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SOMMARIO del 14/09/2007
Il Papa riceve il presidente del Sudan El-Bashir: al centro del colloquio le nuove speranze per il Darfur, il rispetto dei diritti umani e la libertà religiosa
◊ Questa mattina Benedetto XVI ha ricevuto in udienza nella residenza estiva di Castelgandolfo, il presidente del Sudan Omar Hassan Ahmed El-Bashir, accompagnato da una folta delegazione composta dal ministro degli Esteri, da quello per gli Affari religiosi, da altri quattro ministri e da alcuni membri del Parlamento. Omar El-Bashir ha avuto un colloquio anche con il segretario per i Rapporti con gli Stati mons. Dominique Mamberti che prima di ricoprire questo incarico era stato nunzio apostolico in Sudan. L’udienza si è svolta in un clima “molto rispettoso” ha commentato il direttore della Sala Stampa vaticana, padre Federico Lombardi. Il servizio di Roberto Piermarini.
Al centro dei colloqui tra il Papa ed il presidente Omar El-Beshir alla presenza di un interprete arabo e durati circa 25 minuti, la situazione politica e religiosa in Sudan, con particolare riferimento all’Accordo di Pace ed alla situazione nel Darfur. A questo riguardo è stata commentata molto positivamente la convocazione dei nuovi negoziati di pace per il Darfur il 27 ottobre prossimo in Libia, la cui riuscita è nei vivi auspici della Santa Sede, affinché si possa porre fine alle sofferenze ed all’insicurezza di quelle popolazioni, assicurando loro l’assistenza umanitaria a cui hanno diritto e si avviino progetti di sviluppo. Non è mancato un accenno all’aspetto regionale della crisi. Benedetto XVI ed il presidente sudanese hanno poi affrontato altri temi di interesse comune come la difesa della vita e della famiglia, il rispetto e la promozione dei diritti umani, come quello fondamentale della libertà religiosa, l’importanza del dialogo interreligioso e della collaborazione tra i credenti di tutte le religioni, in particolare cristiani e musulmani, per la promozione della pace e del bene comune. In questo contesto – si legge nel comunicato della Santa Sede – si è ribadito il ruolo ed il contributo positivo della Chiesa cattolica e delle sue istituzioni nella vita della società sudanese, specialmente nel campo educativo. Al termine dell’udienza lo scambio dei doni: una medaglia del Pontificato da parte di Benedetto XVI mentre il presidente sudanese ha donato al Pontefice una tavola alta un metro raffigurante l’Arcangelo San Michele, riproduzione di un dipinto rinvenuto da una spedizione archeologica polacca in una chiesa cristiana del X secolo a Faras, nel nord-Sudan.
In una conferenza stampa a Palazzo Chigi al termine del colloquio con il premier italiano Romano Prodi incontrato prima dell’udienza del Papa, il presidente Omar El-Bashir si era detto pronto a siglare un cessate il fuoco con i ribelli del Darfur all’inizio dei prossimi colloqui di pace di Tripoli del 27 ottobre.
Da oggi in vigore il Motu Proprio di Benedetto XVI sull’uso del Messale del 1962: il commento del teologo don Nicola Bux
◊ Nell’odierna Solennità dell’Esaltazione della Santa Croce, entra in vigore il Motu Proprio Summorum Pontificum di Benedetto XVI, che liberalizza l’uso del Messale Romano del 1962. Animato da spirito di “riconciliazione”, come il Papa stesso ha sottolineato in una lettera ai vescovi di tutto il mondo, il Motu Proprio è stato accompagnato da timori e preoccupazioni. Anzi, come il Santo Padre stesso ha rilevato, “notizie e giudizi fatti senza sufficiente informazione hanno creato non poca confusione”. Alessandro Gisotti ha rivolto al teologo don Nicola Bux, consultore della Congregazione per la Dottrina della Fede, alcuni quesiti proprio sui punti oggetto di maggiore confusione da parte dei mass media:
D. – Qualcuno sostiene che con il Motu Proprio Summorum Pontificum si torna indietro rispetto al Concilio Vaticano II. E’ vero?
R. – L’ultima cosa che il Papa potrebbe desiderare è di usare la sua autorità per bandire un rito, quello che dal Concilio Vaticano II ad oggi ha segnato la vita di due generazioni di cattolici. Quindi, è assolutamente differente dall’imposizione di una riforma fabbricata da esperti. Credo che poi gli orientali ortodossi lo capiscano bene e non a caso - mi sembra - che il miglior assist al Motu Proprio è arrivato dal Patriarca di Mosca, con la motivazione che “ogni recupero della tradizione liturgica va salutato positivamente ed avvicina fra loro i cristiani”. Per chi conosce Benedetto XVI, mai egli abuserebbe dell’autorità per raggiungere uno scopo apparentemente buono, tanta é profonda la conoscenza che egli ha dell’intimo rapporto tra Liturgia e vita dei fedeli.
D. – Ma, poi, questo Messale è stato mai abrogato?
R. – Questo Messale si è presunto che si sia stato abrogato dal Vaticano II, ma non è assolutamente così, perché – come diceva il cardinale Newman – nel corso della sua storia la Chiesa non ha mai abolito o proibito forme ortodosse di Liturgia, perché ciò sarebbe estraneo allo spirito stesso della Chiesa.
D. – Si dice da più parti: “No al ritorno al latino, una lingua morta, che i fedeli non comprendono”. Ma il latino è ancora la lingua ufficiale della Chiesa...
R. – L’importanza della lingua latina nella Liturgia va vista proprio all’interno dell’inevitabile – direi – riferimento ad una lingua certamente classica, ma - nello stesso tempo - strumento di unità. Un po’ come avviene per gli ortodossi con la lingua greca o la lingua slava: essi continuano infatti ad usarla ordinariamente nella Liturgia per i testi e per i canti, accanto naturalmente alla lingua parlata. Penso che non ci debba essere alcun problema in merito.
D. – Per qualcuno, con questa liberalizzazione del Messale di Pio V c’è il rischio che si formino delle Chiese parallele. E’ davvero così?
R. – E’ noto che la questione della Liturgia sia al centro dei pensieri del Papa, già da quando era teologo e cardinale e, quindi, per lui rappresenta un po’ il centro di qualsiasi rinnovamento della Chiesa, anche perché da sempre è fonte di conversione e di cambiamento di tanta gente, di ogni lingua e nazione. L’esempio celebre è quello di Agostino e la Liturgia di Ambrogio. Per questo il Motu Proprio, che permette un uso più ampio della Liturgia, ha avuto una lunga gestazione, come è noto. Stiano, quindi, tranquilli: nessuno obbligherà chicchessia a celebrarla, ma è ben triste che persone che passano per liberali e tolleranti si scandalizzino di un atto che allarga gli spazi di libertà. E’ noto che il Papa con questo atto liberale ha lanciato un grande segnale di riconciliazione. Non ha abolito il nuovo rito per dire “si usi l’antico”, ma ha messo accanto anche questo rito.
D. – Il Motu Proprio rimette ai sacerdoti la decisione di accogliere le richieste dei fedeli aderenti alla precedente tradizione liturgica. Per questo qualcuno ha affermato che il vescovo viene ridotto a notaio. E’ così?
R. – Chiunque conosce le premesse dei Libri Liturgici sa che la Santa Sede – e, quindi, il vescovo di Roma - ha una prerogativa ultima nella regolamentazione della Liturgia. Come è noto il grande rischio negli ultimi decenni è che ciascuno si faccia la propria Liturgia, mentre invece ci deve essere una fondamentale unità della Liturgia Romana, pur nelle differenziazioni. Credo che questo lo possa garantire soltanto il vescovo di Roma, che è il principio visibile dell’unità della Chiesa, come dice la Lumen Gentium.
D. – Per qualcuno il Summorum Pontificum è la dimostrazione del tradizionalismo di Benedetto XVI. Ma non era stato già Giovanni Paolo II, nel 1988, a promulgare un Motu Proprio sull’uso del Messale del 1962?
R. – Bisogna fidarsi di Benedetto XVI. Egli porterà pian piano la saggezza dell’immaginazione cattolica nella vita liturgica della Chiesa odierna. E questo perché egli comprende bene quanto la creatività e la genialità non siano ostili alla tradizione, ma ne facciano parte come linfa dello Spirito Santo. Non è un tradizionalista reazionario il Papa, ma nemmeno un opportunista liberale. E’ un saggio amministratore, che sa estrarre cose nuove e cose antiche, come dice Gesù nel Vangelo.
Altre udienze e nomine
◊ Il Santo Padre ha ricevuto questa mattina in udienza, nel Palazzo Apostolico di Castel Gandolfo, anche il cardinale Nasrallah Pierre Sfeir, patriarca di Antiochia dei Maroniti (Libano); il cardinale Zenon Grocholewski, prefetto della Congregazione per l’Educazione Cattolica (dei Seminari e degli Istituti di Studi); il cardinale James Francis Stafford, penitenziere maggiore.
In Irlanda, il Santo Padre ha accettato la rinuncia al governo pastorale della diocesi di Ossory presentata da mons. Laurence Forristal, per raggiunti limiti di età. Il Papa ha nominato vescovo di Ossory padre Séamus Freeman, della "Società dell’Apostolato Cattolico", finora parroco della chiesa di S. Vincenzo Pallotti, a Pietralata, nella diocesi di Roma. Padre Séamus Freeman è nato a Mullinahone, Tipperary, nella diocesi di Cashel and Emly (Irlanda), il 23 febbraio 1944. E' entrato nella Società dell'Apostolato Cattolico (Pallottini) a Thurles ed emesso la sua prima professione nel 1965. Ha svolto gli studi di Filosofia all'University College di Dublin (UCD) e quelli di teologia presso il St. Patrick’s College di Thurles. E' stato ordinato sacerdote il 12 giugno 1971. Dopo l'ordinazione è stato inviato all'Università Cattolica di Washington per studi di specializzazione in Psicologia, che ha concluso con la Licenza dopo una pausa di due anni come segretario personale del rettore generale dei Pallottini a Roma. Nel 1975 è diventato rettore della Chiesa di San Silvestro in Capite a Roma, rivestendo contemporaneamente l'incarico di membro del Consiglio Provinciale della provincia irlandese del suo Istituto.Nel settembre del 1981 è stato richiamato in Irlanda come rettore e direttore di Formazione del Pallottine College di Thurles. Nel 1989 è stato nominato vicario generale dei Pallottini e, nel 1992 è stato eletto rettore generale della Società, incarico che gli è stato rinnovato per un secondo mandato nel 1998. Durante questo periodo ha partecipato in qualità di uditore al Sinodo dei Vescovi del 1994 ed ha visto riconoscere dalla Santa Sede, come "Associazione di Fedeli Pubblica e Internazionale", l' "Unione dell'Apostolato Cattolico". Concluso il suo mandato di rettore generale, dal 2004 ricopriva l'incarico di parroco della Chiesa di S. Vincenzo Pallotti a Pietralata a Roma.
E' moralmente obbligatoria la somministrazione di acqua e cibo ai pazienti in stato vegetativo, anche permanente: lo afferma la Congregazione per la Dottrina della Fede. La riflessione di mons. Elio Sgreccia
◊ Somministrare acqua e cibo a pazienti che versano nel cosiddetto “stato vegetativo” è moralmente obbligatorio e ciò non può essere interrotto, almeno in linea di principio, anche quando questo stato si prolunghi fino ad essere definito dal punto di vista medico “permanente”. Sono i due concetti essenziali ribaditi in un documento approvato da Benedetto XVI e reso noto oggi dalla Congregazione per la Dottrina della fede, in risposta a quesiti sollevati in passato dai vescovi degli Stati Uniti. I particolari nel servizio di Alessandro De Carolis:
C’è un magistero lungo 50 anni dietro le due risposte ad altrettanti quesiti pubblicate dal dicastero della Dottrina della Fede sul modo di accudire i pazienti in “stato vegetativo”. Un magistero che parte dai primi pronunciamenti in merito di Pio XII, che nel novembre del 1957, ad un Congresso di Anestesiologia, si soffermò sui principi etici generali riguardanti l’assistenza alle persone colpite da malattia grave e sui mezzi giudicati necessari per preservare la salute e la vita. E molto, durante il suo lungo Pontificato, fece anche Giovanni Paolo II, specialmente con un discorso rivolto nel 2004 ad un Congresso internazionale dedicato a questo tema. In sostanza, rispondendo alle domande presentate nel luglio di due anni fa dal presidente della Conferenza episcopale statunitense, mons. William S. Skylstad, il documento della Dottrina della Fede riafferma, sulla scorta di tutto il precedente magistero, che la somministrazione di acqua e cibo, anche per vie artificiali, è in linea di principio un mezzo “ordinario e proporzionato” di conservazione della vita per i pazienti in stato vegetativo, “nella misura in cui e fino a quando - si legge - dimostra di raggiungere la sua finalità propria, che consiste nel procurare l’idratazione e il nutrimento del paziente”. Inoltre, il documento sancisce che tale mezzo ordinario di sostegno vitale va assicurato anche a coloro che versano nello “stato vegetativo permanente”: anzitutto perché si tratta di persone che mantengono intatta la loro dignità umana, e poi perché - viene specificato in una nota di commento al testo normativo - il termine di “stato vegetativo permanente” è convenzionale e dunque non si riferisce alle reali possibilità di ripresa del malato.
Inoltre, nell’affermare che la somministrazione di cibo e acqua è moralmente obbligatoria “in linea di principio”, la Congregazione della Dottrina della Fede - si legge ancora nella nota di commento - “non esclude che in qualche regione molto isolata o di estrema povertà l’alimentazione e l’idratazione artificiali possano non essere fisicamente possibili”. Ciò però, si asserisce subito dopo, non fa cadere “l’obbligo di offrire le cure minimali disponibili e di procurarsi, se possibile, i mezzi necessari per un adeguato sostegno vitale”. Non si esclude neppure che, per complicazioni sopraggiunte, il paziente possa non riuscire ad assimilare il cibo e i liquidi, diventando così del tutto inutile la loro somministrazione. Infine, conclude la nota, “non si scarta assolutamente la possibilità che in qualche raro caso l’alimentazione e l’idratazione artificiali possano comportare per il paziente un’eccessiva gravosità o un rilevante disagio fisico legato, per esempio, a complicanze nell’uso di ausili strumentali”.
Nutrire e idratare un malato in stato vegetativo è dunque un atto di naturale umanità e non un “atto medico”. Su questa distinzione, e sulla possibilità che un’omissione di aiuto possa configurarsi come eutanasia, Alessandro De Carolis ha sentito il presidente della Pontificia Accademia per la Vita, il vescovo Elio Sgreccia:
R. - Il documento del 1980 sull’eutanasia, quando si tratta di interventi terapeutici diretti a rimuovere un fatto acuto di malattia, parla di “proporzionalità” e “sproporzionalità” dei mezzi, e inoltre parla anche di “carattere ordinario” o “straordinario” per quanto riguarda le possibilità del paziente di affrontarli. Ma queste distinzioni si riferiscono agli interventi terapeutici. Oltre ad essi, accanto al letto del malato e per il malato, si deve praticare l’assistenza, cioè il sostegno vitale, il superamento del dolore. Non sono, questi, interventi diretti a guarire il paziente, perché il paziente nel caso dello stato vegetativo permanente non sempre guarisce. Si tratta, invece, di assisterlo con le “cure ordinarie”, ovvero quelle cure alle quali qualsiasi uomo ha diritto: il bambino appena nato, noi che siamo adulti, che lavoriamo e abbiamo bisogno di essere nutriti, e anche il morente, che ha il diritto di ricevere queste cure, che sono un diritto di tutti. Non sono, ripeto, interventi terapeutici, ma sono cure. Anche se non sempre servono a guarire, servono sempre a lenire la sofferenza, e nel momento della morte a soffrire di meno. Per questo, c’è l’obbligo di somministrarle fino alla fine. Purché, certo, il paziente sia in grado di riceverle: se il paziente è in uno stato tale che somministrando acqua o cibo questo non viene più ricevuto ciò non è più da considerare acqua e cibo.
D. - Questo documento si pone sul crinale etico che distingue tra il rispetto della inviolabilità della vita umana - visione prettamente cristiana - e quello invece dell’“aiuto a morire”, che il Papa durante il suo recente viaggio in Austria ha definito “in aumento preoccupante”. Qual è il suo pensiero?
R. - Attraverso certe formulazioni di dignità della morte, di aiuto a morire, spesso si nascondono atteggiamenti eutanasiaci. Mai si deve per pietà interrompere una vita che può essere sostenuta. Gli altri interventi - le vere e proprie terapie - vanno somministrati secondo la proporzionalità, secondi dei criteri di ordinarietà: ma mai interrompere volutamente la vita, anche se si prevede che essa durerà poco o si pensa che non si possa fare più niente dal punto di vista terapeutico.
Oggi su "L'Osservatore Romano"
◊ Servizio vaticano - Congregazione per la Dottrina della Fede: risposte a quesiti della Conferenza Episcopale Statunitense circa l'alimentazione e l'idratazione artificiali.
Servizio estero - In evidenza l'Iraq: Bush annuncia il parziale ritiro delle truppe ma sottolinea che l'impegno continuerà oltre la sua presidenza.
Servizio culturale - Per la rubrica "Incontri", Giuseppe Conte intervistato da Francesco Napoli. Il titolo dell'articolo è "La poesia è il cuore di tutto".
Servizio italiano - In rilievo sempre il tema degli incidenti sul lavoro.
La Chiesa celebra la Festa della Santa Croce
◊ La Chiesa celebra oggi la Festa della Santa Croce. Una ricorrenza che ha la sua origine a Gerusalemme, nel 326, quando Sant’Elena, madre dell’imperatore Costantino. ritrovò i resti della Croce di Cristo, nei pressi del Calvario. Il servizio di Sergio Centofanti:
Tutti la maledicono; la Chiesa la esalta. Dice San Paolo: "Noi predichiamo Cristo crocifisso, scandalo per i Giudei, stoltezza per i pagani".“Ma che senso ha esaltare la Croce? – si era chiesto il Papa nell’Angelus del 17 settembre dell’anno scorso - Non è forse scandaloso venerare un patibolo infamante?”:
“I cristiani, però, non esaltano una qualsiasi croce, ma quella Croce che Gesù ha santificato con il suo sacrificio, frutto e testimonianza di immenso amore. Cristo sulla Croce ha versato tutto il suo sangue per liberare l'umanità dalla schiavitù del peccato e della morte. Perciò, da segno di maledizione, la Croce è stata trasformata in segno di benedizione, da simbolo di morte in simbolo per eccellenza dell'Amore che vince l'odio e la violenza e genera la vita immortale. ‘O Crux, ave spes unica! O croce, unica speranza!’. Così canta la liturgia”.
Strettamente collegata alla Festa dell'Esaltazione della Santa Croce è la memoria della Madonna Addolorata, che si celebra domani. Maria è ai piedi della Croce accanto a Gesù morente. “Il suo dolore – dice il Papa - forma un tutt'uno con quello del Figlio”:
“È un dolore pieno di fede e di amore. La Vergine sul Calvario partecipa alla potenza salvifica del dolore di Cristo, congiungendo il suo ‘fiat’, il suo ‘sì’, a quello del Figlio. Cari fratelli e sorelle, spiritualmente uniti alla Madonna Addolorata, rinnoviamo anche noi il nostro ‘sì’ al Dio che ha scelto la via della Croce per salvarci. Si tratta di un grande mistero che è ancora in atto, fino alla fine del mondo, e che chiede anche la nostra collaborazione. Ci aiuti Maria a prendere ogni giorno la nostra croce e a seguire fedelmente Gesù sulla via dell'obbedienza, del sacrificio e dell'amore”.
Dichiarazione ONU non vincolante sulla protezione dei diritti dei popoli autoctoni
◊ 143 voti a favore, quattro contrari e 11 astenuti. Con questa maggioranza schiacciante l’Assemblea Generale dell’Onu ha adottato una dichiarazione non vincolante che mira proteggere i diritti di circa 370 milioni di autoctoni nel mondo. Nel 2003, il Forum permanente sulle questioni indigene dell’ONU aveva pubblicato una serie di raccomandazioni riguardo ai problemi dei popoli nativi nel mondo, tra cui l’adozione di una “dichiarazione sui diritti dei popoli autoctoni”, ancora vittime di espulsioni forzate, sfruttamento, miseria e alcoolismo; dichiarazione che era sul punto di essere approvata nel 2006 dall’Assemblea generale ma che fino a ieri era rimasta lettera morta. Ma quali sono i punti principali del documento? Quali sono i diritti che vengono tutelati? Salvatore Sabatino lo ha chiesto a Luciano Ardesi, segretario nazionale della Lega dei Diritti dei Popoli:
R. – In primo luogo, la dichiarazione assimila i popoli indigeni a qualunque altra comunità umana. Ai popoli indigeni, agli individui di queste comunità si applicano tutti i principi che salvaguardano i diritti individuali proclamati dalle Nazioni Unite, quindi, anche la dichiarazione universale dei diritti dell’uomo. Inoltre, la novità di questa dichiarazione è che vi è affermato un principio fondamentale, quello dell’autodeterminazione. I popoli indigeni possono cioè amministrare le proprie comunità, i propri territori e possono ottenere i mezzi finanziari per mantenere le proprie istituzioni.
D. – Perché c’è stato bisogno di questo documento? Qual era la situazione dei popoli indigeni, fino a quando questo documento poi non è stato approvato?
R. – Da sempre i popoli indigeni sono stati minacciati dall’espansione dell’economia moderna, prima dalla colonizzazione e poi dalla globalizzazione. L’aspetto più diffuso è stato naturalmente la privazione delle terre e dei territori su cui vivevano queste popolazioni per sfruttarne le risorse naturali oppure estendere le vie di comunicazione e le città.
D. – E’ significativo il fatto che i voti contrari provengano da Paesi che hanno o hanno avuto numerose popolazioni indigene, come Stati Uniti, Canada, Australia e Nuova Zelanda...
R. – In questi Paesi vi sono delle comunità indigene molto bene organizzate che, da tempo, peraltro, rivendicano i propri diritti e utilizzano anche le giurisdizioni nazionali per fare causa agli Stati e molto spesso anche ottenere vittorie quantomeno parziali. C’è da dire che essendo questa dichiarazione non obbligatoria per gli Stati è, e sarà anche in futuro, una linea guida per gli Stati e per le comunità indigene, per regolare i propri diritti. Si può sperare che questa dichiarazione serva proprio a regolare questi rapporti sulla base di un reciproco interesse. Voglio ricordare che proprio in questi mesi si dibatte sui problemi del clima. Ebbene, da sempre, le comunità indigene insistono sul proprio ruolo fondamentale nel salvaguardare l’ecologia, per salvaguardare il Creato. Letta in questa maniera, questa dichiarazione può dare anche un grande contributo alla salvaguardia dell’ambiente.
Gli auguri del cardinale Grocholewski agli studenti che hanno iniziato la scuola: cercate il bene e la verità
◊ “Abbiate maggiore senso critico, sappiate discernere ciò che è bene e ciò che è male, imparate a vivere saggiamente attraverso il contatto con Cristo”: è quanto raccomanda il cardinale Zenon Grocholewski, prefetto della Congregazione per l’Educazione Cattolica, a tutti i ragazzi che in questi giorni cominciano il nuovo anno scolastico. Al microfono di Tiziana Campisi ascoltiamo le parole con le quali il porporato si rivolge ai giovani:
R. - Vorrei augurare a tutti i giovani che tornano a scuola che sappiano non soltanto arricchire il loro sapere, la capacità di adoperare diversi mezzi tecnici, ma anche di crescere nella vera saggezza, di avere sempre maggiore senso critico, di saper discernere ciò che è bene da ciò che è male, di accrescere il loro senso di responsabilità di fronte alle loro azioni e di saper sfruttare ciò che imparano a scuola per il bene. Vivere saggiamente costa anche sacrifici, rinunce, dominio delle proprie voglie, dei propri istinti, ma soltanto vivere saggiamente rende persone mature e artefici del vero bene, del vero progresso. Nella formazione della saggezza aiuta enormemente il nostro contatto con il Signore, con Cristo, perciò è importante l’insegnamento della religione. E’ importante la crescita della vostra fede, non dimenticate mai la vostra preghiera: il vostro amico più grande è Cristo, cercate di vivere in contatto con Lui, è Lui che vi ama veramente e vi aiuterà a diventare persone mature, che sanno contribuire al vero bene e a quello degli altri.
D. - Quali valori deve recuperare oggi la scuola?
R. - Si deve soprattutto cercare di amare la verità e cercare la verità. Oggi, molto spesso, osserviamo questo relativismo a proposito della ricerca della verità sulla nostra vita e il nostro destino, così possono prendere il sopravvento diverse demagogie, tendenze a dominare gli altri. Invece, crescere nella verità, amare la verità, significa diventare sempre più liberi. Penso che dobbiamo, già nelle scuole primarie, cercare di innestare nei cuori dei bambini, dei ragazzi, questo amore verso la verità. Per noi cristiani la verità non può mai essere separata da quello che ci ha insegnato Gesù: “Io sono la Via, la Verità e la Vita”.
D. – Gli educatori svolgono un ruolo importante, in che modo devono porsi nei confronti degli studenti?
R. - Un buon educatore è colui che ama i propri allievi. E’ molto importante che gli insegnanti confermino con la propria vita, con il proprio esempio, con il proprio amore, quello che insegnano.
D. - Tanti giovani, in questi mesi, hanno vissuto varie esperienze, settimane di spiritualità, ritiri. Ultimo grande evento l’incontro di Loreto con Benedetto XVI. Belle esperienze: adesso come portarle a scuola e come farne tesoro?
R. - Di estrema importanza è che questa esperienza non sia un evento passato, ma che diventi un evento da vivere nella quotidianità. E’ importante che gli educatori ritornino a parlare con i ragazzi di questa esperienza che hanno vissuto con il Papa o in altre occasioni. Questo deve far maturare la loro personalità anche nel tempo successivo, anche in modo più intenso rispetto al quel determinato momento storico che hanno vissuto.
In Indonesia, la Caritas soccorre le persone colpite dal terremoto
◊ La Caritas indonesiana sta soccorrendo la popolazione di Sumatra colpita in questi giorni dall’eruzione vulcanica e da forti scosse di terremoto. Anche la Caritas Australia ha reso nota la propria disponibilità: “Se le condizioni diventeranno più gravi – ha dichiarato il direttore dell'ente autraliano, Jack de Groot – metteremo a disposizione la nostra competenza e le nostre risorse, umane ed economiche”. Come sottolinea l’Agenzia Fides, dopo un evento sismico ci sono sempre scosse di assestamento capaci di generare nuovi disastri. Intanto le autorità indonesiane hanno fatto rientrare l’allarme tsunami lanciato stamane subito dopo una nuova scossa nella regione meridionale dell'isola di Sumatra. In questi giorni Il servizio geologico statunitense ha registrato 4 terremoti vicino la costa occidentale dell'isola, il più violento dei quali di 6,9 gradi della scala Richter, che hanno provocato 13 morti e un centinaio di feriti. (B.B. – M.G.)
Infuria il maltempo in Africa: in Sudan, 131 morti e 200 mila senza tetto. In Uganda c'è il rischio di epidemie
◊ Ancora maltempo in Africa. Finora le forti precipitazioni hanno provocato centinaia di morti e decine di migliaia gli sfollati, oltre ad aver danneggiato numerose abitazioni e migliaia ettari di coltivazioni. In Sudan il bilancio più grave: 131 i morti e oltre 200 mila i senza tetto. In Uganda a rendere ancora più difficile la situazione, c’è il rischio di contrarre colera, malaria e dissenteria. L’agenzia Misna riferisce che circa 300 mila persone rischiano di essere contagiati dalle epidemie. Secondo il ministero della Sanità dell’Uganda, i casi di malaria sono raddoppiati nelle zone alluvionate e la situazione potrebbe peggiorare anche dopo il prosciugamento delle acque. Intanto il ministero ha distribuito due milioni di vaccini contro morbillo e poliomielite e ha lanciato una vasta campagna di informazione e sensibilizzazione. (B.B.)
Ebola e Shigella: sono le malattie che hanno causato la morte di 160 persone nella Repubblica Democratica del Congo
◊ È il batterio della Shigella, una forma di dissenteria con un alto tasso di trasmissibilità, la causa della morte di 160 persone della Repubblica Democratica del Congo. Lo ha annunciato il ministero della Sanità congolese, in seguito ai risultati di alcune analisi effettuate nei giorni scorsi. Dunque oltre all’Ebola, la febbre emorragica mortale che ha ucciso 5 persone nei giorni scorsi, anche la Shigella avrebbe concorso a causare l’epidemia che da 6 settimane colpisce la provincia centrale del Kasai Occidentale. Le autorità locali raccomandano la popolazione di non stringersi la mano, lavarsi spesso arti inferiori e superiori e sotterrare in profondità i corpi dei malati deceduti. Come riferisce l’agenzia Misna, l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) e Medici Senza Frontiere (MSF), hanno offerto il proprio aiuto per curare i malati e distribuire aiuti nei villaggi colpiti. L’OMS fa risalire l’origine dell’epidemia alla morte di un capo villaggio e del suo successore, nel giugno scorso. I due sono morti a distanza di una settimana l’uno dall’altro, presentando gli stessi sintomi. In seguito sono decedute le persone presenti ai funerali. L’ultima epidemia di Ebola, la febbre emorragica mortale, è avvenuta nella città di Kikwit nel 1995 causando la morte di 245 persone. (B.B.)
Mai più esecuzioni capitali in Gabon. Anche in Cina l’ordine di eseguire meno condanne a morte
◊ Abolita la pena di morte in Gabon. Ad annunciarlo è stato questa mattina il Consiglio dei ministri del Paese africano, in cui da oltre vent’anni non venivano eseguite condanne capitali. La riflessione del governo sul problema era stata innescata da un’espressa richiesta del presidente della Repubblica, Omar Bongo Ondimba. Il Gabon sarà, come chiesto dai governi spagnolo e francese e dall’Unione europea, “co-autore del progetto di risoluzione sull’abolizione della pena di morte”, che verrà presentato dall’Ue a settembre, nel corso della 61.esima assemblea generale delle Nazioni Unite. E proprio oggi la Corte Suprema cinese ha comunicato, attraverso il suo sito internet, le nuove istruzioni in materia di esecuzioni capitali inviate alle corti provinciali. L’organo ha ordinato ai giudici che la pena capitale sia “data solo ad un numero estremamente ristretto di colpevoli di reati gravi” e quando possibile “con una dilazione di due anni”. Quando in passato è stata applicata questa dilazione, spesso la pena è stata commutata in ergastolo per buona condotta. Non verranno condannati a morte i colpevoli di crimini passionali che rifonderanno la famiglia della vittima e nemmeno i responsabili di guadagni illeciti che collaboreranno con le autorità per il recupero del denaro. (V.F.)
Giubileo etiope: domenica verrà celebrata una Messa con la croce benedetta dal Papa, nella cattedrale di Addis Abeba
◊ La Chiesa cattolica celebra il Giubileo etiope: domenica prossima i vescovi del Paese celebreranno una Messa, nella cattedrale cattolica della capitale Addis Abeba. Durante la Celebrazione Eucaristica sarà esposta la croce benedetta dal Papa il due settembre, durante l’incontro con i giovani a Loreto. “Questo millennio è un’occasione speciale per far conoscere l’Etiopia, non come un Paese dove vi sono fame e siccità, ma come una nazione che sta veramente cambiando attraverso la strada dello sviluppo”, ha detto l’arcivescovo di Addis Abeba e presidente della Conferenza Episcopale Etiopica mons. Berhaneyesus Demerew Souraphiel. “La Chiesa ha un grande ruolo in questo processo volto a mostrare un’immagine diversa dell’Etiopia. – ha aggiunto l’arcivescovo, riportato dall’agenzia FIDES – La Chiesa vuole far sì che la gente impari a guardare avanti con speranza”. Mercoledì scorso la Chiesa ortodossa etiopica ha cominciato i festeggiamenti: migliaia di persone si sono radunate nella piazza principale della capitale Addis Abeba, per aspettare la mezzanotte e festeggiare l’arrivo del 2000 con canti e fuochi d’artificio. Il giubileo è molto sentito dalla popolazione: delle 75 milioni di etiopi, quasi la metà sono cristiani ortodossi. Il governo etiope ha organizzato molte cerimonie in occasione del Giubileo, concedendo anche l’amnistia a migliaia di oppositori politici. Il nuovo anno si celebra a settembre in base alle tradizioni dell’antico Egitto, dove l’avvio di un nuovo anno coincideva con le piene del Nilo. Infatti, la Chiesa ortodossa locale non ha mai adottato la riforma gregoriana del calendario, introdotta nel 1582 da papa Gregorio XIII in sostituzione del vecchio calendario giuliano del 46 d.C. (B.B.)
I vescovi USA chiedono alla Casa Bianca un intervento maggiore per aiutare i rifugiati iracheni
◊ La Conferenza Episcopale degli Stati Uniti sostiene che il proprio Paese, trovandosi a capo delle forze di coalizione in Iraq, dovrebbe anche guidare la risposta umanitaria alla piaga dei rifugiati. Lo rende noto attraverso un rapporto di 31 pagine, pubblicato dall'Agenzia Zenit, in cui esorta il governo americano ad aumentare l’assistenza offerta ai rifugiati iracheni e ai Paesi nei quali si stanno riversando. Nicholas DiMarzio, vescovo di Brooklyn e consultore del Comitato episcopale sulle Migrazioni, ha informato sui risultati del rapporto dopo aver guidato una delegazione che ha trascorso, a luglio, quasi due settimane in Medio Oriente per monitorare le condizioni dei rifugiati iracheni. “La situazione dei rifugiati iracheni diventa ogni giorno più grave, - ha detto il vescovo - Ciò che non è cambiato è che la risposta internazionale a questa crisi, e soprattutto quella degli Stati Uniti, rimane deprecabilmente inadeguata”. (B.B.)
La conferenza episcopale portoghese boccia il disegno di legge sull’assistenza ospedaliera
◊ “Inconcepibile e inaccettabile”: così il Consiglio permanente della Conferenza Episcopale Portoghese (CEP) definisce il disegno di legge governativo che regolamenta l’assistenza religiosa negli ospedali. Secondo il segretario generale della CEP, mons. Carlos Azevedo, il progetto legislativo non ha accolto le richieste del Coordinamento Nazionale delle cappellanie ospedaliere che aveva auspicato “un effettivo rispetto del diritto fondamentale dei malati: l’accompagnamento spirituale e religioso”. Inoltre - come riferisce l’agenzia SIR - nella riunione dello scorso giugno a Fatima il Coordinamento denunciò “difficoltà pratiche che esistono all’interno delle realtà sanitarie istituzionali”. (B.B.)
I vescovi del Messico offrono il loro contributo etico per la soluzione della crisi socio-economica e politica del Paese
◊ “Esiste una grave ed iniqua situazione economica e sociale, prodotta dall'enorme concentrazione della ricchezza nelle mani di alcuni”: così la Commissione per la Pastorale Sociale della Conferenza Episcopale Messicana si pronuncia sulla proposta di riforma fiscale del governo federale. Nel documento diffuso dall’agenzia Fides, si legge: “La povertà, insieme all'insicurezza pubblica e alla polarizzazione politica, caratterizza la situazione che oggi attraversa il Messico”. I vescovi ritengono che questa riforma fiscale sia necessaria ma “incorniciata nell'insieme di riforme ancora in sospeso e non meno urgenti”, come quella educativa, elettorale e della giustizia. È indispensabile inoltre “il riconoscimento della gravità della situazione sociale ed economica della grande maggioranza della popolazione, come condizione per un dialogo responsabile”. Il comunicato conclude dicendo che “è necessaria un'ampia informazione e trasparenza sulle sfide economiche e sociali del paese, per favorire un'azione corresponsabile di tutti”. (B.B.)
In Colombia, si celebra domenica la Giornata nazionale del migrante
◊ La Conferenza Episcopale della Colombia ha promosso per domenica prossima la celebrazione della Giornata nazionale del migrante, dei rifugiati e degli sfollati. In Colombia, da anni la terza domenica di settembre si dedica alla riflessione, alla preghiera e alla pianificazione di azioni concrete a favore dei migranti. Numerose, inoltre, le iniziative già in corso. La Chiesa colombiana lunedì ha celebrato l’inizio della Settimana per la pace 2007, per invitare a riflettere sulla pace e la migrazione forzata. In seguito alla proposta di diverse organizzazioni nazionali ed internazionali, il 2007 è stato promosso l’anno dei diritti delle persone sfollate. Inoltre, a febbraio scorso la Chiesa colombiana propose di raccogliere un milione di firme come atto di solidarietà e di impegno per i colombiani vittime dello spostamento forzato a causa della violenza. Secondo i dati forniti dall’agenzia FIDES sulla situazione migratoria in Colombia, più di 3 milioni e mezzo di persone sono state sfollate dai luoghi di residenza. Tra i membri delle famiglie che hanno sofferto l'emigrazione forzata, più della metà non hanno compiuto ancora i 18 anni. (B.B.)
“Un avviso per tutti i corrotti della classe politica”: il monito dei vescovi delle Filippine dopo la condanna dell’ex presidente Estrada
◊ L’ex presidente filippino Joseph Estrada dovrà scontare l’ergastolo per falsa testimonianza e per aver sottratto fondi pubblici - oltre 4 miliardi di pesos, circa 87 milioni di dollari – durante la sua permanenza ai vertici del Paese. È il verdetto del tribunale anticorruzione di Manila che, inoltre, ha imposto ad Estrada di restituire allo stato il patrimonio accumulato illegalmente. Come riferisce l’agenzia Fides, gli avvocati difensori hanno già annunciato il ricorso alla Corte Suprema. L’ex presidente ha parlato di “decisione politica” e di “complotto”, accusando anche la Chiesa. Infatti, nel 2001 la Chiesa ebbe un ruolo fondamentale nella rivoluzione pacifica che fece cadere il governo di Estrada e portò al vertice del Paese l’attuale presidente Gloria Macapagal Arroyo. I vescovi della Conferenza Episcopale delle Filippine hanno invitato Estrada ad accettare il verdetto e hanno chiesto ai fedeli di non inscenare manifestazioni violente a seguito della sentenza. Secondo i vescovi, questa condanna rappresenta un avviso per i politici corrotti e dovrebbe indurre a riflettere e ed adottare atteggiamenti più trasparenti da parte di tutta la classe politica e la burocrazia filippina. (B.B.)
Manifestazioni artistiche e celebrazioni multiculturali in vista della GMG di Sydney
◊ A Sydney fervono le attività per la preparazione della Giornata Mondiale dei Giovani (GMG) che si terrà dal 15 al 20 luglio 2008, sul tema: “Avrete forza dallo Spirito Santo che scenderà su di voi e mi sarete testimoni”. Come riferisce l’agenzia Fides, le iscrizioni giungono numerose da tutto il mondo. Il Comitato organizzatore sta allestendo le strutture logistiche per l’ospitalità e prepara nel dettaglio le attività. Fra le manifestazioni più importanti il Youth Festival, durante il quale i giovani offriranno testimonianze di fede attraverso performance artistiche. Il comitato organizzativo sta provvedendo, inoltre, all’animazione delle catechesi e delle Sante Messe che verranno celebrate con il contributo di sacerdoti, giovani, laici, suore e seminaristi provenienti da tutto il mondo. Gli organizzatori segnalano che in questo settore c’è ancora bisogno di volontari e invitano i giovani di tutto il mondo a farsi avanti, presentando la loro disponibilità. Infine, ci sarà la Vocations Expo, una mostra sul tema della vocazione che farà comprendere a tutti i visitatori che ogni stato della vita – dal sacerdozio al matrimonio – sia una vocazione alla santità. Mons. Anthony Fisher, vescovo ausiliare di Sidney, ha notato che il fermento organizzativo deve sempre essere accompagnato da un impegno spirituale: “I giovani sono chiamati all’annuncio della Buona Novella e ad evangelizzare la cultura del nostro tempo che rischia di secolarizzarsi fino all’indifferenza nei confronti di Dio”. (B.B.)
Il rapporto tra secolarizzazione e religione al centro dell'intervento del filosofo Habermas in un convegno a Roma
◊ “L’universalismo egualitario, dal quale sono scaturite le idee di libertà e di convivenza solidale, è un’eredità immediata della giustizia giudaica e dell’etica cristiana dell’amore. […] Questa eredità è stata sempre di nuovo fatta propria in modo critico e nuovamente interpretata. A ciò fino ad oggi non esiste alternativa". Queste le parole del filosofo tedesco non credente Jürgen Habermas citate venerdì scorso da Benedetto XVI nell’Hofburg di Vienna, durante il suo incontro con le autorità austriache e il corpo diplomatico. Habermas ha affrontato di nuovo il tema del rapporto tra secolarizzazione e religione in un convegno al Campidoglio. Il filosofo con cui spesso il Santo Padre si è confrontato sul rapporto tra ragione e fede è tornato a parlare di religione e laicità nella società moderna. Habermas ha sottolineato l’importanza di ridefinire il concetto di “secolarizzazione”: non si può infatti più affermare che la modernizzazione sia realizzabile solo a costo di una minore influenza della religione. Si assiste, nel panorama globale, ad una vera e propria rinascita religiosa, di fronte alla quale al momento solo l’Europa sembra rappresentare l’eccezione. La perdita di funzioni di carattere pubblico e la tendenza a “privatizzare” la fede non implicano necessariamente una perdita di rilevanza e influenza della religione nella società. L’esclusione laicista dei credenti, secondo il filosofo, può corrodere la sostanza stessa di un’uguale appartenenza all’universo delle persone razionali. Il pensiero filosofico, ha concluso Habermas, non dovrebbe escludere la possibilità che le tradizioni religiose includano contenuti di verità che possono ancora ispirare la società civile. La ragione laica dovrebbe astenersi dal valutare la razionalità o l’irrazionalità della religione in quanto tale. (A cura di Valentina Fizzotti)
Ad Assisi, presso la Pro Civitate Christiana, dal 12 al 14 ottobre, il Convegno su "Bellezza e Giustizia"
◊ Si svolgerà dal 12 al 14 ottobre prossimo ad Assisi il convegno che, a ritmo biennale, la Galleria d’Arte Contemporanea della Pro Civitate Christiana organizza in collaborazione con l’Associazione “Amici dell’Osservatorio” presso la Cittadella di Assisi: in questa edizione si vuole affrontare il tema della bellezza articolandolo con la grave questione della giustizia. Se nel nostro tempo etica ed estetica sembrano avere percorsi diversi, tuttavia il bisogno, sia di giustizia che di bellezza, sta oggi crescendo e destando vivo interesse anche negli studi più recenti. Può la bellezza rimanere neutrale o può aiutarci ad affrontare il problemi della giustizia? Il decadere dei valori della giustizia può essere determinato anche dalla mancanza di bellezza? Quale possibilità hanno gli uomini, andando oltre l’individualismo, il settarismo, il parassitismo, di organizzare insieme opportuni progetti di giustizia, capaci di riconciliare l’umanità? Il convegno metterà a confronto docenti, studiosi, operatori nel sociale che su queste tematiche hanno fatto ricerche ed esperienze dirette e insieme cultori e testimoni di varie arti, dalla musica al teatro alle arti figurative. Tra i relatori, il giudice costituzionale Gustavo Zagrebelsky, il filosofo Virgilio Melchiorre, il teologo Sergio Ubbiali, il biblista Pietro Bovati, lo psicanalista Luigi Zoja, lo storico dell’arte Giorgio Zanchetti. Le serate artistiche vedranno la presenza del cantante lirico Carlo Zardo, del pianista Alessandro Marangoni, dell’attore Carlo Rivolta. Per le arti figurative, il tema verrà affrontato in due significativi momenti: l'incontro con l’artista Fabio Mauri, sperimentatore di molteplici linguaggi espressivi per muovere le coscienze di fronte alle problematiche del nostro tempo: l'ingiustizia, la sopraffazione, in una parola, la guerra. La guerra non solo delle armi, ma dei conflitti interiori dell'uomo del nostro tempo, della sua incapacità di comunicare. La guerra è soprattutto nel cuore dell'uomo, ci dice il grande maestro dell'espressionismo francese Georges Rouault, nell'opera che rappresenta il suo testamento spirituale: il Miserere. Le 58 incisioni originali saranno esposte in mostra per l'occasione a inaugurare la nuova sala appositamente allestita (architetto Gian Piero Siemek) della Galleria d'Arte Contemporanea della Pro Civitate Christiana di Assisi. I partecipanti verranno introdotti ai temi di bellezza e giustizia espressi nell’opera da Tony Bernardini, volontario della Pro Civitate Christiana e cultore dell’opera di Rouault, che farà anche da guida alla mostra. (A cura di Giovanni Peduto)
Inaugurato a Valderice, in Sicilia, un centro residenziale per bambini autistici
◊ Potrà ospitare fino a 20 bambini l’Istituto Medico Psico-pedagogico “Villa Betania” di Valderice, in provincia di Trapani, inaugurato oggi. Unica struttura in Sicilia che offre assistenza a bambini affetti da autismo, l’istituto è anche un centro residenziale altamente specializzato. “Il nostro obiettivo – afferma il direttore del centro, il neuropsichiatria Leonardo Fauci – è prenderci cura del soggetto autistico e della sua famiglia attraverso la rieducazione e l’ ‘addestramento’ della famiglia, rendendola quanto più competente possibile, ma al contempo vogliamo offrire una formazione costante al personale delle scuole frequentate da bambini autistici”. “Sull’autismo abbiamo registrato in questi anni un vuoto - dice mons. Francesco Micciché, vescovo di Trapani, presidente della Fondazione Auxilium nata per offrire aiuti agli ultimi – dopo anni di riflessione e di impegno sul campo, come Fondazione Auxilium, abbiamo pensato di scommetterci per dare al nostro territorio e alle famiglie che vivono questo dramma, una luce di speranza e un servizio qualificato”. La Fondazione Auxilium, nata con mons. Antonio Campanile, offre interventi diagnostici, terapeutici, riabilitativi e di assistenza sociale a persone con disabilità causate da patologie di natura neuromotoria e neuropsichiatria, dispone di servizi alberghieri per la terza età e assiste circa 130 minori, presso il Centro Ambulatoriale circa 350 pazienti e presso la Casa di riposo circa 115 anziani. (T.C.)
Presentato il piano di Bush per uscire dalla crisi irachena - Riprendono gli sbarchi di clandestini sulle coste di diversi Paesi europei
◊ Nel discorso rivolto ieri alla nazione, il presidente statunitense, George Bush, ha annunciato i tre pilastri del piano elaborato per sganciarsi dalla grave impasse irachena che riguardano: la lotta al terrorismo internazionale, la sicurezza interna e la normalizzazione della situazione politica in Iraq. Un piano che è stato subito bocciato dai democratici che, rispondendo a Bush, hanno parlato di “guerra infinita” per le truppe americane. Ascoltiamo il commento di Guido Olimpio, esperto di terrorismo e politica internazionale del Corriere della Sera, raggiunto dal microfono di Salvatore Sabatino:
R. - Bush chiaramente dà un’indicazione, e cioè che la presenza americana continuerà oltre la sua presidenza, a prescindere da quella che sarà la situazione irachena. Il secondo punto è che ritengo che sia anche una presenza mirata ad altri Paesi dell’area, e quindi mi riferisco sia ad un controllo verso la Siria, ma soprattutto per un controllo verso l’Iran.
D. - Bush ha fatto leva sul timore americano su nuovi attacchi dopo gli ultimi video di Osama Bin Laden. Secondo te, è una strategia giusta?
R. - Parziale, perché lui sta tentando, ormai nell’ultimo anno, di dire che la guerra in Iraq è la guerra contro al Qaeda e che bisogna essere lì perché bisogna combattere al Qaeda. Al tempo stesso, Bin Laden e anche altri rappresentanti dell’amministrazione denunciano i pericoli di attacchi e quindi vogliono presentare un quadro per cui bisogna mantenere le truppe per impedire nuovi attentati. E’ un tentativo di giustificare certi errori e probabilmente di giustificare anche successive manovre nella regione.
D. - I Democratici hanno criticato fortemente il discorso di Bush. Queste tensioni politiche interne non rischiano di dare punti al terrorismo?
R. - Certamente, danno punti al terrorismo e più che altro direi che è abbastanza interessante vedere come l’intervento in video del presunto Osama, qualche giorno fa, ben si leghi a queste diatribe e anche nelle polemiche politiche. E’ chiaro che gli estremisti, i terroristi sfruttano molto bene queste tensioni. Tensioni che, peraltro, sono normali in un Paese democratico, ma non c’è dubbio che per i terroristi è manna dal cielo!
- Ci sarebbe la mano di al- Qaeda dietro dell'attentato che ieri, a Ramadi, è costato la vita allo sceicco, Abdul Sattar Abu Risha, leader sunnita e alleato del presidente statunitense, Bush, nella lotta al terrorismo. A sostenerlo è il premier iracheno, Nouri al Maliki. Il primo ministro ha spiegato che l’omicidio mira a destabilizzare la provincia di al Anbar e ha poi speso parole di elogio per lo sceicco che "ricopriva un ruolo fondamentale nella lotta contro gli estremisti sunniti, che tentano di trasformare al Anbar in una base oscurantista". Lo sceicco Abu Risha era a capo di una coalizione di una quarantina di tribù riunite sotto la sua autorità, il "Risveglio di Anbar", per lottare con gli USA contro il terrorismo. Intanto, sul terreno si continuano a registrare violenze. Cinque miliziani sono stati uccisi e ventuno arrestati dalle truppe statunitensi, durante operazioni militari condotte nel centro e nel nord del Paese.
- In Afghanistan, almeno 70 talebani sono morti in diversi combattimenti con le Forze armate locali e internazionali nelle ultime 48 ore. Intanto, la Croce rossa ha lanciato l’allarme sul conflitto che “si estende e si intensifica”. Secondo il responsabile della delegazione del Comitato Internazionale della Croce Rossa in Afghanistan, anche la situazione umanitaria non è migliorata ed aumenta il numero degli sfollati e delle vittime civili. Nuove emergenze che richiedono un aumento del 30% dei fondi destinati dall'organizzazione umanitaria alle operazioni nel Paese.
- Ancora violenze anche in Pakistan, dove nella serata di ieri Almeno 15 soldati sono stati uccisi e altre 11 persone ferite in un attentato esplosivo contro una caserma dell'esercito a Tarbela Ghazi. La città si trova a 70 chilometri a nordovest dalla capitale, Islamabad. Sempre nella giornata di ieri, ci sono stati violenti scontri con la guerriglia talebana nel nord del Paese, a seguito dei quali hanno perso la vita almeno una trentina di miliziani e nove militari pakistani.
- Un clima ancora estivo ha favorito la ripresa dei viaggi della speranza degli immigrati clandestini verso le coste Europee. Nelle ultime 24 ore, diversi arrivi sono stati registrati in Italia, Spagna e Grecia. Il nostro servizio:
Con le condizioni meteo favorevoli, sono ripresi gli sbarchi di immigrati clandestini sulle coste di diversi Paese europei. Nelle prime ore della mattina, un peschereccio con a bordo circa 200 immigrati è stato intercettato e condotto nel porto dell’isola di Lampedusa dalle motovedette della Guardia di finanza. Gli immigrati sono stati immediatamente trasferiti nel Centro di prima accoglienza di Lampedusa e al momento sono sottoposti alle operazioni di identificazione. Alcuni di loro, con evidenti sintomi di disidratazione e un principio ipotermia, hanno avuto bisogno delle cure mediche. Gli sbarchi sono poi ricominciati anche in un’altra consueta destinazione dell’immigrazione clandestina: le Canarie. Ieri, un’imbarcazione con a bordo 75 africani è stata raggiunta al largo dell’arcipelago spagnolo e rimorchiata fino all'isola di Tenerife. Infine, la Guardia costiera greca ha fermato e arrestato due gruppi di migranti clandestini, per un totale di 71 uomini afghani e somali, che erano riusciti a sbarcare sull'isola greca di Samos, nel Mare Egeo orientale, a pochi chilometri dalle coste turche.
- “George W. Bush un giorno sarà processato per le atrocità commesse in Iraq”. Lo ha detto l'ayatollah supremo dell'Iran, Ali Khamenei, in un discorso pronunciato alla televisione iraniana. “Io credo profondamente - ha proseguito Khamenei - che un giorno l'attuale presidente americano e i responsabili americani saranno giudicati da un Tribunale internazionale indipendente per le atrocità commesse in Iraq”. Mentre attualmente, secondo il leader religioso, gli americani sono condannati solamente “dall'opinione pubblica delle nazioni islamiche".
- Tre uomini condannati per “sabotaggio” sono stati impiccati ieri nel sud dell’Iran. Lo ha riferito l'agenzia stampa Irna, spiegando che i tre sono stati condannati per l'esplosione di due bombe che, nell'ottobre 2005, provocarono la morte di quattro persone. Secondo fonti giudiziarie locali, vi sono altri uomini in attesa di esecuzione per la stessa vicenda. Dall'inizio dell'anno, vi sono state più di 150 esecuzioni nel Paese, molte delle quali in pubblico.
- La Duma ha approvato la proposta di designazione a premier di Viktor Zubkov. Il voto del parlamento russo arriva due giorni dopo la decisione inaspettata del presidente Vladimir Putin, che aveva designato alla carica di primo ministro il capo dell'ufficio per la lotta al crimine finanziario.
- In Luisiana e Texas, cala l’allarme per l’uragano Humberto, dopo che l’autorità lo hanno declassato a tempesta tropicale. Ieri, Humberto ha colpito la zona sudorientale dei due stati americani, con venti inferiori ai 100 chilometri orari. Al momento, le autorità non hanno disposto sgomberi; tuttavia al suo arrivo sulle coste texane l'uragano ha provocato un morto. (Panoramica internazionale a cura di Marco Guerra)
Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LI No. 257
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