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Sommario del 27/08/2008

Il Papa e la Santa Sede

  • All’udienza generale, l’appello di Benedetto XVI per la fine delle violenze anticristiane nello Stato indiano dell’Orissa. La catechesi dedicata alla vita di San Paolo, modello per l’annuncio del Vangelo
  • La "lectio magistralis" di Guzmán Carriquirry all'Università argentina FASTA che lo ha insignito della Laurea "honoris causa"
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • Le scuole cattoliche in India chiudono venerdì per protesta contro gli attacchi alla comunità cattolica. Il cardinale Oswald Gracias, presidente dei vescovi locali: le autorità intervengano al più presto
  • L'ambasciatrice USA presso la Santa Sede, Glendon, ospite al Meeting di Rimini. La situazione della Chiesa in Arabia nelle parole di mons. Paul Hinder: "Ci sono segnali di dialogo"
  • Ricorre oggi la memoria di Santa Monica, madre di Sant’Agostino: la Chiesa la venera come sposa esemplare e grande donna di fede
  • Il cardinale vicario Agostino Vallini racconta il suo primo pellegrinaggio a Lourdes a capo della diocesi di Roma
  • Un viaggio ecumenico al "cuore" della spiritualità russa: lo guida il cardinale Tettamanzi a Mosca, dove domani incontrerà il Patriarca ortodosso, Alessio II
  • Chiesa e Società

  • Conferenza in Tanzania per la presentazione all'Africa del Compendio della Dottrina Sociale della Chiesa
  • I vescovi degli Stati Uniti ribattono alle affermazioni in materia di aborto della presidente della Camera dei Rappresentanti USA, Nancy Pelosi
  • Bolivia: la Conferenza episcopale lancia un nuovo appello al dialogo per la riconciliazione nazionale
  • Colombia, i lavori del IV Congresso nazionale della riconciliazione, promosso dai vescovi locali
  • Vietnam: dopo 30 anni il governo acconsente alla rinascita della Caritas
  • Si è spento a 79 anni padre Juan Bautista Cappellaro, tra i più stretti collaboratori di padre Riccardo Lombardi nell'opera di evangelizzazione promossa dal Movimento per un Mondo Migliore
  • Costa d’Avorio: al via le “Giornate di perdono e riconciliazione” promosse dalla Conferenza episcopale ivoriana
  • Maltempo: l’uragano Gustav miete 5 morti ad Haiti e si dirige a Cuba, dove sono stati evacuate 20 mila persone
  • Afghanistan: per la prima volta in tre anni cala produzione di oppio
  • Esplode un impianto chimico nella regione cinese dello Guangxi: 18 morti e 60 feriti
  • Richiamo degli ambientalisti europei alla Case automobilistiche perché tengano contro degli obiettivi antiquinamento fissati dall’Unione Europea
  • Rapina in un convento del torinese: quattro frati picchiati a bastonate, uno è in coma
  • In India, straripa un fiume nello Stato del Bihar: 100 morti e un milione di sfollati
  • Ucraina: nuovo programma televisivo destinato ai bambini e gestito da Frati Cappuccini
  • Da oggi al 3 settembre, in Terra Santa, il pellegrinaggio del Rinnovamento dello Spirito Santo
  • Parte a Venezia la 65.ma Mostra del Cinema: stasera la cerimonia inaugurale
  • 24 Ore nel Mondo

  • Tensione nel Mar Nero mentre Mosca conferma il rispetto di tutti i punti dell’accordo di pace mediato dall’Unione Europea
  • Il Papa e la Santa Sede



    All’udienza generale, l’appello di Benedetto XVI per la fine delle violenze anticristiane nello Stato indiano dell’Orissa. La catechesi dedicata alla vita di San Paolo, modello per l’annuncio del Vangelo

    ◊   Rispettare la sacralità della vita umana, impegnandosi a ristabilire l’armonia e la convivenza pacifica: all’udienza generale, Benedetto XVI ha levato un accorato appello contro le violenze nello Stato indiano dell’Orissa, che stanno duramente provando la comunità cristiana. Le parole del Pontefice sulla situazione in India sono giunte al termine di una catechesi dedicata alla vita di San Paolo. Quella di oggi è la prima udienza generale in Vaticano dal 2 luglio scorso. Benedetto XVI ha ripreso il filo proprio da quell’udienza, che – nel contesto dell’Anno Paolino - ha inaugurato un ciclo di catechesi sulla figura dell’Apostolo delle Genti. Il servizio di Alessandro Gisotti:

    Il cuore di Benedetto XVI è vicino ai cristiani vittime della violenza nello Stato indiano dell’Orissa. All’udienza generale, il Papa confida ai fedeli di aver appreso “con profonda tristezza” le notizie delle “violenze contro le comunità cristiane” di quello Stato, “scoppiate - rileva - in seguito al deplorevole assassinio del leader indù Swami Lakshmananda Saraswati”. Di fronte all’uccisione di alcune persone e al ferimento di molte altre, dinnanzi alla distruzione di centri di culto, di proprietà della Chiesa, e di abitazioni private, il Santo Padre ha chiesto con forza che la vita umana venga sempre rispettata:

     
    “Mentre condanno con fermezza ogni attacco alla vita umana, la cui sacralità esige il rispetto di tutti, esprimo spirituale vicinanza e solidarietà ai fratelli e alle sorelle nella fede così duramente provati. Imploro il Signore che li accompagni e sostenga in questo tempo di sofferenza e dia loro la forza di continuare nel servizio d’amore in favore di tutti. Invito i leaders religiosi e le autorità civili a lavorare insieme per ristabilire tra i membri delle varie comunità la convivenza pacifica e l’armonia che sono sempre state segno distintivo della società indiana”.

     
    Prima dell’appello per l’Orissa, il Papa ha offerto ai fedeli una riflessione sulle tappe principali della vita di San Paolo. Una vita straordinaria, ha detto, dedicata “all’annuncio del Vangelo senza risparmio di energie”, che lo portò ad affrontare le prove più gravose. Benedetto XVI ha descritto così la grandezza dell’Apostolo delle Genti:

     
    "Vediamo un impegno che si spiega soltanto con un'anima realmente affascinata dalla luce del Vangelo, innamorata di Cristo, un’anima sostenuta da una convinzione profonda: è necessario portare al mondo la luce di Cristo, annunciare il Vangelo a tutti".

     
    La riflessione del Papa è partita dalla nascita di Paolo, intorno all’8 dopo Cristo, datazione, ha spiegato, da cui deriva la celebrazione in questo 2008 dell'Anno Paolino. Nato a Tarso, dove era stato proconsole anche Cicerone, Paolo è un ebreo della diaspora che parlava greco e aveva un nome di origine latina ed era insignito della cittadinanza romana:

     
    "Paolo appare quindi collocato sulla frontiera di tre culture diverse, e forse anche per questo era disponibile a feconde aperture universalistiche, come si rivelerà nel corso della vita”.

     
    San Paolo, ha proseguito, imparò anche un lavoro manuale, quello di “fabbricatore di tende”. Il Papa si è soffermato soprattutto sulla formazione giovanile di Paolo, che verso i 12-13 anni lasciò Tarso per recarsi a Gerusalemme dove fu educato da Gamaliele il Vecchio, “secondo le più rigide norme del fariseismo e acquisendo un grande zelo per la Torah mosaica”:

     
    "Sulla base di questa ortodossia profonda che aveva imparato alla scuola di Hillèl, in Gerusalemme, intravide nel nuovo movimento che si richiamava a Gesù di Nazaret un rischio, una minaccia per l'identità giudaica, per la vera ortodossia dei padri".

     
    Ecco perché, ha aggiunto, Paolo ha “fieramente perseguitato la Chiesa di Dio”. Il suo fu comunque un atteggiamento di intolleranza. Tuttavia, proprio in questo contesto si colloca la Conversione sulla via di Damasco. Evento che, ha anticipato il Papa, sarà affrontato nella prossima udienza generale. Benedetto XVI ha così rivolto il pensiero ai viaggi missionari di San Paolo, il primo dei quali fu in realtà affidato a Barnaba. Il secondo viaggio viene invece intrapreso in prima persona da Paolo, dopo il cosiddetto Concilio di Gerusalemme, in cui gli Apostoli decidono di non imporre ai pagani convertiti l’osservanza della legge mosaica. Durante il terzo viaggio, a Corinto, ha poi rammentato, Paolo scrive la più grande delle sue Lettere, quella ai Romani, che rappresenta la sintesi del suo annuncio. Durante questo viaggio, San Paolo viene arrestato e successivamente condotto prigioniero a Roma. Benedetto XVI ha preso spunto dai viaggi di San Paolo per esortare i fedeli a seguire il suo esempio:

     
    "Preghiamo affinché il Signore, che ha fatto vedere la sua luce a Paolo, gli ha fatto sentire la sua Parola, ha toccato il suo cuore intimamente, faccia vedere anche a noi la sua luce, perché anche il nostro cuore sia toccato dalla sua Parola e possiamo così anche noi dare al mondo di oggi, che ne ha sete, la luce del Vangelo e la verità di Cristo".

     
    Dopo la catechesi, salutando i pellegrini di lingua francese, il Papa ha espresso un auspicio di pace: “Possa l'esempio di San Paolo - ha detto - insegnarci a testimoniare infaticabilmente Cristo e affrontare con coraggio le prove della vita per metterle sotto lo sguardo di Cristo. Mettiamo, come lui, gli affanni delle nazioni nelle nostre preghiere e nel nostro impegno missionario”. Parlando in italiano, il Papa ha rivolto un pensiero speciale ai Seminaristi partecipanti all’incontro estivo degli alunni dei Seminari Maggiori:

     
    "Vi auguro di prepararvi spiritualmente, teologicamente e pastoralmente ad esercitare con solidità il vostro futuro ministero nel contesto dell’odierna società in gran parte secolarizzata".

     
    Infine, il consueto saluto ai giovani, ai malati e agli sposi novelli. “L’esempio di Santa Monica che ricordiamo oggi, e di suo figlio Agostino, che celebreremo domani - ha concluso il Papa - vi aiutino a guardare con fiducia indomita a Cristo, luce nelle difficoltà, sostegno nelle prove e guida in ogni momento dell’umana esistenza.

    In occasione dell’udienza generale di stamani, il Papa ha benedetto un mosaico raffigurante Giovanni Paolo II, realizzato nello Studio del Mosaico Vaticano. L’esecuzione dei lavori è stata supervisionata dal cardinale Angelo Comastri, arciprete della Basilica Vaticana. L’opera d’arte, composta di 25 mila tessere, delle dimensioni di 130x145cm, rappresenta Papa Wojtyla in atto di preghiera e sarà collocata sulla parete esterna della cappella di San Carlo Borromeo nella chiesa di Niepolomice, nell’arcidiocesi di Cracovia. Questa città, riferisce l’agenzia Zenit, ha sempre avuto un legame speciale con Giovanni Paolo II. Durante il suo ministero episcopale, infatti, Karol Wojtyla si è recato più volte nella parrocchia di Niepolomice a pregare il suo Santo Patrono. La solenne inaugurazione del mosaico avrà luogo il 2 ottobre, a Niepolomice, e sarà presieduta dal cardinale arcivescovo di Cracovia, Stanislaw Dziwisz.

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    La "lectio magistralis" di Guzmán Carriquirry all'Università argentina FASTA che lo ha insignito della Laurea "honoris causa"

    ◊   Una società, come la nostra, dei diritti svincolati dai relativi doveri. Diritti che in realtà sono desideri individuali, “senza alcun riferimento a valori fondati, a doveri e responsabilità”. E’ questo il contesto migliore per quei “forti poteri transnazionali” che lanciano campagne così da indurre i singoli Paesi a varare leggi che liberalizzino l’aborto e l’eutanasia, o aprano a manipolazioni genetiche “selvagge”, o portino all’identificazione tra il matrimonio con le unioni libere. “E’ quello che il cardinale Joseph Ratzinger ha chiamato la dittatura del relativismo”. Sono alcuni dei concetti che hanno costituito la lectio magistralis tenuta ieri in Argentina, a Mar del Plata, da Guzmán Carriquirry, sottosegretario del Pontificio Consiglio per i Laici, nel corso della cerimonia che lo ha visto insignito di una Laurea honoris causa da parte dell’Università FASTA. L’intervento del rappresentante vaticano è stato incentrato sul tema dei diritti umani a 60 anni dalla Dichiarazione Universale promulgata dalle Nazioni Unite.

    Dopo un excursus sull’evoluzione del pensiero in merito a questa tematica, Guzmán Carriquirry si è soffermato sulla vigorosa ripresa del “diritto naturale” operata da Giovanni Paolo II nel suo lungo Pontificato. “Attualmente - ha osservato il sottosegretario del dicastero vaticano - la tradizione del diritto naturale esige di essere riformulata, sia per l'ampliamento degli orizzonti della ragione”, sia “per lo sviluppo di una ontologia della partecipazione, della antropologia e dell'etica che da essa derivano, sia considerando gli sviluppi scientifici e culturali del nostro tempo, sia alla luce della profondità storica della saggezza umana che si esprime soprattutto attraverso le tradizioni religiose”. La Chiesa cattolica, ha proseguito, “si fa custode e avvocata di ‘principi non negoziabili’, tradotti in diritti basati ‘sulla legge naturale iscritta nel cuore dell'uomo, presente nelle diverse culture e civiltà’, necessari per un'autentica convivenza umana”. Nel corso della sua storica visita all’ONU, ha ricordato Guzmán Carriquirry, Benedetto XVI ha proposto di “ritrovare nel nostro tempo la convergenza di tradizioni culturali e religiose al fine di mettere sempre la persona umana al centro delle istituzioni, delle leggi e degli interventi della società e di rispettare e promuovere i diritti umani nella loro ‘universalità, indivisibilità e interdipendenza’ come 'linguaggio comune e sostrato etico delle relazioni internazionali'". Ovvero, "la strategia più efficace per eliminare le disuguaglianze tra paesi e gruppi sociali, per combattere il terrorismo e aumentare la sicurezza". (A cura di Alessandro De Carolis)

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   All’udienza generale Benedetto XVI condanna con fermezza le violenze contro le comunità cristiane in India e invita alla riconciliazione

    In prima pagina, un articolo di Pierluigi Natalia sui conflitti nel Caucaso dal titolo “I pericoli di una crisi duratura”

    Nell’informazione internazionale, in rilievo le tensioni tra Georgia e Russia: Kouchner paventa altri interventi russi nel Caucaso

    “Un esorcismo gestuale per sanare le ferite sociali”. Gaetano Vallini commenta uno studio simbolico di Tillman Allert sul saluto nazista

    “Un occhio all’arte e due alla vita”. Stefania Zuliani su una mostra di Mario Schifano alla Galleria Nazionale di Arte Moderna a Roma

    “Teste piene contro il degrado della scienza”. Raffaele Alessandrini intervista lo storico della matematica Giorgio Israel

    “Nell’oscurità che avvolge il mondo resta comunque la verità”. Claudio Toscani ripercorre la storia della conversione di Julien Green

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    Oggi in Primo Piano



    Le scuole cattoliche in India chiudono venerdì per protesta contro gli attacchi alla comunità cattolica. Il cardinale Oswald Gracias, presidente dei vescovi locali: le autorità intervengano al più presto

    ◊   Ancora violenze contro i cristiani nello Stato indiano dell’Orissa, dove si allarga il fronte delle rivolte compiute da radicali indù. Il bilancio delle vittime, ancora provvisorio, è salito ad 11 morti. Il governo ha decretato il coprifuoco in diverse città e sono state schierate anche truppe antisommossa. Ma gli attacchi non si fermano. Per protestare contro queste continue violenze venerdì prossimo resteranno chiuse le scuole cattoliche. E’ stata anche indetta per il 7 settembre una giornata di preghiera e digiuno. La comunità cristiana, intanto, teme che la situazione possa degenerare e chiede un’adeguata cornice di sicurezza. E’ quanto sottolinea, al microfono di Amedeo Lomonaco, il cardinale Oswald Gracias, arcivescovo di Bombay e presidente della conferenza episcopale indiana:

     
    R. - I cristiani in Orissa stanno vivendo con paura, perché non sanno che cosa accadrà. Almeno 25 chiese cristiane sono distrutte. C’è violenza, c’è un’ostilità che sta aumentando. Abbiamo rivolto un appello al governo affinché intervenga subito.

     
    D. - Il Papa ha lanciato oggi un appello invitando leader religiosi e autorità civili a lavorare insieme per promuovere la convivenza pacifica. Come procede in India il dialogo tra le varie realtà della società?
     
    R. - Ci sono tante iniziative che la Chiesa cattolica ha fatto per il dialogo, tante iniziative alle quali stanno seguendo buoni risultati. Purtroppo, in Orissa, non ci sono state iniziative di questo genere.

     
    D. - Quando si parla di persecuzione, si pensa soprattutto a Paesi islamici o a regimi comunisti. Ci sono poi altri Paesi, come l’India, dove l’intolleranza è alimentata dal fondamentalismo indù. Quali sono le caratteristiche di questa nuova offensiva anticristiana in Orissa?

     
    R. - Lo scorso dicembre, c’è stata un'ondata di violenza contro i cristiani. Dopo questi episodi, la situazione è andata migliorando ma è rimasta alta la tensione. Due-tre giorni fa, un capo indù è stato assassinato e queste che vediamo sono reazioni a quell’omicidio.

     
    D. - In India, le violenze seguono dinamiche presenti in altri Stati dove le comunità cristiane vengono perseguitate perché diffondono principi fondati sulla persona e sulla libertà. Possiamo dire, eminenza, che il fondamentalismo non solo cerca di contrastare il cristianesimo ma lo stesso sistema di vita dell’Occidente?
     
    R. - Senz’altro, perché queste forze fondamentaliste non vogliono che la Chiesa lavori per i diritti umani, per i poveri. Non vogliono che la Chiesa contribuisca ad innalzare il livello di vita di questa gente: per questo ci sono problemi

     
    D. - Alle persecuzioni i cristiani hanno già risposto, nella storia, difendendo con la forza della fede la parola del Vangelo e dei più deboli. In India, quale risposta deve dare la Chiesa, con l’aiuto della società, per spegnere il fuoco dell’intolleranza?
     
    R. - Adesso servono la preghiera e la fede nella Croce di Gesù. Adesso, dopo la violenza, dobbiamo esaminarne le cause e chiederci come evitare questo in futuro.

     
    D. - Tra i nemici dei sistemi totalitari ci sono anche l’educazione e l’evangelizzazione, soffi di libertà che non possono rimanere a lungo ingabbiati nelle grinfie di un sistema violento. Il fondamentalismo è comunque una pagina destinata al fallimento…
     
    D. - Certamente, non può avere successo. La nostra speranza è nella risurrezione di Gesù e noi sappiamo che la vittoria sarà sempre di Gesù.

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    L'ambasciatrice USA presso la Santa Sede, Glendon, ospite al Meeting di Rimini. La situazione della Chiesa in Arabia nelle parole di mons. Paul Hinder: "Ci sono segnali di dialogo"

    ◊   L’esperienza ministeriale e di missione dell’arcivescovo della Madre di Dio a Mosca, mons. Paolo Pezzi, e la storia toccante dell’"Angelo del Burundi" che salva 10 mila bambini dalla disperazione, ma anche la giustizia e i diritti umani. Sono facce diverse di una stessa medaglia quelle che continuano a emergere dal Meeting di Rimini: facce di un protagonismo "diverso", che proviene dai più lontani angoli del pianeta e che abbraccia gli ambiti più disparati. Il servizio della nostra inviata Debora Donnini.

    I diritti umani devono essere ancorati alla ragione e ad un ordine naturale per non essere preda e vittima di desideri che aumentano sempre di più, toccando in modo a volte pericoloso la vita umana. Il rischio è di creare orrori, in nome della pietà. Non ci possono invece essere diritti senza responsabilità. E’ questo il cuore degli interventi all’incontro su “Giustizia e diritti umani” cui hanno preso parte stamani Mary Ann Glendon, ambasciatrice americana presso la Santa Sede, il professor Joseph Weiler, professore ed esperto di diritto internazionale, che nel suo discorso si è richiamato alla Bibbia, e Martha Cartabia, docente di Diritto costituzionale. Tanti i riferimenti all’intervento di Benedetto XVI alle Nazioni Unite nel 60.mo della Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo.

     
    Della sua vita e della sua missione ha parlato ieri mons. Paolo Pezzi, proprio sulla falsariga del titolo del Meeting “O protagonisti o nessuno”. Da giovane, ha affermato, pensavo fosse importante emergere in un campo specifico. Poi la comprensione - anche con l’incontro con Comunione e liberazione - che il centro è vedere Cristo nelle circostanze della propria vita. La vita da vescovo, racconta, ha anche momenti aridi, come quando si svolgono questioni amministrative o si resta imbottigliati nel traffico moscovita. Ma anche lì si può dire sì a Cristo.

     
    "E sono andato scoprendo che proprio il 'sì' detto a persone e a certe circostanze ti rende familiare Cristo. E da questa familiarità con Lui nasce una certezza di bene che tende a investire anche il rapporto con tutte le altre circostanze, con tutte le altre persone, anche quelle che sono, non solo appaiono, esteriormente più avverse".

     
    “Senza il contatto continuo con Cristo la misura del vivere è il calcolo, in una preoccupazione continua per quella che ancora non c’è”. L’arcivescovo ha anche parlato degli incontri con i preti ortodossi, incontri informali, che non vanno sulle pagine dei giornali ma costruiscono rapporti nuovi. L’ecumenismo non è una utopica unità fondata sulla rinuncia alla propria identità. Avvicinarsi e aprirsi a volte può sembrare difficile, ma noi sappiamo che Cristo vincendo la morte ha vinto inimicizia e divisione.

     
    E’ chiamata l’"Angelo del Burundi" Marguerite Barankitse, fondatrice della Mason Shalom, la cui testimonianza ha tenuto incollata ieri una folla enorme. Maggy, come viene chiamata, ha accolto 10 mila bambini orfani di entrambe le etnie, hutu e tutsi, a causa delle violenze interetniche ed è lì, nei loro occhi, che capisce il senso della sua difficile missione. E alla domanda "dov’è Dio", capisce che è il loro sguardo a risponderle. Oggi, molti di questi bambini, ormai cresciuti, sono sposati, lavorano, sono vivi. E ha strappato lacrime l’esperienza di Vicky, ugandese. Il marito le trasmette l’AIDS e l’abbandona, anche il figlio che nasce è malato. La sua vita sprofonda nella disperazione più nera, finché non incontra Rose del meeting point di Kampala. Comincia la terapia, ma soprattutto ritrova la speranza e la fede e la sua vita, anche nella croce, comincia a risorgere. Esperienze dunque di "protagonisti" anche se in modo diverso da come normalmente l’intendiamo. Gente salvata da veri protagonisti, da quell’Amore che è più forte della morte.

     
    Nelle sale del Meeting riminese si è potuta ascoltare ieri una importante testimonianza sulla situazione dei cristiani nella penisola araba. A portarla è stato il vicario aspotolico dell'area, mons. Paul Hinder. Luca Collodi gli ha chiesto di descrivere la vita della minoranza cattolica, che forma una comunità multiculturale complessa:

    R. - Questi cristiani, che molto probabilmente sono almeno due milioni in tutta la penisola, vivono secondo le condizioni dove si trovano perché la situazione della libertà religiosa è un po’ precaria: non c’è una libertà religiosa nel senso come la intendiamo noi, è una libertà di culto limitato. In tutti i Paesi - eccetto che in Arabia Saudita - abbiamo i nostri luoghi dove possiamo lecitamente celebrare le nostre liturgie, vivere le nostre parrocchie. Per esempio, negli Emirati Arabi Uniti, abbiamo attualmente sette parrocchie e spero che nel futuro ce ne siano ancora di più. In Oman, ne abbiamo quattro, come anche nello Yemen. Una invece per tutto il Paese in Qatar e una - fra poco due - in Bahrain. Poi come ho detto, c’è una situazione particolare in Arabia Saudita dove anche c’è qualcosa in movimento.

     
    D. - Quindi i cristiani sono tollerati?

     
    R. - I cristiani sono tollerati, hanno anche la possibilità di dichiararsi cristiani almeno in cinque di questi sei Paesi. Questa non è la difficoltà maggiore anche se, forse, c’è qualche rischio riguardo a qualche gruppo, diciamo, radicale. Però prendiamo il caso di Abu Dhabi: lì non c’è difficoltà ad avere un simbolo religioso, i cristiani molto spesso hanno la corona del Rosario nella macchina e io posso andare con l’abito religioso anche in città. Se viaggio, posso ancora andare con il clergymen, ciò non crea i problemi maggiori.

     
    D. - Cioè, lei può girare in questi Paesi, vestito da vescovo, da sacerdote?

     
    R. - Generalmente sì. Ci sono posti in cui non lo faccio per prudenza, anche rispettando un po’ coloro che devono viverci e che mi dicono, qualche volta, che in queste situazioni è meglio muoversi in un modo più neutro.

     
    D. - Mons. Hinder, lei ha la speranza di aprire nuovi spazi di dialogo, ad esempio, con l’Arabia Saudita?

     
    R. - La speranza c’è, e poi ci sono dei segni: per esempio il fatto che il re dell’Arabia Saudita abbia invitato recentemente anche me ad andare a Madrid per la Conferenza sul dialogo. Sfortunatamente, non ho potuto andarci perché ero già impegnato con la Giornata Mondiale della Gioventù a Sydney. C’è dunque un’apertura, una volontà di migliorare i rapporti tra le due grandi religioni monoteistiche e non c’è dubbio che sia onesto da parte loro. Ci sono altri segni che ho ricevuto da parte di un responsabile anche impegnato nel dialogo interreligioso, che mi ha invitato, in quanto vescovo, ad un ricevimento per l’apertura del Ramadan. Questi sono segni, almeno in una certa fascia della società musulmana, di una volontà seria di migliorare i rapporti.

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    Ricorre oggi la memoria di Santa Monica, madre di Sant’Agostino: la Chiesa la venera come sposa esemplare e grande donna di fede

    ◊   La Chiesa celebra oggi la memoria di Santa Monica, patrona delle madri cristiane. La sua figura è ricordata spesso insieme a quella del figlio Sant’Agostino che, allontanatosi dalla fede cattolica, le procurò non poche preoccupazioni vagando inquieto per parecchi anni da una filosofia all’altra alla ricerca di risposte sull’esistenza. Monica, moglie amorevole e attenta, madre di altri due figli, non smise mai di pregare per il primogenito Agostino. Vissuta nel IV secolo nacque in Africa ma non esitò a lasciarla quando seppe che il figlio maggiore, trasferitosi in Italia, stava attraversando un periodo buio. Morì ad Ostia, all’età di 56 anni. Le sue spoglie oggi sono custodite a Roma nella chiesa di Sant’Agostino in Campo Marzio. Al microfono di Tiziana Campisi, ne traccia un profilo padre Giancarlo Ceriotti, vicario generale dell’ordine di Sant’Agostino:

    R. - Educata alla fede, forse una donna non di grande cultura ma di grande intuizione, di un’intelligenza chiara che sa quello che vuole e cerca di realizzarlo meglio che può.

     
    D. - Monica, spesso, viene ricordata in relazione al figlio Agostino…

     
    R. - Agostino era il primo figlio ed è il figlio che le ha dato maggiori preoccupazioni, ma è anche quello sul quale aveva costruito, per dire così, le sue speranze, anche a livello umano, colpita dall’intelligenza, dalle capacità che aveva questo ragazzo ma anche attenta ai suoi difetti che l’avevano allontanato, ben presto, dalla fede cristiana, dalla fede cattolica o meglio, dalla Chiesa.

     
    D. - Le donne di oggi come possono guardare alla figura di Monica?

     
    R. - Come una donna di principi solidi, di impegno serio, di madre attenta, preoccupata dell’avvenire dei suoi figlioli - ne aveva tre - dedita ad un’educazione che incarnasse dei valori e non la superficialità o il successo, ma qualcosa di solido, di forte.

     
    D. - Dalle pagine di Agostino, emerge una Monica, appunto, dalla fede forte. Ma questa fede, ha avuto una maturazione?

     
    R. - Certamente, proprio attraverso i contatti con le persone cui lei si rivolgeva: ad esempio, forse, il vescovo di Tagaste che l’aveva incoraggiata a non perdersi d’animo di fronte alle sue preghiere, alle sue lacrime. “Non è possibile che un figlio di tante lacrime vada perduto”, le disse. Agostino fa notare che da quel giorno Monica cambiò la sua preghiera, il suo modo di comportarsi con il figlio, lasciando fare molto a Dio ed educando se stessa all’ascolto più forte, più autentico, della Parola di Dio.

     
    D. - Si parla molto più spesso del cammino di fede Agostino e quindi della sua conversione, e forse meno del percorso che ha fatto Monica…

     
    R. - Innanzitutto, bisogna dire che la fede di Monica è sempre rimasta costante nella sua vita. Lei non ha avuto, diremmo così, delle difficoltà, degli sbandamenti, quindi è sempre vissuta nella fede, anche se ha dovuto purificarla. Per Agostino, invece, è tutto diverso: vissuto lontano da Dio, staccatosi dalla fede cristiana, accusando la Chiesa di vendere delle favole, la sua ricerca è stata diversa ma questa ricerca, potremmo dire, è stata sostenuta dalla preghiera di sua madre.

     
    D. - Possiamo dire che la figura di Monica è ancora attuale?

     
    R. - Certamente. Del resto, anche Giovanni Paolo II, nella sua lettera sulla dignità, sulla vocazione della donna, la Mulieris dignitatem, mette tra le donne forti della storia cristiana proprio Monica - madre, educatrice, attenta al bene totale dei figli. E proprio lei che si augurava soltanto che il figlio Agostino entrasse nella fede cattolica, si sposasse, assistette ad una conversione ben piu’ grande del figlio. Il cambiamento di Agostino è stato totale. L’adesione alla fede comportò anche la scelta di una ricerca di Dio nella vita di comunità e Monica ringraziò il Signore perché ci ascolta al di là delle nostre intenzioni.

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    Il cardinale vicario Agostino Vallini racconta il suo primo pellegrinaggio a Lourdes a capo della diocesi di Roma

    ◊   Un itinerario di fede e di speranza capace di portare la pace nei cuori: è questa una delle realtà presenti nel pellegrinaggio che sta compiendo la diocesi di Roma a Lourdes e che si concluderà il prossimo 30 agosto. Il cammino spirituale diventa quest’anno, in occasione del 150.mo anniversario delle apparizioni della Madonna, un momento importante di riflessione ma anche di preghiera e raccoglimento. Elena Mandarano ha raccolto il commento del cardinale Agostino Vallini, vicario di Roma, che ieri ha aperto ufficialmente il pellegrinaggio con la Santa Messa.

    R. - Il messaggio della Madonna a realizzare la propria vita secondo il Vangelo è un messaggio attuale ancora oggi. La gente è affamata di questo messaggio di Lourdes, tant’è vero che viene con tanto desiderio di vita nuova.

     
    D. - Il tema pastorale di quest’anno è “Venite alla fonte e lavatevi”. Qual è il significato?

     
    R. - Fa riferimento al messaggio della Madonna che invitava Bernardette a scavare lì, vicino alla Grotta. E lei bevve a quell’acqua, un’acqua non soltanto fisica ma anche un’acqua spirituale che vuol dire purificazione, adesione al Signore con cuore limpido e sincero.

     
    D. - Maria Madre, quindi, che indica le orme di Cristo...

     
    R. - Ci siamo messi alla scuola di Maria. Adesso, pian piano, cercheremo di percorrere questo cammino di purificazione, abbeverarci a quest’acqua: non solo all’acqua della fonte, non solo alle piscine ma - direi - anche all’acqua del Sacramento della penitenza, all’acqua della carità. Io spero che il cammino spirituale possa portare veramente grande frutto. E poi, c’è anche questa grande attesa per la visita del Santo Padre: io ho portato ai pellegrini la benedizione del Papa, che ho incontrato qualche giorno fa, e loro pregano e vedo che a Lourdes il riferimento al prossimo viaggio apostolico del Santo Padre è veramente atteso.

     
    D. - Eminenza, questo è il suo primo pellegrinaggio come vicario di Roma. Che significato riveste per lei?

     
    R. - Devo dire che io sono stato a Lourdes tanti anni. La prima volta 50 anni fa, e oggi ritorno con una nuova responsabilità, con il desiderio di un bagno di fiducia, di conforto, di sostegno. Ho bisogno io stesso di purificarmi a quest’acqua, di diventare migliore nel cuore, nello spirito, di essere pronto al servizio in collaborazione umile, ma anche generosa con il Santo Padre. Quindi, vengo anch’io a scuola di Maria e spero di potere apprendere quanto più è possibile la scienza dell’amore, della fede e della speranza. Così, servendo il regno di Dio.

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    Un viaggio ecumenico al "cuore" della spiritualità russa: lo guida il cardinale Tettamanzi a Mosca, dove domani incontrerà il Patriarca ortodosso, Alessio II

    ◊   Oltre alla diocesi di Roma, anche la Chiesa ambrosiana è impegnata in questi giorni in un importante pellegrinaggio. Il cardinale arcivescovo di Milano, Dionigi Tettamanzi, guida circa 80 sacerdoti verso Mosca per un viaggio alle radici della spiritualità russa e per dare nuovo impulso al dialogo ecumenico. ce ne parla Fabio Brenna:

    Momento centrale del viaggio sarà l’incontro di giovedì 28 agosto con il Patriarca Alessio II, dopo la partecipazione alla Divina liturgia della Dormizione della Beata Vergine Maria presieduta dallo stesso Patriarca. Un modo per concretizzare l’intenzione che anima questo pellegrinaggio: l’unità dei cristiani, come ci conferma da Mosca il cardinale Dionigi Tettamanzi:

     
    “Questa continuità tra la Chiesa di Milano e il mondo orientale che rifulge, peraltro, negli scritti e nella testimonianza personale di Sant’Ambrogio è una testimonianza che ancora oggi è presente ed ha i suoi frutti”.

     
    I pellegrini milanesi hanno già incontrato l’arcivescovo ortodosso di Vladimir, Evloghij. Secondo il cardinale Tettamanzi, l’incontro è servito per riconfermare il bisogno e l’impegno verso il dialogo, la conoscenza reciproca, la preghiera. La giornata è stata occasione per i pellegrini milanesi di un approfondimento sul tema del monachesimo, visitando il Monastero di San Giorgio. Venerdì, poi, il pellegrinaggio sarà concluso dall'incontro con l’arcivescovo di Mosca, mons. Paolo Pezzi. Il cardinale Tettamanzi, presentando questo suo pellegrinaggio in Russia attraverso una lettera alla Diocesi, sottolineava che per vivere appieno i doni provenienti dal “risalire alle sorgenti delle fede”, bisogna avere "l’umiltà di liberarsi dai pregiudizi e dai sottili complessi di superiorità nei confronti degli altri credenti in Cristo”.

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    Chiesa e Società



    Conferenza in Tanzania per la presentazione all'Africa del Compendio della Dottrina Sociale della Chiesa

    ◊   Si apre oggi a Dar-es-Salaam in Tanzania, la Conferenza continentale rivolta all’Africa per la presentazione del Compendio della Dottrina sociale della Chiesa. Il Congresso - organizzato dal Pontificio Consiglio Giustizia e Pace e dal Simposio delle Conferenze episcopali di Africa e Madagascar - fa seguito ai precedenti appuntamenti continentali, svoltisi nel 2005 a Città del Messico, per le Americhe, e nel 2007 a Bangkok (Thailandia), per l’Asia. Con il titolo “Verso una nuova evangelizzazione della società africana”, fino a venerdì l’incontro illustrerà i diversi ambiti del “Compendio”, a partire dal suo valore e significato, ed esporrà al tempo stesso le problematiche e le urgenze delle diverse realtà sociali del Continente sotto l’aspetto pastorale e della promozione umana. Alla luce del testo le relazioni previste esamineranno il contesto socio-ecclesiale dell’Africa, il contributo della Chiesa alla pace in Africa, la situazione della famiglia, l’impegno del laicato. Si procederà quindi con l’analisi delle grandi sfide poste davanti alla società africana, sul piano sociale, economico e politico, sul versante della giustizia e dell’azione per lo sviluppo, e in riferimento al ruolo della comunità internazionale nei confronti delle attese delle comunità africane. Con la guida del Compendio e nell’ottica della missione delle Chiese locali, saranno inoltre approfonditi i diversi aspetti dell’impegno politico dei fedeli laici e gli orientamenti di fondo relativi alla pastorale dei diritti umani e alla pastorale penitenziaria in Africa. La discussione si soffermerà anche sul principio del bene comune e sulla destinazione universale dei beni, temi trattati nel quarto capitolo del documento. Nei gruppi di lavoro verrà infine discusso il cammino di preparazione al secondo Sinodo dei Vescovi per l’Africa, indetto dal Santo Padre per il mese di ottobre 2009, sul tema “La Chiesa in Africa a servizio della riconciliazione, della giustizia e della pace”. (M.V.)

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    I vescovi degli Stati Uniti ribattono alle affermazioni in materia di aborto della presidente della Camera dei Rappresentanti USA, Nancy Pelosi

    ◊   La signora Nancy Pelosi, “ha travisato la storia e la natura dell’autentico insegnamento della Chiesa cattolica contro l’aborto”. I vescovi cattolici statunitensi così ribattono alle affermazioni della presidente della Camera dei Rappresentanti degli Stati Uniti, rilasciate nel corso di un’intervista domenica scorsa alla NBC-TV 24 , in risposta ad alcune domande del conduttore Tom Brokaw circa l’inizio della vita umana e la visione della Chiesa sull’aborto. In una nota a firma del cardinale Justin Rigali, presidente del Comitato episcopale Pro-Life, e del vescovo William Lori, presidente del Comitato episcopale per la Dottrina, i presuli statunitensi ribadiscono quanto insegna il Catechismo della Chiesa cattolica. “Fin dal primo secolo - scrivono - la Chiesa ha dichiarato la malizia morale di ogni aborto provocato. Questo insegnamento non è mutato. Rimane invariabile. L’aborto diretto, cioè voluto come un fine o come un mezzo, è gravemente contrario alla legge morale”. “Nel Medio Evo - si legge ancora nella Dichiarazione dei vescovi USA - teorie prive di informazione e inadeguate sull’embriologia hanno portato i teologi a speculare che una vita specificamente umana in grado di ricevere un’anima immortale possa esistere solo dopo alcune settimane di gravidanza. Mentre nel Diritto canonico tali teorie hanno condotto a una distinzione nella pena tra aborti precoci e tardivi, l’insegnamento morale della Chiesa non ha mai giustificato o permesso l’aborto in un qualsiasi stadio della gravidanza”. “Tali erronee teorie biologiche - si aggiunge - divennero obsolete oltre 150 anni fa, quando gli scienziati hanno scoperto che un nuovo individuo viene in essere dall’unione di sperma e ovocita al momento della fertilizzazione. In conformità con la comprensione attuale del fenomeno - concludono i presuli - la Chiesa insegna che dal momento della concezione, ad ogni membro della specie umana si deve dare il pieno rispetto dovuto alla persona umana, a cominciare con il rispetto per il diritto fondamentale alla vita”. (R.G.)

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    Bolivia: la Conferenza episcopale lancia un nuovo appello al dialogo per la riconciliazione nazionale

    ◊   È stato un messaggio di speranza quello lanciato domenica scorsa dal cardinale Julio Terrazas, arcivescovo di Santa Cruz e presidente della Conferenza episcopale boliviana. Nella sua omelia domenicale, il porporato ha richiamato i fedeli e tutti i cittadini boliviani alla necessità della pace e della riconciliazione. Il Paese latinoamericano è, infatti, in un momento storico critico: sebbene il referendum del 10 agosto scorso abbia riconfermato Evo Morales alla presidenza, permangono le tensioni con i prefetti, sostenitori delle autonomie regionali. Rivolgendosi ai fedeli, il card. Terrazas si è richiamato al terzo Congresso Americano Missionario, recentemente conclusosi, in cui vescovi, sacerdoti, religiosi e fedeli hanno rinnovato la promessa di ascoltare ed annunciare gli insegnamenti del Vangelo. Di qui, l’invito del porporato affinché tutti i credenti ascoltino la Parola di Dio “con il cuore predisposto” e mettano in pratica la Buona Novella di verità e giustizia. Infine, il presidente dei vescovi boliviani ha chiesto a tutti “gli uomini e le donne di fede di “non restare impassibili di fronte a quello che succede nel Paese”, ma di accogliere “la Parola di Dio nei propri cuori in modo da ottenere quei cambiamenti a cui tutti anelano”. Sulla stessa linea, anche il segretario generale aggiunto della Conferenza episcopale boliviana, padre Eugenio Scarpellini: in un’intervista rilasciata ad un’emittente televisiva locale, il religioso ha rilanciato l’appello “ad un vero dialogo tra i principali leader nazionali e regionali”. “Un vero confronto - ha detto padre Scarpellini - non si costruisce se non con la volontà delle persone in esso coinvolte”. Per questo, il segretario generale aggiunto dei vescovi boliviani ha invitato i leader politici e sociali ad “assumere un atteggiamento di apertura” e “a sedersi al tavolo dei negoziati”. Infine, il religioso ha chiesto a tutti i credenti di pregare affinché Dio illumini le loro menti ed i loro cuori. (I.P.)

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    Colombia, i lavori del IV Congresso nazionale della riconciliazione, promosso dai vescovi locali

    ◊   “La pace in Colombia sarà possibile e vera quando sarà definito un piano di sviluppo integrale per dare risposte alle urgenze sociali del Paese”. Così, mons. Héctor Fabio Henao, direttore del Segretariato della Conferenza episcopale per la Pastorale sociale, vescovo di Cicuta, nel suo intervento di apertura, lunedì scorso del IV Congresso nazionale della riconciliazione, occasione durante la quale sono intervenuti anche mons. Rubén Salazar, presidente dell’Episcopato colombiano e il presidente della Repubblica, Alvaro Uribe. “Si tratta di camminare con speranza riflettendo sempre sulla giustizia, la riconciliazione e il modo di trovare le forme per superare le tante iniquità che colpiscono la nostra gente”, ha rilevato mons. Henao che, al tempo stesso, ha ricordato le gravi lacerazioni provocate da 44 anni di conflitto armato interno e le sue tragiche conseguenze: 100mila morti e quasi 4 milioni di sfollati. Da parte sua, mons. Rubén Salazar, presidente della Conferenza episcopale e arcivescovo di Barranquilla, ha chiesto di sgomberare il campo da tutte le piccole polemiche e concentrare l’attenzione di tutti gli attori sociali e politici del Paese sulle “questione urgenti vere, serie e fondamentali”, che nell’odierna situazione della Colombia si “possono riassumere nel più grande desiderio di quasi la totalità della popolazione: la pace”. Secondo il presule, il benessere che la Colombia cerca va inquadrato nel “rispetto delle differenze e, al tempo stesso, nella definizione del bene comune”. “Viviamo momenti molto difficili e ne siamo consapevoli. Dalla nuova Costituzione in poi (1991), il Paese deve fare i conti con strutture istituzionali nuove e ciò, spesso, serve come pretesto per malintesi che però rilevano presto comportamenti poco corretti”. Questo clima di scontro e polemica permanente, ha spiegato mons. Salazar, “non aiuta alla ricerca della pace e dei consensi sociali necessari (…) dunque occorre chiarire ruoli e funzioni di tutti i protagonisti della vita pubblica”. Infine, il presidente dell’episcopato è tornato sull’importanza del bene comune, “via maestra per raggiungere la pace vera e duratura, chiedendo a tutti di “porre questo bene sempre al di sopra della politica e dei partiti”. “La Chiesa, ha concluso, non smetterà mai di lavorare per creare nel Paese la coscienza sull’importanza del bene di tutti”. Intanto, il presidente della Repubblica, Alvaro Uribe, in un lungo intervento ha fatto la storia politica del Paese negli ultimi 10 anni, per passare poi ad una spiegazione dettagliata della sua politica e delle realizzazioni dei suoi Governi. Per quanto riguarda la pace, il presidente ha dichiarato di ritenere fondamentale al riguardo la “sicurezza democratica”: sicurezza "nel pluralismo delle opinioni e con libertà costituzionali", ha aggiunto. Il capo di Stato colombiano ha detto di condividere la visione della Chiesa, che pone al centro del raggiungimento della pace lo sviluppo integrale, e in tale prospettiva ha elencato molte misure, programmi e progetti governativi che a suo giudizio puntano proprio sullo “sviluppo come motore della pace e della convivenza”. (A cura di Luis Badilla)

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    Vietnam: dopo 30 anni il governo acconsente alla rinascita della Caritas

    ◊   A trentadue anni dalla sua messa al bando, la Caritas potrà tornare ad operare anche in Vietnam. A deciderlo è stato il governo dello Stato situato nel sud-est asiatico, che ha “concesso al Comitato episcopale” la possibilità “di usare” il nome Caritas Vietnam e registrarne le attività sociali. Il termine - come spiegato in una lettera dal Comitato vietnamita per gli Affari religiosi - “potrà essere utilizzato per le attività sociali di ogni diocesi, registrando le attività caritatevoli e sociali al Comitato popolare di ogni provincia, città o centrale”. Questo permetterà un orientamento unitario a livello nazionale, diocesano e parrocchiale di tutte le attività caritatevoli. “Per la Chiesa del Vietnam si apre una nuova fase”, ha spiegato mons. Nguyen Chu Trinh, vescovo di Xuan Loc e presidente del Comitato dei vescovi vietnamiti per le attività caritatevoli e sociali, commentando il via libero governativo alla rinascita della Caritas nazionale, riportato dall’agenzia Asianews. “Guardando agli aspetti nazionali e internazionali - ha aggiunto mons. Chu Trinh - penso che questa sia un’azione positiva del governo nei riguardi della Chiesa vietnamita". Per noi, ha soggiunto, "si apre una nuova fase: da ora le attività caritative e sociali del Consiglio dei vescovi potranno essere organizzate e guidate seguendo un orientamento unitario dalla parrocchia alla diocesi e al centro invece di essere disperse come prima”. (D.B.)

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    Si è spento a 79 anni padre Juan Bautista Cappellaro, tra i più stretti collaboratori di padre Riccardo Lombardi nell'opera di evangelizzazione promossa dal Movimento per un Mondo Migliore

    ◊   L’“amore alla Chiesa” come “ragione” di esistenza e di missione. Sono racchiusi in questa considerazione i 79 anni di vita di padre Juan Bautista Cappellaro, uno dei primi e più stretti collaboratori del gesuita padre Riccardo Lombardi, il fondatore del Movimento per un Mondo Migliore. Padre Cappellaro si è spento nella sera di domenica 24 agosto, dopo mesi di ricovero in una clinica di Aprilia, e questa mattina ne sono stati celebrati i funerali nella parrocchia romana dei Santi Angeli Custodi. La sua salma è stata poi trasportata a Codroipo, località in provincia di Udine, dove il sacerdote era nato il 27 gennaio 1929. L’idea che occorresse “rifare il mondo”, indirizzandone le sorti verso un fine di bene universale, si illumina nella mente di un giovane gesuita piemontese, padre Riccardo Lombardi, dopo aver ascoltato il celebre “Proclama per un mondo migliore” di Pio XII nel 1952. Quel mondo, che ha conosciuto le inenarrabili devastazioni della guerra e dell’atomica, ha bisogno di speranza, di ritrovare il senso della parola “uguaglianza”, il valore della parola “libertà”. Padre Riccardo Lombardi ne diventa in certo modo il “profeta” e le sue idee e la sua opera di evangelizzazione troveranno definitiva consacrazione con la stagione aperta dal Vaticano II. E’ a questo punto che entra in scena padre Juan Butista Cappellaro. Emigrato all’età di otto anni in Argentina, dov’è diventato sacerdote, nel 1969 torna in Italia, a Roma, chiamato da padre Lombardi a dirigere l’Istituto internazionale di spiritualità postconciliare, aveva fondato un anno prima dal gesuita. E’ l’inizio di una lunga collaborazione, che vedrà padre Cappellaro tra gli animatori principali del Movimento “per un Mondo Migliore”, sorto a Rocca di Papa, e poi prosecutore dell’esperienza dello stesso fino ai giorni nostri.

    “Negli anni del primo dopo Concilio - ha spiegato il direttore per l’Italia del Movimento, don Enzo Caruso - fu di padre Cappellaro il merito di aver intuito la necessità di aiutare la Chiesa a promuovere esperienze pastorali che potessero servire da modello sperimentale per la traduzione in atto del Concilio stesso". Anche dopo la scomparsa di padre Riccardo Lombardi, avvenuta nel 1979, padre Cappellaro prosegue “in piena continuità” di pensiero col fondatore del Movimento, per cui “la sua visione di speranza” lo porta “a credere con assoluta fermezza che un mondo migliore non era solo un'utopia ma coincideva con la missione stessa della Chiesa”. Fu questa, ha terminato don Caruso, “la sorgente che alimentò la sua ininterrotta forza dalla quale nacquero le varie intuizioni, i progetti e le numerose pubblicazioni che portano la sua firma”. (A cura di Alessandro De Carolis)

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    Costa d’Avorio: al via le “Giornate di perdono e riconciliazione” promosse dalla Conferenza episcopale ivoriana

    ◊   Hanno preso il via ieri ad Abidjan, nel sud della Costa d’Avorio, le “Giornate di perdono, pentimento e riconciliazione”, promosse dalla Conferenza episcopale ivoriana nel tentativo di superare, una volta per tutte, i conflitti e le divisioni che hanno caratterizzato la storia recente dello Stato africano. “L’iniziativa - come ha spiegato alla MISNA mons. Marie-Daniel Dadiet, vicepresidente della Conferenza - nasce dall’appello dei vescovi formulato nel gennaio scorso, durante l'85.ma plenaria”. “Il tempo delle condanne è passato - ha sottolineato il presule - tutti hanno agito male e la crisi vissuta è il risultato delle ingiustizie e dei silenzi: è tempo di chiedere perdono, non solo a Dio, ma anche gli uni agli altri”. A soli tre mesi dalle elezioni presidenziali, previste per il 30 novembre, le “Giornate del perdono” desiderano dunque essere uno spazio per riflettere sugli errori del passato, parlarsi ed esprimere anche le proprie frustrazioni. “L’iniziativa si rivolge a tutti gli ivoriani, inclusa la classe politica”, ha aggiunto mons. Dadiet. L’evento dovrebbe culminare con una Novena, a partire dal 5 settembre, durante la quale si terranno giornate di digiuno, di confessione, di ascolto. Da mesi la Chiesa cattolica, in collaborazione con le altre religioni, porta avanti una campagna di sensibilizzazione al dialogo in tutto il Paese. “Si sono registrati grandi progressi negli ultimi tempi - ha concluso mons. Dadiet - e il più grande desiderio del popolo è andare verso la pace e la riunificazione totale dello Stato. Tutti sperano che la classe politica sappia dimostrare saggezza, lasciando da parte gli interessi egoistici per far prevalere l’interesse della nazione”. (D.B.)

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    Maltempo: l’uragano Gustav miete 5 morti ad Haiti e si dirige a Cuba, dove sono stati evacuate 20 mila persone

    ◊   Almeno cinque morti e sette feriti nel sudest di Haiti, dove ieri - come era stato annunciato dai Servizi meteorologici statunitensi - è transitato l'uragano Gustav, con piogge torrenziali e forti venti. Per supportare le prime necessità dello Stato caraibico, la Commissione europea ha predisposto un piano di aiuti immediati, nell’ambito del programma di assistenza umanitaria per Haiti, dotato di 8 milioni di dollari per il 2008. Haiti è infatti il Paese più povero dell’emisfero occidentale, dove quasi l’80 per cento della popolazione vive con meno di 2 dollari al giorno, e dove la situazione economica si è ulteriormente aggravata con i recenti rialzi dei prezzi del petrolio e dei prodotti alimentari. Intanto, l’uragano Gustav con minore intensità è diretto oggi su Cuba, dove le autorità hanno già disposto l’evacuazione dalle province orientali e centrali dell’isola di 20 mila persone, fra cui 90 turisti stranieri. (R.G.)

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    Afghanistan: per la prima volta in tre anni cala produzione di oppio

    ◊   Per la prima volta in tre anni, la produzione di oppio in Afghanistan è diminuita del 6 per cento nel 2008 rispetto al 2007, con un calo del 19 per cento dei terreni coltivati. La notizia è stata diffusa dall'Ufficio delle Nazioni Unite contro la droga e il crimine (UNODC). In Afghanistan, si produce oltre il 90 per cento dell'oppio mondiale, che in seguito viene trasformato in eroina. In un anno, il numero delle province libere dalle colture di oppio è passato da 13 a 18, su un totale di 34. Ultimamente, la produzione si è concentrata nelle province controllate dai talebani. (R.G.)

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    Esplode un impianto chimico nella regione cinese dello Guangxi: 18 morti e 60 feriti

    ◊   Le autorità dello Guangxi, regione autonoma della Cina meridionale, sono in allerta da ieri mattina per l’esplosione di un impianto chimico che ha provocato la fuoriuscita di gas velenosi e sta rischiando di contaminare il vicino fiume Longjiang. L’impianto, nonostante l’immediato intervento delle squadre di soccorso, ha continuato a bruciare per circa sei ore, provocando finora la morte di 18 persone e il ferimento di altre 60. Come riportato dall’agenzia Asianews, almeno 11 mila persone, che vivono nell’area dell’incidente, sono state evacuate per timore di avvelenamento mortale. Il governo locale ha messo in guardia la popolazione dal bere acqua del fiume, mentre vivai di pesce sono stati trasportati lontano dal corso d’acqua avvelenato. L’impianto della Guangxi Guangwei Chemical Company è situato in un’area industriale alla periferia della città di Yizhou e produce acetato di polivinile, usato nelle colle, insieme a carburo di calcio e monomeri di vinil-acetato, usati nelle vernici. L’esplosione ha prodotto esalazioni di ossido di carbonio e acido solfidrico. Almeno 100 esperti di chimica sono sul posto per verificare motivi dell’esplosione e le possibili evoluzioni dell’incidente. (D.B.)

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    Richiamo degli ambientalisti europei alla Case automobilistiche perché tengano contro degli obiettivi antiquinamento fissati dall’Unione Europea

    ◊   Cinquantuno associazioni ambientaliste europee, raggruppate nella sigla T&E, richiamano i produttori di autoveicoli a ridurre gli agenti inquinanti. L'obiettivo di emissioni medie di 130 g. per chilometro, previsto per il 2012 dalla normativa proposta dalla Commissione europea, richiede infatti maggiore impegno da parte dei costruttori. L’appello viene lanciato in base ad uno studio su progressi compiuti sul fronte antinquinamento, nel 2007, da 14 Case automobilistiche in 18 Paesi del continente. In cima alla lista è BMW, che ha fatto registrare i migliori risultati con il taglio del 7,3 % del CO2. Bene anche Hyundai (-3,9%) e Daimler (-3,5%). Le case giapponesi sono invece tra le meno diligenti: si salva solo Toyota (con -2,4%) mentre Mazda ha ridotto le emissioni dell'1,4%, Suzuki dello 0,8%, Nissan dello 0,5%, e Honda le ha addirittura aumentate dell'1,1%. Tra le case americane, molto male Ford (-0,2% ). Per quanto riguarda FIAT, la riduzione del 2% la porta al quinto posto rispetto al nono del 2006 nella classifica generale. Da rilevare che gli obiettivi comunitari - sottolinea il rapporto degli ambientalisti - sono leggermente diversi tra ogni costruttore dipendendo dal peso medio delle autovetture. Quindi, se le emissioni dovranno diminuire in totale del 17% entro il 2012 - sottolinea la ricerca - maggiori sforzi dovranno fare Suzuki, che deve ancora ridurre la CO2 del 25%, Daimler e Mazda entrambe del 24%; oltre a BMW e Volkswagen del 19%. Per PSA, Renault e FIAT, il traguardo sarà invece, più facile, dovendo diminuire le emissioni rispettivamente del 10%, 13% e 14%. (A cura di Roberta Gisotti)

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    Rapina in un convento del torinese: quattro frati picchiati a bastonate, uno è in coma

    ◊   Quattro frati Francescani del Convento di San Colombano, adiacente al Santuario di Belmonte nel Canavese, in provincia di Torino, sono stati brutalmente picchiati nel corso di una rapina avvenuta ieri sera nella casa religiosa. Uno di loro è ricoverato in coma all'ospedale torinese San Giovanni Bosco, mentre gli altri tre si trovano al nosocomio di Cuorgnè con prognosi di 30 giorni. Secondo quanto ricostruito finora dai Carabinieri, un gruppo di malviventi incappucciati si sarebbe introdotto nel Convento e avrebbe assalito con dei bastoni i religiosi, per poi fuggire dopo aver sottratto del denaro, il cui importo non è ancora stato quantificato. Nel monastero è attualmente in corso un sopralluogo delle Forze dell’ordine per verificare cosa realmente sia stato sottratto e se gli aggressori abbiano lasciato tracce utili alle indagini. (D.B.)

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    In India, straripa un fiume nello Stato del Bihar: 100 morti e un milione di sfollati

    ◊   Si aggrava, con il passare delle ore, la situazione nello Stato del Bihar, nell’India nordorientale, dove ieri il fiume Kosi ha rotto gli argini ed è straripato, inondando numerose città e sommergendo migliaia di villaggi. I morti accertati sono finora un centinaio, mentre il numero delle persone costrette ad abbandonare le proprie abitazioni si aggirerebbe intorno al milione. Il corso d’acqua è straripato nei pressi dello sbarramento di Bhimnagar, al confine con il Nepal, provocando quella che il “Times of India” ieri definiva una vera e propria “catastrofe umanitaria”, con oltre due milioni di persone colpite complessivamente dalle inondazioni. La breccia, larga tre chilometri, si sta allargando al ritmo di 200 metri al giorno e se dovesse raggiungere lo sbarramento di Bhimnagar, distante solo 12 km, rischierebbero di finire sommerse aree densamente popolate. Al momento, le acque scendono a valle con violenza, trascinando anche numerosi cadaveri e rendendo le operazioni di soccorso molto complicate. Nella zona, sono già stati allestiti oltre cinquanta campi di soccorso. (D.B.)

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    Ucraina: nuovo programma televisivo destinato ai bambini e gestito da Frati Cappuccini

    ◊   Si chiama "Mistetzko Nadija" (Città della Speranza) ed è l’ultima novità televisiva dell’Ucraina. Più precisamente, si tratta di un nuovo programma destinato ai soli bambini ucraini e completamente gestito da una comunità di Frati Cappuccini. La produzione televisiva, trasmessa anche dall’emittente pubblica, combina l’intrattenimento con la formazione civile e religiosa dei più piccoli. “Si trattava - spiegano i promotori - di offrire un’alternativa ai bambini dell'Ucraina, che in alcuni periodi hanno attraversato molte difficoltà, come per i fatti di Chernobyl, di cui sono state le vittime più esposte, ma anche per la disgregazione delle famiglie e per la povertà”. L’iniziativa, fa sapere “l’Osservatore Romano”, nasce da un’idea della casa editrice Clara Studio, gestita esclusivamente da una comunità di Frati Cappuccini provenienti da Cracovia, e con sede a Vinnitsa (Ucraina dell’Ovest), che già in passato si era dedicata alla pubblicazione di riviste, opuscoli, libri e giornali. (D.B.)

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    Da oggi al 3 settembre, in Terra Santa, il pellegrinaggio del Rinnovamento dello Spirito Santo

    ◊   “Ogni pellegrinaggio in Terra Santa è un itinerario dello Spirito, un evento Pentecostale, un'esperienza d’iniziazione alla vera testimonianza cristiana”. Così Salvatore Martinez, presidente nazionale del Rinnovamento dello Spirito, spiega il senso del pellegrinaggio del movimento in Terra Santa “sulle orme dello spirito”, che si svolge da oggi al 3 settembre in occasione dell’Anno dedicato a San Paolo, e di cui riferisce l’agenzia SIR. “Amare Gerusalemme è servire con più passione la Chiesa; amare la Terra Santa è risvegliare le radici della cattolicità cristiana”, aggiunge Martinez, sottolineando che “un pellegrinaggio “cambia la vita delle persone”, “provoca una dolcissima nostalgia di Dio e una profonda gioia umana”. “Ospiti d’eccezione” del pellegrinaggio - al quale partecipano circa 300 persone provenienti da tutta Italia - sono mons. Fouad Twal, patriarca di Gerusalemme dei Latini, mons. Antonio Franco, nunzio apostolico in Israele, e padre Pierbattista Pizzaballa, custode di Terra Santa. (R.G.)

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    Parte a Venezia la 65.ma Mostra del Cinema: stasera la cerimonia inaugurale

    ◊   Partenza sprint alla Mostra del cinema, in attesa dell’apertura ufficiale di questa sera. La 65.ma edizione si inaugura per la stampa fra glamour e amarcord. Atmosfere magiche e platea selezionatissima hanno salutato ieri sera a Campo San Polo la proiezione de “La Leggenda del Santo Bevitore”, con cui il direttore Marco Müller ha offerto il primo omaggio al maestro Ermanno Olmi. Per lui l’appuntamento è il 5 settembre, con la consegna del Leone d’Oro alla carriera, che riceverà dalle mani di Adriano Celentano. Spazio intanto allo sbarco degli americani: George Clooney e Brad Pitt sono arrivati ieri sotto una pioggia di flash, per presentare fuori concorso “Burn after reading” dei fratelli Coen. Prima, però, tutti alla cena benefica per il Darfur ai Granai della Giudecca; oggi, poi, al Lido, davanti a fan e giornalisti. Il film, come dicono i registi, è un omaggio alla “scribble comedy”, i film di rapina dell’età d’oro di Hollywood. Il copione è stato cucito addosso ai due golden boy e si vede: Clooney e Pitt si muovono come due perfetti e simpatici imbranati, in questa commedia degli equivoci, che intreccia i miti americani della sicurezza e della forma fisica, in una farsa dagli esiti imprevedibili. Ma questo è soltanto l’inizio, e sotto lo sguardo dei leoni che la scenografia di Dante Ferretti ha imbrigliato in un telo bianco, il Palazzo del Cinema ospiterà nei prossimi giorni grandi da ogni angolo del pianeta. Attesissima la denuncia dall’Iraq di Katherin Bigelow, ma anche la critica sociale di Johnatan Demme e, soprattutto, tanti film italiani. Ben quattro i titoli che concorreranno per il leone. Modi di fare cinema e poetiche fra loro completamente diverse per fotografare, però, una contemporaneità mai apparsa così tormentata: dai drammi familiari de “Il Papà di Giovanna” di Pupi Avati, ai dilemmi che porta con sé un tema controverso come l’inseminazione artificiale ne “Il Seme della discordia” di Pappi Corsicato. E poi ancora, la battaglia per la sopravvivenza degli indios Guaranì della foresta amazzonica di Marco Bechis, e le derive più oscure e drammatiche dell’ossessione amorosa offerte dal film di Ferzan Ozpetek. E sarà proprio lui, nella giornata di sabato, il primo a passare in gara, con un titolo, “Un giorno perfetto”, che dice già tutto da sé. (Da Venezia, Diego Giuliani)

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    24 Ore nel Mondo



    Tensione nel Mar Nero mentre Mosca conferma il rispetto di tutti i punti dell’accordo di pace mediato dall’Unione Europea

    ◊   Navi della flotta russa del Mar Nero, tra cui ammiraglia e incrociatore portamissili, sono arrivate nelle acque territoriali dell'Abkhazia, con l’obiettivo dichiarato di “sostenere la pace e la stabilità”. Intanto al porto georgiano di Batumi è arrivata la nave da guerra USA, 'Dallas', con un carico umanitario. Era attesa inizialmente a Poti, dove però stazionano forze russe. Mosca continua a mettere in discussione l’obiettivo umanitario e a criticare l'intensa attività di navi NATO nel Mar Nero. Accade il giorno dopo il riconoscimento da parte del Cremlino dell’indipendenza dalla Georgia di Abkhazia e Ossezia del sud. Il servizio di Fausta Speranza:

    Il presidente russo Medvedev ha confermato, in una telefonata al cancelliere tedesco Merkel, l'impegno di Mosca a rispettare i sei punti dell'accordo di pace mediato dalla presidenza di turno francese della UE. Intanto Mosca va a caccia di un primo forte sostegno internazionale al vertice - in programma oggi e domani a Dushanbè, in Tagikistan - della SCO, l'organizzazione per la cooperazione di Shangai che raggruppa Russia, Cina ed ex repubbliche sovietiche centroasiatiche come Kazakhstan, Uzbekistan, Kirghizistan e Tagikistan. C’è poi l’invito da parte del ministro degli Esteri dell’Ossezia del sud al presidente e agli ambasciatori dell'OSCE a visitare la regione georgiana indipendentista per valutare le conseguenze della “aggressione” georgiana. Parla di “oltre due mila persone uccise o disperse, migliaia di persone ferite” - cifra non confermata ufficialmente da fonti indipendenti. Da parte sua, il presidente georgiano Saakashvili denuncia una 'annessione di fatto' di buona parte del territorio della Georgia. Un ministro ipotizza di ridurre “in modo considerevole” le relazioni diplomatiche con la Russia, mentre il parlamento sta esaminando la possibilità di chiedere l'esclusione di Mosca da alcuni organismi internazionali.

     
    Ieri il presidente degli Stati Uniti ha parlato di atteggiamento "irresponsabile" da parte di Medvedev invitando il presidente russo a riconsiderare la sua decisione. Sul piano europeo, si confermano le consultazioni dell'Alto rappresentante per la politica estera e di sicurezza della UE, Solana, in vista del vertice straordinario di lunedì. Mentre il ministro degli Esteri francese Kouchner parla di situazione “molto pericolosa” affermando che dopo l'Ossezia del sud e l'Abkhazia, la Russia potrebbe avere “altri obiettivi” come “la Crimea, l'Ucraina, la Moldavia”. Ha anche aggiunto che la Russia agisce “al di fuori della legge internazionale” e che l'UE “non può accettare queste violazioni del diritto internazionale e di accordi per la sicurezza”. All’UE giunge in queste ore l’appello del presidente della Georgia, Saakashvili, affinchè i Ventisette si pronuncino “chiaramente a favore” dell'ex repubblica sovietica.

     
    Ma guardando al territorio, che cosa ci guadagna la Russia dal distacco dalla Georgia di Abkhazia e di Ossezia del sud? Fausta Speranza lo ha chiesto a Giuseppe Bettoni docente di geopolitica all’Università Tor Vergata di Roma:

    R. – Prendiamo in considerazione la linea del Caucaso: sono monti molto, molto difficili da valicare e densi di una popolazione, che è lì da tantissimo tempo. E’ veramente un muro difficile che va a bloccare la Russia a nord e tutto il resto del territorio, andando addirittura verso l’Asia. La Georgia si trova a sud di questi monti, la Russia si trova a nord e la Russia non ha praticamente passaggio, non ha nessun territorio a sud di queste montagne molto impervie e molto difficili da valicare da un punto di vista logistico. L’Ossezia, che è a sud della Cecenia, si trova al di qua di queste montagne. Ebbene c’è un tunnel che lega l’Ossezia del Nord all’Ossezia del Sud. Questo tunnel permette invece il passaggio velocissimo di truppe a sud da parte della Russia. Il possesso di questa microscopica parte di territorio, che è l’Ossezia del Sud e che ha poche decine di migliaia di abitanti, permette alla Russia un passaggio di truppe velocissimo da nord a sud, quindi, dal suo territorio a questa zona strategica del sud del Caucaso. L’Abkhazia è un altro territorio, che si trova un po’ più a Occidente dell’Ossezia, sempre a sud del Caucaso. Da questo punto di vista lo definirei un territorio meno strategico dell’Ossezia, ma non per questo non importante. In parole povere, i russi controllando queste due sacche a sud del Caucaso, si garantiscono un piede d’azione velocissimo su un territorio importantissimo, soprattutto per il passaggio di oleodotti e quindi di energia fondamentale. Questo significa, come dice Saakashvili, - e su questo ha ragione - che la Russia si mette a portata di kalashnikov di oltre il 40 per cento di controllo dell’energia che serve all’Europa. Questo è l’elemento essenziale. La Russia si disinteressa completamente degli osseti, non li considera assolutamente etnicamente importanti o culturalmente importanti.

     
    D. – Diciamo che cosa perde la Georgia...

     
    R. – La Georgia non perde gran che da un punto di vista della ricchezza, perché né l’Ossezia del Sud – ricordiamolo – né l’Abkhazia vedono il passaggio diretto sul loro territorio di reti essenziali, strategiche, ma sono logisticamente fondamentali, perchè in meno di 20 minuti la Russia – e lo ha dimostrato d’altronde, in questi giorni – può arrivare a controllare oleodotti o zone di passaggio logistiche molto importanti. Quello che perde la Georgia è, prima di tutto, l’affermazione della propria integrità territoriale.

     
    D. – E’ stato fatto il paragone con il Kosovo. Sotto molti punti di vista ci sono dei distinguo, ci aiuta a metterli a fuoco?

     
    R. – Nel Kosovo l’indipendenza è avvenuta come secessione dopo una guerra, dopo una situazione molto, molto diversa. C’è un riconoscimento di comunità albanofona e non molto precisa all’interno del Kosovo, rispetto al resto del territorio. Questa cosa non si ritrova assolutamente in Ossezia, nel senso che non perché sei una persona dell’Ossezia del sud automaticamente sei russo, non c’entra assolutamente nulla. E’ stata di pura utilità. E’ un’area molto identificabile e soprattutto ha visto una guerra vera e propria.

     
    D. – Anche una minaccia di pulizia etnica...

     
    R. – Lì esisteva automaticamente, mentre sappiamo benissimo che l’Ossezia non correva assolutamente questo rischio. Lì il confronto etnico per quel poco che si è visto nell’Ossezia del Sud, rispetto ai georgiani, si è avuto solo proprio in seguito al controllo dei russi. I russi controllavano l’Ossezia del Sud e quando i georgiani hanno provato a cacciarli, c’è stato un confronto duro tra alcuni abitanti dell’Ossezia e parte dell’esercito. Ma dire oggi che esiste una specie di “odio razziale” tra georgiani ed osseti è assolutamente falso.

    India
    Cinque civili e un ufficiale di polizia sono stati uccisi da militanti islamici nello Stato indiano del Jammu questa mattina. I militanti hanno improvvisamente aperto il fuoco sparando sulla folla. Nella sparatoria ha perso la vita anche uno dei militanti, mentre una famiglia di sei persone, tra cui quattro bambini, è stata presa in ostaggio. Secondo quanto riporta la stampa locale, tre militanti islamici sarebbero fuggiti a bordo di un autorickshaw dopo aver ucciso l'autista del mezzo. La polizia locale ritiene che si tratti di militanti islamici pachistani entrati clandestinamente in India. Al momento si sarebbero rifugiati portando con loro gli ostaggi in una casa a Chinore, una zona residenziale di Jammu. Gli scontri che si stanno verificando ormai da settimane nello Stato del Jammu e Kashmir riguardano una disputa territoriale tra indù e musulmani per la concessione da parte delle autorità locali di un pezzo di terra.

    Pakistan
    Otto persone sono morte e oltre una ventina sono rimaste ferite in Pakistan per una esplosione avvenuta, ieri sera, in un ristorante caffetteria alla periferia della capitale, Islamabad. Sono stati usati oltre tre chili di esplosivo. La maggior parte delle vittime erano operai e autisti che al termine del turno di lavoro si erano fermati al locale. Alcuni testimoni oculari hanno dichiarato di aver visto un bambino collocare una borsa sotto una sedia del ristorante pochi minuti prima dell'esplosione.

    Afghanistan
    È morto il cooperante giapponese rapito ieri mattina in Afghanistan, nei pressi di Jalalabad: lo si apprende dalle autorità locali. Secondo le stesse fonti il corpo senza vita, crivellato da colpi di arma da fuoco, è stato trovato oggi nell'est del Paese.

    Iraq
    Un soldato americano è morto all'ospedale militare USA di Baghdad dove era stato ricoverato ieri dopo esser stato gravemente ferito in un attentato mentre era di pattuglia nella parte Nord-Est di Baghdad. Sale così a 4.147 il numero dei soldati americani morti in Iraq sin dall'inizio dell'invasione delle forze multinazionali, nel marzo del 2003.

    Sudan
    I dirottatori dell'aereo della compagnia sudanese "Sun Air" sono stati arrestati dalle autorità libiche. Lo ha annunciato il direttore della compagnia da Khartoum, dopo che nella mattinata erano stati rilasciati tutti gli ostaggi.

    Libano
    La frontiera orientale del Libano è ancora ampiamente aperta al contrabbando di armi dalla Siria: lo afferma una apposita commissione dell'ONU in un rapporto finale per il segretario generale delle Nazioni Unite Ban Ki-moon. Lo riferisce la stampa di Beirut, secondo cui un primo rapporto della stessa commissione, del giugno dello scorso anno, era giunto ad analoghe conclusioni. Nel testo, scrive il quotidiano "an Nahar", vengono espresse critiche sia al Libano che alla Siria, in particolare per la mancanza di progressi nel campo degli accordi sulla sicurezza lungo la frontiera comune per impedire “il contrabbando in generale, e il contrabbando di armi in particolare, nonostante gli impegni presi dai i due Paesi”. La commissione ha condotto le sua missione per oltre due settimane a luglio, durante le quali ha ispezionato diversi tratti del confine tra Libano e Siria, con un mandato limitato al territorio libanese. Era formata da quattro funzionari, tra esperti militari, delle dogane e di diritto internazionale, che hanno incontrato i responsabili dell'esercito, delle forze di sicurezza interna (FSI, polizia), della sicurezza generale e della direzione delle dogane. Da tempo Israele denuncia che il movimento sciita libanese Hezbollah riceve i suoi rifornimenti militari dall'Iran attraverso i 375 km di frontiera tra Siria e Libano.

    Zimbabwe
    Il presidente dello Zimbabwe, Mugabe, ha detto che presto sarà fatto il nuovo governo del Paese, anche in assenza di un accordo con il principale partito di opposizione, il Movimento per il cambiamento democratico (MDC, di Morgan Tsvangirai), per la condivisione del potere. Lo ha riferito il quotidiano di Stato "The Herald". “Presto formeremo un governo. A quanto sembra l'MDDC non vuole partecipare”, ha detto Mugabe al giornale, all'indomani della movimentata inaugurazione in parlamento della nuova legislatura, dove è stato accolto dai fischi dei deputati dell'MDC. Mugabe, al potere dal 1980, è stato rieletto lo scorso giugno con un'elezione contestata a cui non ha partecipato Tsvangirai, che aveva ottenuto più voti al primo turno.

    Hillary Clinton alla Convention democratica a Denver appoggia Obama
    Introdotta dalla figlia Chelsea e accolta da una lunga ovazione, Hillary Clinton, ha infiammato la Convention democratica di Denver, incitando all'unità del partito e a votare per Barack Obama. "Mi ero candidata per dar voce alle persone che per otto anni erano rimaste invisibili, e sono le stesse ragioni per cui dovete votare Obama", ha affermato. E la Convention prosegue: dopo Hillary, tocca a Bill Clinton parlare di fronte ai delegati del Partito democratico accorsi a Denver, in Colorado, per incoronare candidato alla Casa Bianca Barack Obama, il senatore nero che ha sconfitto l'ex first lady. La terza giornata della kermesse democratica inoltre ospiterà Joe Biden, il senatore del Delaware che Obama ha scelto come vice. Una scelta con un doppio obiettivo: farsi affiancare da un esperto in politica estera che proviene dalla classe operaia della Pennsylvania, elettorato di uno Stato chiave teoricamente favorevole ad Hillary. Intanto, le autorità americane hanno affermato che "non ci sono prove sufficienti" per dimostrare che i quattro uomini arrestati a Denver stessero organizzando l'assassinio di Barack Obama. Il procuratore Troy Eid ha detto che comunque l'inchiesta continua.

    Colombia
    La Corte suprema della Colombia ha annunciato che denuncerà davanti alla Corte penale internazionale (CPI) l'esistenza di un complotto ordito contro il suo massimo esponente, Francisco Ricaurte, dal presidente della Repubblica, Alvaro Uribe, ed in cui sono coinvolti esponenti dei movimenti paramilitari di destra. Tutto è partito da un reportage pubblicato dal settimanale colombiano Semana, secondo cui il segretario giuridico e l'addetto stampa del palazzo presidenziale si sarebbero incontrati con Antonio Lopez, alto esponente delle Autodifese unite della Colombia (AUC) e con l'avvocato di Diego Murillo, boss dei paramilitari estradato negli USA, per raccogliere elementi per danneggiare la Corte ed i suoi giudici. Il capo dello Stato e il massimo tribunale colombiano sono ai ferri corti da quando è cominciata l'inchiesta sulle infiltrazioni dei paramilitari nelle istituzioni colombiane, che ha mandato in carcere circa 35 parlamentari (quasi tutti legati ad Uribe), mentre altri 60 sono indagati. L'indagine della Corte suprema ha avuto fra l'altro un ulteriore slancio dopo le ammissioni di una ex deputata finita in prigione, Ydis Medina, che ha ammesso di aver venduto insieme ad altri parlamentari il suo voto per permettere una modifica della Costituzione colombiana e una rielezione del capo dello Stato. Di recente lo stesso Uribe è stato interrogato sulle accuse di corruzione rivolte al suo entourage dalla Commissione parlamentare per la messa in stato di accusa.

    Thailandia
    Sale la tensione a Bangkok: prosegue la manifestazione contro il governo mentre il Tribunale decide l’arresto di 9 persone tra cui 5 leader dell’opposizione. Il servizio di Daniele Bongi:

    Un tribunale thailandese ha emesso un mandato d’arresto nei confronti di nove manifestanti che da ieri, assieme ad alcune migliaia di persone, occupano la sede del governo di Bangkok con l’intenzione di far cadere il governo guidato dal primo ministro Samak Sundaravej. Tra questi ci sarebbero anche cinque leader dell’Alleanza popolare per la Democrazia (PAD), movimento che organizza proteste anti-governative dal mese di maggio. I militanti sostengono che il premier Samak stia governando il Paese per conto dell'ex primo ministro Thaksin Shinawatra, rovesciato con un golpe nel 2006 e riparatosi in Gran Bretagna per sfuggire a un processo per corruzione. Tra i reati contestati ai nove c’è anche quello di alto tradimento nei confronti dello Stato. Per la manifestazione in corso presso la sede del governo, occupata ieri, sono stati mobilitati dalle prime ore del mattino, circa duemila poliziotti thailandesi. Secondo un portavoce della polizia, i dimostranti, con i quali si sta cercando di avviare un negoziato, sarebbero attualmente circa 8 mila.

    Tibet
    Circa 2 mila persone sono state evacuate in Tibet dopo che un terremoto di magnitudo 6,8 ha colpito la regione lunedì. Lo ha riportato l'agenzia "Nuova Cina". La scossa, avvertita in tre cittadine della contea di Zhongba, non ha causato vittime ma ha danneggiato 42 case e diverse scuole. Le autorità locali hanno distribuito alla popolazione migliaia di tende, coperte e vestiti. Non sarebbero gravi i danni provocati a una centrale idroelettrica e non sarebbe stata intaccata dalla scossa la linea ferroviaria che collega il Tibet alla provincia del Qinghai e che corre a poche centinaia di chilometri dall'epicentro. Zhongba, che si estende su una superficie di 43.594 chilometri quadrati a un'altezza di 4.700 metri sopra il livello del mare, è una zona ad alta frequenza sismica. (Panoramica internazionale a cura di Fausta Speranza)

     
    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LII no. 240

     
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