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Sommario del 08/08/2008

Il Papa e la Santa Sede

  • Pubblicato dalla Sala Stampa vaticana il testo integrale del dialogo del Papa con il clero nel Duomo di Bressanone
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • Spettacolare cerimonia di inaugurazione delle Olimpiadi di Pechino
  • Il golpe in Mauritania: intervista con padre Aldo Giannasi
  • Alla Conferenza mondiale sull'AIDS, la preoccupante situazione dei bambini affetti da Hiv nei Paesi poveri
  • 400 anni fa la pubblicazione della Filotea di San Francesco di Sales per aiutare i laici a vivere la fede nel quotidiano
  • Chiesa e Società

  • Giochi olimpici: la testimonianza del vescovo coadiutore di Hong Kong
  • Dichiarazione dei vescovi del Paraguay alla vigilia dell'insediamento del presidente Fernando Lugo
  • Bolivia: appello dei vescovi in vista del referendum di domenica
  • Filippine: soddisfazione dei vescovi per il blocco degli accordi tra governo e Fronte islamico Moro
  • Sri Lanka: le violenze impediscono il pellegrinaggio al santuario di Nostra Signora di Madhu
  • Zanzibar: il vescovo pensa ad un rilancio dell'agricoltura e chiede aiuti per le scuole
  • Il cardinale Martino: “combattere il racket dell'elemosina senza ledere il diritto di chiedere aiuto”
  • Giudizio positivo di ONU e Unione Africana sulle condizioni politico-sociali in Togo
  • Arezzo: disagio giovanile e immigrazione al centro delle celebrazioni per la festa di San Donato
  • La Chiesa celebra la memoria di San Domenico di Guzmán, fondatore dell’Ordine dei Frati Predicatori
  • 24 Ore nel Mondo

  • La Georgia attacca la regione filorussa dell’Ossezia del Sud. L'intervento di Mosca
  • Il Papa e la Santa Sede



    Pubblicato dalla Sala Stampa vaticana il testo integrale del dialogo del Papa con il clero nel Duomo di Bressanone

    ◊   Ultimi giorni per Benedetto XVI a Bressanone: domani pomeriggio il Papa riceverà la Cittadinanza onoraria della città altoatesina. Domenica alle 12.00 guiderà l’Angelus in Piazza Duomo. Lunedì sera il rientro a Castelgandolfo. Oggi intanto la Sala Stampa vaticana ha pubblicato il testo integrale del lungo dialogo del Papa con il clero, svoltosi mercoledì scorso nella Cattedrale di Bressanone. Ieri abbiamo dato una sintesi di due delle sei risposte del Pontefice, quelle in italiano. Oggi diamo conto di altre due risposte di Benedetto XVI, in tedesco, sulla testimonianza dello Spirito Santo dopo la GMG di Sydney e sul rapporto tra Creazione e Redenzione. Ce ne parla Sergio Centofanti.

    Benedetto XVI risponde alla domanda di un seminarista che ha partecipato alla Giornata mondiale della gioventù di Sydney: come vivere e testimoniare nel quotidiano la forza dello Spirito Santo sperimentata durante gli indimenticabili giorni della GMG? Ecco la risposta del Papa:

     
    "Nun, allein können wir es natürlich nicht. ...
    Certamente, da soli non ne siamo in grado. Alla fine, è il Signore che ci aiuta, ma noi dobbiamo essere strumenti disponibili. Direi semplicemente: nessuno può dare quello che non possiede personalmente, cioè: non possiamo trasmettere lo Spirito Santo in modo efficace, renderlo percepibile, se noi stessi non gli siamo vicini. Ecco perché io penso che la cosa più importante sia che noi stessi rimaniamo, per così dire, nel raggio del soffio dello Spirito Santo, in contatto con lui. Soltanto se saremo continuamente toccati interiormente dallo Spirito Santo, se Egli ha la sua presenza in noi, soltanto allora possiamo anche trasmetterlo ad altri, Egli allora ci dà la fantasia e le idee creative sul come fare; idee che non si possono programmare ma che nascono nella situazione stessa, perché lì lo Spirito Santo sta operando".

     
    Per il Papa accanto alla dimensione spirituale c’è da considerare la dimensione umana: se viviamo con Cristo – afferma – anche le cose umane ci ci riusciranno bene:

     
    "Der Glaube ist ja nicht nur das Übernatürliche, sondern er baut den Menschen ...
    Infatti, la fede non comporta solo un aspetto soprannaturale, essa ricostruisce l’uomo riportandolo alla sua umanità, come mostra quel parallelo tra la Genesi e Giovanni 20; essa si basa proprio sulle virtù naturali: l’onestà, la gioia, la disponibilità ad ascoltare il prossimo, la capacità di perdonare, la generosità, la bontà, la cordialità tra le persone. Queste virtù umane sono indicative del fatto che la fede è veramente presente, che noi veramente siamo con Cristo. E credo che dovremmo fare molta attenzione, anche per quanto riguarda noi stessi, a questo: far maturare in noi l’autentica umanità, perché la fede comporta la piena realizzazione dell’essere umano, dell’umanità. Dovremmo far attenzione a svolgere bene ed in maniera giusta le cose umane anche nella professione, nel rispetto del prossimo, preoccupandoci del prossimo, che è il modo migliore per preoccuparci di noi stessi".

     
    Un altro sacerdote gli ha posto la domanda sul rapporto tra Creazione e Redenzione e quindi sulla testimonianza dei cristiani nell’ambito della salvaguardia del Creato: un rapporto – ha spiegato il Papa – inscindibile:

     
    "Die Schöpfungslehre war in den letzten Jahrzehnten in der Theologie fast ...
    Negli ultimi decenni, la dottrina della Creazione era quasi scomparsa in teologia, era quasi impercettibile. Ora ci accorgiamo dei danni che ne derivano. Il Redentore è il Creatore e se noi non annunciamo Dio in questa sua totale grandezza – di Creatore e di Redentore – togliamo valore anche alla Redenzione. Infatti, se Dio non ha nulla da dire nella Creazione, se viene relegato semplicemente in un ambito della storia, come può realmente comprendere tutta la nostra vita? Come potrà portare veramente la salvezza per l’uomo nella sua interezza e per il mondo nella sua totalità?".

     
    Quindi il Papa risponde a quanti accusano i cristiani di esprimere una dottrina che giustifica lo sfruttamento dell’ambiente a partire dalla frase della Genesi: “Soggiogate la terra”. Il vero compito dei cristiani – spiega – è invece quello di essere custodi della Creazione:

     
    "Wenn wir anschauen, was im Umkreis der Mönchsklöster gewachsen ist, ...
    Se osserviamo quello che è nato intorno ai monasteri, come in quei luoghi siano nati e continuino a nascere piccoli paradisi, oasi della creazione, si rende evidente che tutto ciò non sono soltanto parole, ma dove la Parola del Creatore è stata compresa nella maniera corretta, dove c’è stata vita con il Creatore redentore, lì ci si è impegnati a salvare la creazione e non a distruggerla. In questo contesto rientra anche il capitolo 8 della Lettera ai Romani, dove si dice che la creazione soffre e geme per la sottomissione in cui si trova e che attende la rivelazione dei figli di Dio: si sentirà liberata quando verranno delle creature, degli uomini che sono figli di Dio e che la tratteranno a partire da Dio. Io credo che sia proprio questo che noi oggi possiamo constatare come realtà: il creato geme – lo percepiamo, quasi lo sentiamo – e attende persone umane che lo guardino a partire da Dio. Il consumo brutale della creazione inizia dove non c’è Dio, dove la materia è ormai soltanto materiale per noi, dove noi stessi siamo le ultime istanze, dove l’insieme è semplicemente proprietà nostra e lo consumiamo solo per noi stessi".

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   L’incontro tra Benedetto XVI e il clero di Bolzano-Bressanone

    La cittadinanza onoraria di Bressanone al Papa: sabato pomeriggio il conferimento da parte del sindaco “per l’impegno nella promozione del dialogo tra le religioni”

    Il testo della lettera che Benedetto XVI ha fatto pervenire al cardinale francescano Cláudio Hummes, prefetto della Congregazione per il Clero, in occasione del 50.mo anniversario dell’ordinazione sacerdotale

    Nell’informazione internazionale, in primo piano le Olimpiadi a Pechino: la spettacolare cerimonia di apertura nello stadio “Nido d’Uccello”. In rilievo anche la situazione in Ossezia: la Russia contrattacca dopo l’offensiva della Georgia contro la regione separatista

    “Custodi di segreti e di confidenze affidati al rumore delle acque”. Nicola Gori intervista Vittorio Scaccioni, botanico e agronomo del Servizio giardini del Governatorato, sulla storia e l’arte delle 99 fontane dei Giardini vaticani

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    Oggi in Primo Piano



    Spettacolare cerimonia di inaugurazione delle Olimpiadi di Pechino

    ◊   Tripudio di luci, rulli di tamburi, musica, danze e fuochi di artificio alla spettacolare cerimonia di apertura dei Giochi Olimpici di Pechino. Il servizio di Fausta Speranza.

     
    La Cina e il popolo cinese hanno ''mantenuto gli impegni presi'' nel 2001 per i Giochi Olimpici. Queste parole delle ultime ore del presidente cinese Hu Jintao riecheggiano alle prime emozioni della sfavillante inaugurazione e sembra davvero che oltre alle impeccabili strutture, spettacolo e magia siano stati assicurati a questa immaginifica cerimonia di apertura delle Olimpiadi 2008. Ascoltiamo da Flaminia Rosati quale atmosfera abbia atteso le 8 e 08 dell’8,8,2008 allo stadio Nido d’uccello, un orario scelto per il significato di buon auspicio del numero 8:

     
    R. - L’esigenza di mostrarsi, che è poi tipica di tutte le cerimonie olimpiche probabilmente qui c’è molto di più, perché il mondo arriva per la prima volta. Il quotidiano China Daily ha aperto oggi con il titolo “Welcome, world”, Benvenuto mondo.

     
    D. – Sembra proprio, dunque, che la tensione, che è stata finora la parola chiave, abbia lasciato il passo all’entusiasmo tipico di ogni inaugurazione olimpica...

     
    R. – L’impressione è proprio questa. Poi certo le misure di sicurezza si sono viste per tutta la città e oggi si vedono qua fuori, si vedono sopra lo stadio, ma questo è tipico di tutte le città olimpiche, non è un fatto straordinario. Forse sì, c’è qualcosa di particolare, misure super straordinarie, ma credo che sarà sempre maggiore ogni volta che ci sarà un’Olimpiade nuova, perché le procedure anche tecnologiche diventano più raffinate e tutti provano a fare meglio, perché chiaramente l’attenzione del mondo sarà catalizzata sempre sull’apertura. Qui in particolare ci sono gli occhi puntati del mondo.

     
    In questo momento rivendicazioni o polemiche di ogni sorta sembrano sfumate, con i fumi dello smog: a Pechino l’inquinamento risulta moderato e l’ozono sotto i livelli di guardia. L’attenzione di tutto il mondo è alle esibizioni artistiche cui assistono personalmente i rappresentanti ai massimi livelli di tutte le principali potenze del mondo, a parte le defezioni illustri del primo ministro inglese Gordon Brown (che ci sarà però per la chiusura) e del cancelliere tedesco Angela Merkel. In tribuna, accanto al presidente cinese Hu Juntao e al primo ministro Wen Jiabao, il presidente degli Stati Uniti George W.Bush, il presidente francese Nicolas Sarkozy, il primo ministro giapponese Yasuo Fukuda, il principe ereditario di Spagna Felipe accompagnato dalla moglie e dal ministro degli Esteri di Madrid Miguel Angel Moratinos. Rappresentanza ai massimi livelli anche per l'Italia: dopo la defezione del presidente del Consiglio Silvio Berlusconi, che ha rinunciato di fronte ad un lungo viaggio particolarmente faticoso date le condizioni climatiche della capitale cinese, a rappresentare il nostro Paese sarà infatti il titolare della Farnesina Franco Frattini. Per i potenti, l’arrivo è stato in una città superblindata e spaventata dalle eco terroristiche giunte dalle province islamiche. Del presidente USA Bush, da ieri a Pechino, bisogna dire che ha rinnovato le sue critiche alla Cina, chiedendo ''libertà d'espressione'' all’inaugurazione della nuova sede dell'Ambasciata americana, nei pressi di piazza Tienanmen.

     
    Ma la sfida di queste Olimpiadi sta proprio nel riuscire a passare dal piano della politica a quello dello sport. Da sempre le Olimpiadi hanno voluto essere un momento di sospensione sul piano delle competizioni sportive ma fino all’ultimo l’edizione 2008, a torto o a ragione, ha faticato a farlo. Cerchiamo di avvicinarci allo spirito sportivo con le parole di don Mario Lusek, direttore dell’Ufficio della CEI per la pastorale del Tempo Libero, Turismo e Sport, cappellano della squadra azzurra ai Giochi di Pechino. Giancarlo La Vella gli ha chiesto quali sono le immagini forti di questo inizio Olimpiadi 2008:

     
    R. – E’ il simbolo che parla moltissimo e che a noi è molto congeniale: i cinque cerchi olimpici che rappresentano i cinque continenti e l’amicizia che unisce i popoli della terra. Attraverso questo simbolo, quindi, si esprime la coralità e la convivialità di tutto il genere umano: le barriere scompaiono e le identità vengono manifestate soltanto con il segno della bandiera, segno più di unità che non di distinzione dagli altri.

     
    D. – Come avete vissuto i momenti che hanno preceduto l’apertura ufficiale dei giochi?

     
    R. – La vita del villaggio è una vita molto intensa. La maggior parte dei ragazzi si è preparata continuando gli allenamenti e poi c’è una grande familiarità, fatta di incontri, di scambi, di momenti aggregativi, di momenti di confronto attraverso diverse iniziative, comprese anche le celebrazioni liturgiche che abbiamo vissuto nella prima domenica di agosto e che continueremo a vivere nelle domeniche a seguire comunitariamente qui all’interno del Villaggio. La cosa simpatica della vita del villaggio è proprio la normalità: ci incontriamo quotidianamente con persone che sono miti, campioni, personaggi anche mediatici. Ma qui scompare tutto quello che è il mito e si incontra l’uomo, la persona, con la quale si riesce a familiarizzare con una facilità incredibile, con la quale si entra in contattato in atteggiamento di amicizia e di condivisione veramente concreta, veramente operativa e percepibile immediatamente.

     
    D. – Don Mario Lusek, il suo ruolo…

     
    R. – Un po’ di ansia e di emozioni ce l’avevo dentro, ma l’accoglienza da parte di tutto il team, di tutto lo staff del CONI ha facilitato il mio inserimento. Ci sono stati anche degli incontri diretti con alcune persone. Ci giungono molti messaggi, che io cercherò di trasmettere quanto prima, nel nome di padre Matteo Ricci, amico della Cina, amico del popolo cinese, grande figura di gesuita, che può essere un altro ponte di dialogo e di incontro tra questo grande Paese e il resto del mondo e soprattutto per quanto riguarda noi cristiani per favorire la libertà religiosa.

     
    Bisogna riferire infine, di un nuovo video di Al Qaeda con minacce ai Giochi. E di manifestazioni anticinesi a Kathmandu, capitale del Nepal, con scontri con la polizia e arresti. O di tante altre iniziative come quella che coinvolge il sindaco di Roma Gianni Alemanno che ha ricevuto questa mattina in Campidoglio, nella Sala delle Bandiere, una delegazione di monaci tibetani e una rappresentanza della Laogai Research Foundation, che si batte da anni contro la tortura e i Laogai, campi di lavoro forzato per i prigionieri politici in Cina.

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    Il golpe in Mauritania: intervista con padre Aldo Giannasi

    ◊   In Mauritania il deposto presidente, arrestato in seguito al golpe di mercoledì scorso, è stato trasferito da uomini della Guardia presidenziale nel Palazzo dei Congressi. Ieri, intanto, è comparso in pubblico per la prima volta il generale Mohamed Ould Abdel Aziz, leader della giunta che ha preso il potere nello Stato africano. Aziz ha promesso di “risolvere tutti i problemi” del Paese e ha annunciato, prima possibile, elezioni “libere e trasparenti”. Ma ci sono stati segnali di tensione politica che hanno preceduto questo golpe? Amedeo Lomonaco lo ha chiesto a padre Aldo Giannasi, sacerdote dei Padri Bianchi, missionario in Mali da 40 anni:

    R. – Questo colpo di Stato ha sorpreso un po’ tutti gli osservatori. La sola cosa particolare è che prima del colpo di Stato, il lunedì precedente, un gruppo di senatori e parlamentari aveva dato le dimissioni dal partito al potere; forse la Mauritania non ha ancora avuto la possibilità di fare un’esperienza democratica che dal vertice passi alla base.

     
    D. – La Mauritania è oggi al centro dell’attenzione mediatica per il golpe della giunta militare. Ma quali sono, oltre a questo sconvolgimento politico, le questioni e i problemi centrali legati a questo Stato?

     
    R. – La Mauritania è un Paese desertico, un Paese che è attaccato, direi aggredito crudelmente sia dallo shock petrolifero, sia dalla salita continua dei prezzi relativi alle derrate alimentari, che poi in Mauritania sono quasi tutte importate. C’è una certa ricchezza nel Paese: il fosfato, il ferro e, in futuro prossimo, anche il petrolio. Sono cose che ancora sono in mano soltanto ad alcune società e quindi non portano quel benessere che ci si potrebbe aspettare. E’ difficile, quindi, comprendere i motivi veri che hanno portato a questo nuovo colpo di Stato.

     
    D. – La Mauritania è una Repubblica islamica, quale ruolo ha la religione in questo Stato?

     
    R. – Perché si chiama islamica? Non è che i fondatori abbiano voluto costituire una Repubblica su base teocratica. Quando la Repubblica si è costituita negli anni Sessanta, è stata aggiunta la definizione islamica. Questo per dire al Re del Marocco: siamo autosufficienti, siamo una Repubblica islamica e quindi non avanzare pretese su base religiosa. In realtà la Repubblica della Mauritania ha finora fatto parte di quei Paesi musulmani moderati dell’Africa Occidentale. Ci sono dei cristiani in Mauritania; c’è una presenza della Chiesa e la Chiesa è accettata, anche se è veramente minoritaria.

     
    D. – Voi missionari, soprattutto in Africa, avete conosciuto in diversi Paesi situazioni di grave instabilità politica. Come gli uomini di Chiesa accompagnano la popolazione in queste delicate fasi storiche?

     
    R. – La missione è vivere con la gente, restare il più possibile accanto alla gente ed anche nel momento del pericolo. Riguardo l’Africa pensiamo al ’91, quando sono cadute una dopo l’altra le dittature. Le nazioni a chi si rivolgono per mettere in piede una Costituente? Ai vescovi. E’ veramente straordinario, ma questo viene dal fatto di essere insieme con la gente.

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    Alla Conferenza mondiale sull'AIDS, la preoccupante situazione dei bambini affetti da Hiv nei Paesi poveri

    ◊   Dare i farmaci antiretrovirali a persone sane ma esposte al rischio di infezione con il virus Hiv: è questa la nuova strategia di prevenzione, già in fase di sperimentazione in Brasile, Sudafrica e Stati Uniti, esposta dal Fondo Globale per la lotta contro l’AIDS nel giorno conclusivo della 17.ma Conferenza mondiale sull’Aids a Città del Messico. Secondo il Fondo, è possibile raggiungere l’obbiettivo delle cure per tutti entro il 2010. Intanto, resta preoccupante la situazione dei bambini affetti da Hiv nei Paesi poveri. Medici Senza Frontiere denuncia la mancanza di medicinali appositamente studiati per i bisogni dei più piccoli. L’organizzazione internazionale fornisce, in 27 Stati, farmaci antiretrovirali ad oltre 140 mila persone, delle quali 10 mila bambini. Paolo Ondarza ne ha parlato con Raffaella Ravinetto, presidente MSF Italia:

    R. – La situazione è ancora drammatica, nonostante ci siano stati dei miglioramenti e aumenti nel numero dei pazienti, anche bambini, che sono stati trattati. Nel 2007 sono stati quasi 300 mila i bambini sotto i 15 anni di età che sono morti di AIDS: questo vuol dire più di mille morti al giorno. Si stima che ogni minuto, l’anno scorso, un bambino è nato contraendo l’infezione dell’Hiv. Pensiamo poi alle conseguenze indirette: circa il 9 per cento di tutti i bambini subsahariani ha perso almeno un genitore a causa dell’AIDS.

     
    D. – E di fronte a questa emergenza come ci si può muovere?

     
    R. – Innanzitutto, è necessario curare i bambini che sono già malati. Per farlo correttamente noi abbiamo bisogno di farmaci adeguati. E’ tristemente nota a tutti quelli che si occupano di Hiv nei Paesi poveri la mancanza di formulazioni farmaceutiche adeguate. Spesso siamo costretti a frazionare le compresse destinate agli adulti, a fare ricorso a sciroppi che sono difficili da dosare correttamente; tutt’oggi sono molto poche le industrie, soprattutto generiche, che hanno deciso di investire nella formulazione di farmaci antiretrovirali adatti ai bambini. E’ indubbio che l’HIV pediatrico oggi come oggi interessi quasi solo esclusivamente le popolazioni povere. Possiamo paragonare tristemente l’AIDS pediatrico a malattie come la lesmaniosi, la malattia del sonno, che coinvolgono solo popolazioni povere; quindi ci sono mercati poco interessanti dal punto di vista del profitto.

     
    D. – I bambini, denuncia Medici senza frontiere, non lottano solo contro l’AIDS, ma anche contro il tempo: perché?

     
    R. – La mortalità, in effetti precoce, di molti bambini che muoiono sotto i cinque anni o anche sotto i due anni di AIDS, è in parte dovuta alla diagnosi tardiva. Infatti, fino ai 18 mesi non è possibile effettuare una diagnosi precisa con le metodiche standard. Metodiche che in genere sono basate sull’identificazione degli anticorpi. Dovremmo poter utilizzare un metodo diretto di ricerca del virus, però i test esistenti sono estremamente costosi e non sono alla portata dei Paesi in via di sviluppo. C’è poi un altro problema: il 90 per cento dei casi di AIDS pediatrico è dovuto alla trasmissione dalla madre durante la gravidanza e soprattutto durante il parto o l’allattamento. Questo nei Paesi ricchi non capita praticamente più, perché la madre è in terapia antiretrovirale per una serie di misure.

     
    D. – I medicinali da soli, secondo Medici senza frontiere, non bastano: occorre anche altro, occorre un approccio umano, psicologico...

     
    R. – Certo, purtroppo, nella maggior parte dei Paesi in via di sviluppo lo staff a disposizione dei servizi di salute è insufficiente. Pensiamo solo che quando all’Organizzazione mondiale della salute servono 20 medici e 100 infermieri per 100 mila persone, in un Paese come il Malawi i medici sono due e gli infermieri 56. Quindi, è indispensabile che la comunità internazionale investa parallelamente sul rafforzamento dei sistemi di salute e sul rafforzamento del personale sanitario a disposizione e, soprattutto, nelle zone rurali distanti dai centri di riferimento.

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    400 anni fa la pubblicazione della Filotea di San Francesco di Sales per aiutare i laici a vivere la fede nel quotidiano

    ◊   Giungere ad “un alto grado di carità cristiana” nella vita di tutti i giorni. E’ quanto aiuta a fare “La Filotea ossia introduzione alla vita devota” che, proprio l’8 agosto del 1608, San Francesco di Sales pubblicava. Un libro nel quale si respira una spiritualità esigente ma alla portata di tutti e che rappresenta una pratica concreta delle virtù per scoprire Dio nella propria vita. Ma a 400 anni dalla sua pubblicazione cosa c’è di attuale? Benedetta Capelli lo ha chiesto a don Józef Struś, docente di spiritualità salesiana alla Pontificia Università Salesiana di Roma:

    R. – Il desiderio di Francesco di Sales è che i cristiani, in modo particolare i laici, si convincano che anche loro sono chiamati alla santità, che il cammino di perfezione cristiana è per tutti e non solo per i sacerdoti e per i religiosi. Certo 400 anni sono tanti e, quindi, sotto certi aspetti come il linguaggio e qualche paragone che usa, il testo è vecchio. In passato, è stato scritto che la Filotea ha molte rughe, vuol dire che il libro è invecchiato però, dall’altra parte, quando guardiamo alle edizioni ci accorgiamo che viene ristampata con una certa frequenza. Significa che come dottrina, come proposta, e per quanto riguarda le intenzioni dell’autore, certamente rimane un libro molto valido.

     
    D. – E’ una riflessione immersa nella realtà, come a dimostrare che si può vivere nella quotidianità e raggiungere la santità...

     
    R. - Certamente questa è stata la preoccupazione di San Francesco di Sales. Ciò che lui vedeva indispensabile era proprio il fatto di vincere il pregiudizio in base al quale la santità sia solo per alcuni eletti. Invece, come dice subito nelle prime pagine della Filotea, chi vive alla corte reale o chi vive nella vita di una famiglia semplice, è chiamato alla santità.

     
    D. – La Filotea e l'Imitazione di Cristo cosa hanno rappresentato nel cammino verso la ricerca di Dio?

     
    R. - Hanno rappresentato e insistono sulla necessità di mettere ordine nella vita spirituale, che Dio venga la primo posto e che tutto il resto non venga assolutamente trascurato ma vissuto perché è la volontà di Dio che le persone rimangano fedeli alla propria vocazione. Vocazione che si riferisce non solo alla vita sacerdotale e religiosa ma anche alla vita laicale. In ognuna del vocazioni è importante che, mettendo Dio al primo posto, anzitutto secondo la teologia e la spiritualità di Francesco di Sales, Dio venga percepito, riconosciuto come Dio-Amore.

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    Chiesa e Società



    Giochi olimpici: la testimonianza del vescovo coadiutore di Hong Kong

    ◊   Sono “sentimenti ambivalenti” quelli che hanno spinto il vescovo coadiutore di Hong Kong, mons. John Tong Hon, ad accettare l’invito del governo cinese a partecipare alla cerimonia di apertura dei Giochi oggi a Pechino. Alla gioia per lo sport, che il presule pratica occasionalmente quando gioca a pallacanestro, mons. John Tong Hon aggiunge il rammarico per il mancato invito da parte delle autorità cinesi al cardinale Joseph Zen Ze-kiun, vescovo di Hong Kong. “A Pechino – osserva il presule in un articolo pubblicato dal quotidiano della Santa Sede - sono stati invitati i responsabili di tutte le sei maggiori religioni a Hong Kong”. “Soltanto nel caso della Chiesa cattolica - aggiunge - l’invito non è stato esteso alle personalità più alte”. Oltre ad esprimere rammarico per questo mancato invito, il vescovo coadiutore di Hong Kong ricorda anche la drammatica situazione di diversi vescovi e sacerdoti cinesi in carcere o agli arresti domiciliari. Del vescovo Shi En’xiang – precisa mons. John Tong Hon – non si sa nulla da un decennio e il vescovo Liu Guandong vive sotto stretta sorveglianza. Il vescovo Su Zhemin – si legge ancora nell’articolo - è detenuto da circa dieci anni ed il vescovo Yao Liang è agli arresti domiciliari. Molti sacerdoti, inoltre, vengono arrestati e soffrono per la fede cattolica e per la fedeltà al Papa. In occasione della Giornata di preghiera per la Cina, lo scorso 24 maggio, la polizia ha anche limitato l’accesso al Santuario di Nostra Signora di Sheshan. Riferendosi ai Giochi Olimpici, il vescovo coadiutore di Hong Kong fa notare, poi, come una delle finalità sia quella di mostrare “il progresso materiale della Cina”. “Noi cristiani – aggiunge – sottolineiamo di più lo sviluppo spirituale”. Anche per questo mons. John Tong Hon, incoraggiato dal cardinale Joseph Zen Ze-kiun, ha accettato l’invito del governo cinese. “I cinque anelli del logo olimpico - osserva - sono noti in tutto il mondo: “Vorrei che la Cina attribuisse la stessa importanza ai cinque aspetti interconnessi di democrazia, diritti umani, stato di diritto, giustizia e pace”. Facendo riferimento, quindi, al problema dell’inquinamento atmosferico, il presule sottolinea come i provvedimenti drastici presi dal governo per contrastare lo smog, dimostrino “a tutto il mondo che l’aria pulita è essenziale per i Giochi”: “Vorrei – scrive il vescovo – che si comprendesse anche “l’importanza di una maggiore libertà religiosa e sociale”. Speranza, questa, rinfrancata da alcuni segnali di apertura: dopo il devastante terremoto a Sichuan dello scorso 12 maggio - scrive mons. John Tong Hon - “il governo è divenuto più trasparente” e ha concesso ai giornalisti, anche stranieri, la libertà di entrare nell’area colpita e di riferire quanto hanno visto e ascoltato. “Tutto il Paese - ricorda il presule – si è mobilitato come una sola grande famiglia per aiutare le vittime”. Il vescovo coadiutore di Hong Kong scrive, infine, che “non è peccato per i cristiani provare sentimenti ambivalenti”: “Dobbiamo nutrire – conclude – fede, speranza e carità”. (A cura di Amedeo Lomonaco)

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    Dichiarazione dei vescovi del Paraguay alla vigilia dell'insediamento del presidente Fernando Lugo

    ◊   Nelle elezioni presidenziali dello scorso 20 aprile “la popolazione, esprimendo un desiderio di cambiamento, ha optato in favore di una nuova tappa nella vita nazionale”. Così i vescovi del Paraguay, in una dichiarazione resa pubblica alla vigilia dell’insediamento, il 15 agosto, del presidente eletto Fernando Lugo che subentra al posto di Nicanor Duarte. “Quest’importante avvenimento – rilevano i presuli - ha un suo agente politico principale nella persona del signor Lugo, oggi presidente della Repubblica, in passato membro di questa Conferenza episcopale, alla quale però non appartiene più, dispensato dallo stato clericale per volere suo e per decisione di Benedetto XVI”. “Auguriamo al nuovo governo e al popolo il raggiungimento degli obiettivi di un cambiamento autentico”, poiché, spiegano i vescovi paraguaiani, “nessuno può dubitare dell’importanza che tali aspettative di cambiamento siano realizzate, eliminando dall’attività politica errori e pratiche negative, così come la presa di decisioni urgenti per cercare il bene comune sugli interessi personali, familiari, di gruppo e partiti”. Nel ribadire che la Chiesa “non s’identifica con il nuovo governo”, i vescovi ricordano ancora una volta “che sia la Chiesa sia lo Stato sono istituzioni indipendenti e autonome” e dunque, ciascuna nell’ambito della propria natura e missione, “lavora in favore del popolo”. Governo e Chiesa devono mantenere “relazioni rispettose”, in pratica, “collaborano tra loro”, e come dice la Carta costituzionale “lo fanno per promuovere l’interesse di tutti gli uomini che vivono sul suolo della patria” (Art. 24). Evocando il magistero del Concilio Vaticano II, i presuli del Paraguay citano la Gaudium et Spes quando afferma: “La Chiesa che, in ragione del suo ufficio e della sua competenza, in nessuna maniera si confonde con la comunità politica e non è legata ad alcun sistema politico, è insieme il segno e la salvaguardia del carattere trascendente della persona umana”. La Conferenza episcopale, dunque rinnova la sua disponibilità ad “appoggiare ogni politica in favore del bene comune, capace di promuovere la dignità e i diritti della persona e orientata alla ricerca dello sviluppo integrale del popolo e delle sue comunità”. Nel ricordare che la Chiesa, così come ha fatto in passato, manterrà nei confronti del governo un “atteggiamento critico e costruttivo”, i vescovi si augurano che la voce profetica dell’annuncio e della denuncia sia sempre ascoltata. Anche se lo Stato non è confessionale, ed è giusto che sia così, i vescovi ricordano “l’importanza del rispetto della libertà religiosa, di culto e di coscienza”. Poi sottolineano che le istituzioni sono chiamate “a tenere in considerazione i valori propri della natura umana e della società, in particolare quelli che hanno a che fare con la vita, dal concepimento fino alla sua fine naturale”. Lo stesso ribadiscono i presuli per quanto riguarda il nucleo familiare che si fonda nel matrimonio tra un uomo e una donna; la cura e educazione dei figli, nonché il sostegno integrale ai poveri, contadini, indigeni, anziani, malati ed emarginati”. Prima di congedarsi, implorando dall’Altissimo una speciale protezione per la nazione del Paraguay e per ognuno dei suoi figli, i vescovi ricordano ciò che disse Giovanni Paolo II a proposito del ruolo dei laici nella società: “non possono affatto abdicare alla partecipazione alla «politica», ossia alla molteplice e varia azione economica, sociale, legislativa, amministrativa e culturale, destinata a promuovere organicamente e istituzionalmente il bene comune”. (Christifideles Laici, 30 dicembre 1988) (A cura di Luis Badilla)

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    Bolivia: appello dei vescovi in vista del referendum di domenica

    ◊   “Che tutti i cittadini mantengano un comportamento adeguato alla delicata situazione politico sociale che stiamo vivendo”. Questo l’appello della Conferenza episcopale boliviana al Paese, in vista del Referendum che domenica prossima, dopo la promulgazione della nuova Costituzione, dovrà confermare o revocare le più alte cariche politiche: il presidente, il vicepresidente e otto prefetti dipartimentali. “È fondamentale che tutti e, in modo particolare le Forze dell’ordine – sottolineano i presuli – facciano in modo che questa consultazione si svolga in un clima di rispetto, serenità e pace”. Ad allarmare la Conferenza episcopale, i gravi scontri legati alle proteste dei minatori della città di Huanuni, durante i quali hanno perso la vita due persone. Altri disordini sono esplosi nei giorni scorsi in varie parti del Paese e soprattutto nei dipartimenti più ricchi (la cosiddetta Mezzaluna sud-occidentale), dove alcuni prefetti, già contrari alla politica di nazionalizzazioni del presidente Evo Morales accusato di fare esclusivamente gli interessi degli indigeni, hanno indetto adesso uno sciopero della fame in opposizione al Referendum. Ieri sera il governo, davanti al rifiuto di tre prefetture di attivarsi per il mantenimento dell’ordine pubblico, è intervenuto direttamente emanando un decreto che, a partire da stamani, proibisce bevande alcoliche, porto di armi da fuoco o di armi da taglio e realizzazione di manifestazioni pubbliche. “La Bolivia è sulla soglia di un autentico colpo di Stato contro l'ordine costituzionale”, aveva denunciato nel pomeriggio il ministro della Presidenza, Juan Ramon Quintana. Da qui un’esortazione speciale viene rivolta dai presuli alle “istituzioni responsabili di amministrare il Referendum”, perché oltre alla pubblica sicurezza, “garantiscano e dimostrino al Paese e alla comunità internazionale, la chiarezza e la trasparenza di queste votazioni”. Le autorità politiche direttamente coinvolte nel Referendum, inoltre, “prendano atto dei risultati della consultazione, qualsiasi essi siano, con profondo senso di responsabilità democratica e promuovano poi un dialogo sincero e autentico, unica strada per costruire un consenso e degli accordi duraturi” per il bene futuro della Bolivia. (S.G.)

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    Filippine: soddisfazione dei vescovi per il blocco degli accordi tra governo e Fronte islamico Moro

    ◊   I vescovi filippini hanno manifestato la loro soddisfazione per il blocco dell’accordo tra il governo e le truppe del Fronte islamico Moro (MILF) deciso dalla Corte suprema. Se l’accordo fosse andato in porto, come ricorda AsiaNews, avrebbe significato la creazione di una zona autonoma a maggioranza musulmana nel Mindanao, la seconda isola dell’arcipelago delle Filippine. Nel Mindanao la maggioranza della popolazione è cattolica, circa il 61 per cento, contro il 20,44 di musulmani; le Filippine, insieme con Timor Est, sono l’unico Stato asiatico a maggioranza cristiana. In particolare il vescovo di Marbel, Dinualdo Gutierrez, ha sottolineato il fatto che sia stata presa la “giusta decisione”, anche perché non tutti erano a conoscenza dei contenuti dell’accordo saltato. Posizione condivisa anche da mons. Guillermo Afable, vescovo di Digos, che non nasconde la propria preoccupazione sull’avvicinamento tra il governo e i miliziani. Il presule, quindi, invita le parti a chiarire i punti salienti dell’accordo, in modo da “evitare ulteriori violenze”. Si spinge oltre il presidente della Commissione per gli affari pubblici della Conferenza episcopale locale, Deogracias Iñiguez, che ha chiesto “la pubblicazione della bozza degli accordi” che interessano sia la popolazione cristiana che quella musulmana, come ha messo in luce anche l’arcivescovo di Zamboanga, mons. Romulo Valles. Martedì 5 agosto, intanto, a Kidapawan, nel nord Cotabato, oltre cinquemila persone hanno marciato e preso parte a una manifestazione di protesta contro il mancato coinvolgimento della popolazione nell’elaborazione dell’accordo e soprattutto contro l’annessione di alcuni villaggi del nord Cotabato al territorio del Bangsamoro. (R.B.)

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    Sri Lanka: le violenze impediscono il pellegrinaggio al santuario di Nostra Signora di Madhu

    ◊   La mancanza di garanzie di sicurezza, nonostante i ripetuti appelli al governo e ai ribelli, ha costretto le autorità religiose a chiedere ai fedeli di rinunciare quest’anno al pellegrinaggio del 15 agosto al santuario mariano di Nostra Signora di Madhu, in Sri Lanka, il più importante per la locale comunità cattolica. L’annuncio – informa la MISNA – causerà dispiacere anche perché in molti speravano di vedere nuovamente al suo posto la venerata statua di Maria con il Bambino, che alcuni mesi fa era stata spostata dal santuario nel timore che potesse subire danni mentre proseguivano gli scontri armati tra l’esercito e i ribelli tamil. Da 400 anni, in occasione della festa dell’Assunzione di Maria, migliaia di cristiani, ma anche fedeli buddisti e indù, si recano nella piccola località nella diocesi di Mannar, nel nordovest dell’isola, per pregare davanti all’effige della Madonna, ritenuta benedetta anche dai credenti delle altre fedi. I dieci giorni di preghiera e incontri che precedono e seguono la festività sono stati per secoli occasione di incontro tra le diverse comunità religiose. In una nota pubblicata anche sul sito dell’arcidiocesi di Colombo, capitale del Paese, il vescovo di Mannar, mons. Joseph Rayappu scrive di “non attendersi pellegrini per quest’anno”: un modo indiretto per invitare alla prudenza dopo che sia il governo che i ribelli hanno di fatto respinto l’invito a dichiarare “zona di pace” l’area del santuario. Nel 2005, quando era ancora in vigore una fragile tregua militare, al pellegrinaggio parteciparono 400.000 persone; nonostante la ripresa del conflitto, che però non aveva ancora raggiunto la diocesi di Mannar, lo scorso anno il santuario fu visitato da 27.000 fedeli. (S.G.)

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    Zanzibar: il vescovo pensa ad un rilancio dell'agricoltura e chiede aiuti per le scuole

    ◊   Ha un progetto semplice, ma rivoluzionario mons. Ndeliakyama Shao, membro della Conferenza episcopale della Tanzania e vescovo di Zanzibar, per costruire sull’isola al largo della costa occidentale africana condizioni di vita migliori. Il Paese conta oggi circa un milione di abitanti, di cui il 99% musulmani, informa il sito internet Korazym.org. “Il dialogo tuttavia continua, anche se con qualche difficoltà – spiega il presule – ci unisce il desiderio di combattere l’estrema povertà che affligge la popolazione”. Mons. Shao illustra poi l’iniziativa promossa dal Governo e da lui fortemente appoggiata: reintrodurre la coltivazione del riso e formare cooperative di famiglie che siano autonome nella produzione. Già il Giappone, nell’epoca coloniale, aveva cominciato a coltivare il riso in Zanzibar, ma oggi si tratta di insegnare quest’attività alle famiglie locali: “I canali dell’acqua – spiega il vescovo – sono da rifare perché la nostra gente non è stata in grado di mantenerli”. Il governo ha già pianificato un progetto pilota, che prevede tra cinque anni la formazione della prima cooperativa di famiglie, che insegnerà ad altre la coltura allargando l’area di produzione. Altra area critica nel Paese, quella educativa. Il governo non riesce ad allestire scuole a sufficienza per tutti gli studenti e mons. Shao ha lanciato una campagna di raccolta di materiali didattici per la scuola cattolica della diocesi, frequentata da circa 600 studenti. Dall’Italia partirà un container con gli aiuti in autunno da Santena, una cittadina alle porte di Torino, “ma – aggiunge il presule – occorre ben altro”. La speranza di mons. Shao è che ci sia qualcuno che voglia donare un po’ del proprio tempo: “I volontari devono avere alle spalle una comunità in grado di supportarli con costanza, allora la collaborazione è veramente costruttiva; noi siamo pronti ad ospitarli.” Chi fosse interessato può rivolgersi all’indirizzo mail pierdomenico_ronco@tin.it. (S.G.)

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    Il cardinale Martino: “combattere il racket dell'elemosina senza ledere il diritto di chiedere aiuto”

    ◊   “Combattere il racket dell'elemosina senza ledere il diritto di chiedere aiuto”. Così il cardinale Renato Raffaele Martino, in un’intervista al Corriere della Sera, riassume l'atteggiamento da tenere di fronte ai questuanti, dopo le ordinanze dei sindaci di alcune città italiane contro chi chiede la carità. Proibire l'accattonaggio, commenta il presidente del Pontificio Consiglio Giustizia e Pace e della pastorale per i Migranti e gli Itineranti, servirebbe “a nascondere” il bisogno, invece di “rispondere ad esso”. D'altra parte, altra via per affrontare i casi di estremo bisogno, spiega, fino a oggi “non si è trovata e io credo che non si troverà presto se Nostro Signore ebbe a dirci: 'I poveri li avrete sempre con voi'. Si sconfigge una povertà e ne nasce un'altra''. E fare l’elemosina è “un diritto umano fondamentale, quando si è alla fame e al freddo”. “Non giudico i singoli provvedimenti - precisa il porporato - che possono avere le loro giustificazioni, ma reputo inaccettabile la proibizione dell'elemosina in generale: ci vedo una tentazione a chiudere gli occhi e a guardare dall'altra parte; le autorità dovrebbero piuttosto aiutare la popolazione a cogliere la vera portata del bisogno non ancora coperto, o raggiunto, da nessuna forma di previdenza sociale”. (S.G.)

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    Giudizio positivo di ONU e Unione Africana sulle condizioni politico-sociali in Togo

    ◊   “In Togo è progressivamente emerso un clima positivo, che favorisce gli attivisti impegnati nella difesa dei diritti umani”: è il giudizio, espresso a Lomé, capitale del Paese, al termine di una missione di una settimana, degli inviati speciali dell’ONU e dell’Unione Africana. Secondo i diplomatici - informa la MISNA - aggressioni e atti intimidatori nei confronti di attivisti e responsabili di organizzazioni non governative “sono diminuiti in modo significativo”; il governo del Togo riconoscerebbe alcune violazioni commesse in passato e si sarebbe impegnato a perseguirle e, in prospettiva, a contrastarle. In questo piccolo Stato dell’Africa occidentale che si affaccia sul Golfo di Guinea e ospita poco più di sei milioni di abitanti, l’incerto scenario politico ha causato gravi disordini sociali fino a poco tempo fa. Gli inviati dell’ONU e dell’Unione Africana sostengono che in Togo la situazione è migliorata in modo netto a partire dal 2005, alcuni mesi dopo il colpo di Stato successivo alla morte del presidente Eyadema Gnassingbe. Questo giudizio positivo sembra confermare una tendenza già rilevata dalla Commissione europea, che in novembre ristabilì “una piena cooperazione” con il governo di Lomé. Sotto la presidenza di Faure Gnassingbe, figlio dell’ex capo di stato Eyadema, il Togo ha annunciato la nascita di una “commissione verità e riconciliazione”: l’organismo dovrebbe favorire “un miglioramento del clima socio-politico”, anche attraverso nuove inchieste sulle violenze che seguirono il golpe di tre anni fa. (S.G.)

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    Arezzo: disagio giovanile e immigrazione al centro delle celebrazioni per la festa di San Donato

    ◊   “Un patto educativo nel nome dei giovani, una collaborazione proficua fra Chiesa e società civile per affrontare il disagio delle nuove generazioni”. Ad annunciarlo in occasione della festa di San Donato - informa Avvenire - il vescovo di Arezzo-Cortona-Sansepolcro, mons. Gualtiero Bassetti che, nel corso di due omelie, ha ricordato ieri l’opera del patrono della diocesi, l’”Apostolo della Tuscia” vissuto nel IV secolo e morto nella grande persecuzione di Diocleziano. Epoca segnata da grandi sofferenze quella di San Donato, ha ricordato il presule, ed epoca non facile anche l’attuale che vede le nuove generazioni in balia di “falsi profeti” e dei “modelli del successo facile”, spesso vittime dell’abuso di alcol e stupefacenti. Diversi, ha poi sottolineato il vescovo, i ragazzi che hanno partecipato alla Giornata della Gioventù, ragazzi “che possono contare su una guida sicura, il Papa, che li esorta ad essere profeti di una nuova era e costruttori di speranza”. Mons. Bassetti ha poi rivolto il suo pensiero alla drammatica situazione in cui vivono molti immigrati, sfruttati e costretti al lavoro nero, situazioni che “ledono la dignità della persona umana e che sacrificano la giustizia sull’altare del profitto”. Grave, inoltre, l’emergenza abitativa subita soprattutto dagli immigrati: “Occorre – ha detto il vescovo – fare in modo che a tutti sia garantito il diritto ad una casa dignitosa” e ricordare sempre che “l’atteggiamento cristiano è quello dell’accoglienza”. (S.G.)

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    La Chiesa celebra la memoria di San Domenico di Guzmán, fondatore dell’Ordine dei Frati Predicatori

    ◊   San Domenico nasce nel 1170 in un villaggio montano della Vecchia Castiglia, l’attuale Spagna. E’ portato allo studio e alla contemplazione. Ma la sua fede non è intimista. Durante gli anni di preparazione alla teologia viene a contatto con le miserie causate dalle continue guerre e dalla carestia: molta gente muore di fame e nessuno si muove! Allora vende le suppellettili della propria stanza e le preziose pergamene per costituire un fondo per i poveri. A chi gli esprime stupore per quel gesto risponde: "Come posso studiare su pelli morte, mentre tanti miei fratelli muoiono di fame?" Colpito dall’ignoranza dei fedeli cristiani che si lasciavano convincere dall’eresia catara che nel suo rigorismo nascondeva la misericordia infinita di Dio, decide di fondare un Ordine tutto dedito all’annuncio della Parola di Dio: i Frati Predicatori. Il suo motto è “Predicare e camminare”. Devotissimo della Madre di Dio, per aiutare la gente semplice a vivere la retta dottrina insegna a meditare sui misteri dell’Incarnazione recitando l’Ave Maria: è il primo germe del Rosario. Era di poche parole e, se apriva la bocca, era o per parlare con Dio nella preghiera o per parlare di Dio. Questa era la norma che seguiva e questa pure raccomandava ai fratelli. La grazia che più insistentemente chiedeva a Dio era quella di una carità ardente, che lo spingesse a operare efficacemente alla salvezza degli uomini. Riteneva infatti di poter arrivare a essere membro perfetto del corpo di Cristo solo qualora si fosse dedicato totalmente e con tutte le forze a conquistare anime. Si definiva “umile ministro della predicazione”: due o tre volte fu eletto vescovo; ma sempre rifiutò, volendo piuttosto vivere con i suoi fratelli in povertà. Sfinito dal lavoro apostolico ed estenuato dalle grandi penitenze, il 6 agosto 1221 muore circondato dai suoi frati, nel suo amatissimo convento di Bologna, in una cella non sua, perché lui, il Fondatore, non l’aveva. Ai frati lascia questo testamento spirituale: «Abbiate la carità, conservate l’umiltà, accumulatevi i tesori della santa povertà ». Viene canonizzato il 13 luglio 1234 da Papa Gregorio IX. L'Ordine dei Domenicani conta oggi più di 600 case con oltre 6000 membri. (A cura di Sergio Centofanti)

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    24 Ore nel Mondo



    La Georgia attacca la regione filorussa dell’Ossezia del Sud. L'intervento di Mosca

    ◊   È scontro aperto nella provincia georgiana filorussa dell’Ossezia del sud, dove nella notte e per tutta la mattina è andato avanti il bombardamento dell’esercito di Tblisi sulle postazioni dei separatisti e delle forze di interposizione di Mosca. In queste ore convulse, in cui la situazione sembra precipitare, si registrano un momentaneo cessate il fuoco delle truppe georgiane, lo sconfinamento dei carri armati russi nella turbolenta regione caucasica e gli appelli ad una tregua di tutta la comunità internazionale. Il servizio di Giuseppe D’Amato:

    I militari georgiani delle truppe di interposizione di pace hanno sparato contro i loro compagni russi che lavorano secondo gli accordi internazionali. “I colpevoli verranno puniti”: così, in un messaggio alla televisione, il presidente Medvedev. La Russia – ha proseguito il capo del Cremlino – è garante della sicurezza dei popoli meno numerosi del Caucaso. Dopo pochi secondi la televisione di Stato ha mostrato unità corazzate russe, che superavano il confine georgiano entrando in Ossezia del Sud. Mosca ha così deciso l’intervento armato diretto, dopo una nottata ed una mattinata di assalti georgiani alla piccola Repubblica separatista. Metà dell’Ossezia è estesa pressappoco quanto il Molise ed è stata occupata dalle truppe di Tbilisi che poi si sono velocemente ritirate davanti all’avanzata dei Tank del Cremlino. Il capoluogo Tskhinvali ha subito danni gravissimi: tanti i palazzi incendiati e distrutti dall’artiglieria e dall’aviazione georgiana, fra questi l’ospedale e l’università. In città restano 30 mila civili e non si sa ancora quante siano state le perdite umane, ma si parla di un centinaio di morti. Dalla parte russa del confine ci si appresta ad accogliere i feriti e i profughi. Ambulanze e autobus sono pronti e lo stesso avviene dalla parte georgiana. L’Unione Europea e gli Stati Uniti chiedono di fermare lo spargimento di sangue. Una riunione d’emergenza del Consiglio di Sicurezza dell’ONU non ha dato risultati.

     
    Ma tra Mosca e Tbilisi c’è davvero il rischio di una guerra aperta? Risponde Luigi Geninazzi, inviato del quotidiano Avvenire e grande conoscitore dell’area ex sovietica, intervistato da Giada Aquilino:

    R. – Bisogna ricordare che questa situazione rappresenta una ferita aperta già dal 1991, cioè un’eredità avvelenata della fine dell’Unione Sovietica. Sul piano della giurisdizione internazionale si può dire che la Georgia, con tutte le vicissitudini che ha passato, ha ragione nel sostenere che queste repubbliche secessioniste dovrebbero arrivare ad un accordo con il governo centrale, ma questo non è mai avvenuto. Sul piano dei fatti poi c’è ovviamente dietro l’Ossezia del Sud la grande madre russa che manda non solo dei volontari, ma anche delle forze, dei servizi segreti e qualche volta delle forze armate. Sul terreno di gioco ognuno si nutre di grandi dichiarazioni e di colpi di mano. La situazione è sempre confusa. In genere, finora, ci si fermava un po’ sul ciglio dell’abisso. Bisognerà vedere come va avanti la situazione.

     
    D. – Che interessi muovono di fatto queste continue tensioni tra Mosca e Tblisi?

     
    R. – La Georgia è vista dalla Russia un po’ come il proprio cortile di casa, soprattutto con l’ultimo presidente filoamericano Saakashvili che ha invitato Bush e vuole entrare nella NATO. Tutto questo non può andare bene al Cremlino. C’è in più il fatto che ci sono delle minoranze russe molto forti. La soluzione ideale sarebbe di trovare un accordo, ma questo non è stato possibile. Inoltre, ultimo elemento è il fattore Kosovo. La Dichiarazione di indipendenza proclamata da Pristina è diventata una buona occasione, come ha minacciato molte volte Putin, di far proclamare l’indipendenza anche delle repubbliche secessioniste della Georgia. Come dicevo, ci si nutre di colpi di mano.

     
    Pakistan
    Pakistan con il fiato sospeso fino a lunedì, quando la richiesta di impeachment del presidente, Pervez Musharraf, sarà votata dalla Camera dei Rappresentanti. I partiti della coalizione di maggioranza del parlamento pakistano hanno ufficializzato ieri la procedura per la messa in stato di accusa e la destituzione di Musharraf, che detiene il potere dal 1999. Intanto nel nord ovest del Paese resta alto il livello dello scontro tra le forze di sicurezza pakistane e la guerriglia talebana. Nelle ultime 24 ore, a seguito di una vasta operazione dell’esercito, sono stati uccisi 70 miliziani integralisti ed altri 60 sono rimasti feriti. Un portavoce dei talebani ha annunciato invece l’uccisione di 10 militari di Islamabad.

    Afghanistan
    Quattro donne e un bambino sono stati uccisi ieri nella provincia di Ghazni, nell’Afghanistan centrale, da alcuni soldati della coalizione internazionale sotto il comando americano. Lo ha detto oggi la coalizione. Il tragico errore è avvenuto nel corso di un'operazione delle forze armate internazionali contro i talebani nel distretto di Giro. Un portavoce delle forze internazionali ha detto che sarà comunque aperta un’inchiesta sull’accaduto. Intanto sul fronte politico si segnalano le indiscrezioni secondo cui il segretario della Difesa USA, Robert Gates, sta per varare un piano quinquennale da 20 miliardi di dollari per aumentare le dimensioni dell'esercito afghano e ristrutturare il comando militare delle forze NATO e americane in risposta alla crescente minaccia posta dai talebani.

    Iraq
    I negoziatori iracheni hanno proposto una data per il ritiro delle truppe americane che potrebbe vedere i soldati Usa lasciare il Paese entro ottobre 2010, nonostante Washington non abbia ancora dato il proprio benestare al piano. Washington e Baghdad stanno trattando per raggiungere un accordo che consenta alle forze Usa di restare in Iraq anche dopo la fine di quest'anno, quando scade il mandato dell'Onu. Al momento sono 144 mila i soldati americani in Iraq. Bush si è rifiutato a lungo di fissare un piano per il ritiro delle truppe statunitensi ma ha iniziato a parlare di "orizzonti temporali".

    Immigrazione: sbarchi
    Proseguono senza sosta i viaggi della speranza degli immigrati lungo il canale di Sicilia. A Lampedusa si registra l’ennesima giornata calda: dalla scorsa notte fino alle prime ore dell’alba sono state soccorse 332 persone che si trovavano a bordo di 4 distinte imbarcazioni. Nuovi sbarchi si registrano anche in Sardegna, dove 19 algerini sono stati bloccati dai carabinieri su una spiaggia vicino capo Teulada.

    Repubblica Ceca
    È di almeno 10 morti e un centinaio di ferirti il bilancio del grave incidente ferroviario avvenuto stamane nella Repubblica ceca, a Studenka, nella Moravia del nord. Secondo le prime ricostruzioni della sciagura, l’eurocity partito da Cracovia è deragliato a causa di alcuni detriti di un ponte crollato finiti sui binari.

    Zimbabwe
    Il presidente sudafricano Thabo Mbeki si recherà domani nella capitale dello Zimbabwe per una visita di 24 ore in cui incontrerà il presidente Mugabe e il leader dell’opposizione Tsvangirai nel tentativo di rilanciare i negoziati per una condivisione del potere. (Panoramica internazionale a cura di Marco Guerra )

     
    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LII no. 221

     
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