo educativo. E questo perchè davanti a questi problemi e a questi rischi, che incombono purtroppo sempre sulla vita di ogni persona - vediamo quante persone, di ogni estrazione sociale, possono essere colpite da questa tentazione e da questo degrado umano – tutti noi dobbiamo sempre lavorare nel campo educativo. Non dobbiamo rinunciare all’azione educativa, non dobbiamo rinunciare alle scuole, non dobbiamo rinunciare ai centri giovanili, ma anzi farne un forum di confronto per una formazione integrale, farne un cenacolo, che sia un cenacolo dell’amicizia in Cristo, che sia un cenacolo dell’educazione alla fede, dell’educazione all’amore. Il Papa ha chiarito bene anche quali siano le vie o i pericoli nell’educazione all’amore nella sua prima Enciclica “Dio è Amore”.

     
    D. – Quale sarà il messaggio di Benedetto XVI alle Nazioni Unite?

     
    R. – Il messaggio del Papa alle Nazioni Unite sarà anzitutto sulla scia dei Papi precedenti e quindi sarà un messaggio di riconoscimento del valore del ruolo delle Nazioni Unite e della bontà delle relazioni che hanno caratterizzato i rapporti tra la Santa Sede e le Nazioni Unite fin dal loro sorgere, fin dal loro inizio. Quest’anno, poi, ricorre il 60.mo anniversario della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani e quindi il discorso del Papa sarà centrato proprio su questo tema e soprattutto sull’unità e sull’indivisibilità dei diritti umani fondamentali, che affondano le loro radici nella natura dell’uomo creato ad immagine di Dio. Direi che la teologia della creazione – e lo dico anche ad una grande nazione come quella degli Stati Uniti, che è una nazione che crede nel Dio della creazione – è a fondamento dei diritti, i diritti sono fondati sull’uomo, creato ad immagine di Dio e, quindi, fondati nella giustizia e nell’etica. Troppo spesso e con troppa superficialità si considerano i diritti umani e magari i nuovi diritti come atti puramente legali, che derivano dalla volontà di un legislatore o di una autorità umana, dimenticando che le Nazioni Unite sono nate proprio come organizzazione mondiale dopo la triste esperienza della onnipotenza di dittatori e, quindi, proprio per cercare di stroncare la frammentazione dei diritti e la debolezza dei diritti, facendoli quasi derivare soltanto da chi comanda o da chi con assoluta discrezionalità decide quali sono i diritti e quali i doveri e soprattutto quali non sono i diritti. I diritti hanno, invece, un fondamento più remoto, un fondamento proprio nella natura umana. Naturalmente anche gli obblighi della comunità internazionale per la tutela dei diritti sono imprescindibili e il Papa toccherà gli obblighi della Comunità internazionale a tutelare i diritti dei più deboli e non i diritti dei più forti, perchè questo sarebbe certo facile, visto che i più forti se li tutelano da soli. La Comunità internazionale e quindi il concerto delle Nazioni Unite, l’Organizzazione delle Nazioni Unite, deve tutelare i diritti dei più deboli. Questo è in linea proprio con la sussidiarietà, con la solidarietà e con la vicinanza ai popoli che soffrono per la fame, per l’ignoranza, per le malattie endemiche… Questo è un problema in cui la Chiesa è impegnata in prima linea con tutte le sue organizzazioni umanitarie.

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    Mons. Marchetto: rispettare i diritti di tutti gli immigrati, anche se irregolari

    ◊   La pastorale delle migrazioni, le nuove schiavitù, il turismo ed i pellegrinaggi: questi i temi affrontati ieri da mons. Agostino Marchetto, segretario del Pontificio Consiglio della Pastorale per i migranti e gli itineranti. Il presule è intervenuto alla 95.ma Assemblea plenaria della Conferenza episcopale Argentina, in corso a Buenos Aires fino al 12 aprile. Ce ne parla Isabella Piro:


    Oggi, in tutto il mondo, sono quasi 200 milioni gli uomini, le donne, i bambini e gli anziani coinvolti nel fenomeno migratorio, soprattutto a causa del lavoro. Il 9% di essi sono rifugiati, mentre la maggior parte sceglie l’Europa come Paese di accoglienza. È partita da questi dati la riflessione di mons. Marchetto, che ha poi richiamato la necessità di affrontare le migrazioni in un contesto ampio, che guardi anche “ai problemi della globalizzazione, alla questione demografica, specialmente nei Paesi industrializzati, all’aumento crescente della disparità tra nord e sud del Pianeta, allo sfruttamento e al degrado della persona, alla proliferazione dei conflitti e delle guerre civili”. Tuttavia, mons. Marchetto ha invitato a non guardare solo agli aspetti negativi della migrazione, poiché essa offre “un’occasione straordinaria di conoscenza tra le diverse persone, con la possibilità di sperimentare direttamente l’unità della famiglia umana”. Di qui, l’esortazione – già contenuta nel documento Erga migrantes caritas Christi, pubblicato dal Pontificio Consiglio della Pastorale per i migranti e gli itineranti il 3 maggio 2004 – a “trasformare l’esperienza migratoria in un’occasione di nuova evangelizzazione e di missione”. Infatti, ha continuato mons. Marchetto, “la composizione delle migrazioni attuali impone una visione ecumenica di tale fenomeno, a causa della presenza di molti migranti cristiani”, così come necessita del “dialogo interreligioso, dovuto al sempre più consistente numero di migranti di altre religioni, in particolare musulmani”.

     
    Il presule ha poi ricordato un punto fondamentale: “i migranti non possono essere considerati come una mercanzia o una mera forza-lavoro. Tutti, anche quelli irregolari, godono dei diritti fondamentali inalienabili, che devono essere rispettati in qualsiasi situazione”. Per questo, mons. Marchetto ha sottolineato la necessità di trasmettere “una cultura dell’accoglienza che riconosca a tutti i propri diritti e i bisogni spirituali” ed ha invitato i cristiani “a rispettare le tradizioni e le culture degli immigrati, i quali devono, da parte loro, avere lo stesso atteggiamento verso gli autoctoni e le leggi del Paese che li accoglie”.

     
    Mons. Marchetto si è quindi soffermato sulle “nuove schiavitù”, come lo sfruttamento sessuale, “un commercio osceno”, ha detto, che coinvolge circa 6 milioni di donne e bambini. Altra piaga è lo sfruttamento lavorativo, che riguarda quasi 246 milioni di persone, soprattutto nel settore agrario. Tra questi, circa 20 milioni sono in schiavitù a causa di un debito (un fenomeno che si riscontra soprattutto in India, Pakistan, Bangladesh e Nepal), mentre tra i 700mila e i 4 milioni diventano schiavi per un contratto di lavoro. Di qui, l’appello lanciato dal presule perché si ratifichino “strumenti legali internazionali che garantiscano i diritti dei migranti, dei rifugiati e delle loro famiglie” e l’invito affinché le Conferenze Episcopali e le comunità ecclesiastiche dei singoli Paesi formulino progetti pastorali specifici sulle migrazioni.

     
    Infine, mons. Marchetto ha analizzato la pastorale del turismo, compreso quello religioso. Partendo dal presupposto che “oggi il turismo è uno dei settori più importanti della mobilità umana” e che “i turisti internazionali sono 900 milioni, mentre 200 milioni sono gli impiegati nel settore”, il presule ha ribadito la necessità di una “nuova evangelizzazione del turismo contemporaneo”. Per questo, mons. Marchetto ha suggerito di istituire corsi di formazione sul turismo sia nelle Università cattoliche che nei Centri di formazione per sacerdoti e religiosi. Questo per diffondere una concezione del fenomeno “dal punto di vista pastorale e sociologico”, poiché “il turismo è uno strumento di dialogo, di promozione della pace, di aiuto allo sviluppo, di conoscenza della memoria di altri popoli, di crescita spirituale”. Importante, inoltre, secondo il presule, l’applicazione di “codici deontologici d’impresa e dei più recenti codici specifici sull’attività turistica”.

     
    Quanto ai pellegrinaggi, mons. Marchetto ha invitato a considerare i Santuari come “una stazione intermedia del nostro cammino terreno”. “In essi – ha aggiunto - tutti i pellegrini, inclusi gli assistenti pastorali che li accompagnano, vengono chiamati ad accostarsi al Sacramento della Penitenza per riconciliarsi con Dio e con se stessi ed aprirsi agli altri nella carità”.

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    Disarmo, sviluppo e pace al centro di un Seminario internazionale promosso in Vaticano dal Pontificio Consiglio Giustizia e Pace

    ◊   Etica e politica, economia e diritto, organizzazioni internazionali, soggetti non governativi e religioni, in sinergia per la realizzazione di un ‘disarmo integrale’, non solo degli armamenti, ma anche e prima ancora del cuore dell’uomo. Questo il filo conduttore del Seminario internazionale di studio che il Pontificio Consiglio della Giustizia e della pace promuove in Vaticano, venerdì e sabato prossimi, con la partecipazione di studiosi ed esperti a livello internazionale, sul tema: “Disarmo, sviluppo e pace: prospettive per un disarmo integrale”. Come indica il titolo – riferisce un comunicato del dicastero - il Seminario si ispira al concetto di ‘disarmo integrale’, proposto in particolare da Giovanni XXIII nella Pacem in Terris: ‘L’arresto degli armamenti a scopi bellici, la loro effettiva riduzione e, a maggior ragione, la loro eliminazione sono impossibili o quasi, se nello stesso tempo non si procedesse ad un disarmo integrale, se cioè non si smontano anche gli spiriti, adoprandosi sinceramente a dissolvere, in essi, la psicosi bellica’ (Pacem in Terris, 61). Su tali basi – prosegue la nota - la prima sessione del Seminario, venerdì 11 aprile al mattino, sarà dedicata ad una riflessione etica e spirituale sul disarmo e sulle condizioni per una geopolitica dello sviluppo e della pace, con relazioni – tra gli altri – del gesuita Sergio Bastianel, vice-rettore accademico della Pontificia Università Gregoriana e del prof. Guy Feuer, docente emerito dell’Università di Parigi-Sorbonne.

    Nella seconda sessione, al pomeriggio, si discuteranno alcune particolari questioni economiche e giuridiche, come il commercio internazionale delle armi, la sovrapposizione tra economia civile e militare, e la relazione tra disarmo e diritti umani: ne parleranno Fabrizio Battistelli, vice-presidente dell’Istituto Internazionale di Ricerca ‘Archivio Disarmo’, Davina Miller, responsabile del Dipartimento di Studi per la Pace dell’Università di Bradford, e Raymond Ranjeva, giudice della Corte Internazionale di Giustizia e membro del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace.

    Sabato 12 aprile, al mattino, nella terza sessione, conclusiva dei lavori del Seminario, si sottolineerà il ruolo dei diversi soggetti chiamati a cooperare per un ‘disarmo integrale’, cioè i soggetti governativi e non governativi, le organizzazioni internazionali e non da ultimo le religioni, con relazioni di Jorge Urbina, presidente della ‘Commissione 1540’ del Consiglio di Sicurezza dell’Organizzazione delle Nazioni Unite, Cornelio Sommaruga, presidente del Consiglio di Fondazione del Centro Internazionale Sminamento Umanitario di Ginevra e del cardinale Keith Michael Patrick O’Brien, arcivescovo di Saint Andrews and Edinburgh e presidente della Conferenza episcopale della Scozia. I lavori del Seminario saranno introdotti e conclusi dal presidente del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace, cardinale Renato Raffaele Martino.

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   Nelle pagine centrali, un articolo del cardinale Walter Kasper circa la discussione sulla preghiera modificata del Venerdì Santo.

    Nell'informazione internazionale, un articolo di Pierluigi Natalia dal titolo "Dieci anni di pace nell'Irlanda nel Nord”.

    Mugabe e il "ricatto" della terra: un'analisi di Antonio Chilà della situazione in Zimbabwe dopo le elezioni.

    L'immigrazione in Italia una risorsa per lo sviluppo: la cronaca di Luca M. Passati del convegno organizzato dalla Radio Vaticana e dalla fondazione Ethnoland sul rapporto tra immigrati e imprenditoria.

    La leggendaria (ma storicissima) impresa dei Bollandisti: in cultura, il gesuita Robert Godding, direttore della Société des Bollandistes, illustra una mostra alla Casanatense (da oggi al 9 maggio) dedicata agli Acta Sanctorum; una delle iniziative scientifiche ed editoriali più impegnative nella storia della cultura.

    In navetta sull'oceano di Titano un giorno dura due settimane: Maria Maggi sullo studio dei satelliti di Saturno, che apre sorprendenti ipotesi sulla possibilità di vita nel sistema solare.

    Andrea Monda indaga le origini dell'epica di John R. R. Tolkien.

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    Oggi in Primo Piano



    Il carovita mette in ginocchio i Paesi poveri: l'allarme della Banca Mondiale

    ◊   I prezzi dei generi alimentari continueranno a salire per i prossimi due anni, creando seri problemi alle economie in via di sviluppo. L’allarme è stato lanciato da Robert Zoellick, presidente della Banca Mondiale, che ha anche denunciato l'esistenza di “seri rischi di un aumento della povertà” in alcuni Paesi. E la tensione sociale è sfociata in vere e proprie violenze di piazza in Egitto, Thailandia, Filippine e Haiti. Proprio nell’isola caraibica si contano 5 morti a causa delle manifestazioni contro il carovita. Ma quali sono i motivi che hanno causato questo aumento di prezzo dei beni di prima necessità? Salvatore Sabatino lo ha chiesto a Vichi de Marchi, portavoce per l’Italia del Programma Alimentare Mondiale.

    R. – Oggi, sicuramente, non siamo in più in un’epoca di surplus agricolo. C’è stato l’aumento dei prezzi, dovuto al fattore petrolifero, ai maggiori consumi di Paesi emergenti, come India, Cina e c’è – da non sottovalutare - l’elemento climatico che incide negativamente. Un solo dato su tutti: il 90 per cento dell’agricoltura africana dipende proprio dalle piogge, dal ciclo naturale climatico.

     
    D. – La Banca Mondiale garantisce, da parte sua, che i 185 Paesi aderenti lavoreranno per fronteggiare la crisi. Tra l’altro, anche voi del PAM avete lanciato un appello. In che modo, dunque, intervenire concretamente?

     
    R. – Per quanto riguarda noi, una delle azioni che stiamo intraprendendo è quella di aumentare sempre più l’acquisto di derrate alimentari per il consumo, vicino alle aree di crisi, cioè acquisti nei mercati locali. Questo riduce i costi dei trasporti e favorisce le economie agricole del luogo. L’altro elemento è che stiamo in qualche caso cambiando la composizione dell’assistenza alimentare che diamo; ad esempio, sostituendo il mais giallo con quello bianco, che ha un prezzo più ridotto e che si trova più vicino spesso alle aree di crisi. E poi ci sono molte altre azioni che riguardano i nostri progetti di cibo in cambio di lavoro, progetti di reimpianto di alberi laddove sono andati distrutti, di costruzioni infrastrutturali, come piccole dighe, pozzi, insomma un aiuto all’economia locale, alla produzione agricola.

     
    D. – Questa pressione non rischia di avere delle ricadute concrete anche sull’Occidente?

     
    R. – Sì, sicuramente. Già oggi noi vediamo che, comunque, anche l’Occidente ha un suo problema di aumento dei prezzi, perché molte famiglie – e sono piene le cronache dei nostri giornali – hanno difficoltà ad arrivare a fine mese. Solo che, chiaramente, da noi l’effetto è meno importante, perchè noi destiniamo una quota non così rilevante per mangiare, come avviene nei Paesi in via di sviluppo. Non solo, ma nei Paesi in via di sviluppo, mentre la povertà prima riguardava soprattutto le popolazioni agricole e contadine, oggi sta colpendo anche le città e i centri urbani. Questo è un altro cambiamento importante.

     
    D. – La tensione sociale in Thailandia, ad Haiti, in Egitto, nelle Filippine, è sfociata in vere e proprie rivolte popolari. Alcuni già parlano di una vera e propria “guerra della fame”...

     
    R. – Sì, sono molti i Paesi che hanno registrato proteste, dimostrazioni. Ci sono molti governi che stanno cercando di arginare queste proteste, ampliando i sistemi di assistenza alla popolazione, i blocchi delle importazioni o delle esportazioni. Insomma, ci sono misure che si stanno mettendo in atto. Sicuramente, il cibo è la cosa più importante e il cibo può essere anche alla base di molte, molte proteste.

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    Oggi i funerali della mamma che rifiutò di curarsi per proteggere il bimbo che portava in grembo. La testimonianza del suo parroco, don Giuseppe Nadal

    ◊   La comunità di Pieve di Soligo, cittadina in provincia di Treviso, renderà oggi pomeriggio l’estremo commosso saluto a Paola Breda, una mamma che ha sacrificato la propria vita per non mettere a rischio quella del bimbo che portava in grembo. Colpita da un tumore al sesto mese di gravidanza, Paola ha rinunciato a curarsi per salvaguardare la nascita del figlio. Il bimbo, Nicola, che oggi ha 17 mesi, sta bene. Dopo il parto, Paola ha iniziato le cure, ma non ce l’ha fatta e si spenta l'altro ieri all’età di 38 anni. Alessandro Gisotti ha raccolto la testimonianza del suo parroco, don Giuseppe Nadal:


    R. – Quattro anni fa, sono passato per la benedizione della famiglia, di questa coppia Paola e Loris, e ho fatto i complimenti per tutta la bellezza della loro casa. Però Paola mi ha detto: “Abbiamo una tristezza: da tanto tempo aspettiamo dei figli, da nove anni siamo sposati e non arrivano i bambini”. E abbiamo pregato. L’anno successivo sono tornato per la benedizione e li ho trovati gioiosi, perché stavano aspettando il primo figlio: quindi, la gioia era immensa. Poi, mi comunicano anche la gioia dell’attesa di un altro bambino. Però, dopo alcuni mesi Paola viene in chiesa con le lacrime agli occhi e mi dice: “Mi hanno diagnosticato un tumore, mi propongono la chemio ma questo danneggerà il bambino e io non voglio assolutamente, perché ho sempre chiesto il dono della maternità, il dono di avere dei figli; ho sempre pregato, e adesso che il Signore me lo dà non ho la minima idea di perderlo”.

     
    D. – Ecco: quale segno lascia una vicenda così straordinaria?

     
    R. – In questo tempo in cui prevale l’egoismo e la violenza e la cronaca ci porta sempre vicende negative delle famiglie, delle società, credo che sia una cosa molto buona proporre questi esempi così belli, anche se dolorosi; ma sono di speranza, di vita, insomma! I moralisti direbbero, in un caso di questo genere, che si può intervenire preferendo la vita della madre piuttosto che del bambino. Ma in questo caso, ecco, invece lei è stata generosissima nel dire: voglio portare avanti questo dono che il Signore mi ha dato.

     
    D. – Da sottolineare che ovviamente nel momento in cui è nato il bambino, Nicola, Paola ha fatto di tutto per essere curata in modo adeguato!

     
    R. – Certo, sì, sì. E ha avuto attorno a sé anche tante persone che l’hanno aiutata. Erano commossi, proprio. Questo caso ha mobilitato tante persone, anche personale infermieristico, i medici ... Ci sono dei racconti commoventi che vanno al di là del loro dovere, proprio perché era una persona molto cara, molto affettuosa, molto buona, e quindi loro si sono dati da fare tantissimo. E lei era cosciente, ormai, che avrebbe terminato la sua esistenza: si raccomandava al suo sposo di prestare attenzione ai bambini! La sua unica preoccupazione era per i bambini, ma era preparata anche a lasciare questa vita.

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    Nel 50.mo anniversario dell’elezione di Papa Roncalli, il cardinale Bertone ricorda la figura di Giovanni XXIII, campione di bontà ma non di ‘buonismo’

    ◊   Campione di bontà ma non di ‘buonismo’, esempio di mitezza e al tempo stesso, quando necessario, di determinazione irremovibile. E’ questo il ritratto, affiancato all’immagine evangelica del Buon Pastore, proposto domenica scorsa dal cardinale segretario di Stato Tarcisio Bertone per ricordare la figura di Giovanni XXIII, in occasione dell'anno giovanneo indetto nel 50.mo anniversario della sua elezione al Soglio di Pietro. Durante l’omelia, pronunciata nella Chiesa di Sant’Alessando in Colonna a Bergamo, il porporato ha anche sottolineato che “Giovanni XXIII, chiamato affettuosamente da molti il ‘Papa buono’, sapeva essere determinato e battagliero. Il servizio di Amedeo Lomonaco:


    Il segretario di Stato vaticano ha ripercorso l’opera di Giovanni XXIII ricordandone “la forza della dolcezza, lo zelo della pazienza”: l’ottica caratterizzata dalla bonarietà e dall’umanità di Papa Roncalli – ha detto il porporato – non può escludere la sua determinazione indomita nel fare e nel suscitare il bene senza tregua e senza timori. E’ quanto sostiene anche mons. Giovanni Carzaniga, direttore della Fondazione Giovanni XXIII e parroco della Chiesa di Sant’Alessandro in Colonna a Bergamo:

    “Mi sembra un’ottica molto vera, nell’intento di vedere Papa Giovanni senza ridurlo a questa dimensione di bontà, che potrebbe suonare quasi come un buonismo. Papa Giovanni è stato invece una persona, certamente, che ha cercato appunto il bene in tutte le maniere: ha sempre cercato ciò che unisce e non ciò che divide. E’ stato capace di perdono, di misericordia, di pazienza; indubbiamente, è stato un uomo di grande tenacia”.

    Sotto il peso di essere stato etichettato come “un Papa di transizione” – ha affermato il porporato – Papa Roncalli ebbe il coraggio di accettare la sfida posta dai tempi e dall’emergere di esigenze che richiedevano dalla Chiesa risposte nuove. L’annuncio del Concilio Vaticano II fu improvviso e inatteso: “Non c’erano pressioni di sorta – ha fatto notare il cardinale segretario di Stato – né errori che non fossero già stati condannati, ma solo la decisione solitaria di un vegliardo”. Quali, allora, i motivi ispiratori di quella scelta? Mons. Carzaniga:

    “L’intuizione fu quella che il Concilio sia a livello universale espressione della capacità della Chiesa di riproporre la dottrina di sempre ma in un tempo, in un modo adatto. Lui aveva proprio questa forte convinzione che i Concili – Trento, in particolare – avessero dato alla Chiesa quella capacità di adeguarsi ai tempi”.

    Del pontificato di Giovanni XIII il cardinale Tarcisio Bertone ha anche sottolineato l’interpretazione efficace della sintesi tra “fedeltà e dinamica di cui è intessuta la vita stessa della Chiesa”. Una sintesi – ha detto – perfettamente incarnata da Giovanni Paolo II e Benedetto XVI. Come si è estesa l’eco della grande eredità spirituale di Giovanni XXIII? Ancora mons. Giovanni Carzaniga:

    “Penso che Giovanni Paolo II – a parte l’eredità anche nel nome – abbia colto di Papa Giovanni un tono di respiro universale. Giovanni Paolo II credo che abbia esteso questa mondialità ad un tono di profonda umanità e vicinanza. Mi sembra siano priorità che anche Benedetto XVI ha inserito nel suo pontificato. Penso in particolare al cammino, alle 'ragioni della fede' compresa con la mente, con il cuore e con la vita. Credo che sia un modo chiaramente diverso, ma molto vicino a quello di Papa Giovanni”.

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    Dossier Caritas: sempre più immigrati diventano imprenditori in Italia

    ◊   “Serve un progetto per permettere anche agli immigrati di essere imprenditori in Italia”. Così padre Federico Lombardi, direttore della nostra emittente, durante il convegno, svoltosi ieri nella sede della Radio Vaticana, dal titolo: “Immigrati: per contare di più come lavoratori e come cittadini”. Tra i presenti anche Otto Bitjoka, imprenditore originario del Camerun, da oltre 30 anni a Milano e autore del libro “Ci siamo. Il futuro dell’immigrazione in Italia”. Il servizio di Silvia Gusmano.


    Il mercato li cerca, la società li evita. Questa la condizione, in Italia, dei lavoratori immigrati che insieme con le loro famiglie, sono giunti oggi alla soglia dei quattro milioni. Oltre 141 mila, come è emerso ieri dai dati raccolti dal Dossier Statistico Immigrazione della Caritas, sono titolari d’azienda, presenti soprattutto nelle regioni del Centro-Nord e nei settori dell’edilizia e dell’artigianato. Il loro numero è triplicato negli ultimi quattro anni, ma è ancora lontano dalla percentuale di imprenditori che si riscontra tra i lavoratori italiani. Ancora numerosi, infatti, i fattori che ostacolano la creazione d’impresa tra gli stranieri, così spiegati dall’imprenditore Otto Bitjoka:

     
    “L’accesso al credito, la burocrazia e a volte anche la lingua: in parte sono le difficoltà che trovano tutti gli imprenditori e in più c’è il fatto di essere immigrati, che già di per sé rappresenta una difficoltà. Non si riesce, infatti, a quantificare quello che porta come valore aggiunto. Si riesce solamente a percepire e a immaginare che è un fattore destabilizzante, che porta insicurezza, in quanto simboleggia l’immigrazione in generale. Io credo che serva una pedagogia civica, per sfrattare questi luoghi comuni”.

     
    E proprio per sconfiggere i luoghi comuni e promuovere l’iniziativa imprenditoriale degli stranieri, Bitjoka ha messo a punto all’interno dell’associazione Ethnoland da lui presieduta, il progetto “ImmigratImprenditori” che, superando ogni paternalismo, intende puntare sul confronto con il territorio e le organizzazioni di categoria. Positiva la risposta ottenuta finora. Tra i presenti ieri, infatti, anche Matilde Di Venere, responsabile del settore Europa-Immigrazione della Confartigianato che ha ricordato così i notevoli e reciproci vantaggi della presenza degli stranieri nel mondo imprenditoriale italiano:
     
    “Fare impresa per uno straniero oggi significa integrarsi profondamente con il territorio in cui lavora e in cui produce la sua attività, perché fare impresa significa creare valore e ricchezza per il piccolo territorio in cui ci si è insediati. Troviamo che questo sia anche un modo per rompere alcuni stereotipi degli italiani verso gli stranieri e creare un circolo virtuoso dove vincono sia lo straniero, che realizza il proprio sogno imprenditoriale, che la società che li accoglie e che ne trae anche beneficio economico. Ormai sono tanti gli immigrati che danno lavoro anche agli italiani”.

     
    L’integrazione, dunque, passa anche per la creazione d’impresa ed è ora, come ha affermato con forza padre Lombardi, che gli stranieri siano considerati parte attiva e protagonisti della società italiana italiana.

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    "Juno": sugli schermi in Italia la storia di una ragazza che rimane incinta e sceglie la vita

    ◊   Sugli schermi italiani il film che ha trionfato alla Festa del Cinema di Roma dello scorso anno e che si è rivelato un vero caso internazionale, suscitando applausi e positivi commenti critici: Juno, del regista canadese Jason Reitman, delicata storia di una sedicenne che rimane inaspettatamente incinta e sceglie la vita. Il servizio di Luca Pellegrini:


    Piccola Juno, alle prese con la vita e la maternità, le amiche, la scuola, i compiti e gli allenamenti sportivi e alcuni singolari esempi di famiglie: spregiudicata ragazzina, in corsa dall’adolescenza, fatta di cose comuni e quotidiane, alla maturità grazie ad una gravidanza – lei ha soltanto sedici anni – giunta non per caso, ma per gioco sì. Poteva essere terribilmente complesso e controverso, per Diablo Cody, autrice della sua prima sceneggiatura cinematografica e vincitrice del suo primo Oscar, scrivere questa difficilissima storia in costante e pericoloso bilico tra humor e scandalo. A Juno, interpretata da Ellen Page così vera e giusta nella sua parte, si pongono dinnanzi, infatti, scelte difficili e dolorose, che in un modo o nell’altro imprimeranno alla sua esistenza grandi novità e sicure conseguenze: l’aborto oppure il parto e un figlio. Se, visibilmente scossa, ma altrettanto schietta, non esclude all’inizio alcuna soluzione, poi senza compromessi e con sincerità spesso inusitata nei ragazzi della sua tenera età, sceglie la vita, sceglie il figlio dentro di sé. E dovrà scegliere anche una famiglia – operazione non semplicissima e che rivelerà il bene e il male – che questo suo piccolo lo possa accudire, crescere, proteggere. E così, a piccoli passi e piccoli scontri verbali con il padre e la matrigna e le compagne e l’imberbe papà e i futuri, eventuali suoceri, e tutto il mondo che la circonda e la guarda e forse anche la giudica, Juno si avvia a gestire questi suoi nove, difficili mesi, con tutti gli imprevisti e gli imbarazzi, per lei e per gli altri, che una maternità così atipica può creare. Jason Rietman sa governare con sovrano e intelligente equilibrio anche le situazioni non facili, evitando di far cadere questo delizioso film nelle secche delle controversie e delle polemiche, ed evitando anche che altri se ne approprino per trasformarlo impunemente in un manifesto sociale, morale o politico, cosa che assolutamente non è. La storia di Juno è scritta per il cinema e rimane contenuta sugli schermi che la proiettano e sui volti dei bravi attori che la recitano. Offre spunti di riflessione, fa più volte sorridere e sempre tutti partecipare alla scoperta più importante e bella che una donna può fare nella sua vita: diventare madre.

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    Chiesa e Società



    La comunità cristiana irachena continua a testimoniare il messaggio evangelico della pace

    ◊   “Affrontare la morte ogni giorno altro non fa che unire di più la comunità irachena cristiana - in patria ed all’estero - ed è triste ammettere che è la morte il collante dei cristiani iracheni”. Cosi commenta padre Douglas Dawood Al Bazi, sacerdote cattolico caldeo di Baghdad, l’assassinio del prete siro-ortodosso Adel Youssef in una nota all’Ufficio pastorale migranti dell’arcidiocesi di Torino, diffusa da Baghdadhope. Si chiede padre Douglas: “Perché è stato ucciso? Non aveva fatto nulla più di ciò che i martiri che lo hanno preceduto fecero: portare quella pace e giustizia che in questi 5 anni non sono state, e non sono, apprezzate da alcune parti politiche e religiose”. “Si deve sapere - prosegue padre Douglas - che la comunità cristiana in Iraq vede nella Chiesa l’unico punto di aggregazione e nella figura del sacerdote il cuore della comunità. Colpire questo simbolo vuol dire spingere la gente a fuggire ma i sacerdoti rimarranno tra coloro che non possono lasciare le proprie case”. “E’ strano - conclude padre Douglas che subì nel 2006 un rapimento di 9 giorni - vedere che oggi in Iraq formazioni di miliziani, almeno 25 operanti nel Paese, sfilano avendo in una mano un ramo di olivo, e nell’altra un’arma, mentre i cristiani lo fanno, portando sì un ramo di olivo in una mano, ma una candela nell’altra, simboli della cristianità irachena”. (R.G.)

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    Libano: minacce di Al Qaeda all'Università di Balamand, ateneo del dialogo

    ◊   Minacce di Al Qaeda all’università cristiana di Balamand, El-Koura, nel nord del Libano. A riportare la notizia oggi è l’agenzia internazionale assira, Aina, secondo la quale, l’ateneo, fondato nel 1988 da Sua Beatitudine Ignazio IV, patriarca della chiesa ortodossa di Antiochia, sta già provvedendo ad incrementare le misure di sicurezza. Le minacce sono contenute in una dichiarazione firmata dai terroristi del Fatah al-Islam, il gruppo legato ad Al Qaeda che lo scorso anno nel campo profughi palestinese di Nahr al-Bared aveva ingaggiato gravi scontri a fuoco con l’esercito libanese, terminati con la morte di molti componenti della fazione e con la fuga di altri. “Una fonte del campus, che ha richiesto l’anonimato – riferisce Aina ripresa dall'Agenzia Sir – parla di possibili attentati dinamitardi. Una minaccia che non si può sottovalutare”. Copie della dichiarazione sono state trovate da alcuni studenti all’interno dell’università. Tuttavia fino ad ora da Fatah al-Islam non è arrivata conferma circa la paternità della minaccia. L’università di Balamand è aperta a studenti non solo cristiani ma anche musulmani e si propone nei suoi corsi di studi, quasi tutti in materie umanistiche e scienze sociali, di promuovere il dialogo, il rispetto dei diritti e la pacifica coesistenza anche come risposta alla lunga guerra interna al Libano. (R.P.)

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    Appello al dialogo dei vescovi della Bolivia: è in gioco la pace e la convivenza democratica

    ◊   “Il dialogo è un mezzo che il Signore ci ha donato come strumento per la comunicazione e l’incontro tra le persone e in esso ciascuno esprime i suoi punti di vista nella verità” e “ascolta l’altro” “per raggiungere intese e accordi”. Sono riflessioni dell’Episcopato boliviano espresse in un ampio documento a conclusione, ieri, dell’Assemblea plenaria. I presuli della Bolivia riflettono sulle sfide che l’evangelizzazione, alla luce del documento di Aparecida, pone a tutti, in particolare nell’ambito missionario. Dall’altra parte l’Assemblea episcopale esprime gravi “preoccupazioni per i contrasti che separano le regioni, le etnie e le classi sociali, nonché per la polarizzazione ideologica, il monopolio della politica e il peso dei settori radicali che ostacolano il dialogo e la ricerca del consenso. “Tutto ciò – aggiungono - può sfociare in scontri con delle conseguenze imprevedibili di dolore e morte”. In questo contesto i vescovi rinnovano per l’ennesima volta il loro accorato “appello al dialogo poiché unico cammino per la pace e l’unità del Paese”. La Chiesa boliviana, da mesi, a richiesta delle parti, è impegnata a ricercare modi per avvicinare il governo del presidente Evo Morales e i cinque governatori dell’opposizione, i quali, in sostanza non sono d’accordo su nulla, in particolare sulla nuova Costituzione, che sarà sottoposta a referendum il 4 maggio. In questa giornata l’opposizione vorrebbe far votare altri referendum sull’autonomia delle regioni in disaccordo con il potere centrale. L’arcivescovo di Santa Cruz, cardinale Julio Terrazas, presidente dell’Episcopato ha incontrato, a più riprese, il presidente Morales e l’altro ieri ha fatto lo stesso, ancora una volta, con i cinque governatori. In riferimento a questo fragile processo la dichiarazione dei vescovi precisa: “Occorre, ora, più che mai, una ferma volontà di dialogo, lasciandosi illuminare dalla ragione e guidare dalla verità, rispettando la legalità e l’ordinamento giuridico della nostra società”. Si deve lavorare per trovare “soluzioni efficaci, durature per difendere il bene comune e ridare al popolo la speranza”. I presuli boliviani concludono esprimendo angoscia di fronte “al pericoloso peggioramento della situazione nazionale” e chiedono a tutte le parti, in particolare alle autorità, di aprire subito il dialogo “non appena si siano realizzate le condizioni minime“ poiché è in gioco “la pace, la convivenza democratica e lo stato di diritto”. (A cura di Luis Badilla)

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    In Cile proibita la distribuzione della "pillola del giorno dopo" nei centri pubblici di salute

    ◊   Dopo una lunga battaglia giudiziaria, il Tribunale Costituzionale del Cile ha reso pubblico ed ufficiale l’accordo secondo il quale verrà redatta la sentenza sull’ingiunzione di incostituzionalità presentata da un gruppo di deputati cileni, contro il decreto che ha approvato le "Norme nazionali di Regolazione della Fertilità". Secondo questa risoluzione, verrà proibita la distribuzione della ‘pillola del giorno dopo’ nei centri pubblici di salute e potrà riguardare anche altri metodi contraccettivi. La sentenza del tribunale – riferisce l’Agenzia Fides - è stata di cinque voti a favore e quattro contrari e ha adesso un carattere di inappellabilità, come anticipato da organi di informazione locali. Il tribunale si è pronunciato su una richiesta di deputati dell’opposizione per i quali il farmaco di emergenza viola il principio costituzionale del diritto alla vita, poiché è abortivo. La risoluzione governativa, che viene revocata con questa sentenza, stabiliva la ripartizione gratuita del farmaco ad ogni donna che lo solleciti, comprese le adolescenti maggiori di 14 anni, senza il consenso dei loro genitori. Un gruppo di 29 associazioni appartenenti alla Rete per la Vita e la Famiglia hanno diffuso un comunicato rivolto all’opinione pubblica mostrando la loro soddisfazione per la decisione del Tribunale Costituzionale. “Decisione che riafferma lo Stato di Diritto, riconoscendo che nel nostro ordinamento giuridico si protegge la vita nascente sin dal suo concepimento”. Allo stesso tempo ricordano che “il diritto alla vita è il primo e più fondamentale di tutti i diritti, e questo non può sottomettersi né essere messo a rischio con il pretesto di una incompresa giustizia, tanto meno davanti a scelte personali di terzi”. Con questa decisione, il Cile si unisce agli altri Paesi che hanno dichiarato l’effetto abortivo della 'pillola del giorno dopo', tra i quali gli Stati Uniti attraverso la Food and Drugs Administration. (R.P.)

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    I vescovi argentini preoccupati del clima sociale nel Paese

    ◊   I Vescovi argentini, riuniti fino a sabato nella 95.ma Assemblea Plenaria della Conferenza Episcopale, si sono trovati concordi nel manifestare la loro preoccupazione di fronte alla possibilità che si stabilisca nel Paese un clima di scontro sociale, specialmente a seguito delle derive che hanno avuto le proteste degli agricoltori, problema ancora irrisolto. Allo stesso tempo - riferisce l'Agenzia Fides - si sono detti preoccupati circa il progetto ufficiale di depenalizzazione del consumo di droga, rinnovando il loro richiamo al fatto che “la droga è sinonimo di morte, soprattutto in questi tempi in cui siamo passati dall’essere un Paese in fase di transizione ad uno in cui sono aumentati i consumi”. Per questi motivi i Vescovi hanno deciso di celebrare questa sera una Santa Messa per la Patria nella Basilica di Nostra Signora di Luján, per mettere sotto la protezione della Vergine, “le preoccupazioni, i problemi e le speranze degli argentini”. In modo particolare, chiederanno alla Vergine di sostenere gli argentini nello “stimare e costruire con impegno perseverante l’amicizia sociale tra tutti gli abitanti del Paese, mettendo da parte gli scontri, gli odi e i rancori; promuovere l’equità e la giustizia per tutti; favorire e coltivare la disposizione al dialogo genuino nella verità ed il rispetto tra persone e settori della società, come strada indispensabile nella ricerca del bene comune; appoggiare le istituzioni democratiche della Repubblica ed il federalismo, rispettando la Costituzione Nazionale, garanzia per tutti di una convivenza pacifica”. (R.P.)

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    La Chiesa dell'Uruguay si dichiara in "stato di missione permanente"

    ◊   I Vescovi della Conferenza episcopale dell’Uruguay hanno diffuso ieri un comunicato al termine dell’Assemblea Plenaria, nel quale dichiarano la Chiesa uruguayana in “stato di missione permanente”, considerando che il Paese è “minacciato dalla crescente frammentazione, dalla sottovalutazione della vita e dalla mancanza di solidarietà”. Questa sfida - riferisce l'Agenzia Fides - avrà quattro momenti forti: la presentazione ufficiale degli Orientamenti Pastorali nelle celebrazioni diocesane della solennità di Pentecoste, con forte senso missionario; il lancio ufficiale della Missione Continentale, che culminerà nel Terzo Congresso Missionario Americano CAM 3 il 17 agosto a Quito (Ecuador); la celebrazione della Festa della Vergine dei Trenta Tre, accentuandone la dimensione missionaria; durante l'Anno Paolino infine, verrà sottolineato il carattere di discepolo missionario dell’Apostolo San Paolo. I vescovi hanno anche trattato il tema della fede presso i giovani. Mons. Heriberto Bodeant, Presidente della Commissione Nazionale di Pastorale Giovanile, ha fornito dettagli sulla delegazione che parteciperà alla Giornata Mondiale della Gioventù a Sydney, in Australia. Si è inoltre parlato della Giornata Nazionale di Tacuarembó, un evento che riunisce migliaia di giovani credenti e che quest’anno compie il 30mo anniversario. I vescovi hanno inoltre considerato opportuno, di fronte alla situazione del Paese, di ribadire e diffondere dichiarazioni e documenti precedenti sui temi relativi alla difesa della vita e della famiglia e alla necessaria e sana educazione per l’esercizio della sessualità umana. (R.P.)

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    Nota dei vescovi del Venezuela sull'udienza del Santo Padre alla presidenza dell'Episcopato del Paese latinoamericano

    ◊   “Come era previsto, lunedì scorso, Benedetto XVI ha ricevuto in udienza i membri della presidenza della Conferenza episcopale venezuelana”. Lo riferisce una Nota dei vescovi del Venezuela, pubblicata sul sito dell’Episcopato, che precisa: “I presuli hanno espresso al Santo Padre, a nome di tutti i loro confratelli, gratitudine ed affetto rinnovando i loro sentimenti di comunione. I vescovi hanno informato il Papa sull’unità tra loro, i sacerdoti e i religiosi nonché sulla intera Chiesa” venezuelana. Durante l’incontro “sono state scambiate con il Papa - aggiunge la Nota - riflessioni sull’attività pastorale che attualmente si porta avanti nel Paese, specialmente, sull’aumento delle vocazioni sacerdotali, sulla formazione del clero e, infine, sulla preparazione della Missione continentale affinché l’evangelizzazione sia sempre più estesa e più profonda. Nel cordiale incontro, che si è prolungato per oltre 25 minuti, si è parlato anche sulla situazione generale del Paese. Il Santo il Padre ha ribadito la sua vicinanza alla Chiesa, ai vescovi e al popolo venezuelano”, conclude il comunicato. Nell’udienza con il Papa erano presenti mons. Ubaldo Santana, arcivescovo di Maracaibo e presidente della Conferenza episcopale, mons. Roberto Lückert, arcivescovo di Coro e primo vice-presidente, il cardinale Jorge Urosa, arcivescovo di Caracas e secondo vice-presidente e mons. Ramón Viloria, vescovo di Puerto Cabello e Segretario generale. (L.B.)

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    Filippine: il governo di Manila chiede aiuto alla Chiesa per distribuire il riso ai poveri

    ◊   Azione congiunta di governo e Chiesa cattolica per affrontare la scarsità del riso, alimento essenziale per le Filippine, conseguente al forte rialzo del prezzo e alle minori esportazioni decise da molti Paesi produttori. Il Dipartimento dell’agricoltura - riferisce l'Agenzia AsiaNews - distribuirà ai poveri, con l’aiuto della Chiesa, almeno 50mila sacchi di riso ogni settimana in varie parrocchie di Manila. Arthur Yap, segretario all’Agricoltura e mons. Broderick Pabillo, vescovo ausiliare di Manila e presidente del Segretariato nazionale per l’azione sociale della Conferenza episcopale filippina, hanno concordato lunedì scorso di iniziare nella diocesi di Manila centrale, per farlo poi nell’intera nazione. E’ stato chiesto l’aiuto della Chiesa anche perché pare che di recente siano “scomparsi” sacchi di riso destinati ai poveri. Si prevede di distribuire il cereale in almeno 30 delle 84 parrocchie dell’arcidiocesi di Manila. In pochi mesi il prezzo del riso è raddoppiato e Cina, India, Vietnam ed Egitto – che rappresentano oltre un terzo delle esportazioni mondiali - hanno tagliato le vendite per tutelare le scorte e i prezzi interni. Il governo distribuirà riso anche agli studenti delle scuole pubbliche, favorirà migliori tecniche di coltivazione e l’impiego di nuove qualità, per fronteggiarne la scarsità. Positive le reazioni dei vescovi. Mons. Luis Antonio G. Tagle, vescovo di Imus, dice che il governo potrebbe anche valersi dell’opera delle cooperative cattoliche. Molti leader cattolici osservano, peraltro, che le terre agricole del Paese hanno la potenzialità di provvedere all’alimentazione di tutti i 91 milioni di abitanti. Per cui, osserva il reverendo Rex Reyes, segretario generale del Consiglio nazionale delle Chiese nelle Filippine, “non si deve soltanto biasimare la natura per la crisi del riso”. Mons. Paciano Aniceto, vescovo di Pampanga e presidente della Commissione famiglia e vita della Conferenza episcopale filippina, è critico verso quei parlamentari che addebitano l’attuale crisi del riso alla “sovrappopolazione” del Paese, mentre è un problema conseguente anzitutto a “una carenza di capacità gestionale” di parte del governo. (R.P.)

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    Contadini filippini vincono la loro battaglia contro una multinazionale sostenuti dalla Chiesa locale

    ◊   Dopo 15 anni i contadini del Sumilao, nelle Filippine meridionali, hanno vinto la loro battaglia contro una multinazionale del settore alimentare. Grazie all’appoggio dei vescovi locali, che hanno fatto da mediatori, si è giunti a un accordo in base al quale 137 contadini potranno coltivare 144 ettari di terreno. Nei giorni scorsi alcuni rappresentanti degli agricoltori - riferisce l’agenzia Misna - hanno firmato un memorandum d’intenti, presso il Seminario di San Carlos, vicino a Manila, con i presidenti della San Miguel Corporation, la più grande azienda alimentare del Sud Est asiatico. La multinazionale, sostenuta da una sentenza della Corte Suprema, aveva occupato il terreno, nonostante i contadini rivendicassero il loro diritto a coltivarlo, in quanto a loro assegnato da una precedente riforma agraria. “La Chiesa vi è stata vicina perché avete dimostrato fiducia e buona volontà”. Così ha detto ai coltivatori il cardinale arcivescovo di Manila Gaudencio Rosales, che, insieme al vescovo ausiliare Broderick Pabillo, ha presenziato all’accordo. La San Miguel Corporation intendeva costruire nei 144 ettari un allevamento intensivo di maiali ed un impianto di trasformazione. (V.V.)

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    Sri Lanka: semi-distrutta la chiesa del Sacro Cuore nell’antico santuario di Madhu

    ◊   “È tempo di prendere coscienza che la grande maggioranza del popolo vuole la pace attraverso una soluzione politica dignitosa”. Sono le parole di mons. Oswald Thomas Colman Gomis, arcivescovo di Colombo, capitale dello Sri Lanka, nel messaggio di condanna per l’uccisione del ministro cattolico Jeyaraj Fernandopulle. Il religioso ha perso la vita domenica scorsa in un attentato nel quale sono morte altre 14 persone, secondo quanto riportato dall’agenzia Misna. “Sfortunatamente – ha aggiunto mons. Gomis - notiamo una mancanza di maturità politica e di spirito patriottico che ponga il Paese sopra gli interessi partigiani”. È dal 1983 che lo Sri Lanka è teatro di violenze a causa dello scontro tra le truppe governative e le Tigri per la liberazione della patria Tamil (LTTE). In questi anni hanno perso la vita più di 70 mila persone. Ieri sono state pubblicate da due siti Tamil le foto della parziale distruzione della chiesa del Sacro Cuore all’interno dell’antico Santuario cattolico di Madhu, nella diocesi di Mannar, nel nord del Paese, zona ‘calda’ degli scontri. Secondo le pagine web del LTTE, l’edificio sarebbe stato bombardato dall’aviazione dell’esercito di Colombo. Ma il ministero della Difesa ha negato categoricamente il fatto, accusando le Tigri Tamil di manipolazione e propaganda. Le immagini delle macerie dovrebbero risalire a domenica, pochi giorni dopo la rimozione per motivi di sicurezza - da parte del vescovo locale, mons. Joseph Rayappu - della statua di Nostra Signora di Madhu, venerata da oltre 400 anni. La decisione del trasferimento aveva innescato polemiche da parte dei fedeli, poiché il presule aveva deciso di spostare l’effige nella chiesa di Thevanpitti, al confine nord più estremo della diocesi, zona completamente nella mani della LTTE. (V.V.)

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    Pakistan: mons. Saldanha condanna l'uccisione di un indù, vittima della legge sulla blasfemia

    ◊   Condannato a morte dai suoi stessi colleghi musulmani, ieri a Karachi il 22 enne Jagdeesh Kumar è stato picchiato a morte nella fabbrica di pelli in cui lavorava. Con l’accusa di blasfemia gli operai hanno applicato in modo arbitrario la legge vigente nel Paese che prevede la pena di morte per atti profanatori e blasfemi contro l’Islam e il profeta Maometto. L’uccisione - riferisce l'Agenzia Asianews - è stata duramente condannata dall’arcivescovo di Lahore mons. Lawrence John Saldanha, presidente della Conferenza episcopale del Pakistan e della Commissione nazionale di giustizia e pace. “Le rettifiche apportate alla legge sulla blasfemia per evitarne l’abuso non hanno migliorato la vita della gente comune che è sempre vittima di persone guidate da emozioni e istinti e che si fanno interpreti della legge”, ha detto mons. Saldanha. Le accuse di blasfemia non convincono la famiglia della vittima che crede che la religione non abbia nulla a che fare con questa morte in quanto il ragazzo “era un uomo semplice e sapeva poco di religione. In Pakistan la blasfemia è punibile con la morte ma nessuno è mai stato ufficialmente condannato. Tuttavia quasi 30 persone sono rimaste vittime della giustizia sommaria e illegittima, anche quando in custodia della polizia e i luoghi di culto delle minoranze religiose e le loro case sono spesso sotto attacco. Gli indù sono una minoranza in Pakistan e costituiscono l’1,6% di una popolazione di 160 milioni di abitanti, di cui la stragrande maggioranza è musulmana. (R.P.)

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    Allarme dell’ONU: i cambiamenti climatici sono causa dell’aumento delle malattie

    ◊   I cambiamenti climatici sono causa dell'aumento di diverse malattie: a lanciare l'allarme è l’Organizzazione mondiale della sanità (OMS). Circa 150.000 persone muoiono ogni anno di malaria, dengue, diarrea, malnutrizione o a causa delle alluvioni, "fenomeni che possono essere ricollegati ai cambiamenti climatici", ha spiegato Shigeru Omi, capo dell’Ageniza dell’ONU nel Pacifico occidentale, precisando che oltre la metà dei decessi avviene in Asia. L’OMS segnala che le zanzare portatrici di malaria si sono diffuse in aree dove prima la malattia non esisteva, spostandosi da zone più fredde a quelle tropicali. "Per la dengue - ha aggiunto Omi - ci sono molti altri fattori responsabili dell'aumento delle zanzare ma sono sicuro – ha detto - che i cambiamenti climatici sono uno dei fattori che contribuisce maggiormente". L’OMS sta raccogliendo 10 milioni di dollari per un programma di sensibilizzazione rivolto ai cittadini e ai Governi riguardo ai rischi collegati ai cambiamenti climatici che causano anche un innalzamento dei livelli del mare ed un aumento della siccità, mettendo in serio pericolo la salute umana. Shigeru Omi ha spiegato che un minore consumo di energia e l'utilizzo di tecnologie per ridurre le emissioni di Co2, sono misure fondamentali per contrastare gli effetti dei cambiamenti climatici. (R.G.)

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    Restrizioni alla libertà di stampa e di espressione in Siria

    ◊   Da giorni le autorità siriane hanno vietato l'introduzione nel Paese dei giornali egiziani a causa delle critiche e degli attacchi sferrati da queste testate al Governo siriano e al Summit della Lega araba ospitato a Damasco il 29 e 30 marzo scorsi. Alcuni osservatori – riferisce l’associazione “Information Safety and Freedom” - ritengono che questo divieto esprima la dimensione della crisi politica tra i due Paesi e la diversità dei punti di vista riguardo le questioni arabe e regionali. La stampa egiziana ufficiale e privata ha infatti criticato l'esito dell'ultimo vertice arabo e la posizione siriana rispetto alla questione libanese e alle relazioni interarabe, accusando il presidente siriano di "sudditanza all'Iran" e di "anteporre i propri interessi particolaristici a quelli del nazionalismo arabo". In tema di restrizioni alla libertà di espressione va registrata anche la sentenza della Suprema corte per la sicurezza dello Stato di Damasco che ha condannato a quattro anni di carcere uno scrittore accusato di "diffusione di informazioni menzognere tese a indebolire lo spirito nazionale". Lo ha riferito ieri l'Organizzazione nazionale per i diritti umani in Siria (Ondus). Firas Saad, scrittore e poeta originario di Latakia, "autore di numerosi scritti critici nei confronti del regime di Damasco", arrestato nel novembre 2006. Il processo a Saad si era aperto nel giugno dell'anno scorso. (R.G.)

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    Il cardinale Cordes in visita ai vescovi di Inghilterra e Galles: “Promuovete l’identità cattolica delle organizzazioni caritative ecclesiali”

    ◊   Promuovere l’identità cattolica delle organizzazioni caritative ecclesiali: su questo aspetto si è incentrato l’intervento del cardinale Paul Joseph Cordes, presidente del Pontificio Consiglio “Cor Unum”, in visita ai vescovi d’Inghilterra e Galles. I presuli sono riuniti per la Conferenza episcopale, presieduta dal cardinale Cormac Murphy-O’Connor, arcivescovo di Westminster, che si sta svolgendo a Leeds e terminerà domani. Il cardinale Cordes - riferisce l’agenzia Zenit - incontrerà anche i responsabili diretti dell’attività caritativa della Chiesa, sia in Gran Bretagna, che all’estero. Ieri, inoltre, per “incoraggiare una riflessione approfondita” il porporato ha tenuto una conferenza pubblica all’istituto Maryvale dell’Arcidiocesi di Birmingham, impegnato nella formazione in teologia, evangelizzazione e catechesi. Solo in Inghilterra vivono circa 5 milioni di cattolici e le diocesi di Inghilterra e Galles sono 22. (V.V.)

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    Alla Pontificia Università della Santa Croce laurea "honoris causa" in Comunicazione sociale al cardinale Ruini

    ◊   Un bilancio della presenza della Chiesa in Italia nei media con una constatazione: ”nella comunicazione sociale” in Italia, prevalgono “almeno sul piano quantitativo”, “orientamenti non favorevoli alla Chiesa”. Ad affermarlo è il cardinale Camillo Ruini nella “lectio magistralis” - anticipata dall’Agenzia Sir - che terrà questo pomeriggio alla Pontificia Università Santa Croce in occasione del conferimento della laurea “honoris causa” in Comunicazione sociale istituzionale ed . “Molti – sottolinea il porporato - ritengono che anche sul piano mediatico la Chiesa in Italia sia fin troppo presente”. Ma questo “è vero soltanto sotto un ben determinato profilo, quello dei rapporti della Chiesa con la politica, o con il denaro, o con problematiche del sesso e dei suoi abusi. Ne risulta un’immagine troppo parziale, prevalentemente negativa e a volte caricaturale della Chiesa stessa, e purtroppo anche del messaggio di salvezza che le è affidato”. “In più di vent’anni di conferenze stampa e di interviste – ha proseguito il cardinale Ruini -, mi sono reso conto ben presto della necessità, per la Chiesa stessa, di migliorare e sviluppare le proprie capacità di essere presente nel mondo dei media, per far conoscere all’opinione pubblica il suo vero volto e soprattutto il messaggio di cui è portatrice”. Il porporato non ha mancato di sottolineare che negli “ultimi venti anni” forte è stato l’impegno della Chiesa italiana sul fronte dei mass media. In primo luogo con la creazione o il potenziamento dei mezzi di comunicazione cattolici: dal quotidiano Avvenire ai settimanali diocesani, per i quali è stata costituita l’agenzia Sir, all’emittente televisiva Sat2000 e al circuito radiofonico 'InBlu'. “A questo sforzo si sono accompagnati il rafforzamento dell’Ufficio Nazionale per le comunicazioni sociali e l’impulso dato allo sviluppo dei corrispondenti Uffici Diocesani”. Il secondo versante di impegno si riferisce al “progetto culturale orientato in senso cristiano” e infine la cura ad una “seria professionalità” che in “un comunicatore cristiano” si deve sposare “con l’umile e decisa ricerca della santità”. (R.P.)

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    Eretta a Houston negli Stati Uniti la co-Cattedrale del Sacro Cuore

    ◊   Appena le 23 campane del campanile alla nuova co-Cattedrale del Sacro Cuore di Houston, nel Texas, hanno chiamato a raccolta i fedeli per la Messa di dedicazione, il coro speciale ha cantato “The Church’s One Foundation”. La 'celebrazione-dedica' del 2 aprile - riferisce l'Agenzia Cns - è stato il momento culminante dopo anni di pianificazione che hanno visto la nascita di un nuovo e centrale luogo di adorazione per 1,3 milioni di fedeli all’interno dei confini dell’arcidiocesi di Galveston-Houston. Seguendo la processione di diaconi, di preti e di una dozzina di vescovi dagli Stati Uniti, dall’Honduras e dal Canada, il diacono Gerald Dupont teneva tra le mani l’urna delle reliquie di 11 santi e di un frammento della vera croce che sant’Elena, la madre dell’imperatore Costantino, volle da Gerusalemme a Roma. Il cardinale arcivescovo Daniel DiNardo, all’omelia, non ha mancato di ringraziare coloro che hanno reso possibile fare della co-cattedrale di Houston una realtà. Da parte sua, l’arcivescovo emerito, mons. Joseph Antony Fiorenza, ha rivolto un ringraziamento speciale ai Cavalieri di Colombo che, non senza sforzi, hanno fatto realizzare e donato la Cappella del Santissimo Sacramento. (Va. V.)

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    Settimana di preghiera per le vocazioni a Kinshasa nella Repubblica Democratica del Congo

    ◊   "Le vocazioni al servizio delle missioni". Questo il tema della Settimana di preghiere per le vocazioni in corso a Kinshasa, nella Repubblica Democratica del Congo. Domenica scorsa, nella cattedrale di Nostra Signora del Congo - riporta l'Agenzia Dia - l'ausiliare mons. Daniel Nlandu ed otto sacerdoti diocesani hanno concelebrato la Santa Messa di inaugurazione. Mons. Nlandu, che a Kinshasa si occupa dei Seminari e del clero, ha esortato i sacerdoti ad essere esempio per i giovani ed ha ricordato che la vocazione al sacerdozio inizia la sua strada nella famiglia. Lo ha ribadito anche, dopo la celebrazione eucaristica, incontrando coloro che si dedicano alla cura delle vocazioni. "La nostra arcidiocesi - ha detto mons. Nlandu - mira ad avere soprattutto preti competenti e spiritualmente solidi", da qui l'urgenza di far frequentare ai giovani, che dimostrano la vocazione, buone scuole cattoliche. (A.M.)

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    24 Ore nel Mondo



    Manifestazioni pro-Tibet a San Francisco per il passaggio della fiaccola olimpica

    ◊   Negli Stati Uniti, si è svolta senza incidenti la fiaccolata di solidarietà con il Tibet a San Francisco, dove oggi è previsto il passaggio della fiaccola olimpica. Sono già stati preannunciati altri cortei, tra cui quello della locale comunità cinese. Durante il percorso della fiaccola, tenuto segreto, saranno adottate imponenti misure di sicurezza. Il servizio di Amedeo Lomonaco:


    Dopo le proteste degli attivisti pro-Tibet a Londra e a Parigi, prosegue il tormentato viaggio, quasi una corsa ad ostacoli, della fiaccola olimpica. Oggi sono previste a San Francisco, unica tappa negli Stati Uniti, altre manifestazioni dopo la veglia, alla quale hanno partecipato più di mille persone. In questa occasione, l’arcivescovo anglicano sudafricano, Desmond Tutu, ha invitato i leader mondiali a boicottare i Giochi di Pechino come segno di solidarietà alla popolazione tibetana. La Casa Bianca non ha escluso, intanto, l’ipotesi che il presidente americano, George Bush, diserti la cerimonia d’apertura delle Olimpiadi. E mentre la torcia continua a bruciare, si teme che le proteste tornino ad "ardere": per evitare nuove tensioni, il Comitato olimpico internazionale potrebbe anche decidere di modificare il percorso della fiaccola. La Cina ha comunque confermato che la torcia passerà i prossimi 20 e 21 giugno a Lhasa, capitale del Tibet, da dove sono divampate le proteste. Le autorità cinesi hanno poi riferito che finora, nella capitale della regione himalayana, sono state arrestate 953 persone. Il Tibet è stato annesso dall’ottobre del 1950 alla Repubblica Popolare Cinese. Gli eventi di quegli anni che hanno portato il capo dello Stato tibetano, il Dalai Lama, a dover prendere la via dell’esilio in India, sono riportati in tutti i libri di storia contemporanea. Minore risalto viene dato, invece, alle potenzialità economiche del Tibet dove, secondo diverse fonti, si trovano i più grandi giacimenti di uranio e importanti quantità di ferro, nichel, oro e petrolio.

    Quinto anniversario della caduta del regime di Saddam Hussein
    La situazione della sicurezza in Iraq registra progressi “significativi, ma disuguali” e l’assetto complessivo resta ancora fragile. Lo ha detto il generale Petraeus, capo delle truppe americane nel Paese arabo, che invita anche i politici statunitensi a proseguire nelle operazioni di ritiro di oltre 20 mila soldati previste fino al mese di luglio. Dopo questa fase - spiega il generale americano - sono necessari “almeno 45 giorni” di pausa per valutare i risultati ottenuti. La situazione attuale resta drammatica: almeno sette civili sono rimasti uccisi stamani nella capitale a causa di colpi di mortaio. Oggi, intanto, ricorre il quinto anniversario dell’ingresso delle truppe americane a Baghdad. L’emblema di quei giorni resta l’abbattimento di una statua dell’ex presidente iracheno, Saddam Hussein, in una piazza della capitale appena conquistata. Giancarlo La Vella ne ha parlato con Alberto Negri, inviato speciale del Sole 24 Ore:


    R. - Io ero in quella piazza, quel giorno, quando fu abbattuta la statua di Saddam Hussein: non eravamo più di 200-250 persone. Certamente, poi, nelle immagini che furono trasmesse dai network internazionali apparvero migliaia di persone intorno ad una statua. Ma in realtà eravamo poche centinaia e, intorno, c’era una Baghdad deserta ed impaurita che aspettava il domani.

     
    D. - A cinque anni dalla caduta del regime di Saddam Hussein, la gente irachena che speranza ha?

    R. - Anzitutto, la gente irachena bisogna trovarla. Questa non vuole essere una battuta, perchè in realtà se ci rechiamo a Baghdad o nelle altre città irachene notiamo anzitutto una città che è stata vivisezionata da check-point e da barriere. Troviamo una città divisa, che riflette quello che è stato non solo il conflitto tra gli americani e l’opposizione armata, ma anche quello tra sunniti e sciiti. Questa è una vera e propria guerra civile, con gli sciiti che si sono ormai impadroniti dei due terzi della capitale. Questo è avvenuto anche nel resto del Paese, dove la pulizia etnica e settaria ha, da una parte, separato i curdi e, dall’altra, i sunniti. Al sud, c’è una forte omogeneità con una grande maggioranza sciita. Tenere insieme questo Paese in queste condizioni certamente non è facile.

    D. - A cinque anni dall’entrata a Baghdad, come vengono considerati oggi gli americani dagli iracheni?

     
    R. - Gli americani sono serviti strumentalmente alla parte sciita del Paese per poter arrivare a conquistare il potere. Gli sciiti - lo ricordo - compongono il 60% della popolazione. Ma sono serviti anche ai curdi al nord a dare, di fatto, concretezza ad una sorta di "semi-Stato", per poi avere anche le risorse economiche e diventare finalmente uno Stato. E questo, con tutte le conseguenze che ci sono e le tensioni evidenti sia col fronte della Turchia, sia con quello iraniano.

     
    Ancora vittime nella Striscia di Gaza
    Un soldato israeliano e un miliziano del gruppo radicale palestinese Hamas sono rimasti uccisi in un scontro armato a est di Khan Yunis, nella Striscia di Gaza. L'uccisione del militare è stata rivendicata dalla Jihad islamica. Le Forze di sicurezza israeliane ed egiziane hanno rafforzato i controlli lungo il confine con la regione palestinese.

    Elezioni in Corea del Sud: secondo i sondaggi, vincono i conservatori
    In Corea del Sud, gli exit poll pronosticano la vittoria del partito conservatore del presidente, Lee Myung-bak, alle elezioni politiche. In palio ci sono 299 seggi. Il capo di Stato Lee, in carica da due mesi, ha promesso misure per rivitalizzare l’economia, che di recente ha mostrato segni di rallentamento. Il servizio di Chiaretta Zucconi:


    La Corea del Sud è chiamata ad eleggere oggi un nuovo parlamento. Consultazioni, queste, che dovrebbero portare alla vittoria il “Grande Partito Nazionale”, formazione conservatrice del presidente Lee Mynug-bak, dal febbraio scorso alla Casa Blu. Se le previsioni della vigilia verranno confermate, resta però da vedere se Lee riuscirà a realizzare quelle riforme radicali necessarie a ridare vigore all’economia sudcoreana, quarta in Asia e tredicesima nel mondo. Secondo l’Opinion Poll, Lee Mynug-bak dovrebbe conquistare almeno 160 dei 299 seggi dell’Assemblea, mentre il Partito dell’Unione democratica, all’opposizione, appena 100. Ma le lotte intestine delle ultime settimane sembrano aver fortemente diviso il Grande partito nazionale al punto che, anche con la maggioranza, Lee potrebbe avere difficoltà a far lavorare il parlamento. Al centro della sua campagna elettorale l’economia, e tra gli obiettivi principali la privatizzazione delle banche statali, il favorire gli investimenti stranieri, ma soprattutto portare la crescita economica al 6 per cento nel 2008, dal 5 per cento del 2007.

    In Irlanda, Brian Cowen eletto alla guida del Fianna Fail
    Brian Cowen, ministro delle Finanze irlandese, è stato eletto oggi alla guida del partito Fianna Fail (centrodestra) che lo ha anche indicato come "primo ministro designato". Si tratta del primo passo ufficiale verso la sua successione al premier Bertie Ahern, che avverrà il 6 maggio. Cowen, che è attualmente vicepremier, è stato eletto all’unanimità dall’assemblea degli eletti del Fianna Fail.

    In Zimbabwe, l’opposizione denuncia violenze
    I sostenitori del presidente dello Zimbabwe, Robert Mugabe, hanno lanciato un’ondata di attacchi contro esponenti dell'opposizione. A denunciarlo è il Movimento per il cambiamento democratico di Morgan Tsvangirai. Secondo diverse fonti, gli attacchi sono stati compiuti contro decine di candidati e militanti del partito democratico, formazione che sostiene di aver vinto nettamente le elezioni dello scorso 29 marzo. I risultati del voto non sono stati ancora resi noti.

    Colombia, si ritira la missione in soccorso di Ingrid Betancourt
    La missione umanitaria lanciata da Francia, Spagna e Svizzera in soccorso di Ingrid Betancourt e di altri ostaggi debilitati “lascerà prossimamente” la Colombia. La decisione è stata presa dopo il rifiuto, da parte delle Forze armate rivoluzionarie (FARC) ,di autorizzare la missione medica. Tale rifiuto - si legge in un comunicato del ministero degli Esteri francese - “è un errore politico grave che si aggiunge ad una tragedia umanitaria”. (Panoramica internazionale a cura di Amedeo Lomonaco)
      
    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LII no. 100

     
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