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SOMMARIO del 01/09/2007

Il Papa e la Santa Sede

  • Con gioia ed affetto filiale, i giovani attendono l'arrivo di Benedetto XVI a Loreto. Stasera la Veglia con il Papa, domani la grande Messa nella Piana di Montorso. Ai nostri microfoni, padre Giancarlo Bossi
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • Sibiu, occasione per rilanciare il dialogo tra i cristiani in Europa. Il parere della pastora valdese, Tomassone, a tre giorni dalla terza Assemblea ecumenica in Romania
  • Mons. Betori sul rapporto tra Chiesa italiana e fisco: falso affermare che la Chiesa goda di privilegi
  • Caso mutui USA, il presidente Bush cerca di tranquillizzare popolazione e mercati. Il parere dell'economista, Ugo Bertone
  • Gli effetti sugli Stati Uniti della guerra in Iraq e le ipocrisie della società occidentale raccontate dai film in concorso al Festival del cinema di Venezia
  • Il commento al Vangelo della Domenica del teologo don Massimo Serretti
  • Chiesa e Società

  • Un forte richiamo alla coerenza del cristiano: così il cardinale Francisco Javier Errázuriz Ossa ha definito il documento finale della Conferenza di Aparecida, presentato in questi giorni in diversi Paesi dell’America Latina
  • Appello dei Salesiani al ripristino della legalità internazionale in Terra Santa. Ferma l’opposizione alla costruzione del muro a Beit Jala
  • Nello Stato indiano del Tamil Nadu, milioni di pellegrini in cammino verso il Santuario mariano della Vergine di Velai
  • “Al primo posto la missione”: è quanto ribadito ad Assisi durante la Settimana nazionale missionaria della CEI
  • Serve una legge sul testamento biologico? Quali limiti devono essere messi alla genetica? Questi i temi centrali al dibattito di ieri a Telese, per la festa dei Popolari dell’UDEUR
  • Tre anni fa, la strage di Beslan: i familiari delle oltre 300 vittime chiedono chiarezza alle autorità russe
  • 24 Ore nel Mondo

  • Almeno 6 morti in Pakistan per un attacco kamikaze compiuto in una zona tribale - In Afghanistan, sono più di 20 i ribelli uccisi nelle ultime ore da agenti afghani e forze della coalizione
  • Il Papa e la Santa Sede



    Con gioia ed affetto filiale, i giovani attendono l'arrivo di Benedetto XVI a Loreto. Stasera la Veglia con il Papa, domani la grande Messa nella Piana di Montorso. Ai nostri microfoni, padre Giancarlo Bossi

    ◊   I giovani dell'Agorà di Loreto sono pronti ad abbracciare il Papa con entusiamo. Mancano ormai poche ore all'inizio dell'evento tanto atteso. Benedetto XVI partirà in elicottero da Castel Gandolfo poco dopo le 16 di oggi. Quindi, giunto a Loreto, intorno alle 17, percorrerà in auto panoramica la spianata di Montorso per raggiungere gli oltre 300 mila giovani convenuti da tutta Italia e da molti Paesi europei e dare così inizio alla Veglia di preghiera. Domani mattina, poi, la grande Messa con i giovani. Sul clima che si respira nell'imminenza dell'arrivo del Papa, ci riferisce il nostro inviato a Loreto, Paolo Ondarza:

    (Canti)

     
    Bandiere, striscioni, canti, chitarre e percussioni per le strade di Loreto. Oggi, la città della Santa Casa è in festa per l’inizio della due giorni dell’Agorà, suggellata dall’incontro con Benedetto XVI. I giovani finora ospitati in 32 diverse diocesi del centro Italia, zaino in spalla, stanno raggiungendo la grande Piana di Montorso, dove questa sera si svolgerà la Veglia con il Papa e successivamente il concerto di Claudio Baglioni, Lucio Dalla e Andrea Bocelli. Anche il tempo è clemente dopo l’acquazzone di ieri, ma il sole che oggi splende sulla spianata ha trovato già caldi i cuori dei pellegrini. Benedetto XVI ha più volte detto ai giovani italiani di attenderli numerosi per questo incontro: loro hanno risposto e questa sera saranno oltre 300 mila. Tra loro, anche 800 delegati in rappresentanza di 50 Paesi dell’Europa e del Mediterraneo. Vittorio e Monica di Cosenza sono qui per affidare a Dio le loro nozze che si svolgeranno tra due settimane. Andrea cerca dal Signore conferme sulla sua vocazione. Per Martina di Milano non è importante essere più o meno lontana dal palco: “Questa notte - spiega - saremo tutti vicini e uniti”. Il senso della serata è comunicare che Dio sceglie le periferie della storia, chiamando i giovani a cooperare ai suoi disegni. Oggi, come ieri, con la Vergine Maria a Nazaret. “A queste parole rimase turbata”, narra l’evangelista Luca: il turbamento provato dal conoscere i progetti di Dio sarà il cuore della notte qui a Montorso. Otto spazi denominati "fontane" accoglieranno i giovani che vorranno “attingere” risposte ai loro interrogativi, offrendo loro la possibilità di confessarsi, pregare, ricevere l’Eucarestia, affrontare le tematiche del disagio giovanile, dell’ecumenismo e della salvaguardia del Creato. Infine, incontrare consacratti e coppie di sposi. Il Papa questa sera risponderà ad alcune domande poste dai giovani. Poi, lascerà Montorso per una preghiera privata nella Santa Casa. Quindi, seguirà un collegamento tv che darà inizio alla Veglia notturna. Particolarmente attesa la testimonianza di padre Giancarlo Bossi, il missionario del PIME tenuto sotto sequestro per 39 giorni nelle Filippine.

     
    (Inno Agorà)

    E sempre al microfono del nostro inviato, Paolo Ondarza, padre Giancarlo Bossi, il missionario liberato nelle Filippine un mese fa, racconta l'emozione di trovarsi a Loreto e spiega quale messaggio vuole portare ai ragazzi dell'Agora:


    R. - Il messaggio centrale è: “Impariamo a sognare”, facciamo in modo che i sogni si realizzino. Quando, nonostante le difficoltà, e proprio perché il sogno magari è difficile o sembra impossibile, se si riesce a realizzare i sogni allora siamo veramente grandi. Gesù era un grande sognatore: nel primo discorso da Lui fatto nella sinagoga, preso il rotolo disse: “Lo Spirito del Signore sopra di me: per questo mi hai unto, per mandare ad annunziare la notizia ai poveri, dare i lieto annuncio, liberare i ciechi, gli oppressi… tutto è compiuto”. Se guardiamo bene, non si è compiuto ancora niente, però quel “tutto è compiuto” è rivolto a noi, cioè se ognuno di noi fa quello che Lui ha fatto, quel “tutto è compiuto” viene realizzato.

     
    D. - Oggi i giovani, soprattutto di fronte al dialogo con le altre religioni, incontrano a volte delle difficoltà perché vedono contrapposizioni e molto poco spesso trovano una soluzione pacifica. Cosa dire loro?

     
    R. - Prima, bisogna sapere ascoltare, perché quando uno ascolta - secondo me - è già in sintonia con l’altro perché quando uno ascolta non giudica, non ha risposte prefabbricate. E dopo l’ascolto, secondo me, magari si capisce che siamo diversi, però capire che siamo diversi vuol dire anche magari saper rispettare l’altro per quello che è. Facciamo un esempio: io sono cristiano perché sono nato in Italia e mio papà e mia mamma erano cristiani. Se fossi nato - non so - in Arabia sarei musulmano, per tradizione culturale o religiosa, però il sapere questo e saperci rispettare nonostante la diversità, secondo me, è la cosa migliore che noi dobbiamo fare.

     
    D. - Ai giovani partecipanti a Loreto sarà affidato anche un mandato ad essere missionari nei luoghi in cui vivono. Ecco: che cosa dire a chi - appunto - sente anche questa esigenza di tornare e portare Cristo?

     
    R. - Secondo me, l’unica cosa che io chiedo ai giovani è: “Abbiamo fatto un’esperienza bella. Siate testimoni di questa esperienza nella vostra vita, nei vostri luoghi”. Che è la cosa più bella, in fondo. Paolo VI diceva ad un giornalista che gli aveva chiesto di che cosa avesse bisogno il mondo oggi: “Di testimoni”, rispose, cioè la cosa, in fondo, che tutti noi vorremmo.

     
    D. - Si può essere missionari nell’ordinarietà…

     
    R. - Certamente. Perché credo che la mia vita sia stata una vita ordinaria, io la vedo così. E secondo me, tantissime persone come me che stanno facendo un lavoro che io chiamo “nel segreto”, “nel nascondimento”, che noi sappiamo magari che ci sono e non vengono valorizzate.


    L'Agorà dei giovani è stata preceduta dalle giornate dell'accoglienza nella diocesi di Loreto e in quelle di Marche, Abruzzo ed Emilia Romagna, a testimonianza di un evento che ha coinvolto attivamente tutta la Chiesa italiana. Impegnati in prima linea, ovviamente, i responsabili della pastorale giovanile della Conferenza episcopale italiana (CEI), che hanno scelto Loreto per due ragioni. A sottolinearlo è mons. Gianni Danzi, arcivescovo prelato di Loreto, intervistato da Paolo Ondarza:


    R. - Conosco almeno due motivi per i quali hanno scelto Loreto. Il primo è certamente una grande devozione che il Santo Padre ha per la Madonna di Loreto e per il luogo dell’Incarnazione. Il secondo, è che Loreto ha un’esperienza nel preparare questi avvenimenti non comune. Vi è una collaborazione profonda tra la realtà ecclesiale e tutte le autorità civili e militari, la collaborazione piena da parte della Regione, della Protezione civile...

     
    D. - Che cosa vuol dire per la sua diocesi, questo incontro?

     
    R. - Non può che essere un indotto estremamente positivo per ogni lauretano per rinnovare la propria fede.

     
    D. - Che cosa i giovani attendono e chiedono da questo incontro?

     
    R. - Per alcuni certamente è un avvenimento che rinnova al fondo il proprio “sì” a Gesù Cristo. Per altri, in un cammino di buio, di ricerca, l’incontro con la persona del Papa può diventare l’avvenimento della loro vita.

     
    D. - Vuole fare un augurio per questo grande incontro di Loreto?

     
    R. - E’ un augurio che faccio innanzitutto a me: che questo incontro non avvenga invano per la mia vita e che per la mia vita sia veramente un avvenimento che rinnova totalmente il mio “sì” dato a Cristo e alla Chiesa!
     
    L'Agorà dei giovani italiani “è un momento di grazia” da vivere con “cuore aperto” e stando “insieme nella gioia”. E' quanto dichiarato all'agenzia SIR dall'arcivescovo di Genova, Angelo Bagnasco, presidente della Conferenza episcopale italiana. Una gioia che pervade i ragazzi, veri protagonisti con il Papa di questo evento. Il nostro inviato a Loreto, Paolo Ondarza, ha raccolto alcune testimonianze:


    D. - Come vi siete preparati per questo incontro?

     
    R. - Abbiamo fatto degli incontri a Messina, essendo noi di Messina. I catechisti ci hanno preparato con la preghiera.

     
    D. - Cosa ti aspetti dal Papa, dal messaggio del Papa?

     
    R. - Che mi dia il dono della vocazione, che mi faccia capire cosa è importante nella vita, che possa aiutarmi e darmi il dono di poter aiutare anche altri giovani, che, come me, hanno crisi, problemi, in questa società di oggi così materiale e superficiale.

     
    D. - Il significato di essere così in tanti da tutta Italia?

     
    R. - Condividere tutti quanti lo stesso pensiero è molto bello, è proprio una bella cosa.

     
    (Canti)

     
    D. - C’è un’attesa particolare nei riguardi delle parole del Papa?

     
    R. - C’è sicuramente un’attesa particolare, perchè siamo venuti appositamente per quello. Quindi, speriamo di trovare per ognuno di noi risposte personali a quelli che sono i nostri interrogativi. Lui è il nostro punto di riferimento.

     
    D. - Che cosa cercate dal Papa?

     
    R. - Il Papa è una figura che ci aiuta a non sentirci dei piccoli puntini, ma a guardare ad un’unione. E’ un padre per tutti. Siamo tanti giovani, però in questo ci ritroviamo uniti.
     E a Loreto sono giunti in queste ore anche gli oltre 100 giovani, partiti il 18 agosto scorso da Sant’Antimo, in Toscana. Nell'odierna Giornata per la Salvaguardia del Creato, promossa dalla CEI, il pellegrinaggio a piedi di 300 chilometri ha lo scopo di sensibilizzare i giovani sui temi ambientali e, in particolare, sul valore dell’acqua. Su questa iniziativa, incentrata sul tema “Pellegrini per l’H2O”, ascoltiamo al microfono di Fabio Colagrande, don Paolo Tarchi, direttore dell’Ufficio nazionale della CEI per i problemi sociali e del lavoro, tra i promotori del pellegrinaggio:

    R. - Io credo che questa intuizione, di dedicare il 1 settembre in comunione con tutte le Chiese d’Europa, alla riflessione sulla salvaguardia del Creato, sia un grande elemento di maturazione anche dal punto di vista ecclesiale, cioè della consapevolezza che siamo chiamati a custodire i beni che Dio ha affidato alle mani dell’uomo. Tra questi beni, il bene dell’acqua è uno fondamentale: dove manca l’acqua, manca la vita.

     
    D. - Tra l’altro, il messaggio dei vescovi italiani per questa Giornata ribadisce che l’acqua non è una realtà puramente economica, e il diritto all’acqua è universale e inalienabile ...

     
    R. - Credo che tutti siamo coscienti che il prossimo futuro probabilmente vedrà conflitti anche tra popolazioni legate soprattutto alla disponibilità dell’acqua. Per questo, è opportuno che si ribadisce che l’acqua è fondamentale per la vita e quindi non può essere privatizzata, non può essere qualcosa che appartiene ad alcuni a danno di altri.
     La nostra emittente seguirà la Veglia di Preghiera sulla Piana di Montorso a partire dalle 17.50 in radiocronaca diretta in lingua italiana, sulla modulazione di frequenza di 105 MHz e sull’onda media di 585 kHz. Domani, a partire dalle ore 9,20, la Radio Vaticana seguirà in radiocronaca diretta la Messa e la recita dell’Angelus, con commenti in italiano, inglese, tedesco, francese e portoghese.

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   Servizio vaticano - Il viaggio di Benedetto XVI a Loreto.

    Servizio estero - Afghanistan: s'intensificano i combattimenti nelle zone meridionali e orientali.

    Servizio culturale - Un articolo di Eugenio Fizzotti dal titolo "Dai campi di sterminio al ritorno della speranza": dieci anni fa moriva lo psichiatra Viktor E. Frankl.

    Servizio italiano - In primo piano il dramma degli incidenti sul lavoro.

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    Oggi in Primo Piano



    Sibiu, occasione per rilanciare il dialogo tra i cristiani in Europa. Il parere della pastora valdese, Tomassone, a tre giorni dalla terza Assemblea ecumenica in Romania

    ◊   Dieci anni di cammino ecumenico, da Graz '97 - nell'Austria a maggioranza cattolica - a Sibiu 2007, nella Romania a maggioranza ortodossa. Mancano ormai solo tre giorni all'apertura della terza Assemblea ecumenica europea, ospitata dalla località della Transilvania eletta capitale della cultura dall'UNESCO. Oltre duemila delegati di Chiese e comunità cattoliche, ortodosse e protestanti faranno il punto sul dialogo costruito a partire dal primo appuntamento celebrato a Basilea, nel 1989. Fabio Colagrande ha chiesto alla pastora valdese Letizia Tomassone, vice presidente della Federazione italiana Chiese evangeliche e delegata all'Assemblea di Sibiu, quali aspettative nutra la sua Chiesa rispetto all'Assemblea di Sibiu:


    R. - Noi siamo chiamati ad essere fermento di riconciliazione, ad essere uno in Cristo, ma anche ad essere fermento di riconciliazione rispetto alla società nella quale viviamo come credenti e come Chiesa. Quindi, ci aspettiamo che Sibiu sia un luogo dove si possano mettere a frutto i molti luoghi di collaborazione che già esistono sui temi della giustizia in Europa, sulla lotta al razzismo, sui temi della costruzione di una società solidale e che Sibiu diventi un filo di pace, una luce di pace che le Chiese alla luce di Cristo cercano di offrire alla società europea. Naturalmente, quello che ci aspettiamo è che l’essere insieme sotto la parola di Dio, ascoltarla insieme, accoglierla insieme ci faccia fare esperienza della Chiesa una, che è la Chiesa di Cristo. E, quindi, che Sibiu sia anche un luogo di esperienza di quella Chiesa di Cristo, che va al di là delle nostre differenze confessionali.

     
    D. - Non sarà un momento per discutere, come tra l’altro spiega il documento preparatorio, di questioni dottrinali, ma per conoscersi, incontrarsi e approfondire anche il ruolo di una testimonianza comune...

     
    R. - Sì, e soprattutto capire quale sia la vocazione delle Chiese oggi in Europea. Dircelo e dirci quali siano le nostre visioni di Europa e provare a costruirne una insieme. Naturalmente, non credo sarà così difficile, perchè la comune fede cristiana già ci immette in una dimensione in cui la giustizia, la solidarietà, la pace, il riconoscimento dei diritti di ognuno, la lotta contro ogni forma di violenza, sono principi basilari.

     
    D. - Secondo la sua sensibilità particolare, dal punto di vista teologico e anche pastorale, quale contributo specifico sociale, culturale, possono offrire oggi i cristiani nel continente europeo, in questo momento storico?

     
    R. - Sono molti i piani su cui muoversi. Intanto, c’è tutta questa dimensione della violenza contro le donne o i bambini e le bambine, che si sviluppa a partire, sostanzialmente, da una mancanza totale di rispetto della fragilità e della presenza dell’altra persona. Le Chiese, a partire dall’Evangelo, possono invece rimettere al centro l’attenzione, la cura per l’altra persona, quella tenerezza che Gesù stesso manifesta nei confronti delle persone che incontra e che porta a gesti di guarigione e di trasformazione. Quindi, questo è senz’altro un livello sul quale le Chiese possono lavorare molto.

     
    D. - Un altro livello è, come dicevo, quello della costruzione di una società solidale, capace di accogliere, di creare comunità in cui le differenze non siano disvalori, non diventino disparità, non diventino discriminazioni, ma siano un arricchimento.

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    Mons. Betori sul rapporto tra Chiesa italiana e fisco: falso affermare che la Chiesa goda di privilegi

    ◊   Assimilare il lavoro di una mensa per i poveri a quello di un ristorante e pretendere che la prima versi oneri fiscali come il secondo è qualcosa che lascia esterrefatti. E' uno degli esempi con il quale il segretario generale della Conferenza episcopale italiana (CEI), mons. Giuseppe Betori, è ritornato sulla questione delle esenzioni fiscali riconosciute alla Chiesa cattolica e ad altri enti no-profit dallo Stato italiano, sollevate nei giorni scorsi in ambito europeo. Sollecitato sul tema dai giornalisti presenti alla conferenza stampa di apertura dell'Agorà di Loreto, mons. Betori ha rintuzzato con forza le polemiche, denunciando una campagna di strumentalizzazione a danno della Chiesa italiana. Ecco le parole del segretario della CEI:


    "Ci sentiamo in qualche modo aggrediti su un servizio che rendiamo alla società italiana, che nasce da un atteggiamento di solidarietà. Quindi, non riusciamo a comprendere come ciò non venga percepito da parte dell’opinione pubblica. O meglio, l’opinione pubblica ci conosce bene; c’è qualcuno che, invece, vuole buttare fango sulla presenza della Chiesa all’interno della società, facendo credere che la Chiesa gode di privilegi specifici. Questo è assolutamente falso. Per quanto riguarda l’ICI (l'Imposta comunale sugli immobili, ndr), noi dipendiamo da una legge dello Stato, che è una legge istituita dal governo Amato. E’ all’interno di questa legge che sono previste forme di esenzione che riguardano edifici di proprietà dello Stato, delle regioni, delle province, degli enti locali, e riguardano anche edifici di proprietà di enti no-profit e, quindi, anche delle Chiese - non solo della Chiesa cattolica - in quanto assimilate ad enti no-profit per alcune specifiche tipologie di utilizzazione: non l’utilizzazione commerciale, ma l’utilizzazione di tipo assistenziale, educativo, sportivo, culturale, di culto. Far pensare all’Unione Europea, che è molto distante da noi, che la mensa per i poveri possa entrare in concorrenza sleale con i ristoranti della città è veramente una cosa inaccettabile. E chi ha fatto queste denunce le sa queste cose e quindi c’è una strumentalizzazione in queste denunce che ci lascia davvero esterrefatti. Questo vale per una scuola materna, retta magari da un istituto religioso, che fa un servizio alla società, un servizio riconosciuto dallo stesso Stato, che l’aiuta per questo servizio, e che resta sempre un ente senza fini di lucro.

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    Caso mutui USA, il presidente Bush cerca di tranquillizzare popolazione e mercati. Il parere dell'economista, Ugo Bertone

    ◊   La Casa Bianca interviene per arginare la crisi dei mutui americani, che nelle ultime settimane ha fatto tremare le borse di tutto il mondo, provocando - secondo la Federal Reserve (FED) - danni superiori alle peggiori previsioni. L’iniezione di ottimismo da parte del presidente Bush che promette aiuti alle famiglie in difficoltà ha spinto Wall Street a chiudere la settimana con tutti gli indici ampiamente in positivo. Il servizio di Elena Molinari:


    La crisi dei mutui subprime è modesta rispetto alla forza dell’economia americana. Il presidente Bush prova a rassicurare i mercati finanziari travolti dalla massa di mancati pagamenti delle rate di mutui troppo facili, ma nega un intervento massiccio del governo. Il piano di Washington di sostegno per i cittadini che raschiano di perdere la casa sarà dunque contenuto e mirerà ad aiutare le famiglie ma non gli speculatori. Una tesi che ricalca quella espressa poco prima dal presidente della FED, Ben Bernanke, che aveva sottolineato come la crisi di fiducia abbia causato danni finanziari molto superiori alle previsioni. Il problema dei mutui, secondo Bush, invece è limitato, se si guarda al quadro complessivo delle cose. Un ottimismo che inizialmente Wall Street aveva accolto con scetticismo, salvo poi farsene contagiare.

     
    Sulla situazione dei mutui USA, Stefano Leszczynski ha intervistato Ugo Bertone, direttore del settimanale Borsa e Finanza:


    R. - Uno dei capisaldi ideologici della presidenza Bush è stata la cosiddetta "ownership society", cioè una società fondata su cittadini proprietari che badano a se stessi sia dal punto di vista previdenziale, sia dal punto di vista della propria gestione sanitaria. Uno dei pilastri di tutto questo deve essere la proprietà della casa e la proprietà della casa in questi anni è stata un’opportunità offerta a moltissimi cittadini americani, anche rasentando la temerarietà. Il risultato è che oggi in America sono circa 2 milioni e 700 mila le famiglie a rischio di dover mollare la casa acquistata con un certo sacrificio. L’intervento fortemente simbolico di Bush serve ad allargare la platea di quelli che potranno trovare una sorta di paracadute per ridiscutere le condizioni del proprio mutuo.

     
    D. - Questo intervento del presidente Bush ha rinfrancato la Borsa americana. Non sembra aver avuto nessun peso, invece, l’allarme della Federal Reserve, che ha detto che le perdite sono state molto peggiori del previsto, quindi la situazione non è buona...

     
    R. - La situazione non è assolutamente buona. Occorre distinguere: il messaggio di Bush è stato rivolto alle famiglie e all’economia reale. Ben Bernanke ha parlato rivolto alla comunità finanziaria, volendo sottolineare che chi ha speculato al di là di ogni ragionevole garanzia e prudenza, deve essere punito. E la Federal Reserve non investirà quattrini e risorse a danno dell’economia, a danno della lotta contro l’inflazione per salvare gli speculatori più arrischiati.

     
    D. - In buona sostanza, anche le altre Borse mondiali, in particolare quelle europee, hanno passato la settimana in positivo. E’ come se considerassero chiuso l’allarme innescato dalla crisi dei mutui americani o è solo una ripresa temporanea e quindi pericolosa?

     
    R. - Io credo che le grandi banche, le grandi istituzioni, diano per scontato che ci vorrà ancora una seconda onda, per fonteggiare la quale si stanno attrezzando. L’importante è che le banche centrali assistano con la dovuta dose di liquidità il sistema.

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    Gli effetti sugli Stati Uniti della guerra in Iraq e le ipocrisie della società occidentale raccontate dai film in concorso al Festival del cinema di Venezia

    ◊   In concorso alla Mostra del Cinema di Venezia, due film di straordinario spessore etico e narrativo: il premio Oscar, Paul Haggis, ha presentato una dolente riflessione sugli effetti della guerra irachena sulla società americana, mentre il graffiante Ken Loach denuncia le condizioni di vita e di lavoro degli immigrati nella ricca e ipocrita società occidentale. Il servizio di Luca Pellegrini:


    Sventola nel cielo torbido del Tennesee la “Old Glory” americana a stelle e strisce: sgualcita e sporca, la bandiera proviene dall’Iraq. E’ stata issata al contrario. E’ il segno forte ed originale con il quale una nazione intera chiede aiuto sentendosi isolata e sola. Questa nazione sono gli Stati Uniti d’America e con questa immagine dolente e disperata si chiude "In the Valley of Elah" di Paul Haggis, seconda coraggiosa pellicola sulla guerra irachena e giustamente inserita in un concorso che, ad oggi, dovrebbe meritatamente vincere. La valle è quella in cui Davide, con solo cinque pietre ed una fionda, sconfisse Golia. Lo fece sorretto dalla forza ed il coraggio della fede, con l’esuberanza di una giovinezza e di una promessa. Ispira compassione questa nuova e toccante riflessione cinematografica sull’America in guerra e, diversamente dal violento e provocatorio film di De Palma, questo di Haggis è una splendida e avvincente meditazione sugli effetti disastrosi della guerra nell’intimo dei cuori e delle famiglie. Uno straordinario Tommy Lee Jones è il padre, ex-ufficiale e giustamente patriota, che ha perso il figlio, scomparso al suo rientro nella base in New Mexico, dopo aver svolto pericolose missioni nei deserti iracheni. Nel corso delle indagini, si verranno a scoprire molte verità. Non solo sul raccapricciante delitto. In modo altrettanto doloroso, il padre potrà fare esperienza di come la guerra tramuta cuori di carne in cuori di pietra, dà spazio al male e all’intolleranza facendo della violenza e della depravazione l’anestetico col quale soldati giovani e zeppi di confusi ideali vengono travolti da esperienze incancellabili e indicibili.

     
    Questo di Haggis è un film da non dimenticare: condanna la guerra senza mai farne vedere direttamente gli orrori, ci avvicina ad una nazione che in fondo geme in questi giorni strazianti e difficili, per lei e per molti. I silenzi, del film e del mondo, sembrano racchiudere un grido angosciato e un pianto disperato che ormai non riusciamo a contenere più. E un secondo padre, quello dell’intraprendente Angela, verrà a scoprire, nel film di drammatica attualità "In questo mondo libero" dell’inglese Ken Loach, di come la figlia gestisca lo sporco commercio del lavoro illegale offerto a immigrati disperati, sfruttando la loro fame e la loro paura. E’ un film estremamente equilibrato e realistico, perché Angela risulta, indirettamente, anche lei una vittima: di quella società senza valori, esasperata nella ricerca del benessere e del denaro acquisiti spazzando via coscienza e morale. E’ una donna comune che incarna perfettamente lo spirito debole e pericoloso della nostra epoca in una Londra che, al pari di molte altre città, nasconde ipocritamente lacrime e drammi.

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    Il commento al Vangelo della Domenica del teologo don Massimo Serretti

    ◊   Nella XII Domenica del Tempo ordinario, il Vangelo mostra Gesù che partecipa di sabato a un pranzo, in casa di uno dei capi farisei. Osservando la tendenza degli invitati ad occupare i primi posti, Gesù osserva con una parabola:
    "Quando sei invitato a nozze da qualcuno, non metterti al primo posto, perché non ci sia un altro invitato più ragguardevole di te e colui che ha invitato te e lui venga a dirti: Cedigli il posto! Allora dovrai con vergogna occupare l'ultimo posto".

     
    Sul significato di questo brano del Vangelo, ascoltiamo il commento del teologo, don Massimo Serretti, docente di Cristologia alla Pontificia Università Lateranense:


    Nel primo dei due insegnamenti che Gesù fornisce in questa pagina di Vangelo, Egli smaschera la non pertinenza di un istinto profondo che abita ciascuno di noi, quello dell’autoaffermazione. A noi, infatti, appare, tutto sommato, come naturale insediarci ed appropriarci dei posti migliori. Gesù non insegna ad invertire il giudizio di valore sui posti e a valutare di più gli ultimi rispetto ai primi, ma piuttosto a cambiare la valutazione di se stessi in riferimento a quei posti migliori e, quindi, alla scelta. Anche per Gesù i primi posti sono i migliori, ma Egli ci dice che non dobbiamo occuparli da noi stessi e dobbiamo invece attendere che ci vengano assegnati da un altro. In questo modo, Gesù ci insegna che c’è un’affermazione falsa di noi stessi, ed è quella che noi stessi intraprendiamo, e c’è anche un’affermazione vera di noi ed è quella che dispone un altro, che dispone il Signore. Questo secondo modo è filiale; nel primo, noi pretendiamo di essere padri di noi stessi.

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    Chiesa e Società



    Un forte richiamo alla coerenza del cristiano: così il cardinale Francisco Javier Errázuriz Ossa ha definito il documento finale della Conferenza di Aparecida, presentato in questi giorni in diversi Paesi dell’America Latina

    ◊   Un “documento pieno di speranza, con un forte ancoraggio alle radici bibliche e, al tempo stesso, impostato in modo realistico, a beneficio di una pedagogia pastorale organica”: ha definito con queste parole il cardinale Francisco Javier Errázuriz Ossa, arcivescovo di Santiago del Cile, le conclusioni della V Conferenza degli episcopati dell’America Latina e dei Caraibi (CELAM) svoltasi ad Aparecida, in Brasile, dal 13 al 31 maggio scorso. Illustrando alla stampa il documento, il 30 agosto scorso, il porporato lo ha definito un testo che orienta con chiarezza, permeato da quello stesso spirito di comunione e di partecipazione che ha caratterizzato i lavori. Il cardinale Errázuriz Ossa ha spiegato che la Conferenza di Aparecida, incentrata tutta sulla doppia sfida ad essere discepoli e perciò missionari, è “un appello e un forte richiamo alla coerenza del cristiano, chiamato a testimoniare l’amore di Cristo che è venuto a donarci la vita”. Il documento finale della Conferenza di Aparecida è già stato pubblicato in tutti Paesi latinoamericani e nei Caraibi e sono state anche messe in circolazione edizioni economiche. Elaborato, nella sua fase finale, in 15 giorni con i contributi di oltre 250 persone, è stato redatto in quattro versioni, ciascuna delle quali sottoposta al voto dei partecipanti alla Conferenza. La Commissione redazione ha dovuto revisionare 2.400 proposte di modifica che suggerivano cancellazioni, correzioni o integrazioni. Alla fine, il documento ha avuto un’approvazione unanime, con due soli voti contrari e due astensioni”. Mons. Edmundo Luis Flavio Abastoflor Montero, arcivescovo di La Paz, presentando ieri l'edizione boliviana del documento, ha rilevato che “Aparecida, esprime il grande desiderio di rinnovamento della Chiesa in America Latina”. “Oggi più che mai dobbiamo essere consapevoli che l’essere discepoli e missionari implica un incontro personale con Cristo Vivo - ha detto il presule - quindi, in linea con il Sinodo speciale per l’America (1998), voluto da Giovanni Paolo II, la Conferenza di Aparecida offre a tutti dei cammini pastorali chiari e convicenti”. L’arcivescovo di La Paz ha precisato inoltre che la fatica del “rinnovamento” che la Chiesa latinoamericana e caraibica deve affrontare porta al piano divino. “Che i nostri popoli abbiano la vita - ha concluso il presule - anzitutto la vita di Dio, l’unica che rende possibile quella umana, la vita di ogni giorno, la vita che sfocia nel momento del concepimento e si prolunga fino alla morte naturale. Ma anche la vita sociale, politica e culturale, che dovrebbe essere sempre impregnata dall’amore di Cristo”. Il 3 settembre il documento di Aparecida sarà presentato ufficialmente in Argentina, ad illustrarlo sarà l’arcivescovo di Buenos Aires, il cardinale Jorge Mario Bergoglio, attuale presidente della Conferenza episcopale. (T.C.)

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    Appello dei Salesiani al ripristino della legalità internazionale in Terra Santa. Ferma l’opposizione alla costruzione del muro a Beit Jala

    ◊   “La comunità salesiana si oppone fermamente alla politica di separazione unilaterale; ribadisce la propria completa estraneità alla pianificazione del tracciato del muro e, allo stesso tempo, rivolge un appello a tutte le autorità competenti per il ripristino della legalità internazionale”. E’ quanto scrive don Giovanni Laconi, dell’ispettoria salesiana del Medioriente, in una nota - diffusa dall’agenzia SIR - riferita all’avvio dei lavori per la costruzione del muro di separazione israeliano nel territorio palestinese di Beit Jala, a cui appartiene la Casa di Cremisan, tenuta dai salesiani. “Di fronte alla costruzione del Muro - spiega don Laconi - la comunità salesiana non ha contribuito in alcun modo ad aggravare la difficile condizione del villaggio palestinese, né ha favorito in alcuna forma - diretta o indiretta - la requisizione di terre appartenenti al villaggio stesso”. Al contrario, durante lunghi periodi della prima e seconda Intifada i Salesiani “hanno permesso il passaggio ai mezzi palestinesi sulle proprie strade interne, vista la mancanza di alternative per i collegamenti tra il nord e il sud dei Territori”. I Salesiani rinnovano la loro “solidarietà” alla popolazione palestinese, “ancora sottoposta alle asperità dell’occupazione” ed auspicano che “ogni Muro tra le genti possa cadere per un futuro di pace”. (E. B.)

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    Nello Stato indiano del Tamil Nadu, milioni di pellegrini in cammino verso il Santuario mariano della Vergine di Velai

    ◊   In India, è iniziato il pellegrinaggio dei fedeli, che, come ogni anno, da tutto lo Stato meridionale del Tamil Nadu si recano a piedi al Santuario di Nostra Signora di Velai (Vailankanni), il luogo di culto mariano più famoso del Paese. Come riporta l’agenzia AsiaNews, la festività in onore della Madonna prende il via il 29 agosto, con l’innalzamento di una bandiera, e si conclude con una processione l’8 settembre. Secondo funzionari cattolici del posto, sono oltre tre milioni i pellegrini che sfidano il caldo afoso per raggiungere Velai, nota anche come “la Lourdes d’Oriente”, cercando riparo nelle parrocchie che incontrano nel loro cammino. Situato a 310 chilometri a sud di Chennai, il Santuario è gestito dalla diocesi di Thanjavur. In questo luogo, nel XVI secolo, la Vergine apparve ad un ragazzo disabile indù e lo guarì. Ogni anno, sono oltre cinque milioni i fedeli che visitano il luogo di culto: la metà appartiene ad altre religioni. (E. B.)

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    “Al primo posto la missione”: è quanto ribadito ad Assisi durante la Settimana nazionale missionaria della CEI

    ◊   “In questi anni, ci siamo resi conto di quanto sia importante la formazione nel mondo missionario”. Così mons. Giuseppe Pellegrini, direttore dell’ufficio CEI per la cooperazione missionaria tra le Chiese, nell’ultimo giorno dei lavori della quinta Settimana nazionale di formazione e spiritualità missionaria, che si è conclusa giovedì scorso ad Assisi. “Dobbiamo essere capaci - ha proseguito mons. Pellegrini, ripreso dall’agenzia SIR - di ripensare la formazione missionaria come spazio di forte e qualificata dimensione culturale sul piano teologico, antropologico, storico, sociale e pastorale”, in sintonia con il cammino che la Chiesa italiana sta percorrendo dopo Verona e nell’ano del 50° della Fidei donum, l’enciclica di Pio XII. Alla settimana di Assisi, sul tema “la Parola in cammino con la storia”, hanno partecipato oltre 150 tra operatori pastorali, sacerdoti, missionari, religiose e religiose, e laici provenienti da tutta Italia, impegnati a vario titolo nei centri missionari diocesani. (E. B.)

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    Serve una legge sul testamento biologico? Quali limiti devono essere messi alla genetica? Questi i temi centrali al dibattito di ieri a Telese, per la festa dei Popolari dell’UDEUR

    ◊   A settembre, si aprirà in Parlamento la discussione sul testamento biologico. Sono dieci i disegni di legge presentati e l’obiettivo della relatrice Bassoli è presentare un testo unico. La mediazione sarà, però, difficile vista la differenza di vedute. Rocco Pignataro dei Popolari UDEUR ha affermato che il suo partito non accetterà mai un testo che porti, seppur in modo indiretto, all’eutanasia. Per mons. Roberto Colombo, direttore del Laboratorio di Biologia Molecolare della Cattolica, non si può disporre liberamente della propria vita e la medicina deve fare di tutto per garantire che il malato terminale non sia lasciato solo al proprio destino. Non c’è, però, un diritto a morire, secondo Luciano Usebi, biogiurista, convinto che varare un protocollo di testamento biologico voglia dire stilare una serie di norme che farebbero venir meno la figura del medico, la sua capacità di decidere assieme ai parenti del paziente se siamo o no di fronte ad un caso di accanimento terapeutico. Insomma, il testamento biologico potrebbe aprire non pochi conflitti di tipo etico e legale. La scienza, dunque, non può tutto. Ne è convinto anche il genetista Bruno Dalla Piccola, secondo cui tanti test genetici, a cui ci si può sottoporre al giorno d’oggi, potrebbero dare il via all’eugenetica, ovvero ad uccidere nel grembo della madre il soggetto che è portatore di questa o quella malattia. E a sentire il biologo Salvatore Mancuso non c’è bisogno nemmeno di fare sperimentazione sugli embrioni, perchè le cellule staminali adulte, ora sono in grado di curare molte malattie. (A cura di Alessandro Guarasci)

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    Tre anni fa, la strage di Beslan: i familiari delle oltre 300 vittime chiedono chiarezza alle autorità russe

    ◊   Manifestazioni pubbliche e cerimonie religiose, oggi, in occasione del terzo anniversario della strage di Beslan, nell’Ossezia del Nord, dove nell’assedio della scuola numero 1 morirono oltre 300 persone fra i quali molti bambini. Dal 2004, le famiglie continuano a chiedere chiarezza sull’accaduto. Le indagini ufficiali però continuano a non ammettere come prova un video che dimostrerebbe la responsabilità delle forze russe nel tragico epilogo dell’assedio. Inoltre, le autorità di Mosca, che si rifiutano di rendere pubbliche le circostanze della strage, hanno dichiarato illegale "Le madri di Beslan", una delle organizzazioni più impegnate per far luce sulla vicenda. Intanto, mentre l’unico accusato risulta ancora il terrorista ceceno superstite dell’attentato, N. Kulaev, la fiducia dell’opinione pubblica sulla gestione dell’inchiesta cala di anno in anno. Come riporta l’agenzia Asia News, un sondaggio del Levada Analytical Center afferma che l’81% dei russi crede che Mosca sia responsabile di omissioni. I dati - ottenuti da interviste condotte su 1600 cittadini tra il 10 e il 13 agosto mostrano che solo l’8% della popolazione ritiene affidabili le informazioni ufficiali sulla vicenda, rispetto al 13% di 2 anni fa. (E. B.)

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    24 Ore nel Mondo



    Almeno 6 morti in Pakistan per un attacco kamikaze compiuto in una zona tribale - In Afghanistan, sono più di 20 i ribelli uccisi nelle ultime ore da agenti afghani e forze della coalizione

    ◊   Una zona tribale del Pakistan, al confine con l’Afghanistan, è stata teatro di un ennesimo attacco suicida condotto da un kamikaze, che si è lanciato con un’autobomba contro un veicolo militare. L’esplosione ha provocato la morte di tre soldati, di due civili e dell’attentatore. Secondo i servizi di sicurezza pakistani, in questa area potrebbe aver trovato rifugio il numero due di Al Qaeda, Ayman Al Zawahiri.

    - In Afghanistan, almeno 20 ribelli sono rimasti uccisi in seguito ad un’operazione condotta congiuntamente dalla polizia afgana e dalle forze della coalizione. Il governo della Corea del Sud ha smentito, intanto, di aver pagato ai talebani un riscatto per il rilascio, giovedì scorso, dei 19 missionari evangelici coreani rapiti nel Paese asiatico sei settimane fa. Un leader dei talebani ha dichiarato, invece, che sarebbero stati versati 20 milioni di dollari.

    - In Iraq, un attentatore suicida, a bordo di un’auto, si è fatto esplodere contro un checkpoint militare. A causa dell’attentato, sono morti anche due soldati iracheni e 4 civili. Violenze anche nella turbolenta provincia di Dyala, dove un gruppo di ribelli ha fatto saltare in aria, a Baquba, il mausoleo sciita di Ahmed Ibn Imam al-Kadhim. Negli Stati Uniti, intanto, il presidente George W. Bush ha avuto ieri a Washington un incontro con i vertici del Pentagono sulle difficoltà nell’avviare il Paese del Golfo sulla strada della stabilizzazione. Bush ha sollecitato il Congresso ad attendere il rapporto sui risultati della sua nuova strategia in Iraq prima di esprimere qualsiasi giudizio.

    - Il presidente palestinese, Abu Mazen, è tornato a condannare la violenta repressione, da parte delle forze di sicurezza di Hamas, delle manifestazioni organizzate ieri da al Fatah a Gaza e a Rafah. Con il loro intervento – ha detto Abu Mazen – le milizie del movimento islamico radicale “hanno superato ogni limite”. Il bilancio dei tumulti è di almeno 30 feriti.

    - Si terranno il 17 novembre le elezioni amministrative e legislative in Kosovo. Lo hanno stabilito le Nazioni Unite che amministrano la provincia serba, a maggioranza albanese. Il voto - secondo gli analisti - potrebbe acuire la tensione politica nella regione, che chiede l'indipendenza dal governo di Belgrado. Molti esponenti politici avevano chiesto il rinvio delle elezioni a dicembre, termine ultimo fissato dalla comunità internazionale per la conclusione del negoziato sullo status del Kosovo.

    - Non si placano in Grecia gli incendi che da una settimana hanno devastato 200 mila ettari di boschi, foreste, colture e causato 63 vittime. Nella notte, diversi focolai hanno ripreso vigore, in particolare nel distretto meridionale di Karytania e anche nell'isola di Evia, a nord di Atene.

    - Il presidente venezuelano, Hugo Chavez, si è detto pronto a mediare con i ribelli colombiani delle Forze Armate Rivoluzionarie (FARC) per arrivare alla liberazione di 45 persone, sequestrate dai guerriglieri. Tra gli ostaggi ci sono l’ex candidata presidenziale, Ingrid Betancourt, due cittadini statunitensi ed un bambino di tre anni. Il presidente colombiano Alvaro Uribe, che ha incontrato Chavez a Bogotà, ha espresso soddisfazione per la mediazione del capo di Stato venezuelano. Il servizio di Maurizio Salvi:


    Elogiando il collega Alvaro Uribe ed auspicando che Venezuela e Colombia formino una sola patria figlia di Simon Bolivar, e promettendo perfino di tornare nella Comunità andina delle nazioni, Chavez ha parlato degli ostaggi in mano alle FARC. In questo senso è riuscito nell’audace mossa di ottenere un via libera da Bogotà per ricevere a Caracas proprio un membro del segretariato delle FARC. E a dimostrazione del fatto che tutti i problemi siano collegati, Chavez ha anche concesso l'amnistia a decine di paramilitari arrestati in Venezuela e accusati di volerlo uccidere. Quindi, ha preso l’impegno con Uribe di ospitare a Caracas un nuovo round di colloqui di pace con l’Esercito di liberazione nazionale, seconda guerriglia del Paese. Da parte loro, le FARC hanno accettato di restituire, forse oggi stesso, le spoglie di 11 deputati regionali, che erano nelle loro mani. (Dall’America Latina, Maurizio Salvi, Ansa, per la Radio Vaticana)

    - Quattro persone, ritenute appartenenti all’ETA, l’organizzazione separatista basca, sono state arrestate vicino a Tolosa, in Francia. Il ministro dell’Interno spagnolo, Alfredo Perez Rubalcaba, ha dichiarato che è stato inferto un colpo "importantissimo" all'organizzazione terroristica. Rubalcaba ha anche affermato che il gruppo stava preparando “un nuovo attentato con un’autobomba”. Secondo gli inquirenti, la casa di Cahors - dove sono stati arrestati i quattro - era la centrale operativa militare dell’ETA.

    - Il premier britannico, Gordon Brown, e il presidente francese, Nicolas Sarkozy, si sono impegnati a ''raddoppiare i loro sforzi" per il miglioramento della sicurezza nella tormentata regione sudanese del Darfur. L’appello segue di poche ore quello del segretario generale delle Nazioni Unite, Ban Ki-moon, che sta partendo i missione per l’Africa e che ha invitato nuovamente la comunità internazionale a sostenere con propri uomini e mezzi la missione dell’ONU che dovrebbe essere operativa nella regione dal 2008. (Panoramica internazionale a cura di Amedeo Lomonaco)

     
     Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LI No. 244

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