![]() | ![]() |

Sommario del 16/08/2008
Maria segno di sicura speranza e consolazione: sulle parole del Papa, ieri alla Festa dell’Assunta, la riflessione dell’arcivescovo prelato di Loreto, Tonucci, e dell’arcivescovo della Madre di Dio a Mosca, Pezzi
◊ “Davanti al triste spettacolo di tanta falsa gioia”, Maria ci insegna ad essere “segni di speranza e consolazione”. E’ uno dei passaggi più significativi dell’omelia tenuta ieri da Benedetto XVI nella Messa a Castel Gandolfo per la Festa dell’Assunta. Il Papa ha sottolineato che, nei momenti di difficoltà, Maria è segno di “sicura speranza”. Un passaggio sul quale Alessandro Gisotti ha raccolto la riflessione dell’arcivescovo prelato di Loreto, Giovanni Tonucci:
R. – Il Santo Padre si dimostra Maestro di fede con parole semplici, facili da capire però esprimendo concetti molto ricchi e profondi, guardando a Maria come un segno di infinita ricchezza, dal quale ogni volta riusciamo a trarre nuove ispirazioni. Maria come risposta alle angosce di questo tempo, la sua serenità nel darsi completamente a Dio, quindi qualcuno che ci mostra – dice il Papa – la strada della felicità. Ci fa capire come, attraverso la fedeltà alla chiamata di Dio, possiamo realmente rispondere a quella che è la nostra vocazione umana. In qualche modo, diventa un esempio per tutti noi perché quello che Maria è stata in maniera straordinariamente unica, ciascuno di noi può esserlo attraverso la chiamata che il Signore ci dà per essere in qualche modo anche noi strumenti utili per l’affermazione della redenzione nel mondo.
D. – Benedetto XVI, ieri all’Angelus, ha già rivolto lo sguardo a Lourdes, dove si recherà ormai tra meno di un mese per celebrare il 150.mo delle apparizioni mariane. Quali frutti spirituali possiamo aspettarci da questo speciale pellegrinaggio del Papa?
R. – A Lourdes già si vive questa attesa. Con dei pellegrini di Loreto io sono stato meno di una settimana fa a Lourdes e ho visto la bellezza di questo santuario che si sta preparando alla visita del Papa. Il messaggio che il Papa dà attraverso questo suo gesto è un messaggio che parla di devozione, parla di semplicità, parla di silenzio e parla di riflessione su questo fatto avvenuto 150 anni fa, attraverso poche apparizioni – 18 appena – poche parole, ma tutte così ricche e pesanti, che ancora oggi il messaggio di Lourdes ha un valore. Guardando a Lourdes e al Papa da Loreto, a me piace pensare che là la Madonna si è proclamata “Immacolata Concezione” e il Concepimento di Maria è avvenuto nella Casa di Loreto. Quindi, ecco, sento questo evento come qualche cosa che avvicina unicamente i due santuari e li avvicina tutti al Magistero del Papa, il quale anche adesso crede necessario – giustamente necessario – ribadire questa vocazione mariana della Chiesa come un appello che guarda ad un futuro da costruire nell’amore e nella pace.
E proprio ieri, durante una conferenza stampa di presentazione della visita del Papa in Francia, il vescovo di Tarbes e Lourdes, Jacques Perrier, ha affermato che sono attesi oltre 200 mila fedeli per la Messa presieduta da Benedetto XVI, domenica 14 settembre, in occasione del 150.mo anniversario delle apparizioni mariane. Ma torniamo alla Festa dell’Assunta, nella quale il Pontefice ha ricordato che Maria è davvero la “porta del Cielo”, un cielo non di idee astratte “ma della vera realtà, che è Dio stesso”. La riflessione dell’arcivescovo della Madre di Dio a Mosca, Paolo Pezzi, intervistato da Alessandro Gisotti:
R. – Maria è realmente la Porta del Cielo, perché in lei vediamo compiuta l’umanità, così come Dio l’ha creata. Nel suo bellissimo inno alla Vergine, Dante dice tra l’altro che la Madonna è “vivace fontana di speranza”: questo è proprio ciò che noi possiamo forse più di tutto vedere nella Madonna, innanzitutto nella sua disponibilità al mistero di Dio, la sua semplicità che l’ha resa disponibile al mistero di Dio e perciò in questo modo l’ha resa per noi non solo un esempio, ma Colei che ci accompagna lungo il cammino della vita.
D. – Come Maria, Porta del Cielo, può diventare ora ponte verso la piena comunione tra cattolici ed ortodossi?
R. – Io penso che innanzitutto noi dobbiamo guardare nella Madonna questa sua disponibilità al disegno di Dio. Anche noi siamo chiamati ad avere questa disponibilità. Allora il desiderio di una piena comunione e i passi necessari, anche, per questa piena comunione, ci diventeranno come buon pane da mangiare. Penso che innanzitutto la Madonna possa essere un ponte per noi, per il nostro cammino verso la piena comunione, proprio perché ci richiama ad un “sì” detto al mistero di Dio, a un “sì” che diventa – diciamo così – operativo.
D. – Il Papa ieri ha esortato i fedeli a seguire Maria per essere segni di speranza in un mondo angosciato dal dolore. Pensiamo anche a quanto succede in questi giorni nel Caucaso: Maria, Regina della Pace…
R. – Sì, certamente. Penso proprio al dolore, alla fatica e al bisogno che in queste ore toccano i nostri popoli; mi colpisce come anche in queste ore, senza una particolare pubblicità nei giornali, ci sia stato chi ha saputo farsi carico di questo bisogno, di questo dolore e di questa fatica dell’Uomo. Ecco, penso che questi segni di testimonianza, assieme alla preghiera per la pace per quei luoghi, siano un segno di una possibile ricostruzione che nel cammino della vita è quello che ci aspetta: il ricominciare sempre!
Russia e Georgia firmano la tregua. Appello di mons. Gugerotti per i profughi
◊ Diplomazia in campo nella crisi georgiana. Dopo il presidente georgiano Saakashvili, anche il presidente russo Medvedev ha firmato il cessate il fuoco. Il documento prevede la tregua, la rinuncia all'uso della forza, il libero accesso degli aiuti umanitari e il ritorno delle forze armate georgiane nelle località in cui erano abitualmente dispiegate. Il servizio di Giuseppe D’Amato:
Il presidente russo Medvedev ha firmato il piano di pace. Il documento era stato inviato dagli Stati Uniti via fax dopo che ieri era stato a sua volta approvato dal leader georgiano Saakashvili. In mattinata il ministro degli Esteri Lavrov ha parlato per telefono con l’omologa statunitense Rice. Il documento verrà ora sottoposto al Consiglio di Sicurezza dell’ONU per acquisire valore legale. Ritiro delle truppe e discussione a livello internazionale del futuro status di Ossezia ed Abkhazia, in sintesi i punti principali. Gli aiuti umanitari, intanto, continuano ad arrivare da tutta la Russia in Ossezia del Sud. Serve soprattutto materiale da costruzione per riparare le case in vista del prossimo inverno. I maggiori problemi a Tskhinvali sono legati all’elettricità ed alla fornitura dell’acqua potabile. Il cibo viene distribuito dai militari. Difficile è invece la situazione dall’altra parte del fronte in Georgia. Portavoce dell’Alto commissariato dell’ONU a Ginevra denunciano che è impossibile distribuire aiuti ai profughi per mancanza di sicurezza. La regione sarebbe in preda ad un clima di banditismo ed illegalità generalizzati. Ecco perché, ha ribadito di nuovo Mosca, le truppe federali non stanno ancora lasciando il Paese caucasico. Suscitano, nel frattempo, forti critiche a Mosca le prese di posizione dell’Ucraina: ostacoli al ritorno della flotta russa del Mar Nero a Sebastopoli ed integrazione del suo sistema radar in quello della NATO.
Ma sulla firma della tregua ascoltiamo il commento di mons. Claudio Gugerotti, nunzio apostolico, in Georgia, raggiunto telefonicamente a Tblisi da Sergio Centofanti:
R. – C’è una grande soddisfazione per il fatto che si è arrivati almeno ad alcuni principi comuni, ma bisogna vedere se vengono applicati, perché per ora non si muove niente, come se non avessero firmato!
D. – In questo momento qual è la situazione?
R. – La situazione non è cambiata in nulla. In alcune parti sembra che le truppe russe comincino a ritirarsi; nei punti più noti e fondamentali per ora non si vedono spostamenti, bisogna aspettare ancora qualche ora per vedere se ci saranno degli effetti.
D. – Invece, qual è la situazione dei profughi?
R. – Molto, molto dolorosa. Nel senso che i profughi sono cresciuti di numero. Io non so che tipo di assistenza ricevano attraverso la Federazione Russa, che aiuta – pare – l’Ossezia del Sud passando dall’Ossezia del Nord; così l’Ossezia del Sud rimane completamente isolata rispetto alla Georgia: non c’è nessun modo di comunicare. E questo, per la gente, è una grande tragedia perché non riescono a sapere nulla dei loro anziani, dei loro ammalati che sono rimasti lì. E poi c’è la situazione drammatica della mancanza di generi alimentari. Quando ho visitato i profughi ieri erano completamente digiuni ed erano 1.500 in una scuola: non c’erano impianti igienici, non c’erano fognature ... Il problema riguarda soprattutto i bambini piccoli che non possono mangiare cibo solido.
D. – Quali sono adesso le prospettive?
R. – Intanto si spera arrivino gli aiuti umanitari e sembra che stiano arrivando: anche la Caritas qui si è mossa, per prima e in maniera molto massiccia con i mezzi, naturalmente, che ha a disposizione. Si tratta di garantire un minimo di sopravvivenza a questi profughi.
D. – Si parlava anche di un corridoio umanitario ...
R. – E’ questo che noi auspichiamo fortemente. Per il momento, ancora non è stato istituito.
Olimpiadi: la Cina fa man bassa di ori
◊ Alle Olimpiadi di Pechino il nuotatore statunitense Michael Phelps ha conquistato il settimo oro nei 100 farfalla ed ha così eguagliato il connazionale Mark Spitz, che aveva stupito ai Giochi di Monaco ‘72. Ritirate invece le due medaglie del tiratore nordcoreano Kim Jong-su, trovato positivo ad un controllo antidoping. A conclusione dell'ottavo giorno di gare, gli Stati Uniti superano la Cina nel computo totale delle medaglie, anche se i padroni di casa mantengono il dominio assoluto degli ori. Per fare il punto sulla situazione dei giochi olimpici Massimiliano Menichetti ha raccolto il commento della collega Flaminia Rosati, raggiunta telefonicamente a Pechino:
R. – Stanno emergendo sicuramente tre cose: questa Cina, che sta sbancando il medagliere, Michael Phelps, che ha raggiunto finalmente il primato di Spitz, l’ha raggiunto e vorrebbe batterlo domani. E la terza cosa, sicuramente, la finale dei 100 metri di oggi: l’uomo più veloce del mondo continua a conservare un fascino straordinario e sicuramente resterà l’uomo immagine delle Olimpiadi.
D. – La questione del Caucaso. Da più parti si è detto: si sta violando la tregua olimpica. Cosa dicono, come vivono gli atleti ciò che succede fuori, oppure si vive in un clima del tutto separato dal resto del mondo?
R. – Credo che gli atleti proprio in questo preciso istante vivano abbastanza separati dal resto del mondo. Ma io credo che sia una cosa del tutto comprensibile ed è assolutamente fisiologico che siano concentrati sulle gare. Poi, chiaramente, ciascuno ha la sua sensibilità personale.
D. – Anche se rimane storico l’abbraccio tra l’atleta georgiana e quella russa ...
R. – Ma certo, resta una bellissima immagine non solo di sport. Cioè, si può avere un Paese in guerra con un altro e due persone di quei Paesi che vivano in amicizia.
D. – Altra questione che accompagna queste Olimpiadi: quella della difesa dei diritti umani. Anche durante i giochi si hanno notizie di manifestazioni. Voi avete un ritorno di questo clima, oppure no?
R. – Abbiamo lo stesso ritorno, credo, che c’è nel resto del mondo, perché anche qui si leggono i giornali. Ma forse è troppo chiedere agli atleti, soprattutto agli atleti che ci stanno dentro, di prendere delle posizioni che mettono a rischio le loro gare.
D. – Si può dire che il messaggio dello sport alla fine è un messaggio di pace somma, nonostante la competizione più aspra?
R. – Nel momento in cui la competizione esce onesta e trasparente, direi di sì. E alla fine vedere al Villaggio Olimpico questi ragazzi tutti insieme, di Paesi diversissimi, che mangiano insieme, che fanno amicizia, che riescono ad abbracciarsi anche quando hanno il Paese in guerra, ecco, direi che dal punto di vista simbolico sia proprio importante.
Grande partecipazione alla tradizionale processione della "Vara" a Messina
◊ La città di Messina ha vissuto ieri la festa dell’Assunta con la tradizionale manifestazione della “Vara”, una macchina imponente che trasporta l’immagine della Madonna per le vie della città trainata con funi da decine di persone. Una tradizione religiosa popolare che risale a cinque secoli fa. Migliaia i fedeli che hanno assistito all’evento. Luca Collodi ha chiesto a mons. Giacinto Tavilla, segretario dell’arcivescovo Calogero La Piana, se Messina può essere definita la città di Maria:
R. – E’ un’affermazione molto bella; è un’affermazione che esprime fortemente l’identità della nostra città, sia perché la città di Messina vanta una sua gloriosa tradizione che la collega alla Vergine Maria, e faccio riferimento ad una tradizione che è unica perché è strettamente legata alla nostra città di Messina. Noi abbiamo come patrona la Vergine Maria con il titolo della Madonna della Lettera, proprio perché c’è questo legame tra la Vergine Maria e i messinesi, facendo risalire nientemeno questa tradizione al 42 dopo Cristo quando, in seguito ad un passaggio dell’apostolo Paolo, lo stesso Paolo parlò con grande fervore al cuore dei messinesi suscitando in questo popolo il desiderio di Dio. E siccome era ancora vivente la Vergine Maria a Gerusalemme, la città di Messina decise, con grande entusiasmo, di costituire un’ambasceria di messinesi che si recarono a Gerusalemme per attestare l’affetto, la devozione, il grande amore per la Vergine Maria la quale, in segno di particolare gratitudine ai messinesi, scrisse una lettera – da qui il titolo “Madonna della Lettera” – e consegnò questa lettera all’ambasceria dei messinesi i quali portandola a Messina, ne fecero motivo di particolare gioia, di particolare orgoglio. Questa lettera si conclude con una frase che è scolpita a lettere cubitali ai piedi della stele della Madonnina posta all’ingresso della nostra città, nel porto di Messina: “Vos et ipsam civitatem benedicimus”. E sono le parole con le quali la Vergine Maria attesta questa volontà di essere perpetua protettrice della nostra città.
Cresce in Italia la richiesta di trascorrere le ferie estive in oasi di spiritualità
◊ Sono numerosi in Italia i monasteri dove giovani e adulti decidono di trascorrere tutta o una parte delle ferie estive. Una realtà in crescita, che mette in risalto come sia viva la ricerca di Dio anche in un tempo, come quello estivo, dai più dedicato alla distrazione. Debora Donnini ha intervistato padre Francesco, responsabile dell’accoglienza nel convento francescano dell’Eremo delle Carceri ad Assisi.
R. - C’è un aumento della richiesta di poter trascorrere alcuni giorni con noi per vivere la preghiera insieme a noi, vivere momenti di silenzio per ritrovare se stessi perché ci si sente smarriti, dispersi, da una vita che non è più una vita a misura d'uomo, nella dimensione in cui l’uomo può vivere, quindi hanno bisogno di ritrovarsi. Sono tante le persone, anche giovani, che chiedono di trascorrere qui alcuni giorni.
D. – Quale è l’esperienza che queste persone fanno nei vostri conventi?
R. – Quello che noi chiediamo loro è soprattutto di immergersi in questo silenzio che trovano da noi – noi siamo ad 800 metri sul monte Subasio – un luogo dove San Francesco veniva a ritirarsi per vivere momenti di intimità profonda con Dio, per poter ascoltare la voce del Signore che parla ai nostri cuori. Ma per ascoltare questa voce bisogna far tacere tutte le altre voci e quindi non è un traguardo che si raggiunge subito e allora bisogna desiderare di entrare in comunione con se stessi e con Dio per raggiungere, alla fine, questo scopo. All’inizio le persone mi dicono che sentono quasi che il silenzio li soffoca e hanno la tentazione di andare via perché avvertono un disagio, una fatica. Io dico loro che avvertire tutto questo è normale perché bisogna purificarsi da tutto ciò che impedisce alla nostra interiorità di venir fuori. Ma se si va avanti si sperimenterà qualche cosa di veramente bello ed è questo ciò che si sta cercando. E’ un regalarsi dei giorni per se stessi, proprio per far crescere la propria persona e non far crescere solo l’immagine o cose esteriori o materiali, ma proprio fare veramente qualche cosa di importante per se stessi. Per capirlo di più bisogna sperimentarlo sulla propria pelle: infatti le persone che vengono e poi lo raccontano, all’inizio sono quasi un po’ derise: “ma come sei andato lì, vieni con noi andiamo a Rimini, a Riccione di qua… di là”, soprattutto i giovani. Quindi si sentono non capiti per questa scelta; perciò soltanto quando c’è una decisione di fondo forte che si riesce ad andare avanti, si riesce a scoprire qualche cosa di importante poi si riesce anche a trasmettere ciò non tanto con le parole ma con la propria vita.
Il commento di don Massimo Serretti al Vangelo della Domenica
◊ In questa 20.ma Domenica del Tempo Ordinario il Vangelo ci presenta l’incontro di Gesù con una Cananèa nella regione di Tiro e Sidòne. La donna, gridando, chiede al Signore di guarire la figlia, tormentata da un demonio. Ma Gesù, inizialmente, non le rivolge neppure una parola, poi sembra trattarla con distacco affermando che la sua missione è rivolta alle "pecore perdute della casa d'Israele". Di fronte all’umile e fiduciosa insistenza della donna, Gesù esclama:
«Donna, grande è la tua fede! Avvenga per te come desideri».
Su questo brano del Vangelo, ascoltiamo il commento di don Massimo Serretti, docente di Cristologia all'Università Lateranense:
La missione di Gesù è circoscritta “alle pecore perdute della casa di Israele”. Scrive Paolo: che “Cristo si è fatto servitore dei circoncisi in favore della veracità di Dio, per compiere le promesse dei padri” (Rm 15, 8).
E’ emblematico che la donna pagana si avvicini a Lui a motivo di una vessazione diabolica. Prima dell’avvento del Figlio infatti “tutto il mondo era sotto il potere del diavolo” (cf. 1Gv 5, 19; At 10, 38).
In un primo momento Gesù non presta ascolto alle grida della donna a motivo della Sua obbedienza al disegno del Padre. Poi, però, attraverso la pietà e la profonda umiltà della Cananea, Egli scorge un segno inaspettato: la fede. E ciò per il Figlio è un segno chiaro di un’azione del Padre stesso. “Nessuno - dichiara Egli stesso - può venire a me se non è attirato dal Padre mio” (cf. Gv 6, 65). A quel punto Gesù cambia posizione ossequiando l’indicazione del Padre e libera la figlia della donna Cananea dal crudele tormento (kakos) del demonio.
La vera preghiera d’impetrazione deve avvenire sotto l’azione di Dio, nella fede, in tutta umiltà e pietà.
America Latina: domani a Quito il lancio della Missione continentale
◊ Oggi, a Quito, in Ecuador, il terzo Congresso Americano Missionario e l'ottavo Congresso latinoamericano (CAM3 e COMLA8) si avviano alla conclusione con una giornata dedicata alla missione in Oceania, così come nei giorni scorsi ci sono state le giornate per l'Europa, l'Africa, l'Asia e ieri, festa dell'Assunta, per l'America. Domani, nel giorno del lancio della Missione continentale gli oltre tremila partecipanti pregheranno per la missione in tutti i continenti. Nello stadio sportivo universitario della capitale dell'Ecuador si attendono almeno 30mila persone che venereranno le reliquie di Santa Teresa di Gesù Bambino e parteciperanno all'Eucaristia della chiusura dei lavori presieduta dall'Inviato di Benedetto XVI, l'arcivescovo di Santo Domingo cardinale Nicolás de Jesús López. Il saluto iniziale sarà letto dall'arcivescovo di Guayaquil e presidente dell'episcopato ecuadoriano mons. Antonio Arregui Yarza. A conclusione della Santa Messa, dopo l'annuncio della sede del CAM4 e del COMLA9, il presidente del Consiglio episcopale latinoamericano (CELAM), l'arcivescovo di Aparecida Dom Raymundo Damasceno, lancerà ufficialmente la Missione continentale così come ha deciso, nel maggio 2007, la V Conferenza generale degli episcopati della regione accogliendo un'esortazione di Benedetto XVI che prese parte all'apertura dei lavori in Brasile. In quell'occasione il Santo Padre sottolineò: "Il discepolo, fondato così sulla roccia della Parola di Dio, si sente spinto a portare la Buona Notizia della salvezza ai suoi fratelli. Discepolato e missione sono come le due facce di una stessa medaglia: quando il discepolo è innamorato di Cristo, non può smettere di annunciare al mondo che solo Lui ci salva (cfr Hch 4, 12). In effetti, il discepolo sa che senza Cristo non c'è luce, non c'è speranza, non c'è amore, non c'è futuro". Ora, a 15 mesi di distanza da quell'esortazione, dopo un lavoro di preparazione molto intenso in ciascuna delle 22 Conferenze episcopali latinoamericane e caraibiche, ma anche in quella dei vescovi cattolici degli Stati Uniti e del Canada, è tutto pronto per il lancio di questa Missione concepita ed organizzata come un compito permanente e non solo sporadico. Oltre ai piani missionari nazionali, la Missione continentale si potrà avvalere di un insieme di linee orientatrici nonché di sostegni concreti forniti dal CELAM e dagli episcopati nordamericani. Ieri e nei giorni nei giorni passati, in più interventi, sono riecheggiate le parole di Benedetto XVI ad Aparecida che rilevavano con forza come la Chiesa abbia “il grande compito di custodire ed alimentare la fede del Popolo di Dio, e ricordare anche ai fedeli di questo Continente che, in virtù del loro Battesimo, sono chiamati ad essere discepoli e missionari di Gesù Cristo". La Missione continentale si fa carico dell’invito del Santo Padre: essere cristiani significa seguire Gesù, “vivere in intimità con Lui, imitare il suo esempio e dare testimonianza. Ogni battezzato riceve da Cristo, come gli Apostoli, il mandato della missione: ‘Andate in tutto il mondo e proclamate la Buona Notizia ad ogni creatura. Chi crederà sarà battezzato, sarà salvo’ (Mc 16, 15). Essere discepoli e missionari di Gesù Cristo e cercare la vita ‘in Lui’ suppone che si sia profondamente radicati in Lui".(A cura di Luis Badilla)
Il cardinale Kasper ricorda frère Roger a tre anni dalla scomparsa
◊ “Poche persone della nostra generazione hanno incarnato con tale trasparenza il volto mite e umile di Gesù Cristo”. È con parole cariche di riconoscenza e commozione che il cardinale Walter Kasper ricorda frère Roger Schutz, “fonte di speranza riconosciuta da molti, compreso me stesso”, nel terzo anniversario della sua scomparsa. Aveva 90 anni il fondatore della comunità di Taizé, “monaco simbolo dell’ecumenismo spirituale”, quando, durante la preghiera della sera, venne assassinato da una squilibrata. In un’intervista all’Osservatore Romano, il presidente del Pontificio Consiglio per la promozione dell'unità dei cristiani, ne tratteggia così il profilo e l’opera: “Durante tutta la sua vita, frère Roger ha seguito la via dell'Agnello: con la sua dolcezza e la sua umiltà, con il suo rifiuto per ogni atto di grandezza, con la sua decisione di non dire male di nessuno, con il suo desiderio di portare nel proprio cuore i dolori e le speranze dell'umanità”. Al centro dei suoi desideri e delle sue preghiere – continua il cardinale – l’unità dei cristiani, “un filo conduttore sino nelle decisioni più concrete di ogni giorno: accogliere gioiosamente ogni azione che possa avvicinare tradizioni differenti, evitare ogni parola o gesto che possa ritardare la loro riconciliazione”. Una meta, questa perseguita, senza essere mai “frettoloso o nervoso”, fin dagli anni della Seconda Guerra Mondiale quando a Taizé, terra di confine, iniziò ad accogliere i rifugiati di tutte le religioni. “Nato in una famiglia riformata, Roger Schutz aveva fatto degli studi di teologia ed era diventato pastore in quella stessa tradizione”, ricorda oggi il cardinale Kaper. Tuttavia, sin dagli anni in cui era un giovane pastore, frère Roger ha pure cercato di nutrire la sua fede e la sua vita spirituale alle fonti di altre tradizioni cristiane, oltrepassando in questo modo certi limiti confessionali”. E “lungo gli anni, la fede del priore di Taizé si è progressivamente arricchita del patrimonio di fede del Cattolicesimo”, tanto che la Chiesa di Roma “aveva accettato che egli comunicasse all'Eucaristia, come faceva ogni mattina nella grande chiesa di Taizé”. Il porporato sottolinea, infine, il ruolo fondamentale, oggi, di Taizé “parabola di comunità che aiuta i giovani a superare le fratture del passato e a guardare un avvenire di comunione e amicizia” e dedica parole di profonda stima e amicizia per il successore di frère Roger, Fratel Alois. (A cura di Silvia Gusmano)
La riflessione del cardinale Gracias per il 61.mo anniversario dell'indipendenza dell'India
◊ È stato celebrato quest’anno in un momento delicato e forse decisivo, il 61.mo anniversario dell’indipendenza dell’India, proclamata il 15 agosto 1947: da oltre un mese il Jammu-Kashmir è infiammato da proteste e scontri tra indù e islamici, due giorni fa quattro persone sono morte a New Delhi negli scontri tra i dimostranti e polizia esplosi a causa della questione agraria e l’inflazione minaccia lo sviluppo economico del Paese, che conta centinaia di milioni di persone ancora in povertà. In un’intervista rilasciata per l’occasione ad AsiaNews, il cardinale Oswald Gracias di Mumbay, presidente della Conferenza episcopale cattolica indiana, ha denunciato la “corruzione e le spinte autonomiste” e ha sottolineato l’importanza di “difendere la dignità delle donne fin dal loro concepimento” e “assicurare i diritti delle minoranze e la libertà religiosa”. “La Chiesa indiana – ha spiegato il porporato – lavora nelle zone rurali più remote, senza discriminazioni di casta e di fede, per aiutare i più poveri tra i poveri e gli emarginati, chi ha bisogno di tutto”. (S.G.)
Emergenza inondazioni in Vietnam, Laos e Myanmar
◊ Si aggrava di giorno in giorno il bilancio delle vittime della tempesta tropicale Kammuri, che lo scorso fine settimana si è abbattuta sulle coste del sud-est asiatico. Diversi i Paesi colpiti. Almeno 127 persone sono morte e altre 34 risultano disperse nel nord del Vietnam, dove solo ieri il livello delle acque si è abbassato. Secondo le stime del governo 800 case sono andate distrutte, 18 mila riportano gravi danni e 15 mila ettari di campi sono stati devastati. Morti, devastazioni e paura che possa accadere di peggio anche in Laos, costretto a lottare contro la peggiore piena del Mekong degli ultimi cento anni. I soccorritori stanno innalzando gli argini del grande fiume per evitare che le acque sommergano Vientiane, la capitale, e le vittime sono già quattro. Nessun morto in Myanmar dove, tuttavia, la tempesta ha costretto molta gente ad abbandonare le proprie case, mentre le scuole chiudevano e i campi di riso venivano distrutti dall’inondazione. Molti, inoltre, i danni riportati nelle zone dove appena quattro mesi fa si è abbattuto il Ciclone Nargis causando la morte di 84 mila persone. (S.G.)
Avviato il ritiro dei soldati dalla zona del tempio di Preah Vihear, conteso tra Cambogia e Thailandia
◊ Dalla cima della collina su cui fu costruito nell’XI secolo, il tempio di Preah Vihear, uno dei luoghi di culto architettonicamente più spettacolari dell’impero Khmer, domina due Paesi e il delicato confine che li separa: Cambogia e Thailandia. Dichiarato recentemente patrimonio dell’umanità dall’UNESCO, questo splendido edificio vedrà ora forse la fine del lungo conflitto sulla sua proprietà che ha contrapposto i fedeli delle due nazioni asiatiche, fin dal 1962 quando Bangkok non accettò la sentenza con cui la Corte internazionale di Giustizia lo assegnava alla Cambogia. Oggi, infatti, i governi cambogiano e thailandese hanno raggiunto un accordo: stamani è iniziato il ritiro delle truppe - circa un migliaio di soldati - dalla zona del tempio, un ritiro avviato anche in vista dell'incontro tra i rispettivi ministri degli Esteri, in programma lunedì prossimo. “Lasceremo solo 10 soldati per parte”, ha annunciato il generale cambogiano che ha diffuso la notizia. Nei giorni scorsi, inoltre, il primo ministro di Phnom Penh, Hun Sen, che in precedenza non si era mostrato disponibile a un accordo con la Thailandia, ha dichiarato che le due parti devono risolvere la disputa e “ottimizzare la cooperazione bilaterale, commercio incluso”. (S.G.)
Perù: ad un anno dal terremoto, proteste per i ritardi nella ricostruzione
◊ Ad un anno dal terremoto che devastò la zona di Pisco e Ica, a sud di Lima, in Perù, molte persone hanno manifestato ieri per denunciare i ritardi nella ricostruzione. Il 15 agosto 2007, una scossa di 7,9 gradi della scala Richter devastò le province del cosiddetto sud del Chico. Le vittime furono più di 500 oltre 300 mila i feriti. La macchina della solidarietà internazionale si attivò subito e anche il Papa fece sentire la sua vicinanza. Dopo aver inviato un messaggio di cordoglio, il cardinale segretario di Stato Tarcisio Bertone si recò nelle zone disastrate per portare il sostegno spirituale di Benedetto XVI e l’aiuto economico della Santa Sede. (B.C.)
L'omelia del cardinale Tettamanzi per la festa dell'Assunta
◊ Liberarci dalla schiavitù della “materialità” che ci appesantisce e ci vincola alle realtà che passano e aprirci alla spiritualità, degna della nostra vocazione e del nostro destino. E’ uno dei passaggi dell’omelia del cardinale Dionigi Tettamanzi, arcivescovo di Milano, tenuta ieri nel Duomo cittadino nella Solennità dell’Assunta. Il porporato ha ricordato le parole del servo di Dio Paolo VI quando, parlando del mistero dell’Assunzione di Maria, ricordava, il 15 agosto 1961 nella sua omelia da arcivescovo di Milano, come essa rappresenti “un preciso atto di fede nella risurrezione della carne e nella vita eterna”. Il cardinale Montini parlava ancora di una “chiamata dall’altra riva della vita” che ci obbliga a “verificare se la via, che ciascuno di noi percorre, è rivolta verso il sommo traguardo”. Pertanto l’arcivescovo di Milano Tettamanzi invita a guardare in alto a distaccarci dalla realtà in particolare da “la banalizzazione della vita umana; la ricerca spasmodica del potere, del denaro e della fama; l’affermazione di un egoismo violento che spegne ogni apertura e sensibilità verso chi è debole e povero, chi è solo e dimenticato; l’ossessione per una sessualità ludica, che non conosce norme ma è fine a se stessa”. “Distaccarci da queste e altre simili forme di ‘materialità’ - ha aggiunto ancora il porporato - se vogliamo che la nostra vita abbia un respiro di autentica ‘spiritualità’ e di eternità”. Il cardinale Tettamanzi ha ricordato anche che “in Maria assunta in cielo tutta la Chiesa e in un certo senso l’intera umanità scoprono il loro più autentico volto, la loro più vera e beatificante meta”. L’arcivescovo invita a guardare alle Sacre Scritture, “pagine che si sovrappongono e si unificano nel presentare alcune antitesi”, per comprendere come “la parola che ci viene dal passato, ma è realtà viva, […] si fa presente nella stessa celebrazione liturgica”. “Così in quanto assunta in cielo – ha continuato il cardinal Tettamanzi - la Madonna è nella storia, dopo Cristo, la prima e perfetta testimonianza del trionfo pasquale del Signore risorto, della vittoria della vita sulla morte”. “E così – ha aggiunto - ci è dato di scoprire la ragione ultima per cui il cristiano, proprio perché tale, è portatore di speranza di vita”. “Il credente si pone come sorprendente novità, come ostinato testimone della speranza che viene da Cristo risorto e vivo: una speranza per il mondo!”. (B.C.)
Mons. Fiorini Morosini a un anno dalla strage di Duisburg: la Locride non è terra del male
◊ Un appello alla “pace, alla forza e alla consolazione” è stato rivolto da mons. Giuseppe Fiorini Morosini, vescovo di Locri-Gerace, in occasione del primo anniversario della strage di Duisburg, in Germania, avvenuta il 15 agosto dell'anno scorso. Erano, infatti, originari di San Luca, piccolo centro della sua diocesi, i sei giovani uccisi nella lotta intestina tra clan dell’ ‘ndrangheta. E mentre i mass media hanno ricordato il drammatico episodio “rinnovando ferite non rimarginate, che sanguinano ancora” e additando la Locride come “terra del male”, il presule, dissociandosi con forza da questa immagine, ha scelto di “seguire un cammino di speranza” e di “continuare a stare vicino a chi soffre”. In che modo? “Noi, in sintonia e collaborazione con le autorità civili – ha spiegato mons. Fiorini Morosini – stiamo accompagnando la gente, invitandola alla riconciliazione con Dio, con se stessa e con gli altri. San Luca è un paese che cerca di riprendersi, anche portandosi dentro tanto dolore; cerca in ogni modo di cancellare quell’immagine che gli hanno costruito addosso”. Si spengano dunque “quei riflettori che illuminano solo i suoi lati negativi” perché “la gente ha bisogno di serenità e coltiva desiderio di crescere e sforzo concreto per creare condizioni nuove di vita!”. “Invito, perciò, gli organi di stampa a guardare alla Locride con i nostri stessi occhi di speranza e di vita – conclude il presule – aiutandoci magari ad evidenziare la necessità di essere sorretti dallo Stato, per quel che è di sua competenza”. (S.G.)
La Chiesa ricorda oggi San Rocco, invocato in tutto il mondo contro le malattie
◊ Dedicò la sua vita a curare il prossimo e per questo viene oggi ricordato e venerato San Rocco da Montpellier, il santo taumaturgo vissuto nel XIV secolo. In un quadro di Jacopo Bassano conservato alla Pinacoteca di Brera, a Milano, è ritratto tra i malati, intento ad assisterli. Il Tintoretto, invece, lo dipinge mentre guarisce. Rocco, pellegrino, diventa così protettore dalla peste e dalle malattie incurabili, spesso invocato anche contro l’AIDS. La figura del giovane santo francese si diffuse nel Medioevo in maniera esponenziale, proprio perché non si preoccupava di sé pur di sostenere chi non stava bene e soffriva. Oggi, giorno della sua memoria, numerosi festeggiamenti sono in corso in diverse città in Italia e all’estero. A Capriati al Volturno, piccolo centro del Casertano al confine con il Molise, dove esiste l’unico museo iconografico del santo, hanno deciso un’apertura straordinaria sino a mezzanotte per tutta la settimana. Il suo culto è diffuso in tutto il mondo e in Europa: è uno dei santi con il maggior numero di chieste dedicate. I centri di devozione più importanti sono a Roma, la chiesa di San Rocco a Ripetta, accanto all’Ara Pacis e al mausoleo di Augusto, e poi in Italia del nord, da Sarmato (Piacenza) a Voghera (Pavia), dove è morto fra il 1376 ed il 1379, a non più di trentadue anni di età. La devozione nei suoi confronti è diffusissima anche all’estero: dall’Andalusia in Spagna, al Canada per arrivare fino a Capoverde. (S.G.)
Nepal: il leader storico dei maoisti eletto premier a due mesi dall’abolizione della monarchia
◊ Il leader storico degli ex ribelli maoisti nepalesi, Prachanda, è il nuovo primo ministro del Paese himalayano. Il capo del governo è stato eletto, ieri pomeriggio, dall'Assemblea Costituente, creata alla caduta della monarchia, per formare le nuove istituzioni repubblicane. All’elezione di Prachanda si sono opposti i componenti del partito del Congresso nepalese, che auspicavano un premier dell’area moderata. Ma quali cambiamenti si avvertono oggi nel nuovo Nepal? Giancarlo La Vella lo ha chiesto a Luca Lo Presti, presidente di Pangea Onlus, organizzazione non governativa, che da tempo porta avanti progetti umanitari in Nepal a favore delle donne:
R. – Ancora non vediamo nessuno che tenda a rispettare i diritti appieno, come noi ci aspettiamo che avvenga. Però, il fatto che non ci sia più una monarchia assoluta con un governo e un re con tutte le sue prerogative, ci fa sperare che, con il tempo, si possano ritrovare quei diritti fondamentali ai quali tutti si ambisce.
D. – Dal punto di vista sociale, si avverte un cambiamento, un miglioramento?
R. – Ancora no. C’è scetticismo, c’è attesa ... C’è anche speranza, perché il governo del re Gyanendra certamente non era stato un governo democratico. Oggi c’è lo stesso scetticismo da parte della gente, come in ogni Paese dove vengono ribaltate le sorti politiche, dove comunque il popolo non è stato chiamato a decidere, dove il popolo da sempre è abituato alle angherie di chi comanda.
D. – Il Nepal è pronto alla democrazia?
R. – Intanto, proviamo ad immaginare che cosa è il Nepal: è uno Stato fatto dalle montagne più alte del mondo, composto prevalentemente da contadini, pastori o allevatori dispersi qua e là sulle montagne. Dello Stato centrale sanno poco perché non li coinvolge, perché comunque è distante ... sono realtà molto, molto piccole, quelle dove la gente vive. Non ci saranno molti cambiamenti e, se ci saranno, saranno nel tempo. Dire che i nepalesi sono pronti ad una democrazia, secondo me, è un’affermazione abbastanza prematura. Speriamo che il governo porti la democrazia là dove la gente vive, portando la scuola, portando i servizi sociali, portando tutte quelle cose che possono dimostrare la presenza di un governo e non più la guerra, come c’è stata fino ad oggi!
Pakistan
In Pakistan, almeno 462 miliziani integralisti e 22 soldati del forze regolari sono morti nell'ultima settimana segnata dall’offensiva dell’esercito contro oltre 3 mila talebani, asserragliati nelle zone tribali del nord ovest del Paese. I violenti scontri hanno provocato la fuga di circa 219 mila persone. E mentre Islamabad si trova a fare i conti anche con l’emergenza profughi, la coalizione di governo ha messo a punto la procedura di impeachment contro il presidente Pervez Musharraf incentrata sulla violazione della costituzione. Dal canto suo, Musharraf ha ribadito di non volersi dimettere, ma sono sempre più insistenti le voci di negoziati in corso per indurre l’ex generale a lasciare la scena politica in cambio della garanzia di evitare strascichi legali.
Iraq
Sei pellegrini sciiti sono morti in un attentato a Baghdad. I fedeli si stavano dirigendo a Kerbala per la festa che celebra il dodicesimo imam, Mahdi. La strage, l'ultima di una serie che negli ultimi due giorni ha fatto 36 morti tra i pellegrini, è stata messa in atto con un'autobomba nel quartiere di Ur della capitale irachena. Poche ore prima, un’altra autobomba ha ucciso nove persone in un parcheggio di Balad, cento chilometri a sud di Baghdad.
Somalia
Non si ferma la violenza in Somalia, dove sono almeno 6 mila i civili uccisi, negli ultimi 12 mesi, in attentati e scontri tra milizie islamiche e le truppe etiopi che appoggiano il governo di transizione. Ieri pomeriggio l’ennesima strage vicino a Mogadiscio, dove circa 40 persone che viaggiavano a bordo di due minibus sono state uccise dai soldati etiopi che hanno aperto il fuoco sui passeggeri, come rappresaglia di un attentato dinamitardo subito poco prima.
Paraguay
“Lotta senza quartiere alla corruzione e impegno per la giustizia sociale”, alla cerimonia di insediamento di ieri il nuovo presidente del Paraguay, Fernando Lugo Mendez, è tornato sulle promesse della campagna elettorale. Folta la platea di capi di Stato latinoamericani, che hanno assistito al giuramento. Si apre così il mandato di Lugo, che presenta fin da subito molti punti di rottura con le amministrazioni precedenti. Il servizio di Marco Guerra:
A quasi quattro mesi dalla vittoria alle elezioni, il nuovo presidente del Paraguay, Fernando Lugo Mendez, si è insidiato ufficialmente ad Asuncion, succedendo al leader del Partido Colorado, Nicanor Duarte Frutos. Si tratta del sesto presidente eletto democraticamente dal 1989, anno della fine del regime militare che ha tenuto in pugno il Paese per oltre 35 anni. Il nuovo presidente ha giurato ieri, alle ore 10 locali, nel corso della cerimonia di insediamento che ha visto la presenza dei più importanti capi di Stato dell’America Latina, fra cui il brasiliano Lula e il venezuelano, Hugo Chavez. Forte di un altissimo gradimento popolare confermato dagli ultimi sondaggi, Fernando Lugo ha annunciato un programma di austerità a tutti i livelli “per dosare le risorse del Paraguay”. Lugo è anche tornato a ribadire la necessità di un maggior impegno nella lotta alla corruzione. Il nuovo presidente ha quindi promesso ''uno Stato trasparente'' ed ''un programma produttivo orientato al sociale'', e come primo segno tangibile di discontinuità del suo mandato ha rinunciato al suo stipendio e all’utilizzo della residenza presidenziale. Infine, Lugo ha voluto indicare due battaglie che lo vedranno impegnato in prima persona: quella per le popolazioni originarie indigene a cui spetta la proprietà della terra e il dramma dei bambini abbandonati nelle strade.
Repubblica Dominicana
Ventinove morti e trenta feriti. E’ il bilancio provvisorio dell’incidente che ha coinvolto ieri due autobus nella Repubblica Dominicana. Alla base della sciagura, in cui hanno perso la vita anche 4 turisti italiani, sarebbe stata la scarsa visibilità per le piogge battenti.
Stati Uniti
Negli Stati Uniti fa discutere la misura disposta dal provveditorato agli studi del distretto di Harrold, in Texas, che autorizza gli insegnanti a portare armi a scuola. Il provvedimento, il primo del genere negli USA, è stato deciso per garantire la sicurezza del corpo docente e degli stessi studenti in caso di sparatoria o attacco armato. Il programma "guns for teachers", che prevede uno speciale corso di formazione per i docenti, ha incassato il bene stare dei genitori degli studenti. La scuola americana, in questi ultimi anni, è stata segnata da un'escalation di cruente sparatorie che hanno causato diverse decine di vittime. Il più recente massacro di questo tipo risale al 16 aprile 2007, quando uno studente d'origine asiatica uccise 33 studenti nel campus del politecnico "Virginia Tech". (Panoramica internazionale a cura Marco Guerra)
Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LII no. 229
E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sulla home page del sito www.radiovaticana.va.