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SOMMARIO del 30/09/2007

Il Papa e la Santa Sede

  • Il Papa all'Angelus assicura la propria vicinanza al popolo del Myanmar e raccomanda inoltre alla preghiera la penisola coreana per una autentica riconciliazione
  • “Gioia sincera” esprime il Papa al nuovo patriarca ortodosso romeno, nel giorno della sua intronizzazione a Bucarest, auspicando di rafforzare il dialogo verso la piena unità dei cristiani
  • Proclamata beata a Nysa, in Polonia, Maria Merkert, cofondatrice e prima superiora generale della Congregazione delle Suore di Santa Elisabetta
  • Oggi in Primo Piano

  • In Myanmar, incontro tra l'inviato dell'Onu e Aung San Suu Kyi
  • Ecuador al voto per eleggere una Assemblea Costituente che dovrà ridisegnare l'architettura costituzionale
  • L'Ucraina alle urne per le legislative: nuova sfida tra filo-russi e filo-occidentali
  • Ottobre, mese del Rosario e mese missionario
  • Chiesa e Società

  • Volge al termine la visita del cardinale Sodano in Cile a 20 anni dal pellegrinaggio di Giovanni Paolo II nel Paese latinoamericano
  • A Roma, a partire da domani, una conferenza sui dischi galattici promossa dalla Specola Vaticana
  • La corresponsabilità dell’annuncio al centro di ‘Ecclesia 2007’, il raduno delle diocesi francesi, che avrà luogo a Lourdes, dal 26 al 28 ottobre
  • In Spagna, l’arcidiocesi di Santiago di Compostela si prepara per la celebrazione dell’Anno Santo 2010
  • Il matrimonio al centro della Plenaria dei presidenti delle Conferenze episcopali d'Europa (CCEE), in programma in Portogallo dal 3 ottobre
  • Il film statunitense “A thousand years of good prayers” vince il Festival del Cinema di San Sebastian, in Spagna, e conquista anche il premio cattolico del SIGNIS
  • Il grazie commosso dei tanti volontari a mons. Franco Degrandi, che oggi lascia dopo 25 anni la presidenza nazionale dell’OFTAL, Opera per il Trasporto degli Ammalati a Lourdes
  • 24 Ore nel Mondo

  • Afghanistan: i talebani rifiutano di abbondonare la lotta armata per entrare nel governo Karzai - In Darfur, muoiono a causa di un attentato 10 soldati dell'Unione Africana in missione di pace nella regione
  • Il Papa e la Santa Sede



    Il Papa all'Angelus assicura la propria vicinanza al popolo del Myanmar e raccomanda inoltre alla preghiera la penisola coreana per una autentica riconciliazione

    ◊   Il Papa oggi all’Angelus ha espresso preoccupazione per la situazione in Myanmar assicurando la propria vicinanza alla popolazione dell’ex Birmania. Benedetto XVI ha anche riproposto la parabola dell’uomo ricco e del povero Lazzaro sottolineando come si presti ad una lettura in chiave sociale. Ascoltiamo l’appello del Santo Padre sul Myanmar nel servizio di Amedeo Lomonaco:


    "Seguo con grande trepidazione i gravissimi eventi di questi giorni in Myanmar e desidero esprimere la mia spirituale vicinanza a quella cara popolazione nel momento della dolorosa prova che sta attraversando. Mentre assicuro la mia solidale ed intensa preghiera e invito la Chiesa intera a fare altrettanto, auspico vivamente che venga trovata una soluzione pacifica, per il bene del Paese".

     
    Il Papa ha poi rivolto la sua attenzione alla penisola coreana auspicando nuovi progressi nel processo di pace.
     
    "Raccomando alla vostra preghiera anche la situazione della Penisola coreana, dove alcuni importanti sviluppi nel dialogo fra le due Coree fanno sperare che gli sforzi di riconciliazione in atto possano consolidarsi a favore del popolo coreano e a beneficio della stabilità e della pace dell’intera regione".

     
    Ad alimentare nuove speranze di pace è soprattutto l’incontro previsto il 2 ottobre a Pyongyang, in Corea del Nord, tra il presidente sudcoreano Roh Moo-hyun e il leader nordcoreano Kim Yong-il. Questo nuovo vertice avrà come tema centrale la rinuncia del programma nucleare da parte della Corea del Nord in cambio di aiuti economici.
     
    Nella sua catechesi prima della recita dell’Angelus, Benedetto XVI ha proposto la parabola dell’uomo ricco e del povero Lazzaro. “Il ricco – ha detto il Papa – impersona l’uso iniquo delle ricchezze da parte di chi le adopera per un lusso sfrenato ed egoistico, pensando solamente a soddisfare se stesso, senza curarsi affatto del mendicante che sta alla sua porta”. Il povero, al contrario, rappresenta la persona – ha aggiunto il Santo Padre – di cui soltanto Dio si prende cura.

     
    "Chi è dimenticato da tutti, Dio non lo dimentica; chi non vale nulla agli occhi degli uomini, è prezioso a quelli del Signore. Il racconto mostra come l’iniquità terrena venga ribaltata dalla giustizia divina: dopo la morte, Lazzaro è accolto “nel seno di Abramo”, cioè nella beatitudine eterna; mentre il ricco finisce all’inferno tra i tormenti”.
     
    Questa parabola – ha osservato Benedetto XVI – si presta anche ad una lettura in chiave sociale. A questo proposito, il Papa ha citato alcuni passi dell’Enciclica Popolorum progressio di Paolo VI: “si tratta di costruire un mondo in cui ogni uomo… possa vivere una vita pienamente umana… dove il povero Lazzaro possa sedersi alla stessa mensa del ricco”. Il pensiero del Santo Padre è quindi andato alle popolazioni che soffrono per situazioni di miseria:

     
    "Come non pensare, in questo momento, specialmente ai Paesi dell’Africa subsahariana, colpiti nei giorni scorsi da gravi inondazioni? Ma non possiamo dimenticare tante altre situazioni di emergenza umanitaria in diverse regioni del pianeta, nelle quali i conflitti per il potere politico ed economico vengono ad aggravare realtà di disagio ambientale già pesanti".
     
    L’appello di Paolo VI: “I popoli della fame interpellano in maniera drammatica i popoli dell’opulenza” – ha detto il Santo Padre – conserva oggi tutta la sua urgenza. “E non possiamo dire – ha affermato il Papa – di non conoscere la via da percorrere: abbiamo la Legge e i Profeti, ci dice Gesù nel Vangelo”. “Dobbiamo condividere il tanto o il poco che abbiamo - ha concluso Benedetto XVI - e contribuire incominciando da noi stessi a diffondere la logica e lo stile dell’autentica solidarietà”.

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    “Gioia sincera” esprime il Papa al nuovo patriarca ortodosso romeno, nel giorno della sua intronizzazione a Bucarest, auspicando di rafforzare il dialogo verso la piena unità dei cristiani

    ◊   “Felicitazioni” e “gioia sincera”, Benedetto XVI ha rinnovato al nuovo Patriarca ortodosso romeno, Daniel Ciobotea, in occasione oggi della sua intronizzazione nella cattedrale di Bucarest. Presente alla Divina Liturgia - concelebrata dai Metropoliti della Chiesa ortodossa romena - una delegazione vaticana composta dal cardinale Walter Kasper, presidente del Pontificio Consiglio per la promozione dell’unità dei cristiani, dal vescovo Brian Faller, segretario dello stesso Dicastero e dall’arcivescovo Jean-Claude Perrisét, nunzio apostolico in Romania. A suggellare l’evento, il Papa ha inviato un messaggio, che è stato letto insieme ad altri indirizzi d’augurio durante la seduta del Santo Sinodo, nel Palazzo patriarcale, che ha fatto seguito al Rito liturgico. Il servizio di Roberta Gisotti:


    Benedetto XVI invoca lo Spirito Santo perché sostenga il patriarca Daniel, eletto – ricordiamo - il 12 settembre scorso, nel “gravoso compito” alla guida della seconda comunità ortodossa al mondo per numero di fedeli dopo quella russa. Chiede il Papa allo Spirito Santo di aiutare la Chiesa di questo Paese ad affrontare “con vitalità rinnovata, i cambiamenti e la riorganizzazione materiale e spirituale, necessari” oggi “dopo le difficoltà incontrate in un passato recente, dove esistevano numerose limitazioni della libertà” e “persecuzioni manifeste”.

    Auspica ancora il Santo Padre che la Chiesa ortodossa “possa rispondere alle attese del popolo romeno, dandogli soprattutto “più speranza” “per trasmettere alle giovani generazioni i valori morali e spirituali fondamentali per fare fronte alle diverse correnti ideologiche che a tutt’oggi attirano un buon numero” di contemporanei.

    Ricordando quindi l’incontro a Bucarest, nel maggio 1999, tra Giovanni Paolo II e il patriarca Teoctist, scomparso il 30 luglio scorso - la prima visita di un Papa in un Paese a stragrande maggioranza ortodossa - Benedetto XVI invita a proseguire quel cammino di speranza già aperto “nella prospettiva di raggiungere la piena unità”, sottolineando che “è particolarmente necessario intensificare i legami” che uniscono cattolici e ortodossi “per il bene della Chiesa”.

    Scrive Benedetto XVI al patriarca Daniel che anche “le relazioni tra di loro devono rafforzarsi per rispondere ai bisogni attuali in Europa e nel mondo, tanto sul piano religioso che sul piano sociale”.

    A tale proposito, loda il Santo Padre, “la partecipazione attiva e positiva” della Chiesa ortodossa nella Commissione mista internazionale per il dialogo teologico, e l’intenzione del Patriarca Daniel di intensificare il dialogo tra cattolici e ortodossi, quando “ci si prepara ad affrontare delle questioni cruciali” per le relazioni tra le due confessioni.

    Raccomanda in particolare il Papa di risolvere “con pazienza, carità reciproca e speranza” “questioni senza dubbio minoritarie, ma sul piano locale, fonte ancora di ostacoli alla comunione fraterna”, cosicché – spiega il Papa – “i cristiani vivono troppo sovente gli uni accanto agli altri, non ricercando sempre i legami quotidiani che potrebbero essere particolarmente preziosi per i rapporti tra cattolici e ortodossi”.

    Conclude Benedetto XVI richiamando il comandamento nuovo di Gesù di amarsi gli uni gli altri, perché sia da guida verso “nuove relazioni, prologo della piena unità”.

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    Proclamata beata a Nysa, in Polonia, Maria Merkert, cofondatrice e prima superiora generale della Congregazione delle Suore di Santa Elisabetta

    ◊   Questa mattina è stata proclamata beata in Polonia, Maria Merkert, cofondatrice e prima superiora generale della Congregazione delle Suore di Santa Elisabetta. La cerimonia si è svolta a Nysa, nella chiesa dei Santi Giacomo e Agnese ed è stata presieduta dal cardinale José Saraiva Martins, prefetto della Congregazione per le Cause dei Santi, che ha rappresentato il Santo Padre. La nuova beata Maria Merkert è nata nel 1817 a Nysa, nella regione della Slesia, e ha dedicato la propria vita a sofferenti, poveri ed emarginati. Ascoltiamo al microfono di Giovanni Peduto, il postulatore della causa di beatificazione, l’avvocato Andrea Ambrosi:


    R. – La beata Maria Merkert è vissuta in un’epoca storica ed in un’area geografica, la Slesia, particolarmente colpita dalla guerra, ed è proprio qui che lei ha dato le migliori prove della sua santità. Infatti, in un tempo così gravido di sofferenze, ha dedicato la sua vita alle persone povere, abbandonate, malate, ai feriti della guerra. In queste persone vedeva l’immagine di Cristo da servire e da amare. Il modello da lei offerto, che è quello di assecondare generosamente e disinteressatamente il Signore nei fratelli, non perderà mai di attualità.

     
    D. – Quale è il suo particolare carisma?
     
    R. – La vocazione primaria e fondamentale di ogni credente è quella di amare Dio ed il prossimo. L’amore verso i fratelli riflette l’amore di Dio: di questo è stata sempre consapevole, e l’ha anche testimoniato con la vita, la beata Maria Merkert. E' stata sempre cosciente, infatti, che l’amore per il prossimo giunge alla pienezza solo incarnando l’amore di Dio. La sua morte, avvenuta nel 1872, non ne ha sminuito la dimensione apostolica: la sua figura e la sua opera sono presenti ancche oggi in tanti Paesi del mondo proprio per merito delle sue figlie spirituali che ne perpetuano il carisma in modo veramente ideale.

     
    D. – Lei ne ha studiato a fondo la vita: cosa l’ha particolarmente colpito?

     
    R. – Tutto deve essere un po’ riportato a questa sua considerazione della vita che la faceva ritenere, già all’epoca, la madre dei poveri, tanto da venir chiamata proprio “la samaritana dei poveri”: comunemente, così era indicata all’epoca. Tutti ricorrevano a lei sicuri di essere ascoltati ed aiutati. Era instancabile nella sua dedizione, pronta a seguire proprio tutti; una sua compagna che le è vissuta accanto e l’ha vista in quegli anni, ebbe a dire queste semplici parole: “Madre Maria comprava carne, caffè e pane per le povere vedove e portava queste cose lei stessa ai poveri e le donava con tale affabilità di cuore che quei vecchietti piangevano di gioia e tutti la chiamavano la cara madre di tutti”.

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    Oggi in Primo Piano



    In Myanmar, incontro tra l'inviato dell'Onu e Aung San Suu Kyi

    ◊   In Myanmar, le proteste di piazza hanno lasciato il posto alla diplomazia. Nel Paese asiatico, l’inviato dell’ONU, Ibrahim Gambari, ha incontrato il leader dell’opposizione e premio Nobel per la Pace, Aung San Suu Kyi. Un colloquio dai contenuti top-secret avvenuto a Yangon. Il servizio di Benedetta Capelli:


    Per la seconda volta in due anni Gambari e Aung San Suu Kyi si sono ritrovati l’uno di fronte all’altro. Il primo loro incontro risale al maggio 2006 e, in risposta al colloquio di allora, il regime birmano prolungò gli arresti domiciliari per la leader della Lega nazionale per la Democrazia. Oggi in una residenza per stranieri del governo, a Yangon, la visita, durata un’ora e 15 minuti da parte dell’emissario dell’Onu con la San Suu Kyi sempre agli arresti domiciliari, ma con un Paese in fibrillazione: a più di dieci giorni di proteste, il bilancio della repressione della Giunta militare è di 16 vittime, oltre 200 feriti. Nulla è trapelato sul contenuto dell’incontro avvenuto all’indomani della visita di Gambari a Naypyidaw, quartier generale del regime, in mezzo alla giungla, dove ha colloquiato con alcuni esponenti del governo ma non con il generale Than Shwe. Secondo un sito di esuli birmani, le autorità avrebbero inoltre cercato di organizzare contro-manifestazioni per impressionare l’inviato di Ban Ki-moon. Intanto, l’ingente dispiegamento di forze deciso dai militari sta ottenendo l’effetto desiderato: Yangon è sotto il controllo di circa 20 mila soldati; i monasteri di Mandalay, seconda città del Myanmar, sono stati invece circondati e isolati. Non cessa neppure l’attività di controllo: secondo una fonte diplomatica asiatica, sarebbero mille gli arresti effettuati la scorsa notte.

    Intanto, a chiedere maggiore impegno internazionale per garantire il rispetto dei diritti umani e l’avvio di un processo di democratizzazione nell'ex Birmania è anche la FOCSIV. L’ONG italiana esprime, inoltre, grave preoccupazione per le violenze a cui sono sottoposti gli stranieri, testimoni della repressione di questi giorni. Sono, infatti, ben 6 i suoi volontari presenti in Myanmar. Stefano Leszczynski ha chiesto a Sergio Marelli, presidente della FOCSIV, cosa sono riusciti a sapere della situazione nel Paese:

    R. - Difficile dare delle cifre diverse, precise, ma comunque i nostri volontari ci dicono che, probabilmente, le vittime sono molte di più ed è senz’altro più alto il numero delle persone arrestate in questi giorni.

     
    D. - Preoccupa molto anche la stretta ed il giro di vite nei confronti degli stranieri presenti nel Paese...

     
    R. - Purtroppo, non è una novità in Myanmar. Io ricordo, personalmente, quando due anni fa successe la tragedia dello Tsunami, ci fu più o meno lo stesso tipo di reazione e, cioè, questo atteggiamento del governo che non vuole dei testimoni scomodi; non vuole testimoni perché si metterebbe definitivamente in luce quanto sta perpetrando in termini di repressione e di violazione dei diritti umani nei confronti dei propri cittadini.

     
    D. - Sono molte, tuttavia, le manifestazioni di solidarietà: c’è chi lamenta l’assenza di manifestazioni pacifiste come già capitato in altre occasioni. Come mai questa discrepanza?

     
    R. – Questo è sempre un fenomeno strano. Purtroppo, il caso dell'ex Birmania, dove si fatica a fare scendere in piazza e a mobilitare i concittadini, non è l’unico. Purtroppo, è uno di quei Paesi che, non essendo in qualche modo quotidianamente sulle pagine dei giornali, ancora non suscita una reazione. Domenica prossima ci sarà la marcia Perugia-Assisi, la marcia della Pace, e sicuramente la questione dell'ex Birmania sarà in cima alle nostre priorità. Sarà sicuramente un’occasione dove, oltre a chiedere la pace per tutte le parti del mondo, si denuncerà quanto accade in Myanmar e si richiederanno misure urgenti anche per questo Paese.

    Sono ormai oltre dieci giorni che è iniziata la ribellione della popolazione nei confronti della Giunta militare. E' una protesta partita dalla lunga marcia silenziosa dei monaci buddisti, alla quale hanno, poi, aderito tutte le componenti della società civile. Sugli aspetti religiosi della protesta in Myanmar, Luca Collodi ha sentito Giorgio Raspa, presidente dell'Unione Buddhisti Italiani:


    R. – Ormai la popolazione era allo stremo e gli ultimi provvedimenti economici l’avevano completamente prostrata. Quindi, la protesta ha una fortissima connotazione religiosa. E’ una religione importante che si è messa in piazza e si è esposta a protezione del popolo che soffre.

     
    D. – Presidente Raspa, qual è il ruolo del monaco buddista nella società birmana?

     
    R. – Il ruolo del monaco e del monachesimo in quel Paese è un ruolo di estrema simbologia. Il monaco rappresenta il simbolo della fede, tutto ciò in cui è bene credere. Non c’è tradizione scritta: è tradizione orale, è l’esempio che viene dato: tutto quello che una persona deve fare, lo deve fare con il suo comportamento, con la sua etica, per essere una persona pronta sulla strada degli insegnamenti più alti.

     
    D. – Quindi, qual è il rapporto tra buddismo e regime militare?

     
    R. – Il regime militare, al pari di qualsiasi regime o di qualsiasi istanza politica e sociale in Myanmar, come in altri Paesi, riceve dal buddismo la sua autorità. Nella ex Birmania, però, questa è imposta con le armi. I monaci, uscendo dai loro monasteri, hanno tolto autorità morale alla Giunta militare, in sostanza hanno detto: “Questo non è più consono con l’insegnamento del Buddha”.

     
    D. – Questo spiega anche perché alcuni militari si sono rifiutati, secondo le cronache, di sparare sulla folla e si sono inginocchiati davanti ai monaci ...

     
    R. – Certamente. La Giunta militare pretende dalle forze armate di sparare contro la gente e uccidere, ma questo è assolutamente contrario ai principi morali della popolazione. Quindi, al di là delle scarse notizie che abbiamo, confermo che alcuni militari si sono rifiutati di intervenire.

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    Ecuador al voto per eleggere una Assemblea Costituente che dovrà ridisegnare l'architettura costituzionale

    ◊   In Ecuador, oltre 9 milioni di persone sono chiamate oggi all’appuntamento con le urne per eleggere i membri di una Assemblea Costituente che, nell’arco di un anno, dovrà ridisegnare la nuova architettura costituzionale. Sono in corsa 3.200 candidati che si disputano 130 seggi. Il servizio di Luis Badilla:


    Il voto sarà il coronamento del progetto del presidente Rafael Correa di “dare una svolta alla vita politica del Paese”. Tuttavia, si tratterà anche di un momento chiave per capire quale sia la popolarità dello stesso Correa. Secondo gli ultimi sondaggi, l’incertezza é ancora grande, soprattutto a causa delle forti e frequenti polemiche che hanno costellato, in questi mesi, il panorama politico dell’Ecuador. Il capo del Paese latino-americano ha affermato che queste elezioni per la formazione dell’Assemblea Costituente sono il processo più democratico della storia dell'Ecuador. “Se perdiamo - ha aggiunto - sarà la fine di una possibilità, ma se vinciamo avremo l’opportunità storica di costruire per il nuovo millennio, una Patria degna, per tutti”. I vescovi dell’Ecuador in un messaggio al Paese, dello scorso 19 agosto, hanno espresso l’augurio che quest’ Assemblea metta “fine alle irregolarità verificatesi negli ultimi anni e possa fornire il binario per le riforme di cui il Paese ha bisogno”. Ai futuri costituenti - si legge nel documento - spetta la difesa dell’uguaglianza dei diritti e dei doveri e dei “valori della famiglia ecuadoriana”. In un recente messaggio, pubblicato il 12 settembre, i presuli hanno poi indicato quale dovrebbe essere il profilo dei futuri costituenti. Nel testo si sottolinea l’importanza dell'impegno nella “difesa della libertà religiosa, il rispetto della coscienza e del pensiero così come una moderna concezione della laicità”. E’ necessario promuovere – avvertono infine i vescovi - “un sistema socio-economico che offra uguali opportunità a tutti affinché la Nazione sia in grado di produrre di più e, soprattutto, di distribuire meglio” la ricchezza.

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    L'Ucraina alle urne per le legislative: nuova sfida tra filo-russi e filo-occidentali

    ◊   Seggi aperti in Ucraina per le legislative: sono oltre 37 milioni le persone chiamate alla votazione per il rinnovo del Parlamento. Sono 450 i deputati da scegliere e tre i protagonisti annunciati del voto: il presidente filoccidentale Viktor Iushenko, promotore della cosiddetta rivoluzione arancione del 2004 e fautore di un ingresso dell’Ucraina nell’Unione Europea e nella Nato; il premier filorusso Viktor Ianukovic, vincitore delle elezioni politiche del 2006 e Iulia Timoshenko, icona della rivoluzione arancione, prima alleata di ferro di Iushenko, poi in contrasto con il capo di Stato per reciproche accuse di incompetenza e, quindi, nuovamente favorevole ad un’alleanza con il presidente in vista del voto legislativo. Come spiegare questo nuovo accordo tra Iushenko e la Timoshenko, che in caso di vittoria hanno già annunciato un'intesa per una coalizione di governo? Risponde Fulvio Scaglione, vicedirettore di Famiglia Cristiana ed esperto dell’area ex Sovietica, raggiunto telefonicamente a Mosca da Giada Aquilino:


    R. – In realtà, gli uni senza gli altri non possono governare. Ricordo, però, che l’esperienza di governo comune Iushenko-Timoshenko non è finita bene, dopo la vittoria nelle presidenziali di Iushenko del 2004. Questo, in generale, è stato il problema di tutta la cosiddetta Rivoluzione arancione che è riuscita ad imporsi, vincendo le elezioni. Ma il governo non si è rivelato stabile. Tanto che Ianukovic, nel 2006, ha vinto le elezioni politiche, le parlamentari, ed è diventato primo ministro.

     
    D. – Se allora non funzionò, perché ora quest’alleanza tra Iushenko e Timoshenko dovrebbe dare buoni risultati?

     
    R. – Io credo che Timoshenko sia, appunto, il perno dell’intera situazione politica; ma credo sia anche l’espressione, il sintomo del più grave problema politico dell’Ucraina. L’Ucraina è in realtà un Paese diviso in due: c’è una maggioranza filo-occidentale, che si ispira a Iushenko. E' questa una maggioranza sul territorio e corrisponde anche ad una consistente porzione religiosa che è cattolica e che guarda verso Occidente. Una porzione che è impegnata in un’economia basata sui servizi o su un’agricoltura che si sta fortemente sviluppando. Ma c’è una consistente minoranza che è filorussa, di origine russa che parla in russo. Questa minoranza vive in una differente situazione territoriale, molto più spostata verso est, ed opera in una differente situazione economica, fatta di grandi fabbriche che necessitano disperatamente di riforme, di miniere che non sono più utili come ai tempi dell’ex Unione Sovietica. Queste due anime sono difficilmente conciliabili senza un grande patto politico. In questo quadro si inserisce, poi, il forte sentimento antirusso, che è quello su cui gioca Timoshenko. Il problema è che la Russia è il maggior partner commerciale dell’Ucraina. L’Ucraina dipende, inoltre, dalla Russia per i rifornimenti di gas e petrolio, quindi per l’approviggionamento delle industrie, per il riscaldamento d’inverno e così via. Non si può condurre, in Ucraina, una politica così fortemente anti-russa come quella cui si ispira Timoshenko, che è l’elemento chiave per formare una qualunque maggioranza; è anche l’elemento che rischia, poi, di far saltare qualunque maggioranza.

     
    D. – Quale indirizzo prevarrà, l’Ucraina nell’Unione Europea e nella NATO, come vuole il presidente Iushenko, o la linea filorussa di Ianukovich?

     
    R. – L’Ucraina non ha alcuna possibilità reale, in questo momento, di entrare nell’Unione Europea. L’Unione Europea ha già molti problemi e i continui allargamenti glie ne hanno creati altri. Credo che difficilmente, in questo contesto, possa realizzarsi, anche se è più probabile, l’ingresso nella NATO.

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    Ottobre, mese del Rosario e mese missionario

    ◊   Sta per iniziare il mese di ottobre, dedicato alla devozione del Santo Rosario. Ottobre è anche il mese missionario: è questa una ulteriore occasione per sostenere le attività delle Pontificie Opere Missionarie e per promuovere, in particolare, la riflessione sulla dimensione universale della Chiesa. La città mariana di Pompei si prepara intanto, come ogni anno, ad accogliere migliaia di pellegrini per il mese di ottobre, dedicato alla Madonna del Rosario e al fondatore del Santuario, il beato Bartolo Longo. Sul significato di questa devozione, ascoltiamo al microfono di Giovanni Peduto, l’arcivescovo prelato di Pompei, mons. Carlo Liberati:


    R. – Il Rosario della Vergine Maria si è sviluppato nel secondo millennio al soffio dello Spirito di Dio. E’ preghiera amata da numerosi Santi. Incoraggiata dal Magistero della Chiesa nella sua semplicità e profondità, rimane anche in questo Terzo Millennio, appena iniziato, una preghiera di grande significato, destinata a portare frutti di santità. Si inquadra nel cammino spirituale di un cristianesimo che, dopo 2000 anni, non ha perso nulla della freschezza delle origini e si sente spinto dallo Spirito di Dio a prendere il largo per ridire, anzi, gridare Cristo al mondo come Signore e Salvatore, come la Via, la Verità e la Vita. Il Rosario, caratterizzato dalla fisionomia mariana, è preghiera dal cuore cristologico. Nella sobrietà degli elementi concentra la profondità dell’intero messaggio evangelico di cui è quasi un compendio. In esso, riecheggia la preghiera di Maria, il suo perenne “Magnificat” per l’opera dell’Incarnazione redentrice iniziata nel suo grembo. Con esso, il popolo cristiano si mette alla scuola di Maria, per lasciarsi introdurre alla contemplazione della bellezza del volto di Cristo e all’esperienza della profondità del suo amore. Attraverso il Rosario, il credente attinge la grazia, quasi ricevendola dalle mani stesse della Madre del Redentore.
     
    D. – Cosa fate a Pompei per mantenere viva la devozione del Rosario?

     
    R. – A Pompei, tutti i giorni dell’anno, dalle 6 alle 7 del pomeriggio, noi celebriamo il Rosario meditando dinanzi al Signore solennemente esposto nell’ostensorio. Quindi, Eucaristia e Maria. Del resto, Lei è la Madre del Redentore e allora noi, attraverso la meditazione dei misteri del Santo Rosario, preghiamo per il Papa, per i vescovi, per i sacerdoti, i religiosi, la Chiesa, per i peccatori, per le necessità dell’umanità, per la conversione del mondo. Cioè, il Santuario di Pompei in quell’ora, diventa veramente un faro che si irradia su tutta la Chiesa cattolica e questo, per noi, è un’espressione bellissima della pietà popolare e della teologia della Chiesa. Io stesso, come vescovo, cerco di partecipare sempre, se possibile, tutte le sere a questo incontro di amore con il Signore presente nell’Eucaristia attraverso l’invocazione alla Madonna per sentire proprio nella storia di tutta l’umanità il Cristo incarnato presente e vivo.

     
    D. – Eccellenza, il Beato Bartolo Longo, il fondatore di Pompei, lo si vedeva sempre con la corona del Rosario in mano; Giovanni Paolo II ebbe a dire: “Il Rosario è la mia preghiera prediletta”: un raffronto fra questi due personaggi …

     
    R. – Bartolo Longo, dopo che nelle campagne desolate e malinconiche di Pompei, dopo che ebbe questa intuizione dello Spirito Santo, certamente lui ha sentito una voce dentro e fuori di lui che gli diceva: “Recita il Rosario e sarai salvo. Chiunque reciterà il Rosario non si perderà”. Dunque, la conversione di Bartolo Longo è una conversione dovuta alla Madonna, dovuta al mistero dell’Incarnazione del Verbo. Qui c’era una campagna desolante; oggi, c’è uno dei più grandi Santuari del mondo. Noi continuiamo questa storia di salvezza attraverso la Madonna, attraverso il Rosario. Giovanni Paolo II, poi, ha definito il Rosario “la preghiera più bella della sua giovinezza, del suo sacerdozio, del suo episcopato”. “Il Rosario – ha detto - mi ha accompagnato nei momenti della gioia e in quelli della prova, ad esso ho consegnato tante preoccupazioni, in esso ho trovato sempre conforto. Il Rosario è la mia preghiera, la preghiera prediletta, preghiera meravigliosa, meravigliosa nella sua semplicità e nella sua profondità”.

     
    D. – Ottobre è anche il mese ‘missionario’; a Pompei non mancano iniziative in questo senso …

     
    R. – No, non mancano, perché noi in questo mese non soltanto facciamo Giornate di preghiera, di adorazione perché ciò che conta nella Chiesa è sempre la grazia: non siamo noi che salviamo il mondo, ma è Cristo crocifisso e risorto che salva la storia dell’umanità. Ebbene, la prima cosa che facciamo a Pompei, anche in questo mese di ottobre, è la preghiera, cominciando con la supplica, proprio con l’Ora del mondo. Ma il Rosario acquista un significato particolare nei commenti, nel canto, nella stessa adorazione dove diamo un’intonazione missionaria e anche un aggiornamento sulla realtà del cattolicesimo in tutto il mondo. Noi stessi come Chiesa piccola, ma significativa, efficiente, viva, diamo anche molti oboli di quelli che riceviamo alla Chiesa missionaria in tante parti del mondo, per contribuire alla costruzione di cappelle, scuole cattoliche, case sacerdotali, seminari. E’ il nostro modo di essere missionari ...

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    Chiesa e Società



    Volge al termine la visita del cardinale Sodano in Cile a 20 anni dal pellegrinaggio di Giovanni Paolo II nel Paese latinoamericano

    ◊   Si avvia alla conclusione la visita in Cile del cardinale Angelo Sodano, decano del Collegio cardinalizio. Il porporato sta prendendo parte, dal 25 settembre, a numerose iniziative della Conferenza episcopale cilena a chiusura delle commemorazioni del 20.mo anniversario del pellegrinaggio di Giovanni Paolo II e del centenario della nascita del cardinale Raúl Silva Henríquez. L’ex segretario di Stato ha incontrato tutte le più alte autorità del Paese tra cui il Presidente della Repubblica, signora Michelle Bachelet. Giovedì scorso, durante la celebrazione eucaristica nel duomo della capitale, in ricordo del cardinale Silva Henríquez, il porporato ha ricordato il profilo dell’ex arcivescovo, morto il 9 aprile 1999, soffermandosi sulla sua figura di salesiano e vescovo e sull’anima del suo apostolato. “E’ per me un onore elevare un Te Deum di azione di grazia al Signore per il dono di questo servitore della Chiesa. In quest’ora di tanti ricordi - ha aggiunto il cardinale Sodano - desidero associare la sua memoria a quella di Giovanni Paolo II: due pastori eccezionali, ognuno nel suo proprio campo. Ambedue hanno amato e servito la Chiesa con i suoi talenti e limiti, con le sue virtù e fragilità umane. Mercoledì scorso, presso l’Università Cattolica di Santiago, il porporato aveva anche ricordato “lo splendore della verità di Giovanni Paolo II” ad oltre due anni della sua morte e a vent'anni dalla sua visita in Cile. E così come aveva fatto il giorno prima presso la Fondazione “Giovanni Paolo II” analizzando la dimensione profetica delle prime encicliche di Papa Wojtyla, in questa solenne lezione magistrale ha voluto soffermasi, in particolare, sul rapporto intrinseco tra la Veritatis splendor (1993), l’Evangelium vitae (1995) e la Fides et ratio (1998). "Encicliche antropologiche” le ha definite il porporato, citando le parole di Benedetto XVI. “Oggi non esiste più Dio come autore creatore dell’uomo e come autore della legge morale. L’uomo stesso - ha continuato il cardinale Angelo Sodano - diventa arbitro e criterio ultimo del bene e del male. E’ così comprensibile che dal relativismo si passi presto all’utilitarismo in base al quale è buono e giusto ciò che è utile (…). Di fronte ad una simile situazione – ha aggiunto il porporato - appare ovvio parlare di una sfida radicale all’uomo e alla morale del cristiano. Il magistero di Benedetto XVI prosegue sulla stessa strada”. Infatti, lo scorso 7 settembre in Austria, ha sottolineato infine il cardinale Sodano, il Santo Padre ci ha ricordato la “sostanziale corrispondenza tra fede, verità e ragione” aggiungendo che “la convinzione di fondo della fede cristiana afferma che all’origine di tutte le cose c’è la Ragione creatrice di Dio”. (A cura di Luis Badilla)

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    A Roma, a partire da domani, una conferenza sui dischi galattici promossa dalla Specola Vaticana

    ◊   La formazione ed evoluzione dei dischi galattici: questo, il tema della Conferenza internazionale promossa da domani al 5 ottobre dalla Specola Vaticana, presso il Centro Matteo Ricci di Roma. Vi parteciperanno 210 astronomi, provenienti da 26 Paesi. Una galassia è un insieme di stelle, polvere, gas e materia oscura, la cui massa globale ruota intorno a un centro. Per usare un’immagine familiare, basti pensare ad un uovo fritto, con una parte centrale di forma più o meno sferoidale ed una parte esterna a forma di disco. Le galassie a disco sono quelle in cui predomina la parte discoidale. Il nostro universo è costituito da un centinaio di miliardi di galassie. La loro massa può variare da 100 milioni a 10 miliardi di volte quella del sole. La Conferenza promossa dalla Specola Vaticana si occuperà essenzialmente della formazione e dell’evoluzione dei dischi delle galassie. La prima sessione sarà dedicata alla nostra galassia, la Via Lattea, e alle galassie del Gruppo Locale. Esse ci forniscono una “immagine archeologica” delle galassie a disco, aiutandoci a capire la struttura delle galassie lontane. Si discuterà poi della formazione delle stelle e della struttura dei dischi galattici, punto di partenza per affrontare la ricerca sulla formazione delle cosiddette galassie “lenticolari” e “spirali”. Infine, la complessa analisi della formazione dei dischi e della loro evoluzione nel tempo. (A cura di Roberta Moretti)

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    La corresponsabilità dell’annuncio al centro di ‘Ecclesia 2007’, il raduno delle diocesi francesi, che avrà luogo a Lourdes, dal 26 al 28 ottobre

    ◊   “Insieme, servire la Parola di Dio”: è il tema di ‘Ecclesia 2007’, che riunirà dal 26 al 28 ottobre a Lourdes circa 7 mila partecipanti provenienti da tutte le diocesi della Francia. “Abbiamo ricevuto la Parola, abbiamo la responsabilità di farla risuonare in tutta la società”, spiega all’agenzia SIR mons. Christophe Dufour, vescovo di Limoges e presidente della Commissione episcopale per la catechesi e il catecumenato (CECC), che promuove l’incontro. “Molto più di un congresso – affermano dal Servizio nazionale per la catechesi e il catecumenato, che lo organizza – si tratterà di un grande momento di Chiesa”. In linea con il “Testo nazionale per l’orientamento della catechesi in Francia”, pubblicato nel 2006 e incentrato sulla “pedagogia dell’iniziazione” e sulla corresponsabilità di tutti i cristiani nella trasmissione della fede, Ecclesia 2007 “intende essere innanzitutto un appello alla responsabilità di tutta la Chiesa, in vista di una catechesi per tutte le età e le fasi della vita”. Nel corso dell’incontro, verranno presentate oltre 250 iniziative pastorali di catechesi. Tra i relatori, il priore della Comunità ecumenica di Bose, Enzo Bianchi, il teologo del Centre de Sèvres, Christoph Theobald, e mons. Giovanni Carrù, sottosegretario della Congregazione per il Clero. (R.M.)

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    In Spagna, l’arcidiocesi di Santiago di Compostela si prepara per la celebrazione dell’Anno Santo 2010

    ◊   L’arcidiocesi di Santiago de Compostela è già in fermento per la preparazione dell’Anno Santo 2010. Tra gli eventi in programma, il più atteso è il gemellaggio con il patriarcato armeno di Gerusalemme e quello ortodosso di Costantinopoli. Prevista anche la costruzione di un altare che metta insieme l’arte del XXI secolo e lo spirito religioso. Come riferisce l’agenzia Zenit, l’opera sarà finanziata dalle offerte dei sacerdoti e dei fedeli dell’arcidiocesi. Inoltre, per il 2010 sarà concluso il restauro del Portico della Gloria e dei dipinti della Cappella Maggiore della cattedrale della città. In programma anche diverse esposizioni: “Gli Armeni e Santiago”, “I Papi e Santiago”, “La collezione pittorica della cattedrale” e “I tessuti della cattedrale”. Infine, sarà preparato un calendario liturgico attento alle celebrazioni quotidiane e alle speciali solennità che scandiscono l’Anno Santo. Si comporranno nuovi testi liturgici per pellegrini, camminatori, giovani e malati. Speciale attenzione alle Celebrazioni Penitenziali, con la presenza di confessori in varie lingue. (B.B.)

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    Il matrimonio al centro della Plenaria dei presidenti delle Conferenze episcopali d'Europa (CCEE), in programma in Portogallo dal 3 ottobre

    ◊   Si svolgerà in Portogallo, dal 3 al 7 ottobre, l’Assemblea plenaria dei presidenti del Consiglio delle 34 Conferenze episcopali d’Europa (CCEE). Ne ha dato notizia lo stesso CCEE. “Il tema monografico della plenaria – informa il CCEE, ripreso dall’agenzia SIR - sarà il matrimonio affrontato da varie prospettive: la situazione pastorale e giuridica dell'istituzione del matrimonio nei diversi Paesi europei; il matrimonio e la famiglia nell'Unione Europea e i matrimoni misti”. Nella mattinata di giovedì 4 ottobre, i presidenti delle Conferenze episcopali europee incontreranno il patriarca di Lisbona, cardinale José da Cruz Policarpo, e il primo ministro del Portogallo, José Sócrates Carvalho Pinto de Sousa, attuale presidente del Consiglio dell’Unione Europea. Successivamente, i partecipanti si trasferiranno a Fatima. “Nella prima parte dei lavori – si legge nella nota - i vescovi avranno l'opportunità di approfondire la situazione della Chiesa cattolica in Portogallo e il ruolo rivestito dal Santuario di Fatima. La seconda parte dei lavori si concentrerà invece sul servizio del CCEE alla Chiesa in Europa, con la presentazione dei progetti quinquennali dei nuovi vescovi responsabili delle Commissioni CCEE per i media (CEEM); per la pastorale delle migrazioni; per le vocazioni; per la catechesi, scuola e università”. I presidenti rifletteranno anche sugli impegni contenuti nel messaggio finale della III Assemblea ecumenica europea di Sibiu e sulle nuove prospettive per l’ecumenismo in Europa. Altri temi all’ordine del giorno: le collaborazioni tra CCEE e CELAM (Consiglio episcopale latinoamericano) e tra CCEE e SECAM (Simposio delle Conferenze episcopali d'Africa e Madagascar). (R.M.)

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    Il film statunitense “A thousand years of good prayers” vince il Festival del Cinema di San Sebastian, in Spagna, e conquista anche il premio cattolico del SIGNIS

    ◊   Con la proclamazione dei vincitori, si è concluso il 55.mo Festival internazionale del cinema di San Sebastian, iniziato il 20 settembre. Erano 16 i film aspiranti ai sei premi stabiliti dall’organizzazione. Film premiato con la Concha de oro (o conchiglia d’oro): “A thousand years of good prayers”(USA); tra i registi è stato premiato Nick Broomfield per il film Battaglia per Haditha (UK); Blanca Portillo ha avuto il premio quale migliore attrice per “Siete mesas de billar frances” (Espana); Henry O.(USA) è stato premiato come migliore attore per il film che ha avuto il primo premio; il premio alla fotografia è andato a Charlie Lam per il film “Exodus” (Hong Kong); infine sono stati premiati ex aequo gli sceneggiatori di “Siete mesas de billar frances” (Espana) e Honeydripper (USA). La giuria ha inoltre concesso un premio speciale a “Buddha collapsed out of shame” (Iran). Una giuria internazionale, diversa da quella ufficiale, per i nuovi registi ha dato il premio a Conrad Clark per il film “Soul Carriage” (Cina e UK). L’associazione cattolica mondiale per la comunicazione SIGNIS ha dato il suo premio a “A thousand years of good prayers” (USA),- che ha avuto la conchiglia d’oro - ha fatto una menzione speciale di “Battle for Haditha” ed ha concesso un altro premio in forma di aiuto finanziario alla produzione argentina “La extranjera”, che ha partecipato alla sezione di “film in costruzione”. Da mettere in risalto un premio speciale della giuria al film che meglio ha rappresentato il mondo femminile, che è andato alla produzione della regista iraniana Hana Makhmalbaf, e che ha come protagonista una bambina di sei anni. Il titolo del film ambientato in Afghanistan fa riferimento alle statue di Buddha distrutte dai Taleban. Lo statunitense Richard Gere e la norvegese Liv Ullman hanno ricevuto personalmente un’onorificenza speciale della città di San Sebastian e con la loro presenza hanno offerto momenti di particolare emozione a tutti i partecipanti del Festival. In attesa di un vero bilancio, può anticiparsi che in generale è stato buono il livello di qualità dei film a concorso, e che è stata notevole la partecipazione del pubblico alle diverse proiezioni e manifestazioni. (A cura di padre Ignacio Arregui)

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    Il grazie commosso dei tanti volontari a mons. Franco Degrandi, che oggi lascia dopo 25 anni la presidenza nazionale dell’OFTAL, Opera per il Trasporto degli Ammalati a Lourdes

    ◊   Un grande, commosso, intenso grazie quello rivolto dalle dame e dai barellieri di OFTAL, Opera Federativa Trasporto Ammalati a Lourdes, a mons. Franco Degrandi che oggi lascia dopo 25 anni ininterrotti la presidenza nazionale dell’Associazione. 1500 i volontari accorsi a Trino nel vercellese, ove OFTAL ha sede in rappresentanza dei circa 15 mila iscritti. Motivo? Il ricordo dei primi 75 anni di fondazione dell’Opera. Alla presenza del rettore del Santuario di Lourdes, mons. Raymond Zambelli, mons. Degrandi ha ricevuto dalle mani dell’arcivescovo di Vercelli, mons. Enrico Masseroni, nel corso della solenne celebrazione eucaristica, la nomina a protonotario apostolico, riconoscimento questo fortemente voluto dal segretario di Stato, cardinale Tarcisio Bertone, a riconoscimento dei meriti di mons. Degrandi alla guida dell’Opera. Nel corso dell’udienza concessa all’Associazione il 17 marzo scorso, Benedetto XVI ha ricordato come “Voi amici dell’OFTAL offrite l’esperienza del pellegrinaggio con i malati, segno forte di fede e di solidarietà tra persone che escono da se stesse e dal chiuso dei propri problemi, che partono verso una meta comune, un luogo dello spirito. Aiutate così, il popolo di Dio – diceva sempre Sua Santità – a tener desta la consapevolezza della sua natura pellegrinante alla sequela di Cristo”. Nella mattinata si sono succeduti gli interventi di mons. Francesco Ravinale, vescovo di Asti, e Raymond Zambelli, rettore del Santuario di Lourdes. Secondo mons. Zambelli, l’anima dei pellegrinaggi OFTAL è “spiritualità, carità, interiorità, fervore e ricerca della santità per tutti”. (A cura di Edoardo Caprino)


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    24 Ore nel Mondo



    Afghanistan: i talebani rifiutano di abbondonare la lotta armata per entrare nel governo Karzai - In Darfur, muoiono a causa di un attentato 10 soldati dell'Unione Africana in missione di pace nella regione

    ◊   No dei talebani alla proposta di dialogo avanzata ieri dal presidente afghano, Hamid Karzai. Un portavoce degli insorti, Yousuf Ahmadi, ha affermato che non c’è alcun interesse ad entrare nel governo fino a quando nel Paese resteranno truppe straniere. Ieri il capo dello Stato aveva offerto incarichi all’interno dell’esecutivo pur di avviare un processo di riconciliazione nazionale ma aveva posto come unica condizione la rinuncia alla lotta armata. Karzai ha definito “inaccettabile” la risposta dei talebani perché gli stranieri stanno aiutando l’Afghanistan a costruire le infrastrutture e a formare l’esercito locale. Ieri il Consiglio di Sicurezza dell’ONU aveva condannato il grave attentato avvenuto a Kabul, costato la vita a oltre 30 soldati afghani. Nella nota delle Nazioni Unite si chiede massimo impegno al governo di Kabul affinché i responsabili dell’attacco siano catturati. Violenza anche oggi nel Paese asiatico. Nella turbolenta regione di Kandahar, due agenti sono morti mentre stavano tentando di disinnescare una bomba.

    - Un accordo provvisorio sulla denuclearizzazione della Corea del Nord, definito dai negoziatori americani come “molto completo”, è stato messo a punto durante i colloqui a sei di Pechino. Russia, Cina, Stati Uniti, Giappone e le due Coree hanno comunque sospeso per due giorni gli incontri per valutare la bozza di dichiarazione sulla chiusura degli impianti nucleari di Pyongyang.

    - Nuovo incontro, in programma martedì a Gerusalemme, tra il premier israeliano Ehud Olmert ed il presidente palestinese Abu Mazen. Lo ha annunciato il portavoce del governo ebraico, David Baker. Sul tavolo, la dichiarazione congiunta che dovrà essere presentata al vertice di novembre sul Medio Oriente organizzato dagli Stati Uniti. Si tratta del quarto colloquio tra i due in due mesi. Sono intanto rientrati all’alba nella Striscia di Gaza un centinaio di palestinesi, legati ad Hamas, che erano rimasti bloccati da diverso tempo in Egitto. Il Cairo avrebbe, secondo alcune fonti, autorizzato il passaggio dalla frontiera di Rafah evitando l’ingresso in territorio israeliano. Risale solo allo scorso luglio l’intesa tra Egitto e Israele per il transito di palestinesi dal valico di Al Oja. Sono nove le persone rimaste ferite ieri sera nella violenta rissa scoppiata all’interno di una moschea a Khan Yunis, nel sud della Striscia di Gaza, tra sostenitori di Hamas e di Fatah. A far accendere la miccia un imam vicino ad Hamas che avrebbe iniziato il suo sermone togliendo il posto ad un predicatore di Fatah.

    - Agguato in Iraq. A Mosul, un politico sunnita, componente del Consiglio provinciale di Nineveh per il partito islamico iracheno, è stato freddato insieme con le sue tre guardie del corpo. Sempre nella stessa regione, tre religiosi sunniti sono stati uccisi in altrettanti attacchi. A termine del mese di Ramadan, prenderanno il via i lavori per la ricostruzione della moschea Al Askari di Samarra, distrutta da due attentati nel 2006 compiuti da presunti miliziani sunniti. A finanziare l’opera, dal costo di 16 miliardi, saranno l’Unione Europea e l’UNESCO.

    - Almeno dieci soldati appartenenti alle truppe inviate in Sudan dall’Unione Africana sono rimasti uccisi in un attacco contro la loro base, nella martoriata regione del Darfur. Si tratta dell’agguato più grave da quando, nel 2004, è iniziata la missione.

    - Grave il bilancio di un attacco, avvenuto ieri, nei pressi del villaggio turco di Sirnak. Si contano 13 vittime, in maggioranza lavoratori, che stavano rientrano a bordo di un pulmino. A compiere l’agguato, secondo la polizia, un gruppo di guerriglieri del PKK, il movimento separatista curdo, che avrebbe agito per vendetta dopo l’uccisione, un mese fa, di un capo del partito dei lavoratori. L’azione di ieri rientra nella strategia della tensione, iniziata nel 1984 con la richiesta d’indipendenza da Ankara, e che ha avuto una breve tregua solo nel 1999 dopo la cattura del leader Abdullah Ocalan.

    - Attentato ieri anche a Malè, capitale dell’arcipelago delle Maldive. Due persone sono state arrestate dopo l’esplosione di un ordigno artigianale, piazzato all’ingresso di un parco, e che ha provocato il ferimento di 12 turisti stranieri: due inglesi, due giapponesi e otto cinesi, le loro condizioni non sono però preoccupanti. Oggi hanno ricevuto la visita del presidente maldiviano, Abdul Gayoom, che ha condannato fermamente l’attentato: il primo da 19 anni nell’arcipelago dell'oceano indiano, quando ci fu un tentativo di colpo di Stato.

    - Possibile rischio tsunami sulle coste meridionali dell’Australia in seguito al violento terremoto di magnitudo 7,4 della scala Richter che si è registrato nel sud della Nuova Zelanda. L’epicentro del sisma è stato individuato a 12 km di profondità sottomarina e a circa 470 chilometri a sudovest della città più meridionale di Invercargill. Non si segnalano né vittime né danni. Poche ore prima, un altro terremoto di magnitudo 7,1 si era verificato sull’isola di Guam, nel Pacifico; anche in questo caso non ci sono state conseguenze. (Panoramica internazionale a cura di Benedetta Capelli)

     

     
    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LI No. 273

     
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