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SOMMARIO del 17/09/2007
Un uomo che visse di speranza, testimoniandola con umiltà: Benedetto XVI ha ricordato il cardinale vietnamita, Van Thuân, a cinque anni dalla scomparsa. Presto l'avvio della Causa di beatificazione
◊ Testimone della speranza. Un appellativo divenuto con gli anni quasi un secondo nome. E con queste parole anche Benedetto XVI ha voluto ricordare questa mattina, a Castel Gandolfo, il cardinale vietnamita, Xavier Nguyên Van Thuân, a cinque anni dalla morte. “Un singolare profeta della speranza cristiana”, lo ha definito il Papa, tornando per qualche istante ai drammi fisici e morali che costellarono l’esistenza del porporato, rinchiuso per 13 anni in carcere per ordine delle autorità comuniste del Paese. E presto, verrà avviata anche la Causa di beatificazione, la cui postulatrice è l’avvocato Silvia Monica Correale, prima donna ad essere incaricata dalla Santa Sede per svolgere tale incarico. I particolari, nel servizio di Alessandro De Carolis.
Francois-Xavier Ngueyen Van Thuân era un uomo che “viveva di speranza”. Essa fu per lui “l’energia spirituale” che gli permise di essere più forte della brutalità di chi tentò di piegarlo e ne rimase invece affascinato e convertito. Che lo rese un uomo di luce anche nel buio della cella che lo ospitò per 108 mesi: nove anni in isolamento, senza nessun’altra compagnia che la sua fede riaffermata ogni giorno da Messe clandestine, con tre gocce di vino e una d’acqua consacrate nel palmo di una mano, con una rozza crocetta di legno tenuta al collo da un filo elettrico intrecciato, mai smessa nemmeno da cardinale. “E’ questa la testimonianza di fede che ci ha lasciato questo eroico pastore”, ha affermato con affetto Benedetto XVI, nell’udienza concessa ai membri del Pontificio Consiglio Giustizia e Pace, alla cui guida l’allora presule vietnamita era stato chiamato da Giovanni Paolo II, nel 1998:
“Come dimenticare gli spiccati tratti della sua semplice ed immediata cordialità? Come non porre in luce la capacità che egli aveva di dialogare e di farsi prossimo di tutti? Lo ricordiamo con tanta ammirazione, mentre ci tornano in mente le grandi visioni, colme di speranza, che lo animavano e che egli sapeva proporre in modo facile e avvincente”.
Il nome del cardinale Van Thuân è stato dato all’Osservatorio internazionale, istituito per promuovere la dottrina sociale della Chiesa a livello internazionale. E questa, ha ricordato Benedetto XVI, fu un’attività nella quale il porporato scomparso nel settembre 2002 si adoperò con fervore, avvertendo un particolare “anelito per l’evangelizzazione nel suo Continente, l’Asia”, senza che ciò condizionasse la “capacità che aveva di coordinare le attività di carità e di promozione umana” nei posti “più reconditi della terra”:
“Il Cardinale Van Thuân era un uomo di speranza, viveva di speranza e la diffondeva tra tutti coloro che incontrava. Fu grazie a quest’energia spirituale che resistette a tutte le difficoltà fisiche e morali. La speranza lo sostenne come Vescovo isolato per 13 anni dalla sua comunità diocesana; la speranza lo aiutò a intravedere nell’assurdità degli eventi capitatigli - non fu mai processato durante la sua lunga detenzione - un disegno provvidenziale di Dio”.
Il Papa ha concluso l’udienza confessando di avere “accolto con intima gioia” la notizia del prossimo avvio della Causa di beatificazione riguardante, ha detto, “questo singolare profeta della speranza cristiana”. “Preghiamo - ha concluso - perché il suo esempio sia per noi di valido insegnamento”.
Nel Duemila, Giovanni Paolo II - che nel Concistoro dell’anno dopo gli consegnerà la berretta cardinalizia - aveva invitato l’allora arcivescovo Van Thuân a predicare gli esercizi spirituali della Quaresima davanti alla Curia Romana. Per una settimana, i fatti salienti della sua dolorosa e straordinaria prigionia diventarono materia di commossa riflessione sul valore della fede sorretta da una incrollabile speranza nell’aiuto di Dio. Valore che traspare anche in questa intervista che il porporato rilasciò a Fabio Colagrande poco tempo dopo gli attentati dell’11 settembre, in vista dell’incontro interreligioso di Assisi, convocato da Papa Wojtyla per il gennaio 2002. Riascoltiamo le parole del cardinale Van Thuân:
R. - Davanti a queste tragedie nazionali ed internazionali, vediamo che ci sono tre punti molto importanti: la giustizia, la responsabilità – soprattutto degli educatori e dei governanti – e terzo, la conversione dei cuori. Perché senza la conversione dei cuori, senza la preghiera non c’è umiltà per ascoltare e quando non percorriamo questa strada, c’è soltanto potere, denaro, armi. Dividere con tutti gli altri la nostra gioia, la gioia della speranza: la nostra speranza è già nel nostro cuore, perché Gesù è venuto con noi. La salvezza è certa: basta andare all’incontro con Gesù!
D. - La speranza, quindi, è il messaggio che la Chiesa dà all’uomo in questo momento di oscurità…
R. - E’ la grande sfida dell’umanità! Molti perdono la speranza se non vedono un punto di riferimento che è Gesù, che è la nostra vera ed unica speranza!
D. - E lei non ha mai perso la speranza nei giorni della prigionia?
R. - Io ho avuto momenti veramente difficili, la tentazione della vendetta, la tentazione della disperazione… ma nel momento più critico, nell’abisso della mia miseria, della mia debolezza umana, in quel momento il Signore mi ha teso la mano e la speranza è ritornata, come la luce dopo la pioggia.
Messaggio del Papa al Simposio intercristiano di Tinos, a 1600 anni dalla morte di San Giovanni Crisostomo
◊ Posticipati di un giorno a causa delle elezioni politiche, sono iniziati questa mattina a Tinos, capoluogo dell’omonima isola greca, i lavori del X Simposio intercristiano organizzato dall’Istituto francescano di spiritualità della Pontificia Università “Antonianum” di Roma, in collaborazione con la fFcoltà teologica dell’Università “Aristotele” di Tessalonica. Il tema di questo anno, “San Giovanni Crisostomo, ponte tra Oriente ed Occidente”, è stato imposto dalla ricorrenza del 16.mo centenario della morte del Santo, venerato tanto dalla Chiesa orientale che da quella occidentale per la sua illuminata predicazione della Parola di Dio e il contributo dato alla formazione della liturgia. Benedetto XVI, nel messaggio che ha inviato al cardinale Walter Kasper, presidente del Pontificio Consiglio per la promozione dell’unità dei cristiani, ha definito il Simposio una provvida iniziativa che si inserisce autorevolmente tra quelle che contribuiscono "a sostenere e corroborare la comunione vera, pur se imperfetta, esistente tra cattolici ed ortodossi, sì che si possa giungere a quella pienezza, che ci permetterà di concelebrare, un giorno, l’unica Eucaristia. Ed è proprio a quel giorno - rileva il Papa - che guardiamo tutti con speranza". Identica fiducia hanno espresso sia il Patriarca Ecumenico Bartolomeo I, che mons. Dorotèos, metropolita di Syros, Samos e Andros, nonché l’arcivescovo di Atene Christodoulos, e mons. Nikólaos Printesis, vescovo di Naxos e Tinos. Il preside dell’Istituto di spiritualità, padre Paolo Martinelli, ha sottolineato che i simposi intercristiani non hanno la pretesa di raggiungere intese su aspetti dottrinali ma sono un tentativo per favorire la reciproca conoscenza tra tradizione orientale ed occidentale. Che di questo tentativo si siano fatti promotori i due atenei, uno cattolico e l’altro ortodosso, sempre secondo Benedetto XVI, è oltremodo significativo perché oltre a contribuire a tenere alta l’attenzione verso l’auspicata comunione fra tutti i cristiani, realizza quanto aveva previsto il Vaticano II là dove dice che "dalla formazione dei sacerdoti dipende sommamente la formazione spirituale dei fedeli e dei religiosi". I lavori del Simposio, che continueranno fino a mercoledì 19, si tengono accanto al più famoso santuario mariano della Grecia: il santuario dell’Annunciazione a Tinos, ritenuto una piccola Lourdes del mondo ortodosso. (Da Tinos, per la Radio Vaticana, padre Egidio Picucci)
Dal Papa i vescovi del Benin in visita ad Limina: tra le urgenze di questo Paese tra i più poveri dell’Africa occidentale, la lotta alla corruzione
◊ Sono iniziate oggi le udienze del Papa ai vescovi del Benin, in visita ad Limina. Tra i presuli ricevuti stamane, nel Palazzo apostolico di Castel Gandolfo, mons. Antoine Ganyé, vescovo di Dassa-Zoumé, presidente della Conferenza episcopale del Benin Il servizio di Roberta Gisotti.
Liberare la politica dalla corruzione dilagante è tra le principali sfide sociali per la Chiesa del Benin, cosi come anticipato anche dal vescovo Ganyé, in un intervista venerdi scorso alla Radio Vaticana. Altra sfida centrale è contrastare la diffusione delle sette in forte crescita, ben 650 nel Paese africano, tra i più poveri ed arretrati dell’Africa occidentale, con una speranza di vita media di soli 51 anni. Il Benin vive oggi un'ulteriore crisi economica, indotta dai processi di globalizzazione e dalla caduta dei prezzi nei mercati regionali, che hanno annullato una buona crescita media del 5 per cento negli ultimi anni.
Paese incuneato tra la Nigeria ed il Togo, grande un terzo dell’Italia, già colonia francese, indipendente dal 1960, contrassegnato da turbolenze politiche; cambia il vecchio nome di Dahomey, in Benin nel 1975, sotto il regime d’ispirazione marxista, instaurato 3 anni prima dal maggiore Kérékou, alla guida del Paese fino al 1990; poi l’apertura al multipartismo ed il varo di una nuova Costituzione portano alla presidenza il leader d’opposizione, Soglo. Il che non mette al riparo il Paese da aspri scontri, tra il nuovo e vecchio presidente Kérékou, che torna a fare il capo dello Stato nel 2001. Quindi lo scorso anno l’elezione del presidente Boni, rafforzato dalla vittoria della sua coalizione alle politiche di quest’anno.
Un Paese non facile da governare abitato da una quarantina di gruppi etnici diversi, per il 65 per cento di religioni tradizionali-animiste, per un 10 per cento islamici e per il 23 per cento cattolici, suddivisi in 10 diocesi. Tra le priorità pastorali della Chiesa in Benin: un maggiore e responsabile coinvolgimento del laicato, soprattutto per la formazione di autentiche famiglie cristiane, capaci di onorare i valori sacramentali del matrimonio, in opposizione alla poligamia, retaggio di antiche tradizioni ancora fortemente radicate nella società; e ancora la promozione delle vocazioni e l’educazione dei giovani, e non meno importante il dialogo interreligioso, in un contesto dove i cristiani sono minoritari. Una Chiesa povera di strutture e risorse umane quella del Benin che sta puntando in particolare allo sviluppo dei media per l’evangelizzazione, specie la Radio, tenuto conto che il 60 per cento della popolazione è analfabeta. Nel ’98 l’apertura della prima emittente nazionale cattolica “Radio Immacolata Concezione”, che dal 2000 via satellite trasmette in tutta l’Africa, l’Europa e il Medio Oriente. C’è poi la rivista “La Croix du Benin”, che quest’anno ha festeggiato 60 anni.
I vescovi del Benin tornano in Vaticano dopo l’ultima visita ad Limina, nel giugno del 2001, quando Giovanni Paolo II che per due volte nell’82 ed ’83 aveva visitato il Paese africano, li aveva esortati ad uno spirito di autentica e profonda comunione per rispondere alle tante attese dei loro fratelli.
Altre udienze
◊ Il Santo Padre ha ricevuto questa mattina in udienza, nel Palazzo Apostolico di Castel Gandolfo, anche il cardinale Walter Kasper, presidente del Pontificio Consiglio per la Promozione dell’Unità dei Cristiani.
Nella Cattedrale di Bordeaux, la Beatificazione della clarissa Marie Céline de la Présentation: è diventata grande perchè è stata piccola
◊ Ieri pomeriggio, nella Cattedrale di Bordeaux, il cardinale Josè Saraiva Martins, prefetto della Congregazione dei Santi, ha presieduto la cerimonia di Beatificazione della Serva di Dio Marie Céline de la Présentation. Al rito hanno partecipato il cardinale Jean-Pierre Ricard, arcivescovo di Bordeaux e presidente dell’Episcopato francese e mons. Michel Mouïsse, vescovo di Périgueux. Il servizio di Valentina Fizzotti.
“Nel suo essere piccola, la Beata Marie Céline de la Présentation è divenuta grande agli occhi di Dio, ed oggi si manifesta a tutti il risultato del suo totale abbandono all’amore del Padre”. La piccola Serva di Dio, la clarissa morta appena diciannovenne nel 1897, è stata innalzata ieri all’onore degli altari nella cattedrale di Bordeaux. Il cardinale Josè Saraiva Martins, che ha presieduto la cerimonia di Beatificazione come rappresentante del Santo Padre, ha ricordato la figlia della Chiesa di Bordeaux, che, vivendo nella povertà, ha saputo raggiungere le vette della santità. Possiamo definire la Beata Marie Céline “piccola”, ha detto il cardinale, soprattutto perché ella ha scelto di essere “Sorella Povera di Santa Chiara”, e dunque piccola nel senso indicato da Gesù nel Vangelo di Luca, quando parla di un mistero nascosto ai dotti e ai sapienti ma rivelato ai più piccoli. “La Chiesa di Bordeaux” – ha detto il cardinale – ora “ha ufficialmente una nuova amica vicina a Dio”. Attraverso la Beatificazione della piccola clarissa, la Chiesa ci offre anche un esempio di fedeltà senza cedimenti al Vangelo delle Beatitudini ed un modello semplice ed imitabile di vita cristiana, adatto a ciascuno di noi.
Il cardinale Bertone a Varsavia per i 100 anni della Basilica del Sacro Cuore
◊ I battezzati, “pietre vive” dell’“edificio spirituale della Chiesa”: così, il cardinale segretario di Stato, Tarcisio Bertone, che ieri sera a Varsavia, in Polonia, ha presieduto la recita dei Vespri, in occasione dei 100 anni di consacrazione della Basilica del Sacro Cuore e dei 75 anni di presenza dei Salesiani nella città. Nella mattinata – lo ricordiamo – il porporato aveva presieduto a Licheń, a nome del Papa, la cerimonia di Beatificazione del fondatore della Congregazione dei Padri Mariani, il Servo di Dio Stanislao di Gesù Maria, al secolo Giovanni Papczyński. Il servizio di Roberta Moretti:
Il mistero della Chiesa come “edificio spirituale”, di cui i battezzati sono le “pietre vive”, è stato al centro della riflessione del cardinale Bertone per il centenario della Basilica del Sacro Cuore. Per essere “edificante” – ha spiegato il porporato – “la pietra dev’essere anzitutto solida, ben tagliata”. Il cristiano, cioè, ha bisogno di una “formazione spirituale permanente”. In secondo luogo, “la pietra deve adattarsi bene con le altre”. “Questo – ha precisato il segretario di Stato vaticano – ci chiama a verificare la nostra capacità e disponibilità a collaborare” per la “costruzione del tempio vivo che è la comunità cristiana”. Riferendosi poi ai 75 anni di presenza dei Salesiani a Varsavia, il cardinale Bertone, “figlio di Don Bosco”, ha ricordato l’impegno della Congregazione a favore dei giovani, che – ha notato – “soffrono molto il cammino nel deserto della società contemporanea”. Un’opera, quella dei Salesiani, “posta sotto il segno del Sacro Cuore di Gesù, quasi a ricordare che i giovani occupano un posto particolare nel cuore del Signore”. Infine, il riferimento all’importanza della devozione mariana nella vita e nella missione dei figli di Don Bosco. Una centralità, quella di Maria nella Chiesa, incarnata dal “Totus tuus” di Giovanni Paolo II, “Pontefice venuto dalla Polonia”. “Alla luce del suo magistero, e più ancora della sua testimonianza – ha concluso il porporato – è ormai chiaro ed evidente a tutti nella Chiesa che la devozione mariana non è un’appendice, una decorazione, ma ne fa parte integrante, perché intrinsecamente unita al mistero di Cristo e della Chiesa, secondo gli insegnamenti del Concilio Vaticano II”.
Il cardinale Rodé in Polonia per la Beatificazione del Servo di Dio Stanislao di Gesù Maria: come lui, “vivere un’identificazione totale con Cristo”
◊ “L’essere e l’esistenza del cristiano devono essere unificati attorno al loro nucleo centrale: l’adesione a Cristo Gesù”. Così, il cardinale Franc Rodé, prefetto della Congregazione per gli Istituti di vita consacrata e le Società di vita apostolica, che ieri a Licheń, in Polonia, ha guidato le Lodi mattutine prima della Santa Messa di Beatificazione del fondatore dei Padri Mariani, il Servo di Dio Stanislao di Gesù Maria, al secolo Giovanni Papczyński, presieduta dal cardinale segretario di Stato, Tarcisio Bertone. Il servizio di Roberta Moretti:
“Vivere un’identificazione totale con Cristo”, seguendo l’esempio di Giovanni Papczyński, “padre dei poveri e difensore degli ultimi”. Questo, l’invito del cardinale Rodé. “Viviamo in un’epoca – ha affermato il porporato – in cui le domande e le incertezze sono sempre più numerose; gli uomini e le donne del nostro tempo sembrano aver perduto ogni punto fermo, ma Cristo continua a chiamare ciascuno a essere conforme alla Sua immagine”. “Soprattutto noi consacrati – ha aggiunto il porporato – dobbiamo evitare lo scarto, diffuso oggi, che fa sì che la fede non passi nella vita e che la vita faccia a meno della fede”. Quindi, l’invito ai consacrati a essere “segni” del Signore nel mondo, ad “alzarsi e seguirLo”, come scriveva Papczyński ai suoi religiosi. “Alziamoci e seguiamolo” – ha concluso il cardinale Rodé – “mantenendoci fedeli e disponibili alla sua opera in noi, con la preghiera, la conoscenza delle Scritture, l’incontro eucaristico e il Sacramento della Riconciliazione, la vita fraterna in fraternità, la prontezza nell’obbedienza, il coraggio nella povertà e il coraggio nella verginità feconda”.
Oggi su "L'Osservatore Romano"
◊ Servizio vaticano – “La Misericordia di Dio è più forte di ogni male; solo nella Croce di Cristo si trova la salvezza del mondo”: all’Angelus Benedetto XVI ricorda l’amato predecessore che, dopo i tragici avvenimenti dell’11 settembre 2001, invitò gli uomini di buona volontà ad affidarsi all’amore del Padre.
Servizio estero - In evidenza la sciagura aerea in Thailandia.
Servizio culturale - Un articolo dell’inviato Marcello Filotei dal titolo “Una coinvolgente apertura a mondi musicali diversi”: si è concluso il ciclo di Aldo Bennici alla guida della Sagra Musicale Umbra.
Servizio italiano - In rilievo il tema dei conti pubblici.
Un anno fa a Mogadiscio l'assassinio di suor Leonella Sgorbati
◊ Un anno fa veniva uccisa a Mogadiscio, insieme alla sua guardia del corpo, suor Leonella Sgorbati. La missionaria aveva istituito e gestiva una scuola di infermieri presso l’ospedale pediatrico della città e in punto di morte invocò il perdono per i suoi assassini. Benedetto XVI parlando del suo martirio la definì “serva dell’amore" e “artigiana di pace”. Oggi la Santa Messa di suffragio celebrata dal vicario diocesano padre Sisto Caccia nella Cattedrale di Piacenza, terra d’origine di suor Leonella. E le sue consorelle, Missionarie della Consolata, si sono raccolte in preghiera a Nazaret, villaggio keniota nei pressi di Nairobi dove suor Leonella è sepolta. Silvia Gusmano ha raggiunto telefonicamente una di loro, suor Maria Bernarda Roncacci:
R. – Suor Leonella era un tipo molto gioioso, una persona molto vivace, amava il bello, amava tutti e quindi io la ricordo così: con quel suo entusiasmo ... perché abbiamo fatto anche il noviziato insieme, quindi siamo state anche insieme appena entrate nell’Istituto. E poi era tutta donata agli altri!
D. – Quanto avete lavorato insieme, in Somalia?
R. – Quattro anni: io ero in Somalia dal 1978 e lei è arrivata gli ultimi quattro anni. Era venuta in Somalia per aiutare noi, perché avevamo bisogno di una persona che si dedicasse a preparare infermieri.
D. – Cosa è cambiato in un anno laggiù, dalla scomparsa di suor Leonella? In che condizioni vivete ed operate voi missionarie?
R. – Lì in Somalia non siamo ancora rientrate, perché è molto rischioso, è molto pericoloso. Abbiamo dei contatti, collaboriamo da Nairobi, ogni tanto viene qualche nostra collaboratrice e quindi lavoriamo un po’ da lontano, li seguiamo, li sosteniamo e la gente ci aspetta però ci dice anche di aspettare ancora un poco perché è molto rischioso.
D. – E la scuola di infermieri che era gestita da suor Leonella, a Mogadiscio?
R. – Va ancora avanti e abbiamo cercato un insegnante somalo che è molto bravo e sta andando avanti.
D. – E non sapete quando sarà possibile per voi rientrare a Mogadiscio?
R. – In questo momento non sappiamo, siamo in attesa. Ci dicono: aspettate ancora un poco, questo poco non sappiamo ... Siamo un po’ in esilio, diciamo. Specialmente per la gente di Mogadiscio con cui abbiamo vissuto 30 anni insieme, per cui ci sentiamo in famiglia con loro e siamo con il cuore lì perché sappiamo la loro sofferenza in questo momento, che è tanta.
D. – In che consiste la vostra attività missionaria in Kenya?
R. – Siamo qui a Nairobi, aiutiamo le sorelle in queste varie missioni che abbiamo qui in Kenya. Aiutiamo dove c’è bisogno: nella pastorale, nei vari servizi che ci sono ...
D. – Un’ultima parola su suor Leonella: qual è l’eredità che ha lasciato al mondo cristiano e a voi missionarie?
R. – Il perdono. L’ha detto lei stessa, nel testamento: perdono, perdono, perdono! E questo ha inciso molto in molte persone perché ho sentito molte testimonianze e questo lei lo viveva, questo perdono: non è stata una parola dell’ultimo momento, ma è stata di tutta la sua vita. Perché a lei piaceva, questa armonia: quando c’era qualcosa che non andava, lei era capace di saper subito perdonare e rimettersi subto in armonia con Dio e con il prossimo. Quindi, aveva questa caratteristica proprio bella ...
Evangelizzare via internet: inizia in Honduras la Riunione continentale della Rete Informatica della Chiesa in America Latina
◊ Inizia oggi a Tegucigalpa, in Honduras, la X Riunione continentale della RIIAL, la Rete Informatica della Chiesa in America Latina, alla presenza del nuovo presidente del Pontificio Consiglio delle Comunicazioni Sociali, l’arcivescovo Claudio Maria Celli. L’incontro ha l'obiettivo di rendere più efficace la presenza evangelizzatrice della Chiesa nella cultura digitale, alla luce della “Missione Continentale” avviata dalla Conferenza di Aparecida. Ma quali sono i progetti della RIIAL? Giovanni Peduto lo ha chiesto alla dott.ssa Leticia Soberón Mainero, responsabile dell'organismo in seno al Pontificio Consiglio delle Comunicazioni Sociali:
R. – La RIIAL spera di poter offrire un aiuto sempre più capillare per l’attuazione dell’integrazione digitale e quindi coinvolgendo tutti coloro che sono esclusi dal dialogo e dalla cultura, ma spera di riuscire sempre più opportunamente a contribuire all’evangelizzazione proprio attraverso l’utilizzo di questi media.
D. - Quali sono le sfide della “Rete”?
R. – Noi dobbiamo affrontare un cambiamento molto importante. Non si tratta soltanto di un cambiamento istituzionale, perché abbiamo un nuovo presidente del Pontificio Consiglio delle Comunicazioni Sociali ed anche nuovi incarichi all’interno del CELAM, ma si tratta di un grande cambiamento relativo alla sfida missionaria che ci ha lanciato il documento di Aparecida ed anche il cambiamento tecnologico, che è molto significativo, e che noi chiamiamo "web 2.0".
D. - Dopo Aparecida è iniziata la “Missione Continentale” in America Latina: come comunicare il Vangelo in questa società che si sta rapidamente secolarizzando e dove la sfida delle sette si fa sempre più urgente?
R. – E’ importante capire che ci sono molti linguaggi e molti modi per dialogare e che nessuno deve essere abbandonato. C’è il linguaggio diretto che è fondamentale ed essenziale nella Chiesa, che si dà nelle comunità vive, direttamente – diciamo così - non virtualmente; c’è poi il linguaggio dei media convenzionali, quindi la radio e la televisione, ma c’è anche il linguaggio di queste nuove forme di comunicazione. La Chiesa deve essere presente in tutti questi linguaggi per portare Cristo e soprattutto deve utilizzare il linguaggio opportuno a seconda di coloro che ricevono la sua parola. Oggi è emersa una massa di giovani che parlano un altro linguaggio, che non è quello testuale: questi giovani devono essere raggiunti laddove sono e nelle loro categorie di pensiero, perché possano ricevere il messaggio di Gesù Cristo.
D. - Cosa si può fare di più perché il Vangelo sia presente in modo più efficace in internet?
R. – Ci sono molti modi, sia attraverso il web e quindi normalmente attraverso i siti informativi, sia anche attraverso i siti di preghiera che ci sono e che hanno un successo enorme. La gente cerca spiritualità, ma anche formazione, formazione teologica e biblica. Il CELAM ha lanciato un centro biblico, che ha una enorme eco nella Chiesa latinoamericana. Ci sono veramente molti modi. Adesso c’è una sorta di mosaico, molto colorato e variegato, in cui ogni iniziativa deve essere inserita nel contesto globale della Chiesa ed incoraggiata, seguendo quelle che sono le particolarità di ciascuna.
A Bose il Convegno ecumenico internazionale sul tema della Trasfigurazione: messaggi di Bartolomeo I, Alessio II, Samuel Kobia e il cardinale Kasper
◊ Si è aperto ieri, presso il Monastero di Bose, in Piemonte, la XV edizione del Convegno ecumenico internazionale organizzato con il patrocinio del Patriarcato Ecumenico di Costantinopoli e del Patriarcato di Mosca. Tema di quest'anno: "Il Cristo trasfigurato nella tradizione spirituale ortodossa". Messaggi augurali sono stati inviati da Bartolomeo I e Alessio II che hanno sottolineato come la Trasfigurazione sia al centro della spiritualità ortodossa. Il Patriarca Ecumenico di Costantinopoli ha rilevato che "se vogliamo camminare sulle tracce dei tre discepoli del Tabor dobbiamo seguire anche le orme del Maestro sul Golgota". Il Patriarca di Mosca e di tutte le Russie ha sottolineato che "nell'ortodossia il tema della Trasfigurazione e l'idea ad essa legata della divinizzazione, vale a dire la trasfigurazioine dell'essere umano" rileva " il mistero divino di ciò che sono chiamati a diventare l'uomo e il mondo attorno a noi". Ha inviato il suo saluto anche il segretario generale del Consiglio Ecumenico delle Chiese, Samuel Kobia, che ha affermato che "il movimento ecumenico deve dare un'importanza particolare a una spiritualità centrata sulla vita". Da parte sua il cardinale Walter Kasper, presidente del Pontificio Consiglio per la promozione dell'unità dei cristiani, ha ricordato nel suo messaggio al convegno che in campo ecumenico occorre "avere pazienza" e "vivere costantemente il sacrificio dell'unità". In questo senso "sbaglia - ha detto il porporato - chi ritiene invalicabile la porta della comunione". Ma sotto quali auspici si svolge questo ormai tradizionale convegno? Giovanni Peduto lo ha chiesto al priore della Comunità di Bose, Enzo Bianchi:
R. - Il desiderio che questi convegni manifestano è di un grande dialogo, di un confronto in profondità, nella spiritualità tra le diverse Chiese. Quest’anno il tema della trasfigurazione sarà affrontato dalla spiritualità orientale, soprattutto bizantina e russa, ma anche dalla spiritualità cattolica. E’ un tema molto presente, soprattutto all’interno della spiritualità e della vita monastica delle Chiese d’Oriente e d’Occidente. Il confronto sarà proprio alle radici della spiritualità.
D. - Cattolici e ortodossi sono sempre più vicini…
R. - Per molti aspetti sì, perché ci conosciamo sempre di più, perché ormai la spiritualità ci unisce. Noi coniughiamo la spiritualità degli uni con quella degli altri e senza perdere quelle che sono le caratteristiche di ciascuna, all’interno di questo confronto e dialogo profondo, si fa un cammino insieme, un cammino di conversione, un cammino di vera vita cristiana. Quindi, certamente ci si unisce di più, perché ci si avvicina di più a Cristo, che è la fonte della nostra comunione.
D. - Cosa stanno imparando gli uni dagli altri cattolici e ortodossi?
R. - Certamente, non solo dalla spiritualità che ormai è un movimento quasi di mezzo secolo che avviene perché, come diceva Giovanni Paolo II, davvero impariamo a respirare con due polmoni la vita cristiana; ma anche a livello ecclesiale, a livello ecclesiologico, il confronto continua e dà dei segni di un cammino da percorrere che non solo è un cammino che porta a una maggiore comunione tra le Chiese, ma rinforza le Chiese nella loro identità e di conseguenza le rende più vicine al messaggio di Cristo.
D. - Com’è vista la Trasfigurazione di Cristo nella tradizione spirituale ortodossa?
R. - E’ il centro della spiritualità per il mondo ortodosso, il cammino del cristiano è un cammino di divinizzazione in cui le energie della Trasfigurazione lavorano nella vita del cristiano e di giorno in giorno trasformano il suo volto, trasformano addirittura il suo corpo di miseria in un corpo di gloria. La Trasfigurazione non è nient’altro che le energie dello spirito Santo in opera oggi sul corpo della Chiesa nella vita del cristiano, come lo è stato nella vita di Cristo.
D. - Si è appena conclusa la III Assemblea ecumenica di Sibiu: come ripartono i cristiani da questo importante evento?
R. - Io ero presente, ho partecipato a Sibiu con una relazione sulla spiritualità, proprio sul cammino della spiritualità. Credo che oggi siamo convinti che c’è un lungo cammino da fare, non solo di confronto ma di impegno. Più noi ci convertiremo a Cristo, più ci sentiremo vicini gli uni agli altri.
Oltre 1000 le vittime delle inondazioni nell’Asia meridionale: Bangladesh e India nord orientale, i Paesi maggiormente colpiti
◊ Emergenza maltempo nell’Asia meridionale: Bangladesh e India nord orientale, i Paesi maggiormente colpiti. Negli ultimi 2 giorni, 23 vittime si sono aggiunte alle altre 1019 già accertate dall’inizio del mese di luglio. I 144 mila chilometri quadrati del territorio bangladese, sono per un terzo allagati. Oltre 2,5 milioni di persone hanno abbandonato le proprie case. Ben 800 mila ettari di raccolti sono andati distrutti. Non è migliore la situazione nello Stato dell’Assam, nell’India orientale. Le piogge torrenziali hanno coinvolto oltre un terzo della popolazione: di questi 3,5 milioni di persone sono addirittura senza casa. Sono almeno 50 le persone rimaste uccise, ma vittime si registrano anche nel vicino Stato del Manipur. (B.B.)
Solidarietà verso i poveri e impegno per la pace in Terra Santa: i 40 anni della Caritas di Gerusalemme
◊ Operare nell’educazione, nella sanità, nel sostegno alle famiglie bisognose; impegnarsi attivamente per la riconciliazione e la pace in Terrasanta: sono stati questi i due binari principali dei primi 40 anni di vita della Caritas di Gerusalemme, che ieri ha festeggiato con diverse iniziative il 40° anniversario di fondazione. Nella Città Santa per le tre religioni vi sono stati eventi di carattere culturale per ricordare gli impegni e le realizzazioni concrete della Caritas di Gerusalemme, a partire dalla sua nascita, in uno dei momenti più tesi della storia del Medio Oriente: il 1967, anno della “guerra dei sei giorni”. Inoltre i responsabili della Caritas hanno presentato i progetti in corso e quelli in via di realizzazione, che toccano il settore abitativo (garantire case agli sfollati), sanitario (apertura di centri socio-sanitari nelle zone di maggiore povertà), educazione (sostegno a scuole e formazione di bambini e ragazzi), sociale (iniziative di riconciliazione fra i popoli israeliano e palestinese). In occasione dell’anniversario, la Caritas di Gerusalemme ha rinnovato il suo appello per la pace, condizione basilare perché tutti i servizi sociali possano funzionare al meglio e per riportare i popoli israeliano e palestinese a una dignitosa condizioni di benessere. “La pace è possibile - si afferma - se tutti gli uomini di buona volontà rifiutano la violenza e preferiscono gettare ponti piuttosto che costruire barriere”. Insieme con la Chiesa locale ed i Vescovi della Terra Santa, la Caritas chiede: la fine della violenza; una reale sicurezza per palestinesi e israeliani; la costituzione di uno stato palestinese, internazionalmente riconosciuto; la soluzione del problema dei rifugiati; una distribuzione equa delle risorse, specialmente dell’acqua; il rispetto delle risoluzioni dell’Onu per la Terra Santa”. (R.P.)
I Francescani in Kazakistan per ridonare il sorriso e la dignità ai bambini abbandonati, orfani e disabili
◊ Restituire il sorriso e la dignità ai bambini abbandonati, disabili e orfani: è l’obiettivo della missione in Kazakistan del frate francescano padre Guido Trezzani. “È quasi terminata la costruzione della casa di accoglienza a Talgar, iniziata nella seconda metà di giugno”, racconta padre Trezzani, all’agenzia Fides. Già nel 1996, un gruppo di volontari iniziò ad occuparsi dei bambini ospitati in un orfanotrofio della capitale Almaty. Due gli obiettivi: offrire ai bambini un ambiente che colmasse il vuoto dell'assenza di una famiglia e dare loro un'educazione e una formazione professionale che li preparasse alla vita. “Fa piacere notare come sta entrando nella mentalità di alcuni che è possibile prendere parte ad un’opera di solidarietà, senza bisogno di gesti o scelte eroiche. - racconta il missionario - E’ il caso di alcune educatrici che hanno dedicato alla costruzione della casa di accoglienza un po’ del loro tempo”. Nel 1998, grazie a un accordo con il ministero dell'Istruzione kazaka, padre Trezzani ottenne l’affido di alcuni bambini fino al raggiungimento della maggior età. Si mise, dunque, alla ricerca di un luogo che permettesse l'accoglienza dei nuovi bambini. Nella cittadina di Talgar, trovò una ex colonia estiva del periodo sovietico. Lì nel 2000 nacque il villaggio dell’Arca, nel quale oggi vivono circa 40 mila persone. (B.B.)
Rapporto mostra le conseguenze negative a livello socio-economico, della disgregazione familiare negli Stati Uniti
◊ Il matrimonio continua il suo declino negli Stati Uniti, portando con sé numerose conseguenze negative per gli individui e la società. È questa una delle conclusioni di un recente studio del National Marriage Report dell’Università statale Rutgers del New Jersey, che ha pubblicato il suo volume annuale “The State of Our Unions: The Social Health of Marriage in America 2007”. Gli autori dello studio ripreso dall’Agenzia Zenit, sono due docenti universitari, ben noti per i loro approfondimenti sulle questioni inerenti la famiglia e il matrimonio: David Popenoe e Barbara Dafoe Whitehead. Dalla loro ricerca risulta che negli Stati Uniti dal 1970 al 2005 vi è stato un calo di quasi il 50% nel numero dei matrimoni celebrati ogni anno, per ogni 1000 donne non sposate. Una parte significativa di questo declino è semplicemente dovuto alla tendenza a rimandare il matrimonio ad un’età più avanzata. Inoltre, un numero sempre maggiore di persone semplicemente non si sposa a causa della diffusione della convivenza e della diminuzione del numero dei divorziati disposti a risposarsi. Il rapporto confuta anche una serie di luoghi comuni utilizzati per argomentare contro la famiglia. Il primo di questi miti è che la convivenza precedente al matrimonio sarebbe utile per capire se il partner è la persona giusta, evitando così di sposarsi rischiando poi di dover divorziare. “Di fatto, molteplici elementi indicano che coloro che convivono prima di sposarsi risultano essere quelli poi più propensi a separarsi dopo il matrimonio”, osserva lo studio. Il rapporto rivela anche un crescente divario sociale nell’ambito del matrimonio. Negli ultimi decenni, l’istituto del matrimonio si è rafforzato tra la popolazione che vanta un grado di istruzione di livello superiore. Secondo lo studio condotto dai due docenti universitari, oltre alle conseguenze di natura personale, il declino del matrimonio e della famiglia, negli ultimi decenni, ha procurato un grave impatto economico. “Le coppie sposate creano generalmente un patrimonio maggiore rispetto alle persone single o alle coppie conviventi”, perchè vivono in modo più sobrio, rispetto ai single, e risparmiano e investono di più nel futuro. L’aumento dei divorzi risulta aver prodotto anche un maggior grado di ineguaglianza e di povertà e sia il divorzio, che la procreazione al di fuori del matrimonio, aumentano la povertà infantile. Il divorzio implica anche maggiori costi per il bilancio pubblico, derivanti dai maggiori servizi assistenziali e dalla maggiore delinquenza minorile causata dalla disgregazione familiare; l’aumento delle famiglie con un solo genitore infatti, genera pesanti conseguenze per i figli. Il prof. Popenoe sostiene che per porre rimedio al declino del matrimonio e della famiglia sarebbe necessaria una trasformazione culturale guidata dalla religione. Con il passare degli anni, precisa il prof. Popenoe, gli Stati Uniti e gli altri Paesi sono diventati sempre più secolarizzati e individualistici, soprattutto tra la popolazione più giovane. (R.P.)
Supermulta dell'UE alla Microsoft per abuso di posizione dominante
◊ La Corte europea ha confermato la maggior parte delle decisioni dell’Antitrust contro Microsoft, respingendo l’appello presentato dalla azienda statunitense. E' stata quindi confermata la sentenza del 27 marzo 2004 che aveva comminato una multa di 497 milioni di euro alla società americana per “abuso di posizione dominante”. Secondo l’accusa, Microsoft non ha condiviso con i concorrenti la documentazione tecnica necessaria a garantire l’interoperabilità del proprio sistema Windows con gli altri programmi. L’assenza di tale interoperabilità, secondo i giudici, “ha l’effetto di rafforzare la posizione concorrenziale di Microsoft sul mercato e rischia di eliminare la concorrenza”. Sono poi state respinte le argomentazioni dei periti di Microsoft secondo cui la documentazione tecnica richiesta non è stata diffusa perché coperta dai diritti di proprietà intellettuale. Il colosso statunitense è anche accusato di concorrenza sleale per aver inserito il programma Windows Media Player nel sistema Windows 2000. Adesso la Microsoft può presentare un appello alla Corte di Giustizia entro due mesi dalla notifica della sentenza. (A cura di Amedeo Lomonaco)
Riflettere sulle prospettive della pastorale universitaria in Europa: è l’obiettivo dell’incontro annuale della CCEE
◊ “Riflettere sulle prospettive della pastorale universitaria in Europa”: questo l’obiettivo dell’incontro annuale dei responsabili di pastorale universitaria delle Conferenze Episcopali del continente. La riunione, in programma a Zagabria dal 21 al 23 settembre, è promossa dalla Commissione catechesi e dall’università del Consiglio delle Conferenze episcopali d’Europa (CCEE). L’iniziativa, coordinata da mons. Lorenzo Lezzi responsabile dell’ufficio per la Pastorale Universitaria della diocesi di Roma, prevede l’approfondimento di alcuni temi: il cammino dei docenti universitari, l’incontro europeo degli studenti universitari 2009 e la formazione dei cappellani universitari. Come riferisce l’agenzia Sir, i lavori saranno aperti dal vescovo Marek Jedraszewski vicepresidente della Commissione del CCEE. Il convegno si svolge a pochi mesi dall’incontro europeo dei docenti universitari, svoltosi a Roma dal 21 al 14 giugno scorso, al quale hanno partecipato oltre 3mila docenti. (B.B.)
Da oggi al 22 settembre il seminario internazionale organizzato dall’Ordine dei Carmelitani Scalzi, in Bosnia-Erzegovina
◊ “L’esperienza di Dio oggi e la mistica carmelitana: mistagogia e approccio religioso-culturale” è il titolo del seminario internazionale organizzato dall’Ordine dei Carmelitani Scalzi, in programma a Zidine, in Bosnia-Erzegovina, fino al 22 settembre. Il convegno propone l’esperienza mistica carmelitana, nell’odierno dibattito teologico e culturale tra gli obiettivi: rispondere alle sfide lanciate da diverse aree culturali e proporre proposte per il futuro. Già nel 2003 l’Ordine dei Carmelitani scalzi organizzò nei pressi di Wurzburg, in Germania, il Congresso Internazionale sulla mistica. Furono oltre 200 i partecipanti. In quell’occasione si tentò di definire il concetto mistico e si sottolineò l’universalità della chiamata cristiana alla vita mistica. (B.B.)
C’è bisogno di un’etica che guidi i rapporti tra le parti coinvolte: così mons. Dal Ferro, al termine del 50.mo convegno sul commercio internazionale
◊ “La solidarietà come unica risposta all’interdipendenza, affinché il mondo non sia determinato dalla sola logica di mercato”. Così mons. Giuseppe Dal Ferro, direttore dell’Istituto Rezzara di Vicenza, al termine del 40.mo convegno sul commercio internazionale. “Si tratta di una realtà complessa che vede di fronte persone con sviluppo diverso. –sottolinea mons. dal ferro - Da qui, il bisogno di regole comuni che favoriscano un progresso umano solidale con strutture socio-economiche rispettose di tutti”. Come riferisce l’agenzia Sir, mons. Del Ferro delinea le priorità su cui deve concentrarsi l’attenzione: il problema della internazionalizzazione da preferire alla delocalizzazione delle imprese, la salvaguardia dell’ambiente dallo sfruttamento dei popoli ricchi e la messa a bando del commercio delle armi.(B.B.)
La brasiliana suor Maria Antonieta Bruscato rieletta Superiora generale delle Figlie di San Paolo
◊ Le Figlie di San Paolo hanno scelto per un altro mandato di sei anni come Superiora generale Maria Antonieta Bruscato, rieletta sabato scorso ad Ariccia, dove si sta celebrando il Capitolo Generale di questo Istituto femminile. Maria Antonieta Bruscato è nata il 2 maggio 1938 nel sud del Brasile. E’ laureata in Filosofia, Teologia e Spiritualità. E’ consultore del Pontificio Consiglio per le Comunicazioni Sociali (nominata da Benedetto XVI). La religiosa paolina, riporta l'Agenzia Zenit, ha vissuto in Brasile, Italia e Colombia ed ha avuto responsabilità nella formazione, nel governo e nella direzione apostolica. Tra gli altri incarichi, è stata direttrice del SAL, il Segretariato Interamericano di Apostolato. Il IX Capitolo Generale delle Figlie di San Paolo ha per tema “Scelte e amate da Cristo Gesù per comunicare la Parola a tutti”, come Paolo. Vi partecipano 71 Paoline dei cinque continenti. La Congregazione religiosa si dedica all’evangelizzazione nella cultura della comunicazione. Le Figlie di San Paolo, fondate dal Beato Giacomo Alberione nel 1915 con la collaborazione della venerabile Tecla Merlo, hanno attualmente nel mondo 2490 membri, con 261 giovani in formazione. (R.P.)
Al via giovedì prossimo il 55.mo Festival internazionale del cinema di San Sebastian, in Spagna
◊ E’ stata presentata ufficialmente la 55.ma edizione del Festival internazionale di cinema di San Sebastian, che prenderà il via il 20 settembre. Inaugurato nel 1953, quattro anni dopo ha ottenuto il suo inserimento nella categoria internazionale, a carattere competitivo. I premi principali portano come nome e simbolo la conchiglia (in spagnolo concha), nome con il quale è conosciuta la baia e la spiaggia della città. Con la “Concha” d’ oro o d’argento vengono premiati: un film, un regista, la migliore attrice e il migliore attore. Sono due i premi della giuria: alla fotografia e alla sceneggiatura. Alla decisione della giuria anche la concessione di un premio speciale. Molti tra i più grandi personaggi della cinematografia mondiale sono stati insigniti con una onorificenza speciale che porta il nome in basco della città “Donostia”. Per l’ edizione di quest’anno sono stati scelti Liv Ullmann e Richard Gere. Sono 18 le produzioni cinematografiche inedite che aspirano ai premi nella sezione ufficiale. La giuria, composta da sette persone, sarà presieduta dallo scrittore e cineasta statunitense Paul Auster. Altre tre giurie sono state designate per le diverse sezioni del Festival. E’ previsto anche un premio SIGNIS (Associazione Cattolica Mondiale per la Comunicazione) per i film di produzione latinoamericana. Tutta la città di San Sebastian, vive intensamente le giornate del Festival con numerose manifestazioni, esibizioni e mostre riguardanti il mondo del cinema. Le dieci giornate del Festival si concluderanno il 29 settembre, con la proclamazione dei vincitori. (A cura di Ignazio Arregui)
Crescono i timori di un intervento militare contro l’Iran - In Grecia, il centrodestra resta al potere senza una vittoria elettorale netta
◊ Si apre oggi, a Vienna, la 51.ma Conferenza generale dell'Agenzia internazionale dell’energia atomica (AIEA), incentrata sul programma nucleare iraniano. La nuova sessione di lavoro si apre poco dopo inquietanti dichiarazioni: il ministro degli Esteri francese, Bernard Kouchner, ha detto infatti che “dobbiamo prepararci al peggio”. “Prepararsi al peggio - ha precisato il ministro - vuol dire prepararsi alla guerra”. Negli Stati Uniti, poi, il capo del Pentagono, Robert Gates, ha ribadito che “tutte le opzioni sono possibili”. Sulla spinosa questione nucleare iraniana, ascoltiamo al microfono di Stefano Leszczynski, il docente di relazioni internazionali alla Cattolica di Milano, Alessandro Colombo.
R. - La situazione è pericolosa, come è ovvio, da diversi mesi. Credo che diventi a maggior ragione pericolosa quanto più si infittisce il labirinto iracheno. L’impressione, con tutta franchezza, è che alcuni Paesi - in modo particolare gli Stati Uniti - abbiano la tentazione di aprire la partita iraniana per rilanciare sulla partita fallita in Iraq.
D. - Questa situazione si viene a creare proprio mentre l’AIEA si riunisce e viene accusata di essere troppo debole nei confronti dell’Iran ...
R. - E’ molto difficile giudicare l’operato dell’AIEA specificamente. Diciamo che questa tensione ricorda quanto in realtà fosse poco eccezionale lo strappo avvenuto all’epoca della guerra contro l’Iraq nel 2003. E non fu, quella, un’occasione eccezionale: c’è una crisi del tessuto multilaterale istituzionale della convivenza internazionale. Tutte le istituzioni internazionali e tutte le istituzioni multilaterali oggi faticano a trattenere la posizione degli Stati principali.
D. - Questa volta, l’Unione Europea stessa potrebbe essere chiamata in ballo: Francia e Germania premono per nuove sanzioni. Sembra che si stia delineando una nuova linea anche all’interno dell’Unione Europea...
R. - Questo è possibile. Bisognerà vedere con il procedere anche del conflitto diplomatico, visto che è presumibile che non tutti i Paesi, compresi alcuni Paesi importanti, assumano una posizione così rigida come quella che è stata paventata ieri dal ministro degli Esteri francese. Qualora il conflitto con l’Iran dovesse diventare anche un conflitto diplomatico con la Russia e la Cina, è possibile che le posizioni anche all’interno dell’Unione Europea si confondano nuovamente.
D. - La guerra è una cosa seria. Eppure, sembra che se ne parli con troppa leggerezza negli ambienti “che contano” della politica internazionale: come mai?
R. - Guardi, io voglio essere molto esplicito. Mi occupo di una disciplina - le relazioni internazionali - nelle quali la principale domanda teorica da alcuni anni a questa parte è: perché le democrazie non si fanno la guerra tra di loro? Io credo che una buona domanda a questo punto sarebbe: perché le democrazie fanno la guerra così spesso agli altri?
- Resta intricata anche la questione nucleare nordcoreana: la Cina ha informato oggi la Corea del Nord che la ripresa dei negoziati a sei sulla disattivazione del programma nucleare nordcoreano è rinviata. Lo ha annunciato una fonte ufficiale cinese. I negoziati si sarebbero dovuti tenere mercoledì a Pechino. La Cina non ha fornito una nuova data per l’inizio delle discussioni.
- Il sud dell’Afghanistan continua ad essere teatro di violenze: almeno quattro agenti della polizia afghana e quattro civili sono rimasti uccisi in seguito ad un attentato suicida compiuto nel distretto di Nadali, nella turbolenta provincia di Helmand.
- In Pakistan, il presidente, Pervez Musharraf, ha dichiarato di essere pronto a lasciare la guida dell’esercito prima della scadenza del suo mandato, prevista per il 15 novembre. Se Musharraf vincerà le elezioni presidenziali, non ancora fissate ma da tenersi entro il 15 ottobre, assumerà da civile la carica di presidente. Si tratta del primo passo verso la riconciliazione con l'ex premier Benazir Bhutto, attualmente in esilio. Il rientro in Pakistan della Bhutto è previsto per il 18 ottobre.
- Si aggrava il bilancio dell’incidente aereo avvenuto ieri a Phuket, in Thailandia: è salito a 91 il numero dei morti, dei quali 55 stranieri. A bordo c’erano 123 passeggeri e 7 membri dell’equipaggio. Secondo le prime ricostruzioni, l’aereo della compagnia thailandese "One two go" si sarebbe spezzato nell’atterraggio in più parti prendendo fuoco. Sono state ritrovate le scatole nere ed è stata avviata l’inchiesta.
- Continua la sfiducia dei clienti verso la banca Northern Rock: il titolo dell’istituto di credito britannico, quinto erogatore di mutui del Regno Unito, ha perso circa il 30 per cento. La vulnerabilità finanziaria dell’istituto è stata scatenata dalla recente crisi dei mutui americani. I correntisti, non rassicurati dalle autorità che hanno garantito la tenuta dell'istituto, hanno intanto nuovamente preso d'assalto le filiali per ritirare i propri risparmi. Una situazione preoccupante che ha spinto il ministro delle Finanze britanniche, Alistair Darling, a lanciare un nuovo appello alla calma. Il ministro ha anche assicurato che un intervento della Banca centrale per liquidare i conti di chi vorrà.
- In Sierra Leone il nuovo presidente è Ernest Koroma, capo dell'opposizione. Lo ha stabilito la commissione elettorale nazionale. Koroma ha vinto con il 54,6 per cento dei voti il ballottaggio con il vicepresidente uscente, Solomon Berewa, che ha ottenuto il 45,4 delle preferenze. Il ballottaggio si è tenuto lo scorso 8 settembre. "Nonostante il recente passato fatto di guerre e violenze - ha detto all'Agenzia Fides il missionario Saveriano, padre Gerardo Caglioni - la popolazione accoglierà il risultato delle urne in modo pacifico”.
- In Grecia, il primo ministro conservatore, Costas Karamanlis, ha proclamato nella notte la vittoria con il 41,8 per cento di consensi del suo partito "Nuova Democrazia" alle elezioni politiche svoltesi ieri. Segue lo schieramento socialista Pasok, con il 38,1 delle preferenze. Sull’esito di queste elezioni ascoltiamo, al microfono di Gabriella Ceraso, l’inviato speciale e editorialista del Corriere della Sera, Antonio Ferrari:
R. - Sintetizzando, si può affermare: si può perdere anche vincendo. Karamanlis, che aveva voluto queste elezioni anticipate contando di vincerle anche con una certa facilità, ha dovuto affrontare l’emergenza degli incendi che hanno ribaltato tutto. E’ vero che alle elezioni il suo schieramento si conferma come primo partito. Ma se andiamo a vedere le percentuali, rispetto alle scorse elezioni, sono più basse sia per Nuova Democrazia sia per il “Pasok”. Significa che è una vittoria in discesa e non in crescita.
D. - Un altro aspetto che emerge è l’ingresso dell’estrema destra in Parlamento. Questo cosa potrebbe comportare?
R. - E’ una grossa novità, perché questo partito di estrema destra è un partito fortemente nazionalista, in un Paese già è pervaso da un certo nazionalismo, che in qualche modo si era cercato di emarginare. Gli incendi di agosto e la devastazione che hanno portato, la stanchezza nei confronti dei partiti tradizionali, le accuse di inefficienza, l’avanzare anche in Grecia di una certa forma di anti-politica, ha portato appunto a concentrare il voto di protesta verso chi è fuori dal potere. Il fatto che in Parlamento entrino i nazionalisti può essere anche un elemento di preoccupazione.
D. – Quali le priorità per questo nuovo Parlamento, soprattutto dopo gli incendi estivi?
R. - Bisognerà vedere innanzitutto com’è la geografia dei seggi. Io credo che con questi numeri la possibilità di fare un governo ci sarà.
- Negli Stati Uniti, il presidente George W. Bush, proporrà il giudice federale, Michael Mukasey, come successore del dimissionario ministro della Giustizia, Alberto Gonzales. Lo afferma il Washington Post che cita fonti informate. Il capo della Casa Bianca dovrebbe annunciare in giornata la sua decisione. La nomina del nuovo guardasigilli dovrà essere approvata dal Senato, controllato dalla maggioranza democratica. (Panoramica internazionale a cura di Amedeo Lomonaco)
Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LI No. 260
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