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31/10/2007

Il Papa e la Santa Sede

  • Il cristiano ha lo sguardo verso le realtà future ma è profondamente impegnato nella società: così, il Papa all’udienza generale dedicata agli insegnamenti di San Massimo, vescovo di Torino
  • Nomine
  • Domani la Chiesa celebra la Solennità di Tutti i Santi: la riflessione del cardinale Arinze
  • La pace presuppone il rispetto dei diritti umani, tra cui la libertà religiosa, calpestata in diversi Stati: il richiamo all’ONU di mons. Migliore, che punta il dito contro le leggi sulla blasfemia
  • Il cardinale Martino: i cristiani cooperino alla difesa dei diritti umani e all'abolizione della pena di morte
  • Oggi in Primo Piano

  • Ex Birmania: nuove manifestazioni pacifiche dei monaci buddisti contro i militari
  • Continua il dibattito sull'intervento del Papa sul diritto dei farmacisti all'obiezione di coscienza: il commento di Pietro Uroda, presidente dei Farmacisti cattolici
  • Rapporto Caritas-Migrantes sull'immigrazione in Italia. Mons. Nozza: gli immigrati protagonisti di una storia che appartiene a tutti
  • Presentato nei Musei Vaticani “la Sistina svelata”, il volume di padre Pfeiffer su una nuova interpretazione degli affreschi della celebre Cappella
  • Chiesa e Società

  • Mobilitazione internazionale contro la pena di morte: raccolte 5 milioni di firme
  • In Albania consacrata dal cardinale Re la nuova cattedrale di Lezhë dedicata a San Nicola
  • Decine di associazioni umanitarie denunciano l’impossibilità di intervenire in Somalia
  • Congo: ricordato l'arcivescovo Munzihirwa ucciso dai militari undici anni fa
  • Per il progresso dell’Africa sono fondamentali anche internet e la telefonia mobile
  • Un computer per i bambini dei Paesi in via di sviluppo in Africa, Asia e America Latina
  • Repubblica Dominicana: massiccia partecipazione dei fedeli alla campagna promossa dalla Chiesa in difesa della vita
  • Messaggio del presidente dei vescovi della Colombia: la pace è un dovere di tutti
  • Il cardinale Vithayatil auspica meno barriere tra i tre riti della Chiesa indiana
  • In Nepal, mese del Rosario dedicato alla pace nel Paese e nel vicino Myanmar
  • Nuove nomine nella Conferenza episcopale del Vietnam che sottolinea l'importanza della formazione per clero, religiosi e laici
  • In Russia annunciate misure contro l’aborto per contrastare il calo demografico
  • I giovani protagonisti questa notte a Torino per la veglia di preghiera per "Tutti i Santi"
  • 24 Ore nel Mondo

  • Ennesima autobomba a Baghdad: un morto e tre feriti - Il premier turco accusa il governatore del nord dell'Iraq di sostenere i ribelli del PKK - Letta a Madrid la sentenza del processo per le stragi dell'11 marzo 2004
  • Il Papa e la Santa Sede



    Il cristiano ha lo sguardo verso le realtà future ma è profondamente impegnato nella società: così, il Papa all’udienza generale dedicata agli insegnamenti di San Massimo, vescovo di Torino

    ◊   In ogni tempo, restano sempre validi i doveri del credente verso la società civile: è quanto sottolineato da Benedetto XVI all’udienza generale, dedicata a San Massimo, vescovo di Torino, tra la fine del IV e l’inizio del V secolo. Soffermandosi su questa figura di pastore, che contribuì alla diffusione del cristianesimo nell’Italia settentrionale, il Papa ha offerto una riflessione sul rapporto tra i fedeli e le istituzioni politiche. L’udienza si è svolta sotto una pioggia battente, che tuttavia non ha spento il calore affettuoso di oltre 30 mila pellegrini radunatisi in Piazza San Pietro per ascoltare la catechesi del Santo Padre. Il servizio di Alessandro Gisotti:


    “Vivere la vita cristiana significa anche assumere gli impegni civili”: è questo, ha detto il Papa, uno degli insegnamenti di San Massimo, contenuti nella sua raccolta di Sermoni. Da questa opera, ha sottolineato, “emerge quel legame profondo e vitale del vescovo con la sua città, che attesta un punto di contatto evidente” tra il ministero di Ambrogio a Milano e quello di Massimo a Torino. Dinnanzi a gravi tensioni e alla minaccia dei barbari, ha ricordato, San Massimo riuscì “a coagulare il popolo cristiano attorno alla sua persona di pastore e di maestro”. Gli interventi di questo vescovo testimoniano, dunque, “l’impegno di reagire al degrado civile e alla disgregazione”:

     
    "Senza darlo troppo a vedere, Massimo giunge così a predicare una relazione profonda tra i doveri del cristiano e quelli del cittadino".
     
    Il Papa ha citato i sermoni 17 e 18 di San Massimo, dedicati al tema sempre attuale della ricchezza e della povertà nelle comunità cristiane. Il vescovo di Torino si rammarica che le ricchezze “vengano accumulate e occultate” e che non si pensi al bisogno dell’altro. E, ancora, stigmatizza “forme ricorrenti di sciacallaggio sulle altrui disgrazie”:

     
    "In questo contesto Massimo non solo si adopera per rinfocolare nei fedeli l’amore tradizionale verso la patria cittadina, ma anche il preciso dovere di far fronte agli oneri fiscali, per quanto gravosi e sgraditi essi possano apparire".

     
    Rispetto all’atteggiamento prudente di Ambrogio, ha rilevato il Papa, Massimo si sente pienamente autorizzato ad esercitare “un vero e proprio potere di controllo sulla città”. Un potere, ha aggiunto, che “sarebbe poi diventato sempre più ampio ed efficace, fino a supplire la latitanza dei magistrati e delle istituzioni civili”:

     
    "In definitiva, l’analisi storica e letteraria dimostra una crescente consapevolezza della responsabilità politica dell’autorità ecclesiastica, in un contesto nel quale essa andava di fatto sostituendosi a quella civile".

     
    E’ evidente, ha costatato il Pontefice, che il “contesto storico, culturale e sociale è oggi profondamente diverso”. Sono nuove le sfide per la Chiesa, ma non per questo perdono di attualità i richiami di San Massimo:

     
    "A parte le mutate condizioni, restano sempre validi i doveri del credente verso la sua città. L’intreccio degli impegni 'dell’onesto cittadino' con quelli 'del buon cristiano' non è affatto tramontato".
     
    E qui, Benedetto XVI ha ripreso un passo della Nota dottrinale del 2002 sul comportamento dei cattolici nella vita politica per ribadire “uno dei più importanti aspetti dell’unità di vita del cristiano: la coerenza tra fede e vita, tra Vangelo e cultura”:

    "Sbagliano coloro che, sapendo che qui noi non abbiamo una cittadinanza stabile, ma che cerchiamo quella futura, pensano di potere per questo trascurare i propri doveri terreni, e non riflettono che invece proprio la fede li obbliga ancora di più a compierli, secondo la vocazione di ciascuno".

     
    Il Papa ha così auspicato che, seguendo il magistero di San Massimo, sempre più fedeli siano desiderosi di unificare gli sforzi umani “in una sola sintesi vitale insieme con i beni religiosi”. Dopo la catechesi, il Santo Padre ha salutato ai pellegrini, nelle diverse lingue. Un pensiero particolare l’ha rivolto ai pellegrini polacchi che hanno partecipato alla Beatificazione di Madre Celina Borzęcka. Poi, in lingua italiana, ha salutato i rappresentanti dell’Associazione Nazionale Famiglie dei Caduti e Dispersi in Guerra, incoraggiandoli “a proseguire generosamente nella loro significativa opera di solidarietà”.

     
    Il Papa ha concluso l’udienza invitando i fedeli a vivere con lo spirito giusto le imminenti celebrazioni della Solennità di tutti i Santi e la Commemorazione dei fedeli defunti:

     
    "Sia per ciascuno occasione propizia per innalzare lo sguardo del cielo e contemplare le realtà future, ultime e definitive che ci attendono!"

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    Nomine

    ◊   Il Santo Padre ha accettato la rinuncia al governo pastorale della diocesi di Breda, nei Paesi Bassi, presentata da mons. Martinus Petrus Maria Muskens, in conformità al can. 401 § 2 del Codice di Diritto Canonico. Gli succede mons. Johannes Harmannes Jozefus van den Hende, finora coadiutore della medesima sede.

    In Brasile, il Santo Padre ha accettato la rinuncia al governo pastorale dell’arcidiocesi di Cascavel presentata da mons. Lúcio Ignácio Baumgaertner, per raggiunti limiti di età. Il Papa ha quindi nominato arcivescovo metropolita di Cascavel mons. Mauro Aparecido dos Santos, finora vescovo di Campo Mourão. Mons. Mauro Aparecido dos Santos è nato il 9 novembre 1954 a Fartura, nella diocesi di Ourinhos, Stato di São Paulo. Il 13 maggio 1984 ha ricevuto l’ordinazione sacerdotale, come membro del clero della diocesi di Jacarezinho. Nominato vescovo coadiutore di Campo Mourão il 27 maggio 1998, ha ricevuto l’ordinazione episcopale il 14 agosto successivo. È succeduto alla guida della medesima diocesi il 21 febbraio 1999.

    Sempre in Brasile, il Santo Padre ha nominato vescovo di Oliveira mons. Miguel Ângelo Freitas Ribeiro, finora vescovo di Tocantinópolis. Mons. Freitas Ribeiro è nato a Itaguara, diocesi di Oliveira, nello Stato di Minas Gerais, il 26 novembre 1958. È stato ordinato sacerdote l’11 gennaio 1986 e incardinato nella diocesi di Oliveira. Il 17 gennaio 2001 è stato nominato vescovo di Tocantinópolis, ricevendo l’ordinazione episcopale il 31 marzo successivo.

    In Perù, il Papa ha accettato la rinuncia al governo pastorale della diocesi di Ica presentata da mons. Guido Breña López, O.P., per raggiunti limiti di età. Gli succede mons. Héctor Eduardo Vera Colona, vicario generale di Chiclayo e parroco di "San Pedro" a Lambayeque. Mons. Héctor Eduardo Vera Colona è nato a Chiclayo il 26 febbraio 1962. È stato ordinato sacerdote l'8 dicembre 1987.

    Il Santo Padre ha nominato Capo Ufficio nella Sezione per gli Affari Generali della Segreteria di Stato mons. Angelo Pirovano, finora minutante nella medesima Sezione per gli Affari Generali.

    Infine, il Papa ha nominato Capo Ufficio nella Missione Permanente della Santa Sede presso le Organizzazioni e gli Organismi delle Nazioni Unite per l'Alimentazione e l'Agricoltura (F.A.O., I.F.A.D., P.A.M.) il prof. Vincenzo Buonomo, finora aiutante di studio presso la medesima Missione Permanente.

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    Domani la Chiesa celebra la Solennità di Tutti i Santi: la riflessione del cardinale Arinze

    ◊   Domani, dunque, la Chiesa celebra la Solennità di Tutti i Santi: il Papa alle 12.00 si affaccerà dalla finestra del suo studio privato per la recita dell'Angelus con i pellegrini giunti in Piazza San Pietro. Ma sul senso di questa festa e sul significato della comunione dei Santi ascoltiamo la riflessione del cardinale Francis Arinze, prefetto di Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti, al microfono di Giovanni Peduto:


    R. – La comunione dei Santi è l’unità di tutti coloro che credono in Cristo: quelli che sono già arrivati nella casa del cielo; quelli che sono in Purgatorio; e quelli che sono ancora sulla terra. E’ la Chiesa vista nelle tre stagioni: noi, pellegrinanti sulla terra; quelli che sono arrivati in Purgatorio e che anche se al momento ancora soffrono, sono sicuri di andare poi in cielo; e quelli che sono già arrivati a casa, in cielo. La celebrazione del 1° novembre mette l’enfasi sui nostri fratelli e sorelle che sono già arrivati in cielo, con Dio e che possono vedere Dio com’è, per sempre.

     
    D. – Cosa intendere per intercessione dei Santi?

     
    R. – I Santi in cielo possono pregare per noi. Se, ad esempio, quando Padre Pio poteva pregare per noi quando era in terra, tanto più lo può fare ora che è in cielo, cominciando proprio da Maria Santissima, gli Angeli ed i Santi. Loro, quindi, pregano per noi, intercedono per noi, come fedeli, come parrocchie, come diocesi, per tutta la Chiesa. E’ in questo senso che diciamo che i Santi pregano per noi ed ognuno di noi ha il suo Santo patrono e generalmente è bene prendere il nome di qualcuno in cielo, come proprio protettore santo.

     
    D. – Tutti siamo chiamati a diventare santi, ma cosa si intende per questa chiamata universale alla santità?

     
    R. – La santità è la pienezza della carità. Chi ha più amore per Dio e per il prossimo, è santo. Così è stato definito il Concilio Vaticano II. La chiamata alla santità non è un qualcosa riservato soltanto a qualcuno, ma è rivolta a tutti la chiamata universale alla santità. Così insegna il Concilio nel grande documento della Lumen Gentium e così la Chiesa propone per la nostra ammirazione, imitazione i Santi in diverse situazioni e vocazioni nella vita. Ci sono sacerdoti e noi sappiamo che sono molti, come Tommaso d’Aquino, Giovanni Bosco, Giovanni Maria Vianney, religiosi come San Benedetto, San Bernardo, Teresa d’Avila, Teresa di Lisieux e la Beata Teresa di Calcutta. Ma non solo, ci sono anche i laici: basta pensare a Tommaso Moro, Carlo Lwanga, Santa Maria Goretti, martire a soli 11 anni, i Beati Luigi e Maria Beltrami Quattrocchi, marito e moglie, Gianna Beretta Molla e tanti altri ancora. L’Apocalisse dice 144 mila: un numero che non si può contare, che include tutti i popoli, tutte le culture e tutte le nazioni che cantano il nuovo canto dell’Agnello di Dio, di Cristo Redentore. E’ la chiamata per tutti noi.

     
    D. – Anche lei, eminenza, avrà qualche Santo che invoca più spesso?

     
    R. – Senza dubbio. I miei patroni carissimi sono San Francesco d’Assisi e San Francesco Saverio, perché ho preso lo stesso nome di battesimo e di cresima. Certamente tutti i Santi sono grandi, ma questi due sono sicuramente più cari a me, proprio perché io porto il loro nome e loro mi danno l'esempio su come andare avanti. Ma sono anche molto legato al Beato Cipriano Michele Tansi, quel sacerdote nigeriano che mi ha battezzato, che mi ha confessato la prima volta e mi ha conferito la Prima Comunione: io ero il suo chierichetto nel 1945 e Papa Giovanni Paolo II lo ha beatificato proprio nella sua diocesi nel 1998. Non potevo certo esserne indifferente.

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    La pace presuppone il rispetto dei diritti umani, tra cui la libertà religiosa, calpestata in diversi Stati: il richiamo all’ONU di mons. Migliore, che punta il dito contro le leggi sulla blasfemia

    ◊   La pace presuppone il rispetto dei diritti umani fondamentali, e tra questi sono il diritto alla vita e alla libertà religiosa. Lo ha ribadito ieri l’arcivescovo Celestino Migliore, osservatore permanente della Santa Sede presso le Nazioni Unite, nel suo intervento all’Assemblea generale dell’ONU, nel Palazzo di Vetro a New York, nell’ambito della sessione dedicata alla cultura della pace. Il Servizio di Roberta Gisotti:


    Un’organizzazione “nata sulle ceneri di una guerra mondiale unica per gli indicibili oltraggi della dignità umana”. Per questo la Carta delle Nazioni Unite ha stabilito “il diretto legame tra la pace e il rispetto dei diritti umani fondamentali”, ha ricordato l’arcivescovo Celestino Migliore. Ne consegue “una universale e trascendente verità” “che l’uomo non è solo prioritario rispetto ad ogni umana attività, ma anche la determina”. Ciò comporta “a livello interpersonale” “di trattare tutti come eguali a noi” e “a livello internazionale” di dare “la giusta misura” agli “interessi nazionali”, che sono correlati e “mai devono considerarsi assoluti”, quando promuoverli e difenderli nuoce ai “legittimi interessi degli altri Stati”. E’ invece “un obbligo aiutare a promuovere e difendere il bene comune di tutti i popoli”. In questo contesto, l’osservatore della Santa Sede, ha ammonito dall’approvare “leggi contrarie alla dignità umana” e dal misurare “il progresso in ogni campo” con il metro di ciò che è possibile, anziché valutare se è compatibile con l’umana dignità. Ha ribadito quindi che il richiamo a rispettare il diritto alla vita, dal concepimento alla morte naturale, e ad abolire la pena di morte.

     
    Si è soffermato poi sulla spinosa questione della libertà religiosa, che vede ancora molti fedeli di varie fedi incontrare difficoltà nell’esercizio di un loro diritto, “sintomo inquietante di mancanza di pace". Ha spiegato l’arcivescovo Migliore che “un diritto umano fondamentale è violato, con serie ripercussioni per la coesistenza pacifica, quando uno Stato impone una singola religione ad ognuno e proibisce tutte le altre, o quando un sistema secolare denigra i credi religiosi e nega spazio pubblico alla religione. D’altra parte - le religioni sono chiamate a lavorare per la pace e promuovere la riconciliazione tra i popoli. Di fronte ad un mondo lacerato da conflitti – ha concluso il rappresentante della Santa Sede all’ONU - le religioni non devono mai divenire veicolo di odio e mai possono giustificare male e violenza invocando il nome di Dio.”

     
    L’arcivescovo Migliore si era già detto seriamente preoccupato, intervenendo - lunedì scorso in Assemblea - in risposta al Rapporto reso dal relatore speciale ONU su come eliminare tutte le forme di intolleranza religiosa; rapporto dove si denunciano in numerosi Paesi del mondo conversioni forzate, esecuzioni, dissacrazioni di luoghi di culto, espulsioni di minoranze religiose dalle loro comunità, tanto più vittime queste minoranze – ha evidenziato il presule – di alcune leggi sulla blasfemia, che sono causa di grandi sofferenze, che permettono punizioni fino alla morte, e provocano giustizie sommarie.

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    Il cardinale Martino: i cristiani cooperino alla difesa dei diritti umani e all'abolizione della pena di morte

    ◊   “I cristiani sono chiamati a cooperare per la difesa dei diritti umani e per l’abolizione della pena di morte, della tortura e di qualsiasi pena o trattamento crudele, inumano o degradante in tempo di pace e di guerra. Queste pratiche sono gravi crimini contro la persona umana, creata ad immagine e somiglianza di Dio (Genesi 1:27) e uno scandalo per la famiglia umana nel XXI secolo”. E’ quanto ha detto il cardinale Renato Raffaele Martino, presidente del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace, durante un incontro, il 26 ottobre scorso, con la signora Sylvie Bukhari–de Pontual, presidente della Federazione Internazionale dell’Azione dei Cristiani per l’Abolizione della Tortura (FIACAT). La FIACAT è un’associazione ecumenica non profit fondata nel 1987 dalle associazioni Azione dei Cristiani per l’Abolizione della Tortura (ACAT) di diversi Stati per promuovere l’abolizione del mondo della tortura e di qualsiasi pena o trattamento crudele, inumano o degradante contro la persona umana. Nell’anno in cui si celebrano il XX anniversario dalla creazione della FIACAT e il XX anniversario dalla entrata in vigore della Convenzione internazionale contro la tortura e altre pene o trattamenti inumani o degradanti (1987–2007), la signora Bukhari–de Pontual ha presentato al Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace l’attività della FIACAT.

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    Oggi in Primo Piano



    Ex Birmania: nuove manifestazioni pacifiche dei monaci buddisti contro i militari

    ◊   Vestiti col tradizionale abito rosso, i monaci della ex Birmania sono tornati oggi in piazza per protestare pacificamente contro la giunta militare al potere. Per la prima volta dopo la violenta repressione del mese scorso, circa duecento religiosi si sono infatti ritrovati per le strade di Pakkoku, nella parte centrale del Paese. Le nuove dimostrazioni giungono alla vigilia dell’arrivo nella ex Birmania dell’inviato Onu, Ibrahim Gambari, per una seconda missione nella zona dal 3 all’8 novembre prossimi, e quando la giunta militare ha deciso la scarcerazione di sette detenuti, tra cui alcuni membri dell’opposizione della Lega nazionale per la democrazia. Ma perché i monaci birmani sono tornati a manifestare? Al microfono di Giada Aquilino, risponde padre Piero Gheddo, missionario che più volte è stato nel Paese asiatico:


    R. – I monaci birmani rappresentano davvero il sentimento della popolazione. Vanno incontro alla morte, alla tortura, all’arresto, a carceri spaventose pur di ottenere che cambi il sistema di governo, perché il popolo è schiacciato da più di 40 anni. La Birmania è diventata l’ultimo Paese del Sudest asiatico come prodotto interno lordo, come livello di vita, come diritti umani, mentre nel 1950 era il primo, il Paese più avanzato dell’area. Ma per risolvere tale situazione, il boicottaggio economico nei confronti di Rangoon - ventilato da più parti - non serve: la giunta è appoggiata dalla Cina, quindi riceve tutto quello di cui ha bisogno dalla Cina e dispone di tutto quello di cui Pechino necessita. Le autorità birmane vivono sull’esportazione di gas, petrolio, diamanti, tek e perfino oppio, di cui il Paese è diventato oggi uno dei maggiori produttori al mondo.

     
    D. – Secondo l’Organizzazione umanitaria “Human Rights Watch”, l’esercito birmano starebbe arruolando anche bambini-soldato ...

     
    R. – Questo succedeva già prima. Io ho viaggiato molto in Birmania, ne ho visti di giovani di 14, 15, 16 anni sequestrati e poi posti al servizio dei militari.

     
    D. – E il resto della popolazione civile?

     
    R. – Accetta quasi sempre passivamente questa situazione… che poi è una realtà di fame, carestia, mancanza di strade, mancanza di sicurezza, mancanza di sanità.

     
    D. – In questa fine di settimana si svolge la seconda visita dell’inviato ONU a Rangoon. Che poteri ha?

     
    R. – Forse l’unica cosa che potrebbe essere veramente efficace è la possibilità di premere sulla Cina. Certe regioni periferiche del Nord hanno aperto ai cinesi: hanno capito che i cinesi portano lo sviluppo economico e in quelle zone si vedono cittadine con insegne in cinese e birmano, si sente la lingua cinese e quella birmana, la moneta è cinese e birmana. Non dimentichiamo che la Cina ha molti interessi in Birmania: per esempio, lo sbocco verso l’Oceano Indiano.

     
    D. – La Chiesa locale come è impegnata negli sforzi per una soluzione della crisi in Birmania?

     
    R. – Il buddismo è la religione nazionale dello Stato birmano, conta il 100 per cento della popolazione. La Chiesa è una piccola realtà. Ma, tutti assieme, i cristiani sono circa 3 milioni, quindi non sono pochissimi. E proprio i cristiani hanno avuto un grande influsso in Birmania per l’educazione: un secolo fa, non esistevano le scuole. Le hanno costruite le Chiese e le missioni cristiane. Oggi le Chiese cristiane continuano il loro impegno per i diritti dell’uomo, soprattutto attraverso l’evangelizzazione. Quindi è un lavoro più nascosto, non è una manifestazione pubblica: portando il Vangelo, si forma anche la coscienza alla dignità dell’uomo e della donna, all’uguaglianza di tutti gli uomini davanti a Dio, davanti alla società.

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    Continua il dibattito sull'intervento del Papa sul diritto dei farmacisti all'obiezione di coscienza: il commento di Pietro Uroda, presidente dei Farmacisti cattolici

    ◊   Continua a far discutere il recente intervento del Papa sul diritto dei farmacisti all'obiezione di coscienza per “non collaborare, direttamente o indirettamente, alla fornitura di prodotti aventi per scopo scelte chiaramente immorali, come ad esempio l’aborto e l’eutanasia”. Il presidente del Movimento per la Vita in Italia, Carlo Casini, ha affermato che la legge 194 sull’interruzione di gravidanza, interpretata in modo corretto, prevede il diritto all’obiezione, per esempio, nel caso della pillola abortiva. Manuela Campanile ha sentito in proposito Pietro Uròda, presidente dell’Unione Cattolica Farmacisti Italiani:


    R. – La faccenda presenta due aspetti. Non c’è nessuna legge precisa che ci consenta l’obiezione di coscienza, però, il combinato disposto, come si dice, di alcune leggi e di alcune sentenze, ci consente di poter affrontare l’eventuale giudizio con delle coperture. Per esempio, secondo l’art. 54 del codice penale, se uno compie un’infrazione ad una legge per salvare qualcuno è esentato dalla punizione, se spinto da cause maggiori. Quindi, noi per salvare l’embrione ci rifiutiamo di dare la pillola del giorno dopo. Ci sono delle sentenze della Corte di Cassazione sul diritto dell’embrione, c'è la legge 40. Per cui noi riteniamo di poterci difendere a livello giudiziario. Altrimenti, rimane il fatto di principio. Noi non vogliamo accettare di dare la morte a qualcuno. Siccome l’embrione - è un fatto scientificamente dimostrato - è una vita umana, noi riteniamo che vada sostenuto e difeso.

     
    D. – Quindi lei è obiettore...

     
    R. – Sì, io non ho mai venduto la pillola abortiva.

     
    D. – Ci può raccontare un’esperienza nata dal suo essere obiettore di coscienza?

     
    R. – Io ho avuto un caso – mi ricordo benissimo – di una signora che mi aveva chiesto un prodotto per abortire e gliel’ho negato. Abbiamo avuto modo di parlarne e questa persona, dopo qualche anno, mi ha fatto vedere un bellissimo bambino, dicendomi che era stato merito del mio discorso se lei aveva rinunciato a sopprimerlo.

     
    D. – A chi le rinfacciasse che prima di tutto bisogna essere deontologicamente corretti cosa rispondere?

     
    R. – Che io sono deontologicamente corretto. Il nostro codice deontologico dice che noi siamo al servizio della vita. Noi non riteniamo questo prodotto un farmaco, perchè non cura niente. E’ un prodotto farmaceutico, non è un farmaco. E’ un prodotto farmaceutico, che serve ad uccidere un embrione eventuale. Se non uccide un embrione eventuale fa altri danni. A Perugia hanno denunciato che i casi di gravidanza extrauterina sono significativamente molto più alti in persone che hanno usato la pillola del giorno dopo, perché viene somministrata, gettata nell’organismo, una bomba ormonale. E’ un fatto molto grave che non viene documentato: la parte tossicologica di questo prodotto viene minimizzata o addirittura coperta.

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    Rapporto Caritas-Migrantes sull'immigrazione in Italia. Mons. Nozza: gli immigrati protagonisti di una storia che appartiene a tutti

    ◊   Il vero dialogo tra le culture parte da una profonda conoscenza della propria identità: è quanto afferma il direttore della Caritas italiana, mons. Vittorio Nozza, che ieri a Roma ha presentato il diciassettesimo rapporto statistico sull’immigrazione realizzato da Caritas e Fondazione Migrantes. Secondo i dati del dossier sono circa 28 milioni gli immigrati con cittadinanza straniera in tutta l’Unione Europea; in Italia sono 3 milioni e 700 mila, il 6,2 per cento dell’intera popolazione, per lo più provenienti da Europa dell’Est, con in testa la Romania, seguita da Marocco e Cina. Ma quale sfida lancia il rapporto di quest'anno? Ascoltiamo lo stesso don Nozza al microfono di Cecilia Seppia:


    R. - La sfida per quest’anno è quella di prendere coscienza che questo fenomeno si va sempre più radicando e strutturando dentro i nostri contesti, con percentuali del 60 per cento al nord, del 26 per cento al centro e del 16 per cento al sud. Si va strutturando non tanto e solo per le percentuali di presenza, ma quanto soprattutto per i volti che caratterizzano questa strutturazione: un aumento della presenza delle donne, un aumento della presenza di minori (siamo attorno ai 700 mila minori) e un aumento della presenza dei nuclei familiari. Questi volti dicono che l’immigrazione e gli immigrati vogliono ed intendono costruirsi il loro futuro dentro i nostri territori e, quindi, vogliono essere protagonisti di una storia che ci appartiene e che appartiene anche a questo loro desiderio.

     
    D. – Questo è anche l’anno del dialogo interculturale, ma che cosa serve per garantire questo dialogo?

     
    R. – Il dialogo tra culture ha bisogno, soprattutto, di una profonda e ricca coscienza della propria identità e cioè nella misura in cui ciascuno di noi matura, cresce e rafforza la propria identità, anche nella condizione – potremmo dire – di giocare questa carta del dialogo, della relazione con l’altro che porta, da una parta, a rafforzare la propria identità e la propria religione e, dall’altra, a sentire come arricchimento la presenza e l’apporto che può venire da queste nuove presenze.

     
    D. – In quello che è l’universo degli immigrati emerge un nuovo soggetto, quello della famiglia che probabilmente finora è stata poco considerata. C’è qualcosa che si può fare a livello normativo e legislativo per la famiglia degli immigrati?

     
    R. – Penso che sia a livello normativo come anche a livello di cammino di Chiesa sia estremamente importante credere molto a questo rafforzarsi della presenza dei nuclei familiari e che proprio a partire da questa presenza così consistente si vada sempre più verso il garantire risposte a bisogni educativi, a bisogni di inserimento e di crescita in particolare dei minori. E’ allora opportuno che a livello di politiche sociali, di politiche familiari si vada sempre più a garantire quei servizi primari che vanno dalla scuola materna all’asilo nido, all’opportunità alla mamma di poter custodire i proprio figli pur rimanendo legata al mondo del lavoro. Moltiplicando questo, secondo me, si dà grande garanzia al nucleo familiare e, allo stesso tempo, si dà la possibilità a queste famiglie di un sereno futuro.

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    Presentato nei Musei Vaticani “la Sistina svelata”, il volume di padre Pfeiffer su una nuova interpretazione degli affreschi della celebre Cappella

    ◊   Riscoprire nell’arte sacra non solo la perfezione estetica e la bravura dell’autore, ma anche quella forza evocativa che richiama ai principi e ai valori della nostra fede. E’ questo l’obiettivo del volume “La Sistina svelata – Iconografia di un capolavoro” del padre gesuita, Heinrich W. Pfeiffer. L’opera, edita da Musei Vaticani, Libreria Editrice Vaticana e Jaka Book, è stata presentata ieri proprio nei pressi del capolavoro noto per il Giudizio Universale di Michelangelo, alla presenza dell’autore e, tra gli altri, dell’arcivescovo, mons. Giovanni Lajolo, presidente del Governatorato e dello Stato Città del Vaticano. Il servizio di Giancarlo La Vella:

     
    Nessun luogo al mondo può vantare, in un ambito territoriale così ristretto, un patrimonio artistico tanto differenziato ed espressivamente elevato come lo Stato della Città del Vaticano, da sempre oggetto dell’attenzione da parte di studiosi, pellegrini e visitatori di ogni Continente. Per descrivere queste uniche opere d’arte è stata ideata la Collana di volumi Monumenta Vaticana Selecta. Il primo tomo della serie, presentato ieri nei Musei Vaticani, “La Sistina svelata”, vuole descrivere con un nuovo approccio critico gli affreschi michelangioleschi e di altri artisti contenuti nella cappella pontificia, non a caso scelta come sede per l’elezione dei successore di Pietro. La Sistina – evidenzia l’autore padre Heinrich. W. Pfeiffer - non è solo un capolavoro della pittura, ma una vera e propria scuola di teologia; una collezione di simboli che rimandano alla Bibbia e alla predicazione della Chiesa alla luce della sensibilità dei tempi dei Pontefici che l'hanno voluta e degli artisti che l'hanno realizzata. Sul libro di padre Pfeiffer ascoltiamo il commento dell’arcivescovo, di prossima nomina cardinalizia, mons. Giovanni Lajolo:

     
    "L’opera di padre Pfeiffer ci insegna a guardare nuovamente immagini che abbiamo guardato tante e tante volte per comprendere, più profondamente, il vero significato; cioè, al di là dell’aspetto formale, estetico, vi è l’aspetto della sostanza: che cosa vuole dirci con la sua immagine l’autore? Non dobbiamo dimenticare che i grandi artisti del rinascimento, e anche prima artisti come quelli del Medioevo, erano attentissimi lettori della Bibbia e anche della teologia. E in qualche modo rivivevano queste realtà figurativamente".
     
    Attraverso 352 pagine e 185 illustrazioni, “La Sistina svelata” è un prezioso aiuto per guardare, con occhi nuovi, la Cappella Sistina e i suoi affreschi; è anche un contributo per trarne quei significati teologici che il freddo approccio scientifico non può comunicare. Sulla forza evocativa di questo luogo sentiamo lo stesso autore, padre Heirich W. Pfeiffer:

     
    "Noi siamo la sposa di Cristo, noi siamo l’edificio che si costruisce mentre vive e tutti questi concetti biblici e patristici, teologici, hanno dato al cristianesimo un linguaggio che, purtroppo, si è come perso dalla rivoluzione francese in poi. Sarà da riscoprire affinché possiamo culturalmente essere più presenti. Per questo, è anche necessario il linguaggio figurativo".

     
    Il prossimo volume, di prossima pubblicazione, della Collana Monumenta Vaticana Selecta sarà dedicato alle Logge di Raffaello.

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    Chiesa e Società



    Mobilitazione internazionale contro la pena di morte: raccolte 5 milioni di firme

    ◊   Prosegue la mobilitazione internazionale contro la pena di morte: il 2 novembre, una delegazione di Sant’Egidio e la Coalizione mondiale contro la pena di morte presenterà al presidente dell’Assemblea generale dell’ONU cinque milioni di firme contro le esecuzioni capitali. Le firme, raccolte in tutto il mondo, verranno presentate alla vigilia della discussione in Assemblea Generale della risoluzione per una moratoria universale che verrà proposta, nei prossimi giorni, da circa 60 Paesi. Oltre a dati allarmanti sulla pena di morte, ci sono comunque anche segnali incoraggianti. Negli Stati Uniti, ad esempio, l’ultima esecuzione risale al 25 settembre e a partire da questa data, molti Stati hanno adottato una moratoria di fatto delle esecuzioni. La Corte Suprema federale di Washington ha nuovamente fermato la mano del boia: la decisione è arrivata quando il condannato stava incamminandosi verso la camera dell’iniezione letale. Lo scorso 24 ottobre era stata bloccata, inoltre, l’esecuzione di un malato terminale. Il dramma delle esecuzioni capitali si ripete invece in Arabia Saudita e in Iran: nello Stato saudita, dove dall’inizio dell’anno le esecuzioni sono state 131, un uomo è stato condannato a morte per l’omicidio di un connazionale. In Iran un’altra persona, accusata per traffico internazionale di stupefacenti, è stata impiccata nel sud est del Paese. Sale così a 229, nella Repubblica islamica, il numero di esecuzioni capitali dall’inizio dell’anno.(A cura di Amedeo Lomonaco)

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    In Albania consacrata dal cardinale Re la nuova cattedrale di Lezhë dedicata a San Nicola

    ◊   E’ il “simbolo di una rinascita spirituale” ed è una nuova tappa nella “ricostruzione morale e spirituale” di un popolo duramente provato dai “lunghi decenni della persecuzione comunista”. Con queste parole il cardinale Giovanni Battista Re, prefetto della Congregazione per i vescovi, ha definito la nuova cattedrale di Lezhë, in Albania, consacrata domenica scorsa. La nuova cattedrale, dedicata a San Nicola, costituisce un ulteriore punto di riferimento e di incoraggiamento per quella vita cristiana che “il comunismo – ha detto il porporato – non è riuscito a sradicare”. Dal 1990 ad oggi, sono più di 190 le chiese già costruite, o in via di ricostruzione, in tutta l’Albania, mentre sono quasi 150 i sacerdoti e circa 400 le religiose che operano nelle sei circoscrizioni ecclesiastiche albanesi. (A. L.)

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    Decine di associazioni umanitarie denunciano l’impossibilità di intervenire in Somalia

    ◊   L’ulteriore deterioramento delle condizioni di sicurezza nell’area centrale e meridionale della Somalia preclude la possibilità di interventi umanitari. E’ quanto denunciano 40 organizzazioni umanitarie locali e internazionali attive nel paese africano. “La comunità internazionale – affermano le organizzazioni in una nota – hanno la responsabilità di proteggere i civili” ma in Somalia – si legge nel testo – è in corso “una catastrofe umanitaria”. Da mesi, infatti, proseguono nel martoriato Paese africano scontri tra ribelli e forze fedeli al governo di transizione sostenuto dall’Etiopia. Secondo fonti locali, sarebbero almeno 129 i civili morti e più di 36 mila le persone costrette alla fuga a causa di queste violenze. “Non siamo in gradO di rispondere in modo efficace alla crisi – spiegano le organizzazioni – perché la situazione è sempre più instabile". Tra i firmatari della nota – riferisce l’Agenzia MISNA - ci sono Caritas, SOS Kinderdorf, Care, Oxfam, Islamic Relief, Gedo Health Consortium e il Centro somalo per la pace e la democrazia. (A. L.)

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    Congo: ricordato l'arcivescovo Munzihirwa ucciso dai militari undici anni fa

    ◊   Con una celebrazione eucaristica nella Chiesa di Nostra Signora di Fatima a Kinshasa, è stato ricordato ieri mons. Christophe Munzihirwa Mwene Ngabo, arcivescovo di Bukavu ucciso 11 anni fa. Nato nel 1926 a Lukumbo, vicino a Walungu, nel Kivu, mons. Munzihirwa era stato nominato arcivescovo nel 1994. In una stagione di particolare gravità per la regione dei Grandi Laghi, fece spesso sentire la propria voce in difesa dei profughi e in genere dei più deboli, senza distinzione di etnia. “Era anche custode della tradizione e dei valori autentici della cultura africana. In quel 29 ottobre 1996 – ha scritto Nicola Colasuonno per la rivista italiana “Giovani e Missione” - mercenari di varia provenienza avevano preso posizione a Bukavu e dintorni, ingaggiando scontri a fuoco. “Il suo cadavere si trovava assieme a tanti altri nella piazzetta di Nyawera: i militari avevano ucciso tutti quelli che passavano di là, a piedi o in auto” ricorda padre Sebastiano Amato, ancora su “Giovani e Missione”. A Bukavu si sono svolte, infine, una solenne processione e una concelebrazione presieduta in cattedrale dall’arcivescovo mons. François-Xavier Maroy. (A. M.)

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    Per il progresso dell’Africa sono fondamentali anche internet e la telefonia mobile

    ◊   Lo sviluppo passa anche attraverso la rete di internet ed il telefono: è una delle convinzioni espresse a conclusione della Conferenza internazionale “Connettere l’Africa”, tenutasi a Kigali. Durante il convegno è stato anche analizzato lo stato delle telecomunicazioni africane: il presidente ruandese ha dichiarato che è necessario dotare l’Africa di una rete capillare. Negli ultimi anni ci sono stati importanti progressi: attualmente, in Africa, sono circa 150 milioni gli utenti che dispongono di un cellulare; nel 2000 erano meno di 16 milioni. Il mercato della telefonia mobile – ricorda l’Agenzia missionaria MISNA - è quello con una crescita più sostenuta nel mondo: le percentuali di incremento sono il doppio rispetto a quelle di altre aree del mondo. L’obiettivo adesso è di rendere accessibile internet in tutte le principali città del Continente e per il 90 per cento degli abitanti dell’Africa sub-sahariana. Nel settore delle telecomunicazioni i “buchi” più preoccupanti restano infatti quelli della rete: si stima che la diffusione di internet in Africa sia passata nel 2006 dal 2,6 al 4 per cento. Ma è un dato ancora troppo basso rispetto al 50 per cento dei Paesi sviluppati. A pesare sul ritardo della diffusione di internet ci sono anche i costi per le connessioni: oggi un abbonamento mensile per accedere ad internet costa in media ad un africano circa 50 dollari. Ad un abitante del sud dell’Asia costa, invece, meno di 12 dollari. (A. L.)

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    Un computer per i bambini dei Paesi in via di sviluppo in Africa, Asia e America Latina

    ◊   A 40 anni dall’Enciclica Populorum Progressio, con la quale Papa Paolo VI sottolineava l'importanza dell'educazione per la giustizia e lo sviluppo, evidenziando l'aggravarsi della distanza tra i Paesi ricchi e quelli poveri, una nuova disuguaglianza colpisce le popolazioni più povere. È il cosiddetto “divario digitale", scrive l'Agenzia Fides, derivante dalla mancanza di accesso alle moderne tecnologie dell’informazione e della comunicazione. Una delle iniziative per rimediare a questa situazione è il programma “One Laptop per Child", che è stato al centro della Conferenza “Audaci innovazioni nel campo dell'educazione", tenutasi lunedì scorso a Roma. Tra i relatori: il Cardinale Paul Poupard, Presidente Emerito del Pontificio Consiglio per la Cultura e il Prof. Nicholas Negroponte, fondatore del Media Lab del MIT (Massachussetts Institute of Technology) e uno dei promotori della "One Laptop Per Child Foundation". L’iniziativa è stata promossa dalla Commissione Internazionale di Giustizia, Pace e Integrità del Creato, dalla Commissione per l'Educazione, dal SEDOS e dal Segretariato per la Comunicazione della Compagnia di Gesù. Il progetto “One Laptop Per Child” è volto alla progettazione, produzione e distribuzione di laptop (computer portatile) a costo contenuto (l’obbiettivo era 100 dollari ma è stato rivisto al rialzo) per fornire a ogni bambino del mondo, specie a quelli nei Paesi in via di sviluppo, l'accesso alla conoscenza e alle moderne forme educative, partendo da tre idee semplici: la prima è che solo colmando l'enorme divario conoscitivo i Paesi poveri possono avvicinare lo sviluppo del mondo ricco; la seconda è che questo processo deve partire dall'infanzia, ossia dall'educazione di base; la terza è che il computer è il principale veicolo di trasmissione delle conoscenze. (R.P.)

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    Repubblica Dominicana: massiccia partecipazione dei fedeli alla campagna promossa dalla Chiesa in difesa della vita

    ◊   Nonostante l'intensa pioggia che cadeva domenica scorsa nella città di Santo Domingo, centinaia di persone hanno partecipato alla "Marcia per la vita” indetta dalla Chiesa cattolica nell’ambito della campagna che sta portando a termine la Chiesa contro il progetto di depenalizzazione dell'aborto. I membri di circa 204 parrocchie e di più di 100 scuole, alla cui testa erano il Cardinale Nicolás di Jesús López Rodríguez, Arcivescovo di Santo Domingo, e Mons. Pablo Cedano, Vescovo Ausiliare, hanno percorso le principali strade della città fino alla sede del Congresso Nazionale, dove è stata celebrata la Santa Messa presieduta dal Cardinale. E’ stata notata, riferisce l'Agenzia Fides, la presenza massiccia tra i manifestanti di giovani, adolescenti e bambini. Mons. Cedano ha chiesto ai fedeli di non cedere al permissivismo dell'aborto. Durante la Messa il Card. López Rodríguez ha sottolineato che solo il rispetto della vita può fondare e garantire i beni più preziosi e necessari della società, come la democrazia e la pace. Davanti alla situazione del paese, il Cardinale ha ricordato che "i figli e le figlie della Chiesa cattolica, insieme ai fratelli di altre denominazioni cristiane, hanno sentito il dovere di far sentire le loro voci, per far vedere che il paese, come altri dell'America Latina, ama la vita ed è disposto a difenderla di fronte a qualsiasi tentativo di violarla o sopprimerla, semplicemente perché la considera sacra ed intoccabile". Il Card. López Rodríguez ha affermato che "ogni bambino o bambina, venendo al mondo, ha una strada tracciata dal Signore e nessuno, cominciando dalla madre, può frustrare questa vocazione divina… Soltanto Dio è padrone della vita. Nessuno può attentare contro di essa". (R.P.)

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    Messaggio del presidente dei vescovi della Colombia: la pace è un dovere di tutti

    ◊   “In Colombia siamo chiamati ad incoraggiare e a realizzare tutte le forme di pace senza dimenticare, però, che non abbiamo raggiunto quella più elementare: l’assenza di scontro fratricida”. E’ quanto scrive mons. Luis Augusto Castro Quiroga, arcivescovo di Tunja e presidente della Conferenza episcopale colombiana, in un messaggio rivolto alle nuove autorità regionali e amministrative, elette domenica scorsa. “L’impossibilità di raggiungere la più semplice forma di pace ci ha condotto a convivere con la guerra, a vivere permanentemente nel conflitto e non raramente a vivere con gli introiti derivanti dalla guerra. Tutto ciò - aggiunge il presule - ha finito per indebolire il senso dell’umanità, alimentando la caduta generale della fiducia reciproca”. Sembra - spiega mons. Castro - che molti colombiani non credano più nella pace, “bene e obiettivo improrogabile”, lasciandosi trascinare dall’illusione secondo cui “è più facile la soluzione armata che non quella basata sul dialogo”. La Chiesa colombiana, rileva il presidente dell’Episcopato, desidera poi ricordare alle nuove autorità, “il loro dovere di proteggere la vita umana nonché l’onore e i beni dei cittadini”. “Anche se i negoziati diretti per far cessare le guerre sono responsabilità del governo centrale – aggiunge l’arcivescovo - le azioni in favore di questa pace sono un dovere di tutti”; dunque, in ogni luogo, piccolo o grande, i responsabili locali “sono chiamati ad agire in favore di una cultura della pace e della vita”. Mons. Castro conclude il suo accorato appello rivolgendosi a Dio Padre e a Cristo, suo Figlio unigenito, venuto “tra noi per donare un progetto di vita a ciascuno di noi e all’intera umanità”. (A cura di Luis Badilla)

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    Il cardinale Vithayatil auspica meno barriere tra i tre riti della Chiesa indiana

    ◊   Dal momento che l’unico compito della Chiesa è quello di servire il Vangelo, “devono cadere tutti gli impedimenti alla fraterna collaborazione dei cattolici dei diversi riti in India”: è quanto ha affermato il cardinale Varkey Vithayatil, arcivescovo maggiore di Ernakulam dei Siro-Malabaresi, nel corso di due giorni di festeggiamenti per i 50 anni del Dharamaram College, seminario maggiore dei carmelitani a Bangalore, nello Stato indiano del Kharnataka. “Se cadono certe restrizioni, i nostri tre riti potranno cooperare in uno spirito di totale comunione e con rinnovata energia”, ha proseguito il porporato, alludendo ad alcune limitazioni imposte alla diffusione delle chiese siro-malabaresi in India. Il cardinale Vithayatil ha poi ricordato quanto il problema dell’educazione all’inculturazione del Vangelo sia importante per la Chiesa indiana. Un compito questo – ha detto – al quale il collegio ha assolto con autorevolezza, divenendo nel tempo una fucina di missionari e di vescovi. L’istituto, nato nel 1917 nello stato del Kerala, si è trasferito nel 1957 a Bangalore e dal dicembre 1965 è affiliato alla Pontificia Università Gregoriana. (A. L.)

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    In Nepal, mese del Rosario dedicato alla pace nel Paese e nel vicino Myanmar

    ◊   I Cattolici nepalesi hanno pregato per la pace nel loro Paese e nel vicino Myanmar nel corso del mese di ottobre, che la Chiesa tradizionalmente dedica al Rosario. “Preghiamo - ha affermato Flora Rai dell’Associazione delle donne cattoliche del Nepal - perché il nostro Paese si mantenga in pace dopo la recente insurrezione maoista e perché il Myanmar, la ritrovi”. La scarsa partecipazione dei cattolici agli incontri di preghiera, stimata attorno al 20 per cento nella capitale e molto inferiore nelle campagne, era stata inizialmente messa in relazione con un deterioramento della vita politica del Paese, reduce da una rivoluzione maoista che lo scorso anno ha rovesciato la monarchia e causato undicimila vittime. “Non è in realtà – sostiene Flora Rai - un dato significativo, perché il mese è coinciso in parte con il Dashain, tradizionale raduno indu di due settimane”; “un raffronto attendibile – aggiunge - va fatto con maggio, il mese mariano, che ha visto un’affluenza più incoraggiante”. (A. L.)

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    Nuove nomine nella Conferenza episcopale del Vietnam che sottolinea l'importanza della formazione per clero, religiosi e laici

    ◊   La Conferenza episcopale del Vietnam, a conclusione della sua assemblea svoltasi nel mese di ottobre ad Hanoi, ha affidato l’Ufficio permanente della Conferenza a Mons. Pierre Nguyên Van Nhon, vescovo di Dalat, mentre segretario generale della Conferenza è stato eletto mons. Joseph Ngo Quang Kiet, arcivescovo di Hanoi. Nel corso dell’assemblea, riferisce l'Agenzia Fides, i vescovi hanno discusso di questioni pastorali e spirituali interne alla vita della Chiesa, sottolineando la generale crescita vocazionale che fa ben sperare per il futuro della Chiesa vietnamita. I vescovi hanno elogiato il lavoro della Commissione episcopale per il clero e i seminari, che ha elaborato un programma di studi comune a tutti gli istituti; hanno inoltre apprezzato l’opera della Commissione per la carità e i servizi sociali, che ha dato un notevole apporto nelle situazioni di estrema povertà e per le vittime di disastri naturali. Inoltre i vescovi hanno chiesto ai rappresentanti dell’Ufficio governativo per gli Affari religiosi di sbloccare questioni ancora in sospeso, come quella dei terreni appartenenti alla Chiesa e quella dei seminari. Nel messaggio finale la Conferenza episcopale sottolinea l’importanza della formazione per clero, religiosi e laici e la necessità che i cristiani sappiano testimoniare i valori evangelici nella società e nella cultura. (R.P.)

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    In Russia annunciate misure contro l’aborto per contrastare il calo demografico

    ◊   Non ci sono ragioni etiche o religiose, ma preoccupazioni legate a questioni demografiche dietro la decisione del governo russo di adottare misure più restrittive contro l’aborto. La popolazione russa è in costante diminuzione e nel 2006 sono stati circa 380 mila i russi in meno rispetto all’anno precedente. La Russia è, inoltre, ai primi posti nell’elenco di Paesi in cui si effettuano più aborti e, per questo, il governo ha deciso di ridurne il numero. Fra le misure annunciate dal Ministero della salute, c’è anche l’eliminazione di molte delle indicazioni mediche che, finora, consentivano l’interruzione della gravidanza entro le prime 12 settimane. Per quarto riguarda le indicazioni sociali, quali povertà e disagi vari, l’aborto potrà essere autorizzato solo per due motivi: la gravidanza in seguito ad incesto o a violenza carnale. I consultori – riferisce il quotidiano Avvenire - avranno poi nuovi compiti: quello principale sarà di dissuadere dal loro proposito le donne che manifestano il desiderio di abortire. Sarà anche vietato compiere aborti in cliniche vietate e saranno sanzionate con multe, di oltre 2 mila euro, interruzioni di gravidanze effettuate da personale medico senza documentata indicazione sanitaria. In Russia il fenomeno dell’aborto, negli ultimi 5 anni, è calato del 5 per cento ma questa pratica resta ancora largamente diffusa: gli aborti, compiuti in Russia dall’inizio dell’anno sono stati 1 milione e 400 mila. (A. L.)

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    I giovani protagonisti questa notte a Torino per la veglia di preghiera per "Tutti i Santi"

    ◊   Per chi vuole partecipare ad una veglia per la solennità di "Tutti i Santi", pregare e ascoltare musica, l’appuntamento è alle 22.30 a Torino, in due luoghi di ritrovo caratteristici: piazza Vittorio e il quadrilatero romano. Nelle due aree saranno collocate icone di Santi, sarà proposta musica e animazione di strada e saranno anche distribuiti angioletti di cioccolata. Ma non si tratta – spiega don Domenico Cravero, uno dei promotori dell’iniziativa – “di un’imitazione o di una contrapposizione ai dolcetti di Halloween”. “E’ un richiamo – aggiunge – al valore della condivisione e della fraternità che i Santi hanno vissuto nella loro esistenza”. Il programma – riferisce il quotidiano Avvenire - prevede inoltre che, intorno alla mezzanotte, i ragazzi confluiranno nella Chiesa della Santissima Annunziata, in via Po, portando le icone alla luce delle torce utilizzate a Loreto in occasione della veglia con il Papa. Ad accogliere i giovani ci sarà anche l’arcivescovo di Torino, cardinale Severino Poletto, che darà inizio alla preghiera. La prima parte della preghiera sarà una Liturgia della Parola, che avrà al centro il testo delle Beatitudini; seguiranno, poi, canti e testimonianze fino alla Santa Messa, alle 3,30. Infine, l’adorazione silenziosa e proposte musicali – spiegano gli organizzatori – completeranno la “notte dei Santi”, di persone che svelano, nella loro esistenza, qualche cosa del mistero e della bellezza di Dio”. (A.L.)

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    24 Ore nel Mondo



    Ennesima autobomba a Baghdad: un morto e tre feriti - Il premier turco accusa il governatore del nord dell'Iraq di sostenere i ribelli del PKK - Letta a Madrid la sentenza del processo per le stragi dell'11 marzo 2004

    ◊   Iraq: Un'autobomba è esplosa stamani a Baghdad, provocando la morte di almeno un civile e il ferimento di altri tre, in una mattinata densa di appuntamenti per il premier al-Maliki. Ha ricevuto, infatti, il ministro degli Esteri iraniano, Mottaki, giunto a Baghdad dopo una visita a Damasco in gran parte dedicata alla crisi causata dalla presenza dei ribelli del PKK nel nord dell'Iraq. Prima dell'incontro con il premier, Mottaki ha avuto un colloquio con il ministro degli Esteri iracheno, Zebari, apparentemente dedicato in buona parte alla conferenza dei Paesi confinanti con l'Iraq, che si svolgerà a Istanbul da domani a sabato. "Abbiamo sottolineato la necessità che l'incontro di Istanbul sia concentrato sull'Iraq e non sulla tensione al confine iracheno-turco": hanno detto in conferenza stampa congiunta, auspicando che emergano misure di sostegno all’Iraq. E c’è da dire che il premier iracheno, al-Maliki, ha ricevuto a Baghdad oggi anche il ministro della Difesa britannico Des Browne, giunto in mattinata a sorpresa nella capitale. Browne arrivava da Bassora, dove ha incontrato i comandanti del contingente militare in Iraq, che ha la sua base a Bassora, seconda città del Paese, annunciando che la responsabilità della sicurezza nell'area tornerà alle forze irachene a metà dicembre.

    - Afghanistan "Diversi insorti" sono stati uccisi nel corso di operazioni militari della coalizione internazionale a guida USA nel sud e nell'est del Paese, secondo quanto annunciato dalla stessa coalizione (Enduring Freedom). Nella provincia di Ghazni, fa sapere la colazione, i militari hanno affrontato un cecchino talebano, poi ucciso, mentre compivano rastrellamenti nel distretto di Gelan, e poi diversi altri insorti, affrontandoli solo con armi leggere. Nella provincia di Kunar i militari della coalizione hanno invece affrontato quello che hanno definito un militante di al Qaeda barricato in un edificio, uccidendolo.

    - Pakistan Il Ministero degli interni ha aumentato le misure di sicurezza attorno all'ex premier Bhutto, per il timore di nuovi attentati contro la sua vita, come quello costato la vita a 139 persone fra la folla di suoi sostenitori che l'accoglievano a Karachi il 18 ottobre al suo rientro dal lungo esilio. Lo rivela la televisione locale 'Geo Tv'. Il ministero ha fatto circolare una lettera nei quattro governi provinciali chiedendo un rafforzamento delle misure di sicurezza a tutela dell'incolumità della signora Bhutto. Nella lettera si dice che la Bhutto potrebbe essere avvicinata da giovani tra i venticinque e i trent'anni con la scusa di vendere bibite o gelati. Le autorità provinciali sono state inoltre invitate a diffidare Benazir Bhutto dall'accettare mazzi di fiori o regali di qualsiasi altro tipo durante le pubbliche manifestazioni, in quanto potrebbero contenere ordigni esplosivi.

    - Turchia-curdi Il premier turco Erdogan accusa il presidente dell’amministrazione regionale del Nord Iraq, Balzani, di offrire sostegno ai ribelli curdi del PKK. Erdogan aggiunge che il governo di Ankara sta vagliando la possibilità di imporre sanzioni economiche contro il Kurdistan iracheno. Provvedimento che raccoglie anche il consenso del Consiglio per la Sicurezza Nazionale della Turchia. Mentre Barzani si è detto contrario ad interventi militari turchi sul territorio curdo, lungo i confini con l’Iraq, Ankara ha già inviato le sue truppe: se non vi saranno alternative, ha ribadito Erdogan, la Turchia attuerà l'incursione. Sul confine, rivela un comunicato delle forze armate turche, gli scontri armati hanno causato ieri la morte di 15 ribelli curdi. Nella mattina, il ministro degli Esteri iracheno, Zebari, ha dichiarato che il governo iracheno è pronto a collaborare con la Turchia per ostacolare l’attività del PKK nel nord del Paese.

    - Sentenza strage a Madrid Il giudice spagnolo Javier Gomez Bermudez ha letto la sentenza nel processo per gli attentati di matrice islamica dell'11 marzo 2004. Per le esplosioni su alcuni treni a Madrid morirono 191 persone e 1.841 rimasero ferite. Al più grande processo contro il terrorismo islamico mai svoltosi in Europa e conclusosi lo scorso luglio, il giudice ha dettato, in mezzo ad un gran dispositivo di sicurezza e trasmesso in diretta dalle tv, sentenze contro i membri di una cellula jihadista e i suoi collaboratori, accusati di avere ordito l'eccidio ispirato da al Qaeda. Il servizio di padre Ignacio Arregui:


    In una seduta aperta al pubblico e trasmessa in diretta a tutta la Spagna dalla radio e la TV, il giudice del tribunale che ha giudicato l’attentato a Madrid dell’11 marzo del 2004 ha letto la sentenza, al termine delle sedute pubbliche iniziate il 15 febbraio scorso. La prima importante conclusione è stata che l’attentato è stato realizzato da un gruppo islamico che intendeva in questo modo punire l’invio spagnolo di truppe in occasione della guerra in Iraq, ai tempi del governo di Aznar. E’ stata esclusa esplicitamente e categóricamente ogni forma di intervento dell’ETA. Tra i 28 imputati rinviati a giudizio, ne sono stati assolti 7, tra i quali, in particolare, Rabei Osman Sayed, sospettato di essere l’autore intellettuale dell’attentato e contro il quale l’accusa aveva chiesto 30.000 anni di carcere. Rabei Osman, chiamato anche “l’egiziano” ha potuto conoscere la sentenza dalla sua prigione in Italia per videoconferenza. Molto pesanti le condanne ad alcuni autori materiali o collaboratori ritenuti necessari per l’attentato, con condanne che raggiungono in alcuni casi centinaia di anni di carcere. Sono previsti forti indennizzi per i circa 1500 feriti nell’attentato e per i loro familiari, da un minimo di 30.000 euro ad un massimo di 1.500.000 euro. Dopo la sentenza, inizia adesso il dibattito politico soprattutto da parte dei rappresentanti dei due più grandi partiti politici: quello Popolare e quello socialista.(Ignacio Arregui, per la Radio Vaticana)

    - Russia La pista terroristica è la più probabile. Così Vladimir Artiakov, governatore della regione russa di Samara, spiega le cause dell'esplosione che questa mattina ha distrutto un autobus di linea nella città di Togliatti, sul Volga, a circa 1.000 chilometri a est di Mosca. Il bilancio della strage nella città delle banche e delle industrie conta 56 feriti e otto morti, fra cui un bambino. Non si esclude la pista del crimine organizzato, ma la squadra speciale investigativa indaga su “un atto di terrorismo, strage e detenzione illegale di esplosivi”. Fonti fra gli investigatori hanno indicato come pista più probabile quella del terrorismo di matrice wahabita o comunque islamico. Sarebbe solo l’ultimo degli attentati di matrice terroristica che nel Paese prendono di mira i trasporti pubblici: ad agosto una bomba posta sui binari del treno Mosca-San Pietroburgo ha provocato numerosi feriti, mentre lo scorso 23 ottobre una donna si è fatta esplodere su un pulmino nella regione del Daghestan causando il ferimento di otto passeggeri.

    - Polonia Dopo le elezioni del 21 ottobre e la sconfitta elettorale di Jaroslaw Kaczynski, il presidente ultraconservatore Lech Kaczynski rompe il silenzio e ipotizza che a formare il nuovo governo potrebbe essere il leader liberale Donald Tusk. Il servizio di Claudia Di Lorenzi:


    Donald Tusk, leader polacco, capo del partito Piattaforma civica (PO), potrebbe ricevere l’incarico di formare il nuovo governo. Lo afferma il presidente Lech Kaczynski, dopo la sconfitta elettorale del partito Diritto e Giustizia (PIS) presieduto dal suo fratello gemello, il premier uscente Jaroslaw Kaczynski. ''E' ovvio che Tusk diventerà il premier se il suo partito formerà una maggioranza parlamentare'', ha detto il presidente in un'intervista al quotidiano 'Rzeczpospolità', aggiungendo che la designazione di Tusk avrà luogo dopo le dimissioni del governo Kaczynski, entro il 5 novembre. In un'intervista alla tv, il leader del PO ha dichiarato che entro 24 ore dalla designazione sarà in grado di presentare il nuovo governo, sostenuto da una maggioranza di coalizione formata dal PO con il Partito dei contadini (PSL), il cui presidente, Waldemar Pawlak, potrebbe diventare vice premier e ministro dell'Economia. (Claudia Di Lorenzi, per la Radio Vaticana)

    - Sahara occidentale Uno degli alti funzionari marocchini indagati dal giudice spagnolo Baltasar Garzon per genocidio e torture contro la popolazione del Sahara Occidentale, è il capo della Gendarmeria reale, Housni Ben Slimane, oggetto di un recente mandato d'arresto da parte di un giudice francese per presunta implicazione nell'uccisione nel 1965 del leader dell'opposizione marocchina Mehdi Ben Barka. Secondo quanto risulta dall'ordinanza emessa in data 29 ottobre dal giudice Garzon, e di cui l'ANSA ha preso conoscenza, il generale Ben Slimane è sospettato in particolare di essere “il superiore che probabilmente ordinò e diresse la campagna di detenzioni e successive scomparse a Smara nell'anno 1976”. Mehdi Ben Barka, allora leader dell'opposizione ad Hassan II, padre dell'attuare regnante, fu rapito a Parigi il 29 ottobre di 42 anni fa, da due agenti della polizia francese e il suo corpo non venne mai ritrovato. Secondo l'inchiesta, il leader del movimento terzomondista fu consegnato ad agenti della polizia segreta marocchina che lo torturano e uccisero. L'apertura dell'inchiesta di Garzon contro Ben Slimane, decorato nel 2005 da re Juan Carlos in mezzo a forti polemiche da parte delle organizzazioni per i diritti umani, ed altri 12 alti funzionari della sicurezza di Rabat è coincisa con la visita in Marocco dei principi ereditari spagnoli Felipe e Letizia delle Asturie. Felipe, riferiscono oggi le agenzie, ha sottolineato "le riforme" di un Paese che vuol costruire una società "sempre più impegnata a favore dei diritti umani". Oggi il ministro degli Esteri, Moratinos, avrà un colloquio a Rabat col suo collega marocchino.

    - Davos Sale al 46.mo posto l’Italia nella classifica mondiale della competitività. E’ il dato che emerge dall’ultimo rapporto del World Economic Forum (WEF) presentato a Ginevra. Un risultato che registra un miglioramento di qualche punto rispetto allo scorso anno, ma che non consente tuttavia di avvicinare i "cugini" europei. Terza in classifica la Danimarca che guida la cordata dei Paesi UE, solo dopo gli Stati Uniti, al primo posto, e la Svizzera. Seguono Svezia, Germania e Finlandia, mentre al nono posto si colloca il Regno Unito e al diciottesimo la Francia. Una classifica che valuta la stabilità delle istituzioni e dell’economia, la presenza di infrastrutture e la spinta all’innovazione, l’efficienza della sanità e dell’istruzione primaria e la vitalità dei mercati finanziari. (Panoramica internazionale a cura di Fausta Speranza)

      
    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LI no. 304

     

     
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