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SOMMARIO del 08/09/2007
Il Papa a Mariazell: la verità non è intollerante, non si afferma con la forza ma dimostra se stessa nell'amore. Il commento di padre Lombardi
◊ “Guardare a Cristo” attraverso Maria, che indica suo figlio all’uomo: sta qui il significato del pellegrinaggio compiuto questa mattina da Benedetto XVI al Santuario austriaco di Mariazell, l’evento spirituale più atteso di questo settimo viaggio apostolico, giunto a metà del suo percorso. Il Papa ha ringraziato di cuore le decine di migliaia di fedeli radunatisi all’aperto per la Messa, nonostante la pioggia che ha continuato a cadere ininterrottamente. Una situazione che, al termine della Messa, ha indotto il Pontefice ha levare un appello alla solidarietà con le popolazioni dell’Austria colpite dalle alluvioni di questi giorni. Riviviamo i momenti salienti della celebrazione nella cronaca del nostro inviato a Vienna, Alessandro De Carolis:
Ogni persona di fede dovrebbe avere un cuore in continuo pellegrinaggio. Un cuore “inquieto” che desideri l’amicizia con Cristo, e che una volta scoperta impari a stare nella verità e nell’amore. La strada di questo pellegrinaggio passa per una richiesta, da rivolgere in particolare a Maria che tiene in braccio il figlio bambino, così come lo terrà in braccio da crocifisso. E’ il pellegrinaggio della fede cristiana, che stamattina Benedetto XVI ha indicato agli oltre 30 mila fedeli che hanno sfidato la pioggia e il freddo per vivere con lui il momento centrale del suo viaggio apostolico in Austria: la visita al Santuario di Mariazell, situato a 140 km. a sudovest di Vienna, fra le colline della Stiria.
Fin dall’alba centinaia di pullman e auto hanno percorso le strade che portano agli 870 metri di Mariazell. Strade che anche il Pontefice è stato costretto a percorrere: il maltempo gli ha impedito di giungere al Santuario in elicottero come previsto dal programma. La Madonna ci ricompenserà dei sacrifici patiti per il maltempo, ha detto ai fedeli Benedetto XVI quando, con un certo ritardo, ha potuto dare inizio alla celebrazione eucaristica per gli 850 anni di vita del tempio mariano, subito definito all’omelia “un luogo di pace e di unità riconciliata”. Prendendo ad esempio le figure del Vangelo che vissero l’ansia della ricerca, poi appagata dall’incontro con Gesù - Zaccaria, Elisabetta, Simeone, gli Apostoli - il Papa ha invitato i cristiani d’oggi a prendere esempio da loro:
"Dieses unruhige und offene Herz Brauchen wir. ...
Di questo cuore inquieto e aperto abbiamo bisogno. È il nocciolo del pellegrinaggio. Anche oggi non è sufficiente essere e pensare in qualche modo come tutti gli altri. Il progetto della nostra vita va oltre. Noi abbiamo bisogno di Dio, di quel Dio che ci ha mostrato il suo volto ed aperto il suo cuore: Gesù Cristo”.
E chiamando Dio come “unico Mediatore della salvezza valido per tutti, che interessa tutti e del quale, in definitiva, tutti hanno bisogno, questo - ha affermato il Papa - non significa affatto disprezzo delle altre religioni né assolutizzazione superba del nostro pensiero, ma solo l’essere conquistati da Colui che ci ha interiormente toccati e colmati di doni, affinché noi potessimo a nostra volta fare doni anche agli altri”. Il dono della fede in Dio, dunque, vuol dire dono della verità: ecco perché, ha spiegato ulteriormente Benedetto XVI, un cristiano non sa né può rassegnarsi come chi invece ritiene l’essere umano “incapace della verità”. Proprio “questa rassegnazione di fronte alla verità - ha osservato il Pontefice - è il nocciolo della crisi dell’Occidente, dell’Europa":
"Wenn es Wahrheit für den Menschen nicht gibt, dann kann er auch nicht …
Se per l’uomo non esiste una verità, egli, in fondo, non può neppure distinguere tra il bene e il male. E allora le grandi e meravigliose conoscenze della scienza diventano ambigue: possono aprire prospettive importanti per il bene, per la salvezza dell’uomo, ma anche – lo vediamo – diventare una terribile minaccia, la distruzione dell’uomo e del mondo. Noi abbiamo bisogno della verità".
La Madonna, come si comprende osservando la statuina di Mariazell, ha tenuto in braccio la verità e da sempre la indica al mondo. Benedetto XVI ha invitato a guardare alla piccola effigie in legno che da otto secoli e mezzo ha incastonato il messaggio del Vangelo nell’Europa mitteleuropea e che oggi è stata mostrata ai fedeli nella sua originaria semplicità artistica, la mano sinistra più grande che indica Gesù Bambino non coperta dai paramenti che vestono abitualmente la statua, eccetto tre giorni all’anno. E l’immagine di tenerezza familiare evocata dalla statua ha suggerito al Papa un altro pensiero di stringente attualità:
"Das Kind Jesus erinnert uns natürlich auch an alle Kinder …
Il bambino Gesù ci ricorda naturalmente anche tutti i bambini del mondo, nei quali vuole venirci incontro. I bambini che vivono nella povertà; che vengono sfruttati come soldati; che non hanno mai potuto sperimentare l’amore dei genitori; i bambini malati e sofferenti, ma anche quelli gioiosi e sani. L’Europa è diventata povera di bambini: noi vogliamo tutto per noi stessi, e forse non ci fidiamo troppo del futuro. Ma priva di futuro sarà la terra solo quando si spegneranno le forze del cuore umano e della ragione illuminata dal cuore - quando il volto di Dio non splenderà più sopra la terra. Dove c’è Dio, là c’è futuro”.
Il “sì” a Dio, che tuttavia lascia libero l’uomo di fare le proprie scelte, equivale - ha concluso Benedetto XVI - a quei “sì” che sono contenuti nei Comandamenti: sì alla famiglia, alla vita, all’amore responsabile, alla solidarietà, alla responsabilità sociale e alla giustizia, il sì alla verità e al rispetto delle persone e a ciò che appartiene a loro. Del resto, ha affermato il Pontefice, ritornando su un concetto espresso fin dai primi momenti del suo Pontificato, l’adesione ai comandi di Dio è tutt’altro che una prigione per il cuore e la volontà umane:
"Wenn wir das tun, dann sehen wir, …
Se questo noi facciamo, ci rendiamo conto che il cristianesimo è di più e qualcosa di diverso da un sistema morale, da una serie di richieste e di leggi. È il dono di un’amicizia che perdura nella vita e nella morte: „Non vi chiamo più servi, ma amici“ (cfr Gv 15,15), dice il Signore ai suoi. A questa amicizia noi ci affidiamo. Ma proprio perché il cristianesimo è più di una morale, è appunto il dono di un’amicizia, proprio per questo porta in sé anche una grande forza morale di cui noi, davanti alle sfide del nostro tempo, abbiamo tanto bisogno”.
Prima dell’atto conclusivo della Messa, Benedetto XVI ha avuto parole di incoraggiamento per le vittime delle alluvioni in Austria e un pensiero di cordoglio per i due anziani pellegrini purtroppo deceduti stamattina per un malore a Mariazell:
"Viele Menschen in Österreich haben durch die Überschwemmungen …
Sono molte le persone che qui in Austria stanno soffrendo, in questi giorni, a causa delle alluvioni ed hanno subito danni. Vorrei rassicurare tutte queste persone della mia preghiera, della mia compassione e della mia tristezza e sono certo che tutti coloro che potranno mostreranno solidarietà e li aiuteranno. Poi vorrei ricordare anche i due pellegrini che sono morti qui, oggi - li ho compresi nella mia preghiera durante la Santa Messa. Possiamo essere certi che la Madre di Dio li abbia condotti direttamente al cospetto di Dio, dato che erano venuti in pellegrinaggio dalla Madre di Dio per incontrare Gesù insieme a lei”.
Infine, la catechesi mariana di Benedetto XVI si è conclusa con un atto significativo e atteso dalla Chiesa locale: il mandato del Papa ai fedeli austriaci a vivere in coerenza al Vangelo e ad essere testimoni nel mondo “con sollecitudine e letizia”. E Benedetto XVI ha dato risalto al carattere mitteleuropeo del Santuario della Stiria salutando i pellegrini presenti nelle lingue abitualmente presenti in questo luogo: ungherese, sloveno, croato, ceco, slovacco e polacco.
Ma sulla Messa presieduta dal Papa nel Santuario di Mariazell ascoltiamo il commento del nostro direttore generale padre Federico Lombardi, al microfono di Sergio Centofanti:
R. – La prima cosa che colpisce è il fatto che questa celebrazione bellissima è avvenuta con un tempo terribile. Questo naturalmente ha reso le cose più difficili: se ci fosse stato un bellissimo sole sarebbe stata certamente una festa più gioiosa. Però non è senza significato che un pellegrinaggio comporti anche uno sforzo. Un pellegrinaggio non è una scampagnata e la gente che è venuta qui a Mariazell, anche in condizioni inclementi, dimostrando una grandissima attenzione e un grande raccoglimento, partecipando quindi molto profondamente a questo evento, dimostra quale sia il senso vero e più profondo del pellegrinaggio: un impegno nella vita, un impegno in un cammino per incontrare Cristo, che non è sempre facile e che se anche ha un prezzo ha, però, anche un grandissimo valore. Mi pare, quindi, che anche queste circostanze esterne possano essere lette come un significato particolare e bello di questo incontro.
D. – Il Papa ha tenuto, anche in questo caso, una omelia molto intensa ed ha detto che credere nella verità non è intolleranza, perché la verità non si impone con la forza, ma con la debolezza dell’amore…
R. – Sì, ed ho l’impressione che questa omelia del Papa a Mariazell, se posso dire, è una delle più belle che io abbia sentito, almeno a me ha colpito molto profondamente. Vorrei far notare anche il tono con cui il Papa l’ha detta: era un tono estremamente meditativo, attento e profondo, che dimostrava molto bene anche lo spirito con cui egli parlava e cioè stava dando un messaggio da lui sentito fino in fondo all’anima e in cui abbiamo questa sintesi molta bella, che è sua caratteristica, tra la densità del pensiero ed anche l’enunciazione delle verità impegnative e la spiritualità cristiana anche nei suoi aspetti più affascinanti. Quindi il Papa ha, certo, parlato del tema della verità, della verità di Dio, della verità di Cristo e di Cristo come unico mediatore, ma ci ha fatto capire benissimo – direi appunto sia con i concetti e sia anche con il suo atteggiamento – che questa nostra fede nella unicità di Cristo Salvatore non è qualcosa di intollerante o di prepotente, ma è una offerta fatta con convinzione e con amore e quello che noi proponiamo è questo Gesù, è qualcuno che qui ci si mostra – a Mariazell in particolare, ma sempre - come il bambino e come il Crocifisso e, quindi, assolutamente in modo non violento, non di potere, ma di grandissima umiltà, che vuole attirare l’amore, vuole mettersi nelle nostre mani e ci chiede di andare verso di Lui, di accoglierLo e di capire il suo amore fino alla fine. E quindi l’impegno del cristiano nell'annunciare la sua fede è una offerta; è un’offerta alla libertà dell’uomo ed è – anche se c’è un impegno morale che è richiesto dalla fede – un impegno che è un sì, non è un no, non è un qualche cosa di negativo, un porre i limiti all’agire dell’uomo e alle sue prospettive, ma è anzi una via per trovare una affermazione dei valori essenziali, l’incontro con Dio, la famiglia, l’amore per gli altri, la verità, la generosità. Si tratta di valori positivi e il Papa mi sembra che con questa omelia abbia saputo mostrare insieme l’esigenza e la bellezza della fede cristiana.
L'Europa non rinunci a se stessa: così il Papa a Vienna ai rappresentanti della diplomazia internazionale. L'aborto non è un diritto umano. La riflessione di Vittorio Possenti
◊ La prima, intensa, giornata del viaggio apostolico in Austria si era conclusa nel tardo pomeriggio di ieri con un importante discorso del Papa ai rappresentanti della diplomazia internazionale. I giornali locali hanno dato stamani grande risalto a questo intervento, sottolineandone in particolare i passaggi sul ruolo dell’Europa, e quelli riguardanti la condanna del Papa dell’eutanasia e dell’aborto. Il servizio del nostro inviato a Vienna, Alessandro De Carolis:
L’Europa “non rinunci a se stessa”, non dimentichi il Vangelo che l’ha formata, le idee di libertà, di giustizia e di convivenza solidale scaturite dal giudaismo e dal cristianesimo, e dunque non tradisca la diretta conseguenza di ciò, ovvero l’idea che ogni uomo abbia dei diritti che non possono essere violati. L’Europa che invecchia smetta di uccidere la vita pronta a nascere e vinca la tentazione di sopprimere quella che si spegne dolorosamente, perché se il diritto alla vita è il primo e inalienabile, aborto e eutanasia sono il suo contrario. Ha ruotato attorno a questi concetti fondamentali l’ampio e incisivo discorso che ieri pomeriggio Benedetto XVI ha pronunciato nella residenza del capo dello Stato austriaco, davanti ai rappresentanti della diplomazia internazionale.
Dopo un breve saluto protocollare con il presidente, Fischer, e i suoi familiari, davanti al Papa si è parato il sontuoso scenario illuminato a giorno della grande sala dei ricevimenti dell’Hofburg, la residenza imperiale che per oltre 600 anni fu l’emblema degli Asburgo. L’intermezzo di un quartetto d’archi ha introdotto agli interventi del capo dello Stato austriaco e di Benedetto XVI, il quale ha anzitutto espresso, come ieri all’arrivo, la gioia di trovarsi in Austria: Paese, ha riconosciuto, ricco a più livelli - naturalistico, culturale, artistico - che non crede di essere “un’isola felice” e tuttavia, ha affermato il Pontefice, “molto di ciò che possiede lo deve alla fede cristiana”. In modo analogo, allargando il concetto all’Europa, Benedetto XVI ha ribadito con forza:
"Europa kann und darf seine christlichen Wurzeln nicht verleugen. …
L’Europa non può e non deve rinnegare le sue radici cristiane. Esse sono una componente dinamica della nostra civiltà per il cammino nel terzo millennio. Il cristianesimo ha profondamente modellato questo Continente (…) La fede ha la sua manifestazione soprattutto nelle innumerevoli persone che essa, nel corso della storia fino ad oggi, ha portato ad una vita di speranza, di amore e di misericordia”.
Quello di Benedetto XVI è stato un crescendo di esortazioni, a partire da quella a difesa della vita umana:
"Das grundlegende Menschenrecht, die Voraussetzung für alle anderen Rechte, …
Il diritto umano fondamentale, il presupposto per tutti gli altri diritti, è il diritto alla vita stessa. Ciò vale per la vita dal concepimento sino alla sua fine naturale. L’aborto, di conseguenza, non può essere un diritto umano – è il suo contrario".
Nel dire questo, ha precisato il Pontefice, “non esprimiamo un interesse specificamente ecclesiale. Ci facciamo piuttosto avvocati di una richiesta profondamente umana e ci sentiamo portavoce dei nascituri che non hanno voce. Non chiudo gli occhi davanti ai problemi e ai conflitti di molte donne e mi rendo conto che la credibilità del nostro discorso dipende anche da quel che la Chiesa stessa fa per venire in aiuto alle donne in difficoltà”. Anche sulla questione dell’eutanasia, il Papa ha invocato un’urgente riforma strutturale in campo sanitario, che contrasti con il ricorso organizzato all’“assistenza palliativa” la deriva di questo preoccupante “aiuto a morire”. E ai governi, inoltre, ha rivolto un invito a orientare in senso etico la globalizzazione, sulla base della “giustizia sociale” e della “liberalità, che sono i pilastri di ciò che si intende per “modello europeo”:
"Freilich hat Europa auch schreckliche Irrwege erlebt und elitten. …
Certamente, l’Europa ha vissuto e sofferto anche terribili cammini sbagliati. Ne fanno parte: restringimenti ideologici della filosofia, della scienza ed anche della fede, l’abuso di religione e ragione per scopi imperialistici, la degradazione dell’uomo mediante un materialismo teorico e pratico, ed infine la degenerazione della tolleranza in una indifferenza priva di riferimenti a valori permanenti. Fa però parte delle caratteristiche dell’Europa una capacità di autocritica che, nel vasto panorama delle culture del mondo, la distingue e la qualifica”.
Capacità di riconoscere i propri errori e, più ancora, di riconoscere i propri antichi valori di solidarietà: questa la leadership auspicata da Benedetto XVI per l’Europa. Valori che le vengono da un’eredità storica incancellabile. “L’universalismo ugualitario, dal quale sono scaturite le idee di libertà e di convivenza solidale - ha asserito il Papa citando il filosofo Habermas, che non aderisce alla fede cristiana - è un’eredità immediata della giustizia giudaica e dell’etica cristiana dell’amore”. Immutata “nella sostanza, questa eredità è stata sempre di nuovo fatta propria in modo critico e nuovamente interpretata. A ciò fino ad oggi non esiste alternativa”. (Da Vienna, Alessandro De Carolis, Radio Vaticana)
Sui passaggi salienti del discorso di Benedetto XVI al Corpo Diplomatico, Alessandro Gisotti ha intervistato il prof. Vittorio Possenti, docente di Filosofia politica all’Università di Venezia, che si sofferma in particolare sulle radici dell’Europa e il suo ruolo nel mondo di oggi:
R. - E’ importante che l’Europa sia consapevole della tradizione di cui è portatrice, e non l’abbandoni e quindi che sia "capace di autocritica", vale a dire quella che può essere nei confronti di una strada che non funziona più, come può essere stata l’autocritica nei confronti del marxismo, del materialismo storico ma può essere anche un’autocritica nei confronti di un sentiero da cui ci si è in parte allontanati. Mi pare che il senso del discorso di Benedetto XVI sia un invito all’Europa a non abbandonare il sentiero della vita, cioè il sentiero delle sue radici ebraico-cristiane.
D. – Proprio a proposito di vita, il Papa è tornato sul valore irrinunciabile della persona fin dal suo concepimento: “L’aborto, ha detto, non può essere considerato un diritto umano”...
R. – Il rischio che viene elevato dalle pratiche abortive o anche dalle manipolazioni genetiche è un rischio molto serio nei confronti del diritto alla vita. Non si può parlare di un diritto all’aborto, può essere eventualmente una tristissima situazione ma non certamente un diritto.
D. – In una parte del discorso, il Papa si è soffermato sul dialogo tra fede e ragione, un tema che potremmo dire tipicamente “ratzingeriano”. Benedetto XVI cita Habermas, un filosofo che non aderisce alla fede cristiana, con il quale l’allora cardinale Ratzinger aveva dialogato...
R. – Esiste un passaggio importante perché al di là dell’orizzonte fondamentale della fede, i cristiani come cittadini dell’Europa, devono valorizzare tutte le possibilità di cooperazione, di collaborazione che emergono nell’ambito dei non credenti. Mi pare che la frase di Habermas, citata da Benedetto XVI, dica qualcosa di molto importante cioè che l’eredità cristiana, che riguarda il rispetto e l’amore del prossimo, che riguarda l’importanza della libertà, che riguarda la fondamentalità della giustizia, è qualcosa di cui non possiamo fare a meno, credenti e non credenti. Detto in altri termini, i diritti fondamentali dell’uomo sono retaggio immediato del cristianesimo e molto difficilmente possono mantenersi senza l’animazione del Vangelo.
D. – D’altro canto il Papa mette in guardia, anche in questo discorso, da una certa degenerazione della tolleranza in una indifferenza priva di riferimenti e valori permanenti. Sembra tornare il richiamo sulla dittatura del relativismo nell'omelia per la Messa pro eligendo Romano Pontifice...
R. – Noi abbiamo di fronte questi due rischi seri: da un lato la posizione relativistica che pone a fondamento della vita democratica una mera convenzione, un consenso variabile tra i cittadini, e dall’altro sta nascendo questa posizione forte che è l’idea che solo la scienza ci dà la verità, solo la scienza conosce e quindi noi dobbiamo seguire sempre e comunque i dettami della scienza. E richiede, questo, un discernimento importante di cui Benedetto XVI ha dato grandi prove e tanto nel discorso a cui faceva riferimento lei, l'omelia per la Messa pro eligendo Romano Pontifice, quanto nel discorso importante di Ratisbona.
Radiocronache del viaggio del Papa in Austria
◊ Oggi pomeriggio il Papa presiederà nel Santuario di Mariazell i Vespri mariani con i sacerdoti, i religiosi, i diaconi e i seminaristi. La Radio Vaticana trasmetterà la cronaca del rito a partire dalle 16.30 con commento in italiano sull’onda media di 585 kHz e sulla modulazione di frequenza di 105 MHz. Questa sera il Papa tornerà a Vienna dove domani mattina presiederà la Messa nel Duomo di Santo Stefano. La cronaca della celebrazione sarà trasmessa a partire dalle 9.50 sulle medesime frequenze.
Oggi su "L'Osservatore Romano"
◊ Servizio vaticano - La visita pastorale di Benedetto XVI in Austria. I discorsi, i servizi del nostro inviato Giampaolo Mattei, la rassegna della stampa internazionale.
Servizio estero - Per la rubrica dell'"Atlante geopolitico" un articolo di Giuseppe Fiorentino dal titolo "11 settembre: una nube di violenza avvolge ancora il mondo".
Servizio culturale - Un articolo di Franco Pelliccioni dal titolo "La 'strada degli undici giorni' che sfiora le montagne di smeraldo": Egitto, lungo l'antico itinerario greco-romano che dalla mitica città di Berenice Trogloditica porta al Nilo.
Servizio italiano - In rilievo il tema della finanziaria.
Nuovo minaccioso video di Bin Laden fa tornare la paura nel mondo
◊ Un video di trenta minuti, prima circolato su internet e poi trasmesso da Al Jazeera, ha mostrato il volto di Osama Bin Laden. A tre anni di distanza dall’ultimo filmato e in vista del sesto anniversario degli attentati alle Torri Gemelle e al Pentagono , il capo di al Qaeda è apparso più invecchiato con una barba insolitamente scura. Nel suo proclama si è scagliato contro gli Stati Uniti anche se non ha fatto minacce dirette. Gli esperti sono quasi sicuri che la voce appartenga allo “sceicco del terrore” mentre la Cia ha lanciato l’allarme per imminenti attentati contro obiettivi americani. Il servizio di Benedetta Capelli:
“Il nastro ci ricorda in che mondo pericoloso viviamo e che dobbiamo lavorare assieme per proteggere il nostro popolo”. E’ la prima reazione del presidente americano Bush, dall’Australia, dopo il video nel quale Bin Laden attacca gli Stati Uniti ed in particolare i democratici incapaci di fermare la guerra in Iraq nonostante la maggioranza al Congresso. Ed è proprio al Paese del Golfo al quale Bush fa riferimento difendendo la lotta al terrorismo “perché – ha sottolineato il capo della Casa Bianca- il video ci ricorda che l’Iraq è parte di questa guerra”. Nel suo lungo intervento, il capo di al Qaeda invita la guerriglia ad intensificare gli attacchi nel Paese del Golfo e sottolinea come l’11 settembre abbia segnato l’inizio della caduta americana, visibile negli insuccessi sia della guerra in Iraq ma anche nell’intervento in Afghanistan. Inoltre a fallire, per lo “sceicco del terrore”, è anche il sistema capitalistico “che cerca di trasformare il mondo intero nel dominio delle grandi multinazionali” e allora porta l’esempio dell’Islam dove non ci sono tasse ma solo la “zakat”, il versamento di una somma per beneficenza. Duro l’attacco poi all’Occidente che ha diffuso “la cultura dell’Olocausto” e cita l’Inquisizione, i campi di concentramento, la scomparsa degli Indiani d’America, la bomba atomica. “E’ l'Occidente – ribadisce Bin Laden- ad incenerire”, mentre l'Islam permette per esempio “a milioni di cristiani di vivere in Egitto”. E’ solo abbracciando l’Islam che per il capo di al Qaeda si può intravedere una via di uscita. La Cia, che ha intercettato il video prima della sua diffusione ed in seguito all’annuncio apparso nei giorni scorsi sui siti islamici, ritiene che la voce di Bin Laden sia con ogni probabilità autentica. L’intelligence sostiene anche che ci siano attentati in preparazione su vasta scala contro obiettivi statunitensi. Per quanto riguarda la realizzazione del video, sembra possibile che la registrazione risalga ad un mese fa. Sono diversi i riferimenti all’attualità: vengono citati Nicholas Sarkozy e Gordon Brown, da poco insediatasi, ma anche al 62° anniversario di Hiroshima e Nagasaki. Un evento che risale al 6 e 9 agosto scorsi.
Un filmato, dunque, recente quello firmato da Osama Bin Laden e che è ancora al vaglio degli esperti dell’intelligence americana. Ma qual è l’elemento più importante che si evince dal nuovo messaggio del capo di al Qaeda? Stefano Leszczynski lo ha chiesto ad Andrea Margelletti, presidente del Centro Studi Internazionali ed esperto di strategie militari:
R. - Innanzitutto il dato più importante in assoluto riguarda i dubbi sulla sorte di Bin Laden, si temeva fosse stato ucciso o fosse morto di morte naturale. Con questa nuova apparizione il dubbio sembra essere risolto e questo è indiscutibilmente la cosa più rilevante.
D. – La Intelligence americana è molto preoccupata ritenendo possibili dei nuovi attentati...
R. – Molto spesso i messaggi sono stati annunciatori proprio di attentati perché in un certo senso erano diretti alle cellule operative, quindi alcune frasi che possono sembrare, ad una prima osservazione, innocue, sono in realtà veri e propri ordini. Speriamo che in questo caso non sia così.
D. – Ci sono anche dei riferimenti particolari: per esempio al fatto che nell’Islam si paghino meno tasse. Perché questo tipo di argomenti in un messaggio che dovrebbe essere molto importante e strategico?
R. – Perché per chi vuole un Islam assoluto, totalitario ma comunque globale, deve parlare a tutti e quindi cercare di toccare le corde di tutti.
D. – L’Iraq è il Paese citato nel discorso; questo significa che la forza di al Qaeda si è spostata dall’Afghanistan al Paese del Golfo?
R. – Direi di no. E’ una battaglia globale dove l’Iraq rappresenta uno degli scenari di questa battaglia, più propriamente un campo di battaglia.
D. – L’Europa è a rischio attentati al pari degli Stati Uniti?
R. – C’è un rischio globale molto ampio, è bene però ricordare che fortunatamente, soprattutto in Italia, le forze di polizia e i servizi funzionano e fino adesso le cose sono andate bene.
D. – Quello che sta succedendo oggi in Algeria, secondo lei, è causa di un’estensione di al Qaeda?
R. – C’è stato qualche mese fa un accordo tra i vari gruppi principali salafiti nel Nord Africa. Esiste dunque il rischio che le cose divengano, nel breve o medio termine, assai complicate.
Penultima giornata di lavori all'Assemblea ecumenica di Sibiu. Intervista con Andrea Riccardi
◊ Si è aperta con l’invocazione alla Vergine Maria per l’unità dei cristiani la penultima giornata di lavori della Terza Assemblea ecumenica europea, che vede riuniti da martedì scorso a Sibiu, nel cuore della Romania, più di duemila delegati ortodossi, cattolici e protestanti sul tema ‘La luce di Cristo illumina tutti’. Stamani l’apertura della plenaria è stata preceduta da numerose celebrazioni della Festa della Natività di Maria, secondo i diversi riti cristiani, nelle varie chiese della città. In primo piano poi le relazioni dai nove forum che si sono svolti nei giorni precedenti e la presentazione della bozza del documento finale di Sibiu, che verrà pubblicato questa sera nella sua versione conclusiva. Ieri mattina era giunto in assemblea una messaggio augurale di Chiara Lubich: una preghiera affinché lo Spirito Santo infonda speranza sempre nuova al cammino ecumenico. Al centro dei lavori c’era poi stata la relazione di Andrea Riccardi, fondatore della Comunità di Sant’Egidio sulle responsabilità dei cristiani in Europa. Eccolo, al microfono di Fabio Colagrande, riassumere il significato di questa assemblea ecumenica:
R. – Guardi, francamente per me, riguardo al sentimento, a Graz c’era più entusiasmo e più ingenuità. Era caduto il muro da poco ma qui io ho la sensazione che i cristiani abbiano capito che debbono fare qualcosa insieme in Europa, non l’hanno capito solo gli ortodossi e i cattolici ma gli evangelici con loro e questo, secondo me, è importante: qui comincia a maturare un inizio di senso di responsabilità europea.
D. – Eppure, lo ha detto anche lei, c’è ancora qualcuno che si chiede a cosa serva l’ecumenismo?
R. – Molti se lo chiedono. Ci sono molte risposte a questa domanda. Innanzitutto l’unità è un comandamento di Gesù e noi questa unità dobbiamo cercarla. E’ difficile? Allora perché la gente si odia, noi dobbiamo rinunciare a vivere il comandamento dell’amore? Noi dobbiamo vivere il comandamento dell’unità, questo è il primo grande motivo, la preghiera di Gesù: “Che siano una cosa sola”. La seconda questione è che ci sono le domande del mondo, le domande dell’Europa, le domande della nostra gente che chiedono di lavorare insieme, di essere amici e di essere fratelli.
D. – Anche dalle sue parole sembra che ci sia un forte distacco da questo impegno per la pace e la giustizia dei cristiani in Europa e quello che invece sta accadendo nel mondo politico in Europa?
R. – Io credo che in Europa c’è una crisi di idee e di visioni e quindi anche una crisi di classe dirigente politica. Noi cristiani abbiamo delle visioni e dobbiamo farle crescere e comunicarle con audacia, con coraggio, e con rispetto ai nostri fratelli europei.
D. – Abbiamo assistito a Sibiu anche ad uno scontro, amichevole ma scontro di posizioni teologiche, ad esempio tra il cardinale Kasper e il vescovo Huber sul recente documento della Dottrina della fede. Questi scontri teologici possono ostacolare il cammino ecumenico?
R. – Non bisogna avere paura delle discussioni teologiche, amicizia non è negare le differenze e non è evitare di discutere, io non ci credo che questo può turbare.
Prima di presentare e discutere il testo finale della Terza Assemblea ecumenica europea di Sibiu, i delegati si sono concessi ieri sera una serata culturale organizzata da alcune associazioni e movimenti ecclesiali dal titolo «Lungo il sentiero della luce ». Attraverso il racconto di fatti vissuti e con diverse espressioni artistiche si è inteso dare testimonianza dell’aspirazione e dei passi fin qui compiuti verso una comunione più piena tra tutti i cristiani. Il servizio di uno dei nostri inviati, Mario Galgano:
La preghiera comune è essenziale per alimentare il movimento ecumenico. Questa idea sottolineata in molti discorsi della Terza Assemblea ecumenica europea di Sibiu, è ampiamente supportata dall’accoglienza che le comunità cristiane locali hanno offerto ai delegati. I Focolari della Romania, insieme a Neocatecumenali, Comunità di Sant’Egidio e Comunione e Liberazione hanno promosso ieri sera uno spettacolo di arte, danza e musica per rendere omaggio alla vita. E’ stato finora l’unico evento durante l’Assemblea nel quale il “Popolo di Sibiu”, rappresentato dai movimenti è stato al centro dell’intero incontro ecumenico.Lo scopo è stato quello di esprimere una varietà di spiritualità che arricchiscono la Chiesa e le diverse comunità cristiane con diversi contributi artistici. E’ stato soprattutto al termine dello spettacolo che questo concetto è emerso in tutta la sua interezza attraverso una coreagrafia di giovani provenienti da tutta la Romania, i quali hanno espresso la luce di Cristo che rende persone autentiche.
Leader religiosi pregano tra i ghiacciai della Groenlandia per la salvaguardia del Creato
◊ Sono entrati nel vivo ieri in Groenlandia i lavori del Simposio "Artico: specchio di vita", promosso dal Patriarca Ecumenico di Costantinopoli, Bartolomeo I, con l'Organizzazione non governativa Religione Scienza e Ambiente. Nel pomeriggio, gli oltre 150 partecipanti hanno preso parte ad un importante momento interreligioso. Poi le sessioni del simposio dedicate agli studi scientifici sulla regione e sulle popolazioni locali. Infine la navigazione è ripresa: destinazione Nuuk, la prima città dell'isola. Il servizio della nostra inviata in Groenlandia, Giada Aquilino:
Dodici leader religiosi, riuniti nel punto dove il ghiacciaio Sermeq Kujalleq, in un profondo fiordo, sfocia al mare accompagnato da un lungo corteo di iceberg. In questa scenografia, ieri gli esponenti delle diverse religioni, che partecipano al simposio in navigazione lungo le coste occidentali della Groenlandia, hanno pregato silenziosamente per la salvaguardia del Pianeta. Di fronte alla maestosità dei ghiacci, oggi minacciata dalle conseguenze di un inquinamento sconsiderato, al Patriarca ortodosso Bartolomeo I si sono uniti il cardinale Theodore McCarrick, inviato del Papa, il vescovo luterano di Groenlandia Sofie Peterson, il gran rabbino Shirat di Parigi, ma anche rappresentanti musulmani sciiti e sunniti, buddisti, induisti, shintoisti, evangelici, del Consiglio mondiale delle Chiese e delle comunità artiche. Ognuno secondo il proprio rito e la propria tradizione, ma con i cuori e le menti "rivolte immediatamente alle meraviglie di Dio", come ha ricordato ieri Benedetto XVI nel suo messaggio al Patriarca Bartolomeo. Accanto a loro, un gruppo di bambini di ogni Continente, per ribadire che in gioco c'è in fondo il loro futuro. Una testimonianza di affetto, quella dei più piccoli, rinnovata anche nel pomeriggio, quando a decine sono accorsi ad incontrare il Patriarca e gli altri partecipanti al simposio sulla vetta di fronte il ghiacciaio di Ilulissat, laddove una incisione dell'Unesco ricorda che quel lembo di ghiaccio scintillante è patrimonio dell'umanità. Poi il via ufficiale ai lavori scientifici del simposio "Artico: specchio di vita". Nel suo discorso inaugurale, il Patriarca ha ricordato la passata edizione dedicata all'Amazzonia, ribadendo che le "catastrofi sono più acute che mai" e che l'Artico, in fondo, riflette lo stato di salute di tutta la Terra. Poi una sua anticipazione sul prossimo simposio, che si terrà in Egitto: sul Nilo, spiegano gli organizzatori. A dimostrazione che l'impegno interreligioso per l'ambiente non conosce sosta. (Da Ilulissat, Giada Aquilino, Radio Vaticana)
Istruzione e salute al centro della Giornata dell'Alfabetizzazione
◊ L’educazione ha un ruolo cruciale “nel favorire la diffusione globale di migliori condizioni di salute”: è quanto sottolinea il segretario generale dell’ONU, Ban Ki-moon, nel messaggio per l’odierna Giornata Mondiale dell’Alfabetizzazione incentrata quest’anno sul legame tra istruzione e salute. “I bambini – si legge nel messaggio – hanno statisticamente maggiori possibilità di crescere sani” quando “sono allevati da madri alfabetizzate”. Parole riprese anche nel messaggio per l’occasione del direttore dell’UNESCO, Koïchiro Matsuura. Le Nazioni Unite ricordano che, ad oggi, sono ancora 774 milioni gli analfabeti nel mondo, due terzi dei quali donne. Oltre 72 milioni, inoltre, sono i bambini che non frequentano alcuna scuola. Sull’importanza dell’educazione per lo sviluppo della salute nei Paesi poveri, Alessandro Gisotti ha intervistato mons. Aldo Martini, presidente dell’OPAM, l’Opera di Promozione dell’Alfabetizzazione nel mondo:
R. – L’alfabetizzazione non è soltanto insegnare a leggere, a scrivere, ma comprendere la trasmissione di molte altre conoscenze che sono più facilmente acquisibili nel contesto dell’insegnamento scolastico. A scuola, si possono insegnare norme d’igiene, come l’uso dell’acqua potabile, nozioni di educazione sanitaria. Certo, è indubbio che la scuola facilita enormemente questo compito: arriva a molte più persone e poi incide più fortemente sul costume di bambini, e soprattutto delle bambine, che saranno le futuri madri. In questo modo, i maestri che hanno in carica i bambini per cinque o sei anni possono seguire da vicino, con continuità, tutto lo sviluppo di questa educazione sanitaria, che la scuola, specialmente nei Paesi più poveri, svolge accanto al resto dell’impianto educativo.
D. - L’ONU mette l’accento sul ruolo dell’alfabetizzazione delle donne, per il futuro dei propri bambini, dei propri figli: qual è la vostra esperienza a riguardo?
R. – Oggi una donna alfabetizzata è un investimento enorme per questi Paesi, perché una donna è in grado di affrontare con maggiore consapevolezza la propria maternità: sappiamo che, specialmente nei Paesi dell’Africa, le bambine vanno spose a 12, 14 anni, quindi se sono istruite affrontano la maternità con una maggiore consapevolezza, e hanno una maggiore cura delle condizioni di salute del bambino, una volta messo al mondo. Tutti i missionari con cui parliamo ci dicono proprio che l’educazione della donna è un investimento formidabile per cambiare le condizioni di vita.
D. - L’OPAM compie quest’anno il suo 35.mo anniversario di vita. Ci sono delle iniziative particolari?
R. - Noi puntiamo molto, in questo 35.mo anniversario, a continuare le scelte che abbiamo fatto recentemente, in questi ultimi due tre anni. Puntiamo soprattutto all’inserimento e al finanziamento dei maestri, perché il maestro nella scuola è tutto. Un conto è avere una bella scuola però priva di maestri, un altro conto è avere un maestro formato, una maestra, soprattutto in molti paesi. Cerchiamo di favorire l’inserimento delle donne come maestre, perchè hanno un diverso approccio con le bambine e i genitori mandano più volentieri le figlie quando sanno che c’è una maestra.
Festival del Cinema di Venezia: la Giuria cattolica assegna i Premi Signis
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In the Valley of Elah dell’americano Paul Haggis convince la Giuria cattolica del Premio Signis alla Mostra del Cinema di Venezia. Conferme per le due intense ed attuali pellicole del franco-tunisino Abdellatif Kechiche, Le Graine et le mulet, che riceve anche due ulteriori premi di ispirazione cattolica, e dell’inglese Ken Loach con It’s a free world. Il servizio di Luca Pellegrini:
Hanno voluto privilegiare quei film che riflettono il difficile presente dell’uomo e della società i premi che le tre giurie di ispirazione cattolica hanno assegnato a conclusione della Mostra veneziana. La guerra, innanzitutto, come devastazione fisica e morale e i problemi dell’immigrazione, dell’integrazione e quelli di una società che pericolosamente si sfalda perdendo il senso della famiglia e della solidarietà. Valerio Sammarco, che ha partecipato in qualità di giurato italiano all’assegnazione del Premio Signis, mette in evidenza le motivazioni che hanno condotto la Giuria a riconoscere in modo coerente e intelligente le qualità artistiche ed umane delle pellicole premiate:
R. - Il premio Signis è stato assegnato a Paul Haggis perché attraverso la vicenda individuale e dolorosa di un padre alla ricerca del figlio scomparso, tra l’altro appena tornato dall’Iraq, Paul Haggis riesce a far emergere con forza e incisività la disperazione sommersa di una nazione che si interroga sul sacrificio dei propri figli in nome di una guerra tanto strumentale quanto forse tragicamente inutile. Questo, secondo me, è stato l’aspetto più importante di questa mostra di Venezia, il tema forse più forte e strettamente attuale per quello che riguarda la cronaca odierna che a poco a poco si trasforma in storia.
D. – Le menzioni speciali agli altri due film hanno delle motivazioni nel Premio Signis?
R. – Quello di Ken Loach perché tornando al suo filone prediletto di denuncia sociale, il regista britannico getta uno sguardo impietoso sulle condizioni disumane degli immigrati clandestini in Gran Bretagna e sugli abusi nel mondo del lavoro. Ken Loach si sofferma sul degrado e sulla disperazione delle classi più povere in nome del profitto. Per quanto riguarda invece il film di Kechiche, la giuria Signis ritiene di premiarlo con una menzione speciale perché attraverso il ritratto della quotidianità di una famiglia magrebina nella Francia del Sud, il regista franco-tunisino si sofferma sugli aspetti di una realtà multiculturale alle prese con le difficili condizioni di lavoro sociali ed affettive e grazie alla centralità di un personaggio come Limane, emerge con forza l’attenzione per valori importanti quali il sacrificio per garantire un avvenire ai propri cari.
Le due giurie, infine, che assegnano il Premio La Navicella-Venezia Cinema dell’Ente dello Spettacolo e quello dedicato al padre gesuita Nazzareno Taddei, rispettivamente presiedute da Mons. Dario Viganò e dal critico cinematografico Morando Morandini, hanno confermato entrambe il valore del film di Kechiche per il calore umano e la profondità dei sentimenti con i quali è suggestivamente raccontata una storia di arabi francesi. Un verdetto che porta questo film ad essere valutato come una delle pellicole più belle ed intense degli ultimi anni.
Il commento di don Massimo Serretti al Vangelo della Domenica
◊ Nella XXIII Domenica del Tempo ordinario, la Liturgia ci presenta il Vangelo in cui Gesù, vedendo che in molti andavano da lui, dice:
“Se uno viene a me e non odia suo padre, sua madre, la moglie, i figli, i fratelli, le sorelle e perfino la propria vita, non può essere mio discepolo. Chi non porta la propria croce e non viene dietro di me, non può essere mio discepolo”.
Sul significato di questo brano del Vangelo, ascoltiamo il commento del teologo, don Massimo Serretti, docente di Cristologia alla Pontificia Università Lateranense:
Da tre ordini di cose Gesù chiede il distacco: prima dalle relazioni più forti, in secondo luogo dalla propria vita e, quindi, in terzo luogo dalla proprietà, dai beni materiali. L’ordine è decrescente. Infatti la persona sana tiene di più alle relazioni fondamentali che non alla propria stessa vita; lo stesso dicasi della vita rispetto ai beni materiali. Gesù chiede di odiare, seguendo il senso greco, o di amare di meno, seguendo il senso aramaico, tutte e tre questi ordini di cose rispetto a Lui. Allora si potrà passare dall’andare con Lui e verso di Lui all’andare dietro Lui: il discepolo vero va dietro a Cristo. La rinuncia che Cristo chiede è reale e non simbolica. A nulla serve cercare di addolcire queste parole. Dure suonano e dure sono. Ma chi ha iniziato a farle proprie sa che non sono le ultime: in Lui tutto viene ridonato, ma in un secondo momento. I tempi non sono nostri.
Padre Robert Prevost confermato priore generale dell’Ordine di Sant’Agostino
◊ Questa mattina i religiosi agostiniani hanno rieletto padre Robert Prevost priore generale. Padre Prevost sarà alla guida dell’Ordine di Sant’Agostino per il sessennio 2007-2013. Gli agostiniani sono riuniti a Roma da lunedì scorso, all’Istituto Patristico Augustinianum, per celebrare il 182.mo capitolo generale della storia dell’Ordine. Ai lavori partecipano 109 frati che nei prossimi giorni elaboreranno progetti volti alla cura della vita interiore, alla testimonianza della fraternità, ad un coinvolgimento maggiore dei laici, ad una opzione preferenziale per i poveri ed ancora ad un apostolato nei luoghi di cultura e ad un impegno più forte nello studio. Attraverso il capitolo generale, i religiosi agostiniani si propongono di interpretare la storia e i segni della presenza dello Spirito. “La Chiesa è un mosaico composto da tante tessere – ha detto nel suo discorso di benvenuto ai padri capitolari padre Robert Prevost – l’Ordine è una parte di questo mosaico, le province e le comunità dell’Ordine sono le tessere di questo mosaico unico. Tutti noi, provenienti da tante parti, circoscrizioni, esperienze diverse, siamo tessere del mosaico dell’Ordine. Il Capitolo Generale è l’evento principale della vita dell’Ordine, e il suo scopo è quello di ricercare il bene comune. La nostra presenza in 50 nazioni – ha concluso il religioso – è un grande potenziale per promuovere il dialogo e l’unità”. I religiosi agostiniani si preparano a vivere in autunno la Beatificazione di 98 confratelli uccisi durante la guerra civile spagnola nel 1936. Un evento che per i religiosi riuniti in capitolo può offrire motivi di speranza e di conversione. Questa mattina, dopo l’accettazione del nuovo mandato, padre Robert Prevost ha rinnovato la sua professione di fede e di fedeltà alla Chiesa e all’Ordine sui Vangeli, mentre i padri capitolari hanno manifestato al priore generale la loro volontà di obbedienza e di collaborazione a nome di tutte le province dell’Ordine e di tutti i religiosi e laici agostiniani. (T.C.)
Ballottaggio presidenziale in Sierra Leone: il messaggio dei vescovi
◊ “Le elezioni sono il terreno di prova per vedere quanto abbiamo saputo coltivare la cultura della pace, della non violenza e del rispetto della legge”. A scriverlo sono i vescovi della Sierra Leone in un messaggio pastorale in vista dell’odierno ballottaggio elettorale nel Paese africano. Condannando fermamente “ogni forma di violenza tra i sostenitori dei partiti politici”, incluso il fomentare di sentimenti tribali, i vescovi chiedono ai cittadini di pregare e sostenere la pace e la stabilità, votando secondo coscienza e rispettando i processi elettorali. La memoria degli scontri che hanno dilaniato la nazione, sottolineano i presuli, impone la responsabilità collettiva di rispettare il processo democratico. “Le elezioni – prosegue il messagio – sono il mezzo attraverso il quale le nazioni civilizzate scelgono coloro che dovranno governare e guidare il futuro del loro Paese”. Il plauso internazionale in occasione del primo turno elettorale, svoltosi lo scorso 11 agosto, è stato “una fonte d’orgoglio”. “Ora – dichiarano i vescovi – abbiamo il dovere di mantenere alti gli standard di cittadinanza responsabile mostrati meno di un mese fa”. Nella giornata di oggi circa due milioni e mezzo di persone potranno votare nei 6.150 seggi aperti per il ballottaggio presidenziale. Nelle consultazioni generali nessuno dei candidati aveva infatti raggiunto il 55 per cento delle preferenze, quota necessaria per essere eletti. Gli elettori sceglieranno il loro futuro capo di Stato tra il vice presidente uscente Solomon Berewa e il candidato dell’opposizione, Ernest Koroma, che potrà contare anche sul sostegno del candidato escluso dal ballottaggio. Questo è il secondo appuntamento elettorale dalla fine della guerra civile, avvenuta sei anni fa. L’intervallo tra i due turni di voto per le presidenziali è stato contraddistinto da violenti scontri tra fazioni rivali. (V.F.)
Sale il bilancio delle vittime dell’uragano Felix, che da martedì sta mettendo a dura prova il Nicaragua: 130 morti e oltre 18 mila i senzatetto
◊ Non si ferma la furia di Felix, l’uragano che da martedì scorso si sta abbattendo sulle coste del Nicaragua, con venti superiori ai 256 chilometri orari. 130 morti, 70 dispersi, 8 mila le abitazioni distrutte e oltre 18 mila i senza tetto: è questo il bilancio delle vittime e dei danni, riferito dalle autorità locali. La comunità maggiormente colpita è quella degli indigeni delle isole Miskito Key, sulla costa orientale del Paese. Moltissimi coloro che non hanno lasciato la propria abitazione ignorando le disposizioni della polizia locale, che riferiva l’arrivo dell’uragano forza 5. Secondo testimonianze di pescatori, alcune persone si sarebbero legate agli alberi o alle barche per resistere alla furia dei venti. Il presidente nicaraguese Daniel Ortega ha parlato anche di “forti danni all’agricoltura e all’ambiente”, lamentando che sinora gli aiuti internazionali ammontano a soli 500 mila dollari. (B.B.)
L’ascolto può salvare la vita: è il messaggio di "Telefono Amico Italia", in occasione della Giornata mondiale per la prevenzione del suicidio
◊ “Ascoltare può prevenire il disagio emozionale, migliorare le relazioni e la qualità della vita. A volte salvarla”. È l’appello di Telefono Amico Italia, in occasione della Giornata mondiale per la Prevenzione del Suicidio, che sarà celebrata in tutto il mondo lunedì prossimo. “Diamo ascolto di persona o attraverso lo strumento più opportuno, a chi sappiamo essere in difficoltà, sofferente, emarginato, che sia una persona vicina o lontana, parente o amico, collega o conoscente", prosegue il comunicato, diffuso dall’agenzia SIR. "Non è mai troppo presto per ascoltare". L’Associazione, inoltre, invita ad un ascolto “rispettoso, attento, disponibile, paritario e partecipato”. Secondo i dati dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) il suicidio rappresenta circa il 3 per cento delle cause di morte. (B.B.)
Ancora tensioni in Myanmar tra i monaci buddisti e le milizie che sostengono la giunta militare al potere
◊ Non si smorzano le tensioni in Myanmar, l’ex Birmania. Nella piccola città di Pakokku, a 500 chilometri a nord della capitale, una decina di monaci buddisti ha dato l’assalto ad un negozio di elettronica, di proprietà di un miliziano della USDA (Union solidarity and development association), un gruppo dalla giunta militare per reprimere le rivolte. L’attacco - riferiscono diverse agenzia di stampa, tra cui l'ANSA - è avvenuto poco dopo la liberazione di 20 responsabili dello stesso gruppo, tenuti in ostaggio dai monaci per alcune ore. L’episodio scatenante è stata la carica della polizia di mercoledì scorso su alcune centinaia di monaci in preghiera, che manifestavano pacificamente per esprimere la loro solidarietà alla popolazione. Dal 15 agosto, infatti, i cittadini di Myanmar protestano contro i rincari dei carburanti decisi della giunta militare. I responsabili della milizia sequestrati si erano recati al monastero per porgere le scuse per gli incidenti. Dopo il rilascio i monaci si erano riversati per le strade della cittadina alla ricerca di altri miliziani dell’USDA. Il quotidiano ufficiale di Yangon, "New Light of Myanmar" accusa oggi i monaci e il Partito per la democrazia, guidato dal premio Nobel Aung San Suu Kyi, di “incitare a proteste civili come quelle del 1998”. (V.F.)
Non esiste libertà senza perdono: è il messaggio rivolto ai giovani riuniti a Loreto da parte di un sopravvissuto alla guerra del Rwanda
◊ “Dopo i momenti difficili è possibile ricominciare e rifarsi una vita. Ma con l’aiuto del Signore, non alimentandola con l’odio e la vendetta”. È il messaggio che Efrem Musundi, sopravvissuto alla guerra del Rwanda, ha inviato alle persone riunite a Loreto in occasione dell’Agorà dei giovani del Mediterraneo. Durante gli scontri tra hutu e tutsi nel 1994, Musundi vide morire suo padre e i suoi nonni. Inoltre, per molti anni, non ebbe notizie degli altri familiari: madre, 4 fratelli, 2 sorelle e diversi cugini. “La notte in cui uccisero mio padre – ha detto – scappai nella campagna, dove rimasi nascosto per un mese”. Ora è convinto che non esista libertà senza perdono: “I responsabili della morte di mio padre erano in prigione, ma mia madre ne ha chiesto la liberazione. Ora lavorano nella sua fattoria”. Oggi, Musundi vive in Francia e lavora nel settore del commercio equo e solidale: “Un modo per ringraziare il Signore di ciò che mi ha concesso, – ha continuato – permettendo ad altre persone di avere una vita dignitosa”. Nella parte finale del suo discorso, Musundi afferma con convinzione che “la speranza di un futuro migliore, dove non ci sia la guerra, passi dal riconoscimento degli errori e soprattutto dal perdono”. Anche se sono molte le difficoltà, ha detto, “Sono sicuro che Dio mi aiuterà”. (B.B.)
Emergenza maltempo in Uganda: il ministro per la Prevenzione dei disastri chiede aiuto per gli oltre 100 mila sfollati
◊ In Uganda, circa 100 mila persone sono state evacuate e 5 persone sono morte, a causa delle più forti piogge degli ultimi 35 anni. Inoltre, le strade sono inaccessibili, rendendo ancora più difficoltosa la consegna dei pochi soccorsi disponibili. Le persone colpite, riferisce la stampa locale, criticano l'intervento a rilento del governo. “C’è un bisogno urgente di cibo, medicine ed incerate – ha dichiarato Musa Ecweru, ministro per la Prevenzione dei disastri, all’agenzia MISNA – Non abbiamo molti soldi per le emergenze e proviamo a coordinarci con le agenzie umanitarie”. (B.B.)
In Sri Lanka, la diocesi di Mannar aiuta 800 persone costrette a lasciare le proprie abitazioni in seguito ad operazioni militari contro i ribelli tamil
◊ In Sri Lanka, più di 800 persone sono state evacuate in seguito agli ultimi attacchi dell’esercito contro i ribelli tamil nel nord-ovest del Paese. Un ruolo fondamentale nel sostegno a questi sfollati lo ha svolto la Chiesa cattolica, esercitando forti pressioni al governo per velocizzarne il trasferimento. “L’esodo è ancora in corso, – ha detto padre Victor Sosai, vicario generale della diocesi di Mannar all’agenzia AsiaNews – le ONG hanno già preparato pranzi al sacco per accoglierli”. Gli sfollati saranno sistemati in scuole, ostelli e case che hanno già accolto altre 3900 persone. Una settimana fa, infatti, circa 4 mila persone erano state sfollate dalla capitale Colombo per poter avviare azioni militari per la conquista di una base navale del Fronte di Liberazione delle Tigri del Tamil (LTTE). Incontri di emergenza per gestire la crisi si svolgono regolarmente tra autorità politiche, militari, ONG e il vescovo di Mannar, mons. Rayappu Jospeh. Intanto, la popolazione manifesta un gran desiderio di tornare a casa. Lì hanno lasciato tutto quello che possiedono: barche, reti da pesca, documenti d’identità e vestiti. Tuttavia, l’esercito non ha ancora dato il via libera per il ritorno a casa. (B.B.)
Parte la quarta edizione del Master in “Peace Building Management” della Pontificia Facoltà Teologica San Bonaventura di Roma
◊ La ricostruzione attiva della pace nei difficili scenari della regione mediorientale e dei Balcani sono al centro dell’edizione 2007/2008 del Master in “Peace Building Management” della Pontificia Facoltà Teologica San Bonaventura di Roma. Organizzata in collaborazione con l’Associazione Europa 2010 e la Comunità di Sant’Egidio, la quarta edizione del Master propone un approccio culturale e professionale alle attività necessarie al processo di stabilizzazione sociale, politica ed economica in territori specifici, al termine di un conflitto o in occasione di una grave emergenza umanitaria. La proposta degli organizzatori è formare delle professionalità specifiche da impiegare nel raggiungimento della costruzione della pace, l’obiettivo strategico che la comunità internazionale si è posta nel primo decennio di questo secolo. L’offerta formativa coinvolgerà, oltre a docenti universitari, alti funzionari di ONU, Unione Europea e NATO, funzionari e ufficiali delle Forze Armate e di Polizia ed esperti. Il Master, di 344 ore complessive distribuite su sette mesi, è articolato in differenti aree, che riguardano l’antropologia politica, la giustizia, il ruolo delle religioni, i diritti umani, la comunicazione nei conflitti, il diritto internazionale e le strategie d’intervento. Le iscrizioni sono aperte sino al 15 settembre. (V.F.)
Algeria: un nuovo attentato provoca oltre 20 vittime - Guatemala domani al voto dopo una sanguinosa campagna elettorale
◊ Secondo attentato in tre giorni in Algeria. 28 vittime e 60 feriti è il bilancio dell’esplosione di un’autobomba a Dellys, cittadina a 10 km da Algeri, avvenuta davanti ad una caserma della Guardia Costiera. La deflagrazione è stata così forte da spazzare via gran parte dei prefabbricati. Parole di condanna sono giunte dal ministro degli Esteri francese, Bernard Kouchner, a margine del Consiglio informale dei Ventisette in Portogallo. “Sono pratiche barbare e scandalose”, ha dichiarato riferendosi agli attentati. Solo giovedì scorso, un kamikaze si era fatto saltare in aria a Batna, 430 chilometri a sud della capitale algerina, nel giorno della visita del presidente Bouteflika. I morti erano stati allora 15. Ieri il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, condannando l’attacco di tre giorni fa, ha chiesto a tutti i Paesi di collaborare con le autorità di Algeri per assicurare alla giustizia gli organizzatori ed i responsabili dell’attentato.
- E’ ancora in corso lo spoglio dei voti in Marocco, dove ieri si sono svolte le elezioni politiche. Le consultazioni, all’insegna dell’astensionismo, sono state fortemente criticate dagli islamici del “Partito della Giustizia e dello sviluppo” per i quali si prevedeva una netta affermazione. Secondo un portavoce della formazione politica, la debacle sarebbe da attribuire alla corruzione dilagante nel Paese che ha contribuito ad una non equa ripartizione dei fondi per la campagna elettorale. Attesi per stasera i primi risultati ufficiali.
- Polonia alle urne il prossimo 21 ottobre, due anni prima rispetto alla scadenza naturale del mandato del premier Kaczynski. Ieri il parlamento di Varsavia, in una seduta fiume, ha votato per l’autoscioglimento seguito dal rinvio alle elezioni anticipate e dal,le dimissioni del governo anche se sette ministri resteranno in carica mentre tutti gli altri sono stati licenziati. Secondo gli analisti, il voto rappresenterà una sorta di referendum per i gemelli Kaczynski, che con il ricorso alle elezioni anticipate si sono sottratti al dibattito parlamentare su una serie di mozioni dell’opposizione per le dimissioni di 14 ministri.
- Il Guatemala domani alle urne: dopo la più sanguinosa campagna elettorale dalla fine della guerra civile, la popolazione è chiamata al primo turno delle elezioni presidenziali e legislative. In vista del voto, i vescovi hanno pubblicato il mese scorso una nota denunciando il “clima di violenza e incertezza” e ribadendo il no alla depenalizzazione dell’aborto. Il servizio di Fausta Speranza:
Circa 50 persone uccise nella campagna elettorale. 12 candidati ma in realtà solo 2 nomi veramente in lizza per diventare presidente: gli oltre 5 milioni di guatemaltechi aventi diritto al voto, su una popolazione di quasi 13 milioni, prenderanno in considerazione, secondo i sondaggi, Alvaro Colom e l’ex generale Otto Pérez Molina. Colom del partito di centro sinistra Unidad Nacional de la Esperanza di cui facevano parte 20 delle 50 persone uccise, è il vero sfidante del generale del Partito Patriota, di destra. E in queste ore viene dato per certo che si rivedranno al ballottaggio a novembre. Altri due nomi di peso sono Alejandro Giammattei di Gran Alianza Nacional, partito al governo, e Rigoberta Menchu, la premio Nobel leader di Encuentro por Guatemala, il partito di centro sinistra che, tra i vari omicidi commessi in campagna elettorale, ha perso due attivisti di prima linea. Sul voto di domani incombono l’insicurezza sociale e le lotte tra gang che controllano i traffici di droga. E non sembra ipotizzabile una smentita della tendenza degli ultimi 15 anni: la media del 46% di astenuti. Solo poco più di 10 anni fa si metteva fine alla guerra civile durata 36 anni e costata 250.000 morti e 50.000 "desaparecidos".
- Nuova ondata di violenza in Iraq. Incerto il numero delle vittime dopo l’esplosione di un ordigno nel mercato della città santa sciita di Kufa. Secondo alcune fonti sono tre i morti, per altre cinque. Due presunti terroristi sono morti nella provincia settentrionale di Niniveh, uccisi da una bomba lanciata da un “drone” americano, un aereo telecomandato privo di equipaggio. L’azione risale ad una settimana fa ma la notizia è stata diffusa solo oggi. Il comando statunitense non esclude, per il futuro, un impiego più massiccio di questi velivoli in modo da risparmiare piloti e militari. Potrebbe intanto scoppiare un caso politico sulla condanna a morte, inflitta dall’alto Tribunale speciale, all’ex ministro della Difesa Sultan al Hashimi, considerato colpevole della morte di 180mila curdi. Il presidente Talabani ha espresso l’intenzione di non firmare l’ordine di applicazione della sentenza.
- La futura strategia in Iraq sarà al centro di un discorso radiofonico del presidente americano Bush che verrà trasmesso la settimana prossima a Washington. Lo ha reso noto lo stesso capo della Casa Bianca da Sydney dove sta prendendo parte al vertice dell’Apec, il Forum di cooperazione economica Asia-Pacifico. In Australia non sono mancate le contestazioni all’indirizzo di Bush; nei disordini scoppiati durante un corteo contro il presidente americano, due poliziotti sono rimasti feriti e nove manifestanti sono stati fermati. A livello politico, i 21 Paesi partecipanti all’Apec hanno approvato un documento sui cambiamenti climatici, fissando un impegno non vincolante sulla riduzione delle emissioni di gas serra.
- Prosegue l’offensiva delle forze della coalizione a guida americana e delle truppe afghane. In due giorni di operazioni, almeno 50 talebani sono rimasti uccisi nel sud del Paese. Lo ha reso noto il ministero della Difesa di Kabul. Più di 40 ribelli hanno perso la vita in una dura battaglia scoppiata nella provincia di Kandahar. Inoltre le forze dell’ordine hanno sgominato una cellula terroristica composta da 6 militanti, tra questi anche alcuni stranieri. Vista la recrudescenza di queste ultime settimane, il governo ha deciso di chiudere 300 scuole nel sud del Paese. Una decisione che arriva alla vigilia dell’apertura dell’anno scolastico.
-Tensione in Medio Oriente. Sono due i palestinesi uccisi in due diversi episodi a Gaza. Nel sud della Striscia, secondo quanto riferito da Hamas, sono stati sparati numerosi colpi di mortaio. Intanto l’OLP, Organizzazione per la liberazione della Palestina, ha indetto uno sciopero generale per domani in segno di protesta contro le violenze di ieri della polizia di Hamas che aveva vietato le preghiere del venerdì all’aperto.
- Il segretario generale dell’ONU, Ban Ki-moon, è giunto in Libia per incontrare il leader Muammar Gheddafi. Il numero uno del Palazzo di Vetro ha dichiarato che lo scopo del viaggio nel Paese africano è quello di assicurarsi che la riunione di Tripoli del 27 ottobre, nella quale riprenderanno i negoziati per la pace in Darfur, abbia successo. (Panoramica internazionale a cura di Benedetta Capelli)
Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LI No. 251
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