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SOMMARIO del 27/09/2007
Benedetto XVI ai vescovi ucraini in visita "ad Limina": coltivate rapporti di armonia con i greco-cattolici e con gli ortodossi nel Paese e curate in particolare i candidati al sacerdozio
◊ Manifestare in ogni circostanza l’unità fra i cattolici dei diversi riti. Benedetto XVI lo ha chiesto ai vescovi dell’Ucraina di rito latino, incontrati oggi a Castel Gandolfo per la loro vista ad Limina, dopo il precedente incontro di lunedì scorso al quale avevano partecipato anche i presuli cattolici di rito greco. Oggi, il Papa ha messo in risalto le priorità della Chiesa ucraina, insistendo in particolare sulla cura dei sacerdoti, delle vocazioni e della famiglia. Il servizio di Alessandro De Carolis:
I vescovi della Chiesa cattolica ucraina nutrono la volontà reciproca di “consolidare l’unità e la collaborazione” in tutti i campi pastorali, da quello catechetico al liturgico, dal missionario al caritativo. Benedetto XVI ha subito trovato parole di apprezzamento per i vescovi e i sacerdoti che vivono, ha riconosciuto, in un contesto nel quale - per difficoltà di tipo sociale e contingente - “l’abnegazione” e la “generosità” sono tra le prime qualità da mettere in campo. Ma, così come già sottolineato nel suo intervento all’inizio di questa settimana al cospetto dei vescovi greco-cattolici, il Papa ha nuovamente sollecitato i presuli di rito latino a lavorare per il dialogo e la fraternità tra le due componenti ecclesiali:
“Anche fra cattolici non sempre la collaborazione riesce facile, essendo normale che emergano sensibilità differenti, data pure la diversità delle rispettive tradizioni. Ma come non ritenere una provvidenziale opportunità il fatto che coesistano insieme due Comunità distinte nelle loro tradizioni ma pienamente cattoliche, entrambe protese a servire l’unico Kyrios e ad annunciarne il Vangelo? L’unità dei cattolici, nella diversità dei riti, e lo sforzo di manifestarla in ogni ambito, mostra il volto autentico della Chiesa Cattolica e costituisce un segno quanto mai eloquente anche per gli altri cristiani e per l’intera società”.
Nonostante la pesante eredità della “dominazione atea e comunista” della quale - ha osservato il Pontefice - si riscontrano “evidenti tracce nelle generazioni attuali”, il consolidare la comunione all’interno delle comunità cattoliche renderà “più agevole - ha affemato - condurre un proficuo dialogo tra la Chiesa Cattolica e le altre Chiese e comunità ecclesiali. “L’esigenza ecumenica - ha poi proseguito Benedetto XVI - è fortemente avvertita da voi, che da lunghi secoli vivete insieme ai nostri fratelli ortodossi e con loro cercate di tessere un quotidiano dialogo che abbraccia tanti aspetti della vita”:
“Le difficoltà, gli ostacoli, e persino eventuali insuccessi non rallentino il vostro entusiasmo nell’andare in questa direzione. Con pazienza e umiltà, con carità, verità e apertura d’animo, il cammino da percorrere diviene meno arduo, soprattutto se non viene mai meno la prospettiva di fondo, la convinzione cioè che tutti i discepoli di Cristo sono chiamati a percorrere le sue orme, lasciandosi guidare docilmente dal suo Spirito, che è sempre all’opera nella Chiesa".
Passando poi ai temi della pastorale, Benedetto XVI ha invitato i vescovi ucraini ad avere cura che nei seminari “sia impartita agli aspiranti al sacerdozio una formazione armonica e completa” e a “non trascurate la formazione permanente dei presbiteri”. Quindi, ha aggiunto:
“Ho notato con soddisfazione la presenza e l’impegno dei consacrati e delle consacrate: un autentico dono per la crescita spirituale di ogni comunità. La cura delle vocazioni presuppone naturalmente una valida pastorale familiare. La formazione di un laicato che sappia rendere ragione della fede si rende in questi nostri tempi ancor più necessaria e rappresenta uno degli obbiettivi pastorali da perseguire con impegno”.
Altre udienze e nomine
◊ Nel corso della mattinata, Benedetto XVI ha ricevuto il cardinale Camillo Ruini, vicario generale di Sua Santità per la Diocesi di Roma.
In Argentina, il Papa ha accettato la rinuncia al governo pastorale dell’arcidiocesi di Corrientes, presentata per raggiunti limiti di età dall'arcivescovo, Domingo S. Castagna.
Benedetto XVI ricorda Paolo VI al concerto a Castel Gandolfo per i 110 anni dalla nascita di Papa Montini
◊ Un omaggio musicale alla memoria di Papa Paolo VI, nel 110mo anniversario della nascita: lo ha reso l’Orchestra del Festival Internazionale di Brescia e Bergamo, diretta da Agostino Orizio, con il concerto celebrativo che si è tenuto ieri pomeriggio a Castel Gandolfo alla presenza di Benedetto XVI e delle autorità religiose e civili, fra cui il cardinale Giovanni Battista Re e il ministro della Giustizia Clemente Mastella. Il servizio di A.V.:
“Rendiamo omaggio allo spirito di saggezza evangelica con cui questo mio amato Predecessore ha saputo guidare la Chiesa durante e dopo il Concilio Vaticano II. Egli ha avvertito, con profetica intuizione, le speranze e le inquietudini degli uomini di quell’epoca; si è sforzato di valorizzarne le esperienze positive cercando di illuminarle con la luce della verità e dell’amore di Cristo”.
Con queste parole Benedetto XVI ha esaltato Paolo VI, dopo che la musica ne aveva vivificato la memoria e l’intensa spiritualità. Dalla natale terra bresciana, dove era nato – il 26 settembre del 1897, a Concesio – sono giunti a rendere omaggio a Papa Montini il Maestro Agostino Orizio, che ne fu intimo amico, alla testa dell’Orchestra del Festival Internazionale di Brescia e Bergamo, e i solisti Marco Rizzo al violino e Alexander Romanovsky al pianoforte. La musica fu elemento di condivisione tra il noto direttore d’orchestra e pianista, allievo del leggendario Arturo Benedetti Michelangeli, che portò a suonare in Vaticano, e Paolo VI, come ha ricordato nella sua prolusione il vescovo ausiliare di Brescia mons. Francesco Beschi:
R. – Proprio con lui che in anni lontani familiarizzava con il maestro Trizio, apprezzando le sue doti musicali, iniziava una preziosa tradizione, scandita dai concerti eseguiti alla presenza del Papa, dello stesso Paolo VI, nel 1966. L’esperienza musicale è stata capace, e lo è ancora, di introdurre e rappresentare addirittura il mistero di Dio, anche quando non di soggetto sacro e liturgico, coinvolgendo in termini, non solo estetici, uomini e donne di ogni condizione spirituale”.
E l’offerta musicale è stato il dono e il memoriale più gradito anche per Benedetto XVI, che così ha accolto gli interpreti:
“Con straordinario talento ed efficacia, hanno eseguito brani musicali di Vivaldi, Bach e Mozart, aiutando il nostro spirito a percepire nel linguaggio musicale l’intima armonia della bellezza divina”.
Un programma settecentesco, con pagine di intensa spiritualità e lirismo, seppur non religiose, e autori particolarmente amati dal Santo Padre; l’omaggio più esplicito al “pianista” Joseph Ratzinger nel Concerto per Pianoforte e Orchestra in mi bemolle maggiore di Mozart.
(Musica)
E un inno a Dio, celebrazione della vita, si è levato attraverso la musica, ispiratrice tra il pubblico commosso del suo alto insegnamento, così ancora ricordato da Benedetto XVI:
“L’amore che nutriva per l’umanità con i suoi progressi, le meravigliose scoperte, i vantaggi e le agevolazioni della scienza e della tecnica, non gli ha però impedito di porre in evidenza anche le contraddizioni, gli errori e i rischi di un progresso scientifico e tecnologico sganciato da un saldo riferimento a valori etici e spirituali”.
Giornata mondiale del turismo: la Chiesa auspica la promozione della donna nel settore
◊ Oggi si celebra la Giornata mondiale del turismo: questa ricorrenza – afferma il Papa in un messaggio a firma del cardinale segretario di Stato Tarcisio Bertone - “giovi a potenziare il fenomeno del turismo nei suoi valori positivi”. La Giornata odierna è dedicata alla donna. Il servizio di Sergio Centofanti:
“Il turismo: porta aperta per le donne” è il tema della Giornata di quest’anno. Il cardinale Bertone nel suo messaggio auspica la promozione del ruolo femminile anche in questo settore. Il porporato rileva che il 46% della forza lavoro nell’industria turistica è costituito da donne ma denuncia “che, nonostante questa massiccia e funzionale presenza femminile, persiste in molti casi la segregazione verticale della donna dalla gestione dirigenziale e dalla responsabilità manageriale". A questo riguardo ricorda che Benedetto XVI ha denunciato la non sufficiente considerazione per la condizione femminile “come portato di divisioni antropologiche persistenti in alcune culture, che riservano alla donna ancora una collocazione fortemente sottomessa all’arbitrio dell’uomo, con conseguenze lesive per la sua dignità di persona e per l’esercizio delle stesse libertà fondamentali” (Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace 2007).
Per il cardinale Bertone “bisogna operare per un’effettiva uguaglianza dei diritti delle donne, garantendone la parità nel lavoro, la libertà religiosa, il rispetto delle esigenze connesse con la maternità, la corresponsione di un salario equamente retributivo. Va favorito concretamente il diritto allo studio e alla qualificazione professionale della giovane e della donna, combattendo con una legislazione positiva e concorde ogni forma di ingiusto sfruttamento del suo genere e di indegna mercificazione del suo corpo”. Il porporato denuncia con forza “lo scandalo intollerabile di certo turismo sessuale che umilia le donne riducendole in una situazione di pratica schiavitù”.
Solo superando queste forme di sfruttamento e di discriminazione – conclude il cardinale Bertone – “il turismo può divenire godimento autentico e condiviso del tempo libero e della natura, esperienza e pratica di un’ospitalità idonea a creare una cultura dell’accoglienza, ricerca del bello e della sapienza di cui è ricca la tradizione biblica e cristiana”.
Ma come è nata la Giornata mondiale del turismo? Giovanni Peduto lo ha chiesto a mons. Francesco Brugnaro, di recente nominato dal Papa arcivescovo di Camerino-San Severino Marche, ma finora Osservatore permanente della Santa Sede presso l’Organizzazione Mondiale del Turismo:
R. – Anzitutto, è stata istituita 28 anni fa. L’iniziativa è partita dall’Organizzazione Mondiale del Turismo, quindi dall’ONU stessa, e ha trovato la Santa Sede pienamente consenziente. La finalità era quella di portare all’attenzione dei governi, delle associazioni alberghiere, degli operatori turistici l’importanza culturale, umanizzante ed economica di questo settore della vita umana che si andava sviluppando sempre di più. E mi pare che abbia dato ragione a chi ha voluto dedicare una giornata di riflessione a questo aspetto della vita umana se ricordiamo, come diceva l’ultima statistica dei quattro mesi del 2006, presentata dal segretario generale dell’Organizzazione nell’ultima riunione, gli 860 milioni di persone che si sono mossi esclusivamente per ragioni turistiche.
D. – Una riflessione sul tema di questa Giornata mondiale del turismo: Il turismo: porta aperta per le donne …
R. – Il messaggio che il Santo Padre, per il tramite del cardinale segretario di Stato Bertone, ha rivolto al segretario generale del Turismo, parte dalla constatazione di Giovanni XXIII nella “Pacem in Terris”, là dove dice che vede nella donna uno dei segni più chiari, più caratteristici – proprio un segno dei tempi – dell’età moderna. Allora, la donna oggi – come dice il messaggio stesso – è un momento fondamentale della vita del turista, perché chiunque si metta in viaggio incontra donne o all’agenzia, o come guida turistica, o come manager di un albergo, o la stessa cameriera: le donne le si incontra in tutti i segmenti della vita del turista. E purtroppo le si incontra in una condizione di minorità. E allora, se il turismo è un’opportunità per l’umanità, la donna dev’essere messa nella condizione di emergere, di valorizzare il suo talento, coniugando la novità di questo settore con i problemi, i temi, le responsabilità che sono tipiche della donna: la sua corporeità, la sua maternità, le relazioni che ha con il mondo, la capacità di dialogo, e soprattutto aiutarla ad emanciparsi da un punto di vista culturale, sociale e ed economico.
D. – Cosa può offrire il genio femminile in questo campo?
R. – Certamente offre moltissimo, purché ci sia una concorrenza di energie che permettano alla donna, fin da quando è fanciulla, bambina, ragazza, di qualificarsi, di finalizzarsi in maniera tale da non diventare volgare merce di scambio o di sfruttamento come spesso vediamo dalle riviste più banali al turismo sessuale di tutti i tipi.
D. – E a proposito di turismo sessuale, che coinvolge tanti bambini e bambine: come lottare?
R. – L’impegno dell’Organizzazione Mondiale del Turismo e anche dell’associazione degli albergatori, almeno da cinque anni a questa parte, soprattutto dopo l’incontro di Bangkok, è un impegno solenne e fondamentale. In tutte le convenzioni c’è il desiderio e la volontà politica, oltre che anche economica, cioè punendo quei segmenti di turismo che possono continuare a sfruttare la sessualità femminile, soprattutto quella minorile, a fini che non hanno nulla da condividere con lo svago, con il divertimento o con l’attività del turismo.
D. – Il suo auspicio, eccellenza, nel momento in cui sta per lasciare questo compito di Osservatore permanente della Santa Sede presso l’Organizzazione Mondiale del Turismo … Ricordiamo che mons. Brugnaro sabato prossimo riceverà l’ordinazione episcopale dalle mani del Santo Padre nella Basilica di San Pietro ...
R. – Credo che sia importante fare emergere il turismo con finalità religiosa, soprattutto se guardiamo alle grandi religioni. Tutte le grandi religioni – la cristiana, l’ebraica e la musulmana, e anche la indù – hanno il tema del pellegrinaggio. Quindi, andando incontro ad una richiesta che modestamente ho presentato alla segreteria generale dell’Organizzazione Mondiale del Turismo da due anni a questa parte, il 28 e il 29 ottobre, a Cordoba, si celebrerà questo grande convegno mondiale, organizzato dalla stessa Organizzazione Mondiale del Turismo, sul turismo religioso e sugli aspetti religiosi del viaggiare. Credo che sia importante anche dal punto di vista economico: in Europa, sono circa 35-38, se non 40 milioni, i pellegrini che viaggiano per raggiungere zone di devozione importanti, dalla Terra Santa a San Giacomo di Compostela, ai Santuari mariani, eccetera. Pensiamo al pellegrinaggio obbligatorio per i musulmani, di andare alla Mecca. Quindi, all’interno del turismo un segmento culturalmente ed economicamente importante è anche l’aspetto religioso.
“Date la possibilità di ascoltare le parole autentiche del Papa”: così il cardinale Bertone alla Radio Vaticana per i 50 anni del Centro Trasmittente di Santa Maria di Galeria
◊ Nell’imminenza della festa di San Gabriele Arcangelo, Patrono della Radio Vaticana, si è tenuta stamani presso il Centro Trasmittente di S.Maria di Galeria la Santa Messa presieduta dal cardinale segretario di Stato Tarcisio Bertone. A seguire l’evento c’era per noi Amedeo Lomonaco:
E’ una tradizione che si ripete ogni anno in una atmosfera familiare in occasione della consegna delle onorificenze ai dipendenti della Radio Vaticana. La celebrazione acquisisce poi quest’anno particolare rilevanza perchè cade nel 50.mo anniversario dell’inaugurazione del Centro Trasmittente da parte di Papa Pio XII. Il cardinale segretario di Stato Tarcisio Bertone ha salutato a nome del Papa tutta la famiglia della Radio Vaticana e ha sottolineato, durante l’omelia, come la missione di quanti lavorano nell’Emittente pontificia, sia quella di contribuire a diffondere la parola del Papa:
“Voi date la possibilità di ascoltare in diretta le parole che il Sommo Pontefice rivolge ai fedeli e ai pellegrini che vengono a fargli visita: le parole vere, le parole autentiche, non quelle filtrate, ridotte, mutilate. Chi vuole ascoltarlo si mette in sintonia con la Radio Vaticana e ascolta le sue parole vere".
Nel portare a compimento questa missione – ha spiegato poi il porporato – vi sia di aiuto l’arcangelo Gabriele, non solo come intercessore ma anche come modello di riferimento. Un modello – ha osservato il cardinale Bertone – al quale “siete chiamati ad ispirarvi nella vita di ogni giorno e nel vostro impegno professionale”. Attraverso le onde radiofoniche – ha aggiunto - “la Buona Notizia della salvezza può raggiungere ogni angolo della terra”, anche le regioni più lontane”, e recare a tutti la parola di Dio, parola di pace, di speranza e di amore. Una parola annunciata anche in momenti tormentati della storia. Ancora il cardinale Bertone:
“Come non ricordare qui il prezioso servizio che la vostra Emittente ha reso, durante il lungo periodo della dittatura comunista, ai cattolici di fatto impossibilitati a comunicare con la Sede Apostolica e con le altre comunità cattoliche? Siate sempre consapevoli dell’importanza della vostra missione e cercate di portarla a compimento con professionalità e grande spirito di fede”.
“Laudetur Jesus Christus”, il saluto con cui si aprono e si chiudono sempre le trasmissioni della Radio Vaticana – ha concluso il porporato - non sia soltanto un motto ma “il programma di lavoro e di vita di ognuno di voi”. Dopo la Santa Messa il segretario di Stato ha consegnato le onorificenze concesse da Benedetto XVI ad alcuni dipendenti della Radio Vaticana. I riconoscimenti sono stati consegnati ad Antonio Giustini ed Ennio Pannicelli, del Centro Trasmittente di Santa Maria di Galeria, a Francesco Brovelli, uno dei responsabili della Sala controllo, a Irene Rosati, del programma francese, e a Michel Jeangey, del programma armeno. Durante la celebrazione è intervenuto, infine, anche il direttore generale della nostra Emittente, padre Federico Lombardi, che ha sottolineato come la Radio sia lo strumento tecnico più potente per la diffusione del messaggio della Chiesa nel mondo, soprattutto in luoghi dove la libertà religiosa è limitata o dove l’accesso alla tecnologia è ancora un miraggio.
15 anni fa la nascita del programma della Radio Vaticana in lingua kiswahili
◊ Compie 15 anni in questa settimana il programma in lingua Kiswahili della Radio Vaticana, che ha iniziato le sue trasmissioni nel settembre del 1992, per rispondere alla necessità di raggiungere un più grande pubblico di ascoltatori nel continente africano. La lingua kiswahili è infatti ampiamente parlata nei Paesi dell’Africa centrale ed orientale. A rimarcare questo anniversario è la testimonianza di padre Eustace Sequeira, allora responsabile del Programma Inglese-Africa, che racconta al microfono di Beth Hay, come è nata l’idea di dare avvio al nuovo programma in kiswahili:
R. – The opportunity is a right word...
“Opportunità” è la giusta parola, ma l’opportunità non è arrivata da fuori. La guerra in Somalia ha spinto la Radio Vaticana a dedicare 10 minuti di programmazione una volta a settimana in lingua somala, perché era presente a Nairobi il vicario apostolico della Somalia, che riportava molto bene ciò che stava accadendo. Una volta che il programma somalo è iniziato abbiamo valutato la possibilità di poter ampliare la trasmissione per altri 6 giorni, o almeno 5, in lingua kiswahili, una lingua parlata da molte persone e da molti cattolici in Africa.
D. – Quindi il nuovo programma somalo ha creato il bisogno di un programma in kiswahili?
R. – Il bisogno c’è sempre stato. Il programma somalo ha dato solo l’opportunità di capire come si potesse risolvere un bisogno e non senza difficoltà, perché già in passato, agli inizi della Radio Vaticana c’era un prete olandese che conduceva un programma in kiswahili, che non fu sviluppato più di tanto in quel periodo, e quando il sacerdote se ne andò il programma fu chiuso. Dal 1994 il programma è stato allungato a 15 minuti ed oggi dura mezz’ora. Quindi, da questo piccolo seme nato in seguito alla guerra in Somalia ha beneficiato tutta l’Africa.
Giornata marittima mondiale: intervista con mons. Marchetto
◊ Oggi si celebra anche la Giornata Marittima Mondiale, indetta dall’OMI, l'Organizzazione Marittima Internazionale, per ricordare l’importanza di tale industria e il suo contributo all’economia mondiale. Giovanni Peduto ha intervistato l’arcivescovo Agostino Marchetto, segretario del Pontificio Consiglio della Pastorale per i Migranti e gli Itineranti, che ha un suo settore dedicato all’Apostolato del Mare:
R. - Il tema scelto quest’anno, "La risposta dell’OMI alle attuali sfide ambientali", è un appello rivolto a tutti ad intensificare gli sforzi per proteggere e preservare l’ambiente marittimo prima che i danni vi siano irreparabili. Non è molto che l’umanità ha cominciato a capire la fragilità del nostro pianeta e le gravi ripercussioni che possono avere le nostre azioni. Molti Paesi, però, sono ancora riluttanti a ratificare le Convenzioni esistenti in materia di protezione dell’ambiente marittimo perché ciò richiederebbe, da parte loro, grossi investimenti finanziari e anche una competenza che non sempre hanno. Il rispetto dell’ambiente, ad ogni modo, presuppone la convinzione che siamo tutti “maggiordomi di Dio nel Creato” e ciò esige un impegno personale, collettivo e internazionale. Per la Chiesa, la cura del Creato è questione morale, come ci ricorda l’Enciclica di Giovanni Paolo II Centesimus Annus.
D. - Quando parliamo di rispetto dell’ambiente, ci riferiamo anche a tutti coloro che traggono sostentamento dal mare?
R. - Quando si parla di rispetto dell’ambiente è importante riaffermare che l’uomo è al centro del Creato. Tale rispetto, infatti, non ha senso se non inizia con il rispetto della persona e questa è sempre l’attore principale della questione ambientale. La preoccupazione per l’ambiente, infatti, non può non tener conto delle necessità di una popolazione, sempre più grande, che trae dalla pesca la principale fonte di sostentamento. Pertanto, è importante favorire politiche equilibrate che tengano conto dei fattori ambientale, per uno sfruttamento sostenibile delle risorse, e al tempo stesso umano, per un tenore di vita equo dei soggetti impegnati nelle attività della pesca. Benedetto XVI attesta che “il degrado ambientale rende insostenibile particolarmente l’esistenza dei poveri della terra” (Angelus del 27 agosto 2006). Proprio per questo amore per i poveri, non possiamo, quindi, non scandalizzarci per equipaggi abbandonati in porti stranieri, salari non corrisposti e per maltrattamenti, che stanno a significare come, anche per l’industria marittima, vi è il rischio che le considerazioni economiche si antepongano alla preoccupazione per il bene delle persone.
D. - Qual è la visione del Pontificio Consiglio e il suo approccio alle sfide dell’ambiente marittimo?
R. - La globalizzazione non ha migliorato, purtroppo, le condizioni di vita e di lavoro nel mondo marittimo. Gli equipaggi trascorrono un tempo sempre più lungo a bordo, sono isolati, stressati e affaticati. Ciò è più evidente nel settore della pesca. Il nostro recente Congresso Mondiale dell’Apostolato del Mare a Gdynia (Polonia) ha dichiarato, per esempio, che, se è vero che esistono milioni di pescatori responsabili e meritevoli di tutto il nostro rispetto, non si può ignorare la pratica della pesca illegale, l’uso di metodi distruttivi, soprattutto in Africa, da parte di navi di altri continenti, la pesca eccessiva che, in alcune regioni, rischia addirittura di far scomparire, in un prossimo futuro, le risorse ittiche. Ricordo ancora gli incidenti in mare, troppo frequenti e con conseguenze drammatiche anche per le comunità di quanti ne sono vittime.
D. - In concreto, cosa possiamo fare noi, comuni cittadini?
R. - Se consideriamo che oltre il 90% del commercio mondiale si svolge per mare e se teniamo conto del suo contributo all’economia mondiale, è evidente che la nostra società ha un debito importante verso i marittimi, il cui lavoro richiede molto coraggio, esperienza, sacrificio e professionalità. A questo, però, non corrisponde un riconoscimento per gran parte di loro. È nostro dovere, perciò, mostrare loro gratitudine, anche in concreto, solidarietà e accoglienza, assistendoli quando necessario e pregando per loro e le rispettive famiglie. Quanti vivono nei Paesi industrializzati devono comprendere, poi, che non si possono sperperare le risorse della terra, ma è necessario un loro uso parsimonioso e coerente con il bene comune, anche per le generazioni future. Come ribadito al Congresso di Gdynia, vogliamo avere il coraggio di introdurre un “umanesimo cristiano della speranza” nel mondo marittimo, come testimoni della Buona Novella di Gesù Cristo.
Oggi su "L'Osservatore Romano"
◊ Servizio vaticano - Nel discorso ai presuli della Conferenza episcopale di Ucraina il Papa ha esortato a consolidare la collaborazione per affrontare le grandi sfide sociali, culturali e spirituali del momento presente.
Servizio estero - In evidenza la situazione nel Myanmar, dove si fa sempre più aspra la repressione della giunta militare. Nessun accordo al Consiglio di Sicurezza su possibili sanzioni.
Servizio culturale - Un articolo di Franco Pelliccioni dal titolo “Dove porta il Passaggio a Nord-Ovest?”: la testimonianza di un grande conoscitore dell’Artico dopo le recenti notizie sui cambiamenti climatici.
Servizio italiano - In rilievo il tema della finanziaria.
Myanmar: i militari sparano anche sui giornalisti
◊ Ormai è bagnata di sangue la protesta dei monaci buddisti e della popolazione civile in Myanmar. Anche oggi, nelle manifestazioni contro la giunta militare, si registrano vittime, feriti e numerosi arresti. L’esercito ha deciso per il pugno di ferro nonostante gli inviti internazionali alla calma. Pure la Cina, Paese molto vicino a Yangon, ha chiesto moderazione anche se, ieri in sede Onu, si è battuta per non far passare una risoluzione contro la giunta. Il servizio di Benedetta Capelli:
Non ci sono solo monaci e civili tra le vittime della repressione dell’esercito birmano. Tra i morti si conta anche un fotografo giapponese rimasto a terra dopo i tentativi dei militari di disperdere la folla che anche oggi è scesa nelle strade di Yangon. I raid notturni contro i monasteri buddisti che avrebbero causato 4 vittime e 850 arresti -tra questi anche due dirigenti del partito della dissidente Aung San Suu Kyi- non sono bastati a spegnere l’ondata di protesta. Stamani i manifestanti hanno affrontato nuovamente il divieto di scendere in piazza, imposto ieri dall’esecutivo, ed hanno sfidato anche l’ultimatum dell'esercito: sciogliere il corteo entro 10 minuti sotto la minaccia di un’azione estrema. Forse gli spari alla pagoda Sue e intorno alla stazione ferroviaria di Yangon, ma soprattutto i 100 arresti, hanno convinto la folla a desistere. L'azione repressiva del regime è anche diretta contro i giornalisti stranieri; alcuni soldati sono entrati in un albergo della capitale alla ricerca di reporter che con le loro notizie potrebbero destabilizzare l'opinione pubblica. A riferirlo un sito di birmani in esilio. Intanto si moltiplicano gli inviti alla moderazione, l’ultimo arriva dalla Cina, principale alleato del Myanmar, che però non ha condannato l’uccisione ieri di 5 monaci e di una donna. Proprio Pechino ha impedito di approvare ieri in Consiglio di Sicurezza dell’ONU una risoluzione contro la giunta birmana e l’adozione di sanzioni più dure. A mettere il bastone tra le ruote anche la Russia e l’Indonesia che hanno bocciato la proposta avanzata da Unione Europea e Stati Uniti. Nel Paese giungerà l’inviato ONU per il Myanmar, Ibrahim Gambari, che è però in attesa dell’autorizzazione ad entrare da parte della giunta militare. Oggi nuova condanna del Parlamento europeo per la risposta brutale di Yangon alle iniziative pacifiche ed ha espresso orrore per le uccisioni dei manifestanti.
Le forze di sicurezza del Myanmar hanno dunque risposto con la forza alle nuove proteste di oggi nell’ex Birmania. Ma perché si è giunti a questo punto? Ascoltiamo Stefano Vecchia, esperto di questioni asiatiche per il quotidiano Avvenire, intervistato da Giada Aquilino:
R. – Serviva soltanto un’occasione perché la Giunta passasse alle maniere forti con gli stessi birmani. Finora tali metodi li aveva usati contro le minoranze, che da decenni combattono per l’indipendenza, e nel 1988 contro la popolazione birmana delle città e in particolare contro gli studenti. La giunta teme in questo momento l’azione dei monaci, perché la comunità monastica è l’unica che è in grado di tener testa all’esercito sia come organizzazione, sia anche come entità numerica. Ricordiamo che la Birmania è un Paese – unica eccezione in Asia – che si è costantemente impoverito dal secondo dopoguerra ad oggi. E’ ricco di risorse, che però vengono mal utilizzate e svendute, in cambio di armi e beni che finiscono poi nelle mani dei militari e della giunta al potere.
D. – Nuove sanzioni dagli Stati Uniti; rafforzamento delle misure restrittive dall’Unione Europea; la Cina invita l’ex Birmania a non andar oltre con l’uso della forza, ma impedisce anche l’accordo all’ONU su nuove sanzioni. Quanto influisce, allora, sul terreno il ruolo della Comunità internazionale?
R. – Attualmente molto poco, perché la Birmania è un Paese che ha, comunque, scarsamente bisogno dell’estero; in esso sopravvive una salda autarchia, mentre la popolazione è tenuta nella miseria più assoluta: arrivano insomma molti pochi beni dall’estero. La Cina e in minima parte la Russia continuano invece a fare affari con la giunta birmana e sono loro di fatto ad avere in questo momento un certo potere nei confronti del regime. Evidentemente, però, non sono intenzionati ad esercitarlo.
Ed ascoltiamo ora la testimonianza dell’arcivescovo di Trento, mons. Luigi Bressan, che negli anni ’90 fu delegato apostolico nel sud-est asiatico e nel tempo ha avuto modo di visitare numerose volte l’ex Birmania, incontrando anche la leader dell’opposizione Aung San Suu Kyi, premio Nobel per la Pace 1996. L’intervista è di Giancarlo La Vella:
R. – Da tempo, la situazione è talmente pesante per la popolazione in un Paese che avrebbe tutte le risorse naturali per stare bene, un’ampia preparazione culturale e quindi la speranza era proprio che questa nazione potesse godere di un buon grado di sviluppo. Ed è una sofferenza, certamente, che speriamo termini molto in fretta.
D. – Lei ha conosciuto personalmente Aung San Suu Kyi, la leader dell’opposizione e Premio Nobel per la pace...
R. – Si: ho potuto incontrare una volta soltanto, purtroppo, Aung San Suu Kyi, figlia – lo ricordiamo – del leader dell’indipendenza e non le permettono nessuna libertà. Si reprime ogni movimento che porti un pochino alla libertà.
D. – Come giudicare il tentativo di portare avanti delle istanze di giustizia anche quando la situazione non consente alcun tipo di tentativo in tal senso?
R. – Io penso che bisogna sempre provare, sperare che una volta riesca. Certamente, si sta già pagando un caro prezzo con tante, tante sofferenze e speriamo che la giunta capisca che non è la repressione contro il popolo che porta né alla riconoscenza del popolo, né sta procurando il bene di quella Nazione: una volta tanto, anche attraverso la pressione internazionale si colga il valore della persona, il valore del rispetto della volontà popolare.
D. – Come vive la comunità cristiana questa situazione?
R. – L’atteggiamento dei cristiani è per la democrazia contro i metodi della giunta.
Non si sblocca la questione dello status del Kosovo
◊ Nessun risultato concreto dalla riunione del Gruppo di Contatto sul Kosovo, ieri a New York, alla presenza del commissario europeo Rehn. Al centro dei colloqui la delicata questione dello status della Provincia amministrata dalle Nazioni Unite. Sullo sfondo una situazione di stallo, con due posizioni apparentemente inconciliabili; da una parte la Serbia che non ha alcuna intenzione di cedere la provincia, dall’altra i kosovari, che insistono sulla possibilità di dichiarare l’indipendenza in maniera unilaterale. Salvatore Sabatino ha raccolto il commento di Paolo Quercia, analista del Centro Militare di Studi Strategici:
R. – Questo incontro era una delle ultime occasioni utili per registrare l’evoluzione della posizione dei principali attori sul dossier kosovaro. Ovviamente questo incontro va letto in previsione della data, che molti leggono come una scadenza del 10 dicembre, che è la data per la quale Ban Ki-moon dovrà presentare il rapporto annuale sul Kosovo e chiaramente in questo rapporto dovrà essere inclusa la proposta risoluzione della questione dello status.
D. – Alla vigilia del vertice, il premier serbo Kostunica ha dichiarato fermamente che è impossibile imporre con la forza a Belgrado una soluzione per lo status della provincia kosovara e che la Serbia non riconoscerà mai l’indipendenza del Kosovo. Queste dichiarazioni non rischiano di irrigidire ancor di più il clima già piuttosto teso?
R. – Sicuramente sì. Sono dichiarazioni non inaspettate da parte serba. La rigidità è da entrambe le parti, in quanto anche per quanto riguarda la parte albanese, l’unico scenario possibile è quello dell’indipendenza ad ogni costo, anche se sia unilaterale e al di fuori del sistema delle Nazioni Unite. Quindi, i due poli hanno contribuito entrambi a portare molta rigidità nella questione nell’ultimo anno. Restano invece dei piccoli spazi di manovra a disposizione della comunità internazionale e dell’Unione Europea.
D. – Una situazione dunque di stallo anche a livello internazionale. Ma esiste un modo per sbloccarla?
R. – Bisogna capire intanto quali sono le intenzioni dei due grandi attori principali esterni all’area, gli Stati Uniti e la Russia. Gli Stati Uniti sono decisamente propensi a concedere l’indipendenza e a chiudere la partita che hanno iniziato nel ’99 con il Kosovo. La Russia ha deciso per motivi strategici, anche per rapporto bilaterale con gli Stati Uniti, di ostruire questo processo e di bloccarlo. A questo punto il dossier Kosovo non può essere risolto soltanto nello scacchiere balcanico e neanche in quello europeo, ma entra nella grande partita del rapporto bilaterale Washington-Mosca e quindi subirà nei prossimi mesi anche tutte le altre fibrillazioni che possono arrivare dagli altri dossier bilaterali: dall’Iraq all’Afghanistan, al nucleare, alla Corea e così via. E’ una partita estremamente complicata, ma ancora una volta la soluzione dei problemi balcanici passa per capitali che sono fuori della regione e non passa per Bruxelles.
La Chiesa celebra la memoria di San Vincenzo de' Paoli
◊ Oggi la Chiesa ricorda San Vincenzo de’ Paoli, patrono di tutte le associazioni di Carità. Sergio Centofanti ci traccia un profilo di questo Santo.
San Vincenzo de’ Paoli nasce nel 1581 in Francia da una povera famiglia di contadini. Fino a 15 anni non fa altro che lavorare nei campi e badare ai porci. Ma è ambizioso e vuole fare carriera: diventa sacerdote sperando di trarre vantaggi economici. Nel 1605 durante un viaggio in mare, la sua nave viene attaccata dai pirati turchi: fatto schiavo vive tra i galeotti per due anni. Un’esperienza che lo segna per sempre: una volta liberato si dedicherà per sempre ai più poveri, con una particolare attenzione per i detenuti. Fonda due congregazioni: le Figlie della Carità e i Preti della Missione, i cosiddetti Lazzaristi. Il carisma di San Vincenzo è quello di aver organizzato la carità. Tra l’altro cerca di eliminare l’accattonaggio avviando al lavoro i mendicanti. In ognuno di loro vede Cristo che dice: «Mi ha mandato per annunziare ai poveri un lieto messaggio». San Vincenzo entra nei sentimenti di Gesù che volle nascere povero e ha curato e consolato i poveri fino a dire che il bene o il male che noi faremo ai poveri lo terrà come fatto alla sua persona divina. “Dio ama i poveri – affermava San Vincenzo - e, per conseguenza, ama quelli che amano i poveri… Così – aggiungeva - abbiamo ragione di sperare che, per amore di essi, Dio amerà anche noi”.
Per il Santo il servizio dei poveri deve essere preferito a tutto. “Se nell'ora dell'orazione avete da portare una medicina o un soccorso a un povero – diceva - andatevi tranquillamente. Offrite a Dio la vostra azione, unendovi l'intenzione dell'orazione. Non dovete preoccuparvi e credere di aver mancato, se per il servizio dei poveri avete lasciato l'orazione. Non è lasciare Dio, quando si lascia Dio per Iddio, ossia un'opera di Dio per farne un'altra. Se lasciate l'orazione per assistere un povero, sappiate che far questo è servire Dio. La carità è superiore a tutte le regole, e tutto deve riferirsi ad essa. E` una grande signora: bisogna fare ciò che comanda”.
Muore nel 1660, quasi ottantenne. In una lettera aveva scritto: “Tutti quelli che ameranno i poveri in vita non avranno alcun timore della morte. Serviamo dunque con rinnovato amore i poveri e cerchiamo i più abbandonati. Essi sono i nostri signori e padroni”.
Sri Lanka: mistero sulla morte di un missionario gesuita che aiutava gli sfollati
◊ Restano ancora da chiarire le circostanze in cui ieri ha trovato la morte padre Nicholas Pillai Packiyaranjith, il missionario gesuita ucciso nel nord dello Sri Lanka, mentre attraversava una zona sotto il controllo dei ribelli delle Tigri per la Liberazione della Patria Tamil Eelam (LTTE). Secondo fonti locali, riprese dall’agenzia Misna, il missionario potrebbero essere stato ucciso dai proiettili sparati contro il veicolo su cui si trovava dalle unità speciali dell’esercito dello Sri Lanka (DPU), impegnate nella zona per contrastare i ribelli. “Da quello che ci risulta – affermano fonti del Jesuit Refugees Service, organizzatore umanitaria di cui il missionario era il coordinatore nella diocesi di Mannar – padre Packiyaranjith è morto per l’esplosione di una bomba piazzata sul ciglio della strada, anche se le foto del veicolo mostrano numerosi fori di proiettile sulla carrozzeria del furgoncino”. Secondo la ricostruzione fornita da fonti del JRS a Colombo, padre Packiyaranjith era entrato nella zona sotto controllo del LTTE per raggiungere la località di Vidaththaltheevu, dove avrebbe dovuto consegnare cibo e beni di prima necessità ai bambini del locale orfanotrofio e verificare le condizioni degli sfollati presenti nella zona, a causa dei recenti scontri. Sul furgoncino si trovava anche l’assistente del missionario, un laico di nome Christopher Jujin, che avrebbe riportato ferite e si troverebbe al momento in cura presso l’ospedale di Ki’linochchi. (R.M.)
Allarme dell’Alto Commissariato ONU per i rifugiati: “In diminuzione i finanziamenti per il Darfur”
◊ “I finanziamenti per il Darfur sono in diminuzione”: a lanciare l’allarme è l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (ACNUR), che annuncia l’eventualità di una riduzione delle proprie operazioni nel Darfur occidentale, se non riceverà “ulteriori finanziamenti in tempo breve”. Come riferisce l’agenzia Sir, ai programmi dell’ACNUR in Darfur mancano attualmente 7,1 milioni di dollari, su un totale richiesto nel 2007 di 19,7 milioni di dollari. L’ACNUR, che è presente in Darfur dal 2004, esprime “grave preoccupazione per il fatto che la riduzione dei fondi possa avere un impatto diretto sui programmi dell'agenzia per proteggere e assistere alcuni degli oltre due milioni di sfollati interni e delle migliaia di rifugiati ciadiani in Darfur, i cui numeri continuano ad aumentare”. Intanto, l’Alto Commissariato “continua a essere seriamente preoccupato nel constatare che ancora non vi è stato un miglioramento significativo delle condizioni di sicurezza” nel territorio. “Al contrario – precisa – sono stati riferiti nuovi casi di sfollamento”. Le persone continuano ad arrivare nei campi per gli sfollati interni, soprattutto nelle zone intorno ad El Geneina ed a Zalingei. La presenza di vari gruppi armati, soprattutto nelle zone rurali, contribuisce ulteriormente all'esodo degli abitanti dei villaggi. (R.M.)
Mons. Sako incontra a cena gli imam iracheni in occasione del Ramadan
◊ “Non c’è Iraq senza cristiani”: lo ha ribadito mons. Louis Sako, arcivescovo di Kirkuk, durante una cena offerta a 150 rappresentanti musulmani, in occasione del Ramadan. Presenti anche esponenti politici curdi, arabi, turcomanni e caldei. “Questo invito – ha detto l’arcivescovo, ripreso dall’agenzia Sir – è espressione di tolleranza, armonia e coesistenza. Siamo tutti fratelli, figli dello stesso Dio. Non dobbiamo vivere come Caino e Abele, ma rispettarci e cooperare per il bene del popolo e del nostro Paese. Il mondo ha bisogno dei cristiani e dei musulmani – ha proseguito mons. Sako – il conflitto e l’isolamento di una di questi è una perdita per l’intera umanità”. Secondo il presule, “non si può vivere senza riconciliazione e collaborazione e, soprattutto, senza un dialogo sincero”. I presenti, tra cui anche rappresentanti di Muqtada Al Sadr, importante leader sciita, hanno mostrato apprezzamento per le parole dell’arcivescovo e si sono detti pronti a promuovere la cultura del dialogo e della pace. (R.M.)
Il Patriarca di Mosca Alessio II fa il punto sul dialogo tra ortodossi russi e cattolici alla vigilia della sua visita a Strasburgo e Parigi
◊ “Sono convinto che uno dei principali doveri delle nostre Chiese oggi sia la proclamazione dei valori del Vangelo e della vita cristiana. Il fondamento per questa testimonianza si trova nella prossimità delle posizioni della Chiesa ortodossa russa e della Chiesa cattolica romana su numerose questione di attualità”. A fare il punto sulla stato del dialogo tra le due Chiese è il Patriarca di Mosca e di tutta la Russia Alessio II in un’intervista rilasciata al settimanale francese “La Vie” e ripresa dall'Agenzia Sir, alla vigilia della sua visita a Strasburgo e a Parigi. Il Patriarca arriverà a Strasburgo lunedì prossimo e sarà accolto dall’arcivescovo cattolico della città mons. Jean-Pierre Grallet. Il giorno dopo, il Patriarca parlerà all’Assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa su invito del presidente René van der Liden. Poi in serata partenza per Parigi dove il Patriarca sarà accolto dall’arcivescovo cattolico della capitale mons. André Vingt-Trois e dal presidente della Conferenza dei vescovi francesi, card. Jean-Pierre Ricard. “E’ evidente – prosegue il Patriarca Alessio II nell’intervista che appare da ieri sul sito web del settimanale “La Vie” – che alcune tendenze del mondo contemporaneo, come la secolarizzazione, il relativismo religioso, la marginalizzazione della religione rispetto alla vita sociale, la propaganda di una cultura del consumo, la revisione delle norme etiche, esigono una risposta comune che ortodossi e cattolici possono e devono dare”. “Dobbiamo insieme difendere la famiglia e avvertire la società del carattere nefasto della cultura della morte propagata oggi che vuole farci accettare l’aborto, l’eutanasia e le unioni dello stesso sesso”. Su questi fronti, ortodossi e cattolici – osserva il patriarca - dispongono da tempo di un'esperienza positiva di azione comune” sul piano internazionale ed europeo. (R.P.)
Dal Messaggio finale dell’Assemblea ecumenica di Sibiu scompare la frase sulla difesa della vita ‘dal concepimento alla morte naturale’
◊ E’ stata pubblicata sul sito ufficiale della III Assemblea ecumenica europea di Sibiu, www.eea3.org, la versione definitiva del Messaggio finale. La stesura del testo aveva incontrato fin dalla sua lettura a Sibiu alcuni problemi sollevati dalle varie Chiese, riguardo al seguente inciso sul rispetto della vita umana: “Riteniamo che ogni essere umano sia stato creato a immagine e somiglianza di Dio (Gn 1, 27) e meriti lo stesso grado di rispetto e amore nonostante le differenze di credenza, cultura, età, sesso, origine etnica”. “A questo punto – si legge in una nota a margine del messaggio – durante la lettura del Messaggio all’Assemblea, è stata presentata oralmente la frase ‘dal concepimento alla morte naturale’, che è stata successivamente tradotta in ‘dalla nascita alla morte naturale’, ‘dall’inizio della vita fino alla morte naturale’. Nessuna di queste formulazioni è parte del testo ufficiale del Messaggio”. Secondo mons. Aldo Giordano, segretario generale del Consiglio delle Conferenze Episcopali d'Europa (CCEE), che insieme alla Conferenza delle Chiese Europee ha promosso l’evento, quanto è successo dimostra “chiaramente il fatto che sul tema della vita non abbiamo un pieno consenso tra tutte le comunità cristiane”. “Questo è doloroso – ha aggiunto il presule, intervistato dall’agenzia Sir – ma ci deve spingere con urgenza ad approfondire insieme questo tema tanto decisivo e delicato, per avere una chiara posizione comune per il bene della persona umana. Abbiamo una grave responsabilità in questo ambito”. Mons. Giordano ha quindi precisato che “la sfida di questo testo era proprio quella di farlo nascere durante l’Assemblea”. (R.M.)
L'Europarlamento condanna la costruzione del grattacielo che minaccia la cattedrale di Bucarest
◊ Arriva dal Parlamento dell'Unione Europea la “ferma condanna” alla costruzione “illegale” del grattacielo che “mette in pericolo due edifici dell’Arcivescovado cattolico di Bucarest, – la Cattedrale di San Giuseppe e il Palazzo Metropolitano – ambedue iscritti nell’elenco dei monumenti storici dell’architettura romena”. Con 395 firme, raccolte grazie a un’ampia mobilitazione di deputati di tutto l’emiciclo, scrive l'Agenzia Sir, l’Europarlamento prende posizione su una vicenda che si trascina da molti mesi: a meno di dieci metri dall’antico luogo di culto, nel centro della capitale romena, in zona sismica, è infatti in fase di ultimazione un edificio di 20 piani, più quattro livelli interrati: un’azione proseguita nonostante le indicazioni contrarie delle normative nazionali e comunitarie relative alla “salvaguardia dei monumenti storici” e “in materia di tutela del patrimonio culturale architettonico”. La dichiarazione passata a Strasburgo invita la Commissione e il Consiglio Ue “a condannare fermamente l’atteggiamento delle autorità romene e ad avviare i debiti procedimenti giuridici per costringere dette autorità ad adempiere agli obblighi comunitari” previsti dall’articolo 151 del trattato Ce, così da bloccare i lavori di costruzione. (R.P.)
Unione Europea: gli immigrati irregolari non si fanno curare a causa della precarietà e della paura
◊ Gli immigrati irregolari che vivono nell’Unione Europea (UE) non accedono alle cure mediche elementari e alla prevenzione delle malattie, vivendo spesso in condizioni dannose per la salute: è quanto emerge da un Rapporto diffuso ieri dall’ONG francese, Medecins du monde (MDM), in base a un’indagine condotta in sette Paesi europei. Nel Rapporto – riferisce l’agenzia Misna – si afferma che i migranti in situazione irregolare usufruiscono raramente delle cure mediche cui hanno “teoricamente diritto”, sia per mancanza di informazione, sia perché temono l’espulsione. Per questo motivo, alcune patologie che potrebbero essere facilmente curate o diagnosticate sono invece trascurate. Dall’indagine di MDM, risulta che numerosi migranti originari dell’Africa subsahariana, portatori del virus dell’HIV, non sanno di aver diritto a un test gratuito e la malattia viene scoperta troppo tardi. “I migranti in situazione irregolare non vengono in Europa per farsi curare; anzi, bisogna essere in buona salute per resistere alla prova del viaggio clandestino”, dicono i medici dell’organizzazione, sottolineando che “sono le difficili condizioni di vita in Europa a fare di queste persone una popolazione a rischio sanitario: il 40% vive in alloggi precari, l’11% sulla strada”. (R.M.)
I vescovi del Kenya in vista delle presidenziali di dicembre: “No alla violenza. Non corrompete i giovani per seminare caos durante la campagna elettorale”
◊ I vescovi del Kenya, unitamente ad altri leader religiosi del Paese, hanno stigmatizzato, in un comunicato, il clima di violenza che sta segnando la campagna elettorale per le presidenziali di dicembre. Lo rende noto l'Agenzia Fides. L’ultimo episodio di violenza risale al 22 settembre, quando tre politici dell’opposizione sono stati feriti con pietre e frecce per essersi presentati senza invito a una raccolta di fondi organizzata dai sostenitori del presidente uscente, Mwai Kibaki, in una zona rurale del distretto occidentale di Kisii. “La violenza come forma di mobilitazione è inaccettabile per la stabilità e la prosperità del nostro Paese”, si legge nel comunicato, che rivolge un appello a tutti i leader politici “alla calma, alla tolleranza e al rispetto della legge”. Il testo, firmato dal presidente della Conferenza episcopale kenyana, l’arcivescovo John Njue, condanna anche il coinvolgimento dei giovani nelle violenze: “È un vero peccato – si legge - che quando accadono casi di violenza, siano ancora i giovani a essere usati dai politici come strumenti per questi compiti sporchi e rischiosi. Questo è inaccettabile e deve essere condannato da tutti”. Lo stesso concetto è stato espresso nei giorni scorsi da mons. Salesius Mugambi, vescovo di Meru, che durante una Messa per i giovani, celebrata a Nairobi, ha lamentato che “troppe volte i politici hanno ingannato i giovani, finanziandoli per seminare il caos durante i raduni politici, come parte della loro campagna elettorale”. Anche il presidente della Commissione Giustizia e Pace, mons. Peter J. Kairo, ha invitato a seguire la strada della non violenza: “Nel momento in cui entriamo nel periodo elettorale - ha detto - esortiamo alla calma, alla tolleranza e al rispetto della legge”. Il presidente uscente, Mwai Kibaki, eletto nel 2002 alla testa dell’Alleanza Arcobaleno, si presenta alle elezioni per un secondo mandato come candidato di una nuova alleanza, il Partito di Unità Nazionale. Il suo sfidante, Raila Odinga, è un ex alleato divenuto il capo del partito di opposizione, Orange Democratic Movement (ODM). (L.Z.)
Solo due medici ogni 100 mila abitanti in Malawi, dove gli ammalati di AIDS e i sieropositivi sono 940 mila
◊ “La crisi a livello di assistenza sanitaria sta raggiungendo limiti insopportabili”: è quanto raccontano all’agenzia Fides fonti missionarie dal Malawi, uno dei Paesi più poveri del mondo. “Ogni 100 mila abitanti - spiegano i missionari - vi sono due medici, 56 infermiere e 58 assistenti, mentre sarebbero necessari per la stessa popolazione 20 dottori, 100 infermiere e 228 assistenti generici”. “I 165 medici del Paese - aggiungono - operano in ospedali di città, lasciando totalmente sguarnite le campagne, dove vive l'85% della popolazione. Su una popolazione di 13 milioni di abitanti, 940 mila persone sono sieropositive o malate di AIDS e 170 mila hanno bisogno delle medicine antiretrovirali. Di queste, solo 85 mila le ricevono effettivamente”. I missionari precisano che “la mancanza di personale medico fa sì che questa medicine siano somministrate da personale con scarsa preparazione, in genere volontari o, addirittura, da persone loro stesse sieropositive”. Per far fronte a questa situazione, è stato avviato un programma per la formazione di nuovi paramedici. Si tratta del Health-Surveillance Assistant (HSA), che prevede un corso di formazione dalla durata di dieci settimane. Saranno loro a distribuire i farmaci antiretrovirali. (R.M.)
“Troppa confusione sui temi della vita”: nota dei vescovi americani, in vista della Giornata per la vita del 7 ottobre
◊ “Testimoniare la verità dell’incomparabile dignità e diritto alla vita di ogni essere umano”: è quanto afferma la Conferenza episcopale degli Stati Uniti (USCCB), in una nota, diffusa martedì, in vista della Giornata per la vita, che si celebrerà nelle parrocchie americane il prossimo 7 ottobre. Il documento – riferisce l’agenzia SIR – è firmato dal presidente della Commissione pro-life dell’USCCB, il cardinale Justin Francis Rigali, arcivescovo di Philadelphia, che proprio ieri Benedetto XVI ha nominato membro della Congregazione per i Vescovi. Il porporato stigmatizza “la confusione sui temi della vita quali la ricerca sulle cellule embrionali, l’aborto e l’eutanasia e invita tutte le persone di buona volontà a testimoniare per il diritto alla vita di ogni uomo”. “Questo – afferma il cardinale Rigali – è più di una preoccupazione religiosa ed è riconosciuto dalla Convenzione dei diritti del bambino del 1989”. Dal 1972, i vescovi americani promuovono una campagna a difesa della vita, di cui la Giornata del 7 ottobre è un appuntamento cardine. Quest’anno, il tema scelto è “Il bambino esultò nel grembo”, tratto dal Vangelo di Luca. (R.M.)
Stati Uniti. Stop dei vescovi episcopaliani alle ordinazioni omosessuali e alle benedizioni di unioni tra persone dello stesso sesso
◊ “Affermiamo il nostro appassionato desiderio di rimanere in Comunione”: questo, il motivo che ha spinto i vescovi della Chiesa episcopaliana degli Stati Uniti a fermare la consacrazione di candidati omosessuali all’episcopato e al sacerdozio, nonché i riti di benedizione alle unioni tra persone dello stesso sesso. La decisione - riferisce l'agenzia Sir - è stata annunciata attraverso una nota diffusa martedì, al termine di un incontro a New Orleans, cui ha partecipato anche l’arcivescovo di Canterbury, Rowan Williams, volato negli Stati Uniti nel tentativo di ricucire lo strappo creatosi all’interno della Comunione anglicana, in seguito all’ordinazione negli USA di un vescovo, Gene Robinson, dichiaratamente omosessuale. Per salvare la Comunione, i vescovi americani episcopaliani hanno quindi accettato di “non consentire la consacrazione di candidati a vescovo di persone il cui stile di vita può rappresentare una sfida alla Chiesa e provocare uno strappo alla Comunione”. “Noi, membri della Casa dei vescovi – prosegue il comunicato – ci impegnano a non autorizzare l’uso nelle nostre diocesi di pubblici riti di benedizione di unioni omosessuali, fino a che un più ampio consenso in merito non emerga nella Comunione”. A conclusione della loro nota, i vescovi episcopaliani si impegnano a difendere i diritti civili delle persone omosessuali e ad opporsi a qualunque azione e politica che faccia violenza su di loro, incoraggi violenza nei loro confronti e violi la loro dignità come figli di Dio”. (R.M.)
Vietnam: record di ordinazioni nella diocesi settentrionale di Thai Binh
◊ Record di ordinazioni sacerdotali e di nuove parrocchie nella diocesi di Thai Binh, nel Vietnam settentrionale. Dal dicembre dell’anno scorso sono state erette 26 nuove parrocchie e lo scorso agosto il vescovo locale, mons. François Xavier Nguyên Van Sang, ha ordinato nove sacerdoti novelli, il numero più alto registrato dal 1954, quando migliaia di cattolici furono costretti a fuggire nel sud del Paese dopo la vittoria del regime comunista nel nord. L’erezione delle nuove parrocchie – ha spiegato all’agenzia UCAN il segretario del vescovo, padre Dominic Dang Van Cau - rientra in un vasto piano pastorale triennale, lanciato per celebrare i 70 anni della diocesi, eretta nel 1936. Il record di ordinazioni conferma il boom delle vocazioni registrato in questi ultimi anni in Vietnam, a cominciare dall’arcidiocesi di Hanoi, dove nel 2005 l’allora prefetto della Congregazione per l’Evagelizzazione dei Popoli, il cardinale Crescenzio Sepe, ordinò 57 nuovi sacerdoti. Questo incremento è motivo di grande gioia e speranza per la Chiesa locale, che però è ancora lontana dall’avere risolto la cronica carenza di sacerdoti, frutto di decenni di restrizioni imposte dal regime alla libertà religiosa. (L.Z.)
Le devastazioni dei monasteri serbo-ortodossi del Kosovo in un documentario proiettato domani a Roma
◊ Le devastazioni avvenute ai danni di monasteri, chiese e luoghi sacri ortodossi in Kosovo sono raccontate in un documentario di Elisabetta Valgiusti, intitolato ‘Enclave Kosovo’, che verrà proiettato domani pomeriggio a Roma, a Palazzo Roccagiovine al Foro Traiano. Il filmato vuole testimoniare la solitudine di una terra che è stata protagonista della recentissima storia europea, nonché l’importanza di salvaguardare un patrimonio che appartiene a tutta l’umanità. Alla proiezione seguirà un dibattito, cui parteciperanno esponenti delle istituzioni, della cultura e della società. L’iniziativa si svolge nell’ambito del Progetto ‘Arca di Pace’, con il patrocinio della Provincia di Roma e sostenuta dall’Associazione ‘Insieme per l’Athos’, che ha l’obiettivo di far conoscere e apprezzare l’inestimabile patrimonio religioso, artistico e culturale del mondo ortodosso. Il Progetto ‘Arca di Pace’ mette in contatto studenti delle scuole elementari e medie italiane con studenti di scuole dei Paesi teatro di conflitti, come la Palestina, la Bosnia, l’Iraq, l’Afghanistan e il Kosovo, per sviluppare un comune sentimento di convivenza e di pace. Per il Kosovo, in particolare, dopo la fine instabile e non definitiva della guerra, sono continuate violenze, sopraffazioni e ingiustizie nell’indifferenza generale. E’ stato preso di mira specialmente il patrimonio spirituale e artistico, costituito dai monasteri e dai monumenti ortodossi, con la distruzione o la profanazione di oltre 200 monumenti. (A cura di Giovanni Peduto)
Da sabato, a Roma, la IV edizione della missione “Gesù al centro”
◊ “Avrete la forza dallo Spirito Santo che scenderà su di voi e mi sarete testimoni”: è il tema della IV edizione della missione “Gesù al centro”, promossa dall’Ufficio per la pastorale giovanile del Vicariato di Roma, presentata questa mattina in conferenza stampa. Durante l’evento, che inizierà sabato e si concluderà il 7 ottobre, la capitale sarà pacificamente invasa da 500 giovani missionari che avranno il compito di far conoscere la bellezza della Parola di Dio ai loro coetanei. “La missione è come una carezza, che Dio dà ai giovani della città di Roma”: cosi, mons. Mauro Parmeggiani, direttore dell’Ufficio per la pastorale giovanile, ha presentato l'edizione della missione rivolta all’evangelizzazione dei giovani della capitale. Un evento nato qualche anno fa quasi per caso, ma che anno dopo anno, è riuscito a coinvolgere sempre maggiormente la città eterna. Infatti, per questa edizione, i luoghi privilegiati dai giovani missionari, saranno soprattutto le scuole e gli ospedali. E tra gli appuntamenti principali, il 2 ottobre si svolgerà un dibattito a piazza Navona tra mons. Rino Fisichella, rettore della Pontificia Università Lateranense, e il giornalista Giuliano Ferrara, sul libro di Papa Benedetto XVI Gesù di Nazaret e il 6 ottobre, la Messa celebrata dal cardinal vicario Camillo Ruini a Piazza del Popolo. “Questa iniziativa – ha spiegato mons. Parmeggiani – è molto importante, perché ci permette di essere presenti nel cuore della città, e di dire alle famiglie di questi giovani, che siamo con loro e accanto a loro, anche nei momenti difficili. Noi non diciamo ai giovani venite in seminario, ma cerchiamo solo di far capire loro, quanto può essere grande l’amore e la misericordia di Dio”.(A cura di Marina Tomarro)
Afghanistan: i talebani rapiscono 4 dipendenti della Croce Rossa Internazionale - Raid israeliano provoca la morte di due membri di Hamas nella Striscia di Gaza
◊ Prosegue l’ondata di sequestri in Afghanistan. I talebani hanno rivendicato il rapimento di due dipendenti stranieri della Croce Rossa, dei quali non si conosce la nazionalità, scomparsi ieri nella provincia di Wardak insieme a due collaboratori afghani mentre viaggiavano lungo la strada che collega Kabul a Khandahar. I 4 stavano mediando la liberazione dell’ostaggio tedesco sequestrato nella stessa zona a luglio. Un portavoce dei ribelli ha precisato che i 4 saranno presto rilasciati. Non ha provocato vittime tra i civili l’attentato suicida avvenuto a Jabalalad, ad est del Paese. Fonti locali però hanno riferito di numerosi colpi sparati sulla popolazione dai soldati americani. Sul terreno, si segnalano perdite tra i militari della coalizione internazionale: due soldati sono morti e altri due sono rimasti feriti in un attacco sferrato ieri dai talebani contro la base NATO nel sud del Paese.
E’ in Italia l’agente del SISMI, rapito ad Herat e liberato in un blitz dell’Alleanza Atlantica lunedì scorso. Ieri sera, il rientro all’aeroporto di Ciampino, con il militare che versa ancora in gravi condizioni. Atteso per la serata di oggi il ritorno dell’altro militare - rimasto lievemente ferito nell’azione - e di un assistente afghano, anche lui sequestrato con i due italiani. Intanto, è giallo sull’arresto di un portavoce dei talebani, Youssouf Ahmadi, annunciato dal governo di Kabul, la cui cattura è stata però smentita da una telefonata giunta all'agenzia France Press, nella quale l’interlocutore si è presentato come Ahmadi. E ieri 170 talebani sono rimasti uccisi in 24 ore di combattimenti in due province del sud del Paese
- Giornata di sangue in Iraq. Sono oltre trenta le vittime di un duplice attacco suicida avvenuto nelle vicinanze di un mercato, in un quartiere sciita di Bagdad. L’agguato arriva all’indomani di una nuova catena di attentati, costati la vita a circa 59 persone e il ferimento di altre 120. Negli ultimi tre giorni, nel Paese del Golfo si contano cento vittime a seguito delle violenze. E aumentano i timori per l’epidemia di colera che si sta diffondendo in Iraq. I casi accertati sono 1.500, ma secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità le persone infette sarebbero molte di più.
- Riesplode la tensione in Medio Oriente. Fonti palestinesi hanno riferito della morte di due esponenti di Hamas in un raid aereo israeliano, nel nord della striscia di Gaza. Ieri, le vittime erano state nove. L’operazione era scattata dopo l’intenso lancio di razzi Qassam verso la cittadina israeliana di Sderot, che non ha provocato vittime.
- Algeria nella morsa del terrorismo. Negli ultimi due giorni, sono stati due gli attacchi compiuti da gruppi di matrice islamica, che hanno causato la morte di cinque persone. Il primo, è avvenuto ieri nei pressi di Boumerdes, 50 km ad est di Algeri in Cabila: nell’esplosione di un ordigno, hanno perso la vita due poliziotti. Tre guardie comunali sono morte a Mila, lunedì scorso, in un’imboscata tesa da uomini armati. Il governo ha innalzato le misure di sicurezza in particolare nella zona Boumerdes, maggiormente colpita negli ultimi mesi dagli attacchi dei terroristi. Circa 1000 agenti sono stati mobilizzati per garantire la sicurezza durante il Ramadan, il mese sacro dell'islam.
- Marcia di avvicinamento alle elezioni anticipate in Ucraina, fissate per il 30 settembre. Oltre 37 milioni di persone sono chiamate alle urne per risolvere l’empasse nella quale si trova il Paese, dopo lo scontro frontale tra il premier filorusso, Yanukovic, ed il presidente filoccidentale, Yushenko. Sono 21 i partiti ammessi alle consultazioni contro i 45 del marzo 2006. Secondo i sondaggi, sarebbe in vantaggio la formazione di Yanukovic, ma gli analisti tendono a non sottovalutare il blocco di Iulia Timoshenko, accreditata tra il 20% e il 26%.
- In Pakistan, la Corte suprema ha ordinato la liberazione di un centinaio di persone che erano state arrestate durante le manifestazioni contro la candidatura del presidente uscente, Musharaff, alle prossime presidenziali del 6 ottobre. Nel Paese, c’è attesa per la decisione della Corte in merito ai ricorsi presentati per bloccare un eventuale secondo mandato del capo dello Stato. L’opposizione critica in particolare la doppia carica di Musharaff alla guida del Paese e delle forze armate.
- Violenza in Sri Lanka. Negli intensi combattimenti tra esercito e ribelli delle Tigri Tamil, avvenuti nel nord del Paese, 20 guerriglieri sono morti insieme a tre civili ed un militare. E sono almeno 5 mila le persone rimaste uccise negli scontri tra le parti da quando nel 2006 si è riaccesa la tensione.
- A Babol, nell’Iran settentrionale, tre uomini sono stati impiccati davanti a migliaia di persone in un complesso sportivo. I tre erano stati condannati per furto e violenza sessuale su 12 giovani donne, per la maggior parte studentesse universitarie. Da luglio, ovvero da quando il regime iraniano ha deciso una condotta più severa contro i “comportamenti immorali”, sono state giustiziate circa 60 persone, 21 nella sola giornata del 5 settembre.
- In Turchia, nel centro di Istanbul, intorno a mezzogiorno, una bombola di gas ha provocato una deflagrazione all’interno di un negozio, causando tre feriti. Lo ha comunicato la polizia locale, che inizialmente aveva attribuito l’esplosione allo scoppio di una bomba.
- La NASA ha lanciato nello spazio dalla base di Cape Canaveral, negli Stati Uniti, la sonda “Dawn”. Il compito della missione che durerà otto anni è di scoprire i segreti degli asteroidi giganti del sistema solare. I primi obiettivi di Dawn saranno Vesta, che ha un diametro di 530 chilometri, e Cerere, considerato un pianeta-nano. Il decollo è avvenuto alle 7.34 locali, le 13.34 in Italia. (Panoramica internazionale a cura di Benedetta Capelli)
Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LI No. 270
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