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SOMMARIO del 03/09/2007

Il Papa e la Santa Sede

  • Mons. Ravasi è il nuovo presidente del Pontificio Consiglio della Cultura. Oggi la nomina del Papa. Succede al cardinale Poupard
  • Altre nomine
  • Il Papa riceve alcuni presuli della Conferenza episcopale di Laos e Cambogia
  • Il grazie del Papa alla città di Loreto prima del rientro a Castel Gandolfo
  • Il dolore del Papa per la morte del giovane gendarme Alessandro Benedetti. Secondo gli accertamenti si tratta di un suicidio.
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • La Chiesa si prepara a celebrare la Beata Teresa di Calcutta, a 10 anni dalla morte
  • 25 anni fa la mafia uccideva il generale Dalla Chiesa, la moglie e l'agente di scorta
  • Chiesa e Società

  • I diritti dei lavoratori al centro del messaggio del vescovo di Brooklyn per la festa del lavoro negli USA
  • Aperta a Madrid la Conferenza ONU per la lotta contro la desertificazione
  • In Romania, nasce la Camera nazionale dei rappresentanti Rom, per l’uguaglianza nazionale e la difesa dei diritti della minoranza nomade
  • In Cambogia cure gratuite per migliaia di bambini nel nuovo reparto aperto dall’Ospedale Pediatrico “Bambino Gesù” di Roma a Takeo, nel sud del Paese
  • In Iran, impiccato in piazza giovane per aver ucciso un giudice: sale a 168 il numero di condannati alla pena capitale, in questo Paese, dall’inizio dell’anno
  • Denuncia del China Labour Bullettin: il Sindacato statale anziché tutelare i lavoratori sovente difende gli interessi delle imprese
  • Il ruolo della piazza, patrimonio dell’identità europea: il 13 e 14 settembre Convegno e Mostra a Venezia, promosso dall’Università IUAV
  • Alla Mostra del Cinema di Venezia, il nuovo lungometraggio di Abdellatif Kechiche racconta le sfide dell'integrazione socio-culturale in Francia
  • 24 Ore nel Mondo

  • Nei Territori palestinesi varata la riforma elettorale che avvantaggia Al Fatah e penalizza Hamas – In Iraq, visita a sorpresa di Bush; le truppe britanniche si ritirano dal quartier generale nel centro di Bassora
  • Il Papa e la Santa Sede



    Mons. Ravasi è il nuovo presidente del Pontificio Consiglio della Cultura. Oggi la nomina del Papa. Succede al cardinale Poupard

    ◊   Il Papa oggi ha nominato il nuovo presidente del Pontificio Consiglio della Cultura: si tratta di mons. Gianfranco Ravasi, finora prefetto della Veneranda Biblioteca Ambrosiana. Il Pontefice lo ha nominato nello stesso tempo presidente delle Pontificie Commissioni per i Beni Culturali della Chiesa e di Archeologia Sacra, assegnandogli la sede titolare di Villamagna di Proconsolare, con dignità di arcivescovo. Mons. Ravasi, nato a Merate, in provincia di Lecco 65 anni fa, succede al cardinale Paul Poupard, che per raggiunti limiti d’età ha rinunciato ad un incarico che ricopriva da quasi 20 anni. Sergio Centofanti ha chiesto a mons. Ravasi come abbia accolto questa importante nomina:


    R. - Colgo questa nomina con sorpresa, da una parte, perché si tratta di una svolta radicale per la mia vita, anche se per molti versi devo dire che ho trascorso buona parte della mia esistenza nel mondo della cultura, nel mondo del dialogo, con un orizzonte così mutevole, come quello della cultura, delle arti, della letteratura e così via. D’altra parte, c’è anche una dimensione che mi è molto consona, quella cioè di stare sulla frontiera, per vedere anche questo mondo della non credenza, il mondo che si interroga, il mondo che qualche volta rifiuta, ma che ha dentro di sé sottilmente un’ansia di ricerca. Si tratta di un’esperienza per me molto superiore, rispetto a quella che ho condotto finora, in un orizzonte ristretto. E’, però, un entrare in un ambito che non mi fa trovare spaesato o inceppato o dubbioso.

     
    D. – A suo avviso, quali sono le principali sfide culturali di oggi?

     
    R. – Le principali sfide culturali di oggi sono su traiettorie molto diverse. Da un lato c’è sicuramente il ritrovare ancora i grandi valori, in un confronto con una tradizione così alta e così nobile come quella cristiana. Il cristianesimo ha alle spalle due millenni di cultura altissima, che non può essere semplicemente liquidata come purtroppo avviene qualche volta ai nostri giorni con delle battute, con degli sberleffi quasi di tipo goliardico. Quindi, il primo elemento, in un mondo così vago e incerto, è quello di riuscire a trovare la sostanza, a ritrovare radici che possano in qualche modo alimentare. Un’altra traiettoria è certamente quella del vincere la superficialità, la banalità. Il fatto che la cultura religiosa di sua natura ponga le domande ultime e dia alcune risposte che sono risposte ultime, questo fa sì che all’interno del mondo di oggi, così fermo alla superficie delle cose, così banale, qualche volta persino volgare, si possa invece ritrovare una sorta di scintilla profonda, una sorta di seme deposto che deve ancora fiorire. E questa è la sfida di un dialogo con questo mondo. Io direi che queste due traiettorie sono le principali. Poi, naturalmente, si ramificano nella complessità di un dicastero vaticano, che non guarda soltanto all’Occidente, ma guarda anche ai grandi orizzonti dei continenti, come l’Africa e l’Asia, che hanno percorsi nuovi, percorsi diversi rispetto a quelli che abbiamo fatto finora.

     
    D. – Come far dialogare Vangelo e cultura in questa nostra società?

     
    R. – Il dialogo tra Vangelo e cultura è stato uno dei grandi punti di riferimento della Chiesa, soprattutto all’interno della sua storia secolare, ma soprattutto a partire dal Concilio Vaticano II. Non per nulla il dicastero della cultura sorge sulla scia del Concilio, anche se poi verrà formalmente istituito da Giovanni Paolo II. Ha già il suo avvio con Paolo VI e, in particolare, con quel Consiglio che lui vorrà al Pontificio Consiglio per il dialogo con i non credenti. In questa luce, io penso che sia indispensabile riconoscere che il cristianesimo è anche produttore di cultura, ma è anche soprattutto capace di inquietare le culture, di dare una forza di ricerca, una forza di domanda sicuramente molto feconda. Ecco, il Vangelo e la cultura sono un binomio che deve essere intrecciato, che si incrocia, non solo perché il Vangelo deve riuscire ad esprimersi attraverso i linguaggi, attraverso le coordinate della nuova cultura, ma, d’altra parte, deve essere anche capace di lasciare una traccia. Non deve soltanto esprimere se stesso, ma anche far sì che la sua espressione diventi un principio vitale, un principio fecondatore.

     
    D. – Come lei ha già accennato, vediamo sempre più spesso una società contraddittoria, sempre più senza Dio, ma sempre più assetata di Dio...

     
    R. – E’ vero questo, noi ci troviamo paradossalmente in un mondo che sembra fermarsi soltanto all’ovvietà, alla banalità, si perde in piccoli rigagnoli, accoglie ormai piuttosto che la parola la chiacchiera, nelle azioni non ha più la progettualità. Ma, d’altra parte, mai come in un terreno così desertico, come bisogna pure registrare, che è quello caratteristico del nostro tempo, si sente proprio la necessità di far ramificare radici di speranza, si sente come se l’uomo avesse sempre un fremito. Come diceva giustamente Pascal: “L’uomo supera infinitamente l’uomo”. E’ inutile che si cerchi con la pubblicità, con il commercio, con la vita solo ridotta a fenomeno economico o biologico, di accontentare l’uomo nei suoi bisogni primari, nelle sue pulsioni e così via. L’uomo alla fine contiene sempre dentro di sé una sorta di apertura verso l’eterno e l’infinito. Ha dentro di sé sempre questa tensione che lo supera. Ed è nella ricerca di questo oltre e di questo altro che deve attestarsi la presenza della Chiesa con il suo annuncio e la sua cultura.

     
    D. – Lei sa già quali saranno i suoi primi passi?

     
    R. – Io non sono un uomo della Curia vaticana, quindi entro dall’esterno e devo con molta umiltà cominciare a conoscere una struttura di grande complessità, che ha già alle spalle una tradizione. Il Pontificio Consiglio ha celebrato quest’anno i 25 anni della sua esistenza. Quindi, ho la necessità di riuscire a conoscerlo con attenzione, conoscendone tutti i percorsi, tutte le attività in modo tale da poter poi insieme iniziare un nuovo itinerario, iniziare appunto un nuovo progetto. La prima tappa perciò è come sempre, come in tutte le cose, prima conoscere e poi agire.

     
    D. – L’ultima domanda. Lei succede al cardinale Poupard...

     
    R. – Io vorrei, avendo questa occasione, rivolgere un saluto al cardinal Poupard che, come tutti sanno ormai - è noto in tutto il mondo - è stato una delle alte figure della cultura cattolica ed è stato anche una grande personalità. Quindi, a maggior ragione, la mia presenza diventa per certi versi più faticosa, quasi inceppata, di fronte ad una figura di così alto rilievo. Anche la Pontificia Commissione dei Beni Culturali aveva delle figure significative, come il suo presidente precedente, mons. Piacenza, e l’attuale vice presidente che è l’abate Zielinsky, che ho avuto il piacere di conoscere. Sicuramente ho alle spalle delle presenze molto alte e queste presenze possono essere certamente elemento di imbarazzo per me, ma possono essere anche un elemento importante di stimolo, ben sapendo che poi rimarranno ancora accanto a me con il loro consiglio, perché io, come ho detto, entro in un orizzonte che mi è per buona parte ignoto, venendo da un mondo diverso, nei cui confronti devo stabilire ormai un ponte di comunicazione.

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    Altre nomine

    ◊   Il Papa ha accolto la rinuncia presentata da mons. Franco Croci, per raggiunti limiti d’età, all’incarico di segretario della Prefettura degli Affari Economici della Santa Sede ed ha chiamato a succedergli mons. Vincenzo Di Mauro, finora delegato della Sezione Ordinaria dell’Amministrazione del Patrimonio della Sede Apostolica, elevandolo in pari tempo alla Sede vescovile tit. di Arpi. Mons. Di Mauro è nato a Monza (Milano) il 1° dicembre 1951 ed è stato ordinato sacerdote il 12 giugno 1976.

    In Italia, il Santo Padre ha accettato la rinuncia al governo pastorale della arcidiocesi di Camerino – San Severino Marche presentata da mons. Angelo Fagiani, in conformità al can. 401 § 2 del Codice di Diritto Canonico. Il Papa ha nominato nuovo arcivescovo di Camerino – San Severino Marche mons. Francesco Giovanni Brugnaro, finora Osservatore Permanente della Santa Sede presso l’Organizzazione Mondiale del Turismo. Mons. Brugnaro è nato il 16 marzo 1943 a San Donà di Piave, diocesi di Treviso e provincia di Venezia, ed è stato ordinato sacerdote il 18 dicembre 1982.

    Il Santo Padre ha quindi nominato nunzio apostolico nelle Filippine mons. Edward Joseph Adams, arcivescovo titolare di Scala, finora nunzio apostolico in Zimbabwe.

    Infine, il Papa ha nominato nunzio apostolico in Malta e in Libia mons. Tommaso Caputo, finora capo del Protocollo della Segreteria di Stato, elevandolo in pari tempo alla sede titolare di Otricoli, con dignità di arcivescovo. Mons. Caputo è nato a Afragola (Napoli) il 17 ottobre 1950 ed è stato ordinato sacerdote il 10 aprile 1974.

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    Il Papa riceve alcuni presuli della Conferenza episcopale di Laos e Cambogia

    ◊   Benedetto XVI ha ricevuto questa mattina in udienza, nel Palazzo Apostolico di Castel Gandolfo alcuni presuli della Conferenza episcopale di Laos e Cambogia, in visita "ad Limina Apostolorum": mons. Tito Banchong Thopanhong, amministratore apostolico del vicariato apostolico di Luang Prabang (Laos); mons. Louis-Marie Ling Mangkhanekhoun, vescovo tit. di Acque nuove di Proconsolare, vicario apostolico di Paksé (Laos); mons. Jeang Sommeng Vorachak, vescovo tit. di Muzuca di Proconsolare, vicario apostolico di Savannakhet (Laos); mons. Jean Khamsé Vithavong, vescovo tit. di Moglena, vicario apostolico di Vientiane (Laos); mons. Emile Destombes, M.E.P., vescovo tit. di Altava, vicario apostolico di Phnom-Penh (Cambogia); padre Enrique Figaredo Alvargonzales, S.I., prefetto apostolico di Battambang (Cambogia); padre Antonysamy Susairaj, M.E.P., prefetto apostolico di Kompong-Cham (Cambogia).

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    Il grazie del Papa alla città di Loreto prima del rientro a Castel Gandolfo

    ◊   Con l'appello ai giovani ad andare controcorrente in una società spesso arrivista e violenta, il Papa ha concluso il suo viaggio a Loreto. Ieri sera, poco prima delle 19.00, il rientro in elicottero a Castel Gandolfo. Il servizio del nostro inviato Paolo Ondarza:


    Sono tornati a casa, ma d’altronde sapevano di doverlo fare dall’inizio di questa meravigliosa esperienza, i 500 mila ragazzi dell’Agorà. Numerosi gli spunti di riflessione per loro: li elaboreranno nei prossimi mesi in attesa di un nuovo incontro con il Papa, questa volta nella lontana Australia, a Sydney, per la Giornata mondiale della gioventù.

     
    Un’iniezione di coraggio dalle parole di Benedetto XVI, ad andare contro corrente, esercitare lo spirito critico nei confronti dei messaggi ingannevoli contrari alla vita. Sull’esempio di Maria, i giovani sanno ora che l’umiltà è la vera forza, che solo nella Chiesa si vive in Cristo, che per Dio non esiste periferia e tutti siamo al centro del suo amore paterno.

     
    Neanche i momenti di buio e di aridità fanno più paura: i giovani hanno capito dal Papa che sono momenti per meglio comprendere i lontani da Dio. Senza dubbio, poi, Loreto 2007 ha ribadito un concetto troppe volte dimenticato: l’importanza della salvaguardia del Creato, specchio della bellezza di Dio.

     
    “La Chiesa italiana ha fatto un lavoro veramente incredibile”, ha detto il Santo Padre al termine del pranzo, ieri, con il Consiglio episcopale permanente, nel Palazzo apostolico di Loreto. “Dà grande gioia – ha aggiunto – vedere la gioventù in cammino con i propri vescovi”.

     
    In serata, prima di partire, il saluto alla cittadinanza:

     
    “Grazie per la vostra accoglienza! Loreto – ha detto il vostro Sindaco richiamando alcune parole dell’amato mio predecessore Giovanni Paolo II – è anche casa del Papa, e debbo dire che qui, in queste ore, mi sono sentito veramente a casa!”.

     
    Il Papa ha assicurato a tutti gli abitanti il suo ricordo. Un pensiero speciale per i degenti dell’Ospedale che – ha detto Benedetto XVI – non mi è stato possibile visitare. Al “Centro Giovanni Paolo II” dedicato ai giovani, la benedizione di alcune formelle in ceramica raffiguranti le “Beatitudini” a ricordo di questa due giorni. Poi, il saluto ai partecipanti all’Agorà dei Paesi del Mediterraneo in svolgimento a Montorso. Nota di merito per i 500mila ragazzi del Papa: hanno infatti lasciato la piana di Montorso in ordine e non si sono verificati incidenti anche grazie all’operato della Protezione civile e alla dedizione dei 1000 volontari, gli angeli custodi dell’Agorà.

     
    Per un commento sull’incontro del Papa con i giovani a Loreto, Antonella Palermo ha intervistato don Domenico Pompili, direttore dell’Ufficio per le Comunicazioni Sociali della Conferenza episcopale italiana e responsabile delle Comunicazioni per l’Agorà:


    R. - Direi che l’impressione globale è stata quella di aver vissuto una pagina davvero entusiasmante della Chiesa di oggi che, come ha detto il Papa, ha vissuto questo cammino dei giovani con i propri vescovi e nel cammino dunque rinnovato di una nuova evangelizzazione delle generazioni più giovani.

     
    D. – Leggiamo sul giornale di oggi: “Lo stile è diverso da quello di Giovanni Paolo II ma il teologo affascina comunque le folle”. Alcune delle impressioni dei giovani: è dolce e semplice…

     
    R. – Credo che il Papa si sia davvero sciolto in mezzo ai giovani. Del resto mi pare che questo accada nell’esperienza di ogni adulto che quando è circondato da un contatto diretto con i giovani, acquista, per così dire, ancora maggiore scioltezza. Il Papa credo che abbia fatto personalmente questa esperienza. Lo si è potuto cogliere dalla commozione che lo ha preso e lo ha coinvolto in più di qualche momento. Un Papa davvero dentro a questo mondo giovanile e con una capacità di saper intercettare questo mondo che ha avuto una conferma ormai chiara e definitiva perché il suo linguaggio veramente è stato essenziale, concreto, aderente ed i giovani si sono sentiti ascoltati ed anche guidati.

     
    D. – Potremmo dire che questo meeting di Loreto è stato segnato da un connubio particolare: “fede ed ecologia”. “Salvate l’ambiente, ha detto il Papa, l’acqua è un bene prezioso, c’è il rischio di conflitti”…

     
    R. – Mi pare che questa fosse per altro un’attenzione di questo meeting di Loreto che era un po’ nelle intenzioni di chi voleva misurare i giovani con questa tematica ambientale che è una tematica nativamente credente e cristiana perché l’ecologia non è un tema dell’ultima ora per i credenti in quanto appartiene originariamente alla nostra esperienza per la quale il contatto con l’ambiente naturale è una forma per incontrare Dio stesso ed anzi, forse, la caduta di percezione spirituale del mondo ha portato anche ad un disincanto, ad un utilizzo semplicemente economico del mondo. Per questo le parole del Papa sono giunte veramente a proposito. Benedetto XVI però ha fatto uno specifico riferimento all’acqua e come sempre, in poche parole, è riuscito a far cogliere la sfida che si cela dietro il tema dell’acqua che potrebbe essere gravida di conseguenze molto pericolose se non prendiamo delle debite contromisure.

     
    D. – Uno dei testimoni di questo meeting è stato padre Giancarlo Bossi che, tra l’altro, è salito poi sul palco e al microfono, rivolto al Santo Padre, ha detto: “Sono felice di essere con Lei questa sera per dire il mio grazie a Dio per avere ancora una volta tenuto amorosamente la mia vita nelle sue mani; a Lei per avermi portato nel suo cuore di padre durante il mio sequestro; a tutti questi giovani perché con la loro preghiera e il loro amore mi hanno dato il coraggio di rimanere fedele a Cristo, alla sua Chiesa, alla mia vocazione missionaria e alla gente a cui appartengo”. Lei come ha vissuto questa testimonianza particolare, don Domenico?

     
    R. – Credo che padre Bossi sia davvero un’icona nell’icona più generale del meeting di Loreto, ovvero uno che per definizione è un anti-star, un anti-divo, è diventato il centro di attenzione a voler quasi simbolicamente richiamare quello che era il cuore del discorso del Papa alla sera della Veglia quando, richiamandosi alla periferia in cui è avvenuto l’incontro di Maria a Nazareth con l’evento dell’Incarnazione, ha voluto dire ai giovani che nessuno è periferico davanti a Dio e che tutti siamo al centro rispetto a Dio perché Dio ci conosce per nome. E in fondo, questo uomo mite e così anonimo, che è diventato da alcuni mesi il centro dell’attenzione e anche della pubblica opinione, quasi schermendosi, ha voluto dire che ciascuno può fare una storia importante se si fida di Dio, anche passando attraverso momenti di buio e di gravi difficoltà. Mi pare che questa sia una grande lezione, soprattutto per i giovani che spesso si sentono un po’ sottovalorizzati, affinché possa essere di grande forza per affrontare il quotidiano, che non è sempre facile.

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    Il dolore del Papa per la morte del giovane gendarme Alessandro Benedetti. Secondo gli accertamenti si tratta di un suicidio.

    ◊   Questa mattina, verso le ore 7.30, il giovane Alessandro Benedetti, di 25 anni, membro del Corpo della Gendarmeria dello Stato della Città del Vaticano, è stato rinvenuto in un bagno della Caserma della Gendarmeria, in condizioni gravissime, in seguito ad un colpo d’arma da fuoco. Il giovane è stato portato immediatamente all’Ospedale Santo Spirito, dove è spirato intorno alle ore 9.00. "I primi indizi – secondo quanto rende noto un comunicato della Sala Stampa vaticana - lasciano pensare che il giovane abbia voluto suicidarsi. Un biglietto, rinvenuto sul luogo, è ora al vaglio della magistratura vaticana, che si occupa del caso e che esaminerà i dati dell’autopsia, richiesta al medico legale italiano". E gli ulteriori accertamenti confermano come la più probabile la tesi del suicidio, che sarebbe avvenuto per motivi di carattere personale. Si attende comunque l'esito dell'autopsia. Il giovane Benedetti era stato assunto lo scorso aprile nel Corpo della Gendarmeria, come “allievo gendarme” con l’abituale processo di selezione psicoattitudinale, relativo anche all’uso delle armi. "Il suo comportamento - rileva il comunicato della Sala Stampa - non aveva dato finora motivo di preoccupazione. Il Santo Padre con pena ha appreso la notizia ed affida alla misericordia di Dio il giovane Alessandro. Il Papa ha espresso la sua vicinanza spirituale alla famiglia Benedetti e ai membri della Gendarmeria".

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   Servizio vaticano - Il pellegrinaggio di Benedetto XVI a Loreto con i giovani italiani: "Abbiate il coraggio dell'umiltà".

    Servizio estero - Nucleare: la Corea del Nord smantellerà tutti i programmi entro il 2007.

    Servizio culturale - In ricordo di Raffaele Crovi un articolo di Marco Testi dal titolo "La scrittura come verità".
     Servizio italiano - In rilievo il tema della finanziaria.

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    Oggi in Primo Piano



    La Chiesa si prepara a celebrare la Beata Teresa di Calcutta, a 10 anni dalla morte

    ◊   La Chiesa si appresta a celebrare il decimo anniversario della morte di Madre Teresa di Calcutta che ricorre il prossimo 5 settembre. Per tratteggiare questa straordinaria figura che ha riassunto preghiera, contemplazione e fervoroso servizio per i più poveri, Isabella Piro ha raccolto la testimonianza di don Teresio Bosco, salesiano, autore di tre volumi sulla Beata:


    R. – Madre Teresa, con il suo volto meraviglioso, con la sua attività in mezzo ai poveri, agli ammalati, dando loro il sorriso della speranza, dà a tutti noi questa parentesi di speranza, di bontà e ci fa sorridere. Ma il suo non è un sorriso di una persona umana: è il sorriso di una persona che si specchia tutti i giorni in Dio e ci dice: “Coraggio, nostro Padre è Dio! Questa vita è un cammino verso la casa del Padre! Quindi, sorridiamo, stiamo contenti, qualunque cosa ci capiti!”.

     
    D. – C’è un messaggio lanciato dalla Beata di Calcutta che possiamo portare sempre con noi?

     
    R. – “Non venite a Calcutta! La vostra Calcutta cercatela lì dove vivete!”. Ecco: mi pare che sia il messaggio più grande che Madre Teresa abbia lanciato. Vicino a noi ci sono sempre dei poveri più poveri di noi, e noi con l’amore cristiano dobbiamo scoprirli, questi poveri.

     
    D. – Sono tanti gli episodi della vita di Madre Teresa da lei raccontati nel suo libro. Ma ce n’è uno particolarmente significativo?

     
    R. – Quella frase durissima che disse ricevendo il Premio Nobel del 1979, quando invitò i convitati a quel grande banchetto a rinunciare al pranzo in favore di chi era senza pranzo e senza cena. Disse: “Non si fa festa nella casa dove tuo fratello sta morendo”. Ecco: lo ricordassimo che in questa casa, che è il mondo, nostri fratelli e nostre sorelle stanno morendo di fame, forse avremmo un pochino più di ritegno!

    In questi 10 anni l’opera di Madre Teresa è stata proseguita dalle Missionarie della Carità. Suor Maria Pia Mariani, superiora della Congregazione nel centro-nord d'Italia, racconta, al microfono di Marco Guerra, come è stata raccolta la preziosissima eredità spirituale della loro fondatrice:


    R. – La Madre, nella sua ultima lettera, la lettera che aveva scritto proprio il 5 settembre, il giorno in cui è morta, ci aveva scritto: “Siate tutte per Gesù attraverso Maria”. E questo è un po’ il suo testamento spirituale. Per la Madre, avere al centro della nostra vita Gesù era la cosa principale, e la Madre ci invitava ad essere lì, con Maria, ai piedi della Croce, perché è lì che noi incontriamo Gesù, nel calvario di quelle persone che oggi sono sulla Croce e che fanno l’esperienza della sofferenza. La Madre ci diceva sempre che noi non siamo assistenti sociali, ma siamo contemplative nel cuore del mondo. E per questo noi spendiamo tanto tempo in preghiera, tante ore della giornata: perché è da Gesù nell’Eucaristia che noi riceviamo la luce e la forza per riconoscerlo poi nel volto sfigurato dei poveri.

     
    D. – E la sua opera come è stata proseguita?

     
    R. – Continuiamo a servire Gesù nei poveri. E lei diceva: “Questo è il Vangelo: riconoscere Gesù nella persona che incontriamo, perché quello che noi facciamo al più povero dei poveri è come se noi lo facessimo a Gesù”. E questo ci spinge anche oggi ad andare in qualsiasi parte del mondo per incontrare questo tipo di povertà. Dopo la morte della Madre, abbiamo aperto circa 150 case, cercando proprio le zone di maggiore povertà in Africa, in Medio Oriente ... siamo andate in Bosnia, in Afghanistan, proprio per incontrare Gesù nella persona che soffre.

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    25 anni fa la mafia uccideva il generale Dalla Chiesa, la moglie e l'agente di scorta

    ◊   25 anni fa Cosa nostra uccideva il prefetto di Palermo Carlo Alberto Dalla Chiesa, la moglie Emanuela Setti Carraro e l'agente di scorta Domenico Russo. Il superprefetto venne inviato d'urgenza dallo Stato a Palermo, dopo gli omicidi del segretario siciliano del Partito Comunista, Pio La Torre, di Piersanti Mattarella, presidente della Regione siciliana, e Michele Reina, segretario della Democrazia Cristiana palermitana. Dalla Chiesa, era deciso ad andare fino in fondo "senza guardare in faccia nessuno". Da Palermo, il servizio di Alessandra Zaffiro.


    Durante i cento giorni che precedettero la strage di via Carini, il prefetto cercò di promuovere la risposta dello Stato e di spezzare il legame tra mafia e politica. Ma le sue iniziative furono frenate da ostilità ambientali e da una ridotta capacità di intervento: Dalla Chiesa reclamò continuamente la concessione di poteri di coordinamento che non ottenne. Nell'ultima intervista che rilasciò a Giorgio Bocca, il generale disse: “Un uomo viene colpito quando viene lasciato solo”. Poche ore dopo l’agguato, qualcuno scrisse: “Qui è morta la speranza dei palermitani onesti”.

     
    Questa mattina, per rendere omaggio alle vittime di via Isidoro Carini, una Messa nella chiesa di Santa Maria di Monserrato, concelebrata da monsignor Gioacchino Gammino e da don Luigi Ciotti. “E’ una commemorazione – ha detto mons. Gammino nell’omelia - che quest’anno fa i conti con una attualità più pressante e articolata che ci induce a ribadire fortemente: NO alla mafia e ai suoi delitti, NO alla criminalità delle estorsioni e del pizzo. Quanta tristezza nell’assistere impotenti alla distruzione di quanto persone laboriose hanno con sacrificio loro e delle loro famiglie, messo su per una economia virtuosa e benefica per la città e la regione”. “Fare memoria del Prefetto Dalla Chiesa – ha concluso mons. Gammino - significa anche ricordare tutto questo patrimonio umano di energie sane di cui è ricca la nostra società" e ci conferma che “la speranza non è morta”. Subito dopo, parenti delle vittime e istituzioni hanno deposto corone di fiori sul luogo dell'eccidio. Poi, alla presenza del sottosegretario all'Interno, Alessandro Pajno, l'intitolazione al generale Dalla Chiesa della caserma, sede del Comando Regione carabinieri Sicilia. Ma a che punto è oggi la lotta alla mafia e cosa è cambiato in Sicilia dalla strage di via Carini? Risponde, al microfono di Silvia Gusmano, Guido Lo Forte, procuratore aggiunto di Palermo.


    R. – Indubbiamente, la lotta contro Cosa Nostra è ancora ben lontana dall’essere vinta, anche se certamente è possibile vincerla. Cosa Nostra ha cambiato strategia: non più delitti eclatanti; invece, la strategia degli accordi sotterranei di quell’universo oscuro dei rapporti tra mafia, economia e società.

     
    D. – Il metodo Dalla Chiesa mirava a verificare le connivenze tra la mafia ed il potere politico e imprenditoriale. Quali erano i punti forti di questo tipo di indagine e cosa ne rimane, oggi?

     
    R. – Il generale Dalla Chiesa fu il primo a promuovere indagini patrimoniali e più approfondite su tutta una serie di esponenti dell’economia, anche collegati con il mondo politico, che c’erano allora in Sicilia. Quello è il metodo, e continua ad essere oggi, il metodo vincente.

     
    D. – Terrificante la connivenza tra mafia e politica. Ad oggi, può dirsi sradicato questo legame?

     
    R. – C’è stato un periodo storico subito dopo le stragi in cui lo Stato finalmente ha avuto una reazione fermissima ed indusse tutti coloro che prima avevano intrattenuto rapporti con la mafia a prendere le distanze. Successivamente, pian piano, questi legami sono stati riannodati. L’esperienza del passato insegna che quando lo Stato veramente adotta una politica di totale fermezza, i potenziali collusi si ritraggono e lasciano i mafiosi da soli. Questa è la strada che bisognerebbe ripercorrere.

     
    D. – Il generale Siazzu stamattina ha definito Carlo Alberto Dalla Chiesa un’icona del nostro tempo. Quale eredità ha lasciato, secondo lei, alla Sicilia, all’Italia?

     
    R. – Il generale Dalla Chiesa ha lasciato a tutti noi che ci crediamo – e in tutt’Italia siamo sicuramente la maggioranza, nonostante tutte le difficoltà, le amarezze e le disillusioni – la capacità e la forza di credere nelle istituzioni, di avere il senso dello Stato.

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    Chiesa e Società



    I diritti dei lavoratori al centro del messaggio del vescovo di Brooklyn per la festa del lavoro negli USA

    ◊   Ricorre oggi negli Stati Uniti la Festa del lavoro, celebrata ogni primo lunedì di settembre e proclamata Festa nazionale dal 1894. In questa occasione il presidente del Comitato episcopale per la politica nazionale e vescovo di Brooklyn, mons. Nicholas DiMarzio, ha diffuso una nota dal titolo “Tempo della memoria, tempo di un rinnovato impegno”. Il documento ricorda la dimensione morale del lavoro e i diritti del lavoratore, al centro della tradizione sociale della Chiesa. Citando i capisaldi del Magistero sociale – dalla Rerum Novarum di Leone XIII alla Populorum Progressio di Paolo VI, dalla Laborem Exercens alla Centesimus Annus di Giovanni Paolo II - il testo richiama i fedeli alla difesa della vita del lavoratore e alla solidarietà con chi non ha un lavoro dignitoso ed equamente retribuito. Nel ricordare quanto è successo nell’ultimo anno nel settore del lavoro, il presule registra l’insuccesso del dibattito sulla riforma dell’immigrazione, “che ha polarizzato l’opinione pubblica, paralizzato il Parlamento e deluso la Nazione”. E’ quindi necessario – sottolinea il vescovo - rilanciare la discussione con un rinnovato impegno e una visione realistica delle problematiche. Non mancano, tuttavia, segni di speranza. Nell’ultimo anno, grazie ad una forte sensibilizzazione da parte della Chiesa e delle organizzazioni sindacali – ricorda ancora il vescovo di Brooklyn - i lavoratori a salario minimo hanno ricevuto il primo di tre modesti aumenti e le multinazionali hanno garantito il miglioramento delle condizioni di lavoro dei braccianti della Florida. Tuttavia, “molto resta ancora da fare a favore dei lavoratori invisibili, trascurati e vulnerabili della Nazione”, conclude la nota episcopale che esorta, infine a tutelare sempre i lavoratori e le loro famiglie perché “la dignità umana è un dono di Dio, non uno status da raggiungere”. (B.B.)

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    Aperta a Madrid la Conferenza ONU per la lotta contro la desertificazione

    ◊   Oltre 1 miliardo e 200 milioni di persone e un terzo della superficie terrestre sono minacciati dall’avanzare del deserto. Per analizzare la situazione, cercare delle soluzioni e negoziare un “Piano di miglioramento” si è aperta oggi a Madrid l’ottava Conferenza delle Parti della Convenzione ONU per la lotta contro la desertificazione. I quasi 2000 delegati di 191 Paesi sono rappresentanti di agenzie dell’ONU, organismi intergovernativi ed organizzazioni ecologiste. La Conferenza, inaugurata stamane dal principe Filippo di Borbone, erede alla corona spagnola, si chiuderà il 14 settembre. Sebbene siano ovviamente i Paesi più poveri, in particolar modo quelli africani, ad essere duramente colpiti, il fenomeno interessa direttamente anche i Paesi industrializzati. Secondo l’ONU 135 milioni di persone potrebbero essere obbligate ad emigrare, provocando un rapido aumento delle aree povere intorno ai centri urbani. La Conferenza cita come cause principali dell’aggravarsi della desertificazione, oltre ai fattori climatici, l’eccessivo sfruttamento del suolo, la pastorizia selvaggia, la deforestazione e l’utilizzo improprio delle acque d’irrigazione. Sulla desertificazione aveva lanciato un forte allarme appena qualche giorno fa, da Ginevra, anche l’Organizzazione Mondiale della Meteorologia (OMMS). La situazione, stima l’OMMS, peggiorerà nei prossimi anni a causa dei cambiamenti climatici e potrebbe causare una seria emergenza alimentare. Si calcola infatti che nel 2020 la popolazione mondiale passerà dagli oltre 6 miliardi odierni a 8 miliardi e 300 milioni di persone, che dovranno essere sfamate sfruttando appena l’11 per cento coltivabile del territorio dell’intero pianeta. (V.F.)

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    In Romania, nasce la Camera nazionale dei rappresentanti Rom, per l’uguaglianza nazionale e la difesa dei diritti della minoranza nomade

    ◊   È nata in Romania la Camera nazionale dei rappresentanti Rom (CNRRR): un’organizzazione composta da 600 persone appartenenti a diverse associazioni, con il compito di difendere i diritti dei nomadi romeni. Lo scopo – ha chiarito il deputato e presidente del Partito dei Rom, Nicolae Paun - sarà quello di “far rispettare l'uguaglianza dei diritti ed assicurare la coabitazione in pace della minoranza Rom con gli altri cittadini”. “Quello di cui abbiamo bisogno – ha aggiunto - è una politica che miri a ridurre il divario economico che separa i Rom dal resto della popolazione”. La comunità Rom ufficialmente conta 525 mila persone, ma secondo i suoi responsabili raggiungerebbe addirittura i 2 milioni. Di questi, solo il 25 per cento lavora in condizioni legali. Gli altri, lavorano in nero o non hanno alcuna fonte di reddito. Nicolae Paun ha denunciato che la situazione sarebbe perfino “peggiorata dopo il 1989”, anno della fine del regime di Ceausescu, quando si è passati da “una politica di assimilazione”, perseguita dal dittatore comunista, ad una “sedicente integrazione”. (B.B.)

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    In Cambogia cure gratuite per migliaia di bambini nel nuovo reparto aperto dall’Ospedale Pediatrico “Bambino Gesù” di Roma a Takeo, nel sud del Paese

    ◊   Letti puliti, aria condizionata, un reparto attrezzato e cure gratuite. Sono già 2.400 i bambini visitati e ricoverati nel nuovo padiglione dell’Ospedale “Bambino Gesù” di Roma aperto a Takeo, nel sud della Cambogia. Questo ha rappresentato per loro la possibilità di guarire. Al progetto firmato anche dal ministro della Sanità locale, partecipano anche le Figlie della Carità di San Vincenzo de' Paoli. Le attività del reparto coprono 5 province e sono svolte in collaborazione con le tre diocesi di Battambang, Kompon Thom e Kompong Saom. Nel padiglione, inaugurato a marzo, sono stati finora operati ben 144 bambini e sono pianificati altri 300 interventi. La maggior parte dei piccoli viene ricoverata per dengue, la principale piaga del Paese asiatico, oltre che per malaria ed infezioni intestinali, oppure per malformazioni congenite o cardiopatie. I casi più gravi sono stati trasferiti e operati in Italia. Quella di Takeo è la prima base operativa di un ospedale straniero in Cambogia, finanziata e supportata direttamente dal “Bambino Gesù”. L’iniziativa rientra nel progetto “Un reparto grande 5 continenti”, partito nel 1994, che ha visto i medici dell’ ospedale romano partire in missione verso 40 Paesi di tutto il mondo. (V.F.)

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    In Iran, impiccato in piazza giovane per aver ucciso un giudice: sale a 168 il numero di condannati alla pena capitale, in questo Paese, dall’inizio dell’anno

    ◊   Mentre il mondo combatte per l’abolizione delle condanne capitali, in Iran le esecuzioni non si fermano. Questa mattina, nella città di Qarchak, a 40 chilomentri a sud di Teheran, un ragazzo di 28 anni è stato impiccato in piazza davanti ad una folla di spettatori. Il giovane iraniano è stato ritenuto colpevole di aver ucciso un giudice. In base alla Legge iraniana, sono punibili con la pena capitale anche i condannati per traffico di droga ed omosessualità. Sale così a 168 il numero delle esecuzioni in Iran dall'inizio dell'anno: nel 2006, Amnesty International ne aveva contate 177. (B.B.)

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    Denuncia del China Labour Bullettin: il Sindacato statale anziché tutelare i lavoratori sovente difende gli interessi delle imprese

    ◊   I dirigenti sindacali in Cina tutelano piuttosto gli interessi delle imprese che non dei lavoratori. La denuncia appare in un servizio del China Labour Bullettin, giornale dedicato alla tutela dei lavoratori, riportato da AsiaNews L’articolo è firmato da Cai Chongguoo, che ha cercato di fondare un sindacato libero ed è fuggito dalla Cina dopo il massacro di piazza Tiananmen del 1989. E’ un dato di fatto - sostiene l’articolista –che l’All China Federation of Trade Unions (Acftu), il sindacato statale, abbia sovente sostenuto le ragioni dei datori di lavoro. Del resto, rivela Cai, i sindacalisti statali sono in gran parte funzionari pubblici o del Partito comunista e molti ricoprono cariche o hanno interessi nelle stesse imprese, pubbliche o private dove svolgono il loro mandato. Peraltro lo statuto dell’Actfu – scrive Cai – prevede che il sindacato sia guidato dal Partito comunista; inoltre molte aziende cinesi sono di proprietà del Pc o di suoi funzionari e molti dirigenti di imprese ricoprono cariche nel Pc locale. E’, poi, del tutto normale per il Pc – aggiunge Cai - dare indicazioni ai funzionari sindacali e chi disobbedisce rischia una sanzione disciplinare. Il servizio del China Labour Bullettin riporta poi alcuni casi di colpevole disinteresse sindacale. Nel giugno 2007 Lu Guorong ha perso un dito lavorando con un macchinario in una piccola fabbrica rurale dell’Hebei. Il proprietario non le ha dato alcun risarcimento e dopo due giorni l’ha licenziata dicendo che senza il dito non poteva lavorare. Lu si è allora rivolta al locale ufficio del lavoro, senza ottenere alcuna tutela. Nel 2005 la ditta Dajianshan Forest Farm, nello Shanxi, ha ordinato al dipendente Ma Ruixing di dimettersi e, dopo il suo rifiuto, gli ha dimezzato il salario. Ma Ruixing ha fatto ricorso al locale Comitato arbitrale per le dispute di lavoro ma nella controversia la ditta è stata rappresentata da Ren Fuchang, presidente del sindacato locale. Secondo dati resi noti nel dicembre 2006 da Chen Weiguang, vicedirettore dell’Assemblea nazionale del popolo di Guanghzou e presidente dell’Acftu locale, oltre il 65 per cento dei dirigenti sindacali della zona ricoprono posti direttivi nelle imprese statali, mentre nelle aziende non statali si sfiora il 99 per cento. Dati ufficiali del sindacato dello Shenyang rivelano che nel 2005 dirigenti del Partito comunista e funzionari pubblici occupavano il 98 per cento dei posti direttivi nelle aziende locali e il 100% nei sindacati. (R.G.)

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    Il ruolo della piazza, patrimonio dell’identità europea: il 13 e 14 settembre Convegno e Mostra a Venezia, promosso dall’Università IUAV

    ◊   La ‘piazza’ e il suo ruolo storico, sociale, religioso nell'identità culturale europea, al centro un Convegno di due giorni e di una Mostra, che saranno inaugurati il 13 settembre a Venezia, promossi dall'Università di Architettura, Design ed arti, e Pianificazione del territorio (Iuav). Si tratta di un percorso di ricerca, sostenuto della Commissione UE, sulle esperienze più significative per rivitalizzare e riqualificare le piazze europee. Il progetto ha impegnato negli ultimi tre anni il Dipartimento di Urbanistica dell'Università Iuav di Venezia, in collaborazione con cinque equipes europee delle Università Politecnica di Barcellona, Jagellona di Cracovia, Aristotele di Salonicco, della Maison des Sciences de l'Homme di Parigi, dell’Associazione delle città d'arte e cultura (Cidac) di Roma. In mostra saranno esposti 60 casi esemplari in diversi contesti geografici, storici e culturali. Una Carta con i principi e le buone pratiche per la progettazione e riqualificazione delle piazze sarà presentata nel corso del Convegno, al quale parteciperanno esperti delle cinque equipes, insieme ad amministratori pubblici di importanti città tra cui Lione, Montpellier, Barcellona, Berlino, Torino, Venezia e personalità della cultura europea, impegnati a rilanciare un ruolo di permanente vitalità della piazza nella vita delle comunità. (R.G.)

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    Alla Mostra del Cinema di Venezia, il nuovo lungometraggio di Abdellatif Kechiche racconta le sfide dell'integrazione socio-culturale in Francia

    ◊   Nel concorso veneziano, insieme all’epopea western del bandito Jesse James raccontata dal neozelandese Andrew Dominik, alla variopinta avventura indiana di Wes Anderson e alla visionaria fiaba cinese di Jiang Wen, si fa notare ed apprezzare La Graine et le mulet, terzo lungometraggio di Abdellatif Kechiche in cui i problemi dell’integrazione sociale e culturale in Francia sono raccontati con i toni di una commedia ironica e sincera. In un mondo che ci riserva troppo spesso notizie di scontri e opposizioni tra culture e religioni il cinema alla Mostra di Venezia grida sì il dolore delle guerre, mette sotto accusa la responsabilità dei potenti, piange le vittime innocenti di conflitti insensati. Ma riesce anche a far sorridere e soprattutto sperare quando un regista tunisino che già si era fatto conoscere ed amare con il suo precedente La schivata, Abdellatif Bechiche, porta oggi in concorso La Graine et le mulet, sorta di intima epopea familiare che sa toccare l’anima e il cuore. Già le origini del regista sono una garanzia: la multiculturalità vissuta tra Paese di nascita e Paese adottivo, la Francia, lo porta a guardare all’integrazione come un fatto doveroso. Le strade per arrivarci possono essere molte. Quella perseguita da Slimane – siamo nei dintorni di Marsiglia dove l’immigrazione è irreversibile, la cultura araba un fatto acquisito e la convivenza necessaria – passa attraverso le vicissitudini di un lavoro precario, di una famiglia numerosa e variopinta con tutti i complessi problemi relazionali e passionali che in una famiglia si vivono quotidianamente, di piccole e grandi cose, di amicizie, di ideali molto terreni rivolti alla propria personale realizzazione per non sentirsi dei figli e cittadini minori, pur tutelando il diritto alla differenza. Ora la meta di Slimane e dei suoi è quella di aprire un ristorante a conduzione familiare su una vecchia barca in disuso. I cittadini francesi pongono inizialmente ostacoli, la sua amabile cocciutaggine lo farà benvolere, figli e nipoti si convertiranno all’impresa. I fuochi delle banlieues parigine sembrano lontani. Tutto è risolto in un film che adatta il tempo della vita a quello dello schermo: un pranzo in un giorno di festa è vissuto nella sua verosimiglianza, la nascita di una emozione e lo sgorgare di una lacrima sono descritti senza artifici, tutti sono protagonisti, tutti hanno la medesima dignità. Come nella vita, però, vi sono imprevisti, tradimenti, passioni incontrollate, generosità inaspettate: la cena inaugurale, meta raggiunta con corale disciplina ed entusiasmo, riserverà alcune amarezze delle quali lo spettatore non ne conoscerà le conseguenze. Ecco, questa sospensione, questo non voler imporre un finale precostituito, rende schietta e sincera la confessione del regista: la vita è sempre dono, noi dobbiamo arricchirlo ogni giorno. Dando senso anche al dolore, alla tristezza, all’abbandono.(A cura di Luca Pellegrini)

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    24 Ore nel Mondo



    Nei Territori palestinesi varata la riforma elettorale che avvantaggia Al Fatah e penalizza Hamas – In Iraq, visita a sorpresa di Bush; le truppe britanniche si ritirano dal quartier generale nel centro di Bassora

    ◊   Il governo del premier palestinese Salam Fayyad, esponente di Al Fatah, rappresenta un partner moderato con il quale Israele può condurre un serio negoziato. Lo ha dichiarato l’alto rappresentante dell’Unione Europea per la politica estera e la sicurezza, Javier Solana, all’indomani della promulgazione, da parte del presidente palestinese Abu Mazen, di una nuova normativa elettorale: in base a questo provvedimento, per partecipare alle prossime elezioni politiche è necessario che ciascun partito palestinese riconosca lo Stato di Israele. L’obiettivo è di penalizzare il movimento islamico di Hamas, da sempre contrario al riconoscimento di Israele, che ha vinto le consultazioni del 2006. A beneficiare della nuova normativa sarà invece il partito di Al Fatah, guidato da Abu Mazen. Sul significato di questa riforma, ascoltiamo il commento di Giorgio Bernardelli, esperto di Medio Oriente, intervistato da Stefano Leszczynski:


    R. - Abu Mazen ha il problema di legittimare questo suo governo all’interno della Cisgiordania ed in questo senso va letta la mossa di cambiare la legge elettorale.

     
    D. – Sembra quasi che Abu Mazen abbia trovato una sponda insperata nel premier israeliano Olmert?

     
    R. – E’ l’incontro di due debolezze sul fronte interno. Queste due debolezze stanno portando ad una svolta nel senso che entrambi stanno puntando tutto sul negoziato per una soluzione al conflitto israelo-palestinese, rafforzati in questo dall’intervento americano.

     
    D. – Strategicamente, comunque, il nemico comune resta Hamas?

     
    R. – Assolutamente, ormai Abu Mazen ha messo da parte ogni ipotesi di arrivare ad un accordo con Hamas. Resta però una grandissima incognita: se cambierà la legge elettorale ma non si sa, se e quando, si potranno davvero fare delle elezioni; è impensabile, almeno in questo momento, che si convochino delle elezioni in cui non si vota a Gaza. Dal momento che Hamas dice che non se ne parla di andare al voto, diventa problematico capire quando si potrà votare davvero. E’ più una mossa politica che una mossa che porterà davvero alle urne.

     
    D. – Condizione esenziale per porre termine allo strapotere di Hamas nella Striscia di Gaza, è rompere l’isolamento della Striscia?

     
    R. – Tra le ipotesi per una soluzione definitiva del conflitto c’è questo collegamento tra la Striscia di Gaza e la Cisgiordania, un corridoio di cui si parla già dagli anni degli accordi di Oslo. Il problema è che tutto questo è rivolto al ‘doman’i: cominciamo a pensare che Hamas a Gaza ci resterà e ci resterà parecchio.

    - Una grande vittoria contro il terrorismo. Il premier libanese Fuad Siniora ha definito così l’operazione dell’esercito di Beirut contro i miliziani di Fatah al Islam, asserragliati dal 20 maggio nel campo profughi palestinesi di Nahr al Bared. Fra i 37 miliziani rimasti uccisi, c’era anche Shaker al-Absi, il leader del gruppo integralista. L’assedio di questi mesi è costato la vita a decine di civili e ad oltre 150 soldati.

    - In Iraq, è arrivato a Baghdad per una visita a sorpresa il presidente statunitense, George W. Bush. Il capo di Stato americano era partito da Washington alla volta dell'Australia e, secondo il programma del viaggio, l'Air Force One avrebbe dovuto effettuare una sosta nelle Hawaii prima di raggiungere Sydney. L'aereo presidenziale, con a bordo anche il segretario di Stato Condoleezza Rice, si è diretto invece verso il Paese arabo. Sul terreno, intanto, almeno due persone sono morte per un ennesimo attentato nella capitale. A Bassora, nel sud del Paese, le truppe britanniche hanno inoltre completato il ritiro dalla base militare nell’ex palazzo di Saddam Hussein. I soldati iracheni hanno subito assunto il controllo del quartier generale. Il nostro servizio:

    Oltre 500 soldati britannici si sono ritirati da Bassora, seconda città dell’Iraq per importanza e principale centro petrolifero del Paese. Il contingente del Regno Unito aveva mantenuto nel centro di Bassora il proprio quartier generale fin dall’invasione per rovesciare il regime di Saddam Hussein. Adesso il Palazzo della presidenza, ex residenza di Saddam a Bassora, è presidiato da soldati iracheni. Secondo gli esperti della Difesa di Londra, il trasferimento dei militari britannici dal centro cittadino in una base militare vicina all’aeroporto, fuori dalla città, è altamente simbolico e può preludere ad un ritiro definitivo delle truppe del Regno Unito dall’Iraq. In previsione del trasferimento del controllo della provincia di Bassora alle autorità irachene, restano attualmente dispiegati, nel sud del Paese arabo, oltre 5500 soldati britannici. Il ritiro - ha sottolineato il premier britannico Gordon Brown - non rappresenta una sconfitta, ma è una “iniziativa pianificata”. Il governo di Londra – ha aggiunto Brown – continuerà a mantenere l'impegno assunto “con la popolazione irachena e con la comunità internazionale”. Il riposizionamento delle truppe sembra comunque confermare la volontà del governo britannico di accelerare i tempi per il ritiro dall’Iraq. Ma lo Stato arabo non è ancora un Paese sicuro: anche oggi un attentato ha scosso il centro di Baghdad, dove l’esplosione di una bomba ha provocato la morte di almeno due persone.

    - Ancora violenze in Afghanistan: l’esplosione di due ordigni al passaggio di un convoglio di rifornimenti della NATO ha provocato la morte di sette agenti afgani. L’attacco, avvenuto nella provincia di Kunar, roccaforte dei talebani, non è stato ancora rivendicato. Ieri sera, intanto, è stata attaccata una pattuglia italiana nei pressi di Kabul. Un soldato è rimasto lievemente ferito. Lo stato maggiore della Difesa ha reso noto che è in buone condizioni di salute. L'episodio è avvenuto poco dopo l’attentato a Farah che aveva provocato il ferimento di tre soldati italiani.

    - Nessun Paese attaccherà l’Iran. Così alla stampa locale il presidente della Repubblica Islamica Mahmud Ahmadinejad, all’indomani delle nuove dichiarazioni sui progressi compiuti nel campo nucleare. Intanto la Corea del Nord ha fatto sapere che chiuderà tutti gli impianti atomici presenti nel suo territorio. Eugenio Bonanata:

    Gli Stati Uniti hanno cancellato la Corea del Nord dalla lista dei Paesi che sostengono il terrorismo. Questa la prima conseguenza pratica della decisione di Pyongyang di smantellare il proprio programma nucleare entro il 2007. Una decisione annunciata ieri dal mediatore statunitense Christopher Hill al termine di due giornate di colloqui a Ginevra con i delegati nordcoreani che si sono impegnati a fornire una mappa completa di tutti gli impianti presenti nel Paese. I dettagli dell’operazione verranno discussi a metà settembre a Pechino in un incontro con i delegati di Cina, Corea del Sud, Giappone e Russia. Ma è noto, in base agli accordi precedenti, che per compensare Pyongyang sono in arrivo anche aiuti energetici: circa 950 tonnellate di petrolio o l’equivalente in denaro. A fronte di questo risultato, però, a preoccupare la Comunità Internazionale è la condotta dell’Iran che prosegue a gran velocità la strada del nucleare. Il presidente Ahmadinejad ieri ha annunciato l’attivazione di oltre 3 mila centrifughe per l’arricchimento dell’uranio, minacciando per l’ennesima volta, in caso di sanzioni, di sospendere la collaborazione con l’Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica (AIEA). Se i numeri del leader iraniano sono in contraddizione con quelli forniti proprio dall’AIEA, che parla di meno di 2 mila impianti del genere, il traguardo dei 3 mila rappresenta una soglia cruciale. Questo perché – avvertono gli specialisti - permette, a condizione che tutte le centrifughe funzionino al massimo, di produrre in meno di un anno una quantità di uranio arricchito sufficiente a fabbricare una bomba atomica.

    - La crisi del Darfur deve essere risolta: si deve agevolare il dispiegamento della forza di pace nella martoriata regione sudanese ed è necessario accelerare il processo politico. E’ quanto ha dichiarato il segretario generale dell’ONU, Ban Ki-moon, in un’intervista rilasciata al quotidiano italiano “La Repubblica” alla vigilia del suo viaggio in Sudan, Ciad e Libia. Ban Ki-moon ha poi sottolineato come “la crisi umanitaria in Ciad provocata dall’afflusso di profughi dal Darfur sia molto seria” anche perché sono “critiche” le relazioni tra i governi di Khartoum e di N’Djamena. Il segretario generale dell’ONU ha detto che chiederà al leader libico Gheddafi di continuare ad offrire “il suo sostegno al dialogo politico ai Paesi coinvolti nella crisi del Darfur”. Ma quali sono gli obiettivi del tour diplomatico di Ban Ki-moon in Africa? Salvatore Sabatino lo ha chiesto a Claudio Moffa, docente di storia dei Paesi dell’Africa e dell’Asia presso l’Università di Teramo:


    R. – Le fonti ONU hanno un po’ sminuito il valore di questo tour che è tutto concentrato sul Darfur, in pratica, perché Libia e Ciad sono coinvolti nella crisi: la Libia, come Paese che ha cercato la mediazione, ed il Ciad come ospite di centinaia di migliaia di profughi; è un’impresa che punta praticamente all’applicazione dello storico accordo del 5 maggio 2006 ad Abuja e sottoscritto da nove Paesi - tra cui Gran Bretagna, Stati Uniti e Francia - e dall’Unione Africana e dall’Unione Europea. Questa intesa, però, non ha visto la firma di due gruppi di guerriglia che si oppongono alla richiesta del governo sudanese a quell’accordo perché puntano ad un’intesa simile a quella fatta con il Sud del Paese, cioè che preveda anche una possibile secessione del Paese.

     
    D. – Molte sono le fonti che dicono che il Sudan continua a violare l’embargo sulla vendita di armi nel Darfur imposto proprio dalle Nazioni Unite. Ma qual è la situazione attualmente?

     
    R. – La situazione è quella di un braccio di ferro che, tutto sommato, continua perché la stessa Risoluzione del 31 luglio scorso delle Nazioni Unite tarda ad essere applicata e già si parla di un invio della missione mista Unione Africana-ONU per il prossimo anno. Il problema è che da una parte c’è la posizione storica – dal 2003, da quanto è scoppiata la crisi – di Khartoum, del governo di Khartoum, che in base all’articolo 2 della Carta delle Nazioni Unite dice: “Questo conflitto è interno e quindi soltanto con il nostro assenso l’ONU può intervenire”. Dall’altra, ci sono gruppi di guerriglia che sono sostenuti in parte da alcuni settori dell’amministrazione americana e anche da Israele che giocano invece alla destabilizzazione.

    - Ban Ki-moon si è soffermato anche su altri temi internazionali e, in particolare, sulla situazione del Kosovo. Il segretario generale delle Nazioni Unite ha auspicato che la regione serba a maggioranza albanese non diventi uno “strumento di confusione e di instabilità non solo nei Balcani, ma in tutta Europa”. Le raccomandazioni dell’inviato speciale dell’ONU per il Kosovo – ha aggiunto Ban Ki-moon – non hanno ricevuto il consenso unanime del Consiglio di Sicurezza ma “il negoziato va avanti e vorrei vedere progressi sostanziali”.

    - Sul Kosovo è intervenuto anche il ministro degli Esteri russo, Serghei Lavrov, sottolineando che per la Russia lo status della provincia serba “non è negoziabile”. La questione kosovara continua a contrapporre Russia e Stati Uniti: il governo di Mosca, che ha ripetutamente opposto il proprio veto sulle varie bozze di risoluzione per l’indipendenza del Kosovo, sollecita “una soluzione accettata sia da Belgrado che da Pristina”. L’amministrazione statunitense è favorevole, invece, all’indipendenza della provincia serba attualmente sotto amministrazione dell’ONU. Il ministro degli Esteri russo si è anche nuovamente soffermato sui progetti statunitensi di installazione di basi antimissile in Europa centrale: anche questa – ha avvertito Lavrov – è una questione non negoziabile. La Russia considera la realizzazione di uno scudo antimissile una minaccia per la propria sicurezza nazionale.

    - Resta alta la tensione tra i governi di Città del Messico e Washington dopo l’espulsione dagli Stati Uniti di Elvira Arellano, immigrata irregolare divenuta una figura simbolo nella lotta per la legalizzazione dei clandestini, avvenuta la scorsa settimana. Ieri, in un discorso pronunciato al Palazzo Nazionale, il presidente messicano Felipe Calderón ha di nuovo criticato la politica migratoria americana. Calderon ha esternato un “energica protesta per i mezzi unilaterali utilizzati dal governo degli Stati Uniti che aggravano la persecuzione dei lavoratori messicani senza documenti”. Il presidente messicano ha ribadito inoltre il rifiuto al progetto statunitense di costruire un muro di oltre 1100 chilometri lungo la frontiera con il Messico. Sulla vicenda, sono intervenuti anche i vescovi statunitensi, sollecitato l’urgente approvazione di una legge “lungimirante e organica” in materia di immigrazione.

    - In Thailandia, un tribunale ha emesso due mandati d’arresto contro l’ex premier Thaksin Shinawatra e la moglie, accusati di violazione delle leggi di borsa. Deposto con un golpe lo scorso 19 settembre, il miliardario Thaksin vive in Gran Bretagna e dal mese di luglio è il presidente della squadra di calcio Manchester City. Le autorità tailandesi non hanno escluso di avviare procedure di estradizione se i coniugi non si presenteranno ad una udienza della Corte suprema prevista per il prossimo 25 settembre. (Panoramica internazionale a cura di Amedeo Lomonaco)

     

     Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LI No. 246

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