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Sommario del 11/08/2008

Il Papa e la Santa Sede

  • Il Papa lascia Bressanone. Questa sera il rientro a Castel Gandolfo. Mons. Egger: un soggiorno all'insegna della discrezione
  • Nei momenti difficili, Dio ci porge la mano e chiede a noi di porgerla al prossimo nel bisogno: sulle parole del Papa all’Angelus, la riflessione del vescovo di San Marino, Luigi Negri
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • La Georgia firma la tregua, ma la Russia pone condizioni per fermare i bombardamenti
  • Il nunzio in Georgia: la comunità internazionale non lasci sola questa terra. Potrebbe esplodere l'intero continente
  • Il cardinale Martino sulle misure antiaccattonaggio: combattere la povertà, non i poveri
  • Incidenti stradali. Mons Marchetto: cifre spaventose, segno di mancanza di rispetto della vita
  • Memoria di Santa Chiara d'Assisi. Il suo messaggio: donare la vita a Cristo
  • Chiesa e Società

  • I vescovi dell'Africa meridionale: grave crisi morale dietro la crisi socio-economica
  • A Lourdes il pellegrinaggio nazionale francese animato dai Padri Assunzionisti
  • Dopo 60 anni a Pechino celebrata la Santa Messa da un sacerdote straniero
  • America Latina: migliaia le desaparecidas coinvolte nella tratta di esseri umani
  • Somalia: a Mogadiscio urgono medicinali, mentre ovunque continuano gli scontri
  • Si è chiuso in Perù il Congresso dei giovani cattolici
  • Sul Gran Sasso l'antico canto del Magnificat parla i linguaggi dell'arte contemporanea
  • USA: Greensburg rinasce, dopo la devastazione del 2007, interamente ecosostenibile
  • 24 Ore nel Mondo

  • Referendum in Bolivia: Morales confermato presidente
  • Il Papa e la Santa Sede



    Il Papa lascia Bressanone. Questa sera il rientro a Castel Gandolfo. Mons. Egger: un soggiorno all'insegna della discrezione

    ◊   Benedetto XVI ha ricevuto oggi nel Seminario Maggiore di Bressanone le forze dell'ordine locali: "solo adesso - ha detto - mi accorgo di quanto sia grande l'esercito di angeli custodi che ha vegliato su di me durante le vacanze". Il Papa lascerà oggi pomeriggio Bressanone per rientrare in serata a Castel Gandolfo. Dopo due settimane di soggiorno in Alto Adige il Papa riprende dunque la sua attività: mercoledì prossimo si svolgerà l’udienza generale nel cortile del Palazzo Apostolico della cittadina laziale. Venerdì 15 agosto, Solennità dell’Assunzione, celebrerà la Messa alle 8.00 nella chiesa parrocchiale di San Tommaso da Villanova, seguita dall’Angelus a mezzogiorno. Ieri il Pontefice, durante l’Angelus in Piazza Duomo, ha espresso la sua gratitudine per aver potuto recuperare le forze in un luogo così tranquillo: ma quale carattere ha avuto la permanenza del Papa nella città altoatesina? Rosario Tronnolone lo ha chiesto al vescovo di Bolzano-Bressanone Wilhelm Egger:
     
    R. – E' stato questo modo discreto del Santo Padre, che restava quasi sempre nel Seminario Maggiore, dove c’è anche un bellissimo giardino. Anche quando è uscito, una volta, per una passeggiata, questa è rimasta veramente discreta, personale.

     
    D. – Il Santo Padre ha ricevuto proprio sabato scorso la cittadinanza onoraria di Bressanone. Che significato ha avuto questa cerimonia?

     
    R. – Questa cerimonia è un onore al Papa, ma soprattutto un onore alla città, perché questa città desidera in questo modo avere il Santo Padre come cittadino. E anche se poi il Santo Padre ha detto che non sarà presente tante volte, comunque ha nel cuore questa città.

     
    D. – Eccellenza, lei proprio durante la cerimonia di conferimento della cittadinanza onoraria ha detto che il Santo Padre ha dato pieno senso al motto del Seminario di Bressanone, cioè “Pietas et Scientiae”...

     
    R. – Sì, il Santo Padre a Bressanone, quando veniva da cardinale, ha lavorato al suo "Rapporto sulla fede", un libro fondamentale per conoscere il suo pensiero sull’attualità della Chiesa, e poi ha scritto anche qualche pagina del volume su Gesù Cristo. Va detto quindi che Bressanone è una stazione importante del suo magistero e del suo impegno teologico e pastorale.

     
    D. – Il Santo Padre ha anche sottolineato come per lui Bressanone sia un luogo di incontri: ha parlato di un incontro delle culture, un incontro tra una sana laicità e una gioiosa fede cattolica...

     
    R. – La nostra diocesi è una diocesi trilingue, e il fatto che il Santo Padre abbia usato il tedesco, l’italiano e il ladino, cioè la lingua delle valli ladine, è un simbolo di questa consapevolezza dell’incontro delle culture.

     
    D. – Che cosa ha rappresentato per il popolo di Bressanone la presenza del Papa durante queste due settimane?

     
    R. – Quello che mi ha più colpito è questa gioia della popolazione: è stata veramente una festa del popolo credente. E penso che per questo sia stato colpito anche il Santo Padre. Tante le persone che mi dicevano: “Ma come è bello che il Santo Padre venga da noi”. E vorrei sottolineare, in Piazza Duomo, il saluto caloroso di tutta la città.

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    Nei momenti difficili, Dio ci porge la mano e chiede a noi di porgerla al prossimo nel bisogno: sulle parole del Papa all’Angelus, la riflessione del vescovo di San Marino, Luigi Negri

    ◊   Anche a noi, come a San Pietro, che sopraffatto dalla paura rischia di annegare, il Signore ci “porge continuamente la mano”: è uno dei passaggi della meditazione offerta da Benedetto XVI ai fedeli, ieri all’Angelus a Bressanone. Il Papa ha sottolineato che anche noi siamo chiamati a porgere “la nostra mano agli altri, a coloro che ne hanno bisogno”. Per una riflessione sulle parole del Papa, Alessandro Gisotti ha intervistato il vescovo di San Marino-Montefeltro, mons. Luigi Negri:
     
    R. – Certo, il mondo è forte, le sfide sono forti. Possono sembrare talvolta, al singolo cristiano come alla comunità, insostenibili. Ma la radice della loro forza è in realtà la nostra debolezza di fede. Pietro affonda perché si stacca dalla mano di Cristo, perché non crede. Non tanto e soltanto perché i flutti sono forti! Io credo che questa sia una lezione formidabile per la Chiesa di questo tempo. La Chiesa è certamente assalita da pericoli antichi e nuovi e forse non ce li aspettavamo così forti all’inizio del terzo millennio, quando forse speravamo - al cadere delle grandi ideologie – in un momento di pace. E’ venuta, invece, una tempesta più grave – secondo me – di quella delle grandi ideologie, perché c’è un anticristianesimo diffuso e pervasivo. Insomma le sfide sono per approfondire la fede: se noi le viviamo dentro la certezza della fede, allora anche i marosi si calmano!

     
    D. – Questa difficoltà è molto presente nel pensiero del Papa, che ieri per esempio ha detto, con un’immagine molto forte: “La Chiesa del nostro tempo in molte parti della terra si trova a penare per avanzare, nonostante il vento contrario e sembra che il Signore sia molto lontano”….

     
    R. – In queste parole del Papa c’è una consapevolezza profonda e - vorrei direi – quasi una tenerezza. Una tenerezza che fa bene alle Chiese, alle Chiese martoriate in certi Paesi del mondo, nel sud-est asiatico, in Terra Santa, nei Balcani e adesso anche la Georgia, dove ci sono cristiani che si stanno combattendo, che si stanno massacrando. Io credo che in questi momenti sia più che mai chiaro alla Chiesa che il Papa rende presente Cristo. C’è anche una consapevolezza critica. Noi stiamo soffrendo ed è inutile nasconderselo, ma d’altra parte questa sofferenza diventa un fattore di crescita e di maturazione se noi ci riaffidiamo tutti i giorni alla mano forte di Cristo, che non ci lascia, che ci guida nelle fatiche e nelle prove verso una maturazione della nostra fede e, quindi, paradossalmente – e il Papa lo ha ricordato – verso una maturazione della nostra capacità missionaria.

     
    D. – Il Papa ci mostra che la forza non deriva da noi stessi, ma proprio da questo tener stretta la mano di Gesù…

     
    R. – Certo ed è questo - direi - l’aspetto integrale della fede. Credo che la testimonianza e l’insegnamento di Benedetto XVI ci abbiano insegnato nel vivo che la fede è un atto integrale della fede, è un atto dell’intelligenza e del cuore. Credo che questa rieducazione continua che il Papa fa a riscoprire la propria fede come il fattore fondamentale sia determinante. Non toglie i problemi, ma cambia la nostra umanità.

     
    D. – Peraltro, già nell’incontro con i sacerdoti a Bressanone il Papa aveva risposto ad una domanda di un seminarista, sottolineando che proprio nella fede noi diventiamo più umani…

     
    R. – Si deve permanere – ha detto il Papa – nell’orizzonte dello Spirito. E’ lo Spirito che rende poi quotidiana la grandezza sperimentata a Sydney, ha aggiunto. Lo Spirito si manifesta in noi, cambiandoci, rendendo cioè più vera la nostra umanità. I doni dello Spirito che egli ha evocato sono i doni dell’umanità nuova. Quanto più apparteniamo a Cristo, tanto più diventiamo umani.

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   Nell’Angelus di domenica 10 agosto Benedetto XVI invoca la fine delle azioni militari in Georgia e chiede subito un dialogo costruttivo

    In prima pagina, un articolo del vescovo di Lourdes e di Tarbes, Jacques Perrier, dal titolo “Benedetto colui che viene nel nome del Signore: dal dodici settembre il Papa in Francia”

    Nell’informazione internazionale, in primo piano la situazione in Georgia: il Governo di Tiblisi firma il cessate il fuoco nell’Ossezia del sud. Un articolo di Luca M. Possati sul Vicino Oriente: “Il conflitto tra i palestinesi e le responsabilità di Israele”

    “Sa dialogare solo chi ha passione per la verità”. Angelo Amato sul confronto tra cristianesimo e alte religioni

    “Tra religione e politica: Dare a Cesare quel che è suo”. Robert Imbelli, docente di Teologia al Boston College (Massachusetts), sul nuovo libro di Charles J. Chaput, cappuccino e arcivescovo di Denver

    “Cammina adagio nella corsa della vita”. Giulia Galeotti ricostruisce la conversione di Angela Park, dalla Corea in Italia con una Bibbia in mano

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    Oggi in Primo Piano



    La Georgia firma la tregua, ma la Russia pone condizioni per fermare i bombardamenti

    ◊   Le diplomazie stanno impegnandosi al massimo per fermare la guerra in Caucaso. Il presidente georgiano Saakashvili ha firmato una tregua unilaterale alla presenza degli inviati europei: il francese Kouchner e il finlandese Stubb. Mosca ha subito risposto che questa è una via praticabile soltanto a condizione del ritiro dei militari georgiani e di un’intesa di non belligeranza in Ossezia del Sud. Domani il presidente francese Sarkozy sarà a Mosca. Il presidente russo Dmitri Medvedev si è detto intanto favorevole, in un colloquio con il ministro degli esteri finlandese, ad una presenza di esponenti dell’OSCE in Ossezia del Sud. Il servizio di Giuseppe D’Amato:

    In mattinata si è tornati a sparare nei dintorni di Tskhinvali: questo, per lo meno, riportano giornalisti russi sul posto. I georgiani avrebbero fatto saltare le riserve d’acqua della città, allagando un paio di quartieri. Mosca nega di aver bombardato nella notte alcuni centri georgiani. Viene invece confermato l’affondamento di un’unità di Tblisi. L’Ucraina ha ripetuto che forse non concederà l’autorizzazione per il rientro a Sebastopoli delle navi russe, che partecipano al pattugliamento delle coste georgiane. Almeno 800 militari di Tblisi di stanza in Iraq sono stati aviotrasportati da velivoli USA, ha denunciato Mosca. L’Abkhazia, l’altra regione separatista dalla Georgia, ha mosso i suoi uomini nella valle di Kodori e l’ha bloccata. Sukumi ha lanciato un ultimatum a Tblisi: “O ritirate le vostre truppe o attaccheremo”. Novemila paracadutisti russi sarebbero giunti di rinforzo. Un ospedale mobile è stato montato a Tskhinvali per i feriti non trasportabili; è atteso l’arrivo di specialisti per evitare il propagarsi di malattie.

    Sono giunti a Roma i centodieci italiani, tra i quali 15 bambini, che ieri hanno lasciato la Georgia proprio a causa del precipitare della situazione. Due C-130 dell'Aeronautica Militare italiana, atterrati stamani a Roma-Ciampino, hanno ricondotto in patria il gruppo in fuga dai combattimenti, ai quali si sono aggregati altri 20 cittadini dell’Unione Europea. Per noi a Ciampino c’era Massimiliano Menichetti:

    Villaggi distrutti, morti e feriti: è questo lo scenario 'disegnato' dal gruppo rientrato con due C-130 dell’Aeronautica militare oggi a Ciampino. Sono fuggiti da Tblisi, passando per l’Armenia in pullman, poi l’imbarco verso l’Italia. Oltre ai 110 cittadini italiani, anche altri venti cittadini dell’Unione Europea che sono stati aiutati dall’ambasciata italiana a lasciare il Paese, ad attendere tutti i familiari, insieme con una fitta schiera di giornalisti. Tra chi è tornato, anche i georgiani con la cittadinanza italiana; qui si sono divisi gli stati d’animo tra chi vive lo strappo di aver lasciato i propri cari in una situazione drammatica e chi è scappato dalla guerra tornando a casa. La testimonianza di una donna georgiana:

     
    “C’è la guerra, muoiono i bambini, sono migliaia i feriti. La città di Gori non esiste più, Tskhinvali non esiste più. Le periferie di Tblisi dove c’erano le basi militari non esistono più, le hanno bombardate”.

     
    ‘Ci sentivamo in trappola, le notizie si accavallavano’. I più preoccupati erano gli stranieri, mentre la gente del posto tendeva a rassicurarci. E’ il racconto di Franco De Marco, giornalista del messaggero di Ascoli approdato anche lui a Ciampino dopo essersi recato a Tblisi dove si trovava in vacanza con la moglie e alcuni amici. Altri hanno raccontato di una città silenziosa, irreale:

     
    “Eravamo in vacanza: nella capitale non c’era questo clima di grande tensione. Tuttavia abbiamo visto contigenti militari, ragazzi di 18 anni, persone fino ai 45 anni che venivano continuamente portate via con autobus di linea. La città che solitamente è sempre piena di persone, i ristoranti erano vuoti. La sensazione che si avvertiva era un po’ di tensione”.

     
    Confermati i bombardamenti sulla periferia della capitale georgiana, le difficoltà di collegamento con le altre località, la paura. Ovviamente, tutti sperano che le violenze cessino presto. Drammatica la testimonianza di una ragazza, sposata con un italiano, fuggita dal proprio Paese poche ore dopo il suo matrimonio:

    “Dovevamo sposarci e battezzare la bambina. Però noi siamo nell’ovest della Georgia e non ce l’abbiamo fatta ad andare lì. Così non ho visto i miei genitori e nessuno. Ci siamo sposati in chiesa in fretta e furia la mattina a mezzogiorno. Alle cinque siamo partiti per l’Italia, ma volevamo battezzare la bambina in chiesa...”.

     
    Nel Caucaso è drammatica la situazione dei profughi: secondo la Croce Rossa Internazionale, gli sfollati sono almeno 40 mila. Sulla situazione dei profughi in Georgia ascoltiamo, al microfono di Amedeo Lomonaco, Giulia Laganà, dell’Ufficio Stampa dell’ACNUR, l'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati:
     
    R. - La situazione, al momento, è abbastanza confusa e le informazioni in nostro possesso non sono molto precise per quanto riguarda il numero di persone costrette a fuggire dalle proprie case, sia verso l’Ossezia del Nord sia dall’Ossezia del Sud, dove si svolgono i combattimenti. Altri poi fuggono dall’Ossezia del Sud verso le altre località della Georgia. Quello che sappiamo, da quello che riferiscono le autorità è che si tratta di parecchie migliaia di persone sia verso nord che verso sud. Le nostre attività, per il momento, si sono limitate ad offrire ai governi della Federazione Russa e della Georgia la nostra disponibilità ad entrare in azione e ad offrire assistenza umanitaria. Finora, i governi non ci hanno chiesto aiuto e noi comunque siamo pronti con una serie di kit di emergenza, soprattutto per quanto riguarda gli alloggi e i ripari di emergenza; si tratta di beni non alimentari che vengono invece forniti dal PAM, il Programma Alimentare Mondiale.

     
    D. - Per aiutare le persone in fuga dagli scontri l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati ha chiesto la creazione di un corridoio e un accesso umanitario in Ossezia del Sud...

     
    R. - Ieri l’Alto commissario Antonio Guterres ha chiesto ai governi sia della Federazione Russa che della Georgia di aprire due corridoi umanitari: uno verso nord, in Ossezia del nord, e uno verso sud, in Georgia. In tarda serata i governi hanno risposto positivamente. Sono stati aperti questi corridoi umanitari che permetteranno sia alla popolazione civile di fuggire verso luoghi più sicuri, sia agli operatori umanitari di avere accesso a queste persone in condizioni di incolumità, garantendo anche che non vengano feriti o uccisi operatori umanitari e anche giornalisti.

     
    D. - Per rendere virtuosi questi corridoi è essenziale che le parti rispettino i principi umanitari e garantiscano la sicurezza della popolazione. In questo senso avete delle rassicurazioni?

     
    R. - I governi hanno offerto rassicurazioni. Resta da vedere se le parti in causa rispetteranno questi principi; noi ovviamente ce lo auguriamo. La situazione, certo, è molto difficile, anche perchè le parti in causa sono più d’una, vi sono anche ribelli separatisti in gioco, quindi ci auguriamo che tutti rispettino questi principi e questa promessa di garantire l’incolumità dei civili e degli operatori umanitari. Noi, come ACNUR, abbiamo sei uffici in Georgia e siamo responsabili per una popolazione che già prima della guerra oscillava sulle 275 mila persone tra sfollati interni e rifugiati. E’ una situazione pregressa, molto complessa nella zona del Caucaso.

     
    D. - Cosa può determinare l’eventuale ingresso nel conflitto anche dell’Abkhazia?

     
    R. - Questo procurerebbe un ulteriore numero di rifugiati e di sfollati verso la Georgia e verso altre regioni della Federazione Russa. Noi ci auguriamo che il conflitto non si estenda e non si acuisca, soprattutto per quanto riguarda questi civili già duramente provati da decenni di conflitti e di situazioni di sradicamento. In tutte queste repubbliche autonomiste o regioni della Georgia, dei Paesi confinati della Federazione Russa, ci sono consistenti popolazioni che sono rifugiate ormai da 15 anni o anche di più. Un ulteriore sfollamento sarebbe per loro un trauma e un’ulteriore difficoltà in una situazione già molto difficile.

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    Il nunzio in Georgia: la comunità internazionale non lasci sola questa terra. Potrebbe esplodere l'intero continente

    ◊   La comunità internazionale sia solidale, i mezzi di informazione siano obiettivi e facciano in modo che il mondo sappia, sia presente e si prenda cura delle popolazioni colpite dal conflitto. E’ l’accorata esortazione, all’indomani dell’appello del Papa ieri all’Angelus, del nunzio apostolico in Georgia, mons. Claudio Gugerotti, al microfono di Amedeo Lomonaco:

    R. – Io non posso che associarmi alle parole del Santo Padre, che ieri sono state pronunciate in modo tanto accorato per queste popolazioni che stanno soffrendo atrocemente e con una prospettiva che potrebbe essere drammatica. Si susseguono notizie varie, notizie di accordi parziali, provvisori. Qui c’è bisogno di una pace stabile, perché si tratta di una cerniera che potrebbe far scoppiare un intero Continente. L’appello che rivolgo, che diventa anche preghiera, che diventa supplica al Signore e a tutti gli uomini di buona volontà, è che si comprenda come guerre di questo genere segnino soltanto una distruzione e pongano a rischio i più poveri, i più deboli, a volte per ragioni che non sono all’altezza di quello che si dice. Noi chiediamo veramente che cessino le operazioni militari, che si possa riprendere il dialogo in modo sereno, quanto più possibile, e soprattutto che la comunità internazionale non lasci soli questi Paesi, in questi momenti di sofferenza, perché dall’interno è molto difficile regolare la situazione; ci deve essere una presenza di solidarietà e anche di obiettività dell’informazione internazionale, in modo che il mondo sappia, che il mondo sia presente, che il mondo si prenda cura di questa terra piccola, ma estremamente importante.

     
    D. – Una terra piccola dove le popolazioni sono unite dalla stessa fede, dalla fede cristiana...

     
    R. – Due volte il Santo Padre ha ripetuto nel discorso di ieri, nel suo intervento dopo l’Angelus, i comuni valori cristiani e il fatto che si unisca la preghiera delle popolazioni ortodosse. Questa fede comune, che è la fede di tutti noi, ma in particolare la comunione che esiste piena tra la Chiesa di Georgia e la Chiesa di Russia, siano un ponte privilegiato, per ristabilire la pace laddove le armi certamente conoscono un linguaggio diverso, un linguaggio che non dà tregua né valori.

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    Il cardinale Martino sulle misure antiaccattonaggio: combattere la povertà, non i poveri

    ◊   In questi giorni si è molto discusso sulle misure anti-accattonaggio adottate da diverse amministrazioni comunali in Italia. Sulla questione è intervenuto anche il cardinale Renato Raffaele Martino, presidente del Pontificio Consiglio Giustizia e Pace, criticando con forza la scelta di combattere chi chiede l'elemosina. Ascoltiamo il porporato al microfono di Francesca Sabatinelli:

    R. – Mettiamoci nei panni di chi chiede l’elemosina, escluso ovviamente quello che è il racket dell’elemosina, che è una forma criminale che bisogna certamente estirpare. Questo è certo. Ma chi chiede l’elemosina, perché la chiede? Perché ha bisogno. E allora vuol dire che quelli che vogliono far scomparire queste scene, non prestano attenzione alla realtà di chi stende la mano. E’ la povertà che bisogna eliminare e non chi è costretto dalla povertà a sopravvivere.

     
    D. – Eminenza, perché oggi si ha la sensazione che si voglia nascondere la povertà o comunque la manifestazione della povertà?

     
    R. – Io credo che questa sia una forma di egoismo. Nel Meridione si dice infatti: “Chi è sazio, non crede al digiuno”. Vogliamo guardare dall’altra parte, ci basta la nostra ricchezza, il nostro sviluppo e gli altri quasi non esistono. Questo è un grave, un grave difetto di chi ha raggiunto un livello di sviluppo e di ricchezza ed ha dimenticato la solidarietà, ha dimenticato che nel mondo esistono i poveri e che hanno bisogno.

     
    D. – Sono state le diverse le città in Italia che hanno adottato queste misure antiaccattonaggio e parliamo di città grandi, importanti e che hanno anche delle amministrazione di colore politico diverso…

     
    R. – Ogni amministratore pubblico, ogni politico dovrebbe sempre avere davanti la persona umana, la sua dignità sia esso un prigioniero, un carcerato, un condannato a morte, un povero. E’ sempre una persona con uguale dignità ed uguali diritti come ciascuno di noi. Se dimentichiamo questo, arriviamo allora a forme di intolleranza che cristianamente ed umanamente sono inammissibili. I poveri che stendono la mano molte volte non sono barboni, non sono accattoni. Molto spesso sono persone che non ce la fanno più ad andare avanti con il proprio stipendio o con quanto hanno a disposizione e quindi sono costretti a rivolgersi alla solidarietà degli altri. E dove sta l’amore cristiano?

     
    D. – E’ la povertà che cambia volto?

     
    R. – Sì, è la povertà che cambia volto e che ha tante espressioni. Molte volte si tratta di povertà che non hanno bisogno di un pezzo di pane o dell’euro per sopravvivere, sono le povertà psicologiche e che oggi sono forse più terribili della mancanza del pane.

     
    D. – Eminenza, lei è preoccupato da questa società?

     
    R. – Certamente. E questo perché è impiantata su questo relativismo che non è altro che egoismo!

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    Incidenti stradali. Mons Marchetto: cifre spaventose, segno di mancanza di rispetto della vita

    ◊   Drammatico crescendo di incidenti mortali sulle strade italiane e non solo. Il tempo delle vacanze purtroppo si trasforma per molti in vera e propria tragedia. Un anno fa il Pontificio Consiglio della Pastorale per i migranti e gli itineranti presentava gli “Orientamenti per la Pastorale della Strada”, con un decalogo per gli automobilisti. Massimiliano Menichetti ha chiesto all’arcivescovo Agostino Marchetto, segretario del dicastero vaticano, un bilancio sulla ricezione di questo documento:

    R. – Difficile fare un bilancio del primo anno. I tempi di ricezione dei documenti ecclesiali sono lenti nonostante il nostro entusiasmo a lanciare in orbita questo nuovo settore della Pastorale della mobilità umana nella sua specificità, che il Santo Padre ci ha affidato come Pontificio Consiglio della Pastorale per i migranti e gli itineranti. Posso dire che siamo ancora in gestazione di questo tipo di pastorale, anche se non è mancato l’interesse più vivo di qualche Conferenza episcopale, in relazione soprattutto per coloro che guidano. Un bell’esempio ci è venuto dal Brasile dove la Conferenza episcopale con l’appoggio governativo ha fatto stampare e poi distribuire una pubblicazione, 10 milioni di esemplari, dei cosiddetti comandamenti dell’autista. Perciò, risulta che forse sono stati i cosiddetti 10 comandamenti a suscitare di più l’interesse della stampa, anche se qualcuno ci ha scherzato su.

     
    D. – La Chiesa, dunque, in prima linea per formare le coscienze e scuotere il senso di responsabilità dei cosiddetti utenti della strada. Questo anche in Italia adesso che è un periodo di vacanza e purtroppo si registrano anche diversi incidenti sulle strade...

     
    R. – Che ci sia necessità anche da parte della Chiesa di creare una coscienza meglio formata risulta ancora più evidente in questi giorni di ferie. Le cifre sono spaventose. Si è detto che superano quelle delle morti bianche e giustamente ci si preoccupa molto.

     
    D. – Ogni anno nel mondo muoiono un milione e duecentomila persone sulle strade, cinquanta milioni i feriti. Cifre che fanno riflettere...

     
    R. – Purtroppo tutto questo è un segno della mancanza di rispetto della vita, che è proprio delle nostre società. Abbiamo bisogno dell’impegno di tutti perché in gran parte gli incidenti sono causati dal fattore umano. Forse la scuola dovrebbe fare di più per aiutare a essere prudenti, per sé e per gli altri. Anche la catechesi, la predicazione. Certo ci sono ancore zone della nostra anima da evangelizzare, una forse è quella dell’etica applicata alla strada.

     
    D. – Quali sono le sfide, i progetti per il futuro?

     
    R. – Faremo un incontro continentale in ottobre a Bogotà, in Colombia, per l’America Latina, in collaborazione col CELAM, sarà presente anche il Nordamerica, dedicando un giorno ad ognuno dei 4 sub-settori che appaiono negli orientamenti. La prima è dedicata agli automobilisti, ai camionisti e a chi viaggia in ferrovia. La seconda alle donne di strada. La terza ai ragazzi di strada. La quarta ai senza fissa dimora, ai senza tetto.

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    Memoria di Santa Chiara d'Assisi. Il suo messaggio: donare la vita a Cristo

    ◊   “Colloca il tuo cuore in Colui che è figura della divina sostanza e trasformati interamente, per mezzo della contemplazione, nell'immagine della divinità di Lui”. Così scriveva Santa Chiara d’Assisi che morì nel monastero di San Damiano l’11 agosto 1253, due giorni dopo aver ricevuto l’approvazione papale della sua regola. Erede dello spirito francescano, la fondatrice delle Clarisse amò profondamente il Santissimo Sacramento tanto che la sua ostensione salvò Assisi dai Saraceni. Ma cosa dice ancora oggi questa Santa al mondo? Benedetta Capelli lo ha chiesto a Suor Chiara Franca Bielli, abbadessa della comunità di clausura delle Clarisse di Santa Chiara di Roma:

    R. – Io credo quello che ha sempre detto e cioè che spendere la vita e donare la vita a Cristo sia la cosa più importante, anche se oggi il mondo non lo vuol sapere e non lo vuole ammettere. Credo che dare la vita al Signore sia la cosa più importante.

     
    D. – Come vivono oggi le Clarisse il messaggio di Santa Chiara in una vita organizzata controcorrente rispetto alla tecnologia, alla comunicazione immediata...

     
    R. – Anche noi usiamo i mezzi tecnici, però ricordando sempre che questo non ci deve portare più nel mondo. I principi della nostra vita, del silenzio, della preghiera, del ritiro devono prevalere sempre, anche se ci sono dei media che ci possono, se non stiamo attente, farci divagare.

     
    D. – Annunziare il Vangelo è la regola di vita consegnata da Chiara alle sorelle “spose dello Spirito Santo”. Come si può raggiungere questo obiettivo nella clausura?

     
    R. – Noi non andiamo ad annunciare il Vangelo per le strade, ma ciò che noi dobbiamo annunciare è ciò che viviamo: la gioia di appartenere a Cristo, di vivere in sostanza per il mondo, perché non è che siamo qui per vivere per noi, ma per Cristo, per Dio, per la Chiesa e per il mondo. Quindi, è questo il nostro modo di annunciare: la vita vissuta.

     
    D. – La regola di Santa Chiara è una regola per la prima volta scritta da una donna, con una sensibilità probabilmente nuova, rispetto al passato...

     
    R. – Sì, questo è vero. Diciamo però che Santa Chiara ha avuto questa illuminazione anche da San Francesco. Era innamorata della povertà, quindi, ha avuto il coraggio di scrivere la regola che era un disegno che il Signore aveva su di lei, è stata fedele. Era il suo amore grande per Cristo, perché Cristo era povero. In una lettera a Sant’Agnese di Praga, Santa Chiara dice che non dobbiamo avere paura o avere vergogna o desiderare ciò che Cristo non ha avuto: siamo spose di Cristo crocifisso e risorto. Il suo ideale era Lui e basta.

     
    D. – Giovanni Paolo II aveva definito Santa Chiara “una piccola pianta” all’ombra di San Francesco...

     
    R. – Sappiamo che la fondatrice delle Clarisse è stata Santa Chiara, ma diciamo sempre che San Francesco l’ha avviata e hanno vissuto quei momenti di scelta insieme. Questo diventa appunto una forza per il mondo, una forza per l’ordine, una forza per chi vuole mettersi in ascolto di questa spiritualità. E, infatti, tanta gente oggi vuol sapere qualcosa almeno di come noi viviamo, praticamente, per essere così felici. Solo se si è nella volontà di Dio e nella chiamata che Dio fa ad ognuna di noi si è felici.

     
    D. – Quale ancora oggi il valore di quella dimensione eucaristica così presente, così importante nella storia di Santa Chiara?

     
    R. – Certo, il valore più importante e più grande è questo, perché noi sappiamo che dal Tabernacolo, da Gesù Cristo, si riceve forza, grazia e amore. Se noi spendiamo la vita in questo, la spendiamo perché senza di Lui non possiamo far niente, non solo nella preghiera, ma sbucciandoci le ginocchia davanti a Gesù Eucaristia, per il bene dei fratelli, della Chiesa, del mondo, dell’ordine, delle missioni: solo da lì noi riceviamo la forza.

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    Chiesa e Società



    I vescovi dell'Africa meridionale: grave crisi morale dietro la crisi socio-economica

    ◊   Impennata dei prezzi di carburante e generi alimentari, aumento dell’inflazione e della disoccupazione, dilagare di xenofobia e violenza: è sempre più critica la situazione economica, sociale e politica nell'Africa meridionale, come è stato denunciato con forza in questi giorni dal SACBC, la Conferenza episcopale che riunisce Botswana, Swaziland e Repubblica del Sudafrica. Iniziati mercoledì scorso, i lavori dell’assemblea plenaria dei vescovi si chiuderanno domani nella città di Marianhill, e – informa l’Osservatore Romano – si sono focalizzati principalmente sulla crisi morale e materiale che sta investendo il Sud del continente. Il presidente della Conferenza e arcivescovo di Johannesburg, mons. Buti Joseph Tlhagale, ha lanciato un forte appello “affinché la politica prenda in mano le redini dell’Africa meridionale, dove il divario tra ricchi e poveri si fa sempre più grande”, ribadendo come “al centro di questa crisi politica incombente vi sia una crisi dei valori morali”. Da qui l’esigenza che la Chiesa metta a punto una progettazione strategica e un programma d’azione che si fondi anche su una collaborazione ecumenica e interconfessionale. Di fronte all’impunità che pervade i Paesi rappresentati dai vescovi presenti e alla perdita di fiducia nella leadership a tutti i livelli della società, la missione della Chiesa è proclamare la speranza, “specialmente laddove la disperazione incomincia ad alzare la testa”. Mons. Tlhagale ha quindi invitato l’assemblea ad interrogarsi sulle cause che hanno determinato negli ultimi anni una diminuzione della presenza cattolica in Africa meridionale e l’ha esortata a “lavorare di più per coinvolgere i nostri fedeli” e ad adottare “al più presto un nuovo approccio per portare la gente in Chiesa”. (S.G.)

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    A Lourdes il pellegrinaggio nazionale francese animato dai Padri Assunzionisti

    ◊   Sono 22 mila i fedeli che ieri hanno iniziato ad affluire a Lourdes da tutto il mondo per prendere parte al 135.mo Pellegrinaggio nazionale francese animato dai Padri Assunzionisti. A presiedere l’evento, che si colloca tra le iniziative giubilari per il 150.mo anniversario delle apparizioni mariane, mons. Jacques Perrier, vescovo di Tarbes e Lourdes. La speciale ricorrenza vede la partecipazione di delegazioni dall’America (Stati Uniti, Costa Rica, Cile, Guyana), dall’Asia (Corea, Vietnam, Filippine), dall’Africa e da altri Paesi europei, tra cui Spagna, Gran Bretagna, Bulgaria, Russia; saranno presenti, fra gli altri, il cardinale Jean-Baptiste Pham Minh Mân, arcivescovo di Thàn-Phô Hô Chin Minh, mons. Emmanuel Lafont, vescovo di Cayenne, e il vescovo Louis-Armel Pelâtre, vicario apostolico di Istanbul. Al centro del pellegrinaggio, il tema dell’Eucaristia, sintetizzato dal motto “Resta con noi Signore!”, che caratterizzerà tutti i momenti liturgici, le conferenze e i dibattiti in programma fino a sabato prossimo. Il primo della lunga serie di pellegrinaggi francesi si svolse nel luglio 1873, 15 anni dopo le apparizioni della Vergine a Bernadette; venne denominato “nazionale”, poiché desiderava porsi come iniziativa spirituale dell’intera Nazione francese radunata ai piedi di Maria, per affidare la Francia e i suoi abitanti alla Sua materna intercessione. (S.G.)

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    Dopo 60 anni a Pechino celebrata la Santa Messa da un sacerdote straniero

    ◊   In questi giorni, segnati in Cina dallo straordinario appuntamento dei Giochi Olimpici, Pechino è teatro di un altro evento di grande rilievo: tre sacerdoti hanno ottenuto il permesso di celebrare la Messa in lingua straniera. Don Carlo D’Imporzano domenica 27 luglio ha presieduto la Santa Messa in lingua italiana e spagnola. Altri due sacerdoti celebreranno in tedesco, francese e coreano. Si andrà avanti – rende noto l’Osservatore Romano – fino al 20 settembre, cioè fino al termine della Paralimpiadi, i giochi per le persone disabili, che seguiranno le Olimpiadi. Dopo circa 60 anni – spiega padre Carlo D’Imporzano in un’intervista rilasciata a sussidiario.net - un sacerdote straniero può celebrare nella chiesa più centrale di Pechino, a 800 metri dalla piazza Tienammen e a circa un chilometro dalla residenza del presidente cinese. “A noi – aggiunge – sembra un fatto di relativa importanza, mentre nella mentalità cinese è un episodio assolutamente straordinario”. “Anche perché – afferma il sacerdote – Pechino è sempre stata la città dell’imperatore, dove dimoravano solo i suoi fedelissimi: la corte e i cortigiani”. Per spiegare i fattori che consentito questa apertura, don Carlo D’Imporzano parla in primo luogo di fiducia: “Grazie ai rapporti sviluppati in quest’ultimo decennio – fa notare il sacerdote – si è creato un clima di fiducia reciproca per cui si possono anche rischiare gesti in altri periodi impensabili”. Si dà credito alla Chiesa - aggiunge – e ai suoi rappresentanti di volere un rapporto sincero, costruttivo e positivo”. La seconda parola è collaborazione: “Si è riconosciuto che ciascuno, nel proprio ambito e nel rispetto della propria identità e autonomia, cerca il bene comune”. C’è la coscienza chiara – conclude padre Carlo D’Imporzano – di essere all’alba di una nuova era: come quel piccolo rigonfiamento nel ramo che precede l’apparire della gemma, si vede un nuovo momento storico e la Chiesa è il nuovo virgulto nel mondo”. (A.L.)

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    America Latina: migliaia le desaparecidas coinvolte nella tratta di esseri umani

    ◊   Trent’anni fa il termine era usato per riferirsi ai dissidenti politici “svaniti” nelle prigioni segrete di dittature sanguinarie. Oggi il termine desaparecidos in America Latina viene declinato al femminile e indica le migliaia di donne che ogni anno cadono nella rete dei trafficanti di esseri umani. Gruppi criminali, diffusi in tutto il Continente, che reclutano con l’inganno o la violenza le adolescenti delle zone più povere, per trasformarle in “schiave del sesso”. Secondo la ONG “Coalicion contra el trafico de mujeres y ninas” - informa Avvenire - potrebbero essere 700mila le ragazze sudamericane, tra i 14 e i 25 anni attratte dalla prospettiva di un lavoro e di una speranza nel futuro e risucchiate nel mercato clandestino della prostituzione. Desaparecidas, appunto. L’America Latina è una delle zone del mondo con il più alto tasso di tratta di esseri umani. Una parte delle vittime -circa 100mila - finisce a riempire i postriboli illegali di Europa, Stati Uniti, Giappone o Israele. Il resto - la maggioranza - non attraversa l’Oceano. Tantissime giovani vengono, infatti, trasportate in altre province dello stesso Paese o in nazioni limitrofe. Per arginare l’emergenza, i governi del Continente hanno cercato negli ultimi anni di varare leggi contro l’odioso traffico, ratificando tutte, con l’eccezione di Cuba, la Convenzione ONU contro la criminalità organizzata transazionale e il relativo Protocollo anti-tratta e inasprendo le pene per i trafficanti. Ma, denuncia la ONG, è assolutamente insufficiente: la tratta non è diminuita negli ultimi anni. Anzi, quella interna è in rapido aumento e in molti casi causa la morte delle ragazze o, terminato il periodo utile allo sfruttamento, la loro condanna a una vita di miseria e emarginazione. (S.G.)

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    Somalia: a Mogadiscio urgono medicinali, mentre ovunque continuano gli scontri

    ◊   Un appello alla comunità internazionale per ottenere urgentemente forniture di medicinali necessari a circa 60 pazienti dell’ospedale Medina di Mogadiscio. A lanciarlo il portavoce della struttura Dahir Mohammad che, attraverso un’emittente iraniana, ha chiesto anche attrezzature indispensabili per lo svolgimento del lavoro ospedaliero. Situato nella zona sud della città, il Medina è uno dei principali centri sanitari della Somalia, dove da mesi sono in corso violenti scontri tra i miliziani integralisti islamici e le forze filo-governative, scontri che coinvolgono drammaticamente la popolazione. L’ultimo episodio di violenza stamattina, ancora a Mogadiscio: raggiunto da un ordigno esplosivo di natura imprecisata, un mezzo blindato dell’esercito etiopico in pattugliamento a Sinka Dheera, alla periferia sud della città, ha cominciato a sparare all’impazzata; secondo testimoni oculari – informa la MISNA – tra i militari etiopici vi sarebbero alcune vittime ma nessun bilancio ufficiale è stato reso noto finora sull’eventuale numero complessivo di vittime; ieri sera diversi colpi di mortaio avevano colpito una ex prigione nella periferia est, ora utilizzata come base dalle truppe di Addis Abeba. Residenti locali hanno riferito che la reazione dei soldati era stata immediata con colpi di mortaio e granate contro alcune aree abitate, in particolare nei pressi della ex-centrale del latte e del mercato di Bakara. (S.G.)

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    Si è chiuso in Perù il Congresso dei giovani cattolici

    ◊   Centinaia di ragazzi peruviani hanno preso parte al IV Congresso nazionale di giovani cattolici che si è concluso ieri nella città di Huánuco. Gli organizzatori – informa l’Osservatore Romano – hanno spiegato che obiettivo dell’incontro è stato "creare nelle nuove generazioni una coscienza sul loro ruolo da protagonisti nella missione continentale", alla luce dell’impegno assunto lo scorso anno ad Aparecida, in Brasile. L’appuntamento ha voluto, inoltre, sostenere i giovani nel processo vocazionale e preparare i giovani laici ad assumersi degli impegni di fronte alle sfide del tempo presente. Numerose le tematiche affrontate. In particolare: "Il giovane cristiano è discepolo di Gesù Cristo, alla luce delle Sacre Scritture e di Aparecida"; “I giovani e la pastorale vocazionale nei processi educativi e nella fede"; "Cristo ama, chiama e manda: missionario di Gesù Cristo in Perù e nel mondo; "I giovani alla luce del magistero e la dottrina sociale della Chiesa". Il congresso si è apertto giovedì scorso con la Santa Messa presieduta dal vescovo di Huánuco, mons. Jaime Rodríguez Salazar e concelebrata da decine di sacerdoti peruviani. (S.G.)

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    Sul Gran Sasso l'antico canto del Magnificat parla i linguaggi dell'arte contemporanea

    ◊   È il Magnificat, il canto della Vergine Maria in risposta al saluto della cugina Elisabetta, il tema conduttore della XIII Biennale d’Arte sacra contemporanea allestita nel Santuario di San Gabriele ad Isola del Gran Sasso, nel Teramano a 400 metri di quota. Un appuntamento – informa Avvenire – ormai classico nel panorama artistico, religioso e contemporaneo italiano, realizzato dalla Fondazione Stauròs sotto l’alto patronato del presidente della Repubblica italiana e con il patrocinio della Pontificia Commissione per i beni culturali della Chiesa. Responsabile dell’evento mons. Carlo Chenis, vescovo di Civitavecchia-Tarquinia e membro della Pontificia Commissione di archeologia sacra. Puntando a coinvolgere più persone e al fine di ispirare nuove produzioni, quest’anno si è scelto di invitare a collaborare critici di diversa estrazione culturale: il risultato è la produzione di oltre cento opere realizzate da settantacinque artisti tra cui Bruno Ceccobelli, Stefania Fabrizi, Omar Galliani, Oliviero Rainaldi ed Enrico Savelli. All’interno del Museo Stauròs e negli spazi circostanti il Santuario è così possibile vedere (sino al 5 ottobre – l’inaugurazione è avvenuta il 2 agosto scorso) il frutto del lavoro degli artisti; in parte si tratta di installazioni.  Per informazioni sull’esposizione, visitabile tutti i giorni, escluso il lunedì, si può contattare lo 0861.975727 o visitare il sito web www.stauros.it.(S.G.)

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    USA: Greensburg rinasce, dopo la devastazione del 2007, interamente ecosostenibile

    ◊   Poco più di un anno fa, nel maggio del 2007, il piccolo paese statunitense di Greensburg, in Kansas, è stato devastato quasi interamente da un tornado forza cinque, la cui ampiezza ha raggiunto i 3 km, uccidendo 11 persone. Oggi quella stessa cittadina devastata dal global warming, rinasce ed è interamente ecosostenibile: la forza dei suoi abitanti è stata più grande del disastro. La comunità ha messo a punto un progetto di ricostruzione che seguisse i criteri di design e architettura sostenibile ed implicasse l’utilizzo di sole fonti di energia rinnovabili, materiali ecocompatibili, sfruttando al massimo tutti i criteri di risparmio ed efficienza energetica. Greensburg, la città verde, è il nome originario di questa località – informa il sito Korazym.org – nome che ora acquista un significato veramente importante: rappresenta la volontà degli americani di combattere il global warming, il cui simbolo per eccellenza sono i tornado, e la maggiore consapevolezza del Paese sulle tematiche ambientali. Greensburg sarà, infatti, la prima città negli Stati Uniti costruita interamente sulla base del sistema di Certificazione Energetica degli Edifici (LEED), che implica l’utilizzo di fonti rinnovabili, la riduzione dei rifiuti, il miglioramento della qualità dell’aria e dell’acqua, con una conseguente riduzione dell’impatto ambientale degli edifici. (S.G.)

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    24 Ore nel Mondo



    Referendum in Bolivia: Morales confermato presidente

    ◊   Nel referendum revocatorio che si è svolto ieri, in Bolivia, il presidente Evo Morales esce rafforzato con il 63% dei consensi, un 8% in più rispetto ai voti ottenuti, quando è stato eletto presidente, ma al tempo stesso i prefetti dei quattro dipartimenti "ribelli" (Santa Cruz, Beni, Pando e Tarija), sono stati riconfermati dall'elettorato, a pochi mesi dall'aver realizzato referendum indipendentisti non riconosciuti dal governo di La Paz. Il punto della situazione nel servizio di Luis Badilla:

    E così, come era prevedibile, poco o nulla si è risolto e le prime dichiarazioni sia di Morales sia dei prefetti che capeggiano l'opposizione, non sono incoraggianti per quanto riguarda il dialogo e la ricerca d’intese, auspicato da più parti tanto all’interno quanto all’estero. La minaccia del prefetto di Santa Cruz di indire le elezioni per eleggere il primo governatore autonomo e la risposta di Morales che annuncia intransigenza nel cammino delle riforme, sembrano confermare un’ulteriore polarizzazione del Paese. Ora tutti si proclamano vincitori e ciascuna delle parti, da posizioni di forza, si prepara per affrontare un nuovo referendum, quello che dovrebbe approvare o rifiutare la nuova Costituzione già approvata in Parlamento. Con questa prospettiva la situazione boliviana è sempre più delicata anche perché, in questi anni di radicalizzazione politica, è stato pagato già un alto prezzo in vite umane. In America Latina, in particolare nelle nazioni confinanti con la Bolivia, crescono le preoccupazioni e si moltiplicano gli appelli in favore del dialogo che, tra l’altro, da due anni impegna la Chiesa boliviana e, in particolare, il cardinale Julio Terrazas, arcivescovo di Santa Cruz e presidente dell’episcopato.

     
    Pakistan
    Il presidente del Pakistan, Perwez Musharraf, “non intende rassegnare le dimissioni”, ma “affronterà la mozione di impeachment con spirito democratico”. Così, il suo portavoce, Rashid Qureshi, alla vigilia della seduta straordinaria dell'assemblea nazionale di oggi per l'avvio della complessa procedura che dovrebbe portare, entro pochi giorni, alla formulazione di un atto di accusa contro Musharraf. Qureshi non ha, però, rivelato in che modo Musharraf risponderà alla procedura di impeachment, portata avanti dai partiti della coalizione governativa che si sono accordati per una sua destituzione. L’ex generale, salito al potere nel 1999 con un colpo di Stato, risulta sempre più isolato: oggi, il ministro della Giustizia ha ribadito che Musharraf ha violato la costituzione e lo ha invitato a dimettersi per evitare l’impeachment. Intanto, sul terreno proseguono aspri combattimenti nella regione tribale di Bajaur, che nei giorni scorsi hanno provocato oltre cento morti tra le fila talebane. Oggi, altri 20 miliziani integralisti sono stati uccisi dalle truppe regolari in un duro scontro a fuoco.

    Medio Oriente
    Proseguono in Medio Oriente gli sforzi per trovare una soluzione alla crisi. Ahmed Qurie, il capo dei negoziatori palestinesi nelle trattative con Israele, ha riferito ieri che l’Autorità nazionale potrebbe chiedere la formazione di uno Stato binazionale se i dirigenti dello Stato ebraico dovessero continuare a non accettare i confini proposti per un nuovo Stato indipendente. Qurie ha poi spiegato che la formula dei due Stati può essere accettata solo se Israele si ritira da tutti i territori occupati. Tel Aviv si è sempre opposta alla soluzione dello Stato binazionale, reputando che "l’assorbimento" di milioni di palestinesi potrebbe compromettere la sua caratteristica di Stato a maggioranza ebraica.

    Appello Al-Zawahiri al Pakistan
    È tornato a farsi sentire il numero due di Al Qaeda, Ayman al-Zawahiri, che ha incitato alla guerra santa il Pakistan in un video registrato per la prima volta in inglese. Nel suo messaggio, al-Zawahiri invita la popolazione a sostenere la jihad in Pakistan ed elenca una serie di accuse contro il governo pakistano e l'impegno americano nel Paese.

    Afghanistan
    Ennesima strage di civili in Afghanistan dove otto persone sono morte nella provincia di Uruzgan, nel sud del Paese, a seguito di un raid contro i talebani condotto da aerei della coalizione a guida statunitense. Fonti militari USA riferiscono che nell'attacco sono stati uccisi anche 25 miliziani ribelli. Sul fronte della lotta al terrorismo si registra intanto un’importante vittoria conseguita dalle truppe australiane con la cattura del comandante talebano, Mullah Bari Ghul, a cui è attribuita l'organizzazione di un'ondata di letali attacchi nella provincia meridionale di Oruzgan. L’arresto di questa figura di spicco della guerriglia è avvenuto la scorsa settimana, ma è stato reso noto solo oggi dal dipartimento della Difesa australiano, che ha precisato che nessuno è rimasto ferito nell’operazione.

    Filippine
    Escalation militare nelle Filippine, dove l’aviazione ha bombardato le postazioni dei ribelli musulmani per il secondo giorno di seguito nel sud del Paese. Si teme ora il disastro umanitario: circa 130 mila persone sarebbero in fuga dai combattimenti. Il bilancio provvisorio dei bombardamenti è di un soldato e due ribelli morti, e di circa dodici feriti tra le truppe regolari.

    Immigrazione: sbarchi
    Proseguono senza sosta gli sbarchi dei migrati a Lampedusa. Questa notte sono approdati gli 88 extracomunitari soccorsi ieri sera dalla Guardia costiera a 70 miglia a sud dell’isola a bordo di un barcone alla deriva. Tra gli irregolari ci sono 34 donne; dopo l'identificazione, sono stati trasferiti nel centro di primo soccorso di Lampedusa.

    Zimbabwe
    Sono ripresi ad Harare i colloqui per un accordo sulla spartizione del potere nello Zimbabwe, tra il presidente Robert Mugabe e l’opposizione guidata da Morgan Tsvangirai. Parlando ad un gruppo di sostenitori, Mugabe ha detto che la maratona di negoziati della scorsa notte si è soffermata su alcuni “piccoli ostacoli”. Il presidente sudafricano Mbeki che supervisiona i negoziati ha intanto esortato le parti a continuare a dialogare. (Panoramica internazionale a cura Marco Guerra)


    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LII no. 224
     
    E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sulla home page del sito www.radiovaticana.va

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