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Sommario del 01/08/2008
Il Papa invita a pregare perché cresca la consapevolezza che tutti i cristiani sono chiamati ad essere santi e missionari
◊ Benedetto XVI invita a pregare “perché sia promossa e alimentata la risposta di tutto il popolo di Dio alla comune vocazione alla santità e alla missione, con un attento discernimento dei carismi e un costante impegno di formazione spirituale e culturale”. Queste parole del Papa sono contenute nell’intenzione missionaria promossa dall’apostolato della preghiera per questo mese di agosto. Il servizio di Sergio Centofanti:
Il Papa esorta la Chiesa a pregare perché cresca tra i fedeli la consapevolezza che tutti i battezzati sono chiamati alla santità. “A volte – sottolinea il Pontefice - si pensa che la santità sia una condizione di privilegio riservata a pochi eletti. In realtà – afferma - diventare santo è il compito di ogni cristiano, anzi … di ogni uomo!”. Ma in che consiste la santità? Ascoltiamo Benedetto XVI:
“All’interrogativo si può rispondere anzitutto in negativo: per essere santi non occorre compiere azioni e opere straordinarie, né possedere carismi eccezionali. Viene poi la risposta in positivo: è necessario semplicemente ‘servire’ Gesù, ascoltarlo e seguirlo senza perdersi d’animo di fronte alle difficoltà (…) La santità esige uno sforzo costante, ma è possibile a tutti perché, più che opera dell’uomo, è anzitutto dono di Dio”. (Omelia del 1° novembre 2006)
Dalla santità alla missione: anche in questo caso ogni cristiano è missionario. Ma non c’è da dire solo che tutti i battezzati hanno il dovere e il diritto di annunciare il Vangelo. Il Papa aggiunge una notazione invitando a superare quelle forme ambigue di rispetto che alla fine si trasformano in un silenzio della fede. Tutti, infatti, hanno il diritto di conoscere Cristo, salvatore dell’umanità:
“L’annuncio del Vangelo resta il primo servizio che la Chiesa deve all’umanità, per offrire la salvezza di Cristo all’uomo del nostro tempo, in tante forme umiliato e oppresso, e per orientare in senso cristiano le trasformazioni culturali, sociali ed etiche che sono in atto nel mondo”. (Angelus del 7 ottobre 2007)
Le vie della santità e della missione sono tante quante ne ispira lo Spirito. Sono i carismi, la cui autenticità è garantita dalla loro disponibilità a sottomettersi al discernimento dell’autorità ecclesiastica. I carismi – afferma il Papa – possono essere “scomodi” ma l’istituzione deve fare attenzione a non spegnerli:
“Chi è chiamato a un servizio di discernimento e di guida non pretenda di spadroneggiare sui carismi, ma piuttosto si guardi dal pericolo di soffocarli, resistendo alla tentazione di uniformare ciò che lo Spirito Santo ha voluto multiforme per concorrere all’edificazione e alla dilatazione dell’unico Corpo di Cristo, che lo stesso Spirito rende saldo nell’unità”. (Discorso sui Movimenti ecclesiali, 17 maggio 2008)
Infine il Papa invita a pregare perché i cristiani, lungi dal ripiegarsi su stessi e da ogni forma di pessimismo, coltivino un costante impegno di formazione spirituale e culturale. Ecco l’esortazione del Papa alle religiose dell’Unione internazionali superiore generali:
“Non stancatevi di riservare ogni cura possibile alla formazione umana, culturale e spirituale delle persone a voi affidate, perché siano in grado di rispondere alle odierne sfide culturali e sociali. Siate le prime a dare l’esempio nel rifuggire le comodità, gli agi, le convenienze per portare a compimento la vostra missione. Condividete le ricchezze dei vostri carismi con quanti sono impegnati nell’unica missione della Chiesa che è la costruzione del Regno”. (Discorso all’UISG, 7 maggio 2007)
Oggi su "L'Osservatore Romano"
◊ In prima pagina, la situazione in Sudan: il Consiglio di sicurezza diviso sull’impunità di Al Bashir, gli Stati Uniti non votano la risoluzione sul Darfur
Il processo Karadzic: l’ex leader serbo-bosniaco già condannato dalle donne di Srebrenica chiama in causa il negoziatore americano
Immigrazione in Italia: l’impegno della Chiesa. Il lavoro quotidiano svolto dalle Caritas sul territorio
In cultura, un articolo di Fabrizio Assandri dal titolo “Una foresta di simboli nel cuore di Barcellona”: 125 anni fa veniva affidata ad Antonio Gaudì la direzione dei lavori della Sagrada Familia
Ampi stralci da un articolo di Giovanni Sale sulla “Humani generis unitas”, l’enciclica mai pubblicata di Pio XI sul razzismo
Mario Ponzi intervista Giovanni Rocchi, direttore dell’ufficio vaticano di sanità e igiene
Caso Eluana. La Procura ricorre contro la Corte d'Appello. La soddisfazione di mons. Fisichella
◊ La Procura Generale di Milano ha deciso di ricorrere contro il decreto con il quale la Corte d'Appello Civile aveva concesso al padre di Eluana Englaro, la giovane in stato vegetativo da 16 anni, di chiedere la sospensione delle cure. Contemporaneamente sempre la Procura Generale ha chiesto alla Corte d'Appello di sospendere il decreto emesso che, altrimenti, sarebbe esecutivo in qualsiasi momento. Oggi, intanto, è atteso il voto del Senato che dovrebbe decidere di seguire la strada della Camera, ovvero sollevare il conflitto di attribuzione presso la Consulta. La motivazione con cui la Procura generale milanese ha fatto ricorso è che non è stata accertata con sufficiente oggettività l’irreversibilità dello stato vegetativo di Eluana Englaro. Gabriella Ceraso ne ha parlato con Roberto Piperno direttore di Medicina riabilitativa all'Ospedale Maggiore di Bologna e direttore della Casa dei Risvegli Luca De Nigris:
R. – Ci sono due zone di ambiguità: quando noi diciamo “stato vegetativo”, stiamo sempre più scoprendo che ne sappiamo veramente molto poco e stiamo scoprendo sempre più che dietro questa etichetta – basata sua una diagnosi di assenza, di consapevolezza, di relazioni con gli altri - ci sono in realtà molte situazioni diverse, alcune delle quali hanno anche delle attività di tipo cognitivo importanti, come la comprensione del linguaggio o il riconoscimento di volti. Nel concetto stesso di reversibilità, c’è poi un’altra zona di ambiguità e questo perchè la grande maggioranza dei casi diagnosticati in stato vegetativo nel corso degli anni mostrano cambiamenti. Bisogna, quindi, capire che valore si dà a questi cambiamenti: per alcuni sono importanti e determinanti, mentre per altri non sono sufficienti. E’ sempre un elemento che lascia incertezza. Se si intende tornare alla vita normale, esattamente come era prima, credo che si possa allora parlare di irreversibilità. Ma non credo che sia questo che si intende quando si parla di irreversibilità. Dovremmo allora parlare anche di cambiamenti possibili e di cambiamenti possibili ce ne sono sempre. Quando usiamo la parola “irreversibilità” dovremmo sempre essere estremamente prudenti, perchè è una condanna definitiva e chiude la porta su qualcosa di cui in realtà abbiamo ancora molte poche conoscenze.
D. – Quali sono gli strumenti che ha la medicina per arrivare ad accertare l’irreversibilità oggettiva?
R. – Io ho il dubbio se ci si arriverà mai a determinare una irreversibilità oggettiva. In questo momento, le tecnologie scientifiche ci mettono sempre più in condizione di intuire, e di intravedere delle attività cognitive che all’osservazione, alla semplice osservazione clinica non si vedono. Il fatto poi di definire una condizione di irreversibilità, ripeto, il problema sta nel dare un senso alla parola irreversibile.
D. – Ci può essere un conflitto in questo ambito tra diritto e medicina?
R. – Gli elementi di conflitto nascono quando ci sono delle ambiguità non risolte, anche nell’uso di metafore: quando si parla di stati vegetativi o di coma, si parla come di un qualcosa da cui ci si deve risvegliare, ma non è così; quando si parla di queste condizioni come di morte interrotte, ma non è così, perchè in realtà sono vite che hanno preso una strada diversa. Ma ci sono delle ambiguità anche nell’uso di parole e delle metafore che usiamo che creano, poi, veramente un problema a loro volta.
D. – La letteratura medica del passato e la casistica ci possono aiutare nel dirimere la questione?
R. – Sappiamo dalla statistica che la probabilità di evoluzione significativa dopo un anno di stato vegetativo è molto, molto, molto bassa. Esistono, però, lo stesso dei casi che si sono evoluti anche dopo questo limite. Questo non ci dà, quindi, delle certezze, ma ci dice “attenzione” e attenzione perchè ancora non sappiamo tutto.
D. – Questo è anche il suo parere?
R. – Certamente è il mio parere, poi sono delle famiglie che continuano a chiederci di andare avanti in qualche modo in questa strada, di cercare di capire sempre di più.
La vita è sempre un bene inviolabile: così in sintesi mons. Rino Fisichella, presidente della Pontificia Accademia per la Vita, a commento della decisione di ricorso della Procura generale di Milano. Lo ascoltiamo al microfono di Federico Piana:
R. – Fin dalle mie primissime dichiarazioni avevo sempre sostenuto che la sentenza della Corte d’Appello faceva acqua da tutte le parti e quindi sarebbe stata giusta una impugnazione da parte della Procura, cosa che è avvenuta. Siamo dinanzi ancora una volta a dover toccare con mano un duplice sentimento: il primo, è quello che rimette di nuovo in primo piano il valore della vita. Eluana è una ragazza che vive, non è attaccata a nessun apparecchio e non si tratta di staccare nessuna spina. Sarebbe significato soltanto non darle più da mangiare e da bere e questo sarebbe stato un crimine in ogni caso, un crimine immenso. Dall’altra parte, tocchiamo con mano che il ricorso riporta in primo piano anche il dubbio che la scienza non può dirimere, vale a dire fino a dove può intervenire la scienza, con quali certezze la scienza può dire che c’è irreversibilità di uno stato come quello che sta vivendo la ragazza, e ci riporta ancora al grande tema della inviolabilità della vita sempre, dovunque, nonostante tutto.
D. – Molti giuristi avevano paura che questa sentenza potesse creare dei pericolosi precedenti. Lei è d’accordo su questo?
R. – Questo è vero, perché una sentenza crea una giurisprudenza e quindi questo avrebbe portato a emettere, con molta probabilità, anche altre sentenze di questo genere. Questo ci riporta ancora una volta, a mio avviso, ad avere una forte attenzione su tante persone nel nostro Paese che vivono la stessa situazione. Io credo che noi dobbiamo fare il grande sforzo di essere vicini a queste persone, molto vicini ai familiari e chiedere anche con grande forza che nessuno abbia ad abbandonarli in questa condizione.
D. – Perché c’è questo accanimento contro la vita, anche se debole, anche se fragile?
R. – Io credo che ogni singolo caso porti con sé un dramma e quindi credo che nessuno di noi si possa sostituire né nel giudizio, né nelle scelte, a quella che è la condizione particolare che i familiari di questi casi vivono. Però, mi sembra che ci sia una forte pressione ideologica, una pressione che pensa che quando siamo dinanzi ad un altro concetto di vita, questa vita non meriti più di essere vissuta. C’è una visione ideologica che vuole porre come primato di tutto la libertà, ma la libertà esiste nella misura in cui c’è vita e nella misura in cui si valorizza la vita! E in ogni caso, davanti al richiamo assoluto della libertà, io penso che noi dovremmo aiutare a riflettere sul rapporto con la verità. Gli antichi dicevano, con una bella espressione: “Amicus Plato, sed magis amica Veritas” – Platone è amico, ma molto di più amica è la Verità. Io credo che la verità è condizione necessaria perché ci sia piena libertà nelle persone.
Aperta stamane, nella Basilica di Santa Maria degli Angeli, la Solennità del Perdono di Assisi
◊ “Voglio mandarvi tutti in Paradiso”. Così Francesco d’Assisi, il 2 agosto 1216, comunicava ai fedeli riuniti alla Porziuncola di aver ottenuto dal Papa Onorio III l’indulgenza plenaria per quanti avessero visitato, pentiti e confessati, la chiesetta costruita dal poverello a Santa Maria degli Angeli. Da allora ogni anno, da mezzogiorno del 1° agosto alla mezzanotte del giorno dopo, è possibile lucrare l’indulgenza per sé e per i defunti alla Porziuncola o in una chiesa parrocchiale o francescana, a condizione di confessarsi, partecipare all’Eucarestia, recitare il Credo, il Padre Nostro ed una preghiera secondo le intenzioni del Papa. Stamane ad aprire nella cittadina umbra la Solennità del Perdono è stato il ministro generale dell’Ordine dei Frati Minori, padre José Rodríguez Carballo, che ha presieduto la Santa Messa nella Basilica di Santa Maria degli Angeli, dove nel pomeriggio i fedeli si recheranno in processione per ricevere l’indulgenza e celebrare i Primi Vespri, presieduti da mons. Domenico Sorrentino, vescovo di Assisi – Nocera Umbra – Gualdo Tadino. Paolo Ondarza ha intervistato il presule sul significato di questa ricorrenza:
R. - Quando noi pecchiamo, disturbiamo tutto il nostro essere che diventa più incapace ad accogliere la grazia di Dio, la gioia di Dio, e anche di mettersi in rapporto con gli altri ed è questo che poi ci provoca quella pena che se non è risolta su questa Terra deve essere risolta nell’aldilà, con il Purgatorio. L’indulgenza è appunto la grazia di questa misericordia sovrabbondante che ci viene incontro, che rimette tutto il nostro essere, in sintonia con Dio. Naturalmente non è un fatto magico, si richiedono delle condizioni tali che l’uomo davvero si predisponga a questa sovrabbondanza di grazia. Francesco voleva ottenere questo: che chi viene a visitare la chiesa da lui prediletta, faccia in qualche modo l’esperienza che egli qui faceva, l’esperienza di un Dio vicino e misericordioso e si senta totalmente risanato. L’indulgenza è diventata poi un’esperienza diffusa nella Chiesa, però bisogna dire che qui nell’ambiente di Francesco acquista tutto il sapore proprio anche del contatto con la sua esperienza spirituale.
D. - Oggi cosa viene a dire questa festa? Perché c’è bisogno di perdono, della festa del perdono ai nostri giorni?
R. – Direi che c’è n’è più che mai bisogno. C’è bisogno del perdono e di quella sovrabbondanza di perdono che realmente ci aiuti a ricostruire il nostro essere personale e comunitario. Viviamo in una società in cui le divisioni sono veramente tante. Divisioni dentro il cuore dell’uomo, divisioni nelle famiglie, divisioni nei rapporti fra istituzioni, società, gruppi, c’è tanta guerra e tanta violenza nel mondo. Questo perdono è strettamente parlando quello che succede nel cuore di ciascuno di noi, quando ci lasciamo pienamente riconciliare con Dio, ma è al tempo stesso testimonianza che si diffonde nella società e diventa il modo con cui Dio ritesse, attraverso il cuore di ciascuno di noi, anche la comunità dei suoi figli.
Al via, nella Basilica romana di Santa Maria in Via Lata al Corso, la Quindicina dell’Assunta
◊ Inizia oggi il mese mariano delle antiche Chiese orientali: la festa dell’Assunta è preceduta da 15 giorni di austero digiuno. La preparazione spirituale alla festa dell’Assunzione si traduce in gloriosa contemplazione di Colei che, come definisce il Concilio, è “segno di consolazione e di sicura speranza per il pellegrinante popolo di Dio”. La celebrazione liturgica bizantina, con l’ufficio della Paraclasis di supplice implorazione alla Vergine - adattato alla cultura occidentale - si tiene da più di 35 anni a Roma, nella Basilica di Santa Maria in Via Lata al Corso. La celebrazione ha luogo ogni sera, dal primo al 14 agosto, dalle ore 21.30 alle 22.30. Sulla Quindicina dell’Assunta, ascoltiamo, al microfono di Amedeo Lomonaco, padre Ermanno Toniolo, mariologo dei Servi di Maria:
R. – Noi celebriamo il mese mariano a maggio, qui almeno in Europa, per la sua bellezza estetica; le Chiese orientali lo celebrano il mese di agosto per la centralità liturgica. Il cuore del mese di agosto è la festa dell’Assunzione della Beata Vergine al Cielo, Gloria e Pasqua della Madre di Dio, speranza di tutta l’umanità. E’, quindi, il mese che chiude l'anno bizantino. Questo termina il 31 agosto e si apre con la natività di Maria, aurora di speranza per il mondo intero. Siamo, dunque, nell’ambito della Vergine Madre, che è insieme speranza, che si apre per ottenere Cristo dal cielo e donarlo alla terra, e compimento: compimento ultimo delle speranze umane nel Cristo Risorto ed asceso al cielo, che la ha assunta accanto a sé nella gloria.
D. – Come ci si prepara spiritualmente alla Fesa dell’Assunzione?
R. – La Festa dell’Assunzione è considerata come Pasqua. Alla Pasqua di Dio come ci si prepara? Con quaranta giorni, la Quaresima. Alla Festa della Madre di Dio ci si prepara con un’altra quaresima; naturalmente, quella di Cristo è di 40 giorni, quella della Vergine Maria è di 14 giorni, ma ha le stesse caratteristiche. E’ una quaresima con digiuno austero, con preghiere incessanti, con meditazioni e canti che ci innalzano ai piedi della Vergine, la Madre di Dio. Madre che tutti acclamiamo, dalla quale aspettiamo tutti consolazione e conforto nel nostro cammino terreno.
D. – E’ un itinerario, questo, in cui si congiunge anche l’Oriente con l’Occidente e, infatti, si canta e si ‘respira’ Maria con ambedue i polmoni della Chiesa…
R. – Certo, ed è l’Oriente in particolare che vive questo momento. Ma ha bisogno di essere tradotto, trasportato e vissuto anche in Occidente; Papa Sergio ha portato a Roma la Festa dell’Assunta nel VII secolo e le ha dato l’unica Messa vespertina, che è la Messa della Madre di Dio alla sera, alla vigilia dell’Assunta.
D. – E momento culminante di questo percorso di fede sarà la Veglia del 14 agosto…
R. – Sì, la Veglia del 14 agosto a Santa Maria Maggiore, presieduta dal cardinale Bernard Francis Law e con la Schola cantorum. La sera è il momento più bello per vivere la preparazione ultima alla gloria della Vergine, così come facciamo per il Sabato Santo: la notte del Sabato Santo per celebrare la Pasqua del Signore, la sera del 14 agosto per celebrare la Pasqua della Madre, la sua e la nostra.
La Chiesa celebra la memoria di Sant’Alfonso Maria de’ Liguori
◊ “Tutta la santità e la perfezione di un’anima consiste nell’amare Gesù Cristo nostro Dio”. Sono le parole di Sant’Alfonso Maria de’ Liguori, che la Chiesa ricorda proprio oggi. Vescovo e Dottore della Chiesa, Sant’Alfonso nacque a Napoli nel 1696 e morì a Nocera de' Pagani, in provincia di Salerno, il 1° agosto del 1787. Apostolo fra i poveri, nel 1732 fondò la Congregazione del Santissimo Redentore, come ci spiega, in questo servizio, Isabella Piro:
Un nobile di nascita che scelse di dedicare la sua vita alla Chiesa e ai poveri: questo fu Sant’Alfonso, ma non solo. Ragazzo prodigio, a soli 16 anni si laureò in Giurisprudenza presso l’Università di Napoli e per dieci anni esercitò con successo la professione di avvocato. Nel 1726, poi, la scelta di abbracciare la vita sacerdotale: una decisione che lo portò a contatto con la realtà misera dei paesi intorno al Vesuvio, della costa amalfitana, fino ad arrivare in Puglia e in Calabria. Per aiutare i bisognosi, nel 1732 Sant’Alfonso decise di fondare a Scala, vicino Salerno, la Congregazione del Santissimo Redentore, attiva ancora oggi. Ma qual è il tratto caratteristico di questa Congregazione? Ci risponde padre Serafino Fiore, Vicario generale dei Redentoristi:
“I tratti caratteristici sono la vicinanza alla gente, la semplicità della presenza, in modo particolare l’annuncio della misericordia redentrice. Noi siamo per scegliere i più abbandonati come destinatari della nostra missione, del nostro annuncio starordinario del Vangelo: essere in mezzo ai più poveri, presenza del Cristo redentore”.
Scrittore prolifico, nel corso della sua lunga vita Sant’Alfonso scrisse centoundici opere spirituali, dogmatiche e teologiche, tra cui la “Teologia morale”, pubblicata nel 1748. Ancora padre Fiore:
“Si accorge di una morale che deve essere improntata soprattutto sulla centralità della coscienza ma soprattutto sull'esperienza reale dell’amore di Dio nella vita del cristiano. Se il cristiano comprende l’amore di Dio e incontra il volto misericordioso di Dio, allora la teologia morale acquista un nuovo senso. E’ questo che farà anche di Sant’Alfonso il patrono dei confessori e dei moralisti a partire dal 1950 quando Pio XII lo proclamò tale”.
Canonizzato nel 1839, oggi Sant’Alfonso lascia oltre 5.600 discepoli, i missionari redentoristi che operano in circa 70 Paesi dei cinque continenti, continuando a diffondere un messaggio sempre attuale, come sottolinea padre Fiore:
“Il messaggio principale oggi è dire che la santità è possibile a tutti. La santità è accessibile e a disposizione di chiunque voglia incontrare l’amore di Dio. Il nostro, per usare le parole di Sant’Alfonso, è un Dio pazzo per amore che si è fatto carne e continua a farsi carne nell’Eucarestia e che nella riconciliazione, nel sacramento della penitenza, è lì a dirti il suo amore. Nella zona napoletana dicono in dialetto ”santo e vecchio come sant'Alfonso". Sant'Alfonso è vissuto 91 anni e si è fatto santo e ci insegna una santità bella ricca di questa esperienza dell'amore di Dio. Mi sembra che questo renda ancora attuale la nostra missione".
Vicino ai più semplici, Alfonso Maria de’ Liguori verrà ricordato anche per aver scritto alcune canzoni popolari, tra cui “Tu scendi dalle stelle”, il canto natalizio senza il quale – come affermava Giuseppe Verdi – “Natale non sarebbe più Natale”.
Il Gran Muftì di Siria invita il Papa a visitare il Paese per l'Anno Paolino
◊ Quest’anno Damasco è capitale della cultura araba ma nello stesso tempo la Siria, 20 milioni di abitanti, per il 90 per cento musulmani ed il 10 per cento cristiani, si appresta a celebrare l’Anno Paolino inaugurato dal Papa il 28 giugno scorso nella Basilica di San Paolo fuori le Mura a Roma. Un’idea fondamentale, sottolinea il nunzio in Siria, l’arcivescovo Giovanni Battista Morandini, per rafforzare l’ecumenismo in un Paese culla delle culture e delle religioni. A parlare di Paolo - che da feroce persecutore dei primi cristiani diventò testimone di Cristo fuori dalla Terra Santa fino a Roma - non sono solo i cattolici, circa l’uno per cento della popolazione, ma tutte le confessioni cristiane presenti in Siria, ortodossi, melchiti, armeni, e la comunità musulmana. In questi giorni Damasco, tra la musica e i sapori del mercato e della città vecchia, conferma l’esperienza di essere città aperta al dialogo, dimostrando che è possibile la convivenza tra uomini e donne di religioni differenti. La convivenza, possibile nonostante i venti di crisi che minacciano il Medio Oriente, nasce da una profonda storia religiosa comune di secoli. Ripercorrendo questa tradizione il Gran Muftì della Siria, incontrando un gruppo di giornalisti italiani in pellegrinaggio paolino a Damasco, ha rinnovato a Benedetto XVI l’invito a vistare il Paese. Un invito avanzato al Papa anche da altre nazioni del Medio Oriente che hanno conosciuto il passaggio o la presenza di San Paolo sul loro territorio. L’auspicio del Gran Muftì della Siria, Ahmad Hassoun, è quello di incontrare il Santo Padre anche a Roma prima della fine dell’Anno Paolino. La Siria si conferma, quindi, multietnica e mutlireligiosa. (Da Damasco, Luca Collodi, Radio Vaticana)
Vescovi USA preoccupati per le proposte governative sull'immigrazione
◊ Si è conclusa a Washington la Conferenza nazionale sull’immigrazione, promossa dai vescovi USA, preoccupati dalla riforma legislativa, proposta dal Governo, che prevede un irrigidimento delle norme di accoglienza dei migranti. “Una crisi terribile, un momento buio nella storia nazionale”, l’hanno definito i presuli nel corso della riunione, cui hanno preso parte, tra gli altri, il cardinale e arcivescovo emerito di Washington, Theodore Edgar McCarrick, e l’arcivescovo di Los Angeles, cardinale Roger Michael Mahony, che ha detto: “La stessa migrazione è un atto di speranza, perché si fonda sull’idea che è possibile una vita migliore per il migrante e per la sua famiglia”. I vescovi, riporta l’Osservatore Romano, hanno quindi messo in luce i rischi derivanti da un’eccessiva regolarizzazione dei flussi migratori e chiesto una riforma che tuteli i diritti dei migranti: “Compito della Chiesa è guidare eticamente il dibattito al fine di trovare soluzioni eque, il suo mandato, ricevuto da Cristo, è di accogliere lo straniero – ha detto il cardinale Mahony – la Chiesa può agire per cambiare la situazione attuale, ad esempio per rendere responsabili i funzionari eletti insistendo su un appoggio umano agli immigrati e sul loro impegno per riformare le leggi. La sfida è gridare il messaggio del Vangelo, il messaggio del Papa, l’insegnamento costante della Chiesa, nonché la salda convinzione della storia del nostro Paese”. Il porporato, nel suo intervento, ha tenuto a esortare tutti a tradurre la speranza in fatti concreti, evidenziando come, finora, non si sia riuscito ad approvare una legislazione comprensiva della riforma dell’immigrazione e delle politiche applicative: “Ciò ha contribuito a creare un clima talmente pericoloso e poco accogliente che gli immigrati e le loro famiglie lasciano gli Stati Uniti perché non hanno altra scelta”. Secondo il cardinale Mahony c’è un senso di paura crescente tra le comunità di stranieri, che può “alimentare le fiamme dell’intolleranza, della xenofobia e talvolta, del bigottismo”. “Le espressioni ‘governo della legge’ e ‘sicurezza nazionale’ – ha precisato il cardinale – non devono più essere utilizzate per giustificare il trattamento duro e disumano degli immigrati, dei profughi e di quanti chiedono asilo. Le leggi fatte dall’uomo non autorizzano a violare la legge di Dio”. L’incontro, cui hanno partecipato 850 delegati, è stato un momento di rilievo nel dibattito che coinvolge la nazione; nei vari laboratori sono state affrontate discussioni sulle diverse sfumature del tema immigrazione: il sostegno a quanti sono sopravvissuti a eventi traumatici, il traffico di esseri umani, l’educazione dei figli dal punto di vista dei migranti africani. Altre sessioni, infine, sono state dedicate alle questioni legali: la diffusione del messaggio della Chiesa sull’immigrazione, la richiesta di deroga sull’inammissibilità, la legge sull’immigrazione e crimini, strategie per la raccolta di fondi. (R.B.)
Kerala: il cardinale Vithayathil contro le sanzioni alle famiglie con tre figli
◊ “Nessuno ha il diritto di decidere il numero dei figli. In passato il Governo indiano ha tentato di farlo ed ha incontrato un’opposizione generale, anche dei più poveri che sanno bene come un bambino sia un dono di Dio”: così il cardinale Varkey Vithayathil, in un’intervista ad AsiaNews, ha stigmatizzato il recente provvedimento della Commissione per le riforme legislative dello Stato indiano del Kerala che ha “raccomandato” l’adozione di sanzioni contro le famiglie che hanno il terzo figlio. Una raccomandazione – ha detto il porporato – cui la Chiesa si opporrà sino alla fine. La Commissione ha stabilito una sanzione di diecimila rupie, circa 150 euro, l’esclusione dall’assistenza scolastica e sanitaria gratuita e pure da altri aiuti statali per l’abitazione e il lavoro per le famiglie che hanno il terzo figlio. Queste somme sono fondamentali per le famiglie indiane, che spesso non possiedono neanche il denaro sufficiente per pagare la scuola o l’assistenza sanitaria. Nel 2001, il 19 per cento dei 32 milioni di abitanti dello Stato indiano risultavano cristiani. Il cardinale Vithayathil, forte di questi dati e delle parole pronunciate nel 1958 dal premier indiano Nehru all’indomani della caduta del Governo comunista dell’area, ricorda che “nel Kerala la Chiesa cattolica è una forza che va considerata”. Il porporato ha concluso citando il 40esimo anniversario dell’enciclica di Paolo VI “Humanae vitae” ribadendo che “il credente è aperto alla vita e accoglie con disponibilità ogni bambino”. (R.B.)
La Conferenza episcopale cilena difende il riposo domenicale
◊ “Un progetto che garantisca il riposo domenicale sarà un contributo effettivo all’arricchimento della vita familiare”. E’ quanto hanno ribadito in Cile, davanti al Senato, esperti della Conferenza episcopale cilena. La Commissione Giustizia e Pace ha spiegato che la Chiesa promuove e appoggia le misure orientate a rispettare il riposo domenicale, “a partire dalla considerazione degli aspetti centrali della fede in Gesù Cristo”. La domenica – osserva la Conferenza episcopale cilena - “costituisce il centro della vita cristiana” e devono essere salvaguardate “la dignità e la centralità del lavoro umani”. Le caratteristiche della vita quotidiana non favoriscono il riposo che secondo la Chiesa cilena è un diritto da tutelare per “un ampio sviluppo umano in vari ambiti”. Vengono anche sollecitati “maggiori sforzi per superare le numerose situazioni in cui il lavoro è accompagnato da condizioni precarie”. “Non è possibile rafforzare politiche pubbliche in favore della famiglia – concludono gli esperti della Conferenza episcopale chilena – senza promuovere reali condizioni per la vita familiare”. (A.L.)
L’ONU denuncia la grave crisi alimentare in Corea del Nord
◊ Una grave crisi alimentare sta colpendo la Corea del Nord: a denunciarlo è il Programma Alimentare Mondiale (PAM) delle Nazioni Unite che paragona la situazione alla carestia che colpì il Paese asiatico alla fine degli anni Novanta. Stando ai dati riportati da AsiaNews, circa 6,4 milioni di persone, su una popolazione di 23, avrebbero urgente bisogno di aiuto: da questa analisi la richiesta di stanziare immediatamente 20 milioni di dollari in attesa della raccolta autunnale e prima della creazione di un più ampio piano di assistenza per cui è necessario un finanziamento pari a 500 milioni di dollari, da investire entro settembre 2009. Le condizioni in cui versano molte persone sono davvero allarmanti: in seguito alla diminuzione drastica di cereali e proteine nella dieta quotidiana, tanti, per sopravvivere, sono andati alla ricerca di bacche selvatiche ed erbe da mangiare. Le cause della situazione attuale individuate dal PAM sono: penuria dei raccolti degli ultimi anni (da tempo, infatti, la Corea del Nord riceve aiuti dalla comunità internazionale) e le tremende alluvioni che hanno devastato il Paese nel 2007. (R.B.)
Perù: in crisi le comunità andine per l’ondata di gelo fuori stagione
◊ La FAO ha lanciato l’allarme in merito all’epidemia che in Perù ha già ucciso molti esemplari d’alpaca, che costituiscono l’unica fonte di sussistenza per numerose famiglie del distretto di Pilpichaca, nella provincia di Huancavelica. Il motivo di tale morìa è un fenomeno meteorologico che nella lingua locale viene chiamato “friaje”: il susseguirsi di ondate di freddo fuori stagione che causano gelate e danni ai campi coltivati andini e a quelli adibiti a pascolo. Gli animali, non trovando più cibo, iniziano così a indebolirsi, si ammalano e muoiono, creando un danno irreversibile alle comunità che si nutrono principalmente di ‘papa seca’: patate e carne di lama o di alpaca seccata che mangiano o scambiano con la lana. La FAO, attraverso la sua unità di soccorso d’urgenza, ha già portato nella zona 36800 dosi di medicinali, tra antiparassitari, antibiotici e semplici vitamine, nel tentativo di salvare i 18 mila animali che vivono nei territori delle comunità di Llillinta, Antacancha, Cacuya, Pichcahuasi, Pueblo Nuevo, Ingahuasi e Pelapata. L’intervento d’urgenza è stato avviato fra il 14 e il 19 luglio, in seguito alla dichiarazione dello stato d’emergenza da parte del Governo di Lima per 11 province su 25. Il problema fondamentale è costituito dal fatto che nelle Alte Ande la stagione agricola è molto limitata e i contadini hanno pochissimo tempo per seminare e raccogliere; tempo che, quest’anno, è stato loro rubato dal freddo eccessivo. La FAO, infine, avverte di non abbassare la guardia anche nel mese di settembre, quando l’emergenza si sposterà verso le regioni peruviane della Sierra centrale e della Sierra del Sud. (R.B.)
AIDS: alcune ONG italiane avviano la campagna “La salute fa goal”
◊ Alla vigilia dell’apertura della XVII Conferenza internazionale sull’AIDS a Città del Messico, e all’indomani della pubblicazione del rapporto sullo stato di diffusione dell’epidemia stilato dall’UNAIDS, l’agenzia ONU che si occupa della malattia, alcune ong italiane lanciano un appello affinché venga raggiunto l’obiettivo del Millennio fissato dalle Nazioni Unite: cioè arrestare il contagio ed estendere globalmente cure e servizi sanitari entro il 2010. Come si legge nei dati dell’UNAIDS, riferisce il SIR, la diffusione del virus non si è fermata: nell’ultimo anno più di due milioni e mezzo sono stati i nuovi infettati e oltre due milioni i morti, con un aumento del 150 per cento dei contagi nell’Europa orientale e nell’Asia centrale. Il ‘male del secolo’ è maggiormente diffuso nei Paesi a basso e medio reddito e colpisce di soprattutto le donne: più del 50 per cento sul totale e il 61 per cento nell’Africa subsahariana. Sono proprio le donne, poi, a sopportare il peso dell’epidemia, dovendo lasciare il lavoro o gli studi per accudire i malati. (R.B.)
Amnesty International dice no al rinvio delle indagini sui crimini commessi in Darfur
◊ All'indomani della pubblicazione di un rapporto sulla situazione dei diritti umani in Darfur e sull'operato della missione dell'UNAMID, la missione congiunta Unione Africana-ONU nell'area, firmato da 36 organizzazioni umanitarie, Amnesty International ha chiesto al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite di “respingere le iniziative volte a differire di un anno le indagini e i procedimenti giudiziari del Tribunale penale internazionale (ICC) sui crimini commessi in Darfur”, regione del Sudan in cui i conflitti sono ancora in corso. “Il differimento – si legge nel comunicato di Amnesty – potrebbe essere rinnovato ogni 12 mesi, anche a tempo indeterminato”. Il rinvio riguarda, nello specifico, la richiesta operata dal procuratore capo dell’ICC di arrestare il presidente sudanese, Omar al Bashir, per le sue responsabilità e il suo coinvolgimento nel genocidio. A favore del rinvio si sono pronunciate la Lega degli Stati Arabi e l’Unione Africana, che hanno spinto il Consiglio di Sicurezza dell’ONU verso il differimento. La Lega degli Stati Arabi, inoltre, ha proposto di istituire, invece, per giudicare i crimini commessi in Darfur, Tribunali nazionali sotto supervisione regionale. “Questa situazione si rivelerà inefficace – sottolinea Amnesty – a causa delle gravi lacune presenti nel sistema giudiziario sudanese e di quelle emerse nell’azione di altre Corti speciali istituite a livello statale: la mancanza di indipendenza del potere giudiziario, l’immunità concessa a funzionari di alto livello e a gruppi a questi collegati, l’assenza di volontà politica di svolgere indagini ed emettere condanne per gravi violazioni dei diritti umani, l’iniquità delle procedure e la scarsa attenzione e rispetto per le vittime”. Concedere il differimento, secondo l’organizzazione umanitaria, significherebbe in pratica “costituire un precedente per ogni situazione sulla quale il procuratore svolga indagini e lascerebbe, inoltre, il Consiglio di Sicurezza in una situazione di ricattabilità”. Infine, Amnesty definisce “vergognoso il fatto che quasi la metà degli Stati membri del Consiglio di Sicurezza, compresi Stati che hanno ratificato lo Statuto di Roma" - che nel 1998 istituì l’entrata in vigore della Corte penale internazionale - "e che si vantano di sostenere soluzioni che pongono fine alla crisi del Darfur, abbiano minacciato di opporsi al rinnovo dell’UNAMID se la relativa risoluzione non prevederà il differimento”. (R.B.)
Il principe giordano Ghazi esorta cristiani e musulmani alla cooperazione
◊ Cristiani e musulmani devono cooperare affinché le reazioni scatenate dagli attentati terroristici non sfocino in tensioni religiose che possono avere conseguenze anche violente e tragiche: è il messaggio lanciato dal principe giordano Ghazi bin Muhammad bin Talal ai partecipanti alla Conferenza ospitata dalla Divinity School della Yale University, a New Haven, in Connecticut. Secondo il principe, uno dei 138 capi religiosi musulmani che il 13 ottobre 2007 hanno firmato la Lettera aperta rivolta a Benedetto XVI e ad altri leader cristiani, le tensioni religiose sono caratterizzate da vari fattori. Tra questi, lo status di Gerusalemme, la politica estera statunitense, il terrorismo ed il fondamentalismo. I 138 studiosi musulmani che hanno lanciato ai responsabili cristiani l’appello al dialogo, noto come “Common Word”, lo hanno inteso come “una stretta di mano mondiale di buona volontà e di amicizia” tra le due maggiori religioni del mondo. Grazie a questo appello – sottolinea l’Osservatore Romano – è scaturita una nuova ripresa delle consultazioni attorno ai temi religiosi culminata nella recente Conferenza promossa a Madrid dal re saudita Abdallah. All’incontro hanno partecipato cristiani, ebrei, induisti, buddisti e rappresentanti di altre fedi. (A.L.)
La solidarietà di cristiani e musulmani alle vittime degli attentati di Kirkuk
◊ L’arcivescovo di Kirkuk mons. Louis Sako – insieme con un gruppo di leader religiosi musulmani sunniti e sciiti e ai capi di tribù arabe, curde e turkmene – si è recato nell’ospedale della città per far visita ai feriti dell’attentato dello scorso 28 luglio. La visita è stata un gesto significativo voluto dalla leadership politico-religiosa della città, che senza distinzione di credo o etnia, ha voluto testimoniare “solidarietà alle vittime delle stragi” e ribadire la propria “condanna contro ogni forma di violenza”. Il 28 luglio scorso un attentatore suicida si è fatto esplodere in mezzo a un gruppo di dimostranti che manifestava contro la nuova legge elettorale approvata dal Parlamento. La folla era radunata nei pressi del palazzo del Governo locale, vicino alla cattedrale del Sacro Cuore: l'attentato ha causato almeno 28 morti e decine di feriti. Conclusa la visita in ospedale, la delegazione ha incontrato i vertici dei due più importanti partiti curdi (il PUK e il PDK). “Chiedo a tutti i leader politici – ha dichiarato mons. Louis Sako durante l’incontro – di pensare al bene comune della popolazione e di combattere la logica aberrante della violenza”. Il presule – rende noto l’agenzia Asianews - ha inoltre auspicato che tutti i gli schieramenti “siedano attorno ad un tavolo per discutere e dialogare”, mettendo da parte minacce ed estremismi perché “con la violenza non si ottiene nulla”. Dal “perdono” reciproco – ha concluso - sarà possibile ricostruire una unità e una convivenza pacifica per tutti. (A.L.)
Volontari rapiti in Somalia: nuovo appello delle ONG italiane
◊ Le ONG italiane rivolgono un nuovo appello al presidente del Consiglio e al ministro degli Esteri perché continuino “con ancora più forza e incisività” l’impegno italiano ed internazionale volto alla liberazione di tutti i volontari nelle mani dei sequestratori in Somalia da oltre due mesi: nell’appello si chiede il rilascio di Iolanda Occhipinti e Giuliano Paganini dell’ONG “Cins” e degli altri operatori somali dell’ONG “Acqua per la Vita”. Il silenzio stampa, fanno notare le ONG italiane, “inizia a pesare e non avrebbe più senso se non avessimo la certezza che l’azione per la loro liberazione continua incessantemente e con il necessario impegno”. Le ONG italiane “rinnovano anche loro fiducia nelle istituzioni nazionali e internazionali certe che, come nel passato, si possa giungere quanto prima alla liberazione degli ostaggi”. “Sappiamo – affermano in un comunicato ripreso dall’agenzia SIR - che il silenzio richiesto non sminuisce l’impegno delle istituzioni e la necessaria assiduità nell’esercitarlo”. “La vita e la liberazione degli ostaggi – si legge ancora - rimane per tutti la prima assoluta preoccupazione e abbiamo fiducia che tutto sia stato e sarà messo in atto per garantirle”. L’Associazione delle ONG Italiane ringrazia infine le amministrazioni locali e regionali che hanno voluto esprimere vicinanza ai rapiti e alle loro famiglie esponendo striscioni, lanciando appelli e promuovendo altre iniziative di solidarietà. (A.L.)
L’impegno della Caritas per aiutare le popolazioni colpite dalle alluvioni nell’Europa orientale
◊ Proseguono gli aiuti della Caritas nelle zone dell’Europa orientale colpite, nei giorni scorsi, dalle violente piogge e inondazioni. I morti sono decine, migliaia i senzatetto. In Romania la Caritas ha reso noto che sono state almeno 2 mila le persone allontanate dalle loro case nel villaggio di Buruienesti. La Caritas – riferisce poi il SIR - ha già distribuito 3000 kit di aiuti alimentari e generi di prima necessità. Prosegue inoltre l’impegno di Caritas Ucraina con la distribuzione di aiuti alimentari e medicinali. L’obiettivo è anche quello di dare sostegno psicologico. In Moldavia, infine, la Caritas si sta mobilitando per mettere in moto la macchina dei soccorsi. Per offerte e informazioni: www.caritasitaliana.it (A.L.)
Il cardinale Sepe: la lotta tra poveri è un pericolo da scongiurare
◊ C’è “un pericolo” a Napoli “da scongiurare come la peggiore delle sventure: la lotta tra i poveri, il conflitto tra chi sente incombere la minaccia perfino sul suo poco o addirittura sul suo niente”. È questo, per l’arcivescovo di Napoli, cardinale Crescenzio Sepe, “il punto di vera crisi” che attraversa la città. L’ultima emergenza è scoppiata qualche giorno fa, quando un centinaio di extracomunitari africani, dopo l’incendio della palazzina in cui abitavano nel quartiere di Pianura, ha occupato per nove ore il duomo di Napoli. “Di fronte ad una prospettiva così cupa”, cioè la lotta tra poveri, “la Chiesa, a cominciare dal suo Pastore – scrive il porporato in una lettera pubblicata sul sito della diocesi e ripresa dal SIR - sente crescere l’angoscia”. “E si vede costretta a guardare intorno, alla ricerca di tutte le braccia utili ad affrontare un problema che le forti e crescenti tensioni sociali, non solo a Napoli e non solo in Italia, stanno configurando come la vera grande emergenza dei nostri tempi”. Per il capoluogo partenopeo, avverte il cardinale, “c’è poi un motivo che accresce l’inquietudine: tra le altre accuse si fa strada oggi quella di una sorta di mutazione genetica: Napoli vede svanire la propria proverbiale umanità, rischia di diventare una città senz’anima”. Per il porporato, “sono proprio i contraccolpi di una lotta tra i poveri a fornire un’immagine che, per il momento, è solo deformata. La Chiesa è accanto ai poveri, ma non ha il potere di sradicare la povertà. Alle politiche sociali, quando mancano o sono carenti, non è possibile rispondere in termini di supplenza”. “Una Chiesa che supplisce – scrive il cardinale Sepe - è una Chiesa posta, talvolta, nelle condizioni di agire semplicemente come una sorta di agenzia umanitaria". “La Chiesa di Napoli – sottolinea infine l’arcivescovo - per propria vocazione, è abituata ad altre forme di convocazione: chiama i poveri a raccolta. Tutte le strutture di cui essa dispone, sono per esercitare la sua prima missione: quella di amare e dare speranza. Questa è la strada che ci ha insegnato Cristo. Questa è la strada – conclude il cardinale Sepe - che continueremo a percorrere”. (A cura di Amedeo Lomonaco)
In Spagna celebrazioni per Sant’Ignazio di Loyola alla presenza di autorità civili e religiose
◊ Nel Santuario di Sant’Ignazio di Loyola, nelle provincia di Guipúzcoa, in Spagna, ha avuto luogo, stamani, una cerimonia in occasione della festività del Santo, che il calendario liturgico conmemora il 31 luglio. Alla celebrazione erano presenti, oltre ad un gran numero di fedeli, il presidente del governo regionale, e le autorità provinciali e locali. Un corteo è stato accolto all’ingresso del Santuario dal vescovo della diocesi e dai superiori gesuiti della Provincia di Loyola. Ieri sera ha avuto luogo all’aperto sul piazzale del Santuario uno straordinario spettacolo ispirato alla vita di padre Pedro Arrupe che, per la prima volta, era stato messo in scena il mese di novembre scorso a Bilbao, il giorno stesso del primo centenario della sua nascita. Circa 400 interpreti hanno dato vita ad alcuni tra gli episodi più significativi del periodo storico che Arrupe come gesuita, missionario e superiore generale ha vissuto. (A cura di Ignacio Arregui)
Gli USA: diminuite le vittime civili e militari in Iraq
◊ Ancora una giornata di violenze in Iraq, dove 3 soldati di Baghdad sono morti per l’esplosione di un ordigno al passaggio della loro pattuglia a 30 chilometri da Kirkuk. Tuttavia, le statistiche, diffuse ieri dal Pentagono e da alcuni ministeri iracheni, confermano il trend di netto calo delle vittime sia civili che militari, che coincide con il varo della strategia di sicurezza del generale Petraeus. I particolari nel servizio di Marco Guerra:
I dodici soldati caduti a luglio rappresentato il miglior dato delle perdite statunitensi su base mensile dall’inizio delle operazioni in Iraq nel marzo del 2003. Ma la cifra appare ancora più significativa se viene vista nel trend di netto calo delle vittime che ha avuto inizio nel giugno del 2007, in concomitanza con la strategia di aumento delle truppe voluta dal generale Petraeus. Secondo i dati comunicati, ieri, da alcuni ministeri iracheni, sono in netto calo anche le vittime civili e anche in questo caso si osserva un trend costante. Ma come dimostra l’attentato di oggi a Kirkuk, che ha provocato la morte di tre soldati dell’esercito di Baghdad, quella irachena è lontana dall’essere una missione compiuta. I miliziani integralisti sono infatti ancora molto pericolosi, la Casa Bianca si è quindi limitata a parlare di “progresso” e a definire “incoraggiante” la situazione. Tuttavia, per molti analisti è più che una speranza il fatto che questi attentati possano essere gli ultimi colpi di coda di un Al Qaeda, emarginata dagli stessi leader sunniti all'interno del Paese. Il tutto in un delicato equilibrio politico che sta prendendo corpo tra le comunità sciite, sunnite e curde.
Afghanistan
Se in Iraq si registra un netto miglioramento della sicurezza, in Afghanistan nel 2008 gli attacchi da parte dei ribelli sono aumentati del 50% rispetto allo scorso anno. I civili uccisi potrebbero aver raggiunto il livello record di quota mille e, tra questi, figurano anche 19 operatori di organizzazioni non governative, più dell'intero 2007. A renderlo noto è l'Agenzia di coordinamento degli aiuti in Afghanistan, che raggruppa alcune ONG attive nel Paese.
Gaza
Resta alta la tensione a Gaza. I miliziani di Hamas, al potere da oltre un anno nella Striscia, hanno arrestato 15 leader locali di Fatah, il movimento vicino al presidente palestinese Abu Mazen. L'ondata di fermi è una ritorsione per gli analoghi arresti di militanti di Hamas decretata di recente proprio da Abu Mazen in Cisgiordania. Le tensioni tra i due gruppi si sono acuite dopo l'esplosione di una bomba che la scorsa settimana ha ucciso a Gaza 5 miliziani di Hamas e una bambina.
Processo Karadzic
E’ durata oltre un’ora la prima udienza del processo contro Radovan Karazic, l’ex leader serbo bosniaco accusato dal Tribunale internazionale dell’Aja di genoicidio e crimini contro l’umanità. Karadizc, che ha scelto di difendersi da solo, ha rivendicato presso la Corte l’esistenza di un accordo accordo con Richard Holbrooke, plenipotenziario americano dell'amministrazione Clinton per i Balcani negli anni '90, che gli avrebbe garantito l'impunità in cambio del ritiro dalla vita pubblica. Un’eventualità decisamente smentita da Holbrooke. Stefano Leszczynski ha chiesto ad Antonio Papisca, docente di diritti umani, democrazia e pace all’Università di Padova se un accordo di questo tipo sia ipotizzabile in ambito internazionale:
R. – La storia plurimillenaria delle relazioni internazionali è ampiamente pervasa di realpolitik e quindi i “patti scellerati” fanno parte, appunto, della storia delle relazioni internazionali. Però, ritengo molto improbabile che ci sia stato questo compromesso, questo “patto” con Karadzic di cui si hanno prove molto evidenti dei crimini compiuti sul campo. Chiaramente, fino a quando non ci sarà la sentenza c’è la presunzione di innocenza. C’è da dire che, oggi come oggi, la realpolitik si deve confrontare con l’avvento di un diritto internazionale che ha una forte base etica, per cui oggi fare “patti scellerati” non è più una questione di offesa dell’etica universale: si tratta di andare contro una evidente legalità internazionale!
D. – Che peso potrebbe avere un “patto scellerato”, se fosse stato stipulato in passato, di fronte a una Corte penale?
R. – Lei intende dire se potrebbe essere un’attenuante?
D. – Esattamente!
R. – No, assolutamente no! La Corte è tenuta ad applicare lo Statuto del Tribunale Internazionale ed è tenuta ad applicare il Diritto internazionale vigente, che è il Diritto internazionale dei Diritti umani sia internazionale-penale, sia internazionale-umanitario. Quindi, assolutamente la Corte non deve e non può tener conto, non ci sono attenuanti!
D. – Karadzic tenterà, ovviamente, di utilizzare a proprio favore anche il Diritto internazionale che comunque è molto garantista, proprio nel rispetto dei Diritti umani. Se si dovesse dichiarare colpevole, ne trarrebbe qualche vantaggio?
R. – Sì, chiaro: la Corte non può non tenere conto di questo, ma la Corte deve applicare innanzitutto il Codice che vale in questa occasione. Il Codice, teniamo presente, non prevede in ogni caso la pena di morte.
Sudan –Darfur
Mentre a Khartoum altri 22 ribelli sono stati condannati a morte per un eccidio commesso in maggio, il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite ha approvato il rinnovo del mandato della forza di pace ONU-Unione africana nella regione del Darfur. Quattordici membri hanno votato a favore della risoluzione britannica. Gli USA si sono astenuti. Washington ha espresso delle critiche per il linguaggio del testo redatto da Londra, in cui si allude alle speranze degli africani di una sospensione di qualsiasi accusa di genocidio del presidente sudanese, Omar al Bashir.
Turchia
15 corpi estratti senza vita, 27 feriti e almeno altre 8 persone ancora sotto le macerie. È il pesantissimo e provvisorio bilancio del crollo di un dormitorio di una scuola coranica femminile nel sud della Turchia, avvenuto per una fuga di gas. Sul luogo prosegue il lavoro dei soccorritori. "Pensiamo che il crollo sia stato causato dall'esplosione di una bombola di gas nell'edificio, date le ustioni delle persone ferite", ha detto il funzionario sanitario del Konya, Galip Sef, precisando che il crollo è avvenuto intorno alle 5 del mattino.
Giappone
L’esecutivo del primo ministro, Yasuo Fukuda, ha rassegnato le dimissioni per consentire il rimpasto della squadra di governo. La nuova compagine governativa sarà annunciata dallo stesso Fukuda questo pomeriggio in una conferenza stampa. Secondo le prime indiscrezioni: il fedelissimo del primo ministro, Masahiko Komura, rimane al Ministero degli esteri; al Ministero delle finanze arriva invece Bunmei Ibuki, che lascia la segreteria del partito Liberaldemocratico, quello del premier Fakuda.
Cina Olimpiadi A pochi giorni dall’inizio delle Olimpiadi, gli organizzatori di “Pechino 2008” hanno accettato di sbloccare completamente l'accesso ad Internet per i giornalisti stranieri venuti in Cina per seguire l'evento. Ieri, il direttore esecutivo del CIO per i Giochi, Gilbert Felli, aveva incontrato i dirigenti del comitato promotore delle Olimpiadi, il Bocog, per far loro presenti le difficoltà di accesso a certi siti da parte della stampa a causa della censura. Stamane, il CIO ha emesso un comunicato in cui ha sottolineato di “confidare che il Bocog mantenga le sue promesse” su un libero accesso a Internet. Intanto, il presidente cinese Hu Jintao ha chiesto alla stampa estera di "non politicizzare" l'evento e di tenere in considerazione “che popoli diversi abbiano percezioni diverse su alcuni problemi". Pur garantendo l’accesso a tutti i mezzi necessari per l'informazione, Hu Jintao ha detto di aspettarsi che i giornalisti stranieri “si adeguino alle leggi cinesi”. (Panoramica internazionale a cura Marco Guerra)
Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LII no. 214
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