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Sommario del 21/08/2008
Il dolore del Papa per la sciagura aerea in Spagna
◊ Il Papa ha espresso oggi il suo profondo dolore per la sciagura aerea avvenuta ieri a Madrid all'aeroporto internazionale di Barajas in cui hanno perso la vita 153 persone, mentre 19 sono rimaste ferite, di cui 4 in condizioni critiche. In un telegramma, a firma del cardinale segretario di Stato Tarcisio Bertone, inviato al cardinale Antonio María Rouco Varela, arcivescovo di Madrid e presidente della Conferenza episcopale spagnola, Benedetto XVI assicura la sua vicinanza spirituale alle famiglie delle vittime e le sue ferventi preghiere per i defunti nonché l’auspicio di pronta guarigione per i feriti. Il Papa, infine, impartisce la sua benedizione apostolica come segno di consolazione e speranza nel Signore Risorto.
Le autorità locali stanno ancora indagando sulle cause del disastro: l’aereo, un MD-82 della compagnia Spanair, con 172 persone a bordo, appena decollato alla volta delle Canarie, ha tentato un atterraggio di emergenza dopo che un motore aveva preso fuoco. Ma il velivolo si è spezzato, incendiandosi. Il primo ministro José Luis Rodriguez Zapatero, rientrato a Madrid dalle vacanze, ha tenuto una conferenza stampa all'aeroporto di Madrid dicendo che il suo governo è "sconvolto". Messaggi di condoglianze sono giunti da tutto il mondo. Il servizio di Ignacio Arregui.
Per la Spagna del 2008, era impensabile un incidente aereo come quello di ieri, nel primo pomeriggio, in fase di decollo, in pieno aeroporto di Madrid, con buone condizioni atmosferiche, per un volo quasi di routine tra Madrid e le Isole Canarie. Le prime notizie con immagini della tragedia hanno scosso una Spagna in piena stagione di turismo e vacanze. E’ stata forse una fatalità imprevedibile? Sono 153 per adesso i morti ma il bilancio definitivo potrebbe ancora aumentare dato lo stato di estrema gravità di alcuni tra i 19 feriti. Il premier spagnolo e molti ministri hanno interrotto le loro vacanze e sono rientrati a Madrid per prendere in mano la situazione e stare vicino ai feriti e ai familiari dei morti. L’identificazione delle salme è molto difficile a causa delle gravi ustioni causate dall’incendio dell’aereo. Alcune critiche, in particolare contro la compagnia Spanair sono state pronunciate in particolare nelle Isole Canarie, luogo di destinazione dell’aereo, per il ritardo delle informazioni sui passeggeri. Ieri sera, la Spanair ha reso pubblico l’elenco completo dei passeggeri senza precisare se morti o feriti.
L’aereo, della Compagnia Spanair, aveva avuto qualche problema tecnico prima del decollo ed è partito con circa un’ora di ritardo. Sono state formulate diverse ipotesi sulle possibili cause della tragedia. Gli esperti consigliano la necessaria cautela e pazienza e si afferma che ci vuole sempre tanto tempo prima di arrivare a conclusioni definitive. Certo che la Spagna ha avuto in passato alcuni gravi incidenti aerei tra i quali quello di Tenerife nel 1977 che, dopo uno scontro frontale di due Jumbo ha causato 583 morti. Ma sembrava ormai garantita la sicurezza e la normalità del traffico aereo; infatti era ormai da 25 anni che non accadeva un incidente simile a quello di ieri. Unanimi invece i commenti favorevoli all’efficacia dei servizi di sicurezza e assistenza alle vittime.
Benedetto XVI nomina il cardinale Meisner, suo inviato speciale alle celebrazioni per i 400 anni dell'apparizione della Vergine a Šiluva, in Lituania
◊ Il 13 e 14 settembre prossimi sarà grande festa nel Santuario lituano di Nostra Signora, a Šiluva, per i 400 anni dalle apparizioni della Vergine. Per l’occasione, Benedetto XVI ha nominato come suo Inviato speciale il cardinale arcivescovo di Colonia, Joachim Meisner. Il Santuario, fondato nel 1457 poco dopo la diffusione del cristianesimo in Lituania, divenne nei secoli il simbolo della fede cattolica nel Paese - prima smarrita e poi ritrovata - e soprattutto difesa durante la dominazione comunista del XX secolo. Un luogo di culto intensamente frequentato, con un’immagine miracolosa della Madonna col Bambino alla quale sono stati attribuiti centinaia di miracoli. Alessandro De Carolis ne sintetizza la storia in questo servizio:
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Quando la giovane dai capelli fluenti, che piange stringendo in braccio un bambino, appare sulla sommità di una larga pietra ai pastori che stanno pascolando il gregge nelle vicinanze, la poco dissimile scena di Lourdes, a Massabielle, sarebbe avvenuta solo 250 anni dopo, e quella di Fatima alla Cova da Iria 309. E' un antico "cuore" mariano che inizia a battere nel Baltico molto tempo prima dei più rinomati centri di spiritualità francese e portoghese. I pastori che scorgono la donna corrono a chiamare il catechista del vicino e piccolo villaggio di Šiluva, e questi arriva subito in compagnia del rettore del seminario calvinista. Alla domanda sul perché stia piangendo, la donna risponde: “Piango perché la gente era solita adorare mio Figlio in questo luogo, ma ora essi arano e seminano”. Il significato di quelle parole e più ancora l’apparizione aprono uno squarcio in un passato ormai dimenticato dalla gente di Šiluva. Un secolo e mezzo prima, nel 1457, un nobile lituano al servizio di Vytautas il Grande aveva deciso di destinare quello stesso terreno alla costruzione di un tempio mariano. La Lituania si era convertita alla fede cattolica da pochi decenni ma l’ardore di chi aveva diffuso il Vangelo aveva conquistato in breve la nazione al cristianesimo.
Ma proprio i nobili sono i primi a risentire della riforma di Lutero. E luterano diventa anche il proprietario della chiesa di Šiluva. E’ l’inizio della fine: molti luoghi di culto vengono confiscati e chiusi, la fede cattolica pian piano si spegne. E lo scenario non muta neanche quando i calvinisti si sostituiscono ai luterani. La chiesa di Šiluva segue lo stesso destino: inutilizzata per anni, esiliato il clero, viene demolita alla fine del 1500. Ma un piccolo fatto accaduto in precedenza finirà per rovesciare la storia. Il parroco di Šiluva aveva riposto i documenti riguardanti la fondazione del tempio in una cassa di ferro poi sotterrata. Trascorrono quasi ottant’anni, la donna misteriosa appare ai pastori e il vescovo manda un suo legato ad investigare sul fatto. Le parole della donna inducono l’inviato a risalire all’esatta ubicazione dell’antica chiesa: un’impresa difficilissima se non fosse che l’antico parroco, molto anziano e cieco, è ancora vivo. La cassa coi documenti viene recuperata e così una nuova chiesa viene costruita. La fede riesplode genuina come in passato e un nuovo tempio, più grande, viene costruito nella seconda metà del Settecento, al quale Paolo VI conferirà nel 1974 il titolo di “basilica minore”.
Intanto sin dal primo periodo della rinata chiesa di Šiluva si erano diffuse notizie di miracoli e favori spirituali, poi accertati dal vescovo Gieidraitis, che nel 1786 fissò all’8 settembre la festa liturgica del santuario. L’antica immagine della Madonna col bambino, oggi venerata da centinaia di migliaia di pellegrini, accompagnerà i lituani anche durante le guerre mondiali e la “notte” della dittatura sovietica, che osteggerà invano le folle in continua visita a Šiluva. Nel 1993, due anni dopo l’indipendenza, Giovanni Paolo II si fermò in preghiera nel santuario. E due anni fa, l’attuale Pontefice ha benedetto le nuove corone d'oro per il quadro miracoloso di Maria e di Gesù a Šiluva.
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Castel Gandolfo conferisce la cittadinanza onoraria a mons. Georg Ratzinger
◊ Alle ore 18 di oggi, nella Sala degli Svizzeri del Palazzo Apostolico di Castel Gandolfo, alla presenza del Papa, il sindaco di Castel Gandolfo conferisce a nome dell’amministrazione comunale la cittadinanza onoraria a mons. Georg Ratzinger, fratello del Santo Padre.
Il commento di padre Lombardi all'intervista rilasciata dal vescovo di Pechino al Tg1
◊ Ieri il Tg1 RAI ha intervistato in esclusiva il vescovo di Pechino, Giuseppe Li-Shan, sulla situazione della Chiesa in Cina. Nel Paese – ha detto il presule - “si contano tra gli 8 e i 10 milioni di cattolici. A Pechino ci sono 20 chiese e nei giorni festivi vengono celebrate 3 o 4 Messe, con circa 3 mila fedeli per ogni funzione''. Il vescovo ha detto che i rapporti tra Santa Sede e Pechino “vanno sempre meglio” e che “ci sono grandi sviluppi”: ha quindi auspicato un viaggio del Papa in Cina. Su questa intervista ascoltiamo la reazione del direttore della Sala Stampa vaticana padre Federico Lombardi, al microfono di Sergio Centofanti:
R. - L’intervista del vescovo Li-Shan, può essere considerata uno dei segnali con cui, da parte cinese, si risponde alla disponibilità e all’auspicio manifestato dal Papa, nella sua Lettera di un anno fa, per cercare una normalizzazione dei rapporti tra Cina e Santa Sede.
D. – Qual è la situazione dei rapporti tra Santa Sede e Cina?
R. - Diversi problemi importanti non sono risolti ma da parte della Santa Sede vi è l’intenzione e la volontà di continuare a portare avanti un dialogo leale e costruttivo.
D. – Il vescovo Li-Shan ha auspicato un viaggio del Papa in Cina …
R. - Per ora, parlare di un viaggio del Papa in Cina, è del tutto prematuro. Tuttavia, le parole del vescovo Li-Shan, manifestano che tutti i cattolici cinesi amano e rispettano il Papa, ne riconoscono l’autorità e sarebbero lieti di incontrarlo e questo è certo un aspetto molto positivo ed incoraggiante.
Oggi su "L'Osservatore Romano"
◊ Il cordoglio di Benedetto XVI per la sciagura aerea a Madrid
Nell’informazione internazionale, in primo piano la tensione tra Stati Uniti e Russia sullo scudo spaziale: a rischio il multilateralismo e il disarmo. Un articolo di Luca M. Possati dal titolo “Cosa nascondono i satelliti di Teheran”
“Quell’agosto che gelò la primavera di Praga”. Raffaele Alessandrini ricostruisce gli eventi di Praga 1968 a partire dal ricordo del cardinale Miloslav Vlk
Un articolo di Vittorio Citterich dal titolo “Un sindaco cattolico nella Mosca poststalinista: nell’agosto del 1959 il primo viaggio di La Pira nell’Urss”
“L’hobbit cattivo amato da Tolkien”. Andrea Monda sulla conversione mancata del personaggio di Gollum nella trilogia del “Signore degli Anelli”
“Se non sei solo non hai più voglia di morire”. Edoardo Caprino su cure palliative ed eutanasia
“Tessuti umani offresi”. Giulia Galeotti sul mercato dei trapianti
“Una porta spalancata su un futuro di nuove speranze”. Gianluca Biccini intervista l’arcivescovo Philip Edward Wilson, presidente della Conferenza episcopale australiana a un mese dalla GMG 2008
Commozione ai funerali di padre Thomas, il carmelitano ucciso in India. L'arcivescovo di Hyderabad: il governo protegga i cristiani
◊ Dolore e commozione ieri ai funerali di padre Thomas Pandipally, il carmelitano ucciso lo scorso 16 agosto mentre si stava recando in un villaggio dell’Andra Pradesh, Stato nel sud est dell’India. La Messa funebre è stata presieduta dall’arcivescovo di Hyderabad, mons. Joji Marampudi. La Chiesa indiana è profondamente addolorata per il barbaro omicidio: i vescovi del Kerala hanno chiesto al governo di proteggere i missionari impegnati ad aiutare “gli emarginati e i poveri del Paese”. Sui funerali di padre Thomas, ascoltiamo al microfono di Amedeo Lomonaco, mons. Joji Marampudi, raggiunto telefonicamente ad Hyderabad, capoluogo dello Stato dell’Andra Pradesh:
R. – Yesterday, the mortal remains of father Thomas ...
Ieri, i resti mortali di padre Thomas sono stati portati nel cimitero provinciale di Hyderabad. Alla cerimonia hanno partecipato 250 sacerdoti. C’era anche una forte rappresentanza di suore e cristiani laici. Prima della Messa, c’è stata una lunga marcia attraverso la città. I partecipanti alla marcia hanno criticato il governo per non aver preso misure appropriate in seguito alla morte di padre Thomas. Questa mattina, nella periferia di Hyderabad abbiamo celebrato un’altra Messa funebre per padre Thomas: abbiamo condannato la brutale uccisione di un missionario. Padre Thomas è il primo martire dei tempi recenti dell’Andra Pradesh nell’arcidiocesi di Hyderabad.
D. – Eccellenza su quali temi si è soffermato in particolare durante l’omelia?
R. – During the funeral …
Durante la cerimonia, ho espresso solidarietà ma allo stesso tempo mi sono rivolto al governo. Ho ricordato che un missionario, un giovane sacerdote ha sacrificato la propria vita per il bene della gente, portando istruzione e salute direttamente nelle case delle persone più abbandonate delle zone tribali.
D. – Chi era padre Thomas e verso quali ambiti era orientato il suo impegno?
R. – Father Thomas, as I know my priests as a bishop ...
In base alla conoscenza che, come vescovo, ho dei miei sacerdoti, posso dire che padre Thomas era uno degli uomini più raffinati, un’anima impegnata, un semplice, un generoso. Era sempre a disposizione della gente per sostenere tutti nei problemi e nelle preoccupazioni. Era uno dei migliori educatori nell’arcidiocesi di Hyderabad.
D. – Cosa chiedete adesso dopo la morte di padre Thomas?
R. – After the Mass...
Dopo la Messa, insieme con i consiglieri e con tutti i capi religiosi cattolici indiani ci siamo riuniti, nel pomeriggio, per stabilire un programma e per organizzare una grande manifestazione domenica sera, a Hyderabad, per chiedere al governo indiano e al governo dell’Andra Pradesh di arrestare immediatamente i colpevoli.
I russi si ririrano da Gori. Sudosseti e abkhazi reclamano l’indipendenza
◊ Prime schiarite nella crisi georgiana: le truppe russe si stanno ritirando dalla città di Gori. Il servizio di Fausta Speranza.
Separatisti abkhazi e sudosseti in piazza oggi per reclamare l'indipendenza dalla Georgia, mentre il ritiro delle forze russe procede al rallentatore e con sorprese. Oggi infatti lo stato maggiore russo ha confermato che tutte le forze militari di Mosca si ritireranno entro domani dalla Georgia, come promesso dal leader del Cremlino Dmitri Medvedev, ma all'interno dell'Ossezia del Sud e della fascia di sicurezza, nella zona dei peacekeeper russi. L'accordo di pace mediato dalla presidenza francese della UE, invece, prevede che le truppe russe, come quelle georgiane, tornino alle posizioni precedenti al conflitto: in tal caso, i soldati russi dovrebbero arretrare oltre il confine, lasciando solo i peacekeeper. Inoltre, nonostante l'annuncio del ritiro anche dalla zona di Gori, tuttora inaccessibile, le forze russe continuano a presidiare anche la strada che porta a Tbilisi. Qualcosa comunque si muove, se a Zaramag, alla frontiera tra l'Ossezia del sud e quella della repubblica russa dell'Ossezia del Nord, si è verificato un imbottigliamento di camion militari. A Tskhinvali, capitale dell’Ossezia del Sud, - dove stasera il famoso maestro russo Valeri Gergiev, di origine osseta, dirigerà la sua orchestra in un concerto-requiem all'aperto per le vittime del conflitto - è atteso nel pomeriggio un raduno di massa sollecitato dal 'presidente' Eduard Kokoity per sostenere la richiesta di riconoscimento dell'indipendenza. Analoga iniziativa si è già svolta nell'altra regione separatista dell'Abkhazia, dove 55 mila persone hanno sostenuto l'istanza formalizzata ieri dal 'parlamento' per il riconoscimento da parte di Mosca. Lunedì ne discuterà il senato russo, e forse anche la Duma, la camera bassa del parlamento russo. Resta da dire che Medvedev, intanto, dopo l'appoggio espresso dalla leadership venezuelana e bielorussa, ha incassato oggi anche la solidarietà e il sostegno del presidente siriano Bashar al Assad in visita a Soci.
E sulla situazione degli sfollati a Tblisi, Claudia Di Lorenzi ha intervistato il dott. Francesco Rocca, direttore delle operazioni della Croce Rossa Italiana, che nella capitale georgiana guida un team di medici e volontari operativi presso alcune delle 600 strutture che ospitano le vittime del conflitto:
R. – I profughi sono circa 50 mila; prevalentemente vengono dall’Ossezia del Sud, dall’area di Gori, e sono dislocati in scuole, vecchi ospedali, asili. Sono circa 600, in questo momento, i centri di accoglienza per i profughi qui a Tbilisi. Disperati perché hanno lasciato tutto: hanno lasciato il lavoro, hanno lasciato la casa, quelli più fortunati sono venuti via in macchina, quindi hanno potuto portare poche cose. La maggior parte ha bisogno di vestiario, cibo, cure mediche. Le storie sono tante; quello che, come in ogni guerra, in ogni tragedia colpisce è la situazione dei bambini, che sono sempre i più vulnerabili e i più colpiti.
D. – A che punto è il ritiro delle forze russe dal territorio georgiano?
R. – Ci sono voci contrastanti, ma non sembra che allo stato le truppe russe si siano completamente ritirate; ci sono ancora parecchi presidi, parecchi ceck-point, poi c'è anche tutta una serie di milizie irregolari che si aggirano per i villaggi, per cui le persone hanno deciso di lasciare le loro cose, le loro case e di scappare dalla violenza e trasferirsi verso la capitale. Questo pomeriggio ci recheremo proprio a Gori per verificare la situazione e fare anche una prima valutazione sul campo, perché in quell’area i bisogni della gente sono enormi.
D. – Come opera in questi giorni la Croce Rossa a Tbilisi?
R. – Stiamo allestendo una cucina da campo presso un ospedale abbandonato, dove ci sono circa 1500 persone - di cui circa 300 bambini - e noi daremo da mangiare a tutte queste persone e ad alcuni asili in zona, fino a un totale di 2500 persone. La prossima settimana è in arrivo un’ulteriore autocolonna da Brindisi, che verrà dislocata proprio nell’area di Gori, per sostenere 2500-3000 persone al giorno. Ci sono molte difficoltà, perché Tbilisi è praticamente circondata; alcuni corridoi vengono aperti. Comunque è una zona altamente insicura, proprio per la presenza di irregolari, anche per gli operatori umanitari. Io prego di rispondere agli appelli che in questo momento si stanno moltiplicando, per sostenere questa popolazione così colpita; in particolar modo, Croce Rossa ha lanciato un appello per sostenere le nostre attività che dovrebbero protrarsi per almeno sei mesi.
Chiesa aperta di notte a Bibione, in provincia di Venezia
◊ Chiesa aperta fino all’alba per pregare, confessarsi o semplicemente discutere insieme. A lanciare il progetto è don Andrea Vena, parroco della chiesa di Santa Maria dell’Assunta, a Bibione, in provincia di Venezia. Un’idea che segue altre iniziative simili, come il sabato notte in parrocchia a Scauri, in provincia di Latina, o gli incontri organizzati nella chiesa della Salute di Portici, per pregare contro le stragi del fine settimana. Linda Giannattasio ha chiesto a don Andrea come nasce e qual è il senso della sua iniziativa:
R. – Premettiamo che ci troviamo in una località turistica. Questo fa intuire quanto anche i miei ragazzi che stanno qui rischiano di assumere gli atteggiamenti del turista e di trasformare questi atteggiamenti in uno stile di vita. Questa è la prima premessa. La seconda, non posso mettermi in concorrenza con agenzie educative che portano avanti pensieri contrari a quelli della Chiesa, tipo i genitori. Quando un figlio sente in chiesa che la preghiera è importante e poi va a casa e sente l’opposto, va in fumo quello che uno cerca di fare. Dall’altra parte, non posso neppure rincorrere i giovani che sono attratti da altro. Allora, io ho fatto una scelta: ho scelto di mettermi accanto a Colui che solo può veramente attrarre i cuori dei giovani. Gesù nel Vangelo dice: “Una volta che sarò innalzato da terra attirerò tutti a me”. Da qui è nata l’idea di dedicare la notte, vegliando con Lui.
D. – Chi viene in chiesa durante la notte?
R. – Ci sono gli anziani che non dormono, ci sono gli assistenti che guardano gli anziani, ci sono i medici, le forze dell’ordine, ci sono i giovani che vanno in giro per discoteche. Ecco, io ho fatto la scelta di stare vicino a tutte queste categorie di persone per dire che io ci sono. Mi trovate in chiesa a pregare per voi, prima di tutto e, per chi lo desidera, a pregare con voi e soprattutto sono disponibile ad ascoltare, a confessare.
D. – Cosa dicono le persone?
R. – La gente all’inizio non credeva, non avrebbe mai immaginato una risposta del genere. Eppure, in questi ultimi quattro giovedì, mediamente ho confessato tra le cinque e le sei ore per notte. E la gente viene. I miei parrocchiani restano a bocca aperta, perché intuiscono che forse la parrocchia può dare ancora qualcosa.
D. – La chiesa aperta di notte segue anche un’altra iniziativa che è quella di aprire la canonica anche il sabato...
R. – La canonica la apro per i miei giovani, proprio per la parrocchia. E’ aperta tutto l’inverno. E’ nata quest’anno l’idea. Io tutti i sabati e le domeniche ho avuto i giovani, i quindicenni, i sedicenni, a cena con me in canonica. Si fanno la pastasciutta, fanno tutto, perché a Bibione è tutto chiuso. E’ una città “spettrale” d’inverno e i giovani non hanno punti di riferimento.
D. – Secondo lei, accogliere i giovani in Chiesa significa anche farli riflettere su quello che succede nelle discoteche?
R. – I giovani li accolgo in chiesa alle 3, alle 4. Chiudono i locali e magari arrivano in chiesa. Mi domando se è giusto allungare i tempi per vendere superalcolici o se è giusto invece educare i nostri giovani a qualcosa di più importante. Pure in confessionale, le lacrime che si raccolgono sono tante. Io dico che non è il luogo che crea problemi, sono le persone che possono rendere quel luogo positivo o, diciamo, “pericoloso”.
Dieci donne raccontano in teatro la loro vittoria sul cancro
◊ Si chiamano le “Griots”, come i racconta-storie dei villaggi africani perché come loro raccontano un’avventura, quella della loro vita. Sono dieci donne che, dopo aver sconfitto il cancro, hanno deciso di raccontare a teatro la propria esperienza. Lo spettacolo, proposto in Umbria e Toscana, non è solo una testimonianza, ma soprattutto un inno alla vita e alla speranza. Il servizio di Elena Mandarano:
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La vita è bella. E’ questo il messaggio che vogliono lanciare le dieci donne che hanno combattuto e sconfitto una delle malattie più terribili: il cancro. Una storia di coraggio che hanno deciso di raccontare attraverso lo spettacolo teatrale intitolato “…E ancora danzo la vita”. L’idea nasce nel 2006 quando le Griots si incontrano frequentando un corso di scrittura creativa, organizzato dall’istituto oncologico europeo di Milano. Alla fine del corso, ognuna di loro scrive un libro dai quali prende spunto lo spettacolo teatrale. Manuela Annovazzi, attrice e regista dello spettacolo:
“Lo spettacolo si svolge come fosse un libro: per capitoli. Ho voluto anche dei costumi molto femminili che mettessero in risalto, come dico io, la nostra mutata bellezza, perché quasi tutte noi abbiamo avuto un tumore al seno. Vogliamo dare coraggio alle donne che magari non osano più mostrarsi”.
Un inno alla vita dunque e un messaggio di speranza, un messaggio che è stato apprezzato anche dalle clarisse di Sant’Agnese in Umbria, le quali hanno invitato il gruppo ad esibirsi all’interno del proprio convento. Ancora Annovazzi:
“C’è stato un dono del buon Dio. Loro dicono che si sono arricchite attraverso la nostra esperienza e noi attraverso la loro, altrettanto”.
E la malattia ha anche rafforzato il rapporto con Dio...
“All’inizio è stato molto duro, poi una sera, pregando, ho detto veramente con il cuore: 'Padre, io sono tua figlia, da sola non ce la faccio, mi devi tenere tra le tue braccia'. E così è stato”.
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La Chiesa ricorda San Pio X, Papa riformatore che, con il suo Catechismo, rese la dottrina della fede alla portata di tutti i fedeli
◊ La Chiesa festeggia oggi San Pio X, Pontefice dal 1903 al 1914. Un Papa, ha ricordato ieri Benedetto XVI all'udienza generale, che “visse in un periodo storico travagliato” e che dovette lottare per garantire la libertà della Chiesa e la coerenza della fede. Una Verità che il Papa difese, in particolare, con la sua Enciclica "Pascendi Dominici Gregis" che condannava gli errori del "modernismo". Per una riflessione sui frutti di questo Pontificato, Alessandro Gisotti ha intervistato lo storico Quirino Bortolato, autore di numerose pubblicazioni su Papa Giuseppe Sarto, e tra i fondatori del Museo "San Pio X" nella cittadina veneta di Salzano, dove Papa Sarto fu giovane parroco per 8 anni:
R. – Il Pontificato di Pio X fu un Pontificato spartiacque. Papa Sarto ha curato la riforma della Curia, del Papato. Lo ha aperto verso il mondo e non solo verso uno Stato. Ha realizzato delle riforme che sono rimaste molto importanti fino al Concilio Vaticano II: catechismo, musica sacra, codificazione canonica – importantissimo! – la liturgia ...
D. – Sicuramente, il Catechismo di Pio X è un documento innovatore e particolarmente caro a generazioni e generazioni di fedeli ...
R. – L’innovativo metodo della domanda e risposta che è stato proposto prima alla diocesi di Roma e poi, come catechismo unico per tutta la Chiesa cattolica nel 1912, ha le sue radici proprio qui a Salzano. Di fatti, nel nostro museo, sono conservati i suoi due quaderni con il metodo della domanda e risposta, in cui scendendo proprio a livello della nostra popolazione, che evidentemente non aveva studiato, era quasi tutta analfabeta, spiegava – con il metodo della domanda e risposta – tutti i cardini fondamentali di quello che noi oggi conosciamo come Catechismo.
D. – Il nucleo della dottrina della fede alla portata di tutti, dunque…
R. – Certamente. Ha istituito un catechismo unico. Prima, ogni diocesi aveva il proprio catechismo, invece lui si è fatto paladino di un catechismo unico per tutta la Chiesa cattolica che è durato fino al Concilio Vaticano II.
D. – Una delle grandi preoccupazioni di Papa Pio X era la pace: lui morì nel 1914, in un certo qual modo prefigurò anche l’orribile vicenda della Prima Guerra Mondiale ...
R. – Orribile vicenda che lui aveva preveduto da tanto tempo, perché già nel 1903-1904 parlava di un “guerrone”, un guerrone che sarebbe scoppiato inevitabilmente se le nazioni europee non si fossero in qualche modo accordate. Certo, la diplomazia vaticana si è data da fare per evitare quella che dopo Benedetto XV chiamerà “l’inutile strage”. Pio X paventava uno scontro tra le potenze cattoliche per cui diceva che non potevano delle potenze cattoliche mancare al principale comandamento che Cristo aveva dato, cioè di amarsi gli uni gli altri.
Nel Duomo di Bressanone, ultimo saluto a mons. Egger
◊ Oggi a Bresannone fedeli, parenti e autorità parteciperanno alle esequie di mons. Wilhelm Egger, morto improvvisamente e prematuramente sabato scorso: il funerale del vescovo di Bolzano–Bressanone sarà celebrato in Duomo alle ore 15. Il rito sarà presieduto dal cardinale Angelo Scola, patriarca di Venezia e presidente della Conferenza episcopale del Triveneto. Davanti al corteo funebre, che partirà dalla chiesa del Seminario maggiore, ci sarà la croce. Seguirà la banda musicale di Vipiteno, il Consiglio comunale e parrocchiale e le associazioni ecclesiali e laiche di Vipiteno. Seguiranno le autorità invitate, i collaboratori della Curia vescovile, dei media diocesani, della Caritas, delle associazioni cattoliche, del Seminario Maggiore, dello Studio teologico accademico di Bressanone e del Vinzentinum, così come i membri del Consiglio pastorale diocesano e quelli delle Commissioni diocesane. Sono intanto numerosi i messaggi di cordoglio per il vescovo Egger: “La sua morte improvvisa – spiega il cardinale Marco Cè, patriarca emerito di Venezia - è una grande perdita non solo per la diocesi, ma per tutto l’episcopato italiano e, in particolare, per la Conferenza episcopale triveneta”. “Fra noi – rivela il patriarca emerito di Venezia - esisteva una consuetudine fraterna, maturata nei lunghi anni di comune lavoro nella Conferenza regionale e sempre”. Una consuetudine fraterna “mantenuta viva nello scorrere degli anni fino all’ultimo incontro del 31 luglio quando - con il fratello padre Kurt e il segretario don Thomas - venne a incontrarmi a Moena, presso la casa estiva del seminario di Crema, dove sono solito trascorrere le mie ferie estive. Mai avremmo pensato che quelle ore serene trascorse insieme, da amici, sarebbero state il nostro ultimo incontro”. Nella Conferenza episcopale triveneta – aggiunge il porporato le cui parole sono state riprese dal quotidiano ‘Avvenire’ - “entrò con delicatezza e grande amabilità, portandovi la ricchezza della sua personalità religiosa e della sua formazione culturale”. “A livello nazionale - ricorda il cardinale Cè - fece parte per diversi anni del Consiglio permanente della CEI e, da biblista molto preparato quale era, svolse un ruolo importante nella revisione della traduzione della Bibbia”. Il vescovo di Locri–Gerace, mons. Giuseppe Fiorini Morosini, assicura poi in un telegramma “vicinanza spirituale e fervida preghiera di suffragio”. Il presule ricorda anche come mons. Egger sia stato più volte ospite nella Locride del suo predecessore, mons. Giancarlo Maria Bregantini, “a lui legato da grande amicizia”. Domenica scorsa, dopo l’Angelus, anche Benedetto XVI aveva espresso il proprio cordoglio per l’improvvisa scomparsa del vescovo di Bolzano-Bressanone. “Lo avevo lasciato pochi giorni fa, apparentemente in buona salute” e nulla – aveva aggiunto il Santo Padre - faceva pensare ad una sua così rapida dipartita”. “Mi unisco – aveva infine detto il Papa - al cordoglio dei parenti e dell’intera diocesi nella quale era apprezzato ed amato per il suo impegno e per la sua dedizione”. (A.L.)
I leader religiosi nello Sri Lanka denunciano: democrazia a rischio nel Paese
◊ In vista delle elezioni amministrative che si terranno nello Sri Lanka il prossimo 23 agosto i “Congresso delle religioni” ha lanciato un appello affinché sia consentito il diritto a votare liberamente “attualmente impedito da chi detiene il potere delle armi, del denaro e della malavita”. Nel messaggio firmato da 17 alti rappresentanti cattolici, anglicani, buddisti, metodisti, musulmani e indù, si denuncia una campagna elettorale segnata dall’insicurezza generata da “una barbara lotta per il potere”. Nel testo ripreso dalla MISNA i capi religiosi lamentano che “questa triste situazione avrebbe potuto essere evitata se fossero state stabilite la commissione elettorale e la commissione sulla sicurezza, come aveva approvato il parlamento”, denunciando che le province di Sabaragamuwa (sudovest) e del nordovest sono diventate “campi di battaglia virtuali” dove regna un clima di violenza. Il Congresso delle religioni chiede quindi con fermezza al governo e a tutti i partiti politici “di creare un clima favorevole per un voto equo e trasparente”. I firmatari del documento – tra cui l’arcivescovo cattolico di Colombo, mons. Oswald Gomis – condannano anche “la severa repressione sui media, i rapimenti di persone, le uccisioni e le vessazioni di cui sono oggetto i professionisti dei media”, sintomo, secondo gli esponenti religiosi, dell’ “erosione sistematica della democrazia”. (M.G.)
Myanmar: il regime teme la cooperazione tra cristiani e buddisti
◊ Giro di vite della giunta militare del Myanmar sugli aiuti di cristiani e buddisti alle popolazioni colpite dal ciclone Nargis. Il regime si sente infatti minacciato dal crescente senso di solidarietà e collaborazione fra fedeli di diverse religioni, di conseguenza sono aumentati i controlli e la depredazione degli aiuti internazionali. Fonti anonime - per motivi di sicurezza - raccolte da AsiaNews riferiscono che i militari cercano di “ostacolare in ogni modo il legame fra fedeli di diverse religioni”, aumentando il controllo in tutto il Paese, nelle chiese, nei templi, negli angoli e nelle strade, persino sui mezzi di trasporto. Fra l’altro “il governo ha utilizzato il lavoro dei profughi, accolti nei centri predisposti dalla Chiesa, per ricostruire strade e strutture danneggiate dal passaggio del ciclone”. Ancora oggi, a distanza di quattro mesi, nei dintorni della capitale Yangon vi sono “nuclei familiari che sopravvivono come possono, senza alcuna garanzia di cibo e acqua”. L’aiuto dei cristiani e dei buddisti è “fondamentale” per la loro vita, ma il governo “teme questa unione di intenti” perché potrebbe fomentare altre “rivolte popolari e abbattere la dittatura al potere”. A tutto ciò si aggiunge una “crisi economica sempre più grave” a causa dell’aumento dei prezzi dei generi di prima necessità. Il punto è che la giunta militare, racconta la fonte, si accaparra le scorte “senza distribuirle direttamente alla popolazione”; i cittadini “si devono conquistare il pasto lavorando per la dittatura”. Si registrano persino casi di aiuti non consegnati o respinti – racconta la fonte – solo perché provenienti dalla comunità internazionale. La repressione nel sangue della rivolta dei monaci nel settembre 2007, la crescente crisi economica e le possibili celebrazioni per il ventennale del massacro degli attivisti che chiedevano la democrazia – avvenuto l’8 agosto 1988 – ha accresciuto “l’ossessione dei militari in materia di sicurezza” e l'annullamento di qualsiasi voce contraria al regime: “Dal primo di agosto le città sono blindate, i templi pattugliati di continuo, non è stato possibile organizzare alcuna celebrazione per ricordare il massacro di 3mila persone avvenuto nell’agosto dell’88”. (M.G.)
Ruanda: sotto processo quattro ufficiali del Fronte Patriottico per l’eccidio di 13 religiosi cattolici
◊ La giustizia continua a fare il suo corso in Ruanda, dove continua il processo contro quattro ex ufficiali del Fronte Patriottico Ruandese, accusati della strage di 13 religiosi cattolici, tra cui tre vescovi, durante il genocidio del 1994. Secondo quanto riferisce la MISNA, due dei quattro ufficiali del gruppo ribelle - sotto processo presso la Corte marziale di Kigali – si sono dichiarati “non colpevoli”. Si tratta del generale Wilson Gumisiriza e il maggiore Wilson Ukishaka che sostengono di non aver mai saputo che i loro sottoposti – i capitani John Butera e Dieudonné Rukeba – si accingevano a fucilare i religiosi. Dal canto loro i due capitani Butera e Rukeba si sono invece già dichiarati colpevoli nel giugno scorso, quando è iniziato il processo a loro carico, e hanno ripetuto ieri la loro confessione davanti la corte militare. I quattro ufficiali sono stati arrestati l’11 giugno scorso in seguito a un’inchiesta congiunta tra la procura di Kigali e il Tribunale penale internazionale per il Ruanda con sede ad Arusha (Tanzania). Tra i religiosi uccisi nell’eccidio, c’erano anche l'arcivescovo di Kigali Vincent Nsengiyuma, il vescovo di Bymba Joseph Ruzindana e il vescovo di Kabgayi e presidente della conferenza episcopale ruandese Thaddée Nsengiyuma. (M.G.)
Perù: gli indigeni sospendono le agitazioni dopo l’accordo sulla revoca del decreto che privatizza le terre
◊ Tutte le azioni di protesta degli indigeni peruviani sono state sospese, a seguito del raggiungimento di un accordo con il presidente del parlamento sul blocco del decreto legge destinato a favorire la privatizzazione delle terre dei nativi. Nei prossimi giorni, forse già domani, il parlamento dovrebbe infatti revocare questo decreto presidenziale che consente al Perù di soddisfare alcune delle condizioni poste da un accordo di libero scambio con gli Stati Uniti. In attesa del voto in aula, ieri sera i deputati hanno già bocciato il decreto in una speciale commissione. Gli indigeni, da oltre una settimana, occupavano una centrale elettrica e alcune installazioni petrolifere del Perù. Ad annunciare la fine delle agitazioni nel sudest e nel nord, che martedì avevano spinto il governo a proclamare lo stato di emergenza in diverse province, è stato il presidente dell’Associazione interetnica per lo sviluppo della selva peruviana (AIDESEP): “Siamo fiduciosi e aspettiamo che adesso a muoversi sia il parlamento”. (M.G.)
Colletta nazionale in Perù per la campagna contro la droga
◊ Da domani fino al 24 agosto, in tutto il Perù, prenderà il via la Colletta nazionale a sostegno della Campagna di solidarietà “Condividere” 2008, organizzata dalla Conferenza episcopale del Paese andino. Scopo dell’iniziativa è sensibilizzare la popolazione sul problema della tossicodipendenza che colpisce in particolare i giovani. Allo stesso tempo la colletta serve a finanziare progetti a sostegno di coloro che vivono in prima persona questa emergenza. Fondamentale in tal senso - è stato sottolineato - è l’apporto dei media che hanno il compito di far conoscere il problema in ogni suo aspetto. Per maggiori dettagli si rimanda alla pagina internet: www.iglesiacatolica.org.pe/cep/compartir. (B.C.)
Stati Uniti: integrazione e solidarietà tra datori di lavoro statunitensi e immigrati messicani
◊ Un soggiorno per conoscere la cultura e la terra degli immigrati messicani che lavorano nelle fattorie degli Stati Uniti. E’ questo il significato del progetto che da alcuni anni vede coinvolti un gruppo di proprietari del Wisconsin e gli abitanti dei villaggi sulle montagne Zongolica, da dove provengono gli stranieri che lavorano per loro. L’idea è venuta a Shaun Duval, l’unica insegnante di spagnolo della cittadina di Alma, nello Stato del nord degli Stati Uniti dove la produzione di latte e derivati è in larga espansione mentre declina la popolazione e la mano d’opera scarseggia. La Duval - racconta il quotidiano ‘Christian Science Monitor’ citato dalla MISNA - inizialmente fu chiamata da una trentina di proprietari delle aziende per fare da interprete ma presto comprese come ciò non fosse sufficiente per avvicinare le due culture. Negli ultimi anni la forte immigrazione anche negli Stati del nord fino a quel momento relativamente coinvolti dal fenomeno aveva cominciato a creare i primi problemi di incomprensione già visti decenni prima in California. L’insegnante ha quindi organizzato “viaggi di conoscenza” tra i titolari delle fattorie e i loro parenti presso le famiglie dei loro lavoratori messicani. Dal 2001 ogni estate gli abitanti dei villaggi aspettano i loro ospiti pronti a riservargli la migliore accoglienza nelle loro case: la camera migliore, convivialità, cibo tradizionale. Dalla reciproca conoscenza sono nate anche iniziative di sostegno come l’invio di medicinali e materiale medico o scolastico; ma non si tratta solo di beneficenza: “È un modo per sviluppare la fiducia reciproca” anche a beneficio del lavoro insieme, ha detto uno dei partecipanti. Più eloquente un altro ospite al suo primo viaggio, molto colpito dalla familiarità della gente quanto dalla povertà del posto: “Appena arrivi realizzi immediatamente perché emigrano, ma dopo dieci minuti capisci anche perché non vedono l’ora di tornare a casa”. (M.G.)
Suor Luciana Welponer eletta nuova madre generale delle Figlie del Sacro Cuore
◊ La Congregazione delle Figlie del Sacro Cuore, fondata a Bergamo nel 1831, ha eletto la nuova madre generale, suor Luciana Welponer, 52 anni, trentina di Cavalese. L’elezione – riferisce il quotidiano ‘Avvenire’ – è avvenuta al termine del 27.mo Capitolo generale incentrato sul tema “Figlie eredi della carità del Cuore di Gesù che si fa servizio per il Regno”. E’ stato eletto anche il nuovo Consiglio, formato da due suore italiane, un’indiana e una brasiliana. Il Capitolo si è aperto con la relazione della madre generale uscente, la brasiliana Jelda Zorzo, che ha tratteggiato la vita e la missione delle Figlie del Sacro Cuore. La Congregazione conta circa 700 suore, impegnate nell’evangelizzazione e nella promozione umana rivolte verso bambini, adulti, giovani, anziani e famiglie. La Congregazione è presente in 14 Paesi dove opera in scuole, asili, convitti, pensionati universitari e parrocchie. (A.L.)
Nuove iniziative e curiosità per l'Anno Paolino
◊ L’Anno Paolino, che celebra il bimillenario della nascita dell’Apostolo, non è esente da curiosità. Come quella che sta suscitando nel mondo di lingua ispanica un gioco interattivo su Internet incentrato sulla vita e sull’opera di San Paolo, inventato in Messico con intenti catechetici da un frate minore francescano, padre Hugo Córdova Padilla, rettore del santuario di Nuesta Seňora de El Pueblito nella diocesi di Querétaro. Collegandosi con il sito www.santamariadelpueblito.org/san-juegos-sanpablo.htm si entra in un mondo di domande e risposte attraverso una presentazione sulle finalità del gioco (che ha per nome Tras las huellas de San Pablo, Sulle orme di San Paolo), le opportune istruzioni per svolgerlo e una simbologia di sei immagini – una spada, una barca, un angelo, un legionario romano, una prigione, la tempesta – che consentono, come nel “gioco dell’oca”, di andare avanti o indietro, o fermarsi lungo il “percorso paolino”. Chi lo porta a termine potrà scrivere il suo nome sulla lista dei vincitori. Fernando Pérez Valdéz, che ha sviluppato il progetto, prevede di tradurlo in inglese e altre lingue per diffonderlo ovunque in quest’Anno Paolino. Un altro evento singolare ha visto di recente protagonisti tre giovani sacerdoti polacchi che per celebrare l’Anno Paolino hanno compiuto in bicicletta un pellegrinaggio di 1.988 chilometri dalla loro regione, l’Alta Slesia, fino alla Basilica Ostiense, impiegando 22 giorni. Sono partiti dalla chiesa dei Santi Apostoli Pietro e Paolo di Katowice e hanno attraversato Polonia, Repubblica Ceca, Germania, Austria, e mezza Italia, improvvisando le tappe, in media, ogni cento chilometri. Don Tomasz, don Jan e don Lukas sono amici da quando frequentavano il seminario di Katowice; poi, nonostante la lontananza fra le loro parrocchie, sono rimasti sempre in contatto. “Siamo stati parecchie volte a Roma, hanno detto, ma quest’anno la motivazione del nostro viaggio era particolare : volevamo raggiungere la meta, il Sepolcro di San Paolo imitando le sue fatiche di apostolo itinerante”. Raccontano: “In ogni sosta siamo stati accolti con stupore, gioia e straordinaria ospitalità”. Tra le tappe indimenticabili quella in Baviera a Marktl am Inn, luogo di nascita di Papa Benedetto XVI. (A cura di Graziano Motta)
Undici feriti per un attentato a Smirne, in Turchia
◊ È di 11 feriti, otto agenti di polizia e tre militari (di cui uno grave), il bilancio definitivo dell'attentato compiuto stamani contro un pullman della polizia in un quartiere della città di Izmir (Smirne), nella Turchia occidentale. Tutta la zona è stata chiusa al traffico mentre la polizia locale, sotto shock per l'accaduto, ha già predisposto numerosi posti di blocco in tutta la città. È il secondo attacco terroristico contro la polizia turca nelle ultime 48 ore. Martedì scorso, un sospetto kamikaze per evitare l'arresto si è fatto esplodere, uccidendosi e ferendo nove poliziotti. Sinora l'attentato di stamani non è stato rivendicato. A Alberto Rosselli, storico e giornalista esperto dell’area, Stefano Leszczynski ha chiesto chi abbia interesse nell’eversione turca:
R. - In Turchia, da decenni, operano delle cellule che si rifanno a dei principi - sia politici che religiosi - diversi. Abbiamo delle cellule nazionaliste turche, abbiamo delle cellule curde che, com’è noto, aspirano alla costituzione di uno Stato indipendente, e abbiamo anche - in questi ultimi tre o quattro anni - delle cellule islamiche che mirano, in qualche maniera, a contrapporsi allo Stato laico.
D. - Abbiamo notato, in quest’estate, un’intensificarsi degli attacchi terroristici in Turchia: questo può essere letto con la difficile situazione politica che si è avuta nel Paese?
R. - E’ del tutto evidente che questo stato di debolezza sostanziale del governo turco in qualche modo sia il termometro, diciamo, della situazione, che si è potuta notare anche nell’elezione del presidente.
D. - Quanto fa male alla situazione turca il fatto di non aver visto l’accelerazione che sperava nel processo d’integrazione europeo?
R. - Diciamo che l’Europa dovrebbe interrogarsi prima su quale politica effettivamente attuare per favorire in qualche maniera l’ingresso di un Paese che ora ha tre questioni da risolvere molto serie: la questione cipriota, la questione armena e la questione curda.
Una quarantina morti per una doppia esplosione-kamikaze in Pakistan
Almeno 45 persone sono state uccise oggi in un duplice attentato suicida a una fabbrica di armi in Pakistan. Alcuni testimoni oculari hanno dichiarato che un uomo si è fatto esplodere e che poi sarebbe seguita una seconda esplosione, al momento del cambio di turno degli impiegati della fabbrica. Intanto, il presidente della Lega pakistana musulmana, Nawaz Sharif, ha detto che il suo partito potrebbe decidere di abbandonare la coalizione di maggioranza se i giudici deposti da Musharraf non verranno reintegrati entro domani. Lo annuncia il giornale pachistano The News, citando un'intervista rilasciata dall'ex primo ministro ad un giornale americano. “Se i giudici non torneranno al loro posto sarà un brutto giorno per la democrazia” ha detto Sharif. “In quel caso - ha concluso - noi non avremmo altra scelta che lasciare la coalizione di maggioranza e stare all'opposizione”.
Iraq
Il segretario di Stato americano, Condoleezza Rice, è giunta a Baghdad per incontrare i responsabili iracheni. La visita coincide con la fase finale dei negoziati sul futuro della presenza militare americana in Iraq e la Rice ha affermato che si è “molto vicini ad un accordo”. I negoziati sul Sofa (Status of Forces Agreement), che si sarebbero dovuti concludere il 31 luglio scorso, proseguono e si concentrano in particolare sul calendario per il ritiro dall'Iraq e la fine dell'immunità per i dipendenti di società private di sicurezza.
Afghanistan
Trenta insorti sono stati uccisi ieri in Afghanistan in combattimenti contro le forze di sicurezza afghane e internazionali, nella provincia di Laghman, nei pressi di Kabul. Intanto, stamani si sono svolti i funerali dei 10 militari francesi uccisi in Afghanistan tra lunedì e martedì scorsi. E oggi a Kabul è giunto il premier britannico, Gordon Brown, proveniente dal sud dell'Afghanistan, dove stazionano i soldati del Regno Unito. Brown si è prima recato a Camp Bastion, nella provincia di Helmand, roccaforte dei talebani, dove sono dispiegati circa 8.000 soldati britannici. Il premier ha parlato a circa 300 militari, fra cui anche reclute dell'esercito afghano, istruite dai britannici. Brown si è fermato in Afghanistan sulla via di Pechino, dove assisterà alla cerimonia di chiusura delle Olimpiadi. Oggi pomeriggio, incontrerà il presidente afghano, Hamid Karzai.
Somalia
Dieci persone sono morte e venti sono state ferite nel porto di Chisimaio, a 500 chilometri da Mogadiscio, nel sud della Somalia, durante scontri che da ieri sera coinvolgono combattenti integralisti islamici somali, chiamati “shebab” (i giovani), e milizie locali. I combattimenti erano iniziati dopo tre giorni di forti tensioni tra le parti. Gli “shebab” affermano di battersi per l'indipendenza della “terra santa della Somalia” e hanno promesso di cacciare le truppe etiopi, intervenute a partire dal 2006 in aiuto del governo di transizione somalo. Intanto, due navi, iraniana e giapponese, sono state prese d'assalto e sequestrate da un gruppo di pirati al largo delle coste somale. Il Centro anti-pirateria dell'ufficio marittimo internazionale (Bmi) di Kuala Lumpur fa sapere che si tratta del sesto attacco da parte dei pirati nel golfo di Aden dall'inizio del mese. Ventiquattro attacchi di pirati si sono verificati nei primi sei mesi del 2008 al largo delle coste somale, le cui acque sono considerate le più pericolose al mondo.
Continua l’ondata di attentati in Algeria
Il segretario generale dell'ONU, Ban Ki-moon, ha condannato gli attentati di ieri e l’altro ieri in Algeria. Le vittime sono state 48 giovani studenti e 12 operai. Secondo una nota diffusa oggi, il massimo responsabile al Palazzo di vetro è “molto preoccupato” per la situazione sempre più precaria. Il segretario generale “crede fermamente che le violenze non porteranno il popolo dell'Algeria fuori dal sentiero verso la pace e la riconciliazione nazionale” e “chiede ancora una volta alla comunità internazionale di appoggiare gli sforzi del governo algerino per combattere il terrorismo”. Anche il Consiglio di Sicurezza, riunitosi ieri in tarda serata, aveva condannato l'attentato contro una scuola della gendarmeria a Issers, approvando una dichiarazione presidenziale che ribadisce che “il terrorismo in tutte le sue forme pone una seria minaccia alla pace e alla sicurezza nazionale”. Dopo l'attacco di due giorni fa in Cabilia, stavolta ad essere colpita è stata la città di Bouira, 150 chilometri a sud-est della capitale Algeri, dove ieri due autobombe hanno provocato 12 morti e oltre 30 feriti. Ma qual è la matrice di questa recrudescenza terroristica nel Paese? Giancarlo La Vella lo ha chiesto a Luciano Ardesi, esperto dell’area nordafricana:
R. - Si tratta di quel terrorismo legato ad Al Qaeda. Diciamo che ormai il terrorismo, dal punto di vista militare, è stato sconfitto. Le cellule che sono ancora attive sono però determinate a destabilizzare il Paese.
D. - Quali sono gli obiettivi delle azioni di questi giorni?
R. - L’obiettivo è sempre quello di facilitare, se non una presa del potere da parte dei movimenti terroristici, quanto meno rendere impossibile la normalizzazione e soprattutto mettere la popolazione sempre sotto pressione, in modo parte di essa si convinca che non c’è altra alternativa se non quella di abbracciare una certa ideologia portata avanti dai gruppi radicali del fondamentalismo islamico. Si tratta, insomma, di istaurare una repubblica islamica attraverso altri mezzi: non più attraverso la democrazia, le elezioni ecc., ma creando le condizioni per cui - in questo caso l’Algeria, ma così pure altri Paesi - diventino ingovernabili.
D. - E’ come se il terrorismo internazionale stesse cercando nuove basi in cui proliferare, un po’ come era stato fatto in passato, in Afghanistan, in parte in Pakistan e nello Yemen...
R. - Sì, sicuramente si tratta di infiltrarsi in diversi Paesi e sfruttare diverse situazioni. L’Algeria è tra i Paesi che, come altri, è vicino al Marocco, offre elementi di stabilità, per cui l’azione terroristica può da una parte colpire e dall’altra provare qualche elemento disposto a seguire questa avventura. Anche se - bisogna dire - la popolazione è abbastanza "vaccinata" contro l’ideologia che ha portato sangue in Algeria, che ha portato una frattura profonda nel Paese e che ha anche sollevato dubbi quanto la sua fondatezza religiosa.
Egitto
Un pompiere egiziano, Fuad Nassar, è morto a causa delle ferite riportate nell'incendio che tra martedì pomeriggio e ieri mattina ha distrutto l'edificio storico sede del Consiglio della Shura (Senato), nel centro del Cairo. Sette altri soccorritori erano stati ricoverati per ustioni e otto persone che si trovavano nell'edificio per sintomi da soffocamento. Due di queste sarebbero impiegati del Senato che erano sfuggiti alle fiamme uscendo da finestre ed aggrappandosi a tubature esterne, alle quali sarebbero rimasti appesi per circa mezz'ora prima di essere soccorsi.
Israele - Russia
Il presidente russo, Dmitri Medvedev, ha telefonato al premier israeliano, Ehud Olmert, col quale ha discusso del conflitto nel Caucaso, delle relazioni tra Israele e Russia, del processo di pace in Medio Oriente e della visita che il presidente siriano, Bashar Assad, compie in questi giorni a Mosca. Secondo il suo portavoce, Olmert ha illustrato la posizione di Israele nei confronti dei palestinesi, della Siria, e i due leader hanno anche discusso della crisi in atto tra la Russia e la Georgia. La Russia ha accusato Israele di aver venduto armi e fornito addestramento militare alle forze armate della Georgia. La telefonata del presidente russo non appare disgiunta dalla visita di due giorni che il presidente Assad, arrivato ieri sera, comincia oggi a Mosca, e che è seguita con estrema attenzione in Israele. Nello Stato ebraico si teme che la Russia, in reazione alla presa di posizione fortemente critica nei suoi confronti assunta dagli Stati Uniti e dai Paesi NATO per il conflitto con la Georgia, possa ora decidere di fornire alla Siria armi avanzate, come sistemi missilistici per la difesa antiaerea che potrebbero seriamente limitare la libertà d'azione dell'aviazione militare israeliana. Israele teme anche che la tensione tra la Russia e gli USA possa gravemente pregiudicare l'adozione di nuove e più pesanti sanzioni internazionali contro l'Iran per indurlo a cessare il suo programma nucleare, che si teme abbia fini militari. Il presidente Assad, in un'intervista alla stampa russa, ha detto che nei colloqui con i governanti russi “la cooperazione militare e tecnica sarà la questione principale”.
Filippine
Il governo delle Filippine ha bloccato un accordo che era stato concordato con il più grande gruppo di ribelli del Paese, il Fronte islamico di liberazione moro (MILF), accordo saltato dopo l'esplodere di nuovi scontri questa settimana. Ma il governo di Manila, secondo un portavoce, sarebbe disposto a tentare una nuova mediazione. L'accordo di pace, che era stato messo a punto da governo e MILF il mese scorso, era stato bloccato dalla Corte Suprema in seguito ad un appello sollecitato da gruppi cristiani per provarne l'incostituzionalità. “La cancellazione del memorandum d'intesa è un episodio doloroso nello nostro sforzo collettivo per raggiungere un accordo con il MILF”, ha detto ai giornalisti Lorelei Fajardo, un portavoce del presidente Gloria Macapagal Arroyo.
Il ’68 di Praga
Repubblica Ceca e Slovacchia si riuniscono idealmente oggi nella commemorazione del quarantennale dell'invasione della Cecoslovacchia da parte delle truppe del Patto di Varsavia, che nella notte tra il 20 e il 21 agosto 1968 pose fine al processo di democratizzazione, la cosiddetta "Primavera di Praga". Il presidente ceco, Vaclav Klaus, ricorderà gli eventi drammatici con il presidente slovacco, Ivan Gasparovic, a Bratislava. Il premier Mirek Topolanek riceverà a Praga il premier slovacco, Robert Fico, e insieme inaugureranno una mostra nel Museo nazionale in piazza S. Venceslao, dedicata all'invasione. In serata, Klaus riceverà al Castello di Praga le persone che allora si opposero all'occupazione sovietica. Oggi, Topolanek - in un articolo per il quotidiano Lidove Noviny - ha sottolineato l'importanza del messaggio del '68 praghese e ha ribadito la necessità dell'alleanza con l'Occidente come unica difesa contro il rinascente imperialismo di Mosca. “L'imperialismo di qualsiasi potenza, anche quella orientale, non dovrà mai più ottenere la possibilità di influire sulle vite umane”, ha scritto il premier. Sulla stessa lunghezza d'onda commenta gli eventi anche il Mlada fronta Dnes: “La via verso la democrazia intrapresa dalla Russia negli anni Novanta non progredisce, e, se le condizioni fossero favorevoli, l'imperialismo russo potrebbe invaderci per la terza volta”, ha scritto il quotidiano. Secondo un altro quotidiano, Pravo, “il punto debole della Primavera di Praga erano i suoi protagonisti con alla testa il 'piagnucoloso' Alexander Dubcek”. Il giornale economico Hospodarske ha scritto che l'agosto '68 confermò che un sistema politico nel quale governa un unico partito è insostenibile e non riformabile.
Tibet
Il Dalai Lama ha accusato l'esercito cinese di “aver sparato contro la folla” lunedì scorso nella regione di Kham, nell'est del Tibet, e ha detto che “secondo notizie in attesa di conferma” ci sarebbero stati 140 morti. L'accusa è contenuta in un'intervista del Dalai Lama al quotidiano “Le Monde”. Secondo il Dalai lama, dall'inizio delle proteste in Tibet, il 10 marzo scorso, ''testimoni affidabili hanno riferito che 400 persone sono state uccise nella sola regione di Lhasa. Uccisi da colpi d'arma da fuoco, mentre i manifestanti erano senza armi''. Il Dalai lama ha affermato inoltre che ''nessuna apertura c'è stata'' nelle discussioni con Pechino. ''Dopo le proteste di marzo e le Olimpiadi, avevamo creduto a dei segnali positivi. Siamo stati presto smentiti, i nostri emissari si sono trovati davanti a un muro''. Il leader spirituale tibetano, che si trova attualmente in Francia, incontrera' domani mattina la premiere dame Carla Bruni-Sarkozy in occasione della inaugurazione di un tempio buddista a Roqueredonde, nel sud del paese. La Bruni sarà accompagnata dal ministro degli Esteri Bernard Kouchner e dal segretario di Stato ai diritti umani, Rama Yade.
Alle Olimpiadi di Pechino, il nuovo record del mondo nei 200 metri di Usain Bolt
Alle Olimpiadi di Pechino, nuova impresa ieri di Usain Bolt. Il velocista giamaicano, dopo l’oro nei 100 metri piani, vinti col record del mondo, si è ripetuto sulla distanza doppia, facendo siglare, anche qui, il miglior tempo di sempre con 19 secondi e 30 centesimi. L'ultima storica doppietta, 100 e 200, fu quella di Carl Lewis nel 1984 a Los Angeles. Massimiliano Menichetti ha raccolto il commento del velocista italiano Pietro Mennea, 5 presenze olimpiche, 2 primati mondiali, 8 europei, 33 nazionali.
R.- Sono tutte e due delle grandissime imprese che pongono, in questo caso, la velocità oltre un limite. Con questi risultati cronometrici, Bolt apre un orizzonte nuovo per la velocità, gli altri devono inseguirlo. Non vedo all’orizzonte un atleta in grado, prossimamente, di impensierirlo: per lui si tratta di "inseguire" se stesso.
D. - Pechino 2008 consacra molti campioni. Due i nomi che sicuramente non saranno dimenticati: il giamaicano Bolt ed il nuotatore statunitense Phelps...
R. - Io considero Michael Phelps il simbolo di queste Olimpiadi perché con otto medaglie d’oro e sette record del mondo ha fatto qualcosa di veramente straordinario. Bolt, il più grande talento della storia dello sprint mondiale, può fare ancora dei miglioramenti.
D. - C’è pericolo che non si sappia gestire questa grande popolarità?
R. - Diventare il numero uno a livello mondiale può far cambiare la vita di un individuo e lì c’è la forza dell’atleta, prima di tutto, ma poi di coloro che lo circondano: dal tecnico, alla famiglia, ai genitori. Figure importanti affinché l’atleta resti con i piedi per terra, poiché si accorgerà che le vittorie che contano non sono solo le Olimpiadi o fare i record.
D. - Pietro Mennea, ovvero la "freccia del sud". Quale consiglio darebbe ad Usain Bolt?
R. - Di essere umile, aumentare i carichi di lavoro. Lui deve ripartire domani per una nuova sfida. (Panoramica internazionale a cura di Fausta Speranza)
Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LII no. 234
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