![]() | ![]() |

Sommario del 12/08/2008
Benedetto XVI è a Castel Gandolfo, dove domani terrà l’udienza generale. Il vescovo di Albano, mons. Semeraro, ai nostri microfoni: il Papa segue la situazione in Georgia ed auspica una soluzione positiva
◊ Benedetto XVI è da ieri sera nella sua residenza estiva di Castel Gandolfo. Il Papa è giunto nella cittadina laziale da Bressanone, in Alto Adige, dove ha trascorso un periodo di riposo di due settimane. Domani, il Papa riprenderà l’appuntamento tradizionale dell’udienza generale del mercoledì, che si terrà, alle ore 10.30, nel cortile del Palazzo Apostolico di Castel Gandolfo. Nell'ultima udienza, il 2 luglio scorso, il Pontefice aveva iniziato un nuovo ciclo di catechesi su San Paolo. Ma torniamo all'arrivo del Papa a Castel Gandolfo. Ad accoglierlo c’era il vescovo di Albano, mons. Marcello Semeraro, che, al microfono di Alessandro Gisotti, racconta l’incontro con il Santo Padre
R. – Ieri sera, il Santo Padre è giunto nel Palazzo Apostolico attorno alle ore 19.00. Ho trovato il Santo Padre molto riposato. Abbiamo scambiato alcune parole. Ha espresso ancora la sua attenzione nei riguardi della situazione bellica nella Georgia, il suo desiderio che la situazione possa presto risolversi in senso positivo. Poi ha dato appuntamento anzitutto per domani, perché l’udienza questa settimana si terrà nel cortile del Palazzo Apostolico a Castel Gandolfo. Poi, naturalmente, c'è l’appuntamento annuale della Messa dell’Assunta nella parrocchia.
D. – Una settimana, dunque, davvero importante per tutti i fedeli della sua diocesi...
R. – Credo che i castellani potranno avere in questa settimana l’occasione di vedere più volte il Santo Padre. La presenza del Papa per noi è sempre motivo di conforto. Il comune di Castel Gandolfo, inoltre, con un gesto di omaggio al Papa, conferirà la cittadinanza onoraria al fratello del Santo Padre. Sono forme attraverso le quali si esprime l’affetto per il Papa.
D. – Il Papa nelle prossime settimane avrà due appuntamenti importanti: una visita pastorale a Cagliari e poi in Francia, a Parigi e Lourdes. In un certo qual modo anche Castel Gandolfo e la diocesi di Albano lo accompagnano, come in fondo hanno già fatto in occasione della sua visita a Sydney, per la GMG...
R. – Sì, noi lo accompagnamo sempre, anche perché queste visite, particolarmente in Italia, ci rallegrano, in quanto il Papa diventa così tessitore della comunione tra le Chiese. E poi il viaggio a Parigi... credo di poter dire che lo stia occupando in modo particolare, con la preparazione dei discorsi, ai quali tiene molto. Il Papa approfitta della pausa estiva qui a Castel Gandolfo, anche del silenzio, della pace delle Ville, per poter riflettere con maggiore serenità.
Porto con me un "tesoro di ricordi": così, ieri, Benedetto XVI nella cerimonia di congedo a Bressanone. Il grazie agli uomini della sicurezza, “angeli custodi” che hanno garantito un periodo sereno di riposo
◊ Dopo due settimane di riposo, il Papa si è congedato ieri dai fedeli e dalle autorità cittadine di Bressanone. Benedetto XVI ha salutato la comunità altoatesina, a lui tanto cara, con parole di profonda gratitudine. Un pensiero speciale è andato al personale di sicurezza, che ha permesso al Pontefice di trascorrere un periodo sereno di riposo. Il servizio di Alessandro Gisotti:
Le vacanze sono terminate, ma porto con me un “tesoro di ricordi”: è il grazie di Benedetto XVI a Bressanone. Una gratitudine espressa, ieri pomeriggio, durante il congedo dal comune altoatesino, di cui ora, come ha ricordato il Papa stesso salutando il sindaco, è cittadino onorario. Una “vacanza bellissima”, l’ha definita il Santo Padre, assicurando che rimarrà in contatto con i fedeli di Bressanone soprattutto con la preghiera. “Così – ha detto – saremo insieme” e ci potremo “impegnare a fare quel che è giusto" per l'oggi e per il domani. Particolarmente sentito il ringraziamento agli uomini della sicurezza che hanno potuto incontrare il Papa nella mattinata di ieri. Il Santo Padre ha avuto per loro parole di grande affetto:
"Solo adesso vedo quale esercito di “angeli custodi” mi ha circondato, mi ha garantito questo tempo di pace e di gioia. Realmente, potevo vivere in un’isola di pace, vedere la bellezza della natura e, nello stesso tempo, sapere che tanti si impegnano per me, mi aiutano a vivere bene questa isola di pace".
Un’isola di pace, ha detto il Papa, con tanta storia e con un presente vivace e bello. Quindi, l’auspicio che questo periodo sia fruttuoso:
"Speriamo che questi giorni siano nella nostra memoria, giorni che ci aiutano anche in futuro per credere nella bellezza della vita ed avere fiducia nel nostro futuro".
Il Papa ha, infine, augurato agli uomini del personale di sicurezza di poter vivere un tempo di riposo con le proprie famiglie, gioendo della bellezza della natura che circonda Bressanone.
Seguite le orme di Maria: l'esortazione del Papa nella Benedizione Apostolica per il Festival Mariano Internazionale, in Francia dal 14 al 18 agosto
◊ Abbiate il coraggio di seguire le orme della Vergine Maria: è uno dei punti centrali della Benedizione Apostolica del Papa per il XVI Festival Mariano Internazionale, che si terrà a Paray-le-Monial, in Francia, dal 14 al 18 agosto prossimo. Un festival organizzato da numerosi giovani, fondatori di gruppi di preghiera, e dalla Comunità dell'Emmanuele. Il servizio di Benedetta Capelli:
Benedetto XVI assicura la sua vicinanza spirituale a tutti i partecipanti al Festival Mariano Internazionale di Paray-le-Monial. Lo fa attraverso la Benedizione Apostolica per l'evento, che porta in calce la firma del cardinale segretario di Stato, Tarcisio Bertone. “La Vergine Maria – sottolinea Benedetto XVI – attraverso il Suo pellegrinaggio di fede e carità sulla terra, rivela nella Sua persona il vero volto della Chiesa, sposa e serva del Signore”. Il Santo Padre invita a guardare a Lei che, nella via verso la Santità del popolo di Dio, è stata “la prima sul cammino”; “la prima a ricevere la corona della gloria eterna e ad essere elevata in cielo, corpo e anima, per la potenza di Dio”.
Il Papa ricorda ancora come il Mistero della Festa dell’Assunzione, che si celebra nei giorni in cui si svolge il Festival, rivela che “la vita di Colei che non ha avuto altro desiderio che compiere la volontà del Signore, l’ha condotta nella vita vera al fianco del Figlio”. “La donna vestita di sole – si legge ancora – è il segno della vittoria di Dio”. Di qui l'invito ad avere il coraggio di seguire le orme della Vergine senza altro desiderio che quello di donare se stessi a Dio e al prossimo perché non si rimarrà delusi. Infine, al termine della Benedizione Apostolica, il Papa raccomanda l’intercessione di Maria per i partecipanti al Festival e agli organizzatori, ai sacerdoti e ai consacrati che prenderanno parte a questi giorni, contraddistinti dalla fede e dal raccoglimento.
Oggi su "L'Osservatore Romano"
◊ Benedetto XVI rientra a Castel Gandolfo
In prima pagina un articolo di Rosino Gibellini, teologo di Brescia, dal titolo “Nel raggio del soffio dello Spirito”
Nell’informazione internazionale, in primo piano il conflitto nel Caucaso: la Russia ferma l’avanzata in territorio georgiano. Il presidente francese Sarkozy impegnato a Mosca e a Tblisi nella missione di mediazione dell’Unione europea
“L’insegnamento della memoria e della bellezza”. Pietro Petraroia sulla realtà e i compiti dei musei diocesani
“Il predicatore parli chiarozzo chiarozzo”: Dario Edoardo Viganò sulla difficoltà di parlare ai fedeli da San Bernardino a oggi
Una pagina a cura di Sylvie Barnay sul tema “Lourdes e la sua storia”: centocinquant’anni di racconti edificanti, apologie e tentativi di comprensione
Nell’informazione religiosa, Francesco Ricupero intervista l’arcivescovo Agostino Marchetto, segretario del Pontificio Consiglio della Pastorale per i Migranti e gli Itineranti, sulle problematiche sociali legate all’ambiente della strada
Stop del presidente russo Medvedev alle operazioni militari contro la Georgia, ma Tbilisi denuncia nuovi bombardamenti. Almeno 100 mila i profughi nella regione coinvolta dal conflitto
◊ E’ ancora alta la tensione tra la Russia e la Georgia sulle regioni separatiste dell’Ossezia del sud e dell’Abkhazia. Secondo Tbilisi, l'aviazione di Mosca starebbe ancora bombardando diversi villaggi georgiani nonostante il presidente russo Medvedev abbia annunciato la fine delle operazioni militari dopo cinque giorni di conflitto. Intanto, l’Unione Europea tenta una mediazione. Il servizio di Giuseppe D’Amato:
“Lo scopo è raggiunto, l’operazione è finita”: così il presidente Medvedev ha comunicato ai suoi comandi la conclusione delle ostilità. La sicurezza per i civili e per i caschi blu in Ossezia del Sud è tornata, è stata la sua spiegazione; l’aggressore, ha detto ancora il capo del Cremino, è stato punito ed ha subìto significative perdite. Medvedev ha però dato mandato al Ministero della difesa di soffocare eventuali nuovi focolai; successivamente, il leader russo ha incontrato il presidente Sarkozy. L’Unione Europea tenta così di iniziare una qualche mediazione; in serata, il leader francese incontrerà il presidente Saakashvili in Georgia. “Ora dobbiamo dare corpo al cessate il fuoco”, ha dichiarato il capo dell’Eliseo. “Dobbiamo fare – ha aggiunto - una scaletta di impegni per tornare alle posizioni di partenza prima del conflitto”. Sul fronte militare le notizie restano confuse: non è chiara la sorte della città di Gori, non lontana dal confine osseto. Il centro che diede i natali a Stalin è stato bombardato a più riprese - riferiscono testimoni- e un giornalista olandese è stato qui colpito a morte. L’agenzia France Press dà notizia di una forte esplosione avvenuta questa mattina a Tbilisi; il presidente statunitense Bush ha giudicato inaccettabile il comportamento della Russia, che ha tentato di deporre un governo democraticamente eletto. Il ministro degli Esteri russo Lavrov ha risposto di non condividere questa interpretazione, ma ha affermato che Mosca non ha fiducia nell’attuale dirigenza di Tbilisi, accusata di crimini in Ossezia.
Per un commento sulla improvvisa decisione russa, Giancarlo La Vella ha raccolto il commento del vicedirettore di "Famiglia Cristiana", Fulvio Scaglione, esperto dell’area ex sovietica:
R. – Credo che la Russia abbia ottenuto in buona parte le proprie finalità. Gli obiettivi erano quelli di eliminare qualunque pretesa territoriale della Georgia in Ossezia del Sud, di dare ancor più respiro alle rivendicazioni sia degli osseti, sia degli abkhazi, e di dare una lezione militare difficilmente dimenticabile alla Georgia. Ottenuti questi obiettivi, credo che nemmeno la Russia avesse interesse a spingere ancor più sul pedale, soprattutto del contenzioso internazionale.
D. – Quali potranno essere i prossimi passi negoziali, che coinvolgeranno anche parte della comunità internazionale?
R. – Sul negoziato non ho grandi speranze, perchè in realtà il negoziato, per quanto riguarda l’Ossezia e l’Abkhazia va avanti dai primi anni ’90. Nessuno ha manifestato reale intenzione di risolvere il problema: né la parte russa, che ha tenuto da parte la questione osseta e abkhaza, per sfruttarla al momento giusto, né la controparte, perchè neanche la Georgia ha fatto dei passi decisivi per arrivare ad una soluzione di questo problema. Io credo che a questo punto, francamente, la questione caucasica non sia più una questione Mosca-Tbilisi-Tskhinvali, ma sia una questione molto più ampia. Credo che il colpo di grazia alla risoluzione di questi problemi l’abbiano dato gli Stati Uniti, mescolandosi in una questione che è molto più complessa di quanto loro pensino e che, in effetti, è molto più difficile da risolvere di quanto possa pensare la Casa Bianca.
Sono almeno 100.000 le persone sfollate a causa del conflitto tra Georgia e Russia in Ossezia del Sud e in altre regioni georgiane. Lo ha riferito stamani l’Alto commissariato ONU per i Rifugiati. Per cercare di aiutare i profughi, la Caritas Georgia ha attivato un piano di emergenza: nelle prossime ore verranno distribuiti cibo e aiuti di prima necessità. E’ quanto spiega al microfono di Emer Mccarty, del nostro programma inglese, Liana Mkheidze della "Caritas Georgia", raggiunta telefonicamente a Tbilisi:
R. – These people are refugees...
Queste persone sono rifugiati provenienti dal sud dell’Ossezia, dai villaggi georgiani e dalla città di Gori, che è stata bombardata duramente dai raid aerei. Anche in questo momento sento dei bombardamenti. Siamo stati informati che ci sono truppe localizzate in una delle città occidentali della Georgia, sulla strada ad ovest di Tbilisi, ed anche nella città di Gori. Truppe georgiane sono arrivate vicino a Tbilisi per difendere la città. Tuttavia, al momento, non abbiamo più informazioni su quello che sta succedendo. Domani distribuiremo cibo e cucine da campo con le quali la gente lavorerà volontariamente per aiutare il nostro personale.
D. – Ci può dire chi sono i rifugiati, le persone che stanno venendo in Georgia dal sud dell’Ossezia e da Gori? Sono uomini, donne, bambini, che età hanno?
R. – In major part they are...
Nella maggior parte dei casi, sono donne con bambini. Sappiamo, però, che molte persone sono ora intorno a Gori, nei boschi e molte per strada. Due giorni fa, nel comune di Tbilisi, c’erano ammassate tra le 500 e le mille persone. Ma sappiamo che i rifugiati sono molti di più.
D. – Cosa le dicono questi rifugiati? Qual è lo stato psicologico della gente in Georgia?
R. – They are very very frightened…
Sono molto, molto spaventati. Ma questa non è la prima volta: 15 anni fa, abbiamo avuto 300 mila profughi provenienti dall’Abkhazia. Sono fuggiti dal loro Paese 300 mila persone! E di questi, 11 mila erano di etnia georgiana, che vivevano in Ossezia del Sud. Quindi, questa non è una situazione nuova per i georgiani. Ma sono molto, molto spaventati, perché questa volta sono stati sopraffatti. Pensiamo che a questa gente serva anche un supporto psicologico insieme con il cibo: cercheremo di fornire, nell’ambito del nostro progetto, un servizio psicologico per i bambini.
A un mese dall’arrivo del Papa a Lourdes, per il 150.mo delle apparizioni della Vergine, si moltiplicano i pellegrinaggi e le iniziative mariane
◊ Ad un mese dall’arrivo di Benedetto XVI a Lourdes, il prossimo 13 settembre, in occasione del 150.mo anniversario delle apparizioni della Vergine, si moltiplicano le iniziative mariane e i pellegrinaggi verso la cittadina francese. Al microfono di Elena Mandarano, padre Saverio Zampa, responsabile del Servizio giovani di Lourdes, ci racconta come quest’attesa venga vissuta dai volontari che quotidianamente aiutano i pellegrini:
R. – I volontari di Lourdes sono uomini e donne di buona volontà, che decidono – talvolta anche con sacrificio, perché si pagano il viaggio, oppure approfittano delle loro vacanze – di donare tempo ed energie sia per i pellegrini sia per i malati.
D. – Quali servizi offrono i volontari?
R. – A Lourdes esiste un’organizzazione - la “hospitalité” - che organizza il servizio agli ammalati e tutto quello che riguarda il buon andamento delle celebrazioni più importanti. Però, poi, ci sono anche dei volontari che, per esempio, vengono al servizio giovani per accogliere i ragazzi e per accompagnarli; poi ci sono dei volontari che sono chiamati “i piloti”, che nel santuario danno informazioni ai pellegrini e poi ci sono volontari alle piscine, volontari in vari servizi, anche i più nascosti e i più umili.
D. – Cosa significa fare questo servizio?
R. – Io credo che ciascuno dia una risposta a Maria. Normalmente, i volontari che incontro sono giovani e loro dicono che hanno sentito qualcosa che li ha spinti a venire sia per dare un servizio agli ammalati o ai giovani, sia anche per ringraziare Dio per qualcosa che loro hanno ricevuto.
D. – Quest’anno è il 150.mo anniversario delle apparizioni della Madonna di Lourdes. Come lo state vivendo?
R. – Io direi che veramente si vive l'evento in un clima meraviglioso: tanta gente sta arrivando a Lourdes e continuerà ad arrivare Quest’anno abbiamo già il 50 per cento di pellegrini in più rispetto allo scorso anno. Poi, c’è un clima anche di grande fervore: ad esempio, tutti i pellegrini hanno accolto volentieri l’invito del vescovo di fare il “cammino del giubileo” come gesto penitenziale, ma anche come scoperta del messaggio di Lourdes. Ogni giorno c’è tantissima gente che passa alla Grotta, al “cachot”, dove ha vissuto Bernadette, alla chiesa parrocchiale e all’“hospice”, dove Bernardette è stata gli ultimi anni prima di lasciare Lourdes ... direi che è un anno di grazia, davvero, perché è come se Maria avesse dato appuntamento a tutta l’umanità!
D. – A settembre verrà anche Benedetto XVI: come state vivendo l’attesa e come vi state preparando?
R. – La stiamo preparando con tutte le nostre energie, con tutte le nostre forze questa venuta. C’è grande attesa. Ci stiamo preparando ad accogliere la sua presenza e la sua parola. Una parola che possa dare luce a tutti noi.
Gli scout italiani vivono con entusiasmo l'Anno Paolino: la testimonianza di don Jean Paul Lieggi
◊ Sono tante le iniziative, per lo più a livello locale e regionale, che l’AGESCI, Associazione Guide e Scout Cattolici Italiani, ha previsto per l’Anno Paolino. San Paolo, con le sue Lettere, è da sempre esempio di spiritualità vissuta in cammino, punto di riferimento per le catechesi rivolte ai rover e alle scolte, cioé i ragazzi scout dai 16 ai 21 anni. L’associazione, in questo anno, ha deciso di rilanciare la centralità della Parola nella vita di tutti i giorni e si è interrogata sul modo in cui San Paolo possa ancora parlare ai giovani. Ecco la riflessione di don Jean-Paul Lieggi, assistente ecclesiastico nazionale di rover e scout, raccolta da Roberta Barbi:
R. – I giovani cercano coerenza, ne hanno bisogno e in questo credo che San Paolo abbia molto da dire loro, perché è un testimone, forte, autentico. Lo stesso Giovanni Paolo II, quando ha incontrato i rover e le scolte nel 1986, ce lo affidò ancora una volta come un esempio da imitare.
D. – Saulo diventa Paolo dopo la chiamata del Signore - così la definisce lui stesso - mentre è in cammino sulla via di Damasco. Anche per gli scout la strada è il luogo di incontro con Dio...
R. – Mi piace soffermarmi, per tratteggiarla con due pennellate, su due valori fondamentali che la strada vissuta dai ragazzi aiuta a mettere al centro della loro vita e anche della loro vita di fede. Da una parte, la debolezza e dall’altra la forza. La debolezza perché camminando bastano pochi chilometri e già si sente il bisogno di riposare: la fatica della strada ci fa sentire che siamo deboli. La strada, d’altra parte, però ci fa sentire che siamo forti, perché se all’arrivo tutti si siedono si scopre che si può ancora stare in piedi: anche se si è distrutti dalla fatica, si può ancora sorridere. Anche se infradiciati dalla pioggia, si può ancora cantare! Credo che siano i due valori che ci aiutano anche a vedere come Paolo può essere colui che illumina il senso profondo della strada. Mi piace richiamare l’espressione di Paolo, nella seconda Lettera ai Corinzi, che ci ricorda che “quando sono debole è allora che sono forte”.
D. – L’Apostolo delle Genti, dopo la missione ricevuta da Gesù, dedica la propria vita a portare l’annuncio della Salvezza a tutti i popoli. In che modo oggi i giovani possono essere testimoni del Vangelo?
R. – Mi piace in questo richiamare gli altri due pilastri che nello scoutismo sono la comunità e il servizio. Noi siamo chiamati a testimoniare la forza del Vangelo nella nostra comunità, ad essere sempre di più aperti al Vangelo, capaci di farlo diventare la regola di vita delle proprie scelte. Dall’altra parte, c'è il servizio, cioè il dare il nostro contributo. Un contributo perché il mondo sia migliore di come lo abbiamo trovato, come amava dire Baden Powell.
D. – Il Pontefice nell’istituire l’Anno Paolino ne ha sottolineato la dimensione ecumenica. Sono i giovani i naturali protagonisti di questo avvicinamento?
R. – Io credo di sì. Questo mi permette di mettere in luce un’altra dimensione che lo scoutismo ci aiuta a vivere: quella che noi chiamiamo la fratellanza universale. Penso agli incontri mondiali, dove ragazzi e giovani di ogni cultura, religione, razza e spesso anche di popolazioni che nelle loro patrie sono l’una accanto all’altra in conflitto, in queste esperienze di incontro riescono ad assaporare e a vivere la bellezza del poter condividere qualcosa di comune. E’ bellissimo vedere come tutti questi giovani riescano insieme a fare la stessa cosa: la promessa scout.
Ancora tragedie in alta quota: il direttore della rivista del Club alpino italiano esorta scalatori e turisti a valorizzare la cultura della montagna
◊ In montagna, imprudenza e condizioni avverse rischiano di trasormare un’escursione in tragedia. In questro periodo estivo, sono stati molti gli scalatori morti anche sulle vette italiane: l’ultimo è un uomo deceduto domenica, mentre scalava il Sasso Remenno, a Val Masino, in provincia di Sondrio, precipitato sotto gli occhi di moglie e figlio. Sul K2, intanto, dove ci sono state 11 vittime in seguito ad un incidente avvenuto lo scorso 2 agosto, sono riprese le scalate. Si torna a piazzare corde fisse e al campo base sono pronte altre spedizioni. A tutti - scalatori e alpinisti - vengono rivolte le stesse raccomandazioni: quando si affrontano questo tipo di escursioni, è importante affrontare la montagna con rispetto e intelligenza per non mettere a repentaglio la propria vita e quella dei soccorritori. E’ quanto sottolinea, al microfono di Emanuela Campanile, il direttore del bimestrale “La rivista del Club alpino italiano”, Pier Giorgio Oliveti:
R. – Soffriamo un po’ per il fatto che la montagna faccia notizia solo in occasione di tragedie. Tragedie che purtroppo avvengono. Noi siamo impegnati quotidianamente in un grandissimo lavoro di educazione alla montagna, di formazione, di istruzione. Abbiamo migliaia di istruttori di alpinismo, di escursionismo. Tutti i giorni ci confrontiamo anche con molti giovani su questo aspetto. Esistono pericoli oggettivi. Ci sono poi pericoli soggettivi. Noi cerchiamo, in tutti i modi, di colmare la lacuna soggettiva: cerchiamo di portare in montagna schiere di escursionisti perfettamente formati dal punto di vista psicofisico. Ognuno deve attrezzarsi culturalmente e tecnicamente in funzione dell’impresa che va a compiere. Questo, comunque, non eliminerà mai il rischio dell'ambiente: vi sono infatti pericoli oggettivi difficilmente sormontabili. Questo, a maggior ragione, è vero, quando si affrontano quote oltre un certo livello. Sulle Alpi, oltre i 2000, 2500 metri - sull'Himalaya oltre i 7 mila metri - si capisce che il rischio è grave e può verificarsi in qualsiasi momento.
D. – Tecnologia e preparazione: forse oggi si confida troppo nel mezzo tecnologico ...
R. – Se guardiamo le immagini in bianco e nero, anche le prime a colori della grande impresa italiana sul K2, vediamo com’erano equipaggiati i nostri colleghi alpinisti che realizzarono quella straordinaria impresa. Oggi la tecnologia ha fatto registrare progressi veramente incredibili. Ormai si viaggia anche in alta montagna attrezzati, sia dal punto di vista tecnico-tecnologico, quindi anche per quanto riguarda i mezzi di comunicazione, ma anche dal punto di vista strettamente tecnico-alpinistico, con materiali davvero sofisticati. Questo però non deve far dimenticare mai che la montagna non è un’attività sportiva in quanto tale. Quindi, non è sufficiente e non è nemmeno possibile 'commercializzare' fino ad un certo livello l’alpinismo in quanto tale. Bisogna dotarsi proprio di una cultura, e la cultura si acquisisce non in un giorno, in una settimana, con un piccolo corso, ma durante anni di training, di accostamento anche umile e talvolta impegnativo, faticoso alle situazioni, diventando veri alpinisti. Questo però non eslude il rischio oggettivo che può sorprenderci in qualsiasi momento.
D . – La montagna va di moda?
R. – Ormai gli scalitori del K2 non si contano più: a decine qualche anno fa ma a centinaia e talvolta a migliaia che superano anche gli ottomila metri. Oggi è diventato possibile, in termini specifici, raggiungere anche quota ottomila a molte più persone. Questo porta qualche rischio in più. Non dobbiamo dimenticare che sono morti straordinari alpinisti, quindi persone perfettamente attrezzate e dotate, e quindi questo discorso non vale sempre... In effetti, l’alpinismo muove gli uomini perché c’è una voglia - lei diceva una moda, ma anche una tensione: uscire dalla città ingolfata, magari più inquinata e alienante, e ricercare ambienti dove l'acqua, il suolo e l'aria sono più puri, dove c'è una relazione umana un po' più umanizzante, dove valgono ancora valori che magari in città si sono persi.
A Quito, capitale dell’Ecuador, si aprono oggi i lavori del Terzo Congresso missionario americano
◊ Oggi, a Quito, capitale dell’Ecuador si aprono i lavori del Terzo Congresso missionario americano (CAM3) e dell’Ottavo Congresso missionario latinoamericano (COMLA8). I Congressi si concluderanno domenica 17 con il lancio della Missione continentale voluta dalla Conferenza di Aparecida. Oltre 3 mila partecipanti, in rappresentanza delle 24 conferenze episcopali del continente, rifletteranno con l’aiuto di esperti, sul tema centrale - “L'America con Cristo, ascolta, impara ed annuncia” -, riassunto nello Strumento di Lavoro, frutto di tre anni di studio della Commissione Teologica e degli episcopati. I lavori avranno due importanti guide: il cardinale Nicolás de Jesús López Rodríguez, arcivescovo di Santo Domingo, Inviato Speciale di Benedetto XVI e il cardinale Antonio González Zumárraga, arcivescovo emerito di Quito. La Santa Messa di apertura del CAM 3 sarà concelebrata oggi nel Complesso sportivo Generale Rumiñahui, che è in grado di accogliere circa 18 mila persone. La Messa di chiusura, domenica 17 agosto, si svolgerà nello Stadio della Lega Sportiva Universitaria di Quito. Si prevede una partecipazione di 25-30 mila persone. Durante questa celebrazione avranno luogo l’invio missionario e il lancio della Grande Missione Continentale, secondo le indicazioni emerse dalla V Conferenza Generale dell'Episcopato Latinoamericano e dei Caraibi celebrata ad Aparecida (Brasile) nel maggio 2007. Padre Lehane Barret, responsabile dell’organizzazione del Congresso, ricorda: “L'invito di Benedetto XVI ad Aparecida è stato chiaro quando ha esortato tutti ad impegnarsi nella nuova tappa che la Chiesa missionaria dell’America Latina e dei Caraibi si dispone ad intraprendere, a partire da questa V Conferenza Generale di Aparecida”. Il Congresso, aggiunge padre Barret, “può rappresentare un momento di profondo rinnovamento della nostra ricca esperienza ecclesiale nel Continente. Siamo invitati anche a non perdere l’efficacia missionaria, ma a perfezionarla e ad accrescerla in accordo con le nuove esigenze del nostro tempo. Si richiede immaginazione per trovare risposta alle molte e sempre diverse sfide cui la realtà ci espone e che esigono nuove azioni missionarie. Sappiamo già che i problemi e le difficoltà che viviamo nel Continente, come nel mondo di oggi, sono molteplici e complesse, e non è facile dare una risposta. Perciò il Santo Padre ci esponeva, nel suo discorso inaugurale della Conferenza di Aparecida, la questione fondamentale su come la Chiesa, illuminata dalla fede in Cristo, debba reagire davanti a queste sfide; un fatto che ci riguarda tutti. Ed è quello che cerchiamo di fare attraverso questa Missione”. (A cura di Luis Badilla)
Il Patriarca maronita Sfeir chiede più giustizia per il Libano
◊ Nel suo sermone di domenica scorsa, il Patriarca maronita libanese Nasrallah Sfeir, ha ricordato “lo spirito di giustizia ed equità” richiamato nell’articolo 95 della Costituzione che stabilisce il principio di parità tra credenti cristiani e musulmani. “Questo spirito – ha detto il Patriarca – è ancora assente nella distribuzione dei posti e delle cariche nella nostra amministrazione ufficiale”. Il cardinale Sfeir, riporta "l’Osservatore Romano", ha dunque fatto appello all’unità e alla pace invitando le autorità “a rendere il loro servizio alla nazione”. Sulla stessa linea anche altri esponenti religiosi che hanno chiesto ai politici di lavorare per il benessere del Paese vincendo gli egoismi. Inoltre, secondo Hussein Fadlallah, leader religioso sciita, la diversità confessionale non dovrebbe essere considerata come “una maledizione, ma una risorsa per lo sviluppo e il cambiamento in una situazione maggiormente positiva”. (B.C.)
Vescovi indiani: imparare dalla nostra storia il dialogo interreligioso e il rispetto delle varie culture
◊ “Secoli di coesistenza di varie culture e religioni hanno reso l’India un esempio vivente del dialogo interreligioso”. Con queste parole, il cardinale arcivescovo di Ranchi, Telesphore Placidus Toppo, è intervenuto nell’ambito di un incontro promosso dalla Commissione per l’educazione e la cultura della Conferenza episcopale dell’India (CBCI) sul tema “Le sfide culturali per la missione cristiana nel XXI secolo”. Circa 140 tra vescovi, sacerdoti e religiosi – informa "L’Osservatore Romano" – hanno partecipato all’evento riflettendo sul ruolo che il rispetto delle varie culture ha nel favorire il dialogo tra le fedi. Il porporato ha spiegato ai presenti che l’India rappresenta in tal senso un modello per tutto il mondo, grazie alla sua eredità storica privilegiata e al suo grande patrimonio di fedi. “Eppure – ha continuato il cardinale Toppo – abbiamo davanti a noi ancora strada da fare per creare un senso di appartenenza e di unità”, sulla strada indicata dal Santo Padre: “Costruire ponti di amicizia con i seguaci di tutte le religioni al fine di ricercare il bene autentico di ogni persona e della società nel suo insieme”. Naturale il riferimento alle ostilità degli estremisti indù nei confronti dei cristiani, soprattutto in alcuni Stati dell’India come il Gujarat e l’Orissa. Qui, infatti, i cristiani vengono accusati di violare la “hindutwa”, l’identificazione tra l’India e l’induismo propugnata da alcune correnti intolleranti. Fondamentale in tal senso il ruolo svolto dalle comunità missionarie cristiane “portatrici di armonia nelle relazioni tra le varie etnie”. (S.G.)
Colombia: CELAM e mondo universitario cattolico insieme per riflettere sul rapporto tra etica e comunicazione
◊ La comunicazione non può prescindere dall’etica. Partendo da questo presupposto la Conferenza episcopale latinoamericana (CELAM) e l’Università colombiana "Un Minuto per Dio", hanno organizzato, dal 3 al 5 settembre a Bogotà, un incontro con i rettori degli atenei cattolici del continente. Tema dell’iniziativa: “Etica della comunicazione e comunicazione etica”, in continuità con il Congresso promosso dal CELAM nel settembre 2007, dal titolo “Perché il giornalismo recuperi la sua anima”. Ruolo di primo piano avranno i presidi delle Facoltà di Scienze delle Comunicazione che si confronteranno sugli impegni, sull’identità e sulla missione della cultura cattolica in questo ambito. La riflessione prenderà spunto dal lavoro svolto, a partire da febbraio, dal gruppo interdisciplinare nato dalla collaborazione tra l’Università "Un Minuto per Dio" e il Dipartimento di Comunicazione del CELAM, “un gruppo aperto a nuove proposte – spiegano i promotori – che desidera approfondire il tema dell’insegnamento dell’etica della comunicazione nelle università cattoliche”. I frutti di tale lavoro verranno applicati inizialmente nell’ateneo che li ha ospitati e, con il tempo, nelle altre sedi universitarie latinoamericane e caraibiche con l’idea di “costruire un cammino di unità, integrazione e scambio di esperienze”. Prima tappa di questo percorso di condivisione l’incontro di settembre a Bogotà, che intende anche gettare le basi per il Congresso sull’Etica in programma nel 2009. (S.G.)
Ricorre oggi la Giornata Internazionale della Gioventù, promossa dall'ONU, sul tema dell'ambiente
◊ “Invito i giovani di tutto il mondo ad investire le loro energie e le loro brillanti idee per costruire un pianeta più sicuro e sostenibile”. Con queste parole, il segretario generale dell’ONU Ban Ki-moon si rivolge ai protagonisti della Giornata internazionale della Gioventù, fissata per oggi dal Dipartimento delle Nazioni Unite per gli affari economici e sociali (DESA). Tema di quest’edizione: “Gioventù e cambiamenti climatici: è tempo di agire”. “Il mondo sta andando incontro a gravi problematiche – spiega Ban Ki-moon – e, a meno di non cambiare radicalmente il nostro stile di vita, quando i giovani del 2008 avranno raggiunto la mia età, sarà diventato un luogo inospitale”. Un pensiero particolare va ai “Paesi in via di sviluppo” e a quelle “giovani donne che si occupano dell’agricoltura, della ricerca di acqua e della raccolta di legna. Questi compiti diventeranno sempre più difficili, a causa dei cambiamenti climatici e toglieranno tempo all’educazione e alle attività produttive”. Di qui l’urgenza di sensibilizzare i giovani a divenire parte attiva nei programmi di riduzione dei disastri, di adattamento e mitigazione, con l’obiettivo di preparare le comunità a una reazione rapida ed efficace alle calamità, di sviluppare strategie di prevenzione e di avviare azioni concertate per attenuare le conseguenze negative dei mutamenti climatici. “Abbiamo bisogno dello spirito dei giovani”, i quali, conclude il segretario generale dell’ONU, “sono pronti a contribuire a questa battaglia fin da adesso”. (S.G.)
Kofi Annan: solo attraverso una reale "rivoluzione verde" l'Africa può combattere l'emergenza alimentare
◊ “Mangiamo ciò che non produciamo e produciamo ciò che non mangiamo”: Kofi Annan, ex segretario generale dell’ONU e presidente dell’Alleanza per la rivoluzione verde in Africa (AGRA), ha espresso le sue preoccupazioni per “l’eccessiva dipendenza dalle importazioni” dei Paesi dell’Africa Occidentale, al termine di una visita di tre giorni in Ghana. “I costi elevati dei beni di prima necessità hanno permesso a tutti di prendere coscienza del fatto che l’agricoltura a livello locale è stata trascurata per troppo tempo dai governi e dagli investitori – ha detto Annan – e il primo obiettivo da raggiungere è proprio quello di ribaltare questa tendenza”. Durante i tre giorni di permanenza nel Paese – informa la MISNA –, l’ex segretario generale ha visitato piccole aziende agricole, parlando con sindacalisti, esponenti della società civile, coltivatori ed esperti dei problemi e delle risorse per lo sviluppo del settore agricolo. “Le donne costituiscono la spina dorsale dell’agricoltura africana e corrono i rischi maggiori senza alcun sostegno finanziario, senza assicurazioni e senza nessun aiuto da parte dei governi", ha sottolineato Annan. Ed ha aggiunto: "Abbiamo bisogno di cambiamenti radicali, da questo punto di vista, per rafforzare le piccole imprese e garantire la sicurezza alimentare ai settori più vulnerabili della popolazione”. Da qui l’urgenza di una reale rivoluzione verde nel continente, che prenda ad esempio il Ghana: 21 milioni di abitanti e, a breve, uno dei primi Paesi dell’Africa sub-sahariana a raggiungere e oltrepassare l’obiettivo di dimezzare il numero dei casi di malnutrizione entro il 2015. (S.G.)
Il Sud Africa annuncia un piano di interventi a sostegno dell’agricoltura
◊ Sono cinque i punti che costituiscono il piano di interventi a medio e a lungo termine, annunciati dal governo di Pretoria per affrontare il problema dell’agricoltura in Sud Africa. Si parte dal maggior sostegno ai piccoli coltivatori e alle cooperative di agricoltori per poi incentivare il commercio dei prodotti attraverso un’accurata politica sulle tariffe doganali. Altro punto essenziale è lo sviluppo del trasporto ferroviario per migliorare il trasferimento delle merci da un’area all’altra del Paese; proseguire anche la campagna per l’acquisto di semi, fertilizzanti e apparecchiature agricole; creare orti famigliari e di comunità. Scopo del piano è di rispondere alle esigenze del Paese e aumentare le esportazioni. Come riporta "L’Osservatore Romano", è al vaglio dell’esecutivo la creazione di un’agenzia sui beni alimentari che avrà come priorità la sicurezza sanitaria. (B.C.)
Denuncia dell'arcivescovado di Guatemala: ad oggi ancora impuniti quasi tutti i crimini della guerra civile
◊ Sono almeno 200 mila le vittime della guerra civile che ha lacerato il Guatemala per 36 anni, dal 1960 al 1996. Il bilancio ancora provvisorio (dal momento che gli scavi nei cimiteri clandestini continuano a fornire prove di ulteriori stragi) conta 55 mila violazioni dei diritti umani e 422 massacri di civili. E – informa la MISNA – la maggior parte di questi crimini è rimasta impunita. La denuncia viene dall’Ufficio per i diritti umani dell’arcivescovado di Guatemala (ODHAG), la cui intensa attività in difesa della giustizia portò nel 1988 all’uccisione del suo direttore, l’arcivescovo ausiliare della capitale, mons. Juan José Gerardi Conedera. Oggi a guidare la struttura è Nery Rodenas che, intervenendo a una conferenza stampa intitolata “Guatemala mai più: recupero della memoria storica sulla guerra civile”, ha messo così in luce le gravi omissioni istituzionali: “In Guatemala, gli accordi di pace, a cui il parlamento diede valore legale, contenevano molte buone intenzioni al livello politico, ma non hanno trasformato il Paese come ci si attendeva. Il 99% dei crimini è rimasto impunito: parliamo in particolare dei dirigenti studenteschi e dei ‘campesinos’, per i quali nessuno è stato portato di fronte alla giustizia”. Ugualmente impuniti, ha aggiunto Rodenas, i militari responsabili dell’80% dei crimini commessi mentre le iniziative volte a risarcire le vittime e a formare commissioni di ricerca dei ‘desaparecidos’ sono rimaste iniziative gestite dalla società civile”. (S.G.)
Si celebra oggi il 64.mo anniversario della strage nazista di Sant'Anna di Stazzema
◊ Fu un crimine di guerra senza attenuanti, una delle stragi naziste più efferate che l'Italia ricordi durante la Seconda Guerra Mondiale. Era il 12 agosto 1944, quando i militari tedeschi massacrarono a Sant’Anna di Stazzema 560 persone, per buona parte anziani e bambini. Oggi, in occasione del 64.mo anniversario di quel tragico evento, messaggi di cordoglio giungono nel paesino in provincia di Lucca da tutte le più alte cariche dello Stato italiano, a cominciare dal presidente della Repubblica Giorgio Napolitano che ha parlato di "monito a non dimenticare gli orrori della guerra e dell'odio tra i popoli" e dell’importanza di "spronare, anzitutto i giovani, a promuovere i valori della pace e della dignità della persona attraverso il dialogo, la tolleranza e la coesione sociale". La commemorazione si è aperta stamani a Sant’Anna di Stazzema con la Messa celebrata dall’arcivescovo di Pisa, mons. Giovanni Paolo Benotto, ed è proseguita con la Via Crucis sino al Monumento Ossario. Qui, l’assessore regionale alla cultura Paolo Cocchi, dopo aver ricordato che l’atto definitivo del processo contro i responsabili si è celebrato lo scorso novembre con la conferma delle condanne inflitte in primo e secondo grado, ha auspicato che "via via che si spengono i protagonisti di quegli anni", occorre trovare gli strumenti per "trasmettere alle nuove generazioni i valori e le esperienze dei padri". (S.G.)
E’ dedicata ai bambini la IV edizione del “Premio Internazionale Pino Puglisi”, a settembre a Palermo
◊ La lotta ad ogni forma di sfruttamento dei bambini in particolare quelli africani: è il tema della IV edizione del “Premio Internazionale Pino Puglisi” dedicata al sacerdote ucciso dalla mafia nel quartiere Brancaccio di Palermo nel 1993. L’inizio della manifestazione è prevista per l’11 settembre nel capoluogo siciliano; a dare il via all’edizione 2008 sarà la premiazione di personalità che si sono particolarmente distinte nella loro professione promuovendo messaggi di pace e fratellanza e in difesa della dignità dell'uomo. Tra i premiati figurano due vescovi del Burundi e poi mons. Giancarlo Bregantini, arcivescovo di Campobasso-Boiano, il fondatore della comunità di Sant’Egidio, Andrea Riccardi, il questore di Roma Giuseppe Caruso e il pittore Pippo Madè. (B.C.)
L'esercito delle Filippine avanza nei villaggi della regione di Mindanao occupati dai guerriglieri del Fronte Moro
◊ L’esercito delle Filippine avanza nella regione meridionale di Mindanao, dove da domenica sono in corso aspri combattimenti per la conquista di diversi villaggi occupati dai guerriglieri del il Fronte Islamico di Liberazione Moro. Gli scontri hanno provocato la fuga di almeno 160 mila civili e, secondo fonti militari, una sessantina di miliziani avrebbero perso la vita negli scontri che hanno coinvolto anche l’isola di Basilan. La cronaca nel servizio di Marco Guerra:
I separatisti del fronte islamico di liberazione si stanno ritirando dai villaggi occupati nel sud delle Fillipine, nella turbolenta regione di Mindanao. A tre giorni dall’inizio della massiccia offensiva militare, le truppe di Manila hanno ripreso il controllo di otto delle 15 località invase da circa 800 guerriglieri mussulmani. Il ritiro dei ribelli viene confermato anche da un portavoce del Moro che annuncia la fine dei combattimenti per domani. Fonti dell’esercito regolare fanno sapere però che i residenti delle aree liberate potranno tornare alle loro case solo dopo la completa pacificazione di tutto il territorio. Resta quindi alta l’emergenza legata ai 160 mila abitanti in fuga dalle zone del conflitto. La Croce Rossa sta inviando cibo e medicinali, ma secondo gli esponenti locali dell’organizzazione umanitaria ci sono ancora diverse difficoltà nel raggiungere gli sfollati, visto l’instabilità della situazione sul terreno. La nuova impennata di violenze nel sud filippino è dovuta alla sospensione del controverso accordo tra il Governo e il Fronte Islamico di Liberazione sulla creazione di una regione autonoma nel Mindanao. Trattato bloccato dalla Corte suprema, in seguito al montare delle proteste che hanno unito sia cristiani che musulmani che denunciano la mancata pubblicazione di una bozza preliminare. Intanto, nel Paese, si è levata la voce dei vescovi cattolici e dei leader religiosi islamici che hanno chiesto all’esecutivo e ai ribelli di riprendere i colloqui di pace.
Cina
Non si placa la violenza nella provincia cinese a maggioranza musulmana di Xinjiang, nel nord-ovest del Paese. Tre agenti dei servizi di sicurezza cinesi sono stati uccisi oggi a coltellate e una quarta è rimasta ferita, in un attacco contro un posto di blocco stradale. L'attentato odierno è l'ultimo episodio di una lunga scia di sangue nello Xinjiang che ha visto prima 16 poliziotti morti in un attacco ad un commissariato, e poi un attentato dinamitardo che ha provocato altri 8 morti.
Pakistan
In Pakistan è stato avviato ieri il laborioso processo di impeachment contro il presidente Pervez Musharraf, come previsto dai partiti della coalizione di governo che hanno definito una mozione con i capi di accusa. Il procedimento, molto articolato, potrebbe proseguire fino alla prossima settimana. La mozione verrà poi presentata all'Assemblea nazionale riunita insieme ai parlamenti provinciali. Musharraf è sempre più isolato, ma ha finora respinto tutte le pressioni per dimettersi, giunte anche dai partiti che lo hanno sostenuto. Intanto, sul terreno, prosegue l’offensiva dell’esercito pakistano contro la guerriglia talebana nelle zone tribali del nord ovest, al confine con l’Afghanistan, dove da mercoledì sono rimaste sul terreno circa 160 vittime. Tra i miliziani uccisi dalle forze di sicurezza pakistane si segnala Abu Said Al Masri, egiziano, uno dei capi di lungo corso al Qaeda. Vittime anche tra l’esercito regolare: nell’esplosione di un mezzo di trasporto dell’aviazione sono rimasti uccisi 14 soldati di Islamabad.
Libano
Il governo di unità nazionale libanese, formato l’11 luglio scorso e guidato dal primo ministro sunnita Fouad Siniora, ha ottenuto oggi la fiducia dal parlamento con 100 voti su 127. L’attenzione dei Paese dei Cedri è ora tutta puntata alla visita, in programma da domani, a Damasco del nuovo presidente della Repubblica libanese, Michel Sleiman. Previsto l’incontro con il presidente della Siria, Bashar Al Assad. Nell’agenda dei colloqui, l’apertura di formali relazioni diplomatiche tra i due Paesi, la demarcazione della frontiera, oltre alla sorte di circa 600 prigionieri politici libanesi detenuti nelle carceri siriane. Ma in quale clima si svolgono questi colloqui? Giancarlo La Vella ne ha parlato con il collega libanese, Camille Eid, del quotidiano Avvenire:
R. - Questa riunione si svolge in un clima di distensione e il presidente libanese almeno parte confortato dal voto di fiducia al primo governo del suo mandato. Ora si tratta di vedere se i siriani sono disposti ad affrontare, in un clima positivo, gli argomenti sull’ordine del giorno.
D. – Relazioni diplomatiche migliori, vuol dire per il Libano anche una reale autonomia da Damasco?
R. – Si, questo dev’essere scontato, nel senso che la Siria deve smettere di pensare al Libano come ad una provincia; i rapporti devono essere quindi basati su una parità. Questo rimetterebbe le relazioni sul binario giusto, soprattutto dopo 30 anni di controllo militare e politico siriano esercitato sul Libano.
D. – Nell’immenso panorama mediorientale, la tessera dei rapporti siriano-libanesi può costituire comunque un aspetto positivo per la soluzione anche delle altre crisi in corso?
R. – Secondo me si, perché coincide con la ripresa dei negoziati tra Siria e Israele, e quindi il medio oriente potrebbe conseguire un passo in avanti verso la pacificazione riguardo il problema centrale, che è quello tra Israele e i Paesi arabi. Non è tutto, ma aiuta almeno nel contesto politico-interno libanese a calmare un po’ le acque, perché come sappiamo in Libano il governo è costituito da ex maggioranza, ex opposizione - adesso ci sono tutti - e senza l’aiuto della Siria non sarebbe stato possibile.
Nucleare Iran
Saeed Jalili, principale negoziatore iraniano per la crisi nucleare, e l’alto rappresentante per la politica estera dell’Unione Europea, Javier Solana, hanno ribadito ieri la volontà di voler proseguire nel dialogo per una risoluzione del programma nucleare di Teheran. L’accordo segue di qualche giorno l’introduzione di nuove sanzioni dell’UE nei confronti dell’Iran.
Mauritania
La giunta militare che detiene il potere in Mauritania ha rimesso in libertà il primo ministro Ahmed El Waghev, arrestato il 6 agosto scorso in seguito al colpo di Stato che ha rovesciato il governo costituzionale. Resta nelle mani dei militari golpisti, invece, il presidente Sidi Mohamed Ould Cheikh Abdallahi. Al momento, non sono ancora state fissate le elezioni libere e trasparenti assicurate dalla giunta militare, guidata dall’ex capo delle guardie presidenziali, Mohamed Abdelaziz.
Zimbabwe
Il partito di governo nello Zimbabwe ha dichiarato che i colloqui per la formazione del nuovo governo, ripresi oggi, rischiano di arenarsi sull'assegnazione dei ruoli tra opposizione e il partito di Mugabe. Finora i colloqui ad oltranza non sono riusciti a produrre risultati concreti. Ieri, alla fine del secondo giorno di trattative, il presidente Robert Mugabe ha detto ai giornalisti che non ci sono stati passi avanti. Non è stata tuttavia esclusa la possibilità di trovare un'intesa. (Panoramica internazionale a cura Marco Guerra)
Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LII no. 225
E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sulla home page del sito www.radiovaticana.va