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SOMMARIO del 13/09/2007
Il Papa riceve il nuovo ambasciatore della Slovacchia: "società solide sono costruite sul fondamento di solide famiglie"
◊ L’impegno congiunto tra Chiesa e società civile per promuovere i valori della famiglia: al centro del discorso del Papa al nuovo Ambasciatore della Slovacchia presso la Santa Sede, signor Josef Dravecky, ricevuto stamane per la presentazione delle Lettere credenziali. Il servizio di Fausta Speranza:
“Società solide sono costruite sul fondamento di solide famiglie”: lo ribadisce Benedetto XVI sottolineando che “tutte le comunità civili dovrebbero fare il possibile per promuovere politiche economiche e sociali che aiutino le giovani coppie sposate e sostengano il loro desiderio di famiglia”. E il Papa parla di momento cruciale perchè i giovani “vengono tentati dal disconoscere i valori del matrimonio che sono invece così vitali per la loro felicità futura e per la stabilità sociale”. Da qui l’importanza di garantire alla Chiesa “la libertà di stabilire e amministrare scuole cattoliche” che assicurano – dice il Papa – “un’educazione che nutre tutte le dimensioni della persona umana, incluso quella religiosa e spirituale” e che – aggiunge – “è nell’interesse sia della Chiesa che dello Stato”. Il Papa chiede alle autorità della Slovacchia di continuare a garantire tale libertà nel rispetto di quanto stabilito nell’Accordo raggiunto tra Stato e Chiesa nel 2000.
A questo proposito il Papa ricorda che dei quattro punti stabiliti dall’accordo solo due sono già stati ratificati e sottolinea l’importanza dei due punti che restano: obiezione di coscienza e finanziamenti delle attività della Chiesa. Benedetto XVI parla di “cooperazione fruttuosa tra la Repubblica di Slovacchia e la Santa Sede ricordando che il prossimo anno segnerà il 15esimo anniversario dell’avvio delle relazioni diplomatiche. Sottolinea “il ricco patrimonio culturale e spirituale della Slovacchia” aggiungendo che rappresenta “un grande potenziale per rivitalizzare l’anima del continente europeo”. In particolare Benedetto XVI ricorda “i sacrifici eroici fatti da innumerevoli uomini e donne che in tempi di persecuzione si sono adoperati con un grande costo a difendere il diritto alla vita, la libertà religiosa e la libertà di porre se stessi a servizio del prossimo”. “Questi essenziali valori – conclude il Papa – sono fondamentali per costruire l’Unione europea. C’è da dire che la Repubblica Slovacca è nata il 1° gennaio 1993 dalla divisione pacifica della Cecoslovacchia, che già dal 1990 aveva assunto il nome di Repubblica Federativa Ceca e Slovacca. Dal 1° maggio 2004 fa parte dell’Unione Europea e dal 24 marzo 2004 della NATO. La popolazione è composta in prevalenza da slovacchi (86% del totale). La principale minoranza è rappresentata da ungheresi (10%), che abitano soprattutto le regioni meridionali e orientali. Vi sono poi rom, cechi, rumeni, ucraini, tedeschi e polacchi.
Della personalità del nuovo ambasciatore della Slovacchia presso la Santa Sede possiamo dire che è nato a Spišská Nová Ves il 25 luglio 1947. È sposato ed ha cinque figli. Entrato in carriera diplomatica nel 1991, tra gli ultimi incarichi ha ricoperto di recente quello di Ambasciatore in Lettonia (2000-2005) e di Direttore di Dipartimento presso il Ministero degli Affari Esteri (2005-2007).
Domani entra in vigore il Motu Proprio del Papa sull'uso del Messale Romano del 1962. Il cardinale Castrillón Hoyos: sia un motivo di gioia per tutti
◊ Entra domani in vigore il Motu Proprio di Benedetto XVI, Summorum Pontificum, sull’uso della Liturgia Romana anteriore alla Riforma del 1970. Il documento liberalizza l’utilizzo del Messale Romano del 1962, che, ricordiamo, non è mai stato abrogato. In particolare, il Motu Proprio stabilisce che spetta al parroco accogliere le richieste di fedeli aderenti alla precedente tradizione liturgica. Intanto, in un editoriale, la rivista dei gesuiti, Civiltà Cattolica, sottolinea che sono infondati i timori di quanti ritengono il Motu Proprio un passo indietro rispetto alla riforma liturgica del Concilio Vaticano II. Sul vero significato di questo documento pontificio, Giovanni Peduto ha raccolto la riflessione del cardinale Darío Castrillón Hoyos, presidente della Pontificia Commissione Ecclesia Dei e per molti anni prefetto della Congregazione per il Clero:
R. – Io direi che già Giovanni Paolo II voleva dare ai fedeli che amavano l’antico rito - alcuni dei quali erano passati al movimento dell’arcivescovo Lefebvre, ma che poi lo avevano lasciato per mantenere la piena unità con il Vicario di Cristo - l’opportunità di celebrare il rito che era più vicino alla loro sensibilità. Il Santo Padre Benedetto XVI ha partecipato sin dall’inizio a tutta la questione Lefebvre ed ha quindi conosciuto benissimo il problema che creava a quei fedeli la riforma liturgica. Il Papa ha un amore speciale per la liturgia. Un amore che si traduce anche in capacità di studio, di approfondimento della Liturgia stessa. Ecco perché Benedetto XVI considera un tesoro inestimabile la Liturgia anteriore alla Riforma del Concilio. Il Papa non vuole tornare indietro. E’ importante sapere e sottolineare che il Concilio non ha proibito la Liturgia di San Pio V e bisogna inoltre dire che i Padri del Concilio hanno celebrato la Messa di San Pio V. Non è come alcuni sostengono, perché non conoscono la realtà, un tornare indietro. Al contrario: il Concilio ha voluto dare ampia libertà ai fedeli. Una di queste libertà è proprio quella di prendere questo tesoro – come dice il Papa – che è la Liturgia, per mantenerlo vivo.
D. – Cosa cambia, in realtà, con questo Motu Proprio?
R. – Con questo Motu Proprio, in realtà, il cambiamento non è tanto grande. La cosa principale è che in questo momento i sacerdoti possono decidere, senza permesso né da parte della Santa Sede né da parte del vescovo, se celebrare la Messa nel rito antico. E questo vale per tutti i sacerdoti. I parroci sono essi stessi che in parrocchia devono aprire la porta a quei sacerdoti che, avendo le facoltà, vanno a celebrare. Non è, quindi, necessario chiedere nessun altro permesso.
D. – Eminenza, questo documento è stato accompagnato da polemiche e timori: ma cosa non è vero di quanto è stato detto o letto?
R. – Non è vero, per esempio, che sia stato tolto ai vescovi il potere sulla Liturgia, perché già il Codice dice chi deve dare il permesso per dire Messa e non è il vescovo: il vescovo dà il celebret, la potestà di poter celebrare, ma quando un sacerdote ha questa potestà, sono il parroco e il cappellano che devono offrire l’altare per celebrare. Se qualcuno lo impedisce, tocca allora alla Pontificia Commissione Ecclesia Dei prendere misure, a nome del Santo Padre, affinché questo diritto – che è un diritto ormai chiaro dei fedeli - venga rispettato.
D. – Alla vigilia dell’entrata in vigore del Motu Proprio, quali sono i suoi auspici?
R. – I miei auspici sono questi: l’Eucaristia è la cosa più grande che noi abbiamo, è la manifestazione più grande dell’amore, dell’amore redentore di Dio che ci vuole accompagnare con questa presenza eucaristica. Questo non deve essere mai un motivo di discordia: lì ci deve essere solo l’amore. Io auspico che questo possa essere un motivo di gioia per tutti coloro che amano la tradizione, un motivo di gioia per tutte quelle parrocchie che non avranno più divisioni, ma avranno – al contrario – una molteplicità di santità con un rito che è stato certamente il fattore e lo strumento di santificazione per più di mille anni. Ringraziamo, quindi, il Santo Padre che ha recuperato per la Chiesa questo tesoro. Non viene imposto niente agli altri. Il Papa non impone l’obbligo; il Papa impone però di offrire questa possibilità laddove i fedeli lo richiedono. Se ci fosse un conflitto, perché umanamente due gruppi possono entrare in contrasto, l’autorità del vescovo – come dice il Motu Proprio – deve intervenire per evitarlo, ma senza cancellare il diritto che il Papa ha dato a tutta la Chiesa.
Oggi su "L'Osservatore Romano"
◊ Servizio vaticano - Nel discorso al nuovo ambasciatore di Slovacchia il Papa ha richiamato il valore della famiglia e della società, tra loro intimamente legate.
Servizio estero - Iraq: il segretario di Stato USA mette in guardia sui tempi lunghi del processo di stabilizzazione e sul pericolo rappresentato dall’Iran.
Servizio culturale - Un articolo di Marco Testi dal titolo “Alle origine del romanzo moderno”.
Servizio italiano - In rilievo il tema degli incidenti sul lavoro.
Gioia e speranze per il dialogo ecumenico all’indomani dell’elezione in Romania del nuovo Patriarca della Chiesa ortodossa romena, Daniel Ciobotea
◊ Grande attenzione in Romania e in tutto il mondo religioso per l’elezione ieri sera a Bucarest del nuovo Patriarca della Chiesa ortodossa romena: si tratta di Daniel Ciobotea, metropolita di Moldova e Bucovina. Il servizio di Roberta Gisotti.
Una successione importante quella di Daniel Ciobotea, metropolita di Moldova e Bucovina, 56 anni, chiamato alla guida del Patriarcato ortodosso di Romania, dopo la morte il 30 luglio scorso dell’anziano Patriarca Teoctist, scomparso a 92 anni, dopo 19 anni di mandato: era stato eletto nel 1986 e nel 1999 aveva calorosamente accolto Giovanni Paolo II nel suo primo viaggio in un Paese a stragrande maggioranza ortodossa. Daniel Ciobotea è stato scelto in una rosa di tre candidati, indicati dal Santo Sinodo, una cinquantina di alti prelati, riuniti ieri mattina nel Palazzo patriarcale di Bucarest. E’ stato poi nel pomeriggio il Collegio elettorale, formato da religiosi e laici, tra cui politici ed accademici, a nominare Daniel Ciobotea - con 95 voti, rispetto ai 66 andati al metropolita Bartolomeu - alla carica più alta della seconda Chiesa ortodossa al mondo per numero di fedeli, oltre 19 milioni, dopo quella russa.
Un intellettuale riformista con capacità manageriali, cosi viene disegnata dagli osservatori la personalità del nuovo Patriarca, che vanta tre dottorati universitari, due conseguiti all’estero, ben 12 anni di studi ecumenici ed oltre 10 anni di monachesimo. Stimato per il suo impegno a favore del dialogo religioso, appena eletto ha espresso il desiderio di custodire e coltivare l’eredità del suo predecessore Teoctist, chiedendo sostegno a tutti per il buon fine della sua missione:
(Parole in romeno del Patriarca Daniel)
“Voglio esprimere, altresì, una richiesta di aiuto verso tutti quelli che amano la Chiesa e il nostro Paese, perché il Patriarca non lavora da solo, ma insieme al Sinodo, con tutti i chierici del Patriarcato romeno, con i monaci e le monache, con i fedeli, con tutte le nostre istituzioni missionarie, culturali, sociali e con la società romena, in genere. Abbiamo bisogno del vostro consiglio, del vostro incoraggiamento, abbiamo bisogno della vostra cooperazione, di tutti”.
Con gioia e soddisfazione la nuova nomina è stata accolta nella Chiesa cattolica in Romania. Ascoltiamo la testimonianza dell’arcivescovo metropolita di Bucarest, Ioan Robu, presidente della Conferenza episcopale romena, al microfono di Fabio Colagrande:
R. – Abbiamo accolto con grande gioia la notizia riguardante la sua elezione come nuovo capo della Chiesa ortodossa romena.
D. – Dopo questa elezione mons. Robu, con quale speranze guardate al futuro delle relazioni tra le due Chiese in Romania?
R. – Io penso che si continuerà questo cammino di buona intesa e di dialogo. E ieri sera, il nuovo patriarca Daniel ha detto che continuerà l’attività svolta dal suo predecessore. Quindi, penso che proseguirà un cammino di buona intesa e di amicizia.
D. – Lei ha avuto la possibilità di conoscere il Patriarca Daniel in passato?
R. – Sì, lo conosco da quando è vescovo. Saranno 17 anni ormai. Da ciò che so di lui, ho grande speranza proprio nel cammino di dialogo e di amicizia tra di noi.
Diminuisce la mortalità infantile nel mondo
◊ Per la prima volta dal 1990 sono meno di 10 milioni i bambini al di sotto dei 5 anni uccisi da fame, guerre e malattie nel mondo. Ad annunciarlo l’Unicef, sottolineando tuttavia che 9,7 milioni di bambini morti nel 2006 rimane un fatto inaccettabile. La riduzione della mortalità infantile di due terzi entro il 2015 è uno degli otto obiettivi del millennio. Un obiettivo che, come spiega la portavoce di Unicef in Italia Donatella Lodi al microfono di Silvia Gusmano, è oggi più vicino:
R. – E’ un risultato importantissimo, perché finalmente c’è un’inversione di tendenza nella mortalità infantile, nonostante la pandemia dell’Aids, che aveva molto complicato il lavoro: aveva annullato soprattutto nell’Africa meridionale alcuni dei risultati positivi ottenuti negli anni scorsi. E’ un segnale importante, e cioè che è possibile raggiungere l’obiettivo fissato dalla comunità internazionale con gli obiettivi di sviluppo del millennio di ridurre a un terzo la mortalità infantile. Potremo farcela se si mantiene questa tendenza. Questo significa concretamente che c’è bisogno di mantenere alta l’attenzione, mantenere alti i livelli di finanziamento.
D. – Quali fattori hanno inciso maggiormente sul calo della mortalità infantile?
R. – I risultati migliori si sono ottenuti dove si è lavorato con un pacchetto di interventi base: le vaccinazioni, la distribuzione di vitamina A, le sostanze impegnate contro la malaria. Non cose stellari, non interventi tecnicamente complessi, ma interventi accessibili, disponibili, ma che vanno messi a sistema e portati Paese per Paese, regione per regione.
D. – Quali sono gli ostacoli maggiori al raggiungimento di questo obiettivo?
R. – La mancanza di volontà politica e la mancanza di fondi. Adesso, negli ultimi anni, c’è stata una maggiore attenzione anche grazie ad interventi della comunità scientifica e ci sono stati alcuni fondi sostanziali resi disponibili da varie fondazioni e da alcuni governi, soprattutto del Nord Europa.
D. – Rispetto a quali malattie si sono fatti i passi avanti più significativi e quali sono invece ancora le cause principali di mortalità infantile nel mondo?
R. – Il morbillo è senz’altro la causa di morte che è maggiormente diminuita, perchè con la semplice applicazione della vaccinazione c’è stato un calo della mortalità che in alcune regioni ha toccato addirittura il 75 per cento. Le altre cause di morte prevalenti però sono altrettanto banali: sono le infezioni gastrointestinali, le infezioni respiratorie acute, la mortalità da parto e neonatale.
D. – In quali Paesi l’emergenza resta ancora molto alta?
R. – L’Africa occidentale e centrale e il cosiddetto subcontinente indiano. Questo è davvero un paradosso, perchè India e Pakistan sono in grande sviluppo economico. In questi Paesi, però, la mortalità infantile continua a rimanere alta e ciò è fortemente legato alle disuguaglianze interne a questi Paesi.
Una celebrazione in rito bizantino chiude in Groenlandia il Simposio "Artico: specchio di vita"
◊ Si è concluso ieri con una celebrazione in rito bizantino in un'antica chiesa cristiana di epoca vichinga il simposio "Artico: specchio di vita", svoltosi in questi giorni nella Groenlandia occidentale. Il Patriarca Ecumenico di Costantinopoli, Bartolomeo I, ha quindi salutato la comunità locale prima di lasciare l'isola. Il servizio della nostra inviata, Giada Aquilino:
Non ghiacci, ma ampie distese verdi hanno fatto da sfondo alla celebrazione in rito bizantino presieduta dal Patriarca Ecumenico di Costantinopoli Bartolomeo I sui resti della Tjodhilde's Church di Qassiarsuk, di epoca vichinga, ritrovata dagli archeologi negli anni '60 e poi ricostruita. Oggi, in pieno spirito ecumenico, la chiesa è aperta a tutte le comunità cristiane. "Un luogo simbolo della pace di Dio in terra", ha detto il Patriarca salutando i rappresentanti luterani della zona, accompagnati da una cinquantina di fedeli locali, a cui si sono uniti il cardinale Mc Carrick, inviato del Papa, padre Paolo Marx, unico sacerdote cattolico della Groenlandia, ed i partecipanti al Simposio "Artico: specchio di vita". Nel ricordare il messaggio per il Creato del 1989 del suo predecessore, Dimitrios I, il Patriarca Bartolomeo ha ribadito l'impegno ecumenico per l'ambiente ed in particolare per la regione Artica, accresciuto nella sacralità di un luogo come l'antica cappella groenlandese visitata al termine della sua missione sull'isola. A conclusione della preghiera ortodossa, un ultimo saluto alla comunità di Qassiarsuk, poi il dono di due icone sacre, infine la visita agli antichi resti dell'anno 1000. (Da Qassiarsuk, Giada Aquilino, Radio Vaticana)
Concerto di solidarietà per l'Etiopia al Teatro Olimpico di Roma
◊ Sostenere la salute della popolazione della regione del Tigray in Etiopia attraverso la musica e la scienza. E' l’iniziativa “Concerto per l’Europa”, promossa dalla Struttura Complessa di Medicina preventiva delle migrazioni e di dermatologia dell’ Istituto San Gallicano di Roma, che si svolgerà questa sera al Teatro Olimpico. I proventi della serata, infatti verranno devoluti al Centro sociosanitario di Makallè, che combatte le malattie infettive e dermatologiche presenti nella regione. Il servizio di Marina Tomarro:
Aiutare le popolazioni dell’Etiopia a combattere le malattie infettive dermatologiche attraverso l’ampliamento del Centro sociosanitario di Makallè. E’ l’obiettivo del concerto per l’Etiopia promosso dall’Istituto San Gallicano di Roma. Ascoltiamo Aldo Morrone, primario dell’Ospedale:
"In Etiopia non abbiamo realizzato soltanto un ospedale aperto a un servizio gratuito per tutta la popolazione più povera di questo Paese: abbiamo cercato di creare formazione e ricerca scientifica, di investire sul futuro di questo Paese investendo soprattutto sulla conoscenza, sull’aggiornamento dei medici, degli infermieri locali e dei Community health workers che sono delle figure di contadini che vengono formati appositamente per dare un contributo a migliorare la qualità della salute soprattutto nei villaggi dove non ci sarà mai purtroppo né un medico né un infermiere".
L’Etiopia ha una popolazione di oltre 70 milioni di abitanti la cui presenza di medici specializzati è davvero molto rara. Ma quanto può aiutare allora questa iniziativa di fronte a un disagio così grande. Ascoltiamo ancora il professor Morrone:
"Nella regione dove siamo noi, c’è un medico ogni 100 mila abitanti: vuol dire che la situazione è drammatica. Eppure, questi esempi creano dei rapporti personali con la popolazione, noi cogliamo negli occhi di queste persone, nei volti di queste persone, la possibilità di una speranza di una vita dignitosa, di una vita in salute. Credo che qualunque progetto come questo vada sostenuto perché anche se salviamo una sola vita umana abbiamo salvato veramente l’anima e la speranza dell’umanità come diceva don Luigi Di Liegro".
La Chiesa ricorda San Giovanni Crisostomo a 1600 anni dalla morte
◊ La Chiesa ricorda oggi San Giovanni Crisostomo, vescovo e dottore della Chiesa, di cui domani ricorrono i 1600 anni dalla morte. Ce ne parla Sergio Centofanti.
Giovanni nasce da una famiglia cristiana, ad Antiochia, in Asia Minore, nel IV secolo. Vive in un periodo in cui il cristianesimo non è più fuorilegge nell’Impero Romano e sta per diventare religione di Stato. Orfano di padre in tenera età, è educato alla fede dalla madre, Antusa, poco più che ventenne. Ma Giovanni è irrequieto e – secondo la sua stessa definizione – “incatenato alle passioni del mondo”. Ma l’amore di Cristo lo insegue. Alla morte della madre si ritira nel deserto per ascoltare nel silenzio la voce di Dio. Diventa sacerdote e poi nel 398 Patriarca di Costantinopoli.
La sua parola è forte ed efficace, tanto da meritarsi un soprannome: “Crisostomo”, cioè “Bocca d’oro”. Difende i poveri, denuncia la corruzione della corte imperiale e la vita lussuosa di un certo clero, destituisce molti sacerdoti indegni. Di fronte ai diseredati – diceva - non si possono preferire gli ornamenti superflui delle chiese, ma bisogna vendere questi beni per dare cibo, vestito e casa a chi ne è privo. “Vuoi onorare il corpo di Cristo? – diceva San Giovanni Crisostomo – Allora, non permettere che sia oggetto di disprezzo nelle sue membra cioè nei poveri. Che vantaggio può avere Cristo se la mensa del sacrificio è piena di vasi d’oro, mentre poi muore di fame nella persona del povero? Prima sazia l’affamato e solo in seguito orna l’altare con quello che rimane”.
Dà tutto quello che ha ai poveri, incoraggia gli sfiduciati, ma sferza la tiepidezza di tanti fedeli: “Niente è più freddo del cristiano che non si cura della salvezza degli altri – afferma - Gli uomini – aggiunge - non saranno giudicati tanto dai loro peccati ma da questo: se saranno stati utili agli altri”. Dice che “Cristo ci ha lasciati sulla terra per essere fiaccole che illuminano” e che “basta un uomo pieno di zelo per trasformare un popolo”. Non teme i nemici della fede che sembrano trionfare: “Gli uomini hanno tentato di sopprimere il nome del Crocifisso – esclama - ma hanno ottenuto l’effetto contrario. Erano vivi che facevano guerra ad un morto, ma non l’hanno potuto vincere”.
Parole forti che gli attirano numerosi avversari. Viene calunniato, perseguitato, esiliato più volte. “Molti marosi e minacciose tempeste ci sovrastano – scrive il Santo - ma non abbiamo paura di essere sommersi, perché siamo fondati sulla roccia…Cristo è con me, di chi avrò paura?”. Viene di nuovo esiliato. Sulla strada verso il Mar Nero muore per gli stenti. Era il 14 settembre del 407: 1600 anni fa. Spira dicendo queste ultime parole: “gloria a Dio in tutte le cose”.
Il Crisostomo è chiamato anche “Dottore dell’Eucaristia” per la vastità e ricchezza della sua dottrina sul Sacramento dei Corpo e del Sangue di Cristo. Giovanni XXIII scelse di porre sotto la sua protezione il Concilio Vaticano II.
Sono oltre 3 milioni gli sfollati nel nord-est dell’India a causa delle alluvioni dell’ultima settimana
◊ L’acqua comincia finalmente a ritirarsi, ma è salito ad oltre 3 milioni il numero di sfollati nello Stato indiano nordorientale dell’Assam. Le piogge monsoniche incessanti hanno fatto straripare i fiumi dell’area ed inondato ben 9 mila dei 23 mila villaggi dello Stato. Ampie zone dell’Assam restano inaccessibili ai soccorritori e scuole ed edifici pubblici sono stati trasformati in alloggi provvisori per la popolazione evacuata. L’esercito è intervenuto nelle operazioni di soccorso con elicotteri e imbarcazioni e le autorità hanno allestito oltre 500 campi profughi. Il governo, secondo l'agenzia Asianews, calcola che da luglio nella regione siano oltre 60 i morti e più di 10 milioni gli sfollati a causa delle inondazioni. (V.F.)
La desertificazione minaccia la vita di 50 milioni di persone nella zona del Sahel. E’ l’allarme lanciato dal presidente della Mauritania
◊ “Investire nella lotta contro la desertificazione nelle zone aride” è il tema in discussione all’annuale riunione del Comitato interstatale di lotta contro la desertificazione (Cilss), nato nel settembre 1973 e fondato da 9 Stati membri. Nel corso del vertice, il presidente mauritano, Sidi Mohamed Ould Cheikh Abdellahi, ha parlato della minaccia per la sopravvivenza di 50 milioni di persone nella zona del Sahel, che va dal Ciad al Capo Verde, visto il preoccupante avanzamento del deserto. Il presidente ha poi aggiunto che il “95% delle popolazioni della regione sfrutta terre vulnerabili alla desertificazione e fra esse, il 62%, cioè più di 27 milioni, vive al di sotto della soglia di povertà”. Un allarme condiviso anche dal responsabile del Cliss che, stando a quanto riporta l’agenzia Misna, ha riferito che il deterioramento delle terre ha un costo per l’intera regione di quasi 42 milioni di dollari all’anno. A livello sociale questo significa che la desertificazione genera insicurezza, conflitti e “l'emigrazione di giovani verso orizzonti ipotetici a rischio delle loro vite”. Di desertificazione si sta parlando anche a Madrid dove si è aperta in questi giorni l’VIII conferenza dell’ONU sul fenomeno. Sono sette le priorità indicate dalla società civile africana tra queste l’attenzione alla pastorizia, alla riforestazione e allo sfruttamento delle miniere. Nei diversi interventi si è chiesta più cooperazione tra gli Stati e le organizzazioni che lavorano sul territorio, più attenzione alla pastorizia, spesso accusata di contribuire all’impoverimento dei campi. E’ stata inoltre avanzata la richiesta di studi appropriati sull’ impatto ambientale ma soprattutto più cura per la situazione di ineguaglianza tra Paesi sviluppati e quelli in via di sviluppo. Nell’ambito del meeting di Madrid non sono mancate le accuse all’Unione Europea considerata “attenta esclusivamente ai propri interessi”. (B.C.)
Allarme dell’Unicef: a rischio la vita dei bambini del Nord-Kivu, nella Repubblica Democratica del Congo
◊ Nel Nord-Kivu, provincia della Repubblica Democratica del Congo, gli scontri tra l’esercito nazionale e i ribelli hanno costretto alla fuga 60 mila persone. Le vittime principali dell’aggravarsi delle condizioni di sicurezza nella regione sono però i bambini. A lanciare l’allarme, ripreso dall’agenzia SIR, è Anthony Bloomberg, il Rappresentante dell’UNICEF nel paese africano. “Oltre al caos degli sfollati, con migliaia di piccoli abbandonati a se stessi, separati dai genitori nella confusione seguita agli scontri – dichiara – si registra un crescente rischio di epidemie di morbillo e colera nei campi di fortuna sorti attorno a Goma, la capitale del Nord Kivu”. Nelle scorse settimane la missione dell’ONU in Congo aveva ottenuto un cessate il fuoco, ma ora la situazione sta nuovamente peggiorando e si temono nuovi scontri a fuoco tra le forze governative (FARDC) e i miliziani ribelli del generale Laurent Nkunda. Le riprese ostilità ostacolano le attività di soccorso alla popolazione. Nelle strutture di emergenza allestite nei campi profughi, la missione UNICEF è impegnata nella vaccinazione di tutti i bambini sotto i 14 anni e delle donne in gravidanza. Oltre 2.000 bambini sono stati sottoposti a controlli contro la malnutrizione. (V.F.)
In Burundi, 4 mila persone in fuga dai saccheggi dei ribelli accolte dalla comunità parrocchiale locale di Bubanza
◊ Sono 4 mila gli abitanti della provincia di Bubanza, nel nord-ovest del Burundi, fuggiti dalle loro case in seguito agli attacchi delle milizie ribelli delle Forze Nazionali di Liberazione (FNL). La parrocchia locale li ha accolti ed ogni giorno dopo il lavoro nei campi, gli sfollati tornano a rifugiarsi nei suoi locali. L’agenzia Fides riferisce che, secondo il governatore della provincia, Pascal Nyabenda, i guerriglieri hanno saccheggiato le abitazioni dopo essere usciti dai loro nascondigli nei pressi della foresta. Il governatore accusa anche gli insorti di non aver rispettato un accordo che prevedeva il loro raggruppamento in tre campi di raccolta. Il portavoce del movimento ribelle non ha negato che membri delle forze ribelli abbiano commesso saccheggi, ma ha accusato la comunità internazionale di non aver rispettato l’impegno di “fornire cibo, vestiario e medicine” al gruppo. Le FNL hanno firmato con il governo un'intesa per la tregua nel settembre 2006, ma non si sono ancora chiusi i negoziati per il disarmo e la smobilitazione dei guerriglieri. Il 3 settembre, intanto, anche i 5 mila abitanti di un quartiere della capitale, Bujumbura, erano stati costretti alla fuga durante i combattimenti tra due fazioni rivali delle FNL. Durante gli scontri, scoppiati per la designazione di un leader del gruppo, 21 persone sono rimaste uccise. Circa due terzi dei quasi otto milioni di abitanti del Burundi sono cattolici e la Chiesa è attiva sul territorio con programmi di sostegno. Nel corso della guerra civile, durata dal 1993 al 2003, hanno perso la vita l’allora arcivescovo di Gitega, Joachim Ruhuna ed il nunzio apostolico in Burundi, l’arcivescovo Michael Courtney. (V.F.)
Esperti africani hanno messo a punto un piano di lotta al traffico di droga per tentare di frenare l’ingresso di stupefacenti
◊ In base alle stime delle Nazioni Unite, riportate dall’agenzia Misna, la quantità di cocaina sequestrata nella regione occidentale africana è passata dalle 2 tonnellate nel 2005 alle 14 tonnellate del 2006. Un incremento dovuto alla mancanza di mezzi di controllo doganali, ai conflitti regionali, alla povertà e alla corruzione. Ne è convinto Abdullahi Shehu, responsabile della Comunità economica degli stati dell'Africa occidentale (Ecowas/Cedeao), al quale è stato affidato il compito di condurre un programma regionale di lotta contro il riciclaggio di denaro sporco. Uno dei tanti aspetti presi in considerazione nel piano di contrasto al traffico di droga elaborato da esperti dell'Africa occidentale per tentare di frenare l'ingresso crescente di cocaina proveniente dal Sudamerica e di eroina asiatica. Un programma, messo a punto in un vertice di esperti riuniti in Senegal, che dovrà essere ora sottoposto ai governi dei 15 paesi membri della Cedeao. Stando a quanto hanno reso noto, l’Africa negli ultimi anni è diventato il luogo di passaggio, smistamento e scambio per i carichi di stupefacenti diretti in Europa. (B.C.)
Felice convivenza tra gli islamici e i cristiani nell’isola indonesiana di Flores. La testimonianza di una suora
◊ Una convivenza pacifica frutto di un’armonia islamo-cristiana. E’ quanto testimonia, all’agenzia Fides, suor Daniela Martinello, missionaria delle Suore del Santo Volto in Indonesia che da 13 anni vive e lavora nell’isola di Flores, un luogo che i locali chiamano Pulau Bunga cioè “isola dei fiori”. La religiosa della congregazione, che opera nell’arcidiocesi di Ende e nei villaggi di Maumere e Kupang, a Timor, parla di un “pieno rispetto, assoluta reciprocità, convergenza verso lo scopo del bene comune per la società” tra membri della comunità cristiana e quella islamica. Un’esperienza insolita visto che Flores è l’unico luogo dell’Indonesia - paese a larga maggioranza musulmana, con circa 200 milioni di fedeli - dove la religione cristiana è maggioritaria rispetto all’islam per eredità della colonizzazione portoghese: su una popolazione di circa un milione e mezzo di persone, i cattolici sono il 60% e i musulmani il 40%. “Noi, suore italiane e indonesiane - sostiene suor Daniela - viviamo con semplicità il Vangelo con le persone tra le quali operiamo. Ci occupiamo dei poveri che vengono nelle nostre case e dei bisognosi che andiamo a cercare a domicilio: i malati, i carcerati, tutti coloro che si rivolgono a noi - prosegue la religiosa - siano essi cattolici, musulmani, indù, protestanti, con i quali conviviamo serenamente, alimentando il dialogo e l’ecumenismo”. Suor Daniela parla anche della diversità di religione all’interno delle stesse famiglie, una realtà abbastanza frequente e normale e cita l’esempio di due gemelli: uno cattolico, l’altro musulmano. L’armonia tra la gente si respira anche in occasione delle feste cattoliche e islamiche, la popolazione fa attenzione alle facce nuove che giungono sull’isola perché è forte il timore per la presenza di estremisti radicali. “C’è piena reciprocità – sottolinea suor Daniela - si cerca di evitare che le piccole tensioni diventino grandi, anche perché c’è un situazione di povertà che può esser terreno fertile per il radicalismo”. Non mancano esempi di fruttuosa convivenza nelle scuole: la religiosa sostiene che negli istituti islamici non sono rigidamente coraniche e sono frequentate anche da alunni cattolici; viceversa bambini musulmani frequentano scuole cristiane. “In entrambe, in accordo con le autorità civili locali – continua la suora- è permessa l’ora di religione specifica e noi siamo potute andare a fare pastorale vocazionale agli alunni cattolici in una scuola islamica”. Flores è dunque un esempio di un islam aperto e tollerante “perché - sostiene la religiosa - è profondamente influenzato dalla mistica sufi”. “Tra le due comunità c’è pieno rispetto e accordo - ribadisce suor Daniela - vi sono ottime relazioni perché entrambe hanno a cuore il bene comune”. L’armonia sull’isola è di buon auspicio per le altre aree di tensione nell’arcipelago indonesiano ma anche per una pacifica convivenza islamo-cristiana nel mondo. (B. C.)
Nelle Filippine un milione di pellegrini hanno partecipato alla festa di Nostra Signora di Penafrancia, patrona di Bicol
◊ Nelle Filippine, ai nove giorni di feste tradizionali in onore di Nostra Signora di Penafrancia, hanno preso parte oltre un milione fra pellegrini, devoti e turisti. Le festività, riferisce l’agenzia AsiaNews, vennero istituite nel 1710 da padre Miguel Robles de Covarrubias, che costruì in onore della Vergine una cappella a Bicol, nell’arcidiocesi di Caceres. La patrona di Bicol è nota nel Paese come “Ina”, la Madre. In attesa del 2010, trecentesimo anniversario delle festività, l’arcidiocesi ha ordinato una preparazione triennale. Nel primo anno, si rifletterà sul dono della devozione ad “Ina”, durante il secondo su come rinnovare la fede tramite la Vergine ed il terzo sarà dedicato alla condivisione del futuro nella speranza. L’arcivescovo di Caceres, Leonardo Legaspi, ha ricordato che questi anni “devono però essere riuniti da un unico, grande tema: crescere nella santità sotto il mantello di Ina, nostra madre e protettrice”. (V.F.)
Nelle zone colpite dal terremoto, in Perù, arriva l’assistenza spirituale della Pastorale giovanile delle Pontificie Opere Missionarie
◊ Si chiama “Guarda il mondo con lo stesso sguardo di Cristo” l’iniziativa della Pastorale Giovanile Missionaria delle Pontificie Opere Missionarie, “Giovani senza frontiere”, che si è conclusa in questi giorni in Perù. Un gruppo del movimento, in base a quanto scrive l’agenzia Fides, si è recato nelle zone colpite dal terremoto dello scorso 15 agosto in particolare nel sud Chico. Nel sisma avevano perso la vita 519 persone, 1.844 erano stati i feriti, oltre 59mila le abitazioni distrutte e 20mila quelle danneggiate. Durante i quattro giorni di permanenza, i giovani hanno offerto assistenza materiale, distribuendo aiuti e donazioni, ma non trascurando il sostegno spirituale. “Come Giovani Senza Frontiere - si legge nella nota inviata all’agenzia Fides- non potevamo essere indifferente davanti a tanto dolore, ma il nostro lavoro missionario implicava anche l’alimento spirituale, poiché – prosegue ancora- era importante alimentare l'anima ed i cuori di queste persone che avevano tanto bisogno di un messaggio di fede e di speranza". Un’esperienza di fede “intatta” per le popolazioni colpite in grado di “accogliere ogni uomo perché è loro fratello”. Accanto a questa missione, diversi gruppi dell’Arcidiocesi di Lima, formati da dieci a dodici sacerdoti, hanno realizzato già oltre 30 viaggi nelle zone colpite per offrire assistenza spirituale ai disastrati. Un sostegno che andrà avanti fino a che la situazione nelle zone devastate dal terremoto tornerà alla normalità. Intanto si moltiplicano le proposte da parte di gruppi religiosi per promuovere nelle aree colpite incontri di catechesi per i bambini, per guidare la preghiera del Rosario e organizzare alcune attività di ricreazione ma anche fornire assistenza ai malati. (B.C.)
A Lima, in Perù, al via le attività dell’Istituto della Famiglia per promuovere la diffusione del matrimonio e della famiglia alla luce del Magistero della Chiesa
◊ Contribuire alla comprensione, alla promozione e alla diffusione del matrimonio e della famiglia a partire dal diritto naturale e alla luce del Magistero della Chiesa. Con questa intenzione, l’arcidiocesi di Lima ha dato il via alle attività dell’Istituto della Famiglia, nato la scorsa domenica 9 settembre, Giornata della Famiglia. Creato nell’ambito della Facoltà di Teologia Pontificia e Civile di Lima, l’istituto svilupperà attività di ricerca e di insegnamento al servizio dei fedeli, sostenendo l’animazione pastorale già avviata dalla Commissione della Famiglia dell'arcidiocesi della capitale peruviana. Numerose le attività in programma tra le quali spiccano un corso per fidanzati, un diploma nell’area dell’Orientamento e del Consiglio Familiare ma anche un sito web nel quale recuperare notizie utili sulla realtà familiare e sui documenti della Chiesa legati a questo tema. Ad annunciare tutte le iniziative è stato il cardinale Juan Luis Cipriani Thorne, arcivescovo di Lima, durante la Santa Messa di domenica scorsa. Nell’omelia, il porporato ha chiesto di difendere la vita del bambino non nato, sostenendo che “l'aborto parla della vigliaccheria della società contemporanea, in quanto gli egoisti del mondo di oggi non danno spazio al non nato. L'aborto – ha continuato il cardinale Cipriani - è un assassinio e quanti lo commettono sono assassini. E quei bambini hanno tutto il diritto a vivere”. Stando a quanto pubblicato dall’agenzia Fides, l'arcivescovo di Lima ha spiegato che una mentalità relativistica segnala che “dal momento che ci sono tanti aborti, bisogna legalizzarlo. Allora secondo questo stesso ragionamento, bisognerebbe anche legalizzare il furto, il delitto e tutto quello che avviene frequentemente in una società”. “La grande sfida del mondo di oggi - ha proseguito il cardinale - è la conquista della libertà dell'uomo. Oggi si parla molto di libertà, ma si calpesta la libertà”. (B.C.)
Un documento segreto preparato dal dipartimento propaganda dell’esercito nord-coreano impone l’eliminazione della religione
◊ “Salvare i nostri soldati dalla minaccia della religione”. E’ il titolo di un documento segreto messo a punto dal dipartimento propaganda dell’esercito nord-coreano nel quale si legge, in base a quanto riporta AsiaNews, che la religione “si sta diffondendo come un cancro” anche all’interno delle truppe chiamate “a difendere il socialismo” e per questo va estirpata “senza indugi”. Nel messaggio, inviato e fatto circolare da uno dei membri della Commissione democratica per la Corea del Nord che riunisce gli esiliati ed i rifugiati politici, si legge che non bisogna “guardare, ascoltare o leggere alcun prodotto fatto dai nemici, che cercano di veicolare messaggi religiosi ed anti-socialisti”. Grossa attenzione viene richiesta nei confronti delle delegazioni straniere, che potrebbero nascondere spie pronte a distribuire “materiale religioso e superstizioso” e definito come “veleno che corrompe il socialismo e paralizza le classi lavoratrici”. In Corea del Nord è permesso soltanto il culto del leader Kim Jong-Il e di suo padre Kim Il-Sung. Sono fortissimi gli ostacoli frapposti alla presenza religiosa nel Paese in particolare quella buddista e cristiana. Il regime infatti - scrive sempre AsiaNews - impone ai fedeli la loro registrazione in organizzazioni controllate dal Partito comunista e se questo non si realizza, le autorità ricorrono alle persecuzioni brutali e violente. In particolare viene perseguita l’attività missionaria, dal 1953, da quando cioè si è instaurato il regime comunista, sarebbero circa 300 mila i cristiani scomparsi e circa 100 mila quelli che, nei campi di lavoro, sono sottoposti a fame, torture e perfino alla morte. Secondo diverse testimonianze, i prigionieri cristiani che si trovano in carcere o nei campi di rieducazione, sono sottoposti ad un trattamento più duro rispetto agli altri detenuti. (B.C.)
Accordi tra Cina e USA per giocattoli sicuri. La Mattel chiede scusa per i controlli insufficienti
◊ Ieri a Washington, la Cina e gli Stati Uniti hanno concordato il divieto dell’utilizzo di vernice al piombo nei giochi esportati negli USA. La decisione arriva in seguito alla vicenda che ha coinvolto nelle scorse settimane l’azienda produttrice di giocattoli Mattel Incorporated, con oltre 18 milioni di pezzi ritirati dal mercato mondiale. Come riferisce l’agenzia AsiaNews, sempre ieri Robert Eckert, capo della Mattel, ha chiesto scusa davanti al Senato statunitense “per l’insufficiente controllo effettuato dalla sua ditta sui giochi prodotti in Cina con il suo marchio”, ma ha aggiunto che da agosto ogni carico di prodotti provenienti dall’Asia sarà ispezionato con cura. Ed ancora ieri, in una conferenza stampa, il capo dell’Amministrazione generale cinese per la supervisione della qualità, l’ispezione e la quarantena, massimo organo di controllo sui prodotti, ha assicurato che i giocattoli del prossimo Natale saranno “più sicuri e più attraenti”. Il funzionario, inoltre, ha spiegato che è in corso “l’unificazione degli standard di sicurezza” per i giocattoli con quelli degli Stati Uniti. Le principali ordinazioni dei giochi per Natale sono fatte proprio in questo periodo. Pechino sostiene che i suoi pezzi sono sicuri e che i recenti problemi dipendano dai diversi standard di sicurezza. Nello scorso anno Pechino ha esportato giocattoli per 7,5 miliardi di dollari e fornito l’87 per cento di quelli importati negli Usa. (V.F.)
Simposio intercristiano a Tinos su “San Giovanni Crisostomo, ponte tra Oriente ed Occidente”
◊ Dal 16 al 18 settembre si terrà a Tinos, isola greca delle Cicladi, il decimo Simposio intercristiano, organizzato dalla facoltà teologica dell’università “Aristotele” di Tessalonica e dall’istituto francescano di spiritualità della Pontifica Università “Antonianum” di Roma. Tema del simposio: “S. Giovanni Crisostomo, ponte tra Oriente ed Occidente”, tema scelto per la ricorrenza del 1.600° anniversario della morte del Santo. Di lui parleranno professori ortodossi e cattolici, mettendo in evidenza la “comunione” del Santo con le chiese d’Occidente, le traduzioni latine delle sue opere, la sua “presenza” nelle opere di S. Agostino e il suo influsso sulla “formazione” di Francesco d’Assisi, il significato ecumenico del suo pensiero sull’unità e sulla cattolicità della Chiesa, le somiglianze tra il Santo Dottore e Paolo di Tarso. Per l’apertura dei lavori sono previsti saluti di Sua Santità Benedetto XVI, di Sua Santità il Patriarca Ecumenico Bartolomeo I, del Metropolita di Syros, monsignor Dorotèos, dell’arcivescovo cattolico di Naxos e Tinos, monsignor Nikolaos Printezis e dei presidi delle università di Tessalonica e dell’Antonianum. La scelta di Tinos come sede del simposio è in gran parte dovuta alla presenza, nell’isola, del santuario dell’Annunciazione della Panaghià Evangelistrìa , un imponente struttura che domina il capoluogo e in cui si venera un’icona miracolosa della Vergine “Tutta Santa”. I simposi intercristiani si tengono ogni due anni con un avvicendamento Italia-Grecia. L’esperienza dice che essi hanno contribuito notevolmente alla causa dell’ecumenismo: i piccoli passi fatti hanno favorito una conoscenza che ha creato un clima di confortante distensione tra gli studiosi che ha avuto e avrà una promettente ricaduta sui fedeli delle due Chiese. (A cura di Padre Egidio Picucci)
In Canada scomunica "latae sententiae" per la piccola realtà locale dell' "Esercito di Maria"
◊ La “Comunità della Signora di tutti i Popoli”, più nota come “Esercito di Maria”, una piccola realtà locale canadese, è stata scomunicata per aver realizzato ordinazioni proibite di diaconi e sacerdoti, secondo quanto ha annunciato la Conferenza Episcopale del Canada, Paese in cui è stata fondata. “Dopo consultazioni con i Vescovi del Canada e la Congregazione vaticana per gli Istituti di Vita Consacrata e le Società di Vita Apostolica, la Congregazione vaticana per la Dottrina della Fede ha emesso una dichiarazione di scomunica contro i membri dell’ "Esercito di Maria". “Nonostante gli avvertimenti ripetuti dei Vescovi canadesi ed in particolare del Cardinale Marc Ouellet, Arcivescovo di Quebec, i membri dell’ "Esercito di Maria" hanno partecipato a ordinazioni proibite e non riconosciute dalla Chiesa cattolica. Queste offese hanno costretto la Congregazione a pubblicare la dichiarazione ‘sulla gravità della situazione e in mancanza di soluzioni alternative’”. “La liste delle persone scomunicate include padre Jean-Pierre Mastropietro, che ha realizzato pseudo-ordinazioni; gli individui che pretende di aver ordinato diaconi e sacerdoti; i membri del movimento e le sue opere associate che hanno partecipato a un atto scismatico prendendo parte a ordinazioni non valide e che hanno continuato a partecipare a questo gruppo, nonostante l’avvertimento del 26 marzo 2007 del Cardinale Ouellet”. La dichiarazione stabilisce che le scomuniche sono “latae sententiae”, vale a dire automatiche ed afferma che chi aderisce in modo consapevole e libero alla dottrina dell’ "Esercito di Maria" incorrerà nello stesso tipo di scomunica. Con questa dichiarazione, la Congregazione per la Dottrina della Fede desidera aiutare tutte le persone che potrebbero essere influenzate da questo gruppo “affinché rimangano fedeli alla Chiesa cattolica”. (R.P.)
In Russia il nuovo primo ministro, Viktor Zubkov, ha annunciato di voler presentare la propria candidatura alle presidenziali del 2008 – Rafforzate le misure di sicurezza in Israele per il capodanno ebraico. Allerta alta anche in vari Paesi islamici per l’inizio del Ramadan
◊ A tre mesi dalle elezioni politiche in Russia e a sei da quelle presidenziali, Vladimir Putin ha promosso un rapido cambio di governo nel Paese. Successore del premier Mikhail Fradkov, non sarà, come molti si attendevano, il vice premier Sergei Ivanov, bensì l'ex vice ministro delle Finanze, Viktor Zubkov. Ora la decisione dovrà essere avallata dalla Duma, ma il nuovo primo ministro ha già iniziato ad esporre i suoi programmi: sostituire il ministro dell’Economia e presentarsi alle presidenziali del 2008. A Fulvio Scaglione, vice-direttore di Famiglia Cristiana ed esperto della politica russa, Stefano Leszczynski ha chiesto un’analisi delle mosse pre-elettorali di Putin.
R. – Le elezioni presidenziali o comunque il cambio dell’inquilino del Cremlino, storicamente in questi decenni postsovietici, sono sempre stati preceduti da un cambio di governo. In secondo luogo, è vero che a noi personaggi come Fradkov o Zubkov sono poco noti o addirittura sconosciuti, ma non lo sono in Russia; certamente è l’orizzonte russo quello cui guarda Putin, quando fa queste operazioni.
D. – Come mai preparare una successione oggi?
R. – Io non sono sicurissimo che questa mossa di Putin serva a preparare una successione; non sono convinto che con questa mossa Zukov si piazzi in pole position per diventare il nuovo presidente. Potrebbe anche essere esattamente il contrario, cioè che Putin abbia scelto un personaggio di sicura fedeltà che, però, non ama le luci della ribalta. Zubkov, infatti, ha sempre lavorato prima nei servizi segreti e poi nella polizia fiscale e non ha mai manifestato ambizioni. Quella di Putin potrebbe essere una mossa non per preparare non una successione, ma per rafforzare il proprio ruolo di protagonista, con modalità ancora da decidere.
D. – Non sembra ci sia una grande sensibilità internazionale intorno a questi cambiamenti russi e soprattutto intorno alla fine del mandato di Putin e al suo successore. Come mai?
R. – Perché credo che un po’ tutti diano per scontato che Putin resterà in qualche modo sulla scena e non cambierà moltissimo nella situazione politica russa.
- La presenza delle truppe straniere in Iraq è destinata a diminuire entro la fine del 2008 di 30 mila uomini se la situazione sicurezza nel Paese del Golfo lo consentirà. E’ questo l’annuncio che, secondo anticipazioni di stampa, ci si attende dal presidente statunitense, Gorge W. Bush, nel messaggio che il capo della Casa Bianca rivolgerà questa notte alla nazione in diretta televisiva.
- Il Pentagono ha reso noto che uno dei leader di al Qaeda è stato arrestato in Afghanistan e trasferito nel carcere militare di Guantanamo. L’uomo, considerato un’esponente di “alto grado” della rete Osama Bin Laden, è accusato di coordinare i movimenti dei miliziani tra il Paese afgano, il Pakistan e l’Iraq. Ha inoltre confessato di aver pianificato e diretto diverse azioni terroristiche. Intanto, non si fermano le operazioni contro i Talebani. In una durissima battaglia, che si è svolta ieri nella provincia centrale di Uruzgan, le Forze della coalizione a guida statunitense hanno ucciso oltre 45 miliziani.
- Violenze anche in Pakistan. La guerriglia colpisce ancora nel nord del Paese, al confine con l’Afghanistan. In un attacco sferrato contro l’esercito regolare hanno perso la vita almeno una trentina di miliziani e nove militari pachistani. Intanto il presidente Musharraf, ha ordinato la scarcerazione di centinaia di esponenti dell'opposizione che erano stati arrestati in vista dell'arrivo, lunedì, dell'ex premier Nawaz Sharif, subito trasferito in Arabia Saudita.
- E proprio l’Arabia Saudita ha minacciato di boicottare la Conferenza internazionale sul Medio Oriente che gli Stati Uniti stanno organizzando per metà novembre, se sul tavolo non saranno messe le questioni più importanti relative al conflitto israelo-palestinese.
- Sono cominciate, quasi contemporaneamente, le celebrazioni per il capodanno ebraico e per il Ramadan, il mese sacro per i musulmani. Nello Stato Ebraico e in vari Paesi musulmani si temono attacchi terroristici. Il nostro servizio:
In Israele sono state rafforzate le misure di sicurezza per il timore di attentati e sono stati chiusi i valichi con i Territori Palestinesi. Anche in molti Paesi musulmani sono stati predisposti maggiori controlli perché, soprattutto durante gli anni ’90, gli attentati terroristici ed i massacri di civili più sanguinosi sono stati perpetrati proprio in questo periodo. Si temono, in particolare, attacchi da parte dei talebani in Afghanistan e di miliziani di Al Qaeda nella regione del Maghreb. Il Ramadan di quest'anno è poi segnato dalla preoccupante scissione tra Cisgiordania, amministrata dal partito moderato di Al Fatah, e la Striscia di Gaza, controllata dai miliziani del movimento islamico Hamas. Negli Stati Uniti, intanto, il presidente George W. Bush ha rivolto i propri auguri ai musulmani. L’auspicio – ha detto Bush – è che i giorni del Ramadan “ricordino a tutti noi che bisogna essere compassionevoli e caritatevoli”. Si stima che nel mondo i musulmani siano più di un miliardo e cento milioni. Di questi, più di 4 milioni vivono nei territori Palestinesi. Gli ebrei sono oltre 13 milioni, tra cui 5 milioni in Israele. In molti pensano che la strada del dialogo sia comunque percorribile ma non mancano segnali di inquietudine: l’incertezza nel futuro e il fondamentalismo portano molti giovani islamici a sposare la causa di organizzazioni come al Qaeda. In Israele, infine, ha ricevuto vasta eco la notizia della recente scoperta di una cellula di giovani ebrei neonazisti.
- In Indonesia si è registrata una nuova scossa di terremoto dopo i due movimenti tellurici di ieri che hanno provocato la morte di 8 persone nell’isola di Sumatra. L’ufficio meteorologico ha lanciato un nuovo allarme tsunami per le aree costiere, nel nord dell'isola di Sulawesi. Il 26 dicembre del 2004, almeno 168 mila indonesiani sono morti a causa dello tsunami provocato da un terremoto di magnitudo 9 sulla scala Richter.
- Il prezzo del petrolio vola sui mercati internazionali. Ieri è stato registrato il record di sempre per un barile di greggio, che ha toccato gli 80 dollari, superando il precedente massimo storico di oltre 78 dollari, fatto segnare lo scorso primo agosto. Il primato giunge prima della diffusione dei dati sulle scorte americane e all’indomani della decisione dell’OPEC, l’organizzazione dei Paesi produttori, di aumentare la produzione di barili. Inoltre, per l’Italia si temono conseguenze negative dopo l’allarme lanciato dall’ENEL per possibili black out nel prossimo inverno. Ma, in generale, quali sono le ricadute dell’innalzamento del prezzo del petrolio in Europa? Giancarlo La Vella lo ha chiesto a Marco Lossani, docente di Economia Internazionale all’Università Cattolica di Milano:
R. - Le ricadute sono quelle che già conosciamo: l’Europa importa petrolio e, quindi, risente negativamente di questo andamento dei costi di produzione che sono destinati a crescere. La cosa che ci preoccupa maggiormente è rappresentata dal fatto che, all’interno dell’Europa, ci sono economie diversamente dipendenti dal greggio. L’Italia è quella maggiormente dipendente dalle importazioni di petrolio ed è quindi maggiormente esposta ai rischi e alle conseguenze negative di questa situazione.
D. - Al contrario, il buon andamento dell’euro rispetto al dollaro potrebbe attenuare le conseguenze negative di questo rialzo del petrolio?
R. - Sì, l’euro forte serve a contenere i costi e le ricadute negative di questo maggior prezzo del petrolio che, essendo quotato in dollari, provoca conseguenze ancora più negative qualora l’euro risultasse debole. Queste conseguenze sono invece attenuate in una fase di euro relativamente forte.
D. - A chi fa comodo un prezzo così alto del petrolio?
R. - Evidentemente fa comodo a chi lo esporta, anche se questa è una realtà non del tutto corretta. Infatti, gli stessi Paesi esportatori di petrolio sono preoccupati nel momento in cui si dovesse manifestare un prezzo troppo alto per periodi lunghi; sanno che le conseguenze di questo andamento potrebbero essere alla lunga negative anche per loro, e qui faccio riferimento alla possibilità che i Paesi importatori di petrolio comincino a pensare seriamente a delle misure volte a contenere la dipendenza dal greggio. Questo, per altro, è già accaduto in passato, in occasione dei primi due ‘choc petroliferi’.
L’uragano Humberto ha raggiunto una velocità di circa 135 chilometri orari e ha toccato le coste dello Stato del Texas, negli Stati Uniti. Humberto si dirige adesso verso la Louisiana e il Missisippi. Secondo varie previsioni, potrebbero inoltre formarsi, in giornata, diversi tornado nel sud-ovest della Louisiana. (Panoramica internazionale a cura di Amedeo Lomonaco)
Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LI No. 256
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