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SOMMARIO del 21/09/2007

Il Papa e la Santa Sede

  • Pace, giustizia, vita, famiglia, al centro del discorso del Papa ai politici di ispirazione cristiana. Forte appello alla libertà di culto e alla lotta contro il terrorismo nel rispetto dello stato di diritto. L'invito ai politici cristiani: siate coerenti
  • Il Papa ha nominato i nuovi arcivescovi "della Madre di Dio" a Mosca e di Minsk in Bielorussia
  • Cattolici cinesi in festa per l'ordinazione dell'arcivescovo di Pechino
  • Altre udienze
  • Il cardinale Martino: no ai catastrofismi dell'ambientalismo ideologico, no alla pena di morte, sì all'uso pacifico del nucleare
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • Commozione e folla, a Beirut, ai funerali di Antoine Ghanem. Tensione nel Paese
  • La comunità internazionale celebra la Giornata della pace
  • Mons. Damasceno Assis: gratuite le accuse per le presunte modifiche al documento conclusivo di Aparecida
  • Cresce in Italia l'instabilità familiare: i figli, le principali vittime
  • Giornata mondiale dell'Alzheimer: 27 milioni i malati
  • Dal 10 al 13 ottobre a Roma il Festival di musica e arte sacra per gli 80 anni del Papa
  • Chiesa e Società

  • Appello della Caritas per aiutare un milione e mezzo di persone colpite in Africa dalle alluvioni
  • Darfur: servono truppe e mezzi per la Forza di pace internazionale
  • In Ogaden, regione dell'Etiopia, lo spettro della fame e il dramma delle violenze continuano a colpire la popolazione
  • In Kenya, i vescovi chiedono al presidente di non fermare la lotta alla corruzione
  • A Lisbona, cerimonia eucaristica organizzata dalla Caritas in ricordo delle vittime dell’immigrazione clandestina
  • Per celebrare i vent’anni della "Mulieris Dignitatem", il Pontificio Consiglio per i Laici ha in programma per l’anno prossimo un congresso sulla donna
  • L'arcivescovo anglicano di Sydney sottolinea la valenza ecumenica della GMG 2008
  • Posata in Ucraina, la prima pietra della cappella e dell’oratorio dedicati a San Luigi Orione
  • Inizia nella comunità di Rondine l'attività degli studenti provenienti da Paesi in guerra
  • Il vescovo di Novara presenta la cerimonia di Beatificazione, il 18 novembre, di Antonio Rosmini
  • “Nessun inviato del Papa a Firenze”: è la precisazione della Curia fiorentina, in seguito alla notizia diffusa da alcuni quotidiani
  • Potenziare l'offerta della scuola cattolica, per migliorare il coordinamento con le famiglie: è l’obiettivo del Patriarcato di Venezia
  • Debutta questa sera a Parigi uno spettacolo di Robert Hossein sulla vita di Giovanni Paolo II
  • 24 Ore nel Mondo

  • In Afghanistan, la NATO ammette l'uccisione di civili in un raid aereo contro i talebani - Myanmar: prosegue la marcia dei monaci buddisti contro la giunta militare
  • Il Papa e la Santa Sede



    Pace, giustizia, vita, famiglia, al centro del discorso del Papa ai politici di ispirazione cristiana. Forte appello alla libertà di culto e alla lotta contro il terrorismo nel rispetto dello stato di diritto. L'invito ai politici cristiani: siate coerenti

    ◊   I cristiani siano il “sale” dell'agire politico in tutto il mondo, con i loro valori e ideali promossi in difesa della vita e della famiglia e, in modo ampio, dei diritti fondamentali di ogni persona. E’ la “consegna” che Benedetto XVI ha lasciato ai membri dell’Internazionale Democratica di Centro e Democratico Cristiana, ricevuti in udienza nella tarda mattinata di oggi, a Castel Gandolfo. Il Papa ha sollecitato a una strenua lotta contro il terrorismo e il fondamentalismo religioso che alimenta, da combattere - ha detto - con l’apertura alla solidarietà e alla libertà di culto. Il servizio di Alessandro De Carolis:


    Se la politica, nella sua accezione più alta, è l’impegno a cogliere il bene tanto del singolo quanto della cosa pubblica, le derive attuali che scambiano il bene con il “profitto” o la fede in Dio in uno strumento di guerra vanno combattute con “determinazione ed efficacia” da chi crede negli ideali sociali mutuati dal Vangelo. E questo vale tanto per l’Europa quanto per l’America Latina, continenti nei quali la tradizione cristiana è antica quasi quanto la storia dei loro popoli. Quella di Benedetto XVI è stata un’ampia e dettagliata esortazione rivolta a chi, ha osservato all’inizio, ha impostato il suo lavoro politico sui valori della “centralità della persona” e sul “rispetto dei diritti umani:

     
    “Quando, in effetti, i diritti umani sono violati, è la stessa dignità della persona ad essere ferita; se la giustizia vacilla, la pace è in pericolo. D’altra parte, la giustizia, dal canto suo, può dirsi veramente umana, solo se la visione etica e morale sulla quale si fonda è centrata sulla persona e sulla sua inalienabile dignità”.
     
    L'organizzazione politica alla quale il Papa ha affidato il proprio pensiero, l’Internazionale Democratica di Centro (IDC), conta un centinaio di iscritti - che hanno rappresentanze, sotto altre sigle sia nel Parlamento europeo sia nell’Organizzazione cristiano democratica d'America (ODCA) - e ha come scopo la promozione del cristianesimo democratico e delle politiche centriste. Nel suo indirizzo di saluto a benedetto XVI, l’attuale presidente dell’IDC, il leader dell'UDC italiana, Pier Ferdinando Casini, ha ribadito l’impegno dell’organismo a “contrastare le politiche che minacciano l’uomo”. E il Papa ha individuato gli ambiti nei quali tale impegno deve agire con forza per impedire il rafforzamento di “ideologie che possono oscurare o confondere le coscienze e veicolare una illusoria visione della verità e del bene”:

     
    “Esiste, ad esempio, in campo economico una tendenza che identifica il bene con il profitto e in tal modo dissolve la forza dell’ethos dall’interno, finendo per minacciare il profitto stesso. Alcuni ritengono che la ragione umana sia incapace di cogliere la verità e, pertanto, di perseguire il bene corrispondente alla dignità della persona. C’è poi chi valuta legittima l’eliminazione della vita umana nella sua fase prenatale o in quella terminale".

     
    Preoccupante, ha proseguito il Pontefice, è inoltre la crisi in cui versa la famiglia, cellula fondamentale della società fondata sul matrimonio indissolubile di un uomo e di una donna. “L’esperienza - ha osservato - dimostra che quando la verità dell’uomo è oltraggiata, quando la famiglia è minata nelle sue fondamenta, la pace stessa è minacciata, il diritto rischia di essere compromesso e, come logica conseguenza, si va incontro a ingiustizie e violenze”.

     
    Ma anche la mancanza di libertà religiosa mina la pace. Questo diritto, che Benedetto XVI ha definito “fondamentale, insopprimibile, inalienabile ed inviolabile, radicato nella dignità di ogni essere umano e riconosciuto da vari documenti internazionali”, comprende “anche il diritto di cambiare religione”:

     
    “L’apertura alla trascendenza costituisce una garanzia indispensabile per la dignità umana perché ci sono aneliti ed esigenze del cuore di ogni persona che solo in Dio trovano comprensione e risposta. Non si può pertanto escludere Dio dall’orizzonte dell’uomo e della storia! Ecco perché va accolto il desiderio comune a tutte le tradizioni autenticamente religiose di mostrare pubblicamente la propria identità, senza essere costretti a nasconderla o mimetizzarla”.

     
    E rispettare la religione, ha incalzato il Papa, “contribuisce, inoltre, a smentire il ripetuto rimprovero di aver dimenticato Dio, con cui alcune reti terroristiche cercano pretestuosamente di giustificare le loro minacce alla sicurezza delle società occidentali”.

     
    "Il terrorismo rappresenta un fenomeno gravissimo, che spesso arriva a strumentalizzare Dio e disprezza in maniera ingiustificabile la vita umana. La società ha certo il diritto di difendersi, ma questo diritto, come ogni altro, va sempre esercitato nel pieno rispetto delle regole morali e giuridiche anche per quanto concerne la scelta degli obiettivi e dei mezzi. Nei sistemi democratici l'uso della forza non giustifica mai la rinuncia ai principi dello Stato di diritto. (…) Il terrorismo va combattuto con determinazione ed efficacia, nella consapevolezza che, se il male è un mistero pervasivo, la solidarietà degli uomini nel bene è un mistero ancor più diffusivo”.
     
    Benedetto XVI ha congedato il folto gruppo giunto in udienza - circa 200 persone - ripetendo una sua ferma convinzione: che la “coerenza dei cristiani sia “indispensabile anche nella vita politica, perché il ‘sale’ dell’impegno apostolico non perda il suo ‘sapore’ e la ‘luce’ degli ideali evangelici non venga oscurata nella loro azione quotidiana”.

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    Il Papa ha nominato i nuovi arcivescovi "della Madre di Dio" a Mosca e di Minsk in Bielorussia

    ◊   Il Santo Padre ha nominato arcivescovo metropolita di Minsk-Mohilev, in Bielorussia, mons. Tadeusz Kondrusiewicz, trasferendolo dall’arcidiocesi “della Madre di Dio” a Mosca, nella Federazione Russa. Alla guida dell’arcidiocesi della capitale russa Benedetto XVI ha nominato don Paolo Pezzi, della Fraternità Sacerdotale dei Missionari di San Carlo Borromeo, finora rettore del Seminario Maggiore “Maria Regina degli Apostoli” a San Pietroburgo.

    Don Paolo Pezzi è nato l’8 agosto 1960 a Russi, in Emilia Romagna. Ha compiuto gli studi di Filosofia e di Teologia presso la Pontificia Università di San Tommaso. Ordinato sacerdote il 22 dicembre 1990, nella Fraternità Sacerdotale dei Missionari di San Carlo Borromeo, in seguito ha ottenuto il dottorato in Teologia Pastorale presso l’Università Lateranense sul tema: "Cattolici in Siberia, le origini, le persecuzioni, l’oggi". Ha ricoperto diversi incarichi, tra i quali: direttore del giornale cattolico e decano della regione centrale della Siberia, nell’attuale diocesi della Trasfigurazione a Novosibirsk (1993-1998); vicario generale della Fraternità Sacerdotale dei Missionari di San Carlo Borromeo (1998-2005); responsabile del Movimento di Comunione e Liberazione in Russia (dal 1998 ad oggi); docente presso il Seminario Maggiore “Maria Regina degli Apostoli” a San Pietroburgo e rettore del medesimo Seminario dal 2006.

    Dopo 16 anni, quindi, l’arcivescovo Tadeusz Kondrusiewicz lascia l’arcidiocesi di Mosca alla cui guida era stato chiamato da Giovanni Paolo II nel 1991 dopo la caduta del comunismo e la disgregazione dell’Unione Sovietica. Intenso il suo lavoro pastorale che lo ha portato a ricostruire tutte le strutture ecclesiastiche della chiesa cattolica russa. Da Mosca, mons. Kondrusiewicz spiega al microfono di Roberto Piermarini come ha accolto la decisione del Papa che lo ha nominato nuovo arcivescovo di Minsk in Bielorussia:


    R. – Sono da sempre al servizio della Chiesa, sono come un soldato: quando il mio capo mi dice di andare in un posto o nell’altro, io sono sempre a disposizione. La nostra forza è l’obbedienza: quindi vado a Minsk con grande gioia, obbediente al Santo Padre e con spirito di grande responsabilità. Lascio Mosca perché questa è la volontà di Dio: la volontà del Santo Padre, per me, è la volontà di Dio, e devo lavorare dove Lui mi indica di farlo.

     
    D. – Cosa lascia nella Chiesa cattolica russa che ha servito per 16 anni?

     
    R. – Lascio qui una parte del mio cuore perché qui ho iniziato da zero: mi sono trovato a dover ricostruire le strutture, a dover istituire tutte le commissioni, acquistare la Cattedrale, la Curia, costituire l’Istituto teologico, poi il Seminario; abbiamo anche stampato – solo nella mia arcidiocesi – più di 600 titoli di vari libri in lingua russa, poi abbiamo curato i contatti con le autorità civili e con la Chiesa ortodossa e con altre Chiese e comunità cristiane e anche con le religioni non cristiane. Ora lascio tutto questo, in una condizione di dinamismo dei nostri rapporti e credo che il mio successore continuerà il mio lavoro per la salvezza del popolo di Dio, anche per stabilire buoni contatti con le autorità civili, con la società russa, con la Chiesa ortodossa russa.

     
    D. – Che eredità lascia al suo successore?

     
    R. – Oggi abbiamo delle strutture ecclesiastiche: abbiamo una bella Cattedrale, ho appena costruito la Curia, una casa parrocchiale ... le infrastrutture sono oggi ben avviate. Ci sono anche parecchi presbiteri: ho iniziato con pochi sacerdoti – due o tre – oggi nella mia diocesi ce ne sono più di 130. Soprattutto è in aumento il numero di giovani, bambini; la catechesi è sviluppata così come l’opera caritativa ... ci sono delle basi, insomma. Lui dovrà continuare questo lavoro.

     
    D. – Con quale spirito si reca in Bielorussia, eccellenza?

     
    R. – Con spirito di speranza, perché conosco molto bene la Bielorussia: ho lavorato – sono nato in Bielorussia – quindi torno in Patria. Conosco tanti sacerdoti, tutti i vescovi. Torno con spirito di speranza per continuare questo lavoro che è stato fatto dal cardinale Swiatek insieme con altri vescovi, continuare lo sviluppo della Chiesa, stabilire buoni rapporti con la Chiesa ortodossa, soprattutto, con la società. E per fare questo chiedo la preghiera di tutti.

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    Cattolici cinesi in festa per l'ordinazione dell'arcivescovo di Pechino

    ◊   Oggi è stato ordinato l’arcivescovo di Pechino, mons. Li Shan: la consacrazione è avvenuta questa mattina nella capitale cinese. Ne dà notizia L’Osservatore Romano. Il servizio di Sergio Centofanti.


    Grande gioia nella comunità cattolica cinese per la cerimonia di consacrazione di mons. Li Shan avvenuta a Pechino. Il rito è stato presieduto da mons. Giovanni Fang Xingyao, vescovo di Linyi (Ichow), coadiuvato da mons. Pietro Fang Jianping di Yongping (Tangshan) e da mons. Paolo Pei Junmin di Shenyang; (Mukden). L'8 settembre scorso, festa della Natività della Beata Vergine Maria, era stato ordinato arcivescovo coadiutore di Guiyang (Kweyang) nella provincia di Guizhou, il rev. Paolo Xiao Zejiang. L'ordinazione di mons. Xiao Zejiang è stata presieduta da mons. Aniceto Wang Chongyi, arcivescovo di Guiyang, coadiuvato da mons. Luigi Yu Runshen e da mons. Paolo He Zeqing, rispettivamente vescovo di Hanzhong (Hanchung) e ausiliare di Wanxian (Wanhsien).

     
    I due sacerdoti erano stati indicati alla Santa Sede dalle rispettive comunità cattoliche locali come candidati degni e idonei. Tutti i presuli che hanno preso parte alle due cerimonie di consacrazione sono in comunione con il Papa e sono riconosciuti dal Governo. Alle due celebrazioni religiose hanno partecipato varie centinaia di fedeli.

     
    Le comunità cattoliche di Guiyang e di Pechino – rileva L’Osservatore Romano - avendo avuto notizia della comunione concessa dal Papa a mons. Xiao e a mons Li, si sono strette in festa attorno ai nuovi pastori, mentre ha suscitato rincrescimento la partecipazione, al rito sacramentale, di qualche vescovo che non è in comunione con la Santa Sede. Nell'affidare la difficile missione di questi due giovani presuli e le loro comunità diocesane alla protezione della Vergine Maria – continua il quotidiano della Santa Sede - nasce spontaneo l'auspicio che tutte le diocesi possano avere pastori degni ed idonei, capaci di vivere in piena comunione con la Chiesa cattolica e con il Successore di Pietro e di annunciare il Vangelo di Gesù Cristo al Popolo cinese.

     
    I cattolici, sia in Cina sia nel resto del mondo – conclude L’Osservatore Romano - pregano perché diventi realtà l'augurio formulato dal Papa “che, nel corso di un dialogo rispettoso ed aperto tra la Santa Sede ed i vescovi cinesi, da una parte, e le Autorità governative, dall'altra, possano essere superate le difficoltà e si pervenga, così, ad una proficua intesa che sarà a vantaggio della comunità cattolica e della convivenza sociale” (Lettera di Benedetto XVI alla Chiesa in Cina, del 27 maggio 2007, n 12).

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    Altre udienze

    ◊   Il Santo Padre ha ricevuto questa mattina in udienza, nel Palazzo Apostolico di Castel Gandolfo, anche il cardinale Ivan Dias, prefetto della Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli, e il cardinale Julián Herranz, presidente emerito del Pontificio Consiglio per i Testi Legislativi.

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    Il cardinale Martino: no ai catastrofismi dell'ambientalismo ideologico, no alla pena di morte, sì all'uso pacifico del nucleare

    ◊   La Chiesa promuove la salvaguardia della natura, ma afferma la centralità dell’uomo nel creato. E’ quanto ha sottolineato il cardinale Renato Raffaele Martino, presidente del Pontificio Consiglio Giustizia e Pace, durante la presentazione ieri a Roma di un libro intitolato “Risorsa Ambiente. Un viaggio nella cultura del fare”, curato dall’ex ministro dell’Ambiente Altero Matteoli e dal giornalista Folco Quilici. Il porporato, nel suo intervento, ha respinto quattro correnti di pensiero: il biologismo che riduce tutte le funzioni umane a puri meccanismi biologici, le teorie malthusiane che vedono nella sovrappolazione la causa principale del degrado ecologico, il naturalismo panteistico che sconfina nella New Age scambiando il benessere psicologico con quello spirituale e infine l'ambientalismo ideologico che predica il catastrofismo. Su quest'ultimo tema, relativo in particolare agli attuali mutamenti climatici, ascoltiamo lo stesso cardinal Martino al microfono di Luca Collodi:


    R. – Da quanto abbiamo ascoltato durante la presentazione del libro, ci viene davvero l’invito a non scoraggiarci, perché i cambiamenti climatici sono avvenuti ciclicamente attraverso i secoli, attraverso le epoche e quindi non saremo noi a fermarli o a provocarli più di tanto. Ma naturalmente, quello che occorre fare è vigilare, stare attenti e usare l’ambiente ragionevolmente.

     
    D. – La Chiesa è favorevole all’utilizzo dell’energia nucleare per fini civili?

     
    R. – La Santa Sede è membro dell’AIEA, l’Agenzia internazionale per l’Energia Atomica, che è un’agenzia diretta all’uso pacifico dell’energia atomica. E fu proprio nel 1957, quando gli americani vollero istituire questa agenzia, che chiesero al cardinale Spellman, allora arcivescovo di New York, di parlare con Pio XII perché la Santa Sede fosse un membro fondatore di questa agenzia, proprio per dimostrare al mondo che quell’agenzia era un’agenzia pacifica per l’uso pacifico di questa energia. Quindi, la Chiesa non è contro l’uso oculato, pacifico di questa energia che è una risorsa dell’umanità.

     
    D. – Cardinale Martino, un’ultima domanda: la moratoria per la pena di morte alle Nazioni Unite. Qualcuno accusa la Chiesa di essere un po’ tiepida sull'argomento...

     
    R. – Ma che tiepida e tiepida! Quanto io ero rappresentante della Santa Sede alle Nazioni Unite, sono stato uno dei primi e dei principali fautori della moratoria, che poi non passò perché non c’erano i numeri. Io mi auguro che se adesso sarà proposta la moratoria, che si facciano bene i conti, cioè che ci siano i numeri dei delegati che devono votare a favore, altrimenti si rischia un altro insuccesso. E quindi, sono stato tra i primi a difendere questa posizione perché non si punisce un reato con un altro reato. Uccidere una persona è un reato. Solo Dio può toglierci il dono della vita.

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   Servizio vaticano - La coerenza dei cristiani è indispensabile anche nella vita politica: Benedetto XVI ai partecipanti all’incontro promosso dall’Internazionale democratica di centro e democratica cristiana.

    Servizio estero – Un articolo di cronaca sull’ordinazione dell’arcivescovo di Pechino e su quella a coadiutore di Guiyang

    Libano: lutto e tensione per il nuovo delitto politico alla vigilia dell'elezione del presidente.

    Servizio culturale - Un articolo di Armando Rigobello dal titolo “Filosofia, alla ricerca di nuove forme letterarie”: a margine di un “clusterbook” di Adriano Fabris.

    Servizio italiano - Rai, scontro al Senato e confuso rinvio; ne escono male entrambi i poli. Approvato un congelamento delle nomine in attesa del piano industriale.

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    Oggi in Primo Piano



    Commozione e folla, a Beirut, ai funerali di Antoine Ghanem. Tensione nel Paese

    ◊   Una folla immensa ha partecipato stamani a Beirut ai funerali del deputato cristiano del fronte antisiriano, Antoine Ghanem, e di due sue guardie del corpo, uccisi mercoledì in un attentato nel quale hanno perso la vita anche altre sei persone. In tutto il Paese è stato decretato il lutto nazionale. Ha seguito la cerimonia a Beirut, Barbara Schiavulli:


    Una musica solenne, gli applausi, le lacrime hanno riempito questa giornata di dolore che ha unito in un lungo corteo il Paese dei Cedri che ha detto ‘addio’ ad Antoine Ghanem. “Sapevamo che sarebbe successo. La strada verso la libertà è disseminata di morti”, ha detto il Patriarca Boutros Sfeir nella chiesa del Sacro Cuore dove si sono celebrati i funerali. Migliaia le persone all'esterno, piene di rabbia e delusione. “Sapeva che era pericoloso, ma è voluto tornare perché voleva votare”, ricorda Amin Gemayel, ex presidente del Libano e padre di Pierre, ministro dell’Industria ucciso l’anno scorso. Tra quattro giorni, il Parlamento dovrebbe votare il nuovo presidente. Servono i due terzi del consenso di un’amministrazione spaccata tra filosiriani e antisiriani. I deputati sono ora super-protetti: ogni morte cambia le regole del gioco. Ma la gente chiede serietà, chiede rispetto verso un Paese martoriato chiede che si trovi un accordo in nome del Libano. “Ho perso il mio migliore amico”, mi racconta Marja, la cugina di una delle guardie del corpo uccise, e chiede giustizia, chiede che si smetta di accusare la Siria ma si trovino le prove. Il Libano di oggi, con i negozi chiusi, gli uffici, le strade vuote, chiede ai politici di preoccuparsi meno dei seggi e più del Paese. (Barbara Schiavulli da Beirut per la Radio Vaticana)

    L’assassinio del deputato cristiano, Antoine Ghanem, è avvenuto in un momento delicato della vita politica libanese, a pochi giorni dall’inizio delle elezioni presidenziali. Proprio nei giorni scorsi, il presidente del parlamento, Nabih Berry, aveva avviato contatti per favorire un accordo tra l’opposizione filosiriana e la maggioranza. In tal senso, il segretario generale dell’ONU, Ban Ki-Moon, ha ammonito che l'emergere di due governi rivali sarebbe la peggiore ipotesi per il Libano e ha auspicato l'elezione del nuovo capo dello Stato nei tempi previsti. Fabio Colagrande ne ha parlato con il giornalista libanese, Camille Eid, editorialista di Avvenire:


    R. - Berry intendeva recarsi dal Patriarca maronita per favorire questo dialogo e riunire, quindi, il parlamento il 25 settembre. Ora, questo nuovo assassinio complica ulteriormente le cose, ma Berry ha comunque contattato alcune forze della maggioranza e sembra intenzionato a portare avanti la sua mediazione. Gli ostacoli c’erano e ci sono ancora, ovviamente, in tutto il Paese.

     
    D. - C’è chi parla di un interesse che viene dall’esterno per disgregare il Libano?

     
    R. - Sì, si intende sicuramente la Siria perché le forze della maggioranza accusano Damasco di aver ordito tutta questa serie di attentati. L’opposizione chiede di avere pazienza e di aspettare l’esito delle indagini sull’assassini di Hariri e su tutti gli altri assassinii che si sono susseguiti. Quindi, secondo l’opposizione, affrettarsi nel lanciare le accuse nei confronti delle ha avvelenato il clima libanese da due anni a questa parte e sembra, purtroppo, destinato anche a prolungarsi.

     
    D. - Come libanese, quali sono le tue speranze per una possibile soluzione per uscire da questa escalation di violenza?

     
    R. - Sono fiducioso sul senso nazionale di alcuni deputati, se non di tutti. Ma se effettivamente arriveremo alla data del 24 novembre senza un presidente già eletto, allora lì entreremo in un circolo vizioso e visto che tutti i libanesi sono sulla stessa barca, affonderemo tutti. Mi affido, quindi, al buon senso dei deputati affinché garantiscano - almeno nella prima seduta - la maggioranza o il quorum dei due terzi del numero richiesto. In caso di mancata elezione, il governo attuale ovviamente ritirerà le cariche e le prerogative presidenziale e sarà formato un altro governo parallelo per contendere l’autorità all’attuale governo. La cosa sarà veramente dura perché opposizione e maggioranza si contendono più o meno gli stessi territori, perché sono soprattutto in campo cristiano. L’opinione pubblica cristiana è divisa quasi equamente fra questi due schieramenti. Questo, forse, rappresenta attualmente il rischio maggiore che corre il Libano.

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    La comunità internazionale celebra la Giornata della pace

    ◊   Ogni Paese del mondo è invitato oggi ad osservare un assoluto cessate il fuoco e a rinunciare ad ogni forma di violenza, in occasione della Giornata internazionale della Pace, indetta dalle Nazioni Unite. Il segretario generale dell’ONU, Ban Ki-moon, ha auspicato nel suo messaggio che la pace diventi “una passione e non una mera priorità”. Ma cosa significa celebrare questa Giornata, in un mondo dove si moltiplicano le minacce legate al terrorismo? Amedeo Lomonaco lo ha chiesto a Staffan De Mistura, recentemente nominato inviato speciale delle Nazioni Unite in Iraq:

    R. - La Giornata della Pace va celebrata, perché la pace è una formula di vita alla quale tutti noi dovremmo ambire. Questo non vuol dire che la pace sia semplicemente la mancanza della guerra o del conflitto, ma vuol dire anche sperare di mantenere quello che si è ottenuto finora e cioè che la pace possa prevalere.
     
    D. - La pace, scrive il segretario generale dell’ONU, Ban Ki-moon, è uno dei bisogni principali dell’umanità. La pace può favorire lo sviluppo, può favorire la prosperità. L’obiettivo dell’ONU di istituire un cessate-il-fuoco globale dovrebbe, quindi, essere auspicabile da tutti. Invece, nel mondo, continuano purtroppo a soffiare venti di guerra. Perché?
     
    R. - Perché la natura umana è quella che è. E’ anche vero che se paragoniamo quello che avveniva anni fa, quando c’erano molto più guerre - abbiamo le statistiche davanti ai nostri occhi - c'è qualcosa in cui sperare. E questo grazie al lavoro della comunità internazionale, grazie all’ONU, ma anche grazie al fatto che, prima o poi, potrà prevalere la pace, se ci crediamo.

     
    D. - Durante la Guerra Fredda, la corsa al riarmo di Stati Uniti e Russia si è in realtà rilevato un baluardo contro l’ipotesi di un conflitto. Una eventuale guerra mondiale oggi, con arsenali sempre più avanzati, sarebbe una catastrofe per l’umanità. Questa consapevolezza può bastare da sola a scongiurare timore di una nuova guerra mondiale?

     
    R. - Finora è stata più che sufficiente. Io stesso, così come molti dei nostri ascoltatori, appartengo a quella generazione che ha vissuto per molti anni della propria vita con questa spada di Damocle dell’Est e dell’Ovest, capaci di autodistruggersi non una volta, ma svariate volte. Questo scenario appare ora cambiato, ma non vuol dire che, nel frattempo, la paura del terrorismo non sia diventata una nuova minaccia. Tra questo ed una guerra mondiale c’è, però, una enorme differenza.

     
    D. - Alla Giornata aderisce anche il Consiglio ecumenico delle Chiese, che invita i cristiani ad unirsi all’iniziativa dell’ONU con una Giornata internazionale della preghiera. Del resto, pregare per la pace nel mondo è probabilmente una delle prime intenzioni che ogni uomo, di qualsiasi religione, rivolge a Dio. La pace è, quindi, oltre ad una esigenza universale anche un bisogno spirituale?

     
    R. - Lo è e come. La pace è qualcosa che dobbiamo sentire dentro di noi, ogni giorno. La pace non è una parola vuota, se viene praticata soprattutto nel dialogo. In questo senso, pregare e praticare la pace è la stessa cosa. La violenza si può di nuovo evitare se si parla e si dialoga.

     
    D. - Qual è la salute di questo dialogo oggi nel mondo e cosa sta facendo l’ONU?

     
    R. - La salute di questo dialogo è come la salute di un paziente per il quale si sta cercando da secoli e da millenni la cura magica, la cura finale per guarire da questa malattia. Una malattia che si chiama incapacità di risolvere, da parte della natura umana, un conflitto in maniera non violenta. E per questo si ha bisogno di combinare varie medicine: una di queste medicine è rappresentata dai diritti umani. Un’altra è stata la creazione, anni fa, delle Nazioni Unite, diventate cassa di risonanza nella quale i piccoli e i grandi della terra possono confrontarsi e discutere: possono confrontarsi invece di arrivare sempre alla legge del più forte, la legge della jungla. In questo senso, l’ONU ha una funzione che, come spesso viene ricordato e sin dal passato, “se non ci fosse, andrebbe creata”.

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    Mons. Damasceno Assis: gratuite le accuse per le presunte modifiche al documento conclusivo di Aparecida

    ◊   Gratuite e ingiuste: così vengono definite, in un documento firmato da mons. Raymundo Damasceno Assis, arcivescovo di Aparecida e presidente del Consiglio episcopale dell’America Latina, le accuse contro l’ex presidenza dell’organismo di coordinamento ecclesiale a proposito di presunte modifiche al documento conclusivo della V Conferenza. “Anche se numerose”, si legge nel testo, le modifiche “non hanno cambiato” lo spirito del documento stesso. Il servizio di Luis Badilla:


    Il significato originale delle riflessioni teologiche e degli orientamenti pastorali del documento finale di Aparecida non è cambiato dopo le revisioni, che hanno riguardato correzioni di digitazione, errori grammaticali e ortografici. E’ quanto specifica mons. Raymundo Damasceno Assis che, in merito alle notizie di presunte manipolazioni al testo conclusivo della V Conferenza prima di essere consegnato al Santo Padre, precisa che, attraverso le variazioni apportate, “si è cercato di migliorare lo stile, sistemare diversi paragrafi nel contesto adeguato, rendere logica ed omogenea la numerazione e correggere errori in alcune citazioni”. Il presule chiarisce che le revisioni “sono servite per rendere più chiara e precisa la redazione” che non è stato modificato il senso del testo e che “i cambiamenti hanno migliorato la sua lettura e comprensione”. L’arcivescovo di Aparecida considera errate le notizie diffuse da un quotidiano brasiliano, oltre a ritenerle “offensive nei confronti delle persone citate che si sono sempre distinte per la loro onestà, trasparenza e spirito di comunione”. Mons. Damasceno Assis afferma inoltre che “dopo uno studio accurato e attento del percorso del Documento” risulta che la revisione a carico della Segretaria generale del CELAM non ha alterato il contenuto di ciascun paragrafo del testo approvato ad Aparecida; che suo dovere è stato “quello di rispettare integralmente il testo, consapevole, inoltre, di non essere titolare di alcuna facoltà per introdurre modifiche”. Il documento firmato dal presule specifica poi che i vescovi hanno lavorato in comunione con il Santo Padre e che a lui sono state consegnate in tale spirito perchè ricevessero la sua approvazione e ne venisse autorizzata la pubblicazione. Il documento, conformemente all’iter abituale, si aggiunge ancora, è stato consegnato poi a diversi dicasteri della Curia Romana, perchè potesse ricevere suggerimenti o precisazioni su materie specifiche ed importanti. Circa i dubbi sorti sulla proposta di reintrodurre un testo sulle Comunità ecclesiali di base precedentemente non accettato, viene precisato che “il numero dei voti ottenuti non era sufficiente per l’approvazione”, ma che la Pontificia Commissione per l’America Latina ha ritenuto di non dover perdere tutto il ricco contenuto di tali paragrafi. Interpretando quindi l’intenzione dell’Assemblea è stato considerato che i paragrafi avrebbero ottenuto i due terzi dei voti se fossero stati modificati leggermente e resi più chiari e in continuità con il documento della Conferenza di Puebla. E così è stato proposto al Papa che venissero inclusi nel Documento conclusivo.

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    Cresce in Italia l'instabilità familiare: i figli, le principali vittime

    ◊   Prosegue senza interruzione, in Italia, la crescita delle rotture coniugali: le separazioni legali sono passate dalle 51mila del 1994 alle 83mila del 2004. Anche per i divorzi il trend è in ascesa: dai 27mila del 1994 ai 45mila del 2004. Ha ancora senso allora mettere su famiglia? La famiglia può essere considerato ancora un valore? Sono questi gli interrogativi ai quali hanno cercato di dare risposte esperti del settore e docenti universitari intervenuti al convegno conclusosi oggi a Roma su "Instabilità familiare: aspetti causali e conseguenze demografiche, economiche e sociali". Nel corso dell’iniziativa, promossa dall’Accademia Nazionale dei Lincei, sono stati presentati i risultati di ricerche sull’instabilità familiare svolte dai gruppi di studio degli atenei di Firenze, Messina, Milano (Bocconi e Cattolica) Padova, Udine, Urbino e Verona. Quali dunque le cause principali dei fallimenti coniugali? Davide Dionisi lo ha chiesto al prof. Antonio Golini, docente di Demografia presso l’Università degli Studi di Roma “La Sapienza” e accademico dei Lincei:


    R. – Direi che uno degli elementi fondamentali è una disuguaglianza all’interno della coppia. La disuguaglianza all’interno della coppia significa una non parità nei diritti e nei doveri della cura familiare, per esempio, e quindi in particolare la donna tende ad accettare sempre di meno questa disuguaglianza. Anche perché c’è un fatto molto interessante, cioè che quando per esempio il titolo di studio non è uguale tra marito e moglie – nella maggior parte dei casi è uguale – ma quando non è uguale, è maggiore il titolo di studio della donna, che quindi è più istruita e quindi ha delle aspettative dalla vita e dal rapporto di coppia diverse da quelle del marito.

     
    D. – Avete parlato anche, durante questa due-giorni, degli effetti ...

     
    R. – Certamente, gli effetti sono rilevanti, sia sui singoli componenti la coppia, sia gli effetti economici relativi per esempio da un lato alla proprietà della casa, sia al fatto che frequentemente – purtroppo – una separazione o un divorzio comporta anche una maggiore povertà dei figli che quindi patiscono – oltre alla separazione – anche una maggiore povertà. E quindi, il sistema credo che debba tener conto di questo fenomeno e cercare quelle provvidenze di tipo sociale ma anche di sostegno psicologico che possano ridurre il fenomeno stesso, e partire da una ri-educazione di molti maschi.

     
    D. – Un’ultima domanda: la famiglia è ancora un valore per gli italiani?

     
    R. – Io penso di sì. Quando facciamo delle indagini di opinione tra i giovani e tutti ci dicono che il matrimonio, in particolare, è il mezzo più desiderato per mettere su famiglia. Solo che la famiglia non è più accettata in ogni caso come vincolo permanente ma, se ci sono delle cose che non funzionano, il matrimonio si può rompere.

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    Giornata mondiale dell'Alzheimer: 27 milioni i malati

    ◊   Oggi è la Giornata Mondiale dell’Alzheimer, che pone l’attenzione sulla malattia di cui soffrono 27 milioni di pazienti nel mondo e con la quale una persona ogni tre viene in contatto. Valentina Fizzotti ha intervistato il prof. Orazio Zanetti, primario dell’Unità Operativa Alzheimer dell’Istituto di ricovero e cura Fatebenefratelli di Brescia, e Fra Marco Fabello, Direttore dell’Istituto.


    Il morbo di Alzheimer è il principale responsabile della progressiva perdita delle capacità intellettive che spesso si associa all’invecchiamento e che interessa il 5-10 per cento della popolazione ultra-sessantacinquenne. Ma quali sono i principali effetti della malattia? Lo abbiamo chiesto al professor Orazio Zanetti:

     
    R. – La malattia di Alzheimer è una malattia caratterizzata da disturbi della memoria e dell’utilizzo del linguaggio, tali da interferire con le attività quotidiane. Nelle fasi iniziali ed anche per parecchi anni dopo l’inizio, i pazienti conservano una normale capacità, sostanzialmente, di deambulare. E’ sul versante della cognitività, e quindi delle relazioni e della capacità di espletare le comuni attività della vita di tutti i giorni, che la malattia ha un impatto importante.

     
    D. – Con le attuali terapie, quali sono le prospettive di vita per un paziente cui viene diagnosticato il morbo di Alzheimer?
     
    R. – Attualmente abbiamo a disposizione farmaci sintomatici per la malattia di Alzheimer in grado di rallentare la progressione della malattia e, quindi, di allontanare alcune manifestazioni di disabilità di sei mesi, un anno, un anno e mezzo. Non è molto, ma, se confrontato con il nulla che avevamo fino a dieci-quindici anni fa, rappresenta comunque un passo avanti. Certo, siamo in attesa di farmaci in grado davvero di incidere sulla malattia. Oltre a rallentare la progressione della malattia sul versante cognitivo, hanno un importante effetto sui disturbi del comportamento: i pazienti sono più socievoli e anche meno apatici. Questo ovviamente si ripercuote in modo positivo anche sulla qualità di vita dei familiari, che nella gran parte dei casi si prendono cura di questi malati. Sul versante della ricerca, poi, i passi più significativi riguardano la nostra capacità diagnostica. Oggi siamo in grado, utilizzando una serie di indagini, di fare una diagnosi precoce e corretta e, quindi, di impostare una terapia, accanto ad un supporto ai familiari, la più precoce possibile.
     
    A Fra Marco Fabello, invece, abbiamo chiesto cosa significa veramente vivere con un malato di Alzheimer:

     
    R. – Certamente nell’ambito sociale di oggi è un grande problema, per le famiglie, soprattutto, che non sono sufficientemente sostenute. Può rappresentare anche un momento di rottura, ma d’altra parte può anche essere un grande momento di presa in carico di valori e di sentimenti che magari erano andati perduti. Dal nostro punto di vista, che uniamo ricerca ed assistenza, credo che forse dovremmo spingere molto di più perché la società civile si prenda più cura di queste persone, perché sono davvero sole e le loro famiglie sono molto martoriate e molto provate.
     
    Cosa si può fare di più per questo?

     
    R. – Dal punto di vista del pubblico, credo che l’assistenza sia assolutamente carente ed è proprio lì che va posta l’enfasi affinché se ne prenda più carico. Dal punto di vista delle istituzioni sanitarie, hanno dei limiti molto precisi posti dalla stessa normativa. Io credo che, comunque, una maggiore attenzione, almeno da parte delle istituzioni religiose che si occupano di sanità in questo campo, potrebbe anche essere posta. Certamente il problema è grave e non è che da soli noi, o le entità cattoliche di riferimento, possiamo risolvere un problema che è enorme e che scoppierà ancora più forte prossimamente.
     
    Professor Zanetti, oltre alle terapie farmacologiche e all’ospedalizzazione, quindi, quale contributo può dare il sistema sanitario di ciascun Paese al malato e alla sua famiglia?
     
    R. – In considerazione del fatto che la grandissima maggioranza dei pazienti sono assistiti al proprio domicilio dai familiari, le organizzazioni socio-sanitarie ed assistenziali dovrebbero implementare maggiormente forme di aiuto rivolte proprio alle famiglie, affinché possano continuare a svolgere questo ruolo di assistenza.

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    Dal 10 al 13 ottobre a Roma il Festival di musica e arte sacra per gli 80 anni del Papa

    ◊   Portare la gente a Dio attraverso la bellezza dell’arte e della musica: è l’obiettivo del sesto Festival Internazionale di musica e arte sacra presentato ieri a Roma, dedicato a Benedetto XVI in occasione del suo 80.mo compleanno. Il Festival, organizzato dalla Fondazione pro Musica e Arte Sacra, si terrà nella capitale dal 10 al 13 ottobre nelle 4 Basiliche papali: San Giovanni in Laterano, San Pietro, San Paolo fuori le Mura e Santa Maria Maggiore. La manifestazione si aprirà mercoledì 10 ottobre alle ore 17 a San Pietro, con l’esecuzione della Messa “Tu es Petrus” di Wolfgang Seifen. Giovedì e venerdì, appuntamento alla Basilica di San Paolo fuori le Mura e Santa Maria Maggiore. Il Festival si chiuderà nella Basilica di San Giovanni in Laterano con la Messa in “Si minore” di Bach, diretta dallo specialista Ton Koopman. Il servizio di A.V..


    (musica)

     
    I capolavori della musica sacra eseguiti nei luoghi di culto, scrigni d’arte e spiritualità: da sei anni il Festival coniuga fede e cultura, contribuendo anche al restauro di preziose testimonianze del passato, come il Mausoleo dei Valeri nella Necropoli vaticana. La vice sindaco di Roma, Maria Pia Garavaglia:

     
    “Anche chi non avesse la consapevolezza che il sacro è un dono, poter entrare in una delle nostre basiliche, ascoltare la musica sacra mette in condizione di interiorizzare un modo di concepire il bello che alla fine migliora ed eleva la dignità della persona e quindi ogni volta che si serve la dignità della persona si serve, in realtà, la nostra comunità, si realizzano relazioni positive”.

     
    Si compie inoltre un’importante catechesi che riconcilia bellezza e bontà, come spiega mons. Angelo Comastri, presidente della Fabbrica di San Pietro.

     
    “Oggi la società che presenta tanti aspetti di bruttura – ma è una bruttura interiore che poi esplode nei gesti, esplode nelle violenze, anche nelle guerre, va curata attraverso una bellezza autentica che entra dentro le persone e quindi le guarisce dalla bruttura e guarendo dalla bruttura, rende migliore”.

     
    Fu proprio un concerto in San Pietro, durante il Giubileo, a suscitare quell’emozione da cui prese le mosse la manifestazione, grazie al suo promotore, il senatore Hans Albert Curtial:

     
    “Io ho visto i Wiener Philarmoniker quando hanno incominciato a suonare nella Basilica, e hanno intonato la Messa di Incoronazione di Wolfgang Amadeus Mozart, allora io mi sono detto: questi uomini piangono di gioia per poter suonare nella Basilica! Allora, questa emozione, questa gioia la devo trasmettere a tante altre persone!”.

     
    (musica)

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    Chiesa e Società



    Appello della Caritas per aiutare un milione e mezzo di persone colpite in Africa dalle alluvioni

    ◊   Sono necessari oltre 1,6 milioni di dollari per fornire cibo e aiuti alla popolazione di una zona orientale dell’Uganda colpita dalle inondazioni. E’ l’appello lanciato dalla Caritas per cercare di far fronte all’emergenza nei prossimi sei mesi. Per il Nord Uganda, già sconvolto dal dramma della guerra civile, le inondazioni costituiscono un ulteriore dramma. Un dramma – sottolinea la Caritas – finora ignorato dalla comunità internazionale. “La situazione è terribile” – ha spiegato il responsabile per la comunicazione di Caritas Uganda – e servono risposte immediate. Lo scenario - riferisce l'agenzia Zenit - è preoccupante anche in altri Stati dell’Africa. Si stima che, complessivamente, siano oltre un milione e mezzo le persone costrette ad abbandonare le loro case a causa delle alluvioni. Oltre all’Uganda, i Paesi più colpiti sono Mauritania, Kenya, Burkina Faso, Togo, Ghana, Etiopia e Repubblica Democratica del Congo. In Ghana, in particolare, le piogge hanno distrutto migliaia di acri di coltivazioni e danneggiato infrastrutture pubbliche. Si teme che se nei prossimi giorni le piogge continueranno a flagellare il Continente con questa intensità, aumenteranno i casi di epidemie rendendo ancora più gravi le piaghe della fame e della povertà. (A.L.)

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    Darfur: servono truppe e mezzi per la Forza di pace internazionale

    ◊   Un appello a contribuire con truppe supplementari alla missione di pace internazionale Unione Africana-Nazioni Unite che dovrà essere dispiegata nei prossimi mesi in Darfur, la regione occidentale sudanese teatro dal febbraio 2003 di un conflitto interno e di una grave crisi umanitaria, è stato lanciato dagli organizzatori del contingente internazionale. In una riunione tenuta ieri dai principali Paesi che partecipano alla forza di pace è emerso, infatti, che mancherebbero ancora all’appello contributori in grado di fornire mezzi di trasporto adeguati. È sorta inoltre anche la necessità - scrive l'Agenzia Misna - di rimpiazzare i soldati messi a disposizione da alcuni stati, ma che sono stati scartati per non raggiungere gli standard internazionali richiesti. Del tema si parlerà ancora stasera nel corso di una riunione di alto livello prevista al Palazzo di Vetro tra i ministri della Difesa e degli Esteri di 26 paesi che, alla presenza del segretario generale Ban Ki Moon e del presidente dell’Unione Africana, Alpha Oumar Konare, discuteranno i piani per la forza di pace congiunta, ma anche il sostegno politico da garantire alle parti coinvolte nei prossimi colloqui di pace e l’espansione dell’aiuto umanitario da per le popolazioni civili del Darfur. A pieno regime, la forza di pace per il Darfur potrà contare su quasi 26.000 soldati e 5000 civili, diventando la più imponente forza di mantenimento della pace del pianeta. (R.P.)

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    In Ogaden, regione dell'Etiopia, lo spettro della fame e il dramma delle violenze continuano a colpire la popolazione

    ◊   Si è ulteriormente deteriorata la situazione umanitaria nell’Ogaden, regione orientale dell’Etiopia al confine con la Somalia, a causa di recenti scontri tra ribelli e soldati governativi. E’ l’allarme lanciato da una delegazione dell’ONU che ha visitato l’area. Secondo la missione delle Nazioni Unite, la popolazione potrebbe presto dover affrontare una grave crisi alimentare sia per la distruzione dei raccolti sia per l’aumento dei prezzi. “Migliaia di famiglie – ha detto il coordinatore dei soccorsi di emergenza – stanno soffrendo le conseguenze del conflitto”. La speranza – ha aggiunto – è che il governo etiope e i ribelli facciano di tutto per garantire alle organizzazioni umanitarie un accesso sicuro nella regione. Si stima che dallo scorso aprile siano morte almeno 77 persone. Finora - riferisce l'Agenzia MISNA - sono decine di migliaia i civili scappati dall’Ogaden verso la Somalia per sfuggire ai combattimenti. (A.L.)

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    In Kenya, i vescovi chiedono al presidente di non fermare la lotta alla corruzione

    ◊   La Chiesa cattolica del Kenya ha rivolto un appello al presidente del Paese africano, Mwai Kibaki, perchè non firmi una legge, approvata dai membri del parlamento locale, che cerca di ridurre il potere della Commissione anti-corruzione nazionale (KACC). La dichiarazione dei vescovi, firmata dal presidente della commissione cattolica Giustizia e Pace, il vescovo di Nakuru Peter J. Kairo, accusa la legge di spogliare la commissione del suo già limitato potere, rendendo di fatto la guerra contro la corruzione una perdita di tempo e di risorse, il contrario di quanto pubblicamente atteso. La dichiarazione sottolinea che molte volte i keniani, vulnerabili, sono stati a guardare mentre leggi importanti venivano affossate a causa del mancato raggiungimento del quorum in Parlamento o per questioni personali, unicamente perchè i parlamentari potessero raggrupparsi e parlare all’unisono quando si trattava di destinare a loro stessi più soldi. La dichiarazione resa nota ieri, chiedeva ai cittadini kenioti di manifestare e di votare l’esclusione di tali leader nelle elezioni generali in programma per dicembre. I vescovi hanno consigliato ai votanti di eleggere leader che proteggano gli interessi dei deboli, dei poveri e degli emarginati invece che lasciarsi guidare dall’euforia elettorale. Inoltre hanno raccomandato calma, tolleranza ed il rispetto della legge nel corso delle elezioni. (V.F.)

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    A Lisbona, cerimonia eucaristica organizzata dalla Caritas in ricordo delle vittime dell’immigrazione clandestina

    ◊   Si calcola che dal 1998, almeno 8 mila immigranti siano morti - tre quarti di essi nelle acque dell’Atlantico e del Mediterraneo – nel tentativo di raggiungere la terra promessa - l’Europa – che però, nell’opinione della Caritas, si presentava loro piuttosto come una arcigna fortezza difficile da espugnare. La necessità di creare ponti, e non barriere, e di analizzare la dinamica fra immigrazione e sviluppo è al centro di questo quinto Forum della Caritas, la cui posizione è che il diritto di movimento dell’immigrante è un principio fondamentale e che i Paesi di destinazione degli immigranti debbono avere politiche più aperte e flessibili giacché gli immigrati sono fonte di ricchezza e sviluppo. No ad una immigrazione fuori controllo, ma si ad una immigrazione più aperta e più umana. Su questo, al di là delle sfumature, sono sembrati d’accordo i principali oratori del giorno inaugurale del Forum in rappresentanza della Chiesa e del governo portoghese e della Caritas internazionale. Lotta, quindi, alle gravi disuguaglianze, apertura per i nuovi arrivati e speranza di arrivare ad avere un triplice obiettivo - secondo la Caritas - per beneficiare il Paese di origine, il Paese di accoglienza e l’immigrato. (Da Lisbona per la Radio Vaticana, Riccardo Carucci)

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    Per celebrare i vent’anni della "Mulieris Dignitatem", il Pontificio Consiglio per i Laici ha in programma per l’anno prossimo un congresso sulla donna

    ◊   A vent’anni dalla pubblicazione della Lettera Apostolica di Giovanni Paolo II “Mulieris Dignitatem”, il Pontificio Consiglio per i Laici sta organizzando per il prossimo anno (7-9 febbraio) il congresso “Donna e uomo, l’humanum nella sua interezza”. “È un dato di fatto che, a vent’anni dalla Mulieris dignitatem, linguaggio e contenuti del magistero di Giovanni Paolo II non solo sono stati recepiti – si legge in un articolo del Notiziario semestrale del Pontificio Consiglio per i Laici – ma hanno generato una prospettiva di rinnovata valorizzazione della donna e una più acuta consapevolezza dell’importanza della reciprocità fra uomo e donna”. “Benedetto XVI ha manifestato e a più riprese, l’apprezzamento della Chiesa per il contributo delle donne”, prosegue l’articolo, ed è per procedere a un bilancio del cammino fatto negli ultimi venti anni nell’ambito della promozione della donna e del riconoscimento della sua dignità che il Pontificio Consiglio per i Laici sta preparando il Congresso. L’evento si propone di “avviare una riflessione alla luce della Rivelazione sui nuovi paradigmi culturali e sulle difficoltà con le quali le donne cattoliche devono misurarsi per vivere la propria identità e per collaborare in feconda reciprocità con gli uomini nella edificazione della Chiesa e della società; richiamare le donne alla bellezza della vocazione alla santità, incoraggiandole a rispondervi con crescente consapevolezza e, in quanto protagoniste della missione della Chiesa, a porre al servizio dell’apostolato, della famiglia, del mondo del lavoro e della cultura tutte le ricchezze del “genio” femminile”. Al congresso è prevista la partecipazione di circa 250 persone provenienti da ogni parte del mondo. “Abbiamo voluto che venissero donne dai cinque continenti, – ha spiegato Rocío Figueroa, incaricata del settore donna del dicastero presieduto da mons. Stanislaw Rylko – verrà una delegata per ogni Conferenza Episcopale e ci saranno rappresentanti e leader di associazioni cattoliche che promuovono la donna nella Chiesa e vari movimenti e nuove comunità. Ci saranno anche accademiche che riflettono sul tema della donna come teologhe, filosofe e psicologhe”. Il Congresso prevede anche un laboratorio su “cristianesimo e promozione della donna”, una conferenza sull’antropologia, e vari dibattiti in cui si affronteranno la promozione della dignità della donna in Asia, il ruolo della donna nella trasmissione della fede in Africa, la tutela della dignità della donna nella società tecnologica e consumistica (America del Nord) e la formazione integrale della donna (America Latina). (T.C.)

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    L'arcivescovo anglicano di Sydney sottolinea la valenza ecumenica della GMG 2008

    ◊   “La Giornata mondiale della Gioventù 2008 aumenterà il generale senso di interesse verso Gesù”. Lo ha detto l’arcivescovo anglicano di Sydney, mons. Peter Jensen, definendo la GMG “un appuntamento simile alle Olimpiadi”. Si tratta di un grande evento – ha aggiunto - per rafforzare l’ecumenismo e di una iniziativa che sottolinea l’urgenza di annunciare Cristo ai giovani. “La GMG – ha poi spiegato l’arcivescovo le cui parole sono state rilanciate dall’Agenzia Fides – rappresenta una sfida a costruire ponti nella comunità cristiana, credendo che la Parola di Dio è efficace e creatrice di unità”. Gli organizzatori, del resto, non hanno tralasciato questa valenza ecumenica e interreligiosa: sono previsti, infatti, incontri preparatori con delegazioni delle comunità islamica ed ebraica australiane. Le adesioni dei giovani nel mondo hanno superato, intanto, quota 200 mila. (A.L.)

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    Posata in Ucraina, la prima pietra della cappella e dell’oratorio dedicati a San Luigi Orione

    ◊   Il vicario generale dell'Opera Don Orione, don Enemesio Lazzaris, ha posto la prima pietra della cappella e dell’oratorio dedicati al Santo, nella cittadina di Leopoli in Ucraina. “Dopo sei anni di missione - ha detto don Lazzaris - oggi poniamo la prima pietra per un'ulteriore crescita della Congregazione in questo immenso ed affascinante Paese”. l due edifici accoglieranno provvisoriamente i fedeli, in attesa della costruzione del centro di accoglienza Don Orione. Il progetto del centro prevede la realizzazione di un convento, un seminario, una chiesa con oratorio, una palestra, un edificio per la sede della Caritas e una struttura per l’accoglienza di giovani diversamente abili. "All'attività di evangelizzazione - ha dichiarato don Enemesio Lazzaris - abbiamo sempre abbinato l'attenzione ai più deboli, ai poveri e agli emarginati. In questa zona periferica di Leopoli, città che conta oltre 830 mila abitanti, – prosegue - sono molto numerosi”. (B.B.)

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    Inizia nella comunità di Rondine l'attività degli studenti provenienti da Paesi in guerra

    ◊   Rondine è un piccolo borgo toscano sulle rive dell’Arno, in provincia di Arezzo. Dal 1997, ospita uno Studentato Internazionale che accoglie giovani provenienti da Paesi in guerra. Domani nella cittadina toscana, arriveranno 4 ragazze straniere: le prime donne che il convento ospita, dall’anno di fondazione. Si chiamano Ana, Galia, Yulia e Riva e arrivano dalla Macedonia, da Israele e dalla Federazione Russa. Si aggiungeranno agli altri venti ragazzi già presenti, provenienti da Bosnia, Palestina, Georgia, Abkhasia, Inguscezia, Ossetia, Sierra Leone, Serbia e Cecenia. Tutti selezionati con l’aiuto di ambasciate, Organizzazioni non Governative e università. L’ obiettivo dello Studentato Internazionale è consentire ai giovani di sperimentare una vita di convivenza e di formazione. Terminato il percorso di studi, i ragazzi rientreranno nei loro Paesi di origine per testimoniare quanto appreso nella comunità di Rondine: ossia, la concreta possibilità di dialogo e di riconciliazione tra cittadini di Paesi in conflitto. L’inaugurazione è prevista per le ore 17, presso la sede dello Studentato Internazionale. Per l’occasione, saranno presenti anche il ministro della Famiglia Rosy Bindi e Elisa Mussaeva della Internazional Helsinki Federation for human right. (B.B.)

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    Il vescovo di Novara presenta la cerimonia di Beatificazione, il 18 novembre, di Antonio Rosmini

    ◊   Sacerdote e studioso, fede e ragione: è in questi binomi inscindibili che il suo esempio trova il significato più profondo. E’ quanto ha affermato ieri il vescovo di Novara, mons. Renato Corti, durante la presentazione della celebrazione per la beatificazione del grande filosofo dell’Ottocento, Antonio Rosmini, che si terrà nella città piemontese il prossimo 18 novembre. Rosmini – ha aggiunto il presule – è un modello di intellettuale per i cristiani di oggi ma anche un sacerdote che ha fatto della carità il momento centrale della propria vocazione. La sua storia – ha sottolineato mons. Corti – è quella di un uomo che seppe comprendere come la verità ultima si sveli “solo dalla suprema cattedra che è la Croce”. Spesso la figura di Rosmini - ha poi osservato il postulatore, don Claudio Papa - è stata presentata dagli studiosi guardando solo al valore culturale dei suoi scritti. “Ora la beatificazione – ha spiegato il postulatore – ci aiuterà a scoprire di più la santità della sua vita”, aspetto che dà senso e forma anche alla sua eredità culturale. Proprio questo esempio di fede sarà proposto negli otto pellegrinaggi organizzati dalla diocesi di Novara sulla tomba del sacerdote. La beatificazione di Rosmini è un evento di straordinaria portata non solo per la diocesi gaudenziana: “sarà un momento di grande festa – ha detto infatti mons. Corti – anche per le religiose e i religiosi rosminiani, presenti ormai in diverse parti del mondo, e per i tanti studenti ed ex alunni delle loro scuole”. Antonio Rosmini, fondatore dell’Istituto della Carità, è nato a Rovereto il 24 marzo del 1797. Nel 1849, la Congregazione dell’Indice ha condannato il suo libro “Delle Cinque piaghe della Santa Chiesa” nel quale Rosmini denuncia tra l'altro la separazione del clero dai fedeli e le interferenze del potere politico nelle questioni ecclesiastiche. Nel 2001, in una nota della Congregazione per la dottrina della fede presieduta dall’allora cardinale Joseph Ratzinger, si sottolinea infine che “si possono considerare ormai superati i motivi di preoccupazione dottrinali e prudenziali” sull’opera di Rosmini. (A.L.)

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    “Nessun inviato del Papa a Firenze”: è la precisazione della Curia fiorentina, in seguito alla notizia diffusa da alcuni quotidiani

    ◊   “Non c’è nessun inviato del Papa nella diocesi di Firenze”: lo afferma in un comunicato l’arcidiocesi toscana, in risposta alle notizia pubblicate mercoledì su alcuni quotidiani. ”Il supposto inviato – si legge nel comunicato – è padre Francesco Romano designato personalmente dal cardinale Antonelli con decreto arcivescovile del 30 giugno 2007, giudice istruttore delegato per procedere al supplemento d’istruttoria circa i delitti commessi da don Lelio Cantini”. Hanno espresso solidarietà alla curia di Firenze per la falsa fuga di notizie, anche le Associazioni Cristiane Lavoratori Italiani (ACLI): “Di fronte alle notizie pubblicate dai mezzi di comunicazione diretti a colpire la persona di mons. Claudio Maniaco, esprimiamo tutta la nostra vicinanza e fiducia al vescovo che ha sempre dimostrato grande sensibilità e disponibilità, non facendo mai mancare il suo sostegno alle iniziative e all’azione sociale che noi stessi svolgiamo”. (B.B.)

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    Potenziare l'offerta della scuola cattolica, per migliorare il coordinamento con le famiglie: è l’obiettivo del Patriarcato di Venezia

    ◊   Migliorare l’offerta formativa delle scuole cattoliche che operano nel Patriarcato di Venezia, creando una rete e un coordinamento stabile tra tutte. E’ questo l’impegno che sta dietro alla neonata agenzia patriarcale “La Fontaine” presentato oggi a Venezia e che terrà il suo primo convegno sabato prossimo alla presenza del cardinale Scola e del ministro dell’Istruzione Fioroni. Una delle prime in Italia, mossa dall’invito dei vescovi italiani, l’agenzia veneziana nasce da un’esigenza reale: permettere una crescita qualitativa dell’offerta propria della scuola cattolica nella prospettiva di un coordinamento tra famiglie, scuole e corpi intermedi della società civile con compito educativo. Sullo sfondo, infatti, resta aperto la provocazione continua che viene dal mondo dell’istruzione alle scuole cattoliche. “Siete capaci di proposte competitive? Siete capaci di una proposta seria, non solo di offerta formativa ma anche di stile educativo?”. E tale agenzia, con i suoi servizi molto concreti, dalla promozione alla gestione del personale, ha di mira questa: l’unità costitutiva del giovane e l’importanza di una formazione culturale e spirituale dei docenti e dei discenti, in una sintesi tra fede e vita. (Da Venezia per la Radio Vaticana, Maria Laura Conte)

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    Debutta questa sera a Parigi uno spettacolo di Robert Hossein sulla vita di Giovanni Paolo II

    ◊   Uno spettacolo violento, disperato, per credenti e non. Così il regista ed attore Robert Hossein definisce la sua ultima opera, “Giovanni Paolo II – Non abbiate paura”, in scena da questa sera al Palais de Sport di Parigi. “Studiando la vita e l’opera di Giovanni Paolo II - dice il regista - mi sono convinto del fatto che, per il suo carisma, la forza della sua fede, il suo credere fermamente in Dio e negli uomini e la sua strenua difesa della libertà nel mondo, sia stato uno dei personaggi più importanti del nostro tempo”. Convertitosi al cattolicesimo solo in età adulta, Hossein ricorda sempre con commozione il suo incontro con Papa Wojtyla, avvenuto grazie al cardinal Lustiger: “La prima volta che ci siamo parlati mi ha detto ‘Anche io sono stato un attore’ – ha raccontato a Le Figaro – Un uomo benedetto, profondo, doloroso, un uomo di fede e di preghiera, un uomo che comprendeva il dubbio”. L’opera è stata scritta da Alain Decaux, autore dei testi dei maggiori successi di Hossein, con la consulenza del giornalista Bernard Lecomte e di mons. Jean Michel di Falco. A dare il volto a Giovanni Paolo II negli anni della maturità è Marc Cassot. Le 33 scene dello spettacolo, che coinvolge un centinaio di attori, ripercorrono con la voce narrante del cardinale e camerlengo Jean-Marie Villot, tutta la vita del Pontefice. A partire dall’attentato del 1981. “Guerra, nazismo, antisemitismo, comunismo: ha vissuto tutto – dice l’ottantenne Hossein – Questo è stato lo spettacolo più difficile della mia vita”. (V.F.)

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    24 Ore nel Mondo



    In Afghanistan, la NATO ammette l'uccisione di civili in un raid aereo contro i talebani - Myanmar: prosegue la marcia dei monaci buddisti contro la giunta militare

    ◊   La NATO al centro delle critiche per il raid di mercoledì, in Afghanistan, nel quale hanno perso la vita sei civili, in maggioranza donne e bambini. L’operazione, avvenuta nella provincia di Helmand, secondo fonti dell’Alleanza Atlantica, era diretta contro i talebani. Intanto, cresce il numero delle perdite tra i militari dell’ISAF: un soldato francese è morto in seguito ad un attentato kamikaze avvenuto alla periferia ovest di Kabul. L’esplosione ha investito anche un autobus carico di passeggeri, sei sono rimasti feriti. Il presidente francese, Nicolas Sarkozy, facendo le condoglianze alla famiglia del militare, ha ribadito che Parigi è intenzionata a proseguire nella lotta al terrorismo. Anche l’Olanda è in lutto per l’uccisione di un militare che ha perso la vita nell’attacco contro il suo convoglio, nella provincia dell’Uruzgan.

    - Ondata di violenza anche in Iraq. Due collaboratori dell’Ayatollah Ali al Sistani, leader spirituale degli sciiti, sono stati uccisi in due differenti episodi avvenuti a Bassora e a Diwaniya. Un soldato statunitense è rimasto vittima di un attentato a Baghdad e sempre nella capitale irachena hanno ripreso le loro attività le guardie di sicurezza privata della “Blackwater”. Domenica scorsa, alcuni dipendenti della società americana avevano ucciso 9 civili durante un servizio di scorta al personale diplomatico Usa. Sulla vicenda è ancora in corso un’indagine congiunta del governo statunitense e iracheno.

    - Stato di allerta ai valichi con i Territori Palestinesi in occasione della festa ebraica del Kippur. Stamani, alcuni colpi di mortaio sparati dalla Striscia di Gaza sono esplosi nel Neghev, senza provocare vittime. Ingente l’impiego di forze militari intorno a Gerusalemme dove sono attesi i fedeli ebrei per pregare al Muro del Pianto e quelli musulmani per i riti del Ramadan nella Spianata delle Moschee. Particolare attenzione sulle alture del Golan perché si teme un’operazione da parte dell’aviazione siriana, in risposta all’attacco aereo denunciato da Damasco all’inizio del mese.

    - Torna la paura in Algeria. In un attentato avvenuto a Lakhdaria, nell’est del Paese, nove persone sono rimaste ferite. Si tratta di due francesi, un italiano e sei algerini, tra questi cinque sono gendarmi. Gli stranieri, che lavorano nel Paese, sono stati raggiunti dall’esplosione di una bomba al passaggio della loro auto. Erano scortati da una vettura della polizia, anch’essa coinvolta nella deflagrazione. Le ambasciate di Francia e Italia non hanno confermato l’accaduto.

    - Proseguono le proteste dei monaci buddisti in Myanmar, ex Birmania. Stamani circa 1500 religiosi hanno marciato a Yangoon in segno di protesta contro il governo che ha improvvisamente aumentato i prezzi degli alimenti e del carburante. Piena solidarietà è stata espressa dalla popolazione locale; almeno 1500 persone hanno seguito il corteo dei monaci mentre all’esercito è stato imposto di non intervenire. Nei templi buddisti si sta inoltre attuando il boicottaggio delle elemosine versate dai militari e dai loro familiari. Il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, vista la crescente tensione, ha chiesto al segretario generale dell’ONU, Ban Ki-moon, di inviare nel Paese asiatico il consigliere speciale, Ibrahim Gambari. Inoltre l’associazione Reporter senza frontiere ha denunciato numerose violazioni contro i giornalisti del Paese che, nell’arco di quest’ultimo mese, sono stati sottoposti ad intercettazioni telefoniche ed interrogatori.

    - All’indomani della convocazione delle elezioni presidenziali, fissate per il 6 ottobre prossimo, il presidente pakistano Musharaff ha proposto una serie di nomi ai vertici militari per il comando delle forze armate. Un incarico che il capo dello Stato si è impegnato a lasciare se dovesse essere rieletto. Già alcuni mesi fa, la Corte suprema di Islamabad aveva intrapreso un braccio di ferro con Musharaff perché considerava incompatibili le due cariche. Lo stesso presidente ha cambiato i vertici dei servizi segreti dopo le minacce di al Qaeda; alla guida è stato scelto un suo fedelissimo: Nadeem Taj. Ad Islamabad, intanto, continua la battaglia legale dell’opposizione che intende impedire la nuova candidatura del presidente pachistano: oltre 1.000 attivisti hanno protestato davanti alla sede della Corte Suprema.

    - Alle elezioni legislative, in programma il 21 ottobre in Polonia prenderà parte anche l’imprenditore Lukasz Foltyn soprannominato “Il Bill Gates polacco”. A soli 33 anni ha fondato una società informatica, inventando un programma per parlare su internet. Foltyn parteciperà come capolista del Partito dei contadini (Psl).

    - Manovre all’intero dei partiti si registrano in Grecia, dopo le elezioni politiche di domenica scorsa. Il Pasok, il Partito socialista panellenico, uscito sconfitto dalle consultazioni, ha deciso la convocazione della Conferenza nazionale il prossimo 3 e 4 novembre mentre l’elezione del nuovo presidente del partito è stata fissata per l’11 dello stesso mese. Gli analisti ritengono difficile la riconferma di George Papandreou, attualmente a capo del Pasok.

    - Continua senza sosta la corsa dell’euro sul dollaro. All’apertura dei mercati finanziari la moneta unica europea ha fatto segnare un nuovo record storico toccando la soglia di 1,41 con un picco a 1,4120. La divisa statunitense continua dunque a perdere terreno nonostante il taglio dei tassi, martedì scorso, di ben 50 punti deciso dalla FED, Federal Riserve.

    - Guai in Europa per la Spagna. Secondo una valutazione preliminare della Commissione Europea, Madrid avrebbe violato le norme comunitarie sulle fusioni imponendo le sue condizioni a Enel ed Endesa per la loro proposta di acquisto riguardo Endesa.

    - Nessuna marcia indietro del governo turco rispetto all’accordo con l’Iran sulle forniture di gas naturale. Lo ha precisato lo stesso premier Erdogan smentendo le notizie di stampa che parlavano di pressioni americane per far fallire l’intesa. Erdogan è negli Stati Uniti per partecipare all’Assemblea generale dell’ONU e, secondo alcune fonti, il presidente americano Bush gli avrebbe negato un incontro alla Casa Bianca.

    - Paura negli Stati Uniti per il ferimento di due studenti nel campus dell'università di stato del Delaware. Uno di loro è in gravi condizioni. La polizia sta cercando un uomo armato che ha sparato contro i due giovani. Gli studenti sono stati invitati alla massima prudenza: chi è all’interno del campus è invitato a restare al sicuro fino a quando l’allarme non cesserà.

    - Si contano i danni in Corea del Nord dopo le inondazioni causate dal passaggio del tifone Wipha: almeno 500 strutture ospedaliere sono rimaste colpite e grandi quantità di medicinali sono andate perse. Si teme anche per il diffondersi di epidemie. Solo lo scorso mese, nel Paese altre inondazioni avevano provocato 600 vittime tra morti e feriti. (Panoramica internazionale a cura di Benedetta Capelli)


    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LI No. 264

     
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