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Sommario del 13/08/2008
Udienza generale. Benedetto XVI invoca la pace nel mondo: "Chi prega non perde mai la speranza"
◊ Il Papa invoca il dono della pace nel mondo: lo ha fatto riprendendo questa mattina a Castel Gandolfo l’appuntamento tradizionale dell’udienza generale del mercoledì, sospeso dopo il 2 luglio per il viaggio in Australia e il soggiorno a Bressanone. Benedetto XVI ha elevato la sua preghiera a Dio attraverso l’intercessione di San Massimiliano Maria Kolbe, di cui la Chiesa domani celebra la memoria, e affidando l’umanità alla Vergine a due giorni dalla Solennità dell’Assunzione. Ce ne parla Sergio Centofanti.
Il Papa all’inizio dell’udienza generale ha rievocato il suo soggiorno a Bressanone, da cui è rientrato lunedì scorso. “Sono stati giorni di serena distensione – ha detto - durante i quali non ho cessato di ricordare al Signore quanti si affidano alle mie preghiere”:
“E sono veramente tantissimi quelli che mi scrivono chiedendo di pregare per loro. Mi manifestano le loro gioie, ma anche le loro preoccupazioni, i loro progetti di vita, ma pure i problemi familiari e di lavoro, le attese e le speranze che portano in cuore, insieme alle angustie connesse alle incertezze che l’umanità sta vivendo in questo momento. Posso assicurare che per tutti e per ciascuno ho un ricordo, specialmente nella quotidiana celebrazione della Santa Messa e nella recita del Santo Rosario”.
Benedetto XVI ha sottolineato che, come Vicario di Cristo, “il primo servizio” che può “rendere alla Chiesa e all’umanità è proprio quello della preghiera”:
“Chi prega non perde mai la speranza, anche quando venisse a trovarsi in situazioni difficili e persino umanamente disperate. Questo ci insegna la Sacra Scrittura e questo testimonia la storia della Chiesa. Quanti esempi, in effetti, potremmo recare di situazioni in cui è stata proprio la preghiera a sostenere il cammino dei santi e del popolo cristiano!”
Tra le testimonianze della nostra epoca cita quella di Santa Teresa Benedetta della Croce, Edith Stein, e San Massimiliano Maria Kolbe, che la Chiesa ricorderà domani. Entrambi hanno concluso con il martirio la loro vicenda terrena nel lager di Auschwitz:
“Apparentemente le loro esistenze potrebbero essere ritenute una sconfitta, ma proprio nel loro martirio risplende il fulgore dell’Amore che vince le tenebre dell’egoismo e dell’odio. A san Massimiliano Kolbe vengono attribuite le seguenti parole che egli avrebbe pronunciato nel pieno furore della persecuzione nazista: ‘L’odio non è una forza creativa: lo è solo l’amore’. E dell’amore fu eroica prova la generosa offerta che egli fece di sé in cambio di un suo compagno di prigionia, offerta culminata nella morte nel bunker della fame, il 14 agosto del 1941”.
Edith Stein – ricorda poi il Papa – a tre giorni dalla sua drammatica fine, avvicinando alcune consorelle del monastero di Echt, in Olanda, ebbe a dire loro: “Sono pronta a tutto. Gesù è anche qui in mezzo a noi. Finora ho potuto pregare benissimo e ho detto con tutto il cuore: “Ave, Crux, spes unica ”:
“Testimoni che riuscirono a fuggire dall’orribile massacro raccontarono che Teresa Benedetta della Croce, mentre vestita dell’abito carmelitano avanzava cosciente verso la morte, si distingueva per il suo comportamento pieno di pace e per il suo atteggiamento sereno e per il comportamento calmo e attento alle necessità di tutti. La preghiera fu il segreto di questa Santa compatrona d’Europa, che ‘anche dopo essere approdata alla verità nella pace della vita contemplativa, dovette vivere fino in fondo il mistero della Croce’” (Lettera Apostolica Spes aedificandi,: Insegnamenti di Giovanni Paolo II, XX, 2, 1999 pag.511).
Il Papa invoca il dono della pace nel mondo attraverso l’intercessione di San Massimiliano Kolbe: “il suo eroico atto d’amore e la morte di martire – ha detto salutando i fedeli polacchi – sarà sempre segno del trionfo della potenza di Dio e della nobiltà dell’uomo sull’immensità del male”:
“'Ave Maria!': fu l’ultima invocazione sulle labbra di san Massimiliano Maria Kolbe mentre porgeva il braccio a colui che lo uccideva con un’iniezione di acido fenico. È commovente costatare come il ricorso umile e fiducioso alla Madonna sia sempre sorgente di coraggio e di serenità. Mentre ci prepariamo a celebrare la solennità dell’Assunzione, che è una delle ricorrenze mariane più care alla tradizione cristiana, rinnoviamo il nostro affidamento a Colei che dal Cielo veglia con amore materno su di noi in ogni momento”.
(applausi)
Il commento di mons. Liberati alle parole del Papa
◊ Sul significato della preghiera a Maria recitata da San Massimiliano Kolbe, pochi istanti prima della sua morte, Massimiliano Menichetti ha raccolto il commento dell’arcivescovo Carlo Liberati, delegato pontificio per il Santuario della Beata Maria Vergine del Santo Rosario di Pompei:
R. - Significa questo abbandono di Massimiliano Maria Kolbe nelle mani della Madonna. Lui è il fondatore della Milizia dell’Immacolata, e di questo atteggiamento di affidamento interiore, intelligenza, coscienza, cuore a Cristo per mezzo di Maria: è un po’ il segreto delle anime sante, delle anime predilette da Dio. Chiunque si affida alla Madonna diventa inevitabilmente collegato con l’amore oblativo di Cristo: con l’amore è capace anche di immolare se stesso.
D. – Il Papa ha parlato di commozione nel constatare come il ricorso fiducioso alla Madonna sia sempre sorgente di coraggio e serenità…
R. – La Madonna è la donna del “si”, è la creatura che impiega tutta la sua vita per entrare sempre di più nel mistero di Dio, nel fare la Sua volontà; il suo “si” è stato così progrediente, straordinario dal punto di vista della generosità, che ora Lei diventa la mediatrice di tutte le grazie, la “corredentrice”, e Gesù non sa dire di no alla Madonna.
D. – Quindi per questo arriva poi il coraggio e la serenità all’uomo che si affida a Maria…
R. – Precisamente. Oggi ci sono esempi meravigliosi di persone che dicono il rosario tutti i giorni, no? E portano anche la corona al dito; sono persone di una certa spiritualità, perché si sono affidate a Maria, perché vanno a Cristo per mezzo di Maria, diventano i cristiani del “si”.
D. – Ecco, lo ha anticipato Lei: il rosario, preghiera mariana, supplica, ma anche preghiera filiale…
R. – La Madonna è madre: noi non dobbiamo dimenticarci che sotto la croce Gesù, vedendola, dice: “donna, ecco tuo figlio”, indicandogli Giovanni, e a Giovanni-figlio: “ecco tua madre”. Giovanni, la Chiesa, cioè noi, non possiamo fare a meno di Maria; ormai è la sentinella dell’amore del Padre e dello Spirito Santo per mezzo del Figlio, nel cuore della Chiesa. Con l’affidamento a Lei, non dobbiamo aver paura di nulla, diventiamo semplicemente cristiani, cioè apparteniamo al Signore, perché Lui ce l’ha lasciata come madre nel cammino di fede, nella pedagogia della fede.
D. – Tra due giorni la Chiesa celebrerà l’Assunzione in cielo della Vergine Maria; nel 2008, cosa dice questo evento?
R. – Dice che nella provvisorietà, nella relatività, nel disfacimento delle cose umane, resta integra la vocazione dell’uomo e della donna. Per cui, anche tutte le povertà umane, tutte le miserie, tutte le fragilità, tutti i peccati saranno trafitti e trasformati dalla gloria del Signore. Noi oggi, nella gloria celeste, abbiamo il Figlio di Dio, il Verbo, che è anche figlio dell’uomo; abbiamo una donna, che è la sua mamma, che ci aspettano e che ci indicano la nostra vocazione.
Annunciate in modo chiaro e umile Gesù che vince ingiustizie, violenze, corruzione e indifferenza: così il Papa al Congresso Americano Missionario
◊ Annunciare il Vangelo “a tutti coloro che hanno sete di giustizia, pace e verità e che sono oppressi dalla chiusura del peccato o sono immersi nell'oscurità della violenza”. E’ l'esortazione del Papa contenuta nel messaggio inviato al terzo Congresso Americano Missionario che si è aperto ieri a Quito, in Ecuador, sul tema “La Chiesa in discepolato missionario”. Al termine dell'importante incontro, domenica prossima 17 agosto, verrà lanciata la “Grande Missione Continentale” decisa a conclusione della Conferenza degli episcopati dell'America Latina e dei Caraibi ad Aparecida. Il servizio di Benedetta Capelli:
Un “Cenacolo” continentale, “un ulteriore passo nello slancio dell’ardore missionario in America”, così il Papa definisce nel suo messaggio il III Congresso Americano Missionario, iniziato ieri a Quito, sul motto “America con Cristo: ascolta, apprendi e annuncia”. Nell’esprimere la sua “vicinanza spirituale” ai partecipanti all’incontro, Benedetto XVI ricorda “la forza potente dello Spirito Santo che, con i suoi doni e carismi, continua a spingere la Chiesa ad annunciare la Buona Novella della salvezza ad ogni persona”, soprattutto, sottolinea il Santo Padre, “a coloro che non conoscono il Cristo o forse lo hanno dimenticato”.
Perché “il Signore sia sempre più conosciuto, amato, seguito e lodato in quelle terre benedette”, il Papa ricorda l’importanza della “Missione continentale”, che sarà lanciata domenica prossima, nella quale “le diverse Chiese particolari in America Latina e Caraibi intensificheranno la loro opera”, armonizzando “gli sforzi pastorali” e “le iniziative di evangelizzazione”. Benedetto XVI parla del momento attuale come di “un’occasione provvidenziale” per porci nuovamente all’ascolto di Cristo”, “nostro fratello”, che “ci ricorda che non siamo servi, ma suoi amici”. “Egli – aggiunge il Papa- ci istruisce a rimanere nel suo amore senza conformarci ai dettami di questo mondo”. Da qui l’invito a non restare sordi alla sua Parola.
L’esortazione è dunque di imparare da Lui, imitare “il suo stile di vita” e soprattutto “condividere con altri questo tesoro, poiché non vi è ricchezza più grande del godere dell’amicizia di Cristo e del camminare al suo fianco”. “Nella preghiera perseverante, nella meditazione fervente della Parola di Dio, nell’obbedienza al Magistero della Chiesa, nella degna celebrazione dei Sacramenti e nella testimonianza della carità fraterna”, scrive il Papa, si può trovare “la forza necessaria” per identificarci con Cristo, attraverso l’esempio personale si può mostrare che Lui è “la solida roccia sulla quale cementare la nostra esistenza”.
In Cristo - ha affermato - c’è la risposta per coloro che “hanno sete di giustizia, pace e verità”, per coloro che “sono oppressi dalla chiusura del peccato o sono immersi nell’oscurità della violenza”. “Il balsamo dell’amore” di Cristo è consolazione per i “tribolati”, per quanti “sono oppressi dal dolore o sono stati feriti dalla freddezza dell’indifferentismo o dalla piaga della corruzione”. Tutte sfide, sottolinea Benedetto XVI, che “esigono il superamento dell’individualismo e dell’isolamento” e richiedono “un rafforzamento del senso dell’appartenenza ecclesiale e della collaborazione leale con i Pastori, al fine di formare comunità cristiane oranti, concordi, fraterne e missionarie”. E’ l’annuncio “chiaro e umile” il servizio più importante che si può offrire ai fratelli; “da noi – aggiunge – si attende una testimonianza davvero credibile di santità e impegno”.
In conclusione il Santo Padre invita a non “lasciarsi vincere dalla paura”, dallo “scoraggiamento” e “dall’inerzia” di fronte “a un ambiente a volte ostile”, alla “scarsità di risultati” e “all’insufficienza di mezzi umani”. A tutti i presidenti delle Conferenze Episcopali di America Latina e dei Caraibi, il Papa ha donato un trittico che rappresenta il Cristo in gloria nell’atto di accogliere tutti con le braccia aperte. “Egli – sottolinea Benedetto XVI - ci precede nel cammino della vita”, rappresenta un aiuto sulla via della santità, per risvegliare in ogni battezzato il missionario che è dentro di sè, vincendo “la titubanza o la mediocrità” che spesso assale l’uomo. Infine il Papa ha invocato la protezione di Nostra Signora di Guadalaupe, “modello della dedizione perfetta al suo divin Figlio”.
Nomine
◊ Il Santo Padre ha nominato membro ordinario della Pontificia Accademia delle Scienze Sociali il prof. Lubomír Mlčoch, professore di economia presso l'Università Carlo IV di Praga (Repubblica Ceca). Il Prof. Lubomír Mlčoch è nato nel 1944 a Troubky nad Bečvou nella regione di Olomouc, nella parte orientale della Repubblica Ceca. Si è laureato in economia a Praga, specializzandosi in economia politica ed econometria (1967). Durante la "Primavera di Praga" ha utilizzato la "teoria dell'impresa" per svolgere una riflessione critica sulle proposte di riforma economica avanzate in Cecoslovacchia ed ha pubblicato il primo testo di microeconomia neoclassica nel blocco sovietico. Dopo aver soggiornato nelle università di Aberystwyth (Galles), Cambridge (GB), Sorbonne Nouvelle di Parigi, ha pubblicato le proprie analisi critiche sulla via ceca alla trasformazione economica presso il Centro Aletti, Roma 1994. Ha inoltre contribuito alla fondazione del Leadership Forum, che studia gli standard di etica degli affari nel mondo post-comunista, ed ha collaborato con il Woodstock Theological Centre (Georgetown University Washington D.C.). Esperto nella Dottrina sociale della Chiesa, è membro della Commissione Iustitia et Pax della Conferenza Episcopale della Repubblica Ceca ed ha guidato l'elaborazione del documento di pastorale sociale Pace e Bene (Pokoj a dobro, 2000). Insegna economia istituzionale, etica, economia e sistemi economici comparativi nella Facoltà di Scienze Sociali, da lui fondata, presso l'Università Carlo IV di Praga, di cui è membro del Consiglio scientifico.
Mons. Mani presenta la visita di Benedetto XVI a Cagliari
◊ “Consapevoli dell’onore di aver scelto la nostra città per la Sua visita, accogliamo il Papa con fede e con affetto”. Sono queste le parole con cui mons. Giuseppe Mani, arcivescovo di Cagliari, ha presentato alla sua comunità la visita di Benedetto XVI, prevista nel capoluogo sardo domenica 7 settembre a chiusura dei festeggiamenti del centenario della proclamazione della Madonna di Bonaria a Patrona Massima della Sardegna. Due i momenti importanti: in mattinata la celebrazione eucaristica nella Basilica e nel pomeriggio l'incontro animato dai giovani. Quali le tappe della preparazione a questa visita, la terza di un pontefice in Sardegna? Gabriella Ceraso lo ha chiesto a mons. Giuseppe Mani:
R. – Ci stiamo preparando da tempo con grande fede e abbiamo detto che si tratta di ricevere il Vicario di Gesù Cristo che viene a confermarci nella fede, nel contesto dell’Anno Mariano, cioè nel centenario della proclamazione della Madonna quale Patrona Massima di tutta la Sardegna. I Sardi dicono: “Una Patrona sola: la Madonna!”.
D. – Ci saranno delle tappe anche sul cammino della riflessione ...
R. – Stiamo mandando a tutte le parrocchie dei sussidi sui temi: la Chiesa, il Papa e la Madonna.
D. – Oggi lei in conferenza stampa ha fornito altri particolari ...
R. – Oggi ho presentato – ed è un gioiello unico! – il Calice dei Sardi: in Sardegna c’è l’unica miniera d’oro di tutta l’Italia. Abbiamo affidato ad un orafo fiorentino la realizzazione di uno stupendo calice che esprime il lavoro e la fatica di tutti i minatori di sempre, che io inaugurerò per l’Assunta; poi il Papa celebrerà la Messa con il Calice dei Sardi.
D. – Domenica 7 settembre c’è questo pellegrinaggio e poi la Messa in onore della Madonna di Bonaria. Sarà una tappa anche per il Papa, una tappa che lo avvia a Lourdes che verrà subito dopo. Dunque, un modo per confermare l'affidamento a Maria. Per il popolo sardo, questo affidamento cosa rappresenta?
R. – Bonaria è Cagliari, Bonaria è la Sardegna, per cui dire “la Madonna” per i Sardi è dire la figura della mamma, e in Sardegna la figura della donna è celebrata al massimo, soprattutto sotto l’aspetto della maternità.
D. – Altra tappa importante, invece, sarà il momento di incontro con la gente. So che anche i giovani si prepareranno con una Veglia. Quali sono le richieste che lei pensa che questi giovani porteranno al Papa?
R. – La richiesta è sicuramente una richiesta di senso della vita.
D. – Lei in marzo ha invitato il Papa per questa visita ufficiale...
R. – Io tenevo molto alla visita pastorale come al momento di conferma della fede cristiana dei Sardi. Quando il Papa, durante la visita “ad Limina”, mi domandò: “Che c’è di bello in Sardegna?”, io gli dissi: “La fede, Santità!”. “Davvero? – disse – la fede?”. E io assicuro che qui c’è davvero la fede, la fede dei semplici, degli umili ...
Oggi su "L'Osservatore Romano"
◊ Nell’udienza generale a Castel Gandolfo Benedetto XVI ricorda le testimonianze di Edith Stein e di Massimiliano Kolbe: “Davanti alle incertezze dell’umanità chi prega non perde mai la speranza”
Il messaggio del Papa al terzo congresso americano missionario inaugurato a Quito mercoledì 13 agosto
Nell’informazione internazionale, in primo piano la crisi nel Caucaso: Russia e Georgia accettano il piano dell’Unione Europea. In rilievo anche la situazione in Libano: Tripoli insanguinata da una nuova strage
“Un antisemitismo strumentale per rafforzare il regime”. Gaetano Vallini su un nuovo studio dedicato al tema della persecuzione degli ebrei
“Alcide De Gasperi, un uomo dalle idee chiare”. Un articolo di Edoardo Caprino sugli anni del rifugio dello statista in Vaticano, durante i quali egli studiò l’origine della “Rerum Novarum”
Un articolo di Marcello Filotei su Joseph Gélineau, “tradizione e modernità nella sintesi di un artista”
Dopo l'accordo, la Georgia denuncia: violata la tregua. Ma Mosca nega. Il nunzio a Tblisi: urge la solidarietà internazionale
◊ All’indomani dell’accordo sul piano di pace, Georgia e Russia sono ora chiamate e rispettare il cessate il fuoco. Il ministro degli Esteri russo, Sergei Lavrov, ha precisato che le forze di Mosca si ritireranno dal territorio georgiano solamente dopo che le truppe di Tbilisi saranno rientrate nelle caserme. Sull’altro versante, il presidente georgiano, Mikheil Saakashvili, sostiene che i soldati russi hanno violato la tregua. Da Pechino, intanto, arriva la notizia della prima medaglia d’oro alle Olimpiadi per la Georgia vinta da Manuchar Kvirkelia nella lotta greco-romana. Il servizio di Giuseppe D’Amato:
Continua lo scambio di accuse fra Mosca e Tblisi di non osservare la tregua. La Georgia ha affermato che una cinquantina di carri armati russi sono entrati nella città di Gori, a ridosso del confine osseto. Fonti delle forze armate federali negano decisamente l’evento. I russi si ritireranno contemporaneamente alle forze nemiche: questa l’assicurazione che giunge da più parti. Nel corso del conflitto, Mosca ha annunciato di aver perso 74 uomini, i georgiani 165 militari. Fonti ossete hanno parlato di 2 mila civili uccisi; oltre 100 mila sono secondo diverse fonti gli sfollati, più di 40 mila in Ossezia, 56 mila in Georgia. Aiuti umanitari sono arrivati dalle due parti del fronte. La diplomazia sta già discutendo su come risolvere la questione dello status di Ossezia del Sud ed Abkhazia. Tblisi è contraria a qualsiasi soluzione che intacchi la sua integrità territoriale, ma Mosca spinge per lo stesso scenario del Kosovo, con un referendum popolare. In ogni caso, se ne dovrà parlare, ha detto il ministro degli Esteri russo, Lavrov, che è favorevole al potenziamento della missione dell’OSCE nell’area; ma non ci potrà essere più una forza di pace russo-georgiana come prima, poiché ha sottolineato Lavrov gli uomini di Tblisi hanno sparato addosso ai loro colleghi di lavoro. Secondo la stampa russa, Mosca ha agito in base ad un piano prestabilito, che aveva preparato in caso di guerra in Ossezia.
Ma il piano di pace, così come è formulato, può realmente risolvere la questione osseta? Amedeo Lomonaco lo ha chiesto al nunzio apostolico in Georgia, mons. Claudio Gugerotti, raggiunto telefonicamente a Tbilisi:
R. – E’ molto difficile dirlo, per il momento. La questione osseta ha radici complesse, estremamente articolate e non basta; certamente è un primo passo per risolvere definitivamente il problema. Certamente, ci si sta incamminando in una direzione che è quella del dialogo e del negoziato. Questa è assolutamente l’unica percorribile.
D. – Come è stato accolto questo epilogo in Georgia?
R. – In due modi. C’è una Georgia che tenta di reagire con il suo orgoglio, la sua fierezza. C’è una Georgia che tenta di rimettersi in piedi, di ricominciare a vivere con onore, e c’è un’altra Georgia che è completamente prostrata dalla miseria, dalla sofferenza: ci sono moltissimi ammalati, moltissimi feriti. Non ci sono strutture, stiamo cercando di impiantare ospedali da campo, attività umanitarie. Ma non abbiamo neanche i soldi per poterlo fare. Quindi colgo l’occasione per fare veramente un appello affinché ci sia una mobilitazione internazionale più cospicua nell’attenzione ai malati e ai sofferenti di quanta non ci possa essere stata per prevenire il conflitto. C’è il desiderio di fare ma bisogna prima di tutto tamponare il sangue che sta uscendo copioso dalle ferite fisiche.
D. – Oltre allo status della terra osseta, sembra ormai evidente che siano state anche altre le cause di questa guerra. Quale peso hanno avuto, in particolare, le rotte caucasiche del petrolio che arrivano in Europa?
R. – La parola “petrolio” è una parola magica, che oggi spesso sostituisce quelli che in altri tempi erano dei valori che si scrivevano con la maiuscola. Certamente, il problema del petrolio e del gas giocano un ruolo notevole, ma più che nell’avvenimento, in tutta la geopolitica di questa area.
D. – Il mondo dell’informazione, in questi giorni probabilmente abbagliato anche dai giochi olimpici di Pechino, ha raccontato correttamente ed obiettivamente la guerra in Ossezia?
R. – Io le posso dire di aver visto degli ottimi servizi su alcune televisioni internazionali; devo anche dire che è molto difficile destreggiarsi in un servizio di informazione dai luoghi che è fortemente pilotato e spessissimo contraddittorio. Per cui, io capisco anche la difficoltà dei giornalisti. Questa notte viaggiavo e ho trovato molti giornalisti italiani sull’aereo: evidentemente, si stanno mobilitando per venire sul posto. E’ probabile che la visione delle cose direttamente dal posto possa garantire un’informazione che altrimenti risulta mediata da un’antica tecnica, che è quella della 'disinformazia'.
D. – E quali allora le speranze della gente e della Chiesa georgiane?
R. – Per il momento, francamente, speranze non ce ne sono. Per il momento, c’è soltanto la gioia di poter sopravvivere, di poter essere ancora vivi e di doversi prendere carico delle famiglie, dei parenti. La speranza è sempre una speranza che nasce dal cuore. Devo dire che anche la Chiesa ortodossa si è mobilitata molto con la preghiera... L’invito che il Santo Padre ha espresso domenica è stato accolto con molta gratitudine dal popolo georgiano ed il suo messaggio è stato letto subito dopo il discorso del Patriarca due giorni fa, in piazza. Questo ci porta a ben sperare che forse, nella sofferenza, si trovi anche quella unione di intenti e di spiriti. Certamente è un passo verso una visione più fraterna della compresenza in questa area.
Mons. Mennini: il piano di pace, passo in avanti. Il direttore della Caritas russa: è dramma per i profughi
◊ Ma quali sono gli aspetti da sottolineare del piano di pace proposto dall’Unione Europea? Risponde da Mosca, al microfono di Amedeo Lomonaco, il rappresentante della Santa Sede nella Federazione Russa, l’arcivescovo Antonio Mennini:
R. – Il piano di pace è un passo in avanti molto significativo, perché le due parti hanno trovato questo consenso sul documento redatto congiuntamente dal presidente Sarkozy e dal capo di Stato Medvedev. Tra i sei punti, soprattutto quello che riguarda il non ricorso alla forza permetterà l’accesso anche agli aiuti umanitari per il soccorso, in modo stabile e duraturo. La parte georgiana ha voluto che non si metta in discussione, per il futuro, lo statuto giuridico delle due regioni separatiste; comunque, questo è un aspetto al momento secondario. L’importante è che le armi tacciano e che le parti abbiano deciso di sedersi attorno ad un tavolo.
D. – Un conflitto vinto dunque sul fronte militare dalla Russia e su quello diplomatico dall’Unione Europea, che ha proposto il piano di pace accettato da Mosca e in parte anche da Tbilisi; in questo caso la voce di Bruxelles si è fatta sentire…
R. – Si, la situazione ha dimostrato che di fronte magari un po’ al silenzio di altre potenze – senza volerle nominare - l’Unione Europea può svolgere un gioco importante. Un ruolo bene accetto, oserei dire, anche dalla Russia.
D. – Eccellenza, secondo lei il conflitto scoppiato in Ossezia si può anche considerare come una conseguenza diretta dell’indipendenza unilaterale del Kosovo?
R. – Ne ha fatto cenno ieri il presidente Medvedev. Ma non ritengo, come si dice, che la Russia voglia giocare la carta dell’indipendenza delle due repubbliche, perché questa forse provocherebbe anche problemi non solo in altre parti del mondo, ma forse anche all’interno della Federazione Russa.
D. - E quali equilibri adesso si devono salvaguardare per tutelare il futuro della regione caucasica?
R. – Vorrei prendere a prestito alcune parole scritte ieri sul Washington Post dall’ex presidente dell’Unione Sovietica, Michail Gorbaciov. L’ex capo di Stato afferma che, certamente, quando gli Stati Uniti sostengono che il Caucaso è una sfera di influenza vitale per l’interesse nazionale per loro, in parte è vero. E’ in parte vero in quanto la pace nel Caucaso non può non essere interesse di tutti; però - aggiunge Gorbaciov - bisogna considerare che, a maggior ragione, la Russia ha interessi legittimi nella zona, interessi che le derivano da una lunga storia condivisa con quei popoli, e poi anche dalla collocazione geografica.
D. – Quale contributo può dare la Chiesa, per il mantenimento della pace?
R. – Io penso che appunto, come ha detto anche il Santo Padre che ha lanciato un appello richiamando alle comuni radici cristiane dei popoli, prima di tutto sia necessaria un’azione educativa: si deve cercare di far cadere questo senso di sospetto verso tutto ciò che è diverso e strano, dal punto di vista etico e nazionale. Poi, insieme anche con i cattolici, si deve promuovere un’azione umanitaria. So che i nostri responsabili della Caritas russa si sono recati già sul posto e stanno verificando insieme anche con i responsabili della Chiesa ortodossa, come attivare gli aiuti anche da parte cattolica.
Si è infatti messa in moto la macchina della Caritas per aiutare migliaia di profughi in fuga dall’area devastata dal conflitto. Amedeo Lomonaco ha raggiunto telefonicamente a Beslan, in Ossezia del Nord - dove sono moltissime le persone giunte dalle zone teatro di guerra - il direttore della Caritas Russia, padre Alexander Pethsik:
R. – I profughi sono fuggiti dalle case, tante volte senza documenti, tante volte soltanto con gli abiti che indossavano, una giacca, il pigiama ... Hanno la necessità di comprare qualcosa non solo da mangiare, ma anche vestiti ...
D. – Oltre alle necessità di base, è importante anche dare un sostegno morale, essere vicini, essere presenti ...
R. – Io penso che il sostegno morale sia quello che ha dato Papa Benedetto XVI durante l’Angelus, pregando per i due Paesi, per le vittime, per tutti coloro che vivono in questa zona. Io penso che questo appoggio morale nella preghiera, di vicinanza alle vittime, alla gente che soffre è più importante: dimostra la solidarietà, dimostra che tutti siamo figli di Dio.
D. – Cosa vi dicono i profughi quando vi incontrano? Vi ringraziano per il vostro impegno?
R. – Ho incontrato bambini, donne, anziani ... Gli anziani sono contenti di essere vivi ... Nella loro voce si sente la preoccupazione. ‘Grazie, padre, che sei con noi, grazie, che sei venuto’. Si percepisce l’inquietudine soprattutto negli occhi dei bambini: sono bellissimi come tutti i bambini del mondo, ma portano una ferita interiore. Prima di concedere un sorriso, si tengono distanti. Oggi ho incontrato anche il primo ministro della Repubblica dell’Ossezia del Nord: ha ringraziato la Chiesa cattolica per l’aiuto, per il sostengo morale, per le proposte concrete della Caritas.
D. – Lei adesso si trova a Beslan, nota purtroppo per la strage della scuola ...
R. – Esattamente! Io mi trovo adesso vicino al cimitero nel quale sono seppellite tante, tante vittime: i bambini e anche alcuni dei genitori che erano nella scuola ...
D. – Questa terra, purtroppo nota per la strage nella scuola di Beslan, oggi diventa una terra che accoglie i profughi…
R. – Esattamente: questo è molto, molto significativo. E’ significativo come questa terra di Beslan, che anche la Chiesa cattolica di tutto il mondo ha aiutato tantissimo, adesso diventi terra d’accoglienza ...
Al via a Schio il Meeting internazionale dei giovani
◊ Musica, incontri, preghiera. Tutto all’insegna della Vergine Maria, la grande protagonista del Meeting internazionale dei giovani che si apre oggi a Schio, in provincia di Vicenza. Giunto alla sua XVII edizione, il Meeting di Schio è organizzato dall’Associazione “Opera dell’Amore” in collaborazione con Radio Kolbe Sat e potrà essere seguito in diretta sul sito www.teleradiokolbe.net. La stessa emittente presenterà la quinta tappa del tour del Festival internazionale di Musica Cristiana “Il mondo canta Maria”. Debora Donnini ha intervistato il direttore dei programmi di Radio Kolbe e membro del comitato organizzatore del Meeting, Lino Eupani:
R. – "Il mondo Canta Maria" è un appuntamento canoro di musica cristiana internazionale. Praticamente sono presenti artisti italiani e di tutto il mondo. Sono molti anni che noi portiamo avanti questa iniziativa e quest’anno si è aperto un vero e proprio tour.
D. – Le canzoni sono dedicate alla Vergine Maria?
R. – Chiaramente l’obiettivo principale è scoprire o riscoprire la profonda devozione mariana. Tutta questa venerazione che noi cerchiamo di approfondire porta ad un cammino spirituale che deve sfociare possibilmente nella consacrazione al Cuore immacolato di Maria, chiesta più volte dalla Madonna e che noi cerchiamo di portare come obiettivo finale per tutti gli amici che vengono qui.
D. – Il Meeting, però, non è solo musica...
R. – Infatti, chiaramente in un Meeting di ispirazione cristiana, la prima proposta è la preghiera, riscoprire la vita spirituale. Non basta, però, solo questo: ci sono anche momenti di svago e momenti seri. Fra questi, la tavola rotonda “Droga, che fare?”. C’è anche un altro appuntamento interessante in occasione del 150.mo anniversario di Lourdes. Ci saranno delle testimonianze fra cui quella, ormai molto conosciuta, di Giuliana Torretta, che è stata guarita miracolosamente a Lourdes.
Indonesia: aggredito padre Susetyo, attivo sul fronte del dialogo interreligioso
◊ Costernazione e sconcerto nella Chiesa indonesiana, e non solo, per l'aggressione subita da padre Benny Susetyo, segretario della Commissione interreligiosa della Conferenza episcopale del Paese, conosciuto e apprezzato per i suoi sforzi in favore del dialogo. Premeditata l’aggressione che lo ha colpito lunedì sera, sebbene i responsabili siano ancora ignoti: almeno tre persone lo hanno prelevato con la forza da casa, a Bintaro nella parte meridionale di Giakarta, gli hanno portato via il telefono cellulare e lo hanno picchiato a sangue. Ora è ricoverato presso l’Ospedale Pondok Indah della capitale, dove ha ricevuto visite di solidarietà anche di attivisti per i diritti umani, come Solahudin Wahid, promotore del dialogo interreligioso e fratello minore dell'ex presidente indonesiano Abdurrahman Wahid. E’ la prima volta dopo tanto tempo che un sacerdote cattolico subisce una simile aggressione, informa AsiaNews. Padre Susetyo è anche un membro attivo dell’Alleanza per la Nazione e la libertà religiosa, gruppo malvisto dalle frange estremiste musulmane per la posizione assunta sul problema degli ahmadi (minoranza islamica spesso perseguitata dagli altri musulmani). Padre Ismartono, a sua volta attivo per il dialogo fra religioni, non ha voluto rilasciare commenti. Ha però osservato “la rapidità con cui si sono svolti i fatti. Padre Benny era stato appena ricoverato in ospedale, in stato incosciente, che già si sapeva che era a Pondok Indah”. (S.G.)
La Chiesa indonesiana contro la logica del profitto negli ospedali
◊ Rispettare lo spirito di servizio, evitando di porre al centro della propria attività il solo aspetto economico. È l’ammonizione rivolta dalla Chiesa indonesiana alle strutture sanitarie cattoliche del Paese, in occasione di una recente riunione di medici e volontari. L’arcivescovo di Kupang, Peter Turang, responsabile per lo sviluppo socio-economico della Conferenza episcopale, ha rilevato che spesso le istituzioni sanitarie cattoliche si preoccupano troppo dei guadagni a discapito della loro missione morale. In tali ospedali – si legge sull’Osservatore Romano – i degenti pagano le rette come in altri centri privati e talvolta i posti letto non sono sufficienti ad accogliere tutti coloro che ne fanno richiesta. La Chiesa indonesiana ha espresso inoltre l’auspicio che i cattolici contribuiscano maggiormente a risolvere i problemi legati alla sanità nel Paese e si mantengano uniti nel perseguire questo obiettivo: “perché altrimenti – ha evidenziato il presule – si diventa deboli”. (S.G.)
Corea del Sud: i cattolici contrari a rivelare il sesso dei nascituri, un incentivo agli aborti selettivi
◊ In Corea del Sud, un’antica tradizione, comune anche ad altri Paesi dell'Estremo Oriente asiatico, ritiene che la nascita di un figlio maschio sia nettamente preferibile a quella di una femmina. E per rispettarla molte famiglie ricorrono all’aborto selettivo, una pratica illegale nel Paese. Almeno fino ad oggi. A cambiare le cose è intervenuta la Corte Costituzionale di Seoul, con la sentenza che ha dichiarato incostituzionale la norma che proibisce ai medici di rivelare alle donne in gravidanza il sesso del nascituro. Questa norma di legge del 1987, secondo i cattolici coreani, che esprimono viva preoccupazione per tale decisione, impedisce l'accrescersi del numero degli aborti selettivi in base al sesso del feto. Sull’argomento comunque dovranno pronunciarsi le due camere parlamentari di Seoul entro il 2009. Tra gli argomenti presentati dalla Corte Costituzionale a sostegno della recente sentenza, vi è quello ricavato da recenti dati a proposito dell'equilibrio delle nascite nel Paese: 106,1 maschi ogni 100 femmine, nel 2007, il rapporto statisticamente più basso registrato dal 1981. Tuttavia questi dati sono il risultato di una media nazionale e non tengono conto della distinzione tra aree urbane e quelle rurali. In queste ultime, infatti, le tradizioni ancestrali di preferenza verso i neonati di sesso maschile sono ancora radicate poiché relazionate al lavoro nei campi. Padre Hugo Park Jung-woo, segretario generale del Comitato per la vita nell'arcidiocesi di Seoul, spiega che “esaminando i dati ai riguardi della nascita del terzogenito, per esempio, si nota subito una sensibile impennata della percentuale maschile. Nel 2007 121,8 neonati maschi a fronte di 100 femmine. Nel 1994 furono addirittura 202,2 maschi a fronte di 100 femmine”. Nella norma ancora in vigore – informa l’Osservatore Romano – la violazione del segreto medico ai riguardi del sesso di un nascituro è punibile con una multa che può arrivare fin quasi a diecimila dollari e con un periodo di detenzione non superiore ai tre anni. E secondo statistiche attendibili, il numero degli aborti illegali praticati nel 2005 è stato di 342 mila unità. (S.G.)
Sri Lanka: sfidando la guerra, pellegrini in cammino verso il santuario mariano di Madhu
◊ Confidando nella speranza che alla fine esercito e ribelli tamil permettano senza pericoli il raggiungimento del santuario mariano di Nostra Signora di Madhu, per il tradizionale pellegrinaggio dell’Assunzione, molti fedeli si sono messi in viaggio e sono ospitati in parrocchie vicine. Per motivi di sicurezza, tuttavia, dal 12 al 17 agosto, l'esercito dello Sri Lanka consentirà l’accesso al santuario solo a duecento persone al giorno, davvero poche rispetto al milione che regolarmente vi si recava in agosto prima del conflitto. L'agenzia Uca News riferisce che sono almeno un centinaio i fedeli attualmente in attesa presso la parrocchia di san Giuseppe, nel villaggio di Medawachchiya. Solo una settimana fa il vescovo di Mannar, mons. Joseph Rayappu, aveva deciso che la festa sarebbe stata cancellata a causa degli scontri nella zona. Da aprile il santuario era stato abbandonato per le continue violenze e la statua della Madonna era stata portata via, per farvi ritorno solo il 9 agosto. Ora, il via libera a un accesso limitato di pellegrini. (S.G.)
Vietnam: corsi estivi di catechismo per i bambini di Hai Phòng
◊ I corsi estivi di catechismo e Bibbia mirano ad insegnare l’amore di Gesù, per elevare lo spirito di tutti, specialmente dei bambini, che rappresentano il futuro. In questi termini il vescovo di Hai Phòng, mons. Joseph Vu Van Thien, ha espresso la sua soddisfazione per l’andamento dei corsi organizzati dalla sua diocesi. La città di Hai Phòng è nel nord del Vietnam. “Ogni anno, d’estate – spiega ad AsiaNews, padre Joseph Nguyen Van Thong, sacerdote della cattedrale – abbiamo numerosi catechisti volontari che svolgono le lezioni e spingono i parrocchiani. Ciò per il ruolo della famiglia cattolica nell’educazione dei figli e specialmente per offrire educazione e vita di fede ai bambini e alla nuova generazione”. Il Centro pastorale della diocesi organizza le classi, prepara la discussione condividendo la metodologia di insegnamento e gli esami per i partecipanti al corso finale. Nelle classi non ci sono solo bambini, ma anche genitori attenti alle attività pastorali. “A sottoporsi ad un mese di apprendimento di Bibbia e catechismo – sottolinea mons. Van Thien – sono catechisti, genitori, leader dei gruppi parrocchiali che hanno contribuito alle classi ed anche alle attività. In questo tempo abbiamo appreso l’amore di Gesù e promosso la fede cattolica. Anche attraverso attività pratiche vogliamo portare lo spirito a tutti, ad ogni famiglia e ad ogni parrocchia. I bambini sono il futuro della società e della Chiesa”. (S.G.)
Colombia: almeno 18 popoli indigeni rischiano di scomparire
◊ “Si tratta di un’emergenza umanitaria di vaste proporzioni” ha detto Bruno Moro, rappresentante in Colombia del Programma delle Nazioni Unite per lo sviluppo (Unpd), segnalando che, a causa del conflitto interno, diciotto popoli indigeni del Paese rischiano l’estinzione. Solo dall’inizio dell’anno, secondo l’Organizzazione nazionale indigena della Colombia (Onic), sono stati 25 i nativi assassinati dai gruppi armati; due sono ‘desaparecidos’ e altri tre sono rimasti uccisi dall’esplosione di mine anti-persona solitamente collocate da guerriglia e paramilitari per frenare l’avanzata dell’esercito nei territori da loro controllati. Le comunità autoctone più vulnerabili - informa MISNA - sono quelle che risiedono nelle selve amazzoniche, dagli Yamalero, ai Makaguaje, al Pisamira, ai Nukak Maku, ultimo popolo nomade colombiano: “Le notizie che ci giungono dalla Onic sono allarmanti e confermano un progressivo aggravarsi della lotta per la sopravvivenza di questi popoli - ha aggiunto Moro -. I gruppi armati devono rispettare la loro autonomia e non coinvolgerli nel conflitto”. In totale sono 84 le etnie native colombiane che contano complessivamente un milione di individui. (S.G.)
Berlino: molteplici le iniziative per ricordare il triste anniversario della costruzione del Muro
◊ Era da poco passata l’una quando Radio Berlino interruppe le trasmissioni per annunciare ai cittadini della Repubblica democratica tedesca ciò che in realtà stava già succedendo da più di un’ora: la costruzione del Muro che avrebbe spaccato la città per i successivi 28 anni. Era il 13 agosto del 1961 e oggi, nella capitale della Germania, quel triste anniversario viene ricordato con molteplici iniziative, consultabili sul portale internet ad esse dedicato anche in lingua italiana. Tra gli eventi principali – informa l’ANSA – l’inaugurazione di una mostra sul tema delle due Germanie divise da parte di Walter Momper, sindaco di Berlino ovest nel 1989, e l’installazione di due figure d’acciaio giganti nel quartiere del Parlamento. Da stamani, inoltre, è possibile rivedere il tratto di muro dove si trovava forse il più conosciuto passaggio di frontiera, il Check Point Charlie, in una simulazione tridimensionale al computer. Proprio oggi, infine, l'associazione per il lavoro 'Arbeitsgemeinschaft 13. August' ha rivisto al rialzo il numero complessivo delle persone morte a causa del Muro, inclusi i suicidi dei soldati in servizio lungo il confine: il totale è passato così da quota 1.245 dell'anno scorso a quota 1.303. (S.G.)
Quando lo sport, anche lontano dalle Olimpiadi, unisce
◊ E’ finita alla pari, ma nessuno ha dato peso al risultato: per la prima volta in otto anni, giovanissimi giocatori cubani e statunitensi si sono ritrovati sul “diamante”, com’è chiamato il campo di gioco del convento delle suore salesiane a Penalver, a pochi chilometri dall’Avana, per un incontro di baseball a lungo atteso e animato da autentico spirito sportivo. Le squadre di ‘Los Santos’ e ‘Los Mangos’ - informa la MISNA - hanno affrontato in amichevole i ‘Peregrines’ provenienti dagli Stati americani del Vermont e New Hampshire. “Da due anni preparavamo questo viaggio – ha spiegato l’allenatore statunitense – e dopo ripetute richieste finalmente è stato autorizzato dal Congresso americano. Noi amiamo il baseball, loro amano il baseball: quale modo migliore poteva esserci per passare un po’ di tempo insieme e capire quanto in realtà siamo simili?” I ‘Peregrines’ in questi giorni stanno affrontando altre squadre cubane e la loro permanenza sull’isola durerà dieci giorni. Inizialmente percepito come una “sfida” dai colonizzatori spagnoli, che lo giudicavano un’attività “secessionista”, il baseball, sport nazionale cubano, iniziò a riscuotere un grande successo nell’isola fin dal tardo Ottocento. (S.G.)
Imola in festa per San Cassiano, martire agli inizi del IV secolo
◊ Simbolo di “accettazione piena del dono della fede”. Così il vescovo di Imola Tommaso Ghirelli, ha definito San Cassiano, patrono della città romagnola, nel giorno della sua ricorrenza. La celebrazione- informa Avvenire - si è svolta stamani con la Messa solenne celebrata dal presule nella cattedrale dedicata al santo. Martirizzato durante la persecuzione di Diocleziano (303-305), Cassiano fu maestro di scrittura e, secondo alcune fonti, anche vescovo di Imola, tanto che oggi qui sono conservate le sue reliquie. A riferirne la storia fu per la prima volta Prudenzio nei primi anni del V secolo, dopo aver visitato il sarcofago del santo con sopra incise scene di martirio. Poco attendibile, tuttavia, la versione da lui tramandata, secondo la quale Cassiano, sarebbe stato condannato ad essere ucciso dai suoi stessi allievi con gli stiletti usati per incidere le loro tavolette. Il culto si estese anche a Milano intorno al 450 e in Tirolo, mentre una raffigurazione del santo è presente a Ravenna, in Sant’Apollinare Nuovo. (S.G.)
Anno Paolino: quasi un milione di pagine visualizzate nel sito Internet della Basilica di San Paolo fuori le Mura
◊ L’interesse in tutto il mondo per l’Anno Paolino è crescente, come testimoniano i contatti con la Basilica Papale di San Paolo fuori le Mura e con il suo sito Internet . Nello scorso mese di luglio, infatti, questo ha registrato 56.222 “visite” in 70 lingue diverse, provenienti da 164 Paesi e le pagine visualizzate sono state 253.751. Ma il totale delle “visite” ricevute dall’inizio dell’anno, nei sei mesi di vita, è stato di 189.987 e il totale delle pagine visualizzate, nello stesso periodo, di 930.392. In luglio le “visite” più numerose, per il 27,82 per cento, sono state effettuate in lingua spagnola; a seguire quelle in lingua italiana (23,88 per cento) e inglese (22,10 per cento); in numero decrescente quelle in francese, portoghese, polacco, tedesco,ecc. Complessivamente l’Italia è il Paese con il maggior numero di “visite” (20.661), seguono gli Stati Uniti d’America (8.894), la Spagna (4.874), il Messico (3.122), il Brasile (2.870), l’Argentina (2.502), il Portogallo (2.098), la Germania (1.883), la Polonia (1.455), la Gran Bretagna (1.081), il Canada (1.006); e poi – con un numero di “visite” superiore a 250 – Cile, Colombia, Venezuela, Perù, Repubblica Ceca, Malta, Belgio, Svizzera, Corea del Sud, Costa Rica. Significativo il numero delle “visite” dall’Estremo Oriente: 188 da Hong Kong, 177 dalla Cina, 151 dal Giappone, 133 da Taiwan; e poi da Thailandia, Malaysia, Singapore, ecc. Nato in lingua italiana, il sito dell’Anno Paolino è stato reso disponibile per le persone di madrelingua francese, inglese, spagnola e tedesca; viene aggiornato quotidianamente in queste cinque lingue e permette di ottenere un contatto e un “colloquio” costante con i fedeli di tutto il mondo. Delle rubriche, la più contattata è quella delle intenzioni di preghiera all’Apostolo; il maggior numero proviene dall’America Latina. Intanto, proprio per la ricorrenza dell’Anno Paolino, la Basilica Ostiense sta ricevendo in questo Ferragosto molti pellegrini quando invece in passato, nello stesso periodo, il loro afflusso si riduceva grandemente. Ogni giorno il numero è di parecchie migliaia. I gruppi più numerosi – accompagnati sovente da piccole corali, qualcuno da un organista – provengono da Corea, Polonia, Repubblica Ceca, Slovacchia, Germania, Francia, Canada, Malta. Dal Regno Unito un gruppo è venuto da Newcastel, dall’Italia uno da Verona e uno da Altivale (Treviso). (A cura di Graziano Motta)
Attentato in Libano all’indomani del varo del governo di unità nazionale: 18 i morti
◊ Grave attentato in Libano. Almeno 18 persone, tra queste una bambina di 7 anni, hanno perso la vita a Tripoli. L’attacco terroristico, che non è stato finora rivendicato, è avvenuto in un momento di estrema delicatezza per gli equilibri regionali, all'indomani del varo del governo di unità nazionale nel Paese. Intanto, c’è attesa per l’arrivo in Siria del presidente libanese Michel Suleiman, eletto il 25 maggio scorso che ha già lanciato un forte appello all’unità. Stefano Leszczynski ha intervistato Maria Grazia Enardu, docente di storia delle relazioni internazionali all’Università di Firenze:
R. – E’ chiaro che è in ogni caso una visita interlocutoria. E' interlocutoria non solo perché l’uomo è nuovo rispetto alla responsabilità. Tutto il quadro, non solo mediorientale, ma dei rapporti a triangolo tra Siria, Libano e Israele, e poi il contesto generale, è in attesa di chiarimenti, sia per quanto riguarda la presidenza americana, sia per quanto riguarda la nuova leadership di Israele.
D. – Cosa manca al Libano perché l'unità nazionale si rafforzi?
R. – Il Libano, purtroppo, è un Paese che ha un sistema politico confessionale: non si pesano i voti degli individui, ma si pesa anche la loro appartenenza. Il presidente Suleiman però ha una carta importante: è stato eletto dopo inaudite vicende, attentati, assassini e così via, quasi all’unanimità del Parlamento libanese.
D. – La Siria ha avviato dei colloqui indiretti con Israele. Questo “riavvicinamento” tra la Siria e il Libano potrebbe preludere a qualche passo ulteriore nei confronti del processo di pace con Israele?
R. – Non credo francamente, perché la vera fatica è tra Siria e Israele; quindi, chiaramente, sul Golan. Per definire questo, credo che il ruolo libanese sia assolutamente accessorio. Inoltre, il confine libanese regge, è tranquillo, perché dopo la guerra di due anni fa, il movimento hezbollah ha in pratica assicurato una tregua, che ha tutte le intenzioni di mantenere.
Afghanistan
Sgomento in Afghanistan per l’uccisione di tre operatrici umanitarie – una americana, una irlandese ed una canadese - e del loro autista afghano, avvenuta nella provincia di Logar. Il loro convoglio è stato colpito da un gruppo di uomini armati, probabilmente talebani. Secondo le organizzazioni non governative, solo nel 2008 sono state 19 le vittime che appartenevano alle ONG.
Pakistan
Nuova escalation di violenza in Pakistan all’indomani dell’uccisione di Abu Said al Masri, leader di Al Qaeda nel Paese. Almeno dieci miliziani hanno perso la vita in un raid aereo, probabilmente condotto dagli Stati Uniti, nel distretto tribale del Waziristan, al confine con l’Afghanistan. Intanto, a livello politico, il presidente Musharraf sembra sempre più in difficoltà; anche l'Assemblea della provincia del Sindh ha approvato la risoluzione per chiedere al capo dello Stato di presentarsi in Parlamento e chiedere la fiducia. Nei giorni scorsi, stessa cosa avevano fatto altre due province: il Punjab e la North West Frontier Pronvince. Fonti di stampa hanno inoltre rivelato che Musharraf è pronto a presentare le sue dimissioni all’indomani della festa dell’indipendenza pachistana, il 14 agosto. Sembra che il presidente, prima di formalizzarle, abbia chiesto la possibilità di fare un discorso alla nazione.
Terrorismo-CIA
L’intelligence americana ha lanciato un allarme perché Al Qaeda, in Pakistan, starebbe reclutando e addestrando nuovi terroristi in grado di colpire l’Europa e gli Stati Uniti. Secondo la CIA, c’è un reale pericolo soprattutto durante le future elezioni presidenziali negli USA.
Iraq
Non cessa la violenza in Iraq. Un’autobomba, saltata in aria a Mossul, ha provocato la morte di due civili iracheni; sempre nella stessa zona, un’altra persona è stata uccisa nel corso di duri scontri tra forze di sicurezza e gruppi armati. A Kirkuk, il leader di un consiglio popolare che si batte contro il terrorismo, è rimasto ferito insieme con le sue tre guardie del corpo dall’esplosione di un’autobomba. Intanto, aumentano le perdite nelle file dell’esercito americano; ieri un militare ha perso la vita ed altri due sono rimasti feriti nell’attacco al loro convoglio avvenuto nella provincia sunnita di Al Anbar, ad ovest di Baghdad.
Filippine
Dopo quattro giorni di offensiva militare, l’esercito delle Filippine è riuscito a riconquistare tutti i villaggi del'isola di Mindanao occupati dal Fronte islamico di liberazione Moro. Sul terreno, si registrano oltre 30 ribelli uccisi e almeno 160 mila profughi scappati dalle loro case nel corso dei combattimenti. La nuova ondata di violenze è scattata dopo che la Corte suprema ha sospeso l’accordo tra il governo ed il Fronte islamico per la creazione di una regione autonoma islamica a Mindanao. Accordo molto contestato sia dalle comunità cristiane sia da quelle musulmane come ci spiega, al microfono di Marco Guerra, il fondatore del movimento filippino per il dialogo interreligioso, padre Sebastian D’Ambra:
R. - Innanzitutto, non c’è stata molta consultazione in questa fase, e adesso che è venuta fuori questa dichiarazione, diversi leader - sia religiosi sia del governo - hanno avanzato le loro riserve. Alcuni addirittura in un modo molto forte: ci sono state anche delle dimostrazioni in diverse zone. Non c’è stata la consultazione che ci dovrebbe essere. E’ un accordo importante e coinvolge un po’ Mindanao, ma alla fine coinvolge un po’ tutte le Filippine per le ripercussioni. Praticamente, l’intesa è stato fatta tra il governo e i rappresentanti del Moro Islamic Liberation Front.
D. – Dopo quarant’anni di conflitto tra le forze governative e i guerriglieri islamici, come sono i rapporti tra la comunità cattolica e quella musulmana nel Mindanao?
R. – I rapporti sono buoni in generale, ma non in tutte le zone; ci sono diversi sforzi di pace, di dialogo, a tutti i livelli. Questi creano un’atmosfera positiva, però tutto questo purtroppo non basta per mettere da parte i pregiudizi che ci sono stati e continuano ad esserci. Questa guerra, da 40 anni, è una storia triste con tante violenze da una parte e dall’altra. C’è bisogno di tanto lavoro di riconciliazione, di buona volontà.
D. – A seguito di quattro giorni di violenti combattimenti, oltre 160 mila persone hanno lasciato le loro case; come si sta affrontando l’emergenza profughi?
R. – In quella zona, la zona di Cotabato, la gente purtroppo ha lasciato le case più volte in questi anni di conflitto e i rifugiati si sono riversati nelle scuole, nelle parrocchie, o in aree dove le persone si sentono più sicure. So che ci sono alcune agenzie che già si stanno mobilitando per aiutare; però è sempre una situazione difficile, specialmente in alcune zone dove piove.
Zimbabwe
Dopo quattro giorni di colloqui tra il presidente dello Zimbabwe Robert Mugabe e i leader dell'opposizione, ieri sera è stato raggiunto, sotto l'egida del presidente del Sudafrica Mbeki, un accordo per un governo di coalizione tra Mugabe ed una fazione dell'opposizione guidata da Mutambara. La principale corrente del Movimento per il cambiamento democratico (MDC) di Morgan Tsvangirai, la più critica contro Mugabe, ha chiesto invece un 'periodo di riflessione'. Il presidente sudafricano Mbeki, ha intanto lasciato Harare. (Panoramica internazionale a cura di Benedetta Capelli e Marco Guerra)
Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LII no. 226
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