![]() | ![]() |

Sommario del 06/08/2008
Il gioioso incontro del Papa con i sacerdoti nel Duomo di Bressanone: intervista con padre Lombardi
◊ Incontro gioioso stamani tra il Papa e i sacerdoti e i diaconi nel Duomo di Bressanone. Dopo il saluto del vescovo di Bolzano-Bressanone Wilhelm Egger, alcuni sacerdoti hanno rivolto delle domande al Santo Padre. Tanti i temi affrontati. Ce ne parla il nostro direttore padre Federico Lombardi, al microfono di Alessandro Gisotti:
R. – E’ stato un incontro molto bello. Ormai è una tradizione questa degli incontri del Santo Padre con i sacerdoti, che hanno posto diverse domande su temi sostanziali e di attualità, soprattutto per la vita dei sacerdoti in cura d’anime. Ed il Santo Padre ha risposto con ampiezza: la conversazione è durata un’ora. Sono state poste sei domande diverse su temi vari, che riguardavano sia il ministero sacerdotale, sia alcuni problemi di attualità, come la tutela dell’ambiente, come il significato dell’arte nella Chiesa e della testimonianza cristiana, le difficoltà con il diminuire del numero dei sacerdoti e così via. Il Papa ha dato una testimonianza, per lui abituale, con grande chiarezza, e anche una testimonianza personale di umiltà. Tante belle domande cui ha risposto, le ha introdotte proprio dicendo: “Questo è quello che io vi posso dire. Non è una risposta infallibile. Le risposte dobbiamo cercarle anche insieme nella Chiesa, con i vescovi. E’ qualcosa che nasce da una ricerca della comunità della Chiesa e non solo dalla mia risposta”.
D. – C’è un tema che è stato ribadito più volte dal Papa? Qual è stato il filo rosso che ha collegato le varie risposte del Papa?
R. – Le domande erano abbastanza diverse. Direi che il filo rosso sia quello di una testimonianza di fede molto radicata nell’unione con Cristo, il fondamento della vita di fede nel rapporto con Dio nella preghiera, nell’ascolto dello Spirito Santo e delle sue ispirazioni e questo collegato sia alla testimonianza appunto dei giovani nel mondo di oggi, riprendendo i temi della Giornata mondiale della gioventù, oppure alla testimonianza della fede nelle situazioni di sofferenza. E’ stata molto commovente la domanda posta da un sacerdote ammalato proprio su questo tema e la rievocazione della figura di Giovanni Paolo II e della sua straordinaria testimonianza di fede nella sofferenza. Anche nell’imitazione di Cristo per quanto riguarda, per esempio, il modo in cui affrontare i problemi della pastorale dell’infanzia o dei fanciulli, il Papa ha detto: “Una volta ero più severo, poi l’esempio di Cristo mi ha fatto diventare più accogliente: nei casi in cui magari non ci sia una fede proprio matura o solida, ma ci sia anche un barlume di ricerca, di desiderio di comunione con la Chiesa, si può essere anche più larghi o generosi nell’amministrazione dei sacramenti”. Quindi, c’era un tono spirituale veramente molto profondo in tutte le risposte. Questo mi sembra caratteristico del modo di parlare del Papa, che è una mente estremamente lucida e profonda, ma c’è sempre anche una grande spiritualità.
D. – Sicuramente per questi sacerdoti è stata un’occasione straordinaria, ma anche il Papa ama molto questi incontri, vero?
R. – Sì, certamente. Sono quelli in cui egli si trova perfettamente a suo agio e manifesta anche con libertà, con larghezza il suo pensiero, la sua spiritualità. Lui desidera che a questi incontri non siano presenti i giornalisti, non perchè dica delle cose che non si possono dire o ripetere, ma perchè vuole che abbiano questo carattere di intimità, di essere insieme fra coloro che sono stati chiamati dal Signore a questo ministero.
E’ importante che la Cina si apra al Vangelo: così il Papa in visita presso la casa natale di San Giuseppe Freinademetz, missionario verbita in terra cinese
◊ La Cina e San Giuseppe Freinademetz, evangelizzatore nel Paese asiatico per quasi 30 anni, sono stati al centro della visita di Benedetto XVI, ieri pomeriggio ad Oies, in Val Badia, alla casa natale del missionario canonizzato da Giovanni Paolo II nel 2003. In questo luogo, diventato meta di tanti pellegrini e devoti provenienti da ogni parte dell’Europa e del mondo, il Papa ha sottolineato l’importanza per la Cina di aprirsi al Vangelo. Il servizio di Amedeo Lomonaco:
(musica)
La strada percorsa da San Giuseppe Freinademetz, partito nel 1879 da Oies - paese incastonato tra le montagne della Val Badia - per tradurre in Cina la propria vocazione missionaria, è anche un segno per il futuro della Chiesa. Il Papa, riferendosi a questa straordinaria figura di missionario in terra cinese, ha ricordato l’attuale fase storica della Cina:
“Un Santo di grandissima attualità: sappiamo che la Cina diventa sempre più importante nella vita politica, economica e anche nella vita delle idee. E’ importante che questo grande Paese si apra al Vangelo”.
San Giuseppe Freinademetz – ha osservato il Papa – “voleva non solo vivere e morire come cinese, ma anche in Cielo rimanere cinese: così si è idealmente identificato con questo popolo, nella certezza che esso si sarebbe aperto alla fede in Gesù Cristo”. Preghiamo – ha aggiunto Benedetto XVI – che sia un incoraggiamento ad “andare verso Cristo perché Lui solo, Cristo, può unire i popoli, può unire le culture”:
“E San Giuseppe Freinademetz ci mostra che la fede non è una alienazione per nessuna cultura, per nessun popolo, perché tutte le culture aspettano Cristo e non vanno distrutte dal Signore: giungono anzi alla loro maturità”.
Il Papa si era soffermato sulla Cina anche domenica scorsa dopo l’Angelus, quando ha rivolto il proprio saluto agli organizzatori e agli atleti delle Olimpiadi che si apriranno venerdì a Pechino. Il Papa ha auspicato, in quell’occasione, che i Giochi Olimpici offrano “alla comunità internazionale un valido esempio di convivenza tra persone delle più diverse provenienze, nel rispetto della comune dignità”.
(musica)
Oggi su "L'Osservatore Romano"
◊ Benedetto XVI, durante la visita compiuta martedì 5 agosto a Oies, auspica che la Cina “si apra al Vangelo”
In prima pagina un articolo di Pierluigi Natalia dal titolo “L’Olimpiade dell’apertura cinese”
Nell’informazione internazionale, in rilievo la situazione nel Vicino Oriente: si allenta la tensione tra le fazioni palestinesi a Gaza dopo il rilascio di ottanta militanti di Al Fatah da parte di Hamas
“Presentò la verità nella crisi del linguaggio e del pensiero”. Il testo integrale dell’omelia del cardinale Giovanni Battista Re, prefetto della Congregazione per i Vescovi, nella Messa tenutasi mercoledì 6 agosto all’Altare della Cattedra nella Basilica di San Pietro in suffragio di Papa Paolo VI
“E Tu non saresti che un sogno?”. Claudio Toscani sulla conversione di Giuseppe Ungaretti
“Clive Staples Lewis a lezione dal maestro della fantasia”. Andrea Monda sulla presenza di George MacDonald nella letteratura inglese del Novecento
“Quel giurista di buon senso che parlava alla radio”. Edoardo Caprino ricorda Francesco Carnelutti
Trent’anni fa la morte di Papa Montini. Benedetto XVI: guidò la Chiesa in anni difficili senza farsi condizionare dalle critiche, tenendo lo sguardo fisso su Cristo
◊ Trent’anni fa moriva Paolo VI: era la sera del 6 agosto 1978, Festa della Trasfigurazione. Un “grande Papa” lo ha definito domenica scorsa all’Angelus Benedetto XVI che più volte, durante il suo pontificato, ha parlato dell’importanza per la Chiesa del magistero e dell’azione pastorale di Papa Montini. Ascoltiamo in proposito il servizio di Sergio Centofanti:
Un “indimenticabile Pontefice”: così Benedetto XVI definisce Papa Montini, al quale, tra l’altro, resta legato per il fatto che fu lui a nominarlo arcivescovo di Monaco di Baviera e cardinale. Paolo VI – rileva il Pontefice - “fu chiamato dalla Provvidenza divina a guidare la barca di Pietro in un periodo storico segnato da non poche sfide e problematiche” distinguendosi per la sua saggezza e prudenza. Di Papa Montini ricorda “l'ardore missionario … che lo spinse ad intraprendere impegnativi viaggi apostolici anche verso nazioni lontane, a compiere gesti profetici di alta valenza ecclesiale, missionaria ed ecumenica”. Fu infatti il primo Papa a recarsi in Terra Santa, indicando “alla Chiesa che la via della sua missione è di ricalcare le orme di Cristo”:
“In effetti, il segreto dell'azione pastorale che Paolo VI svolse con instancabile dedizione, adottando talora decisioni difficili e impopolari, sta proprio nel suo amore per Cristo: amore che vibra con espressioni toccanti in tutti i suoi insegnamenti. Il suo animo di Pastore era tutto preso da una tensione missionaria alimentata da sincero desiderio di dialogo con l’umanità. Il suo invito profetico, più volte riproposto, a rinnovare il mondo travagliato da inquietudini e violenze mediante 'la civiltà dell’amore', nasceva da un totale suo affidamento a Gesù, Redentore dell’uomo”. (Discorso di Benedetto XVI ai membri dell'Istituto Paolo VI, 3 marzo 2007)
Benedetto XVI ricorda il ruolo decisivo di Paolo VI nel Concilio Vaticano II:
“Se infatti fu Giovanni XXIII a indirlo e a iniziarlo, toccò a lui, suo successore, portarlo a compimento con mano esperta, delicata e ferma. Non meno arduo fu per Papa Montini reggere la Chiesa nel periodo post-conciliare. Non si lasciò condizionare da incomprensioni e critiche, anche se dovette sopportare sofferenze e attacchi talora violenti, ma restò in ogni circostanza fermo e prudente timoniere della barca di Pietro”. (Discorso di Benedetto XVI ai membri dell'Istituto Paolo VI, 3 marzo 2007)
Papa Montini – ricorda Benedetto XVI – difese infatti la giusta interpretazione di quell’evento, la cosiddetta “ermeneutica della riforma” dell’unico soggetto Chiesa che si rinnova nella continuità, contro “l’ermeneutica della discontinuità” che finiva per creare “una rottura tra Chiesa preconciliare e Chiesa postconciliare”. "Con il passare degli anni - afferma Benedetto XVI - appare sempre più evidente l'importanza per la Chiesa e per il mondo" del pontificato di Paolo VI.
Paolo VI: le riflessioni del cardinale arcivescovo di Milano, Dionigi Tettamanzi, e del direttore de L’Osservatore Romano, Giovanni Maria Vian
◊ Sono tante le iniziative che in questi giorni ricordano la figura di Papa Montini e che sottolineano la fecondità del suo magistero. Particolarmente coinvolta nelle celebrazioni è l’arcidiocesi di Milano, di cui Giovanni Battista Montini fu arcivescovo dal 1954 al 1963. Alessandro Gisotti ha raccolto una riflessione su Paolo VI del cardinale arcivescovo di Milano, Dionigi Tettamanzi:
R. – Penso che la sua eredità più preziosa sia personale, e cioè il suo amore appassionato per Gesù Cristo. Il titolo della sua prima Lettera pastorale a Milano è un titolo ambrosiano, preso da Sant’Ambrogio, che suona: “Cristo è tutto per noi”. Davvero la sua vita spirituale e la sua attività pastorale, prima come arcivescovo e poi come Sommo Pontefice, penso sia una manifestazione quotidiana di questo segreto che gli palpitava nel cuore: il suo amore appassionato al Signore Gesù, che inevitabilmente, poi, diventava un amore per la Chiesa, da lui considerata come la Sposa fedele di Cristo. L’amore per Cristo e per la Chiesa erano le sorgenti vivissime di un amore che poi si allargava all’umanità intera. A me piace considerare il grande evento del Concilio Vaticano II come il compendio più vivo e più concreto di questo triplice amore che ha ispirato Paolo VI: l’amore a Cristo, alla Chiesa, all’Uomo.
D. – Coraggioso testimone della verità, Paolo VI ha saputo dialogare anche con la cultura, con mondi lontani ed in tempi difficili. Come valorizzare oggi il suo esempio?
R. – Lui ha dialogato con la cultura in modo semplice ma anche coraggioso, perché con estrema chiarezza ha sempre parlato della fedeltà a Cristo e al suo Vangelo, non come un ostacolo, come un freno ma al contrario come una condizione imprescindibile per valorizzare tutte le diverse forme dell’“humanum”: quindi la forma dell’arte, la forma della ragione ... Tutto lo sforzo di Montini, che penso debba essere ripreso e continuato oggi con chiarezza, con precisione, con forza ma anche con straordinaria fiducia e speranza, sta precisamente nel vedere non una contrapposizione, una distanza ma al contrario, una armonia, un’armonia intima tra Cristo e l’Uomo, tra l’Uomo e Cristo.
D. – Cosa Paolo VI ha lasciato a Milano, la diocesi di cui fu arcivescovo e che portò sempre nel cuore, anche quando fu chiamato dalla Cattedra di Sant’Ambrogio a quella di Pietro?
R. – Ha lasciato tantissimo. Personalmente vorrei accennare al suo amore per i sacerdoti. Di lui qui si ricorda la sua disponibilità ad incontrare personalmente i sacerdoti e comunque a raggiungerli in modo abituale e continuo attraverso lo scritto. E insieme ai preti vorrei ricordare i lontani: l’ansia apostolica per la pecora perduta. Penso anche questa sia un’eredità che connota ancora oggi, grazie al suo impulso, la missionarietà propria della Chiesa ambrosiana.
D. – Lei fu ordinato sacerdote dall’allora cardinale arcivescovo Montini: che ricordo ha dell’uomo, del pastore?
R. – Ne ho tantissimi, di ricordi. In particolare mi porto nel cuore il discorso dell’ordinazione presbiterale e mi risuonano in particolare queste tre parole, dette con la forza tipica di Montini: “Siate testimoni, apostoli, missionari”. Penso che qui ci sia un programma di vita non soltanto per i sacerdoti del ’57, ma per tutti i sacerdoti e – perché no? – per tutti i membri della Chiesa.
“Testimone di Cristo nell’amore al nostro tempo”: si intitola, così, l’editoriale del direttore dell’Osservatore Romano, Giovanni Maria Vian, dedicato alla figura di Paolo VI, nel 30.mo anniversario della morte. Vian, storico del Cristianesimo, definisce quello di Montini “un Pontificato difficile ma decisivo”. Alessandro Gisotti ha chiesto al direttore dell’Osservatore Romano, di indicare una chiave di lettura per interpretare il magistero di Paolo VI:
R. – La capacità di essere testimone di Cristo nell’amore al nostro tempo. Del resto, era una coscienza che Papa Montini aveva molto chiara. In un appunto del 1964, lui scrive interrogandosi sul confronto e la contrapposizione che già veniva fatta tra lui e il suo predecessore, Giovanni XXIII. Paolo VI si chiede quale sia la caratteristica della sua vita, e scrive proprio questo: “Forse la nostra vita non ha altra più chiara nota che la definizione dell’amore al nostro tempo, al nostro mondo, a quante anime abbiamo potuto avvicinare e avvicineremo, ma nella lealtà e nella convinzione che Cristo è necessario e vero”.
D. – Dunque c’è questo binomio – testimone della verità – umile e coraggioso ma anche straordinariamente capace di dialogare con il mondo e con le diverse culture: sappiamo quanto appunto ci fosse una straordinaria propensione per il mondo, anche con l’invenzione moderna, se vogliamo, dei viaggi apostolici internazionali ...
R. – Sì. Nonostante ci si sia poi abituati a vedere, con lo straordinario Pontificato di Giovanni Paolo II, a vedere il Papa, il Vescovo di Roma in tutto il mondo, non bisogna dimenticare che fu proprio Paolo VI il primo Romano Pontefice a visitare, a toccare – sia pure in modo simbolico – tutti i continenti in soli nove viaggi internazionali: viaggi che furono iniziati da quell’itinerario straordinario, preparato con grandissima discrezione e a sorpresa, in Terra Santa, e che si conclusero proprio ai confini del mondo quando il Papa arrivò nell’Estremo Oriente, in Oceania, in Australia e nelle estreme isole del Pacifico.
D. – C’è una profonda continuità, a 30 anni di distanza, evidentemente non solo nel magistero. Anche se può sembrare una curiosità, i tre successori di Paolo VI – Papa Giovanni Paolo I, Giovanni Paolo II e Benedetto XVI – sono stati tutti e tre creati cardinali da Paolo VI…
R. – Sì: non è tanto una curiosità; è un fatto molto interessante e piuttosto straordinario, perché non è comune nella storia delle successioni sulla Sede di Roma, che tre Papi siano stati “creature” – come si dice proprio con un termine tecnico, cioè cardinali creati da un loro stesso predecessore.
D. – Il compimento del Concilio, i viaggi apostolici – l’abbiamo ricordato – l’istituzione della Giornata mondiale della pace, poi tanti documenti straordinari, alcune Encicliche che oggi vengono anche rivalutate e all’epoca furono molto contestate – abbiamo da poco, in fondo, celebrato il 40.mo della Humanae Vitae ... Ecco: qual è l’eredità più fruttuosa lasciata da Paolo VI alla Chiesa e non solo?
R. – Io credo proprio questa predicazione instancabile di Cristo, questa testimonianza a Cristo che è davvero il tratto distintivo della vita di Montini. Nella fedeltà ai predecessori, nella continuità con i predecessori e nella fedeltà al Concilio Vaticano II. Un Concilio – anche questo è bene non dimenticarlo – che alla morte di Giovanni XXIII era appena agli inizi e che – lo ha detto Benedetto XVI – rischiava quasi di svanire. Paolo VI lo riconvoca subito e soprattutto lo guida con grande rispetto della libertà nel dibattito, ma nello stesso tempo con grande fermezza, e lo conclude. E poi governa non senza difficoltà – difficoltà anche dure – il periodo successivo. Praticamente tutto il Pontificato è un’applicazione del Vaticano II. Con Paolo VI, la Chiesa di Roma cambia davvero volto, per molti aspetti. Dalla configurazione del governo centrale, la Curia: alla vigilia viene riformato il Sant’Uffizio, ma poi tante altre cose ... Il progressivo allargamento del Collegio cardinalizio, la riforma della Curia, il nuovo apprezzamento per le altre confessioni cristiane e per le altre religioni, con gesti simbolici che sono nella memoria.
D. – Direttore, lei e la sua famiglia siete stati legati – siete legati – anche da un’amicizia all’uomo Montini. Qual è il tratto umano di Paolo VI che più le piace ricordare?
R. – Ricordo un tratto umano – ma questo lo ricordano tutti quelli che sono stati amici di Montini – l’enorme attenzione che quest’uomo aveva per ogni persona che incontrava.
La fiamma olimpica è arrivata a Pechino
◊ Tra entusiasmi e proteste, culminate con 7 arresti, è giunta oggi a Pechino, dopo 130 giorni di viaggio, la fiaccola olimpica. Le autorità cinesi, a 48 ore dall’inizio dei Giochi, hanno intensificato la sicurezza per evitare azioni violente come l’attentato nello Xinjiang di due giorni fa. Il servizio di Benedetta Capelli:
Migliaia di persone hanno accompagnato il passaggio della fiamma olimpica a Pechino, sventolando bandierine cinesi ma non sono mancati momenti di tensione. Le forze dell’ordine hanno arrestato 7 persone: 4 manifestanti - due americani e due britannici - che stavano cercando di esporre uno striscione con la scritta "Free Tibet", poi altri tre cittadini statunitensi. Intanto, in vista dei Giochi, il Dalai Lama ha ribadito oggi il suo appoggio alle Olimpiadi di Pechino. Oltre all’entusiasmo nel Paese asiatico c’è anche paura per le azioni dimostrative o peggio ancora terroristiche che potrebbero accadere nonostante la Cina abbia assicurato massimo impegno su questo fronte. A 48 ore dall’inizio delle Olimpiadi si apre un caso: Pechino ha revocato il visto di ingresso all'americano Joey Cheek, ex medaglia d'oro ai giochi invernali del 2002 e oggi attivista per il Darfur. Una decisione che ha suscitato le proteste dell’ambasciata USA in Cina; di oggi poi l’appello del presidente Bush affinchè Pechino consenta maggiore libertà di espressione. Mentre i capi di Stato e di Governo si preparano ad arrivare nel Paese asiatico, si annunciano le prime defezioni: il presidente nepalese non parteciperà alla cerimonia inaugurale per problemi politici interni; rinuncia anche per il capo dello stato pachistano Musharraf.
In Italia è polemica sull’imminente apertura dei Giochi Olimpici. Il presidente dei senatori del Pdl, Maurizio Gasparri, e il ministro per lo sport, Giorgia Meloni, hanno chiesto agli atleti azzurri un gesto simbolico per denunciare la limitazione dei diritti umani in Cina, fino alla possibilità di disertare la cerimonia inaugurale. Oggi la risposta del presidente del CONI, Gianni Petrucci, che ha sottolineato il dovere degli atleti italiani di sfilare ed ha precisato che lo sport, in casi simili, non può sostituirsi alla politica. Sul clima che si respira in queste ore a Pechino, Giada Aquilino ha raggiunto telefonicamente nella capitale cinese don Mario Lusek, direttore dell’Ufficio Nazionale CEI per la pastorale del tempo libero, turismo e sport e cappellano della squadra olimpica italiana:
R. – Da quello che vedo e che percepisco, soprattutto qui all’interno del Villaggio Olimpico, c’è un clima gioioso, festoso e di euforia. Per le vie di Pechino c’è effervescenza ed animazione. Ci sono un interesse diffuso tra la gente ed una curiosità dilagante per il numero esorbitante di stranieri che arrivano per l’evento e per gli atleti. Questo è percepibile dai volti, dagli sguardi e dal clima stesso che si respira. All’interno del Villaggio non ci sono barriere, né ostacoli o controlli. C’è, quindi, spirito di convivialità e di integrazione forte fra le varie squadre nazionali.
D. – Come si stanno preparando gli atleti italiani - e gli atleti in genere - all’appuntamento?
R. – Gli atleti hanno degli orari ben organizzati per gli allenamenti. Domenica abbiamo anche celebrato l’Eucaristia. Nel Villaggio Olimpico c’è un centro multireligioso organizzato, ma rimane un po’ periferico rispetto alla zona dove siamo noi italiani: quindi abbiamo deciso di celebrare la Messa direttamente all’interno della nostra struttura. Anche questo rientra nel clima di preparazione per l’evento che si aprirà l’8 agosto.
D. – Il Papa è tornato a parlare di questo grande Paese, auspicando che “si apra al Vangelo”…
R. – Domenica sera, proprio quando stavamo celebrando l’Eucaristia, ci è stato dato il testo dell’Angelus, con le parole del Papa per le Olimpiadi di Pechino: l’abbiamo letto e commentato, anche perché era proprio in sintonia con quello che ci stavamo dicendo. Questa è certamente l’aspettativa di tutti ed alcuni segnali li percepiamo, per esempio nell’accoglienza o nell’esistenza del centro multireligioso, ma anche nella mia stessa presenza all’interno del Villaggio Olimpico. Tutto ciò si può percepire come un atteggiamento di attenzione, di rispetto e di tentativo di apertura. Non so quanto questo processo sarà lungo e se basterà la dinamica olimpica, ma sicuramente esiste già un clima di attenzione verso l’esterno.
La Conferenza mondiale sull’AIDS rilancia i farmaci retrovirali per la prevenzione
◊ Farmaci e emergenza povertà restano il fulcro delle relazioni e dei dibattiti alla Conferenza mondiale sull’Aids in corso a Città del Messico. Il servizio di Fausta Speranza.
I farmaci antiretrovirali non rappresentano più solo uno strumento di cura ma avranno un ruolo nella prevenzione. E’ il mondo scientifico ad annunciarlo come un giro di boa nella lotta all’infezione. A meta' degli anni '90 questi farmaci hanno cambiato il volto dell'epidemia, permettendo alle persone sieropositive di vivere più a lungo e di avere una buona qualità di vita. Adesso, per la prima volta diventano strumenti di prevenzione veri e propri. Finora solo profilattici, microbicidi, comportamenti non a rischio erano i pilastri della prevenzione dell'Aids: il mondo laico insisteva sui profilattici, il mondo cattolico difendeva scelte di vita basate su valori profondi. Oggi secondo lo studio, presentato a Città del Messico e pubblicato sul Journal of Infectious Disease, del Centro di eccellenza per la ricerca sull'Aids dell'Università della British Columbia diretto da Julio Montaner, presidente della Societa' Internazionale per l'Aids (Ias), le nuove infezioni potrebbero ridursi, rispettivamente, del 30%, 50% e 60% nei prossimi 25 anni, a seconda di quanto riuscirà a moltiplicarsi la somministrazione dei farmaci. Una notizia accolta con ottimismo in particolare dai Paesi in via di sviluppo. Pessimismo, invece, si registra in relazione alla possibilità di un vaccino. Dopo il fallimento recente della sperimentazione di un vaccino verso il quale c'erano grandi speranze, i massimi esperti ammettono di doversi fermare per ripensare strategie di studio. A oltre 25 anni dall'inizio dell'epidemia, sono dunque sul mercato 20 farmaci diversi, ma nessun vaccino. Ma guardando al cammino fatto c’è una tappa scientifica da ricordare. Ne ha parlato, al microfono di Federico Piana, il prof. Roberto Cauda, ordinario di scienza delle malattie infettive all’Università Cattolica di Roma:
R. – Il punto di rottura tra il passato e il presente è rappresentato dal 1996, quando David Howe aveva introdotto questo nuovo cocktail di farmaci e ricordo che è stato un caso piuttosto raro di un medico che venisse dichiarato uomo dell’anno dalla rivista Time. E tutta la nuova storia del trattamento dell’Aids e della malattia da Hiv comincia proprio con questa nuova possibilità, che ha cambiato radicalmente gli scenari. Il mondo, però, va a due velocità. E proprio un rappresentante di Medici senza Frontiere alcuni anni fa ad una conferenza mondiale cui io avevo partecipato aveva detto che il mondo è diviso in due parti: una linea ideale può dividere il nord del mondo, che ha i farmaci, dal sud del mondo, che ha i pazienti. Solo ad esempio un bambino su tre può avere accesso alle cure e il numero dei pazienti che oggi vengono trattati nei Paesi poveri è un’infinita minoranza rispetto alle necessità. E questo ci dice che in fondo al di là di quello che sono state le buone intenzioni dei vari G8 dei Paesi ricchi del Three by Five, dei tre milioni in cinque anni messi in trattamento, si è visto qualcosa, ma resta ancora tanto, tantissimo da fare.
Intanto, se dal piano scientifico si passa al piano sociale, si registra la drammatica denuncia dell’aumento della prostituzione in seguito all’aumento vertiginoso del prezzo del cibo: rappresentanti della FAO citano il caso di donne che arrivano a prostituirsi per comprare da mangiare in Kenya, Botswana, Swaziland, Malawi, Zambia e Tanzania. Una situazione, hanno detto, che si lega drammaticamente al maggior rischio di diffusione del virus Hiv. Ancora il Professor Cauda:
R. – Certamente, l’Africa subsahariana rappresenta secondo tutte le casistiche l’area più colpita del mondo e questo è un dato innegabile. Questo fa innescare dei meccanismi che vanno ben al di là di quello che è soltanto un problema sanitario già di per sé importantissimo. Vengono colpite quelle fasce dell’età più produttiva, dai venti ai quarant’anni. E se noi andiamo a guardare Paesi che sono particolarmente colpiti dall’Aids, vediamo che l’aspettativa di vita è tornata quella che era negli anni ’50. Vuol dire che tutto quello che faticosamente le nazioni stesse e la solidarietà internazionale avevano portato in termini di guadagno di anni di vita e di miglioramento della qualità di vita, questo terribile flagello lo ha, praticamente, completamente azzerato.
Terra Santa: celebrata sul Monte Tabor la festa della Trasfigurazione
◊ Erano centinaia questa mattina sul Monte Tabor, i fedeli che hanno partecipato alla solenne celebrazione per la festa della Trasfigurazione, nel santuario custodito dai frati francescani: soprattutto moltissime famiglie e giovani provenienti da diverse parrocchie latine della Galilea, ma anche pellegrini. La celebrazione eucaristica in lingua araba – presieduta dal Custode di Terra Santa, padre Pierbattista Pizzaballa – si è svolta appunto nel Santuario della Trasfigurazione, chiesa costruita su disegno dell'architetto Barluzzi e consacrata nel 1924, che sorge su resti bizantini. Al termine della Messa, molto partecipata, celebranti e fedeli hanno compiuto una breve processione alla cappella detta "Descendentibus", un piccolo sacello eretto in memoria della raccomandazione fatta dal Signore ai discepoli – testimoni della Trasfigurazione – di non riferire la visione avuta, prima della Resurrezione. Il Tabor, che si erge nella pianura di Esdrelon, a poca distanza da Nazareth, è monte consacrato da una lunga tradizione cristiana, e fu luogo di aspre battaglie nei secoli: assediato dai turchi, fu sede di una fortezza saracena, ma tornò infine ai cristiani nel XIII secolo. Oggi in questo santuario si possono ancora vedere alcune tracce di antichi mosaici bizantini, e accanto alla chiesa, le rovine del monastero benedettino di epoca crociata, che testimoniano che questo è il monte venerato dagli antichi cristiani come luogo della Trasfigurazione. Proprio il Tabor, infatti, fu identificato da Origene – che riferiva una tradizione antica, risalente all’epoca apostolica – con l’“alto monte” di cui parla il Vangelo di Matteo. (Da Nazareth, per la Radio Vaticana, Sara Fornari)
Mosca: funerali solenni per Solgenitsin
◊ Un saluto da grande di Russia per Alexandr Solgenitsin e tanta la commozione al Monastero Donskoi, dove lo scrittore – cinque anni fa – aveva chiesto di riposare al Patriarca Alessio II in persona. La Russia delle generazioni più anziane è venuta qui per l’estremo saluto. “Per me è stato un maestro”, ci ha detto un uomo sulla cinquantina. Molti gli ex prigionieri dei gulag convenuti. La liturgia funebre è durata circa un’ora e mezzo, quindi la tumulazione. La bara è stata portata in spalla dalla Guardia d’Onore del Cremlino. Tre le salve di fucile sparate in aria. “Il potere di oggi saluta un grande cittadino di Russia”, ha commentato Vladimir Lukin, a lungo difensore ufficiale dei diritti umani negli anni Novanta. Peccato che il potere di ieri si sia comportato con Solgenitsin in modo diverso. Al funerale ha partecipato anche il presidente Medvedev, che ha interrotto un viaggio lungo il Volga. “E’ morto da trionfatore - sostiene il professor Zubkov dell’Mgimo, l'Università statale di Mosca per le relazioni internazionali - Gli sono stati concessi tutti gli onori possibili, anche quelli militari”. E il premier Putin ha chiesto al ministro dell’Istruzione di cambiare i programmi scolastici e di dare maggiore importanza all’opera dello scrittore scomparso. (Da Mosca, per la Radio Vaticana, Giuseppe D’Amato)
I vescovi del CELAM denunciano il dramma della tratta di esseri umani
◊ Con gli occhi puntati sui Paesi del Centro America, ma anche su numerosi altri dell’America Latina, i partecipanti al seminario organizzato dalla sezione Mobilità Umana del CELAM, il Consiglio episcopale latinoamericano, cercano di fare una volta di più piena luce sul dramma della tratta di persone. Nella prima giornata dei lavori è, fra l’altro, emerso, che dopo il traffico di droghe e quello di armi, questo fenomeno è diventato il terzo più lucroso del pianeta, con l’aggravante che qui è protagonista la stessa vita umana. Secondo il Protocollo che i Paesi delle Nazioni Unite hanno firmato su questa spinosa questione, incorre in questo delitto chiunque capti, trasferisca o accolga una persona con l’obiettivo di sfruttarla. Con il seminario la Chiesa vuole, tra l’altro, contribuire alla formazione di operatori pastorali, che agiscano lungo tre direttive: prevenzione, soluzione e attenzione alle vittime. In un documento preparatorio il Consiglio latinoamericano ha sottolineato che la tratta di esseri umani è un fenomeno molto antico, che soltanto negli ultimi decenni sta diventando di interesse pubblico. Praticamente si dice ancora si è di fronte ad un problema vecchio con un nome nuovo, di fronte ad un autentico flagello conosciuto come la schiavitù del XXI secolo. (Dall’America Latina, Maurizio Salvi, Ansa)
Il tema dell'uguaglianza al centro delle Settimane Sociali in Cile
◊ “Costruire l’uguaglianza: compito di tutti, compito di oggi”: è il tema delle Settimane Sociali promosse dalla Chiesa del Cile nell’ambito del mese della solidarietà. Si tratta di un periodo nel quale la Chiesa promuove con speciale enfasi diverse attività in 19 diocesi. Le Settimane Sociali costituiscono un momento di riflessione sulla dottrina sociale della Chiesa, orientate all’analisi e alla ricerca di proposte su grandi temi, con lo scopo di promuovere uno sviluppo integrale dell’uomo. L’iniziativa della Settimane sociali è uno dei frutti dell’enciclica Rerum Novarum, di Papa Leone XIII. Si tratta di un esperienza che ben si riflette nelle parole pronunciate da Papa Giovanni Paolo II nel 1999, in occasione della LXXIV Settima Sociale in Francia: “Le diverse esperienze delle Settimane Sociali hanno rappresentato tutte momenti d’incontro particolarmente importanti, che hanno contribuito a creare numerose trasformazioni nella vita pubblica e hanno scritto una bella pagina della storia del cattolicesimo sociale… Hanno stimolato molti fedeli a impegnarsi a vivere i principi sui quali si fonda la dottrina sociale della Chiesa”. In Cile, in particolare, le Settimane Sociali hanno acquistato rilevanza soprattutto durante il regime militare, costituendo uno dei pochi spazi di dialogo e riflessione sulla realtà sociopolitica ed economica e in cui cercare alternative per ristabilire lo Stato di diritto e la dignità delle persone: in questo solco s’inseriscono la VII Settimana Sociale del 1979, dal tema “La nostra convivenza nazionale” e la XII, nel 1984, dedicata a “Costruire il Paese”. Dal 2005 il dipartimento dell’Azione sociale della Conferenza episcopale cilena e la Caritas del Cile lavorano insieme per la realizzazione di Settimane Sociali con molte attività da svolgere nelle diocesi, attraverso l’approfondimento di diverse tematiche riguardanti lo sviluppo del Paese: tra le altre, il cambiamento del mondo del lavoro e le sfide ambientali, affrontate alla luce della dottrina sociale della Chiesa. Nell’aprile 2008, l’Assemblea plenaria dei vescovi ha deciso che le prossime Settimane Sociali costituiranno il contributo della Chiesa alla commemorazione del Bicentenario dell’indipendenza nazionale cilena, che cade nel 2010, promuovendo il dialogo intorno alla società che si vuole costruire, sconfiggendo le “scandalose disuguaglianze” che caratterizzano il Paese, in vista di un Cile più giusto e solidale. Le attività da svolgere durante le Settimane Sociali, dunque, saranno orientate alla riflessione finalizzata a identificare le sfide ancora da affrontare, i grandi sogni da realizzare e i progetti da condividere per spingere i partecipanti a impegnarsi per un Cile che dia le stesse opportunità a tutti i suoi abitanti. (R.B.)
Concluso in Ecuador il corso di attualizzazione della Bibbia per i vescovi latinoamericani
◊ “Non è facile nel momento storico che stiamo vivendo, riconoscere i segni della volontà e dell’amore di Dio”. Con queste parole lunedì scorso mons. Rubén Salazar, arcivescovo di Barranquilla, in Colombia, si è rivolto ai vescovi latinoamericani durante la Messa conclusiva del seminario di attualizzazione biblica svoltosi a Quito, in Ecuador. Nell’omelia il presule ha sottolineato l’importanza per la Chiesa, sulla scia di quanto indicato dal Concilio Vaticano II, di “ascoltare i segni del tempo e, quindi, di saper sempre riconoscere la voce di Dio”. Mons. Salazar ha poi ricordato l’appello di Giovanni Paolo II a una nuova evangelizzazione, “nuova nel suo ardore, nuova nei suoi metodi e soprattutto nuova nella sua espressione”. Non bisogna perciò temere i rifiuti, ma continuare ad annunciare la Buona Novella facendo sì che arrivi a tutti. “Dobbiamo sempre tener presente l’essenziale – ha concluso il presule – che coincide con l’annuncio di amore e salvezza offertoci da Dio attraverso Gesù morto e risorto per noi”. (S.G.)
Al via la plenaria dei vescovi di Botswana, Sudafrica e Swaziland
◊ Un forum dei laici, una riflessione pastorale sulle prossime elezioni nella Repubblica Sudafricana e una discussione sui futuri orientamenti dell’educazione cattolica nell’Africa meridionale. Questi i temi principali che verranno affrontati da oggi al mercoledì prossimo nella plenaria della Conferenza Episcopale dell’Africa Meridionale (SACBC), presso il Monastero di Mariannhill (Sudafrica). L’incontro dei vescovi di Botswana, Sudafrica e Swaziland prevede anche un pellegrinaggio ad Emmaus sulla tomba dell’Abate Franz Pfanner, monaco trappista austriaco fondatore del monastero di Mariannhill e della stazione missionaria di Emmaus; il pellegrinaggio si tiene in vista della celebrazione, il 24 maggio 2009, del centenario della morte dell’Abate, di cui è in corso la causa di beatificazione. (S.G.)
Hiroshima commemora le vittime dell’atomica
◊ Circa 45mila persone si sono riunite oggi presso il Peace Memorial Park di Hiroshima, per partecipare alla commemorazione delle vittime della bomba atomica sganciata sulla città il 6 agosto 1945 e seguita, tre giorni dopo, da un’altra sulla città di Nagasaki. La celebrazione si è svolta nel parco realizzato al centro della città rasa al suolo 63 anni fa alla presenza del primo ministro Yasuo Fukuda, che sabato 9 parteciperà ad analoga cerimonia a Nagasaki, del sindaco di Hiroshima, Tadatoshi Akiba, e di diplomatici stranieri in rappresentanza di 55 Paesi esteri: un record per l’occasione. La cerimonia è iniziata osservando un minuto di silenzio alle 8.15 precise, ora locale: lo stesso orario in cui allora il bombardiere USA “Enola Gay” sganciò l’ordigno denominato “Little Boy”. Il sindaco Akiba, nel suo discorso, ha ricordato le vittime dell’atomica, circa 250mila secondo i bilanci ufficiali (di cui 70-100mila morte sul colpo), ma le associazioni ne rivendicano molte di più, e soprattutto i 300mila “hibakusha”, i sopravvissuti, 140mila dei quali, all’incirca, sono deceduti successivamente a causa dell’esposizione alle radiazioni. Il primo cittadino, presidente onorario dell’associazione dei sindaci per la pace, ha anche ribadito che l’anno scorso 170 Paesi hanno votato in favore della risoluzione presentata all’ONU dal Giappone per l’abolizione delle armi nucleari, contro la quale hanno votato soltanto tre Stati, tra cui gli USA, e ha detto di augurarsi che il prossimo presidente statunitense si adoperi “per bandire definitivamente le armi nucleari”. Anche il premier Fukuda è intervenuto, confermando che il Giappone resterà in prima linea nella lotta per il disarmo nucleare. (R.B.)
La diocesi di Macerata rilancia per le Olimpiadi la figura di padre Matteo Ricci
◊ Padre Matteo Ricci e le Olimpiadi. L’originale connubio, che lega la figura del religioso vissuto nel XVI secolo al grande evento sportivo al via tra due giorni, è stato promosso dal Centro diocesano "Padre Matteo Ricci", attivo nella terra d’origine del missionario (diocesi di Macerata – Tolentino – Recanati – Cingoli – Treia). Stamani alla presenza del vescovo, mons. Claudio Giuliodori, è stato, infatti, presentato il depliant “Il Gesuita che amò la Cina”, un raffinato pieghevole corredato da immagini e tradotto in inglese e cinese, pensato per approfondire la conoscenza del religioso a cui, nel 2010, verranno dedicate numerose celebrazioni in occasione del 400.mo anniversario della morte. Il libricino è stato portato a Pechino dove padre Ricci è sepolto e dove la sua figura e la sua opera in terra cinese verranno così diffuse in questi giorni anche nell’ambiente internazionale del villaggio olimpico. Li Madou Xitai era il nome locale del missionario che ebbe l'intuizione di trasmettere in quei luoghi remoti valori di civiltà e rispetto umano del Cristianesimo, tra cui l'amicizia. Il “Trattato sull’amicizia” (1595) fu, infatti, la sua prima opera scritta in cinese, un modo, spiega oggi mons. Giuliodori “per iniziare il dialogo con un popolo dalla cultura e dai costumi molto lontani dai suoi, a cui desiderava proporre Colui che chiamò i suoi discepoli non più servi ma amici: Gesù. L'amicizia è, infatti, sigillo di quanto gli uomini hanno in comune". Il depliant, dunque, riporta anche alcune sentenze tratte da quest’opera e nei prossimi giorni, rendono noto dalla diocesi di Macerata, don Mario Lusek, direttore dell'Ufficio Nazionale per la Pastorale del tempo libero, turismo e sport (originario della Diocesi di Fermo), che accompagna a Pechino la squadra olimpica italiana, organizzerà una Santa Messa in onore di Padre Matteo Ricci. (S.G.)
Pellegrinaggio dal Friuli Venezia Giulia a Istanbul, sulle orme di San Cromazio
◊ Nell’ambito delle manifestazioni organizzate per l’Anno Cromaziano, indetto dalle Chiese del Friuli Venezia Giulia, ci sono anche pellegrinaggi alla riscoperta dei luoghi cari a San Cromazio, uno dei quali è Istanbul. I pellegrini che raggiungeranno la Turchia visiteranno gli edifici legati alla Chiesa di Costantinopoli: Santa Sofia, San Salvatore in Chora, i resti della città romana, e incontreranno esponenti delle diverse realtà cristiane. Costantinopoli, oggi Istanbul, è molto cara al Santo di Aquileia, del quale si celebra l’anno giubilare dal 2 dicembre 2007 al 2 dicembre 2008, in occasione dei 1600 anni dalla morte. All’epoca in cui visse, il Patriarca della città era San Giovanni Crisostomo, uno dei Padri della Chiesa. Il rapporto tra i due è testimoniato da un intenso epistolario, in cui il Patriarca di Costantinopoli riconosce lo zelo pastorale del vescovo di Aquileia, la sua ardente carità e la sua fermezza nella missione. San Cromazio, che fu vescovo di Aquileia per vent’anni, dal 388 al 408, succeduto a Valeriano, è una figura di grande rilievo per l’area mitteleuropea e in oriente, testimone della fede e della vitalità della Chiesa antica, che fino alla morte condivise le travagliate vicende del suo popolo. I suoi scritti, rimasti sconosciuti per secoli, sono stati recentemente riscoperti. (R.B.)
"Concerto Evento Pontefice" a Castelgandolfo in omaggio a Benedetto XVI e in memoria di Paolo VI
◊ Un omaggio a Papa Benedetto XVI, che rientrerà a Castelgandolfo lunedì prossimo e a Paolo VI che qui si spense il 6 agosto di 30 anni fa. Questo lo spirito del “Concerto Evento Pontefice” che verrà eseguito stasera alle 21.00, nella nota cittadina alle porte di Roma, alla presenza del segretario di Stato vaticano, cardinale Tarcisio Bertone e del vescovo della diocesi di Albano Laziale, mons. Marcello Semeraro. Sul palco, allestito nella Piazza della Libertà, salirà l’Orchestra Sinfonica dell’Europa Unita (OSEU), il primo Organico Senior espressione della UE, composto da musicisti e professori italiani, tedeschi, francesi, olandesi, belgi, rumeni e russi, e diretto dal Maestro Gerard Oskamp. In programma, l’Hebriden Ouverture di Felix Mendelssonhn, la Sinfonia n. 40 in sol minore di Wolfang Amadeus Mozart e la Sinfonia n. 5 in do minore di Ludwig van Beethoven. Il direttore artistico e ideatore dell’evento è Rossana Tomassi Golkar. L'evento, inoltre, si inserisce all'interno di una stagione musicale che ha in programma una serie di appuntamenti tra i quali il "Gran Galà Concerto di Natale". (S.G.)
Golpe militare in Mauritania: arrestati il premier e il presidente del Paese nordafricano
◊ Ore di tensione in Mauritania dove si sta consumando un golpe militare. Diverse fonti hanno confermato che alcuni generali dell’esercito con in testa il capo delle guardie presidenziali generale Mohamed Ould Abdel Aziz hanno arrestato il presidente Sidi Ould Cheikh Abdallah, primo capo di Stato eletto democraticamente nel 2007, e il primo ministro Yahya Ould Ahmed Waghf. I militari hanno anche circondato alcuni edifici governativi nella capitale Nouakchott e sono state interrotte le trasmissioni televisive. Il golpe sarebbe scattato dopo la decisione del presidente di sostituire diversi ufficiali.
Somalia-liberazione
E’ durato 76 giorni il sequestro di Jolanda Occhipinti e Giuliano Paganini. I due operatori umanitari italiani sono stati rilasciati ieri dal gruppo armato che li aveva rapiti il 21 maggio scorso, insieme con il collega somalo Yusuf Arale, del quale non si hanno ancora notizie certe. A dare l’annuncio della liberazione, dopo settimane di silenzio stampa, è stato il ministro degli Esteri italiano, Franco Frattini. Tra i primi a commentare il rilascio dei due cooperanti in Somalia, è stato Sergio Marelli, presidente delle ONG italiane. Sentiamolo nell’intervista di Giancarlo La Vella:
R. – Un grande sospiro di sollievo perché 76 giorni sono stati lunghi. In questo momento c’è soprattutto il grande sollievo di poter essere certi che nella giornata di oggi rientreranno in Italia, dato che ieri sera sono arrivati all’aeroporto di Nairobi.
D. – Ci sono ancora preoccupazioni per le sorti del cooperatore somalo?
R. – Purtroppo ancora non abbiamo notizie certe. Stiamo attendendo notizie da fonti certe e pensiamo che ce le potranno dare anche gli stessi Jolanda e Giuliano.
D. –Di questa drammatica vicenda, conclusasi in modo positivo, cosa possiamo dire del ruolo, dell’impegno dei volontari in terre così difficili come la Somalia?
R. – Possiamo solo riaffermare che essere organizzazioni umanitarie, organizzazioni non governative di volontariato, significa anche essere al fianco di popolazioni sofferenti. Essere vicini in quelle situazioni nelle quali – come appunto in Somalia – le persone sono ancora preda di bande criminali. Queste persone sono in uno Stato che fondamentalmente non ha un governo e dove la violenza, la guerra ed i conflitti imperano. Essere organizzazioni umanitarie, quindi, significa anche essere presenti in queste situazioni, ma con quella responsabilità che non ci deve mai consentire di superare la soglia limite. Una soglia oltre la quale anche noi, volontari ed operatori umanitari, dobbiamo ritirarci da quei Paesi.
Medio Oriente
A Gerusalemme è previsto un pranzo di lavoro tra il premier israeliano Olmert ed il presidente palestinese Abu Mazen. Sul tavolo diverse questioni come lo statuto finale dei Territori occupati, i posti di blocco israeliani in Cisgiordania e i detenuti palestinesi nelle carceri ebraiche. Intanto, Israele ha rilasciato oggi cinque detenuti palestinesi, in base ad un accordo di scambio concluso con il movimento sciita libanese di Hezbollah.
Iran-nucleare
Un nuovo stallo nel negoziato sulla crisi nucleare iraniana. Ieri Teheran ha risposto in modo evasivo alle proposte avanzate dai 5 membri del consiglio di sicurezza più la Germania, che promettevano consistenti aiuti finanziari in cambio del congelamento del programma nucleare. Gli Stati Uniti chiedono dunque nuove e più pesanti misure positive contro l’Iran, già sottoposto ad un regime di sanzioni internazionali. Oggi una nuova riunione del cosiddetto gruppo 5+1 che dovrà valutare la situazione. Su questo muro contro uro, Stefano Leszczynski ha intervistato Maurizio Simoncelli, docente all’Università di Roma Tre ed esperto di disarmo nucleare:
R. – Il problema nasce dal fatto che il Trattato di non proliferazione nucleare consente ai Paesi firmatari di realizzare il nucleare civile e, quindi, l’Iran da questo punto di vista ha formalmente ragione. Il problema è che il nucleare civile, ormai palesemente, permette di passare al nucleare militare. Dato l’atteggiamento e le intenzioni espresse verbalmente dal governo iraniano, ci troviamo di fronte ad una possibile minaccia.
D. – Il grosso problema sembra essere, dunque, quello delle prove che stia effettivamente avvenendo questa trasformazione da civile a militare?
R. – Devo dire che a livello internazionale, purtroppo, non c’è un regime concordato e riconosciuto da tutti sul controllo del nucleare civile. Teniamo presenti che altri Paesi, a partire dallo stesso Israele fino ad arrivare all’India e al Pakistan, si sono dotati nel corso degli anni di armi nucleari al di fuori del Trattato di non proliferazione nucleare.
D. – Secondo lei può funzionare per il controllo un meccanismo di premi per i virtuosi e di sanzioni per i non virtuosi nella non proliferazione nucleare?
R. – Certamente, questo potrebbe funzionare benissimo. Se, ad esempio, l’arricchimento del materiale fissile lo centralizzassimo presso un’autorità che fornisca materiale arricchito ritirando quello fissile utilizzato, questo permetterebbe effettivamente un controllo in termini di sicurezza a livello internazionale.
D. – Ricorre l’anniversario della prima bomba atomica lanciata su Hiroshima: cosa ci dice questo fatto storico oggi in un momento in cui le crisi nucleari ed i pericoli sono tanti?
R. – Queste armi sono infinitamente più potenti e più distruttive di quelle di Hiroshima e di Nagasaki, che - ricordiamolo bene - erano armi destinate ad essere utilizzate contro le città e non contro obiettivi militari od obiettivi strategici. Erano, quindi, decisamente delle armi disumane.
Nucleare-Nord Corea
Sempre in tema di nucleare, il presidente americano Bush, in visita a Seul, ha espresso preoccupazione per i piani nucleari della Corea del Nord. Il capo della Casa Bianca ha invitato Pyongyang a mostrare reale volontà per accantonare i propri programmi atomici.
Sri Lanka-violenza
Almeno 38 ribelli tamil e quattro soldati srilankesi sono rimasti uccisi ieri nel corso di furiosi scontri scoppiati nel dipartimento settentrionale di Vavuniya, zona controllata dai ribelli. Secondo l’esecutivo del Paese asiatico, gli insorti delle Tigri di Liberazione del Tamil Eelam hanno tentato una controffensiva nei confronti dell’esercito che da mesi tenta di riprendere il comando dell’area. In base a dati forniti dal governo di Colombo, dall’inizio dell’anno sono morti 5595 ribelli e 510 soldati.
Italia-politica
La manovra economica è legge. Con il via libera definitivo di ieri della Camera, sono stati fissate le misure per i prossimi tre anni. E subito dopo il Consiglio dei Ministri ha esaminato una prima bozza di finanziaria, che sarà varata a settembre. Questa mattina il ministro dell’Economia Tremonti ne ha illustrato le linee guida in una conferenza stampa a Palazzo Chigi. Il servizio di Giampiero Guadagni:
Sarà una Finanziaria leggera quella che il Governo intende varare a settembre. Per ora è infatti composta da soli tre articoli nei quali - senza indicare cifre - vengono riportati alcuni capitoli su cui si interverrà e che sono stati precisati questa mattina dal ministro dell'economia Tremonti. Ci saranno alcune proroghe fiscali, interventi sull’aliquota agevolata dell’IRAP agricola e le risorse per il rinnovo dei contratti pubblici. Ma la Finanziaria sostanziale ha già ottenuto il via libera del Parlamento: la manovra economica, anticipata per l’intensificarsi della crisi anche internazionale, sarà di 36 miliardi di euro per il prossimo triennio. Stiamo rispettando i parametri europei, assicura Tremonti che preannuncia per il 2011 il pareggio di bilancio. Tra le principali misure 15 miliardi di tagli ai ministeri, 9 agli enti locali e 3 alla sicurezza. Viene poi introdotta la Robin Tax, la tassa sui superprofitti di banche, petrolieri e assicurazioni. Previsto un piano casa: 20 mila nuovi alloggi nel 2009. Agevolati giovani coppie, famiglie a basso reddito e immigrati se residenti in Italia da almeno 10 anni. Un requisito, quest’ultimo, che servirà anche per ottenere gli assegni sociali. Tra le altre novità: la social card, destinata soprattutto agli anziani per permettere l’acquisto di generi di prima necessità. C’è poi la discussa norma sui precari: niente assunzione ma solo un indennizzo economico a chi ha già presentato un ricorso. Sul complesso della manovra da maggioranza e opposizione arrivano valutazioni diverse. Per il centrodestra, sostiene l’economia del Paese e aiuta gli strati sociali più deboli. Per il centrosinistra si tratta, invece, di misure inique e frettolose che non rispondono alle esigenze dei cittadini.
Iran-lapidazione
E’ stato presentato dalla magistratura iraniana un disegno di legge per abolire la lapidazione come metodo di esecuzione dei condannati a morte. Il via libera dipenderà dal Consiglio dei Guardiani che ha facoltà di porre il veto sul provvedimento. Intanto sono diverse le cifre riguardanti il numero delle esecuzioni nella Repubblica Islamica; per l’agenzia France Press sono state eseguite finora 160 condanne, secondo Amnesty International solo nel 2007 sono state 317 le esecuzioni.(Panoramica internazionale a cura di Benedetta Capelli)
Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LII no. 219
E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sulla home page del sito www.radiovaticana.va/italiano.