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SOMMARIO del 07/09/2007

Il Papa e la Santa Sede

  • Il Papa in Austria: affido il Paese e il mondo alla Vergine Maria
  • Le attese della Chiesa austriaca: interviste con il cardinale Schönborn e mons. Kapellari
  • "Vado in Austria per dire che abbiamo bisogno di Cristo!": così il Papa nel colloquio con i giornalisti sull'aereo
  • Il presidente Giorgio Napolitano esprime i suoi auguri al Papa per la visita in Austria
  • Radiocronache del viaggio del Papa in Austria
  • La scienza e la religione lavorino assieme per salvaguardare il Creato: così, il Papa in un messaggio al Patriarca Bartolomeo I, promotore di un simposio in Groenlandia
  • Appello del cardinale Martino per la difesa dei diritti umani dei detenuti e il sostegno alle vittime dei reati: stop alla pena di morte
  • Mons. Marchetto: le donne migranti promuovono il multiculturalismo
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • La Santa Sede, dialogando con tutti, rafforza le speranze di pace in Medio Oriente: così, il Custode di Terra Santa, padre Pizzaballa, all’indomani dell’incontro tra il Papa e Shimon Peres
  • Elezioni in Marocco: favoriti i moderati islamici
  • Sibiu. Andrea Riccardi: cristiani uniti per la pace. Mons. Giordano: cristiani più maturi
  • Il Brasile celebra la Giornata del Grido degli esclusi
  • Chiesa e Società

  • Famiglia, diritto alla verità ed educazione al centro della “Settimana nazionale per la pace” che si svolgerà in Colombia dal 9 al 16 settembre
  • A Palermo la terza edizione del Premio Internazionale "Padre Puglisi", per la lotta allo sfruttamento dei minori, dedicata ai diritti dei bambini del Myanmar
  • Crimini contro la religione in Sri Lanka: fedeli di ogni confessione e ONG chiedono un intervento efficace del governo
  • Piogge ed epidemie devastano l’Africa orientale: il Sudan, il Paese maggiormente colpito con centinaia di morti e migliaia di senza tetto
  • La Repubblica Democratica del Congo colpita dall’epidemia di febbre mortale. L’OMS pubblica il bilancio delle vittime: 116 decessi e 289 contagiati
  • Le politiche sanitarie dell’Africa e del sud-est asiatico dimenticano i malati mentali. L’OMS chiede l’aumento dei finanziamenti
  • Parte un’iniziativa della Banca Mondiale per fornire illuminazione innovativa e a basso costo all’Africa sub-sahariana
  • Pubblicato dalla Chiesa Coreana un libro sul tema della difesa della vita
  • Il Centro d'Ateneo di Bioetica dell’Università Cattolica di Milano condanna la creazione di embrioni-chimera
  • Apre ad Alessandria d’Egitto, la 23.ma edizione del Festival internazionale del Cinema
  • Cordoglio dell’arcidiocesi di Modena per la morte di Luciano Pavarotti. Domani alle ore 15, i funerali nella sua città natale
  • 24 Ore nel Mondo

  • In Algeria, attacco kamikaze provoca oltre 20 morti. Illeso il presidente Bouteflika, obiettivo dell'agguato - Il Marocco alle urne per le elezioni politiche: favoriti i moderati islamici
  • Il Papa e la Santa Sede



    Il Papa in Austria: affido il Paese e il mondo alla Vergine Maria

    ◊   L’Austria affidata a Cristo e alla Vergine, nel solco di un pellegrinaggio che da oggi porterà il Papa nel cuore della fede cristiana e della devozione a Maria. Con questi sentimenti, Benedetto XVI ha iniziato nella tarda mattinata di oggi, a Vienna, il suo settimo viaggio apostolico internazionale. Un viaggio che, a più riprese, il Papa ha detto di considerare un pellegrinaggio, simboleggiato dall’antico Santuario di Mariazell, nel cuore dell’Austria, che Benedetto XVI visiterà domani per celebrarne il giubileo della fondazione, avvenuta otto secoli e mezzo fa. Riviviamo allora queste prime ore della visita papale, nella cronaca del nostro inviato a Vienna, Alessandro De Carolis:


    L’Austria vuole essere “una seconda patria” per il Papa, in questi giorni di visita apostolica. E il Papa ha detto di “sentirsi un po’ a casa’”. Nei discorsi di saluto che hanno inaugurato stamattina, all’aeroporto di Vienna, il settimo viaggio apostolico del Pontefice, il presidente austriaco ha idealmente spalancato le porte della nazione a Benedetto XVI, che ha subito accolto con calore questo gesto di grande cordialità, confermando il suo legame tra la sua origine bavarese e la cultura e le tradizioni di un Paese ben conosciuto:

     
    Mit grosser Freude betrete ich...
    "Con grande gioia metto oggi piede, per la prima volta dopo l’inizio del mio Pontificato, in terra d’Austria, in un Paese che mi è familiare a causa della vicinanza geografica al luogo della mia nascita, e non soltanto per questo”.

     
    Questo “spazio culturale nel centro dell’Europa – ha osservato Benedetto XVI riferendosi all’Austria - supera frontiere e congiunge impulsi e forze di varie parti del continente. La cultura di questo Paese è essenzialmente permeata dal messaggio di Gesù Cristo e dall’azione che la Chiesa ha svolto nel suo nome.

     
    La pioggia, che da giorni sta bagnando ininterrottamente Vienna, ha condizionato il cerimoniale di accoglienza, inizialmente previsto all’aperto ma poi allestito in un hangar dell’aeroporto. Dopo aver ricevuto gli onori del picchetto militare, il Papa ha svolto il suo primo discorso: il suo è stato un intervento, per così dire, programmatico. La parola-chiave è stata indubbiamente “pellegrinaggio”, quello che il Papa compirà domani al Santuario mariano di Mariazell, per celebrarne solennemente gli 850 anni di fondazione:

     
    Mariazell steht nicht …
    "Mariazell rappresenta non solo una storia di 850 anni, ma in base all’esperienza della storia – e soprattutto in virtù del rimando materno della Statua miracolosa a Cristo – indica anche la strada verso il futuro. In questa prospettiva vorrei oggi, insieme con le Autorità politiche di questo Paese e con i rappresentanti delle Organizzazioni internazionali, gettare ancora uno sguardo sul nostro presente e sul nostro futuro”.

     
    Ma pellegrinaggio - tradizione che, ha constatato “con gioia” Benedetto XVI, sta suscitando un “crescente interesse” - “non significa soltanto cammino verso un Santuario. Essenziale è anche il cammino di ritorno verso la quotidianità”. E qui, il Papa ha anticipato la Messa che celebrerà a Vienna domenica prossima, nello “Stephansdom”, il Duomo di Santo Stefano, e l’incontro che avrà nel pomeriggio con il mondo del volontariato nella famosa “Konzerthaus” viennese:

     
    Wer auf den Nächsten “schaut” …
    "Chi ‘guarda’ al prossimo - lo vede e gli fa del bene - guarda a Cristo e Lo serve. Guidati ed incoraggiati da Maria vogliamo aguzzare il nostro sguardo cristiano in vista delle sfide da affrontare nello spirito del Vangelo e, pieni di gratitudine e di speranza, da un passato ricco di grazia ci incamminiamo verso un futuro colmo di promesse”.

     
    (Canto bambini)

     
    Dal saluto ricevuto dal gruppo di scolari che all’aeroporto lo hanno omaggiato con un canto composto per l’occasione, Benedetto XVI è poi passato all’abbraccio della folla stipata sotto la pioggia nella centralissima piazza “Am Hof”. Giunto in papamobile tra lo sventolio di moltissimi fazzoletti gialli, Benedetto XVI si è poi affacciato alla loggia della Chiesa barocca dei Nove cori angelici, nello stesso luogo dove Pio VI benedisse la folla nel 1782. La loggia affaccia su un altro monumento caro ai viennesi: la colonna “Mariensäule”, dominata da una grande statua della Vergine. Il pellegrinaggio in terra d’Austria è iniziato spiritualmente qui. Davanti a tutti i vescovi del Paese, il Papa ha ricevuto il saluto del cardinale arcivescovo della città, Christoph Schonborn, e ha dato inizio alla veglia di preghiera - che unisce idealmente tutti i cattolici austriaci - benedicendo delle rose, presentategli da alcuni fedeli e depositati più tardi davanti al Santissimo Sacramento della Chiesa di Am Hof, dove il Papa si è brevemente raccolto in preghiera. Ma poco prima, guardando alla statua della “Mariesäule”, voluta 360 anni fa dall’imperatore Ferdinando II, il Papa aveva offerto una prima riflessione di sapore prettamente mariano, quasi un anticipo del pellegrinaggio di domani a Mariazell:

     
    In ihrer Mütterlichkeit nimmit Maria …
    "Nel suo sentimento materno Maria accoglie anche oggi sotto la sua protezione persone di tutte le lingue e culture, per condurle insieme, in una multiforme unità, verso Cristo. A Lei possiamo rivolgerci nelle nostre preoccupazioni e necessità. Da Lei, però, dobbiamo anche imparare ad accoglierci a vicenda con lo stesso amore con cui Ella accoglie tutti noi: ciascuno nella sua singolarità, voluto come tale e amato da Dio”.

     
    La Madre di Dio come porta di consolazione, dunque: invocandola sempre e affidandole le preoccupazioni della vita, ha soggiunto Benedetto XVI, “Lei ci aiuterà ad aprire le nostre piccole speranze sempre verso la grande, vera speranza che dà senso alla nostra vita e può colmarci di una gioia profonda ed indistruttibile”.

     
    Al termine della cerimonia nella Mariensaule, la mattinata del Papa si è conclusa con un momento di grande intensità. Il Papa ha raggiunto la “Judenplatz” è si è fermato in raccoglimento davanti al Memoriale della Shoah, che ricorda i 65 mila ebrei austriaci sterminati dal nazismo. (Da Vienna, Alessandro De Carolis, Radio Vaticana)

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    Le attese della Chiesa austriaca: interviste con il cardinale Schönborn e mons. Kapellari

    ◊   Ma cosa si aspetta la Chiesa austriaca da questa visita apostolica del Papa? Gudrun Sailer lo ha chiesto all'arcivescovo di Vienna, il cardinale Christoph Schönborn:


    "Questo unico viaggio fuori dell’Italia, in Europa, quest’anno, è certamente un grande privilegio per noi. Aspettiamo da questo viaggio - non proprio all’indomani della visita - non che ci sia un ritorno di massa alla pratica religiosa, alla pratica domenicale, ma forse una maggiore attenzione, una maggiore riflessione e sensibilità, perché il grande dono di Papa Benedetto è quello di mostrare le ragioni della fede. Questo incoraggerà gli intellettuali a riflettere di nuovo sulla fede e anche i meno intellettuali a pensare che forse l’abbandono della pratica religiosa non è ciò che porta la felicità nella vita".

    Domani dunque il Papa sarà nel Santuario di Mariazell che celebra i suoi 850 anni di fondazione. Ascoltiamo in proposito, al microfono di Gudrun Sailer, mons. Egon Kapellari, vescovo di Graz-Seckau, diocesi in cui sorge questo santuario mariano:


    “Mariazell è caratterizzata dalla statua della Madonna che mostra ai pellegrini il suo Bambino, Salvatore del mondo. La parola centrale del viaggio del Papa è “Guardare a Cristo”, centro della storia e del mondo. Questo è certamente un messaggio molto importante, in particolar modo proprio oggi, perché molta gente in Europa ha dimenticato Dio, ha dimenticato Cristo. Il messaggio del Papa sarà, quindi, un messaggio cristologico e Maria è la figura cristiana che mostra ai pellegrini Cristo, che insegna ai pellegrini a vedere Cristo, a trovare Cristo. E’ un messaggio, questo, sempre attuale, ma oggi lo è ancora di più per l’Europa e per la Chiesa in Europa”.

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    "Vado in Austria per dire che abbiamo bisogno di Cristo!": così il Papa nel colloquio con i giornalisti sull'aereo

    ◊   Come di consueto il Papa ha avuto un colloquio informale con i giornalisti sull’aereo che lo portava a destinazione. Sui contenuti di questa conversazione ascoltiamo il servizio di Sergio Centofanti:


    "Vado in Austria per confermare la gente nella fede – ha detto il Papa - perchè oggi abbiamo bisogno di Dio e una vita senza Dio è senza orientamento: il relativismo – ha aggiunto - relativizza tutto, il bene e il male non sono più distinguibili. Devo esprimere che abbiamo bisogno di Cristo".

     
    Benedetto XVI ha sottolineato che il suo non è un viaggio politico ma un pellegrinaggio e un intento importante è quello di confermare gli austriaci "nella consapevolezza delle loro radici cristiane". Interpellato sulle difficoltà vissute dalla Chiesa austriaca negli ultimi tempi, il Papa ha voluto dire "grazie a tutti quelli che in questi anni hanno sofferto e che in tempi difficili sono rimasti fedeli alla Chiesa e vi hanno comunque riconosciuto il volto di Cristo". "Grazie a tutti loro - ha aggiunto - laici e religiosi''. Poi ha ricordato che questo pomeriggio nella Judenplatz durante la sosta al Memoriale per le vittime austriache della Shoah, vuole mostrare ''la tristezza, il pentimento e l'amicizia con i fratelli ebrei, per andare avanti nel dialogo''. Un dialogo - ha concluso - che deve proseguire ovviamente anche con le altre confessioni cristiane e con i musulmani.

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    Il presidente Giorgio Napolitano esprime i suoi auguri al Papa per la visita in Austria

    ◊   Durante il volo che lo ha portato a Vienna, il Papa ha fatto pervenire dei telegrammi di saluto ai capi di Stato dei Paesi sorvolati lungo il percorso, augurando pace e serenità alle popolazioni di Italia, Croazia e Slovenia. Il presidente italiano Giorgio Napolitano ha inviato a sua volta un messaggio di risposta al Papa affermando che “la sua visita all'antico Santuario di Mariazell costituisce l'occasione per porre in evidenza il rilevante contributo fornito dalla cultura e dai valori del Cristianesimo allo sviluppo della spiritualità dell'Europa. Con profonda considerazione – conclude il messaggio del presidente della Repubblica italiana - formulo un caloroso augurio per la sua missione in Austria, terra di antiche e radicate tradizioni cristiane''.

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    Radiocronache del viaggio del Papa in Austria

    ◊   La Radio Vaticana trasmetterà oggi, a partire dalle 17.45, l'incontro del Papa con autorità e con il Corpo Diplomatico nell'Hofburg di Vienna, con commento in italiano sull'onda media di 585 kHz e sulla modulazione di frequenza di 105 MHz.

    Domani mattina, a partire dalle 10.15, la nostra emittente trasmetterà la cronaca della Santa Messa presieduta dal Papa a Mariazell per l'850° anniversario della fondazione del Santuario, sempre con commento in italiano e sulle frequenze già citate.

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    La scienza e la religione lavorino assieme per salvaguardare il Creato: così, il Papa in un messaggio al Patriarca Bartolomeo I, promotore di un simposio in Groenlandia

    ◊   La “conservazione dell’ambiente”, la “promozione dello sviluppo sostenibile” con un’ “attenzione particolare ai cambiamenti climatici” sono questioni di “grave preoccupazione per l’intera famiglia umana”. E’ quanto sottolinea Benedetto XVI in un messaggio indirizzato al Patriarca Bartolomeo I, in occasione del VII Simposio del Movimento “Religione, Scienza e Ambiente”, in corso in Groenlandia sul tema “L’Artico: Specchio della Vita”. L’evento è stato promosso dallo stesso Patriarca Ecumenico di Costantinopoli. Il servizio di Alessandro Gisotti:


    “Nessuna nazione o settore del commercio può ignorare le implicazioni etiche presenti in tutto lo sviluppo economico e sociale”. E’ il richiamo di Benedetto XVI che sottolinea come “con crescente chiarezza”, la ricerca scientifica dimostri “che l’impatto di azioni umane in qualsiasi punto o regione della Terra può avere effetti per l’intera umanità”. Le conseguenze dei disastri ambientali, rileva il Papa, “non si possono limitare ad una zona determinata o ad un popolo, perché nuocciono sempre più la coesistenza umana, e quindi tradiscono la dignità umana e violano i diritti dei cittadini che desiderano vivere in un ambiente sicuro”. E aggiunge: “I Paesi altamente industrializzati debbono condividere ‘le tecnologie pulite’ e assicurare che i loro mercati non sostengano richieste di merci la cui produzione contribuisce all’aumento dell’inquinamento”.

     
    “L’interdipendenza reciproca tra le attività economiche e sociali delle nazioni – avverte - richiede la solidarietà internazionale, la cooperazione e continui sforzi educativi”. Il Pontefice loda la “dedizione” e l’“impegno personale” di Bartolomeo I per la protezione dell’ambiente. Impegno che “dimostra l’impellente necessità per la scienza e la religione di lavorare insieme per salvaguardare i doni della natura e per promuovere una gestione responsabile” degli stessi. Nel Messaggio si assicura la fervida solidarietà con i propositi del Simposio nella speranza di “un approfondito riconoscimento globale del rapporto vitale tra l’ecologia della persona umana e l’ecologia della natura”. Sono incoraggiato, scrive il Papa, “dal crescente riconoscimento che l’intera comunità umana” debba assumersi “con serietà, la responsabilità che ad ognuno di noi compete”.

    La Groenlandia è, dunque, in questi giorni, al centro dell'impegno ecologista del Patriarca Bartolomeo I. Ieri, a Ilulissat l'arrivo dei partecipanti alla settima edizione dei convegni organizzati dall'ONG Religione Scienza e Ambiente, che si concluderà mercoledì 12 settembre. Dalla Groenlandia, il servizio della nostra inviata Giada Aquilino:


    Nel mare freddo del Nord, scivolano piano flottiglie di iceberg: siamo a Ilulissat, la città della Groenlandia a pochi passi dal ghiacciaio Sermeq Kujalleq. Largo più di 6 km e con uno spessore di quasi 1000 metri, è una sorta di Rio delle Amazzoni congelato. Non è un caso, quindi, che esattamente da qui parta "Artico: specchio di vita", il VII Simposio di Religione Scienza e Ambiente, che dal '95, per volontà del Patriarca Ecumenico di Costantinopoli, Bartolomeo I, organizza convegni e cicli di studio dedicati alla salvaguardia del Creato: l'anno scorso toccò proprio all'Amazzonia brasiliana.
     
    Quest'anno l'attenzione è concentrata sulla regione artica, dove i cambiamenti climatici stanno causando effetti devastanti: lo scioglimento dei ghiacci prima di tutto. A confrontarsi sull'emergenza, leader religiosi, scienziati, ambientalisti, politici e giornalisti, riuniti dal Patriarca Bartolomeo I, in navigazione lungo le coste occidentali della Groenlandia, politicamente territorio della Danimarca, ma con un'ampia autonomia. Tra i momenti più toccanti, quello odierno a Ilulissat: si terrà, infatti, una preghiera silenziosa tra cristiani cattolici, ortodossi e protestanti, musulmani sciiti e sunniti, ebrei, buddisti, induisti, assieme a rappresentanti delle comunità locali, eschimesi e lapponi. Presente, come inviato del Papa, il cardinale Theodore McCarrick, arcivescovo emerito di Washington.
     
    Benedetto XVI già lo scorso anno rivolse il proprio saluto ai partecipanti al Simposio in Amazzonia e, poi a novembre incontrò in Turchia lo stesso Patriarca Bartolomeo I, con uno storico abbraccio a Istanbul, suggellato da una dichiarazione comune, contenente le preoccupazioni per gli effetti negativi di "un progresso tecnologico ed economico che non riconosce i propri limiti" ed incoraggiando sforzi profondi per la salvaguardia del Creato di Dio. Poi un nuovo recente appello del Pontefice dall'Agorà di Loreto e, mercoledì scorso, all'udienza generale, un saluto del Santo Padre ai partecipanti, con ancora una riflessione:

     
    Care of water resources and attention to climate change are matters…
    “La salvaguardia delle risorse idriche e l'attenzione ai cambiamenti climatici - ha ricordato il Papa - rimangono problemi di estrema importanza per l'intera famiglia umana”. (Da Ilulissat, Groenlandia, Giada Aquilino, Radio Vaticana)

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    Appello del cardinale Martino per la difesa dei diritti umani dei detenuti e il sostegno alle vittime dei reati: stop alla pena di morte

    ◊   “La violenza non può che generare altra violenza, mai giustizia, pace, riconciliazione”. Lo ha affermato con forza il presidente del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace, cardinale Renato Raffaele Martino, parlando stamani al XII Congresso della Commissione internazionale della pastorale cattolica nelle carceri, in Roma da mercoledì scorso per una settimana sul tema: “Scopri in ogni detenuto il volto di Cristo”. Il servizio di Paolo Scappucci:


    Rivolgendosi agli oltre 200 partecipanti, religiosi e laici impegnati nella pastorale penitenziaria di 56 Paesi dei cinque continenti, il cardinale Martino ha detto che “sarebbe una grave contraddizione combattere le situazioni ingiuste che denunciamo con le stesse armi che utilizzano coloro che le provocano e sarebbe disastroso che quanti sono identificati come strumenti di pace e predicatori di riconciliazione intendessero vincere la violenza ricorrendo alla stessa, porre fine all'emarginazione emarginando, lottare contro la corruzione corrompendo”.

     
    Dopo aver sottolineato che scopo della pastorale penitenziaria è portare ai detenuti la Buona Novella dell’amore redentore di Cristo rendendo concreta e tangibile la misericordia e la compassione del Buon Samaritano nel mondo carcerario, il porporato ha indicato nella difesa dei diritti umani dei reclusi una delle principali sfide che i cappellani delle carceri devono affrontare, giacché la violazione di tali diritti nelle prigioni provoca maggiore emarginazione, esclusione e sofferenza.

     
    Ribadendo il rifiuto della pena di morte e l’appoggio ad ogni iniziativa tendente a difendere la vita dal concepimento alla morte naturale, il presidente di Giustizia e Pace ha sostenuto che la pena capitale “impoverisce la società che la legittima e la pratica, incorre in gravi pericoli come il punire irrimediabilmente degli innocenti, fomentare la vendetta invece che l’autentica giustizia sociale; essa inoltre costituisce una palese offesa dell’inviolabilità della vita umana, elimina ogni possibilità di recupero sociale degli autori di delitti e, per quanti credono nel Dio della vita e della misericordia, rappresenta un disprezzo dell’insegnamento evangelico del perdono”.

     
    Nel corso del suo discorso il cardinale Martino ha anche fatto proprio un appello della Comunità di Sant’Egidio per la sospensione dell’esecuzione capitale di un detenuto che da 13 anni è nel braccio della morte di un carcere del Texas, Joseph Leve. Il cardinale ha appunto chiesto alle autorità texane di sospendere l’esecuzione e di rivedere il processo.

     
    Il cardinale Martino non ha mancato di rilevare l’importanza del rinnovamento del sistema carcerario con l’adozione più estesa di pene alternative alla reclusione, per una più efficace prevenzione dei delitti e per il reinserimento sociale dei carcerati, una volta scontata la pena. Ma non è mancato nelle sue parole la raccomandazione di maggiore attenzione e appoggio alle vittime dei reati, la necessità di una coraggiosa denuncia profetica di ogni tipo di tortura nelle carceri e in tutto il mondo, il sostegno alle famiglie dei detenuti, evitando qualsiasi forma di marginalizzazione.

     
    Ieri pomeriggio aveva parlato al Convegno il Patriarca maronita Sfeir e, citando la famosa frase di Pascal “Il Cristo sarà in agonia fino alla fine dei tempi”, la ha applicata ai carcerati, soprattutto a coloro che sono detenuti ingiustamente e che sono quindi in agonia con il Cristo, soffrendo della ingiustizia, della miseria, dell’intolleranza, della fame e dell’umiliazione. Il Patriarca Sfeir ha anche detto che in Libano ci sono 21 prigioni con 5.760 prigionieri e molti dei quali sono ancora in attesa di giudizio. (Dalla Casa La Salle, in Roma, Paolo Scappucci, per la Radio Vaticana)

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    Mons. Marchetto: le donne migranti promuovono il multiculturalismo

    ◊   Le donne migranti possono essere “agenti di multiculturalismo” e possono avere “una grande influenza sull’apertura delle nuove generazioni ad altre culture”. E’ quanto ha affermato l’arcivescovo Agostino Marchetto, segretario del Pontificio Consiglio per la Pastorale dei Migranti e degli Itineranti intervenendo al Seminario internazionale, sul tema: “Il ruolo delle donne migranti nella promozione delle identità multiculturali”, chiuso ieri a Roma. Il servizio di Amedeo Lomonaco:


    “Dimostrando gli aspetti positivi della propria cultura e delle proprie tradizioni - ha detto il presule - la donna migrante può mostrare che tutte le culture hanno qualcosa con cui arricchire le altre e spianano la strada all’apertura verso culture, costumi e tradizioni differenti”. Si può così dare visibilità – ha aggiunto l’arcivescovo – “a ciò che le culture hanno in comune”. Ma questo – ha poi precisato mons. Marchetto – non può però portare ad “accettare tutto di un’altra cultura in modo indiscriminato”. Il segretario del Pontificio Consiglio per la Pastorale dei Migranti e degli Itineranti ha quindi sottolineato come sia “fondamentale distinguere tra cosa le società riceventi possano e non possano tollerare in altre culture”. La diversità culturale – ha affermato il presule – deve essere anche considerata nel contesto della “fondamentale uguaglianza di tutti gli individui e di tutti i popoli”. Rimarcando il diritto delle migranti alla loro identità, mons. Marchetto ha ricordato inoltre come le donne, soprattutto se diventano “principale fonte di sostentamento della famiglia”, abbiano “un importante effetto sociale” nelle società d’origine”. La donna migrante – ha poi sottolineato il presule – è importante anche per il Paese che la ospita, perché può consentire alle donne di quello Stato “di intraprendere attività che altrimenti non potrebbero svolgere”. Il seminario, conclusosi ieri a Roma, è stato promosso dall’Organizzazione Internazionale delle Migrazioni (OIM) e dall’Organizzazione islamica per l’educazione, le scienze e la cultura (ISESCO). Durante il convegno è stato preso in esame, in particolare, il ruolo delle religioni nei processi di integrazione e delle donne nello sviluppo di una percezione più equilibrata delle differenze culturali.

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   Servizio vaticano – “Il pellegrinaggio, un cammino dal Santuario alla quotidianità”: Benedetto XVI inizia la visita pastorale in Austria ed indica la strada verso il futuro con lo sguardo rivolto alla Basilica di Mariazell, “cuore materno” del Paese.

    Servizio estero - Bush propone un trattato di pace con la Corea del Nord in cambio del disarmo nucleare.

    Servizio culturale - Un articolo di Susanna Paparatti da titolo “La sinuosa drammaticità di una scultura che grazie a stilemi antichi portò una ventata di novità”: due mostre in corso a Milano e a Gemonio riaccendono l'attenzione sull'opera di Adolfo Wildt.

    Servizio italiano - In rilievo il tema della sicurezza.

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    Oggi in Primo Piano



    La Santa Sede, dialogando con tutti, rafforza le speranze di pace in Medio Oriente: così, il Custode di Terra Santa, padre Pizzaballa, all’indomani dell’incontro tra il Papa e Shimon Peres

    ◊   “Sono molto soddisfatto degli incontri che ho avuto in Italia e del ruolo del Paese nel processo di pace in Medio Oriente”: è quanto affermato da Shimon Peres, ieri sera, al termine della prima visita all’estero da quando è stato eletto presidente israeliano. Prima dell’incontro con il premier italiano, Romano Prodi, Peres era stato ricevuto nella mattinata da Benedetto XVI a Castel Gandolfo. Nell’udienza, il Papa e il premio Nobel per la pace si sono soffermati sulle speranze di pace in Medio Oriente e sui rapporti tra Santa Sede e Israele. Peres ha, inoltre, rivolto al Pontefice l’invito a visitare la Terra Santa. Sulle prospettive aperte da questo incontro, Alessandro Gisotti ha intervistato il Custode di Terra Santa, padre Pierbattista Pizzaballa:


    R. – E’ un incontro importante, che sicuramente segna un passaggio positivo nel rapporto tra Santa Sede e Israele. Un incontro che potrà sicuramente accelerare il cammino di questa trattativa che dura già da molti anni.

     
    D. – Nell’udienza si è parlato anche di un possibile viaggio apostolico del Santo Padre in Terra Santa. Quale significato potrebbe avere anche per la pace in questa terra?

     
    R. – La visita di un Pontefice – ricordo quella di Giovanni Paolo II – è molto importante. Il viaggio di Papa Wojtyla è stato una pietra miliare nel rapporto tra Israele e la Santa Sede e ha, come dire, aiutato molto nella comprensione reciproca. Sicuramente un’eventuale visita del Papa non potrebbe che aiutare questi popoli, queste società, soprattutto la gente ad un atteggiamento di maggiore serenità. Penso però che ci vorrà ancora un po’ di tempo, prima che questo avvenga.

     
    D. – Oltre alla visita al presidente israeliano, in questi giorni sono venuti dal Papa il vicepresidente siriano, il ministro degli Esteri dell’Arabia Saudita. La Santa Sede, dunque, si conferma crocevia per le speranze di pace in Medio Oriente...

     
    R. – Io penso di sì. In un certo senso questo è molto importante. La Santa Sede non è una potenza mondiale e proprio per questo è molto libera, capace di dialogo con tutti. Questo non può che aiutare, soprattutto in questo Paese, dove i muri, le divisioni e le paure sono all’ordine del giorno.

     
    D. – Peres da ministro degli Esteri aveva lavorato in modo positivo per i negoziati di attuazione dell’Accordo fondamentale tra Israele e Santa Sede. Anche questo è un elemento incoraggiante...

     
    R. – Assolutamente sì. Penso che proprio con la sua esperienza di ministro degli Esteri, che quindi ha avuto a che fare con questa realtà, possa ora come capo dello Stato influire in maniera molto positiva per risolvere anche i problemi concreti che la Chiesa si trova ad affrontare nella vita quotidiana, qui in Terra Santa.

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    Elezioni in Marocco: favoriti i moderati islamici

    ◊   Seggi aperti in Marocco per le elezioni politiche che designeranno i 325 membri del parlamento di Rabat: sono chiamati a votare oltre 15 milioni di cittadini. In serata la chiusura delle urne e domenica verranno annunciati i risultati ufficiali. Considerate dagli analisti un passaggio importante nel processo di riforma democratica lanciata da Mohamed VI, queste consultazioni vedono ampiamente favorito il partito d’ispirazione islamica moderata. Sentiamo il commento di Alberto Negri, inviato del Sole 24 Ore, raggiunto telefonicamente da Stefano Leszczynski:


    R. – Certamente il favorito è il Partito Giustizia e Sviluppo, che dovrebbe aggiudicarsi la maggioranza dei voti. Questo, però, non significa che entrerà automaticamente al governo. Tutto dipenderà – come al solito – dal re, Mohammed VI. In realtà la vera sfida è tra un Marocco a due velocità, uno fatto da una élite che vive la modernità e uno – il resto del Marocco – che ha almeno 10-15 milioni di persone che vivono sulla soglia della sopravvivenza.

     
    D. – Saranno i socialisti a pagare proprio lo scotto di questo Marocco a due velocità?

     
    R. – Ricordiamoci che furono richiamati al Governo da re Hassan II e cioè dal padre di Mohammed VI con l’intenzione, in qualche modo, di riuscire a dare una sorta di cambio di velocità al Paese. Questo è avvenuto in parte con un certo decollo economico, ma in realtà il Marocco è rimasto un Paese con molti contrasti ed i socialisti non hanno saputo catturare le insoddisfazioni di gran parte dei marocchini. Il partito degli islamici ha, invece, saputo puntare sulla corruzione, sulla lotta all’immoralità, sui problemi economici. Tutte questioni, queste, che hanno portato in qualche modo il Partito islamico ad avere più consensi.

     
    D. – Il Marocco è uno dei Paesi più avanzati del Magreb, forse anche quello con il processo democratico più intenso negli ultimi anni. Tuttavia una serie di problemi restano aperti, come quello della libertà di espressione, il rispetto dei diritti umani in generale. C’è qualche parte politica che ha sollevato questo tipo di problemi?

     
    R. – Questo è il realtà il problema di fondo di un Paese, dove il reddito lordo pro capite è di 1.000-1.200 euro l’anno, dove l’analfabetismo colpisce qualcosa come il 50 per cento della popolazione. Ci troviamo, quindi, di fronte a grandi sacche di povertà che sono poi quelle dove hanno pescato i radicali islamici ed anche da dove arriva questa sorta di fabbrica di kamikaze, che sono le bidonville e le grandi periferie di Casablanca e di Tangeri. Questo è, insomma, il vero grande problema di fondo del Paese, di un Paese che ha fatto sì dei progressi da un punto di vista democratico, ma che in realtà non riesce ad avere una vera e propria piena democrazia.

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    Sibiu. Andrea Riccardi: cristiani uniti per la pace. Mons. Giordano: cristiani più maturi

    ◊   La salvaguardia del creato, la pace e la giustizia sono i temi che animano oggi il dibattito della Terza Assemblea ecumenica europea, in corso da martedi’ nella città di Sibiu, nel cuore della Romania. ‘La luce di Cristo illumina il mondo’ è la traccia di riflessione che invita i delegati a considerare le loro responsabilità come credenti in Cristo. Intanto, i momenti di preghiera comune, animati dalle comunità cristiane locali, e le altre occasioni di incontro, restano l’anima di questo grande raduno inter-cristiano. Il servizio del nostro inviato Fabio Colagrande:


    Dieci anni fa a Graz c’era l’entusiamo dell’ecumenismo di popolo. L’assemblea di Sibiu potrebbe invece passare alla storia come quella della maturità, della presa di consapevolezza delle responsabilità del movimento ecumenico europeo. Ieri il vescovo anglicano di Londra, Richard Chartres, aveva parlato della sfida di ‘costruire una coscienza cristiana comune’ andando oltre sé stessi. Oggi, il fondatore della Comunità di Sant' Egidio Andrea Riccardi, ha spronato la platea inter-confessionale, a riconoscere le responsabilità di pace e fraternità che i cristiani europei hanno oggi nel mondo. ‘Di fronte ai malati di AIDS in Africa, l’Europa banchetta lautamente mentre Lazzaro muore alle sue porte’ ha ricordato Riccardi, descivendo un Europa chiusa in sé stessa, spaventata dall’immigrazione, afflitta da paura, avarizia, nazionalismi e tentata di dissipare la sua eredità di pace. Tocca a tutte le anime cristiane del continente reagire per realizzare ‘l’umanesimo planetario’ di pace e giustizia auspicato da Paolo VI, ha ricordato il fondatore della Comunità di Sant’Egidio.

     
    Ma Sibiu, come le altre assemblee ecumeniche, non è fatta solo di discorsi, ma soprattutto di incontri, di amicizia. Attorno alle plenarie e ai forum pomeridiani le giornate ecumeniche sono caratterizzate dalla preghiera comune mattuttina e serale e da tanti piccoli dibattiti animati dalla gente comune che guardano al dialogo secondo diverse prospettive nazionali, culturali e sociali. Lo spazio Agorà permette un interscambio culturale tra le varie Chiese mentre un Blog permette ai giovani di raccontarsi ‘on-line’ le proprie esperienze ecumeniche. Dal Seminario teologico di Molfetta è giunto in Romania un gruppo di seminaristi che alloggia in un Monastero ortodosso, fuori città. Un esempio di quegli incontri che sono l’anima del dialogo tra i cristiani e il senso piu’ profondo di queste assemblee. Mons. Aldo Giordano, segretario generale del Consiglio delle Conferenze Episcopali d'Europa, traccia ai nostri microfoni un bilancio delle prime giornate assembleari:
     
    R. - L’impressione è forse quella che stiamo entrando in una fase di maturità. Credo anche che tutti i partecipanti siano qui per ascoltare se c’è una possibilità anche di qualcosa di nuovo. Credo che l’ambiente e l’atmosfera siano molto buone. Ci sono stati dei contributi molto interessanti che fanno molto riflettere. Si vede una ricchezza e spero che in questi giorni ci sia una crescita affinché si possa realizzare questo approfondimento. E’ l’ora di andare in profondità e lo si sente nell’aria.

     
    D. – C’è stato uno scambio molto interessante tra Kirill, Kasper ed Huber. Come ha visto questo incontro?

     
    R. – Certamente un momento molto alto della nostra Assemblea, perché si sono affrontati, chiaramente, alcuni nodi che come cristiani abbiamo e quindi la nostra testimonianza nella società europea ed una cultura secolarizzata e il richiamarci tutti al fondamento comune che è il Vangelo, che è la nostra fede, e la necessità di ripartire da lì. Ma è necessario anche confrontarci esplicitamente sul fatto che siamo diversi, che abbiamo identità diverse e abbiamo anche il dolore della divisione. Sono emersi quindi tutti questi temi e questo ha spinto tutti a prendere sul serio queste tematiche e ad interrogarci su come andare avanti.

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    Il Brasile celebra la Giornata del Grido degli esclusi

    ◊   In Brasile si celebra oggi la 13.ma Giornata del “Grido degli Esclusi”. Durante la Giornata – che coincide con la festa nazionale dell’indipendenza – vengono organizzate manifestazioni in tutto il Paese per riaffermare il diritto di tutti i “dimenticati" a partecipare alla costruzione della società. Quest’anno, in occasione di questo evento si è svolto un plebiscito popolare volto alla ri-nazionalizzazione della Compagnìa “Vale do Rio Doce”, prima produttrice mondiale di ferro e prima produttrice di bauxite in America Latina, privatizzata nel 1997 ad un prezzo ritenuto irrisorio. Ma come parlare del “grido degli esclusi” proprio nel giorno della festa dell’indipendenza del Brasile? Silvonei Protz lo ha chiesto all’arcivescovo di Porto Velho Moacyr Grechi:


    R. – L’indipendenza del Brasile è politica: siamo stati liberati dal giogo portoghese. Ma l’indipendenza economica, l’indipendenza sociale lascia ancora molto a desiderare. Allora, la Chiesa con altri movimenti popolari ha sentito la necessità di ricordare proprio nel giorno dell’indipendenza alcuni aspetti dei programmi governativi che devono essere cambiati. In questo caso, la "Vale do Rio Doce", che è una grande Compagnia statale, è stata venduta a privati ad un prezzo considerato da moltissimi specialisti ingiusto. Questa Compagnia ha accesso ai beni del sottosuolo e ha una certa influenza. Quindi, tutto questo deve essere controllato dallo Stato. Per esempio, la riforma agraria porta molte difficoltà, molti conflitti ed anche morti. E allora questa è un’opportunità per svegliare il popolo a questa necessità di cambiamento, di progresso.

     
    D. – I movimenti sociali stanno rivendicando un annullamento di questa vendita. A causa della sua irregolarità, c’è stato anche un plebiscito contro questa vendita. Che cosa si aspetta da questo plebiscito?

     R. – Mi sarei aspettato molto se avessimo avuto del tempo per informare il nostro popolo. Il tema esige una preparazione, non è facile da spiegare. E’ certo però che la vendita è stata contestata da molti. Ci sono 107 processi contro la vendita, perché venga considerata illegale. Era una Compagnia statale che produceva, che era positiva e l’hanno venduta per pochi soldi. Oggettivamente non abbiamo avuto il tempo sufficiente per un tema come questo, che deve essere uno dei temi fondamentali perchè il Brasile sia una nazione, un popolo, e non un Paese diviso in pochi ricchi e moltissimi poveri.

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    Chiesa e Società



    Famiglia, diritto alla verità ed educazione al centro della “Settimana nazionale per la pace” che si svolgerà in Colombia dal 9 al 16 settembre

    ◊   Creare spazi di ogni tipo per riflettere sulla pace, i diritti umani, la riconciliazione e, dunque, spingere la cittadinanza a promuovere azioni concrete per combattere l'assuefazione alla morte e alla violenza. E’ l’obiettivo della “Settimana nazionale per la pace” in programma dal 9 al 16 settembre in tutte le diocesi della Colombia. L’iniziativa, nata nel 1987 per volere della conferenza episcopale, impegnerà in numerose attività migliaia di operatori pastorali, parrocchie, movimenti apostolici, organizzazioni sociali e comunitarie nonché espressioni associative della società civile. Riflettere sull’incontro con Cristo “via, verità e vita”, approfondire il rapporto personale con il Signore, guardare in particolare alla famiglia, chiamata “per vocazione e missione ad educare per la pace dalla verità e dalla sincerità”, tenere presente il “diritto alla verità” il cui rispetto “può garantire la pace giusta e solidale”, collocare la grande questione della riconciliazione nell’ambito della scuola che “non può ignorare o sottovalutare il proprio compito centrale, quello di educare nella verità e per la verità”: sono questi i temi sui quali i vescovi colombiani invitano i fedeli a riflettere. La Colombia è dominata dalla paura e dai conflitti da oltre 40 anni; migliaia di colombiani che vivono in zone remote o negli slum urbani sono intrappolati in un circolo vizioso di violenza e non possono dirsi a casa in nessun posto. E così migliaia di persone non hanno accesso alle cure mediche, vivono oppresse da traumi continui e devono sopportare un’esistenza fatta di incertezze. Oltre tre milioni di colombiani hanno dovuto lasciare le loro case; nelle zone di conflitto, i massacri, le esecuzioni e le intimidazioni provocano una paura insostenibile. La violenza è la causa di morte più diffusa: 221 uomini su 100 mila muoiono per omicidio, anche premeditato; 17 donne su 100 mila muoiono in seguito a violenze. Gli abitanti delle zone rurali che vivono in aree interessate da scontri, inoltre, vengono spesso accusati di sostenere gruppi armati e la conseguenza è una stigmatizzazione che li porta a temere per la propria vita, rendendo insicuri gli spostamenti al di fuori dei loro villaggi, anche in caso di emergenze mediche. Poche, poi, le strutture sanitarie in queste regioni isolate, dove i programmi di vaccinazione raramente raggiungono la popolazione. Soltanto l’1% è stato vaccinato contro malattie come la polio e il pericolo di infezioni o epidemie costituisce un grave rischio. (L.B. – T.C.)

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    A Palermo la terza edizione del Premio Internazionale "Padre Puglisi", per la lotta allo sfruttamento dei minori, dedicata ai diritti dei bambini del Myanmar

    ◊   “Riscopriamo la nostra missione, seguiamo l’esempio di padre Pino Puglisi fino in fondo senza sentirci soli, ma senza lasciare solo nessuno”. Sono le parole di padre Antonio Garau, presidente di Jus Vitae, alla conferenza stampa della terza edizione del premio Internazionale dedicato al sacerdote ucciso dalla mafia il 15 settembre del ’93. Quest’anno il premio intitolato a padre Puglisi è dedicato alla promozione dei diritti dei bambini dell’ex Birmania, attuale stato del Myanmar, e di ogni parte del mondo. Nel Myanmar 130.000 bambini sono stati costretti a diventare soldati, col battesimo alla guerra: vengono bendati e obbligati a sparare, solo dopo aver tolto la benda, scopriranno se hanno ucciso il loro padre, la loro madre, o un familiare. Bambini torturati, schiavizzati, che lavorano nei campi e dormono per terra. Le donne, non hanno una sorte migliore: ridotte anch’esse in schiavitù, costrette a fare lavori forzati nude, per non farle scappare. E ancora violenze, stupri e deportazioni. “Dalla nostra città - spiega padre Garau - lanciamo un appello affinché le sofferenze del popolo del Myanmar, e in particolare quelle patite dai bambini, possano terminare al più presto. Noi non vogliamo collaborare col silenzio a questo massacro”. A testimoniare la dolorosa condizione vissuta dal popolo dell’ex Birmania, una mostra di foto e le parole di Zaw Tun, leader del sindacato e del movimento democratico del Myanmar, cui è stato conferito il premio. “Un esempio terribile della vita povera di questa gente è proprio nel quotidiano: il Myanmar – spiega Zaw Tun – prima era considerato la ciotola di riso dell’Asia; quando una famiglia cucinava il riso, l’acqua veniva buttata, oggi viene venduta come cibo”. “La ex Birmania è un paese oppresso da quasi mezzo secolo da un regime dittatoriale - dice Giuseppe Lupo segretario provinciale della CISL, promotore del premio - è il primo esportatore di metanfetamine al mondo e il secondo per il traffico di oppio. Proprio in questi giorni in Myanmar – prosegue Lupo - migliaia di lavoratori e cittadini esasperati dalle dure condizioni di vita e dall’aumento del costo dei carburanti e di generi di prima necessità, continuano la loro protesta pacifica, nonostante la dura repressione, gli arresti e le violenze della giunta militare al governo”. Azioni che hanno richiamato l’attenzione dell’ONU che nei prossimi giorni invierà il vicesegretario generale. Zaw Tun lancia, infine, un appello ai paesi europei nella lotta contro la dittatura in Myanmar: “Non sempre gli stati del vecchio continente - racconta il sindacalista - hanno rispettato le norme in materia di embargo delle armi”. Recentemente l’ex Birmania, prosegue Zaw Tun, “ha acquistato dall’India un elicottero da guerra costruito con componenti di provenienza europea, Italia inclusa”. (A cura di Alessandra Zaffiro)

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    Crimini contro la religione in Sri Lanka: fedeli di ogni confessione e ONG chiedono un intervento efficace del governo

    ◊   In Sri Lanka, rappresentanti di tutte le fedi e organizzazioni umanitarie dicono “basta” ai crimini contro leader religiosi e luoghi di culto, ma soprattutto alla loro impunità e al silenzio del governo. Nella nazione, riferisce la Commissione asiatica per i diritti umani (AHRC), sono almeno tre i leader religiosi spariti o uccisi nell’ultimo anno. In occasione di un incontro, tenutosi a Colombo, in ricordo proprio di una di queste vittime, il monaco buddista Mahadivulwewa Nanda Rathana Thero, ucciso nel suo tempio il 13 maggio 2006, alcuni leader religiosi hanno denunciato l’atteggiamento delle autorità verso i continui episodi di sangue. Un sacerdote cattolico, padre Sarath Iddamalgoda, e un leader buddista, Weligama Dhammissara Thero, come riporta AsiaNews, hanno dichiarato che il governo locale, consapevole dell’odio crescente tra le comunità, non solo non fa nulla per uscire dalla grave crisi, ma non persegue nemmeno i responsabili dei crimini e “cerca di insabbiare la verità”. È stata inoltre diffusa in questi giorni una dichiarazione congiunta del Movimento Internazionale contro ogni forma di discriminazione e razzismo (IMADR), del Centro risorse legali asiatiche (ALRC) e della Congregazione di Nostra Signora della Carità del Buon Pastore. Le organizzazioni non governative ricordano i più recenti attacchi ai luoghi di culto e gli ultimi leader religiosi vittime di misteriosi assassini o sparizioni forzate, tra cui, oltre al monaco Nanda Rathana, anche il sacerdote cattolico Jim Brown. “In tutti gli incidenti elencati – scrivono – non vi è stato alcun progresso nelle indagini e in direzione della cattura dei colpevoli”. Le ONG chiedono all’unisono “al governo e alle forze militari di aderire alla legislazione umanitaria internazionale” ed in particolare a tutti gli attori di “rispettare il diritto dei leader religiosi a fornire assistenza umanitaria e ad impegnarsi per i diritti umani e l’armonia etnica”. (V.F.)

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    Piogge ed epidemie devastano l’Africa orientale: il Sudan, il Paese maggiormente colpito con centinaia di morti e migliaia di senza tetto

    ◊   Le piogge che dall’inizio dell’estate si sono abbattute sul continente africano, non accennano a smettere. Centinaia i morti e decine di migliaia i senza tetto: è questo, finora, il bilancio delle vittime della stagione delle piogge. Come riferisce l’agenzia MISNA, i danni maggiori sembrano essersi registrati nell’ Africa occidentale. In Sudan, è salito a 119 il bilancio delle vittime: lo riferiscono le autorità locali. Il maltempo ha, inoltre, distrutto raccolti e ucciso migliaia di capi di bestiame: la sopravvivenza alimentare di oltre 1 milione e 500 mila persone è minacciata. Le autorità locali e internazionali hanno sollevato preoccupazione riguardo la possibilità del diffondersi di malattie ed epidemie. L’Organizzazione mondiale per la Sanità (OMS) e il ministero della Sanità sudanese dichiarano che sono saliti a 58 i decessi a causa del colera e stimano il contagio di circa 1000 persone. Il colera si diffonde rapidamente in caso di alluvioni, in particolare in ambienti poco igienici. L’ambasciata sudanese in Kenya, ieri ha lanciato un appello alla comunità internazionale, affinché invii aiuti alle popolazioni colpite. (B.B.)

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    La Repubblica Democratica del Congo colpita dall’epidemia di febbre mortale. L’OMS pubblica il bilancio delle vittime: 116 decessi e 289 contagiati

    ◊   E’ di 116 decessi e 289 casi di contagio il bilancio dell’epidemia di febbre mortale che ha colpito alcune zone del sud e del centro della Repubblica democratica del Congo. Lo ha annunciato l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), in un comunicato diffuso dall’agenzia MISNA. “Le terapie finora utilizzate – si legge nel comunicato – hanno diminuito il tasso di mortalità dal 40 al 18 per cento”. L’origine dell’epidemia può essere condotta alla morte di un capo villaggio nella regione di Mweka, nell’ovest del Paese, lo scorso giugno. Una settimana dopo, anche il suo successore è deceduto, presentando gli stessi sintomi. In seguito sono morte anche persone presenti ai loro funerali. La malattia aveva già contagiato centinaia di persone. I sintomi dell’epidemia consistono in una forte febbre, cefalee, diarrea e coliche addominali e vomito”. La morte avviene spesso per disidratazione. (B.B.)

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    Le politiche sanitarie dell’Africa e del sud-est asiatico dimenticano i malati mentali. L’OMS chiede l’aumento dei finanziamenti

    ◊   Meno dell’1% del budget per la sanità, 0,05 psichiatri e 0,16 infermieri psichiatrici ogni 100.000 abitanti: sono le cifre diffuse dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) in riferimento agli investimenti in strutture per malati mentali, in Africa e nel sud-est asiatico. L’OMS ha invitato i governi dei Paesi poveri ad “aumentare i finanziamenti ai servizi e alle strutture che si occupano di sanità mentale”, giudicando quelli attuali largamente insufficienti. Ma “tutto il mondo dovrebbe preoccuparsi di questa situazione – prosegue il comunicato, diffuso dall’agenzia MISNA – perché le persone che soffrono di disturbi mentali nei paesi a basso reddito sono sistematicamente escluse dai progressi scientifici di cui altri possono invece beneficiare”. Inoltre, in questi Paesi le persone colpite da malattie mentali sono ignorate o costrette a subire grosse discriminazioni. Secondo le stime dell’OMS basterebbero 2 dollari pro capite nei paesi a basso reddito e di 3 o 4 dollari nei paesi a reddito medio, per avviare cure di base adeguate. Con questo piccolo aiuto aumenterebbe dell’80 per cento la copertura dei casi più gravi e del 25-33 per cento delle situazioni meno complicate. (B.B.)

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    Parte un’iniziativa della Banca Mondiale per fornire illuminazione innovativa e a basso costo all’Africa sub-sahariana

    ◊   Al via un programma del Gruppo Banca Mondiale per fornire illuminazione, nell’Africa sub-sahariana, ai 250 milioni di persone che non hanno ancora accesso all’elettricità. “Lighting Africa”, questo il nome del progetto, ha l’obiettivo di sviluppare le condizioni di mercato necessarie alla fornitura e alla distribuzione di sistemi di illuminazione innovativi, economici ed ecologici. Come ad esempio le lampadine a luce fluorescente o diodi ad emissioni luminose (LED). La popolazione africana non raggiunta dalla rete elettrica - riferisce Fides - spende infatti circa 17 miliardi di dollari in fonti luminose a carburante, come le lampade a kerosene, che sono molto costose, altamente inquinanti ed inefficienti. La spesa di una famiglia per l’illuminazione è pari al 10/15 per cento delle entrate totali. Il programma, per il quale oltre 350 aziende hanno già manifestato interesse, tenta di attrarre l’industria internazionale e locale verso un mercato con ampie prospettive. La fase iniziale del programma, appena avviata, comprende una competizione che premia i migliori sistemi di illuminazione innovativi, non inquinanti, a basso costo e di alta qualità. Verranno anche iniziate ricerche di mercato in Kenya, Ghana, Tanzania e Zambia per analizzare le esigenze locali e avviare futuri contatti di distribuzione. Infine verrà aperto un portale internet attraverso il quale fabbricanti, distributori e commercianti potranno entrare in contatto e stabilire rapporti d’affari.(V.F.)

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    Pubblicato dalla Chiesa Coreana un libro sul tema della difesa della vita

    ◊   Cinque anni di lavoro e 430 pagine per promuovere “la cultura della vita in opposizione ad una cultura della morte”. Il movimento cattolico coreano “Life 31” ha raccolto in un libro un’approfondita documentazione, che illustra la posizione della Chiesa Cattolica in materia di bioetica e difesa della vita. Il prontuario, presentato dalla Conferenza Episcopale sud-coreana, è destinato a cattolici ed è distribuito gratuitamente. A partire dalla lettera dei vescovi locali del 1961 a proposito di popolazione e controllo delle nascite, il volume racconta l’impegno della Chiesa coreana nella difesa della vita e contiene un apparato di documenti pubblicati dalle Commissioni Episcopali per la Famiglia, per la Bioetica e per la Giustizia e la Pace. Il prontuario approfondisce questioni di forte impatto sull’opinione pubblica, come la manipolazione degli embrioni, l’aborto, l’eutanasia, la pena di morte. Secondo i vescovi coreani, riferisce l’agenzia Fides, la chiave del processo culturale in atto in Corea, volto ad imporre una cultura della morte nella società, “risiede nella famiglia, che ha bisogno di orientarsi sempre più verso una cultura della vita”. Il Movimento “Life 31” prende il nome dal 31.esimo anniversario - ricorso nell’anno della sua nascita, il 2003 - dell’entrata in vigore in Corea della legge che legalizza l’aborto e la pena di morte. Al Movimento partecipano anche protestanti e buddisti. (V.F.)

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    Il Centro d'Ateneo di Bioetica dell’Università Cattolica di Milano condanna la creazione di embrioni-chimera

    ◊   “Queste novità segnano un pesante regresso rispetto ai criteri che dovrebbero governare le scelte pubbliche, l’etica della ricerca scientifica e il rispetto della dignità umana”. Sono le parole del professore Adriano Pessina, direttore del Centro d'Ateneo di Bioetica dell’Università Cattolica di Milano, in merito alla notizia del via libera , in Gran Bretagna, della creazione di "embrioni-chimera". Secondo il docente “risulta particolarmente grave e demagogico” che i cittadini inglesi abbiano sostenuto la sperimentazione attraverso un sondaggio popolare, alimentati oltretutto da prospettive economiche. La procedura approvata, inoltre, gioca la carta della rassicurazione psicologica affermando che la generazione delle cosiddette chimere da laboratorio avrà come esito la loro distruzione. “In questo modo si ammette implicitamente che ciò che viene generato non si sa propriamente a che specie appartenga – continua il comunicato – e quindi non si sa propriamente chi potrebbe continuarne la gestazione e il parto”. Il professore conclude augurandosi che “la valutazione non si limiti alla considerazione dei soli aspetti scientifici e procedurali, ma sappia ridare peso alla dimensione etica ed antropologica in essa implicata”. (B.B.)

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    Apre ad Alessandria d’Egitto, la 23.ma edizione del Festival internazionale del Cinema

    ◊   Inizia oggi il Festival internazionale del Cinema di Alessandria d’Egitto, che terminerà l’11 settembre. Saranno 11 i film che parteciperanno alla competizione ufficiale e 45 i lungometraggi proiettati al di fuori del concorso. La presidenza della giuria di questa 23.ma edizione del Festival è stata affidata al tunisino Nouri Bouzid. Uno dei film più attesi è “Goodbye Bafana”, prodotto da sei Paesi: arabi, africani ed europei. La pellicola si basa sulla storia di James Gregory, un bianco sudafricano, guardia carceraria di Nelson Mandela. Durante il periodo di detenzione, dagli anni 60 fino al giorno della sua liberazione nel 1990, Gregory si è occupato di lui divenendo suo custode, censore e confidente. (B.B.)

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    Cordoglio dell’arcidiocesi di Modena per la morte di Luciano Pavarotti. Domani alle ore 15, i funerali nella sua città natale

    ◊   È arrivato ieri sera nel duomo di piazza Grande, a Modena, il feretro di Luciano Pavarotti. La bara bianca è stata depositata su un tappeto davanti all’altare, nella navata centrale. Il corpo è stato coperto da un velo rosso con sopra ricamata in oro, una chiave di violino. L’artista è vestito in smoking nero con papillon bianco e un foulard tra le mani, sulle quali è poggiata una corona del rosario. La camera ardente sarà allestita fino alle ore 13, di domani. Sempre domani sarà celebrato il funerale, alle ore 15. L’arcidiocesi di Modena-Nonantola, città che il 12 ottobre del 1935 ha dato i natali all’artista, onora la memoria di Luciano Pavarotti: “La sua formazione cristiana e la permanenza della sensibilità spirituale hanno fatto delle sue straordinarie doti di cantante, di promotore di eventi musicali e di maestro un modo con cui ha tradotto i suoi valori personali e spirituali”. “Consapevole delle condizioni singolari e talora difficili della sua vita – prosegue il comunicato – la comunità cattolica della diocesi di Modena ricorda con affetto la sua disponibilità e la sua fedeltà alle radici”. (B.B.)

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    24 Ore nel Mondo



    In Algeria, attacco kamikaze provoca oltre 20 morti. Illeso il presidente Bouteflika, obiettivo dell'agguato - Il Marocco alle urne per le elezioni politiche: favoriti i moderati islamici

    ◊   E' drammatico il bilancio dell’attentato kamikaze avvenuto, ieri a Batna, in Algeria. Fonti ufficiali parlano di 22 vittime e oltre 100 feriti. L’agguato aveva come obiettivo il corteo del presidente Bouteflika, che però è sfuggito all’attacco. Lo stesso Bouteflika ha accusato gli ambienti dell'integralismo islamico, che cercano di ostacolare la sua politica di riconciliazione nazionale. Sulle conseguenze che questo attentato potrà avere sulla vita politica dell’Algeria, Salvatore Sabatino ha intervistato il collega Luciano Ardesi, esperto di Algeria:

    R. – Conseguenze immediate forse non ne avrà, però questo attentato conferma che in Algeria si è stabilmente insediato un nucleo terrorista affiliato ad Al Qaeda, che ha come caratteristica principale quella di utilizzare gli attentati suicidi, mai utilizzati in Algeria, se non a partire dall’inizio di quest’anno, quando il gruppo si è costituito ufficialmente. Per il Paese diventa, a questo punto, una sfida più difficile forse di quella vinta negli anni scorsi, perchè le modalità di questo terrorismo sono molto più feroci e micidiali rispetto a quelle poi risultate sconfitte dalla politica dei governi algerini.

     
    D. – L’Algeria, dunque, vive un’altra fase drammatica, dopo 15 anni di violenze interne. Come vede il futuro di questo Paese? Riuscirà ad uscire dal tunnel della violenza?

     
    R. – L’effetto più paradossale di questi anni di terrorismo è stato quello di cementare una certa unità del Paese, unità che era stata minacciata da tante tensioni di carattere sia politico, sociale, economico e soprattutto religioso. Sicuramente, ciò che è mancato fino a questo momento al Paese è di non aver saputo rinnovare i modi della politica, il che vuol dire aprire finalmente ad una democrazia pluralista, in cui tutte le forze politiche possano realmente incidere nelle sorti del Paese. E’ questa forse la vera sfida per l’Algeria, che peraltro sta attraversando una fase molto favorevole, con il prezzo del petrolio alle stelle. Quindi l’economia algerina, da questo punto di vista, non è mai andata così bene.

    - In vista del sesto anniversario degli attentati di New York e Washington, avvenuti l’11 settembre 2001, esperti informatici si attendono un nuovo video di Osama Bin Laden. Su un sito Internet di integralisti islamici è infatti apparso, ieri, l’avviso della diffusione del filmato entro le prossime 72 ore. L’annuncio è stato accompagnato dalla pubblicazione di una fotografia in cui il leader di Al Qaeda appare invecchiato, nonostante una folta barba nera. Lo “sceicco del terrore” resta, ancora oggi, per gli Stati Uniti l’uomo da catturare. A rivelarlo è il consigliere per la Sicurezza interna del presidente Bush, Frances Townsend, in un’intervista alla CNN, nella quale ha parlato della “priorità assoluta” di assicurare Bin Laden, ma anche altri esponenti dell’organizzazione terroristica, alla giustizia.

    - In Iraq, sono rimasti uccisi, nelle ultime ore, almeno sette militari statunitensi in seguito ad attacchi sferrati da ribelli. Lo ha riferito, in un comunicato, il comando militare statunitense precisando che tre soldati sono morti a causa di un’esplosione avvenuta nella provincia di Niniveh. Altri quattro militari sono rimasti uccisi durante scontri avvenuti nella turbolenta zona di Al Anbar, provincia visitata lunedì scorso dal presidente statunitense, George W. Bush. Negli Stati Uniti, intanto, il comandante delle operazioni americane in Iraq, il generale David Petraeus ha detto a Bush di voler mantenere alti i livelli delle truppe nel Paese arabo fino al prossimo anno. Il generale ha anche annunciato di poter accettare il ritiro di circa 4 mila soldati a partire da gennaio.

    - Nel sud dell’Afghanistan, almeno 20 presunti talebani e due soldati della NATO sono morti a causa di furiosi scontri e attacchi. Sempre nel sud del Paese asiatico, nella provincia di Patkia, sono stati sequestrati 12 sminatori afghani.

    - “No so di cosa state parlando”. E’ quanto ha dichiarato il primo ministro israeliano, Ehud Olmert, rispondendo ad un giornalista del quotidiano Haaretz sulla presunta violazione dello spazio aereo siriano, da parte di caccia israeliani, denunciata ieri dal governo di Damasco. In Medio Oriente prosegue, intanto, la missione diplomatica dell’ex premier britannico, Tony Blair, che ieri ha incontrato a Ramallah, in Cisgiordania, il presidente palestinese, Abu Mazen. Ma nei Territori Palestinesi sale la tensione: a Gaza i miliziani di al-Fatah si apprestano a celebrare in spazi aperti le preghiere del venerdì, in segno di protesta contro la gestione del potere nella Striscia di Gaza da parte del movimento islamico Hamas.

    - Importante apertura da parte degli Stati Uniti nei confronti della Corea del Nord. A margine del vertice dell’APEC, il Forum per la Cooperazione Asia-Pacifico, in corso a Sydney, il presidente Bush non ha escluso l’ipotesi di un trattato formale con la Corea del Nord. Il nostro servizio:

    Rinunciare al programma di armamenti nucleari. E’ questa la condizione posta dal presidente americano Bush a Pyongyang. L’intenzione è stata espressa durante un colloquio tra il capo della Casa Bianca ed il presidente sudcoreano, Roh Moo-hyun. Nella sua giornata densa di appuntamenti, Bush ha tenuto anche un faccia a faccia di un’ora con il presidente russo, Vladimir Putin. Nell’incontro, i due leader hanno parlato del sistema di difesa anti-missilistica nell’Europa orientale. Il cosiddetto “scudo” non è gradito a Mosca perché è considerato un’aperta minaccia alla propria sicurezza. Il capo della Casa Bianca ha inoltre proposto ai leader dei Paesi dell’ASEAN, l'Associazione delle Nazioni del Sud-Est Asiatico, di realizzare il prossimo vertice in Texas. Con ogni probabilità vi prenderà parte anche una delegazione del Myanmar, ex-Birmania, Paese fortemente criticato dall’amministrazione Bush per i numerosi fermi dopo le recenti proteste di piazza. Il presidente americano ha anche chiesto al governo di Yangoon di liberare il leader dell’opposizione, il premio Nobel Aung San Suu Kyi, da tempo agli arresti domiciliari.

    - Speranze di pace in Darfur, martoriata regione sudanese, teatro dal 2003 di una sanguinosa guerra civile. Prenderanno il via a fine ottobre, in Libia, i nuovi colloqui tra il governo di Khartoum ed i ribelli. Si tratta del primo successo del segretario generale dell’ONU, Ban Ki- moon, in missione in Africa. Il servizio di Giulio Albanese:


    La notizia è, dunque, ufficiale: il 27 ottobre prossimo in Libia delegati del governo sudanese e leader dei gruppi ribelli presenti nel Darfur prenderanno parte al tavolo delle trattative per negoziare la pace nella tormentata regione occidentale del Paese africano. Lo hanno annunciato ieri le autorità di Khartoum in un comunicato ufficiale, cui ha fatto seguito una nota delle Nazioni Unite in cui si esprime la speranza che tutte le parti in causa cooperino pienamente per la fine immediata delle ostilità, che dal 2003 hanno provocato la morte di almeno 200 mila civili. Da rilevare che il governo di Khartoum ha assicurato la massima collaborazione per la riuscita delle trattative, pianificate anche grazie alla mediazione del segretario generale dell’ONU, Ban Ki-moon, in questi giorni in visita in Africa. Le insidie, però, sono dietro l’angolo: i negoziati debbono ancora iniziare, ma Khalili Ibrahim, numero uno del GEM, il Movimento Giustizia ed Uguaglianza ha già lanciato accuse agli interlocutori. Ibrahim ha, infatti, definito arrogante la nomina di Nafie Ali Nafie, uomo di fiducia del presidente al-Beshir, come capo negoziatore del governo sudanese. (Per la Radio Vaticana, Giulio Albanese)

    - E prosegue, intanto, la missione in Africa del segretario generale delle Nazioni Unite, Ban Ki-moon, giunto oggi in Ciad per una serie di colloqui con il presidente del Paese africano, Idriss Deby. Al centro dell’incontro, ancora il processo di pace in Darfur ma anche la questione dei rifugiati che provengono dalla regione sudanese. Secondo una stima, a partire dal 2003, anno di inizio del conflitto civile in Darfur, sono circa 200 mila i profughi giunti in Ciad.

    - Fragile tregua in Nord Kivu, nella parte orientale della Repubblica Democratica del Congo. Ieri, la missione dell’ONU nel Paese africano aveva siglato, nella città di Sake, un cessate il fuoco tra l’esercito regolare e le milizie leali all’ex generale Nkunda che però, stamani, ha denunciato un attacco. Sempre ieri, le Nazioni Unite avevano lanciato un appello alle parti per favorire il passaggio degli aiuti umanitari nelle zone di guerra. Secondo l’Alto Commissariato ONU per i Rifugiati, sono almeno 170 mila le persone sfollate dall’inizio dell’anno, quando gli scontri sono diventati più violenti.

    - E’ previsto nel pomeriggio il voto di scioglimento della camera bassa del Parlamento polacco. Al termine della seduta verranno indette elezioni anticipate che, con ogni probabilità, si terranno il 21 ottobre. Con il voto di oggi si mette fine alla crisi del governo Kaczynski, innescata dopo l’uscita di due partiti dalla coalizione di maggioranza. (Panoramica internazionale a cura di Benedetta Capelli e Amedeo Lomonaco)

     

     
    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LI No. 250

     
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