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Sommario del 20/08/2008
Benedetto XVI all'udienza generale: la santità non è un lusso per pochi, ma la vocazione di ogni cristiano. La solidarietà del Papa alle vittime del maltempo in Polonia
◊ Il periodo delle ferie, un “tempo utile” per approfondire la conoscenza dei Santi, che ogni giorno la Chiesa propone all’attenzione dei credenti. E’ l’invito che questa mattina Benedetto XVI ha rivolto ai circa 4 mila fedeli che hanno affollato il cortile del Palazzo apostolico di Castel Gandolfo per prendere parte all’udienza generale. Il Papa ha espresso, fra l’altro, solidarietà alla nazione polacca, colpita nei giorni scorsi da una grave ondata di maltempo che ha causato molte vittime e danni. La cronaca dell’udienza nel servizio di Alessandro De Carolis:
Chi sono i Santi per la Chiesa? Un commento vivente al Vangelo, i colori dello spettro rispetto al bianco della luce di Dio. Teologi e scrittori hanno usato, lungo i secoli, intuizioni e metafore per dare risalto alla bellezza delle anime che da due millenni rappresentano il modo più perfetto dell’essere cristiani. Da queste immagini si è lasciato ispirare Benedetto XVI nel parlare, in questa catechesi di tardo agosto, delle figure di alcuni Santi e più ancora della meta della santità, definita dal Papa non un “lusso o un privilegio per pochi”, ma il “destino comune” dei figli di Dio. I Santi sono “una viva interpretazione” delle parole di Gesù e dunque, ha esclamato il Pontefice:
“Quanto importante e proficuo è, pertanto, l’impegno di coltivare la conoscenza e la devozione dei santi, accanto alla quotidiana meditazione della Parola di Dio e a un amore filiale verso la Madonna!”.
E sottolineando come il periodo delle ferie costituisca “un tempo utile” per leggere la biografia e gli scritti di qualche santo o santa e così familiarizzare con la loro vita, ha osservato:
“La loro esperienza umana e spirituale mostra che la santità non è un lusso, non è un privilegio per pochi, ma il destino comune di tutti gli uomini chiamati ad essere figli di Dio, la vocazione universale di tutti i battezzati. La santità è offerta a tutti, anche se non tutti i santi sono uguali. E non necessariamente è grande santo colui che possiede carismi straordinari. Ce ne sono infatti moltissimi i cui nomi sono noti soltanto a Dio, perché sulla terra hanno condotto un’esistenza apparentemente normalissima”.
I Santi presi brevemente in considerazione da Benedetto XVI sono stati quelli ricordati dalla liturgia della Chiesa in questi giorni: San Giovanni Eudes - teneramente devoto dei cuori di Gesù e Maria in tempo di rigore giansenista - San Bernardo di Chiaravalle - grande difensore della fede e grande dottore della Chiesa - o Santa Rosa da Lima, la prima canonizzata del Sudamerica. O ancora san Pio X, per ricordare il quale il Papa ha citato le parole pronunciate da Giovanni Paolo II nel 1985:
“Ha lottato e sofferto per la libertà della Chiesa, e per questa libertà si é rivelato pronto a sacrificare privilegi ed onori, ad affrontare incomprensione e derisione, in quanto valutava questa libertà come garanzia ultima per l’integrità e la coerenza della fede”.
Benedetto XVI ha concluso l’udienza generale con i saluti in sei lingue. E in particolare, rivolgendosi ai pellegrini polacchi, ha espresso la sua vicinanza alle vittime delle tempeste e degli uragani che si sono abbattuti negli ultimi giorni sul Paese est europeo:
“Byli zabici i ranni. Wielu straciło...
Vi sono stati morti e feriti. Tanti hanno perso il patrimonio di una intera vita. A quanti in qualsiasi modo hanno subito danno a causa di questa sciagura, voglio assicurare la mia vicinanza spirituale e il ricordo nella preghiera”.
(applausi)
Oggi su "L'Osservatore Romano"
◊ Nell’udienza generale a Castel Gandolfo Benedetto XVI ripropone la testimonianza di santi e beati
In prima pagina un articolo di Pierluigi Natalia sulla crisi nel Caucaso dal titolo “Diritto Internazionale e rapporti di forza”
Nell’informazione religiosa, in rilievo la situazione dei profughi in Georgia: il progetto della Caritas italiana per organizzare una giornata di preghiera e di solidarietà a favore della popolazione colpita dal conflitto
“Come pregavano i monaci guerrieri nelle carceri di Filippo il Bello”. Barbara Frale analizza le carte originali del processo ai Templari rinvenute nell’Archivio Segreto Vaticano, che dimostrano l’infondatezza delle accuse di eresia
“La disfatta della flotta zarista apre la strada alla rivoluzione”. Gaetano Vallini sulla battaglia di Tsushima, uno dei più grandi scontri navali della storia
René Girard rilegge e porta a termine il trattato incompiuto “Sulla guerra” di Karl von Clausewitz. Sul tema un articolo di Oddone Camerana
“Un successo spirituale che è oltre la logica dei numeri”. Gianluca Biccini a colloquio con l’arcivescovo di Sydney, cardinale George Pell, a un mese dal viaggio del Papa in Australia per la GMG 2008
40 anni fa le truppe del Patto di Varsavia invadevano la Cecoslovacchia: la testimonianza del cardinale Vlk
◊ Quarant'anni fa, era la notte tra il 20 ed il 21 agosto del 1968, le truppe sovietiche occupavano l’allora Cecoslovacchia per porre fine alla cosiddetta “Primavera di Praga”. Furono così respinte le istanze riformiste di Alexander Dubček, leader comunista di quella stagione, che proponeva l’attuazione di un modello socialista dal volto umano. La speranza in un reale cambiamento aveva profondamente caratterizzato quel periodo. E’ quanto sottolinea, al microfono di Amedeo Lomonaco, l’arcivescovo di Praga, cardinale Miloslav Vlk:
R. – Prima del ’68 la Chiesa era totalmente ‘nelle mani dei comunisti’. Poi, nel ’68, si è aperta una nuova speranza. I vescovi nell’estate del ’68 sono tornati nelle diocesi e c’è stata grande festa. Quando si era aperta lentamente, nel 68, questa nuova epoca, siamo stati felici. Abbiamo scritto ai vescovi chiedendogli di ritornare nelle diocesi. L’euforia era enorme ma non abbiamo riflettuto che quella speranza potesse durare così poco. Noi abbiamo creduto, sperato che il modello comunista si potesse riformare. Ma abbiamo dimenticato che il regime comunista non si può riformare mai e da nessuna parte.
D. – Che cosa resta oggi di quell’urlo di libertà soffocato dalle truppe del Patto di Varsavia?
R. – Quest’anno l’esperienza della Primavera di Praga è molto ricordata con fatti nuovi. Vengono ricordati soprattutto per la gioventù. Vengono ricordati per chi non ha vissuto quegli anni e per mostrare quanto sia pericoloso il regime comunista. Bisogna che la gente non dimentichi il rischio del comunismo.
D. – Parliamo adesso, eminenza, della sua storia personale. Lei è stato ordinato sacerdote il 23 giugno 1968, durante la Primavera di Praga. Come si sono intrecciate sulla sua strada la via sacerdotale con quella di un Paese oppresso dal regime comunista?
R. – Durante gli anni del seminario ho vissuto un periodo veramente molto duro: il seminario era ‘nelle mani del partito comunista’. C’era un poliziotto che sorvegliava tutto. Anche la fiducia tra di noi seminaristi era difficile, perchè si sapeva che c’erano delle spie. Il nostro padre spirituale, quindi, era Gesù. Il rettore del nostro seminario era Gesù.
D. – Una storia la sua, eminenza, ricca di pagine emblematiche. Nel 1978, le autorità comuniste le hanno ritirato l’autorizzazione a svolgere l’ufficio sacerdotale, che ha continuato comunque ad esercitare clandestinamente. Dal 1978 al 1986 è stato anche costretto a fare il lavavetri nel centro di Praga...
R. – Sì, un sacerdote doveva avere un’autorizzazione, una licenza, e i comunisti potevano ritirarla quando volevano. Questo io l’ho sperimentato. Dato che ognuno doveva lavorare, io sono stato costretto a cercare un lavoro. Non volevo stare in una fabbrica sotto controllo. Ho quindi trovato questo lavoro come lavavetri che mi ha permesso di essere libero nelle strade. La gente poteva incontrarmi e io potevo clandestinamente dare i sacramenti, confessare...
D. – Cosa lega la Primavera di Praga del 1968 alla cosiddetta Rivoluzione di Velluto del 1989, che poi ha portato alla nascita della Repubblica?
R. – La situazione poi, piano, piano, soprattutto negli anni ’80, per la Chiesa è un po’ migliorata. Si è creato un gruppo forte di ‘dissidenti’ contro il regime comunista. Dissidenti che sono cresciuti sempre più. La Chiesa ha collaborato con loro. E alla fine degli anni ’80 la Chiesa ha aiutato la cosiddetta Rivoluzione di velluto.
Lento ritiro delle truppe russe dalla Georgia. Ostacoli per gli aiuti ai profughi
◊ Sulla crisi in Caucaso continua il braccio di ferro tra Washington e Mosca, mentre dalla Georgia arrivano conferme sul ritiro delle truppe russe. Gli Stati Uniti, intanto, hanno firmato stamane un accordo per l’istallazione dello scudo spaziale in Polonia. Allo stesso tempo la Russia ha ricevuto offerte in campo militare dalla Siria. Il servizio di Giuseppe D’Amato:
Le truppe russe si stanno ritirando. Le conferme continuano a giungere anche da fonti indipendenti. Le operazioni di ritiro, ha promesso il presidente Medvedev, termineranno entro venerdì. Non è però chiaro cosa avverrà in Ossezia meridionale ed Abkhazia, ossia se nelle due regioni separatiste della Georgia, resterà una maggiore presenza delle unità federali o verrà creata una zona cuscinetto. Il capo del Cremlino oggi incontrerà a Soci il collega siriano Bashar Assad, che, prima di partire da Damasco, ha rilasciato una lunga intervista ai mass media federali. La Siria appoggia pienamente le scelte di Mosca in Ossezia. E’ importante che il Cremlino comprenda il ruolo di Israele nella fornitura di armi alla Georgia. Stop all’avvicinamento della Russia all’Occidente. La Siria è pronta a mettere a disposizione della Flotta del Mar Nero una base che già veniva usata durante l’epoca sovietica. Assad proporrà al Cremlino anche di installare in Siria missili Iskander in risposta alla firma, avvenuta stamane a Varsavia tra Stati Uniti e Polonia, per il dislocamento dello Scudo spaziale USA in Europa Centrale. Mosca considera questa decisione di Washington in chiave anti-russa. I missili in Polonia sono una minaccia, ha ripetuto più volte il Cremlino. Pronte sono le contromosse. Un ufficiale russo di origine georgiana, intanto, è stato arrestato per spionaggio. L’Abkhazia chiederà al Parlamento russo il riconoscimento dell’indipendenza.
Ma come stanno intervenendo in Georgia le organizzazioni umanitarie internazionali e di che cosa hanno bisogno le decine di migliaia di profughi del conflitto? Federico Piana lo ha chiesto a Laura Stopponi, responsabile dell’ufficio cooperazione europea della Caritas Italiana:
R. – Di tutto, perché sono scappati praticamente portando con sé niente, assolutamente nulla! Quindi, dal vestito ai pannolini per i bambini, al mangiare, al dentifricio, al sapone, allo shampoo ... di tutto, hanno bisogno!
D. – Il numero di 160 mila sfollati – riportato da alcuni giornali questa mattina – corrisponde ai vostri dati, oppure no?
R. – Sì, il numero corrisponde. Il problema è che sono sparsi su tutto il territorio, perché circa 40 mila sono scappati nell’Ossezia del Nord, e noi sappiamo che in parte sono stati alloggiati nei campi profughi che sono stati costruiti a cavallo del confine tra l’Ossezia del Sud e l’Ossezia del Nord; ma molti altri sono stati convogliati in altre città della Russia. Mentre, la gran parte sta fuggendo verso il Sud della Georgia. Purtroppo in tutto il territorio sappiamo che la mobilità in questo momento non è buona, nel senso che è difficile muoversi sul territorio. Nel momento, si stanno assistendo soprattutto i profughi che sono scappati a Tblisi, cioè nella capitale, e a Kutaisi, che è un’altra città al confine con l’Ossezia del Sud.
D. – Io so che le attività di Caritas sono state un po’ rese difficili dal fatto che i militari russi hanno impedito l’accesso in alcuni posti: questo me lo conferma?
R. – L’accesso è impedito a tutti, nel senso che il movimento nel Paese è molto difficile. Ora, finalmente, si stanno aprendo dei piccoli corridoi ma ancora molto limitati. Il direttore di Caritas Georgia è stato ieri a Gori ed ha dovuto superare molti posti di blocco e con grande difficoltà è arrivato a Gori. Fortunatamente, a Gori la Chiesa ortodossa ha maggiori possibilità di muoversi e quindi stanno provvedendo loro in quel contesto a distribuire gli aiuti. Siccome c’è una buona collaborazione con il Patriarcato ortodosso, ci si sta aiutando a vicenda.
I vescovi dell'Ecuador difendono la libertà di parola della Chiesa
◊ I vescovi dell’Ecuador ribadiscono, in una nuova Dichiarazione, il diritto della Chiesa di annunciare con libertà il messaggio evangelico. Di fronte alle polemiche suscitate dalle parole pronunciate a Quito, durante il Congresso Americano Missionario, dal presidente dell’episcopato ecuadoriano e arcivescovo di Guayaquil, mons. Antonio Arregui Yarza, i presuli ripropongono il documento della Conferenza episcopale dello scorso 28 luglio: un testo che esprimeva perplessità sulle norme riguardanti il diritto alla vita, la famiglia e l’educazione, contenute nella nuova Carta costituzionale che sarà sottoposta a referendum popolare il prossimo 28 settembre. Il servizio di Luis Badilla.
Le parole del presidente della Conferenza episcopale hanno provocato, in alcuni settori, aspre reazioni quasi a voler dire che la Chiesa non ha diritto a pronunciarsi su queste materie. Nel documento del 14 agosto i vescovi dell’Ecuador, citando il Catechismo della Chiesa cattolica, ricordano che “è compito della Chiesa annunziare sempre e dovunque i principi morali anche circa l'ordine sociale, e così pure pronunciare il giudizio su qualsiasi realtà umana, in quanto lo esigano i diritti fondamentali della persona umana o la salvezza delle anime” [2032). Lo strumento giuridico “Modus Vivendi”, firmato tra la Santa Sede e il governo dell’Ecuador, ribadiscono i presuli, chiede al clero di non prendere parte alla vita dei partiti e non partecipare alla contesa politica mentre il Protocollo aggiuntivo riconosce “la piena e incontestabile libertà che ha tutto il clero di predicare, esporre e difendere la dottrina dogmatica e la morale cattolica” (art. 1 e 4). Perciò – affermano i vescovi - “adempiendo alla nostra missione continueremo ad annunciare gli orientamenti pastorali contenuti nel documento del 28 luglio” per illuminare la realtà con la Parola di Dio affinché i cattolici e le persone di buona volontà, con una buona informazione, votino in coscienza, liberamente e consapevolmente”. Sebbene nella nuova Costituzione si percepiscano alcuni enunciati positivi su “la centralità della persona tra i fini della società, dell’economia, dell’educazione e della salute, con particolare enfasi riguardo alla promozione dei poveri”, hanno scritto i vescovi ecuadoriani nel documento del 28 luglio, manca invece “la menzione dei processi per la lotta contro la povertà e la corruzione”.
Il problema maggiore si pone in alcuni enunciati fondamentali come quelli relativi all’aborto, alla famiglia, all’educazione e alla libertà religiosa. Per questo, i vescovi, nel ricordare che tali aspetti non sono negoziabili, esigono un atteggiamento chiaro da parte dei credenti e delle persone di buona volontà e indicano alcuni punti fondamentali sui quali si basa il loro disaccordo, “sapendo che questo rifiuto è condiviso da più di 800.000 firme consegnate all’Assemblea Costituente anche dei fratelli cristiani evangelici e di altri ecuadoriani di buona volontà”. Il primo punto afferma che la persona umana esiste prima dello Stato, cioè “è lo Stato che è al servizio della persona e della società e non le persone e la società al servizio dello Stato”, cosa che non è chiara nella nuova Costituzione. Inoltre, secondo i vescovi, non viene riconosciuto con chiarezza il diritto alla vita dal momento del concepimento, poiché, “senza menzionare il termine ‘aborto’, il progetto costituzionale lascia la porta aperta alla soppressione della nuova creatura nel seno della madre”. Si attenta anche “contro la famiglia come cellula fondamentale della società e del bene comune”, dato che nella nuova Costituzione “viene respinta l’esistenza della ‘famiglia tipo’, per sostituirla con diversi ‘tipi di famiglia’. Di lì si passa ad equiparare alla famiglia l’unione di persone dello stesso sesso”. Infine il tema dell’educazione, in quanto “il diritto dei genitori ed il riconoscimento della libertà di insegnamento vengono rifiutati quando lo Stato si arroga il diritto di determinare quello che deve essere insegnato e ciò che va ignorato”. In effetti “con l’affermazione che l’educazione è un servizio pubblico – concludono i vescovi ecuadoriani - si considera l’educazione particolare come una mera concessione dello Stato e non come un’espressione del diritto dei genitori”.
Seminari di Erice: Zichichi parla di disarmo inesistente e dell'imbroglio degli oroscopi
◊ Al via oggi ad Erice, in provincia di Trapani, la 40.ma edizione dei Seminari internazionali sulle emergenze planetarie, organizzati dalla Federazione Mondiale degli Scienziati e dal Centro di cultura scientifica “Ettore Majorana”. I temi dell’incontro di quest’anno toccano la crisi energetica mondiale, le ricadute dei cambiamenti climatici sulla salute, la situazione del disarmo. Interverranno 120 scienziati provenienti da 70 centri di ricerca di tutto il mondo. Sulla questione del disarmo ascioltiamo il prof. Antonino Zichichi, fondatore del Centro "Ettore Majorana", al microfono di Luca Collodi:
R. – La parte scientifica del disarmo è una cosa che riguarda tutti. Certo, si parla tanto di disarmo, ma nessuno disarma nulla. Non solo, ma la "corsa" agli armamenti non è finita. Crollato il muro di Berlino, noi qui ad Erice pensavamo non ci fosse più bisogno di "correre". Invece, si continua a "correre" e nessuno parla. Qual è il vero nemico dell’umanità, in questo settore? I laboratori segreti. Bisogna far capire al grande pubblico che fin tanto che ci saranno laboratori segreti noi rischiamo di saltare in aria.
D. – Lei cosa intende per laboratori segreti?
R. – I laboratori tecnico-militari, in cui nessuno sa cosa combina chi lavora là dentro. Ecco, perché noi non dobbiamo dormire e dobbiamo stare attenti, perché non fare studi di un certo tipo vuol dire mettersi nelle mani di questi signori. Dobbiamo combattere il segreto militare.
D. – Prof. Zichichi, passiamo ad un altro tema del Seminario di Erice: il rapporto tra scienza e fede. Lei come lo vede?
R. – Io lo affronto da circa 30 anni. Grazie a Giovanni Paolo II abbiamo conquistato l’attenzione del mondo. Scienza e fede non sono nemiche, perché non dobbiamo dimenticare come nasce la scienza: “La scienza nasce per atto di fede in Colui che ha fatto il mondo”, firmato Galileo Galilei. Questo è avvenuto 400 anni fa, non 40 mila anni fa. Quattrocento anni è come dire ieri l’altro. Dall’alba della civiltà fino a Galileo tutti i popoli misuravano il tempo allo stesso modo: con le meridiane. Errore: un secondo al giorno. Arriva Galilei e inventa il pendolo e con il piano inclinato e studiando l’esperimento famoso della piuma e del martello, che è stato ripetuto sulla luna per dimostrare che Galileo aveva ragione, si arriva oggi ad un errore di un secondo. Come nascono queste cose? Dall’atto di fede galileiano, che diceva: non è vero che basta essere intelligenti per capire come è fatto il mondo, perché Colui che ha fatto il mondo è più intelligente di noi. Quindi, dobbiamo farGli domande. Questo è il significato di esperimento scientifico.
D. – Altro suo cavallo di battaglia: la critica agli oroscopi e alle superstizioni...
R. – Gli oroscopi non esistono. Le costellazioni non esistono. I segni zodiacali non esistono: sono illusioni ottiche. Come si fa a creare una logica su illusioni ottiche? I segni zodiacali non esistono. Perché? Perché non esistono stelle fisse. Le stelle non sono fisse. Le stelle sono lontane, non fisse. Tutto si muove nel mondo. Quindi, i segni zodiacali non esistono. Ecco, perché è un imbroglio parlare di queste cose.
Italia: si legge sempre meno
◊ Sotto l’ombrellone o al fresco in montagna, anche d'estate il libro non sembra essere il miglior "amico" dell’uomo, almeno in Italia. Infatti nonostante siano aumentati i canali di vendita e si siano triplicate le iniziative tese ad incentivare la lettura, gli italiani continuano ad essere più pigri rispetto ai colleghi europei. Il servizio di Elena Mandarano:
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Tempo di vacanze uguale a tempo di lettura. Se per i nostri colleghi europei questa equazione sembra matematica, per gli italiani non si può dire lo stesso. Infatti, nonostante sia cresciuto il fatturato complessivo dell’editoria italiana, secondo l’AIE (Associazione Italiana Editori) solo il 42 per cento degli italiani ha letto un libro negli ultimi 12 mesi e di questi, solo la metà, arriva a leggere almeno 3 libri all’anno. Giuseppe Marchetti Tricamo, direttore di Rai-Eri e della rivista “Leggere tutti”:
"C’è una bella differenza tra il quanto si acquista e il quanto si legge. Diciamo che per effetto anche dei grossi quotidiani, che hanno avviato negli anni scorsi l’iniziativa di vendere dei libri allegati, questo ha incentivato in un certo senso le vendite. Però abbiamo notato, da una recente indagine, che c’è stata anche una regressione nella lettura negli ultimi anni".
La situazione presenta però gravi differenze tra nord, dove legge almeno la metà della popolazione, ed il sud, dove i lettori rappresentano solo un terzo della popolazione. La fascia più debole è quella dei giovani, i quali dovrebbero essere educati all’amore della lettura. Ancora Marchetti Tricamo:
"C’è stata una recentissima indagine di due ricercatori americani i quali sono giunti a questa conclusione: bisogna leggere le favole ad alta voce ai bambini. Questo li avvicina molto alla lettura e quei bambini che sono stati abituati ad ascoltare le favole ad alta voce hanno un rapporto con lo studio diverso dagli altri e poi sono i primi lettori".
Leggere un libro dunque è formativo e sta diventando sempre più semplice e poco dispendioso grazie a nuovi canali di vendita come internet, le catene di Remainders che vendono libri a metà prezzo e grazie ad interessanti iniziative come lo scambio di libri, il cosiddetto “bookcrossing”. Ancora Marchetti Tricamo:
"Ci sono delle librerie miste, sono mode che vengono dall’America: tu vai a prendere un caffè e puoi trovare il libro che trovi nelle classifiche dei libri più venduti. Queste iniziative aiutano ma credo che un modo efficace, sia ancora un sistema tradizionale che è il passaparola. Se si legge un bel libro, non bisogna tenerselo per se".
Dunque consigliare libri e leggerli perché questi possono essere un’occasione di viaggio ed evasione per la mente e parafrasando Dickinson: “non esiste vascello che come un libro ci sa portare in terre lontane”.
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La Chiesa ricorda San Bernardo di Chiaravalle
◊ Oggi la Chiesa, come ha ricordato il Papa all’udienza generale, celebra la memoria liturgica di San Bernardo di Chiaravalle, abate e dottore della Chiesa. Una figura di cui Benedetto XVI ha parlato più volte sottolineandone il particolare equilibrio tra azione e preghiera. Il servizio di Sergio Centofanti.
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San Bernardo nasce a Digione, in Francia nel 1091. A 22 anni si fa monaco in un momento di grave crisi nella vita religiosa. A 25 anni è già eletto abate del monastero di Chiaravalle ridando vita all’Ordine cistercense. Rimprovera severamente i monaci che vivono nel benessere mentre i poveri muoiono di fame. Ma sa riconoscere con umiltà anche i suoi difetti arrivando a correggere un temperamento impetuoso. Lo muove una sola cosa: annunciare a tutti che Dio è carità:
“Per lui la forza più grande della vita spirituale è l’amore. Dio, che è Amore, crea l’uomo per amore e per amore lo riscatta; la salvezza di tutti gli esseri umani, mortalmente feriti dalla colpa originale e gravati dai peccati personali, consiste nell’aderire fermamente alla divina carità, rivelataci pienamente in Cristo crocifisso e risorto. Nel suo amore Dio risana la nostra volontà e la nostra intelligenza malate, innalzandole al più alto grado di unione con Lui, cioè alla santità e all’unione mistica”. (Angelus del 20 agosto 2006)
San Bernardo svolge un’attività instancabile: fonda 68 monasteri, che oltre ad essere centri religiosi sono scuole di agricoltura e di manifattura. Viaggia in tutta Europa al servizio del Papa per riportare la pace tra le nazioni. Ma per lui tutto parte dal silenzio della preghiera:
“Occorre guardarsi, osserva il santo, dai pericoli di una attività eccessiva, qualunque sia la condizione e l’ufficio che si ricopre, perché - così dice al Papa di quel tempo e a tutti i Papi, a tutti noi - le molte occupazioni conducono spesso alla "durezza del cuore", "non sono altro che sofferenza dello spirito, smarrimento dell’intelligenza, dispersione della grazia" (II, 3)…Quanto utile è anche per noi questo richiamo al primato della preghiera! (Angelus del 20 agosto 2006)
Tutta la vita di San Bernardo è caratterizzata dall’affidamento a Maria che considera la via sicura per arrivare a Dio:
“San Bernardo in un suo celebre discorso paragona Maria alla stella a cui i naviganti guardano per non smarrire la rotta: ‘Nell’ondeggiare delle vicende di questo mondo, più che camminare per terra hai l’impressione di essere sballottato tra i marosi e le tempeste; non distogliere gli occhi dal fulgore di questa stella, se non vuoi essere inghiottito dalle onde… Guarda la stella, invoca Maria… Seguendo Lei non sbagli strada… Se Lei ti protegge non hai paura, se Lei ti guida non ti affatichi, se Lei ti è propizia giungi alla meta’” (Hom. super Missus est, II, 17). (Angelus del 20 agosto 2006)
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India: i funerali del padre carmelitano barbaramente ucciso nell'Andra Pradesh
◊ Si sono svolti oggi i funerali di padre Thomas Pandipally, il carmelitano ucciso e mutilato il 16 agosto scorso mentre si stava recando in un villaggio dell’Andra Pradesh per celebrarvi la Messa. Lo riferisce l’agenzia AsiaNews. Il sacerdote era nativo della diocesi di Palai nel Kerala, dove pure è nato il salesiano padre Johnson Prakash Moyalan ucciso in Nepal in luglio. In un comunicato congiunto il Consiglio dei vescovi del Kerala ha espresso “stupore e angoscia” per “il brutale omicidio” di padre Thomas, che “ha dedicato la vita ad aiutare la gente”. E hanno chiesto al governo di proteggere i missionari che lavorano per “gli emarginati e i poveri del Paese”. Padre Anthoniraj Thumma, segretario della Federazione delle Chiese dell’Andhra Pradesh, nota che nella zona dell’omicidio “ci sono già state violenze” anticristiane. Violenze dirette – notano i vescovi – anzitutto contro le istituzioni cristiane come scuole e ospedali per i poveri, invise a chi gestisce analoghe strutture a pagamento. Mons. Raphael Cheenath, arcivescovo di Cuttack-Bhubanewsawr nell’Orissa, denuncia che le autorità non hanno perseguito gli autori delle violenze di Natale, quando migliaia di estremisti indù hanno scatenato in alcuni villaggi una vera “caccia al cristiano”, in modo organizzato e sistematico, distruggendo e bruciando chiese e decine di abitazioni di cristiani, uccidendoli e costringendoli a fuggire per settimane nella foresta. “I colpevoli sono liberi e fieri della loro impunità”. Mons. Cheenath è stato sentito il 15 luglio dalla Commissione Panigrahi che svolge l’indagine penale e che pure ha già sentito “3 sacerdoti, 2 suore e un diacono”. A tutti la Commissione “ha solo posto domande per accertare se vi siano state conversioni”. In alcuni Stati dell’India, convertire altri dall’induismo ad altra fede è un grave reato punito con il carcere. “La Commissione non ci ha chiesto chi erano gli aggressori, chi ha distrutto chiese e conventi, solo una domanda occasionale circa l’inattività della polizia”, che in molte zone per giorni non è intervenuta. “Sono potuto rientrare nei luoghi devastati solo 42 giorni dopo l’assalto”. Invece è stato chiesto loro “quante persone abbiamo convertito”. “Il governo centrale – prosegue – ci ha garantito un risarcimento, ma finora abbiamo ricevuto solo 1,6 milioni di rupie (circa 24.700 euro) per ricostruire dispensari, centri di computer, eccetera. I danni sono di almeno 30 milioni, ma le autorità non considerano la distruzione di chiese, conventi e altri edifici”. Anche suor Suma, superiora regionale delle Missionarie della Carità, dice ad AsiaNews che “la Commissione ha solo chiesto come ci siamo convertiti. Abbiamo risposto che già i nostri nonni erano cattolici”. Le Missionarie della Carità, per celebrare la nascita di Madre Teresa e il suo battesimo (il 26 e 27 agosto), saranno dal 23 al 30 agosto a Baliguda, dove ci sono state gravi violenze anticristiane, per creare un centro medico e fare visita di casa in casa, sperando di migliorare gli instabili rapporti tra cristiani e indù.
Pakistan: la Comunità di Sant’Egidio salva un cristiano condannato a morte
◊ In Pakistan, un condannato a morte ha ottenuto l'annullamento della sentenza grazie all'azione della Comunità di Sant'Egidio di Sargodha. Con la collaborazione del parroco della città, la Comunità ha convinto la famiglia della vittima a concedere il perdono. Questo, secondo la legge vigente in Pakistan, è sufficiente a presentare istanza presso l'Alta Corte di Giustizia. La condanna a morte – si legge sul sito della Comunità di Sant’Egidio – è stata quindi annullata lo scorso 8 agosto. L'uomo, un giovane cristiano di 35 anni, con moglie e due figli, era accusato di omicidio. Si tratta del secondo condannato, negli ultimi due anni, la cui vita è salva grazie agli interventi della Comunità. (A.L.)
Kurdistan iracheno: cristiani e musulmani pregano insieme per la pace
◊ Più di 250 capi religiosi sunniti, sciiti, kurdi e turkmeni, hanno pregato ieri insieme ai cristiani caldei guidati dall’arcivescovo di Kirkuk, mons. Louis Sako, nella moschea sunnita al-Rashid a Domez, nel Kurdistan iracheno. Una preghiera comune, organizzata dall’imam Ali Iman guida religiosa della comunità musulmana sunnita locale, “per promuovere la pace”, “porre fine alle violenze” nel Paese del Golfo e ricordare “le vittime degli attentati” che ogni giorno insanguinano l’Iraq. Durante la cerimonia, come riporta Asianews, ogni capo religioso, nel discorso che ha tenuto, ha sottolineato l’importanza di collaborare per garantire stabilità e sicurezza. Mons. Sako ha citato il salmo 133 della Bibbia nel quale si ricorda “come è bello e giocondo che dei fratelli si incontrino” e stiano “assieme”. Un passo nel quale si sottolinea l’importanza dello sforzo comune all’insegna della pace, pur senza dimenticare le differenze che ogni comunità di fedeli e ogni etnia porta con sé: una differenza che, al contrario, può essere fonte preziosa di sviluppo e di crescita. Il presule ha invitato a voltare pagina, a chiudere con il passato e “aprire un nuovo capitolo di prosperità”. Inoltre ha ricordato la figura di San Francesco d’Assisi come esempio di “strumento di pace” che ha sempre promosso il dialogo e sconfessato la logica dei conflitti. Parole di apprezzamento infine sono state rivolte dai leader politici presenti all'indirizzo di mons. Sako per le attività svolte in favore della pace nell'arcidiocesi di Kirkuk.(B.C.)
Padre Salvini: “le Olimpiadi di Pechino non siano un’occasione perduta”
◊ “L’Olimpiade a Pechino potrebbe diventare per l'Europa e per il resto del mondo un’opportunità per passare nei confronti della Cina da un atteggiamento ambivalente e ambiguo dettato dalla paura a quello del confronto e del dialogo”. E’ quanto scrive sull’Osservatore Romano, a pochi giorni dalla chiusura dei Giochi Olimpici, padre GianPaolo Salvini, direttore di “Civiltà Cattolica”. Il religioso parla dell’inizio di una possibilità nuova che dia modo di rapportarsi alla Cina in maniera diversa “senza nascondersi le difficoltà del compito”. Padre Salvini ricorda la missione in Asia del gesuita Matteo Ricci e dei suoi successori, “armati – scrive - soltanto della loro fede, della loro parola e della scienza”. Da qui l’invito a “fare altrettanto oggi”; il direttore porta l’esempio del periodo pre-Olimpiade con “l’uso strumentale dello sport, che dovrebbe pure essere momento di incontro, di competizione, carico da sempre di simboli e di passione”. “Si tratta insomma di far sì – continua padre Salvini - che non sia una nuova occasione perduta”. Il direttore di “Civiltà Cattolica” pone l’attenzione anche sulle difficoltà esistenti tra la Chiesa cattolica e Pechino: “alcune – scrive - di natura politica internazionale, altre assai più delicate come il ruolo dei vescovi in Cina e la loro nomina da parte della Santa Sede”. Aggiunge però che sono in atto “soluzioni de facto” e che esiste “un dialogo volonteroso da ambedue le parti, nonostante le incomprensioni politiche e alcuni periodici sussulti”. Nell’auspicare che le “due comunità dell’unica Chiesa cinese” trovino la via della comunione, padre Salvini ricorda il concerto in Vaticano dell’Orchestra sinfonica cinese, il 7 maggio scorso, definedolo “una tessera di un mosaico di dialogo e di scambio, nel nome dell'arte, che non risolve i problemi, ma crea l'atmosfera per farlo”. Un linguaggio probabilmente più efficace, sottolinea il direttore, rispetto alla “diplomazia del ping-pong” che segnò anni fa il disgelo tra gli Stati Uniti e la Cina. “La speranza – continua il gesuita – è che in Cina si proceda sulla via dei diritti umani, per i quali sembra soffrire tuttora di un deficit strutturale, sulla via della democrazia e di una libertà sostanziale. L'Olimpiade –conclude - è solo l'inizio di una possibilità nuova. Bisogna non perderla”. (B.C.)
Il Vietnam in preghiera nel Santuario mariano di La Vang
◊ E’ stato grande l’afflusso dei pellegrini al Santuario mariano di La Vang, nel Vietnam centrale, in occasione della Solennità dell’Assunta. Conosciuto anche come “il cuore” del cristianesimo vietnamita, il santuario ha ospitato nei giorni scorsi il 28.mo Congresso mariano della Chiesa locale. Durante la cerimonia di apertura, riferisce l’agenzia Ucan, è stato letto un messaggio del Papa a firma del cardinale segretario di stato Tarcisio Bertone indirizzato all’arcivescovo di Hue, mons. Etienne Nguyên Nhu Thê. “Maria vi ha affidato il su messaggio: siate fiduciosi e pieni di gioia … siate attivi e zelanti educatori – si legge nel messaggio - testimoni instancabili del grande amore di Dio per tutte le persone”. Nel giorno dell’Assunta, almeno 500 mila persone erano presenti nel Santuario anche per ringraziare la Vergine per la decisione del governo di Hanoi di concedere alla Chiesa il terreno circostante il luogo santo, per anni oggetto di contesa. (B.C.)
Lourdes: pellegrinaggio di gitani e itineranti per pregare davanti alla Grotta delle apparizioni
◊ Anche quest’anno gitani e nomadi si danno appuntamento a Lourdes per un pellegrinaggio internazionale alla Grotta in cui la Madonna è apparsa a Bernadette. Il pellegrinaggio, iniziato oggi, si concluderà il 25 agosto. Si prevede l’arrivo di almeno 40 mila gitani e in questi giorni i dintorni di Lourdes si riempiranno di roulotte. L’evento rientra nell’ambito delle 12 missioni lanciate per i 150 anni dalle apparizioni di lourdes. Tra queste, c’è anche la missione verso “gli esclusi”. “I pellegrini – si legge nel comunicato di presentazione dell’iniziativa - non dimentichino, nella preghiera, nella vita e nel comportamento di tutti i giorni, quanti sono lontani dai nostri standard”. “Del resto – si sottolinea nel documento - anche Bernadette è in qualche modo esclusa dai normali standard della società del suo tempo; la bambina ha sofferto per la malattia, la miseria, la mancanza di istruzione, la privazione dell’Eucaristia, la pessima reputazione dei suoi”. Nonostante questo – si precisa nel testo – “ha potuto affidarsi alla fede e alla solidarietà, sia della famiglia che delle persone vicine”. Oggi l’evoluzione della società produce un numero sempre crescente di persone senza famiglia, senza lavoro e senza casa, alimentando il dramma dell’emarginazione. La lotta contro la miseria e l’esclusione riguarda tutti gli strati della società, ma anche il cuore della fede cristiana: “Come Cristo è stato inviato dal Padre ad annunciare la buona novella ai poveri – si legge nel dossier diffuso dall’ufficio stampa del santuario - così pure la Chiesa circonda di affettuosa cura quanti sono afflitti dall’umana debolezza”. “Riconosce nei poveri e nei sofferenti l’immagine del suo fondatore, povero e sofferente, si premura di sollevarne la indigenza e in loro cerca di servire il Cristo”. Il pellegrinaggio precede il viaggio del Papa in Francia, dal 12 al 15 settembre, in occasione del 150.mo anniversario delle apparizioni di Lourdes. (A.L.)
Sono critiche le condizioni dei rifugiati saharawi nei campi profughi nel sud dell’Algeria
◊ La Croce Rossa saharawi ha lanciato l’allarme per le condizioni di vita nei cinque campi per i rifugiati di Tindouf, città dell’estremo sud dell’Algeria al confine con il Marocco, in cui vivono oltre 160 mila persone. In base a quanto riporta la Misna, esiste un’emergenza anemia causata dall’alimentazione insufficiente che colpisce oltre due terzi delle donne in stato di gravidanza e dei bambini al di sotto dei cinque anni. In particolare il 18 per cento dei piccoli soffre di malnutrizione grave e il 30 per cento di malnutrizione cronica. Una situazione che ormai va avanti da anni per la contesa sullo status del Sahara occidentale tra il governo del Marocco e il Fronte Polisario. Rabat vuole concedere solo l’autonomia mentre il Polisario vorrebbe chiedere un referendum per l’autodeterminazione in cui sia il popolo saharawi a scegliere tra autonomia e indipendenza. Intanto la comunità internazionale si sta muovendo per l’acquisto di derrate alimentari: l’Italia ha stanziato due milioni di euro attraverso il Programma Alimentare Mondiale.(B.C.)
Allarme colera in Guinea Bissau
◊ "Il contagio ha assunto proporzioni allarmanti, da soli non siamo in grado di fermarlo". E’ l’appello delle autorità della Guinea-Bissau alla comunità internazionale per tentare di contrastare l’epidemia di colera scoppiata a maggio. In tutto il Paese sono stati registrati 2.200 casi, con 53 morti. Particolarmente difficile la situazione sanitaria nella sola capitale Bissau: i casi di colera accertati sono 1.635, 15 i decessi. Gli stock di vaccini e le sacche per la reidratazione sono praticamente esauriti, le Nazioni Unite hanno stanziato aiuti per 400 mila euro. Intanto le autorità ospedaliere hanno accusato la popolazione di negligenza, nonostante i messaggi diffusi dai media locali, non vengono rispettare le più elementari norme sanitarie. Il ministero della Sanità ha reclutato almeno 200 giovani per una campagna informativa porta a porta nei differenti quartieri della capitale. Il governo, che ha sospeso le cerimonie pubbliche, ha avviato anche la disinfestazione dei pozzi e dei mercati di Bissau per cercare di arginare l'epidemia. (B.C.)
Grave il bilancio delle piogge monsoniche in India
◊ E’ difficile la situazione nello Stato indiano dell’Uttar Pradesh colpito dalle piogge monsoniche stagionali e dalle conseguenti alluvioni. Secondo l’ultimo bilancio ufficiale, le vittime sono almeno 22 nelle ultime 24 ore; un numero che fa salire a più di 1400 il numero dei morti dall’inizio della stagione dei monsoni. Proprio l’Uttar Pradesh, secono i dati della protezione civile indiana, conta oltre un terzo delle vittime totali del Paese con 580 morti attribuibili al maltempo. In base a quanto riporta AsiaNews, l’ultima stagione delle piogge, quella del 2007, è stata una delle più devastanti con oltre 3200 vittime.(B.C.)
Lutto nella comunità di Taizé per la scomparsa del compositore gesuita Gelineau
◊ Padre Joseph Gelineau, morto nei giorni scorsi in Savoia, è stato il padre del canto nuovo della comunità di Taizé. Il gesuita francese di 87 anni ha avuto il merito di mettere in musica i passi della Sacra Scrittura con una melodia semplice e ripetuta, “creando – si legge su Avvenire – un modello capace di combinare sapientemente la novità della lingua francese ritrovata e la fedeltà alla tradizione”. Padre Gelineau era nato nel 1920 a Champ-sur-Layon ed era entrato nella compagnia di Gesù nel 1941 mettendo a disposizione il suo talento per la musica; era, infatti, diplomato in organo e composizione e aveva studiato gli inni della tradizione siriaca e del canto gregoriano. La sua più famosa composizione risale al 1953 ed è il salterio in francese: i Salmi nella nuova traduzione della “Bibbia di Gerusalemme” messi in musica. Fu tra i fondatori di Universal Laus, l’associazione internazionale per lo studio della musica per la liturgia.(B.C.)
La violenza integralista scuote l'Algeria: un doppio attentato provoca altre 11 vittime
◊ In Algeria, non si ferma la nuova impennata di attacchi degli integralisti islamici. Stamani, due nuove esplosioni in Cabilia, nella parte orientale del Paese hanno provocato almeno 11 morti e 31 feriti. Il doppio attentato segue di 24 ore l’attacco kamikaze, avvenuto sempre in Cabilia, che ha ucciso 43 reclute di un’accademia militare. Per un’analisi della situazione nel Paese nordafricano, Gabriella Ceraso ha intervistato Alberto Negri inviato speciale del Sole 24 ore:
R. - In Algeria, in quel terribile decennio che va dagli anni Novanta fino ai primi anni Duemila, durante il quale c’è stato un lungo massacro nella guerra tra Forze dell’ordine e radicali islamici, con oltre 200 mila morti e probabilmente migliaia di persone scomparse - quel conflitto non è mai del tutto finito. Però, c’è stato un cambiamento, un salto di qualità, perché nei primi anni Duemila è arrivata al Qaeda che, soprattutto in Algeria, ha stretto un accordo con i gruppi locali fino addirittura ad arrivare ad una fusione tra i gruppi islamici armati algerini e la stessa al Qaeda. In Algeria c’è questo panorama piuttosto preoccupante: quello di un accordo molto forte di collaborazione tra i gruppi terroristici interni e quelli di al Qaeda.
D. - Dunque, un polo del terrore che ha avuto quali conseguenze, nel Paese?
R. - Ha portato soprattutto alla destabilizzazione della regione berbera della Cabilia dove, tra l’altro, non soltanto sono stati attaccati - come è avvenuto - stazioni di polizia, personale della gendarmeria, ma si sono registrati anche gli unici attacchi a lavoratori stranieri. Questo, direi, è il quadro dell’Algeria, oggi.
Pakistan
Instabilità politica e terrorismo: sono questi i due elementi che in Pakistan caratterizzano lo scenario del dopo-Musharraf, il quale oggi ha smentito le voci secondo le quali intenderebbe lasciare il Paese. All’indomani delle dimissioni del presidente pakistano, il confronto politico tra i due principali partiti di governo non ha prodotto risultati circa il nuovo assetto istituzionale dello Stato. È intanto salito 30 morti il bilancio dell’attentato di ieri, rivendicato dai talebani, contro un ospedale nel nord del Paese.
Afghanistan
“Il lavoro che svolgete qui è indispensabile". Lo ha detto il presidente francese, Nicolas Sarkozy, durante la visita-lampo in Afghanistan al contingente del suo Paese, seguita alla morte nei combattimenti di ieri con i talebani di 10 soldati francesi inquadrati nel contingente NATO. Sul terreno intanto proseguono le violenze: forze afghane e della coalizione guidata dagli Stati Uniti hanno ucciso oltre venti guerriglieri - tra loro alcuni combattenti stranieri - in due scontri avvenuti nell’Afghanistan sudorientale.
Libano - Iraq
Prosegue l’attività diplomatica del Libano, tesa a riallacciare i rapporti con i Paesi arabi confinanti. Il premier libanese, Fuad Siniora, è giunto questa mattina in visita ufficiale a Baghdad, dove ha subito avuto un colloquio con il premier iracheno, Nuri al Maliki. Al centro dell’incontro, le forniture petrolifere per il Libano e lo sviluppo di rapporti commerciali con l’Iraq. Intanto, nel Paese del golfo è ancora violenza: due civili iracheni sono stati uccisi e altri quattro sono rimasti feriti stamani dall'esplosione di un ordigno a Baghdad e le forze dell’ordine hanno trovato i corpi di 15 iracheni in un villaggio, nella provincia di Dyala.
Filippine
Uno dei capi dei ribelli separatisti islamici del Fronte di liberazione Moro, che operano nel sud delle Filippine, ha promesso una guerra “fino all'ultimo sangue” contro il governo di Manila, che viene accusato di aver sospeso l’accordo che concedeva maggiore autonomia alle provincie a maggioranza islamica nell'isola di Mindanao. ''Siamo pronti a combattere fino all'ultimo uomo”, ha dichiarato a una radio locale dell’isola, Abdurahman Macapaar, soprannominato ''Comandante Bravo''. Nei giorni scorsi, i ribelli del fronte islamico hanno lanciato una serie di attacchi contro alcuni villaggi cristiani del Mindanao, provocando 38 morti.
Zambia
Nella Zambia, il Paese è in lutto per la morte del 59.enne presidente, Levy Mwanawasa. Il capo dello Stato è deceduto ieri in ospedale in seguito ad un ictus celebrale. Terzo presidente dopo l'indipendenza dello Zambia nel 1964, Mwanawasa era al potere dal 2002. Apprezzata la sua politica di lotta alla povertà e alla corruzione. Entro i prossimi 90 giorni saranno convocate nuove elezioni presidenziali.
Cina
Circa 1.200 persone sono state evacuate nella provincia dello Yunnan, nella Cina meridionale, in seguito ad una scossa di terremoto del grado 5 della scala Richter. Epicentro del sima la città di Sudian, a 46 chilometri dal piccolo centro di Yingjiang. Alcuni edifici sono stati danneggiati ma non si ha notizia di vittime.
Tempesta Fay
Dopo essersi indebolita, la tempesta tropicale Fay si sta dirigendo di nuovo a est, verso la costa atlantica della Florida. Le autorità statunitensi sono quindi ancora in allerta per quello che chiamano ''effetto boomerang''. Nel passaggio di Fay sulla Florida non sono mancati allagamenti, disagi e l’evacuazione delle Isole Keys, ma nulla in confronto ai danni provocati nei Caraibi con oltre 50 persone che hanno perso la vita. (Panoramica internazionale a cura di Marco Guerra)
Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LII no. 233
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