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SOMMARIO del 28/10/2007

Il Papa e la Santa Sede

  • Il Papa all'Angelus parla dei 498 martiri di Spagna beatificati in Piazza San Pietro: ogni cristiano deve essere pronto a dare la vita per Cristo. Ma c'è anche il martirio silenzioso della vita ordinaria
  • Il cardinale Saraiva Martins: i martiri di Spagna ci dicono che non possiamo accontentarci di una fede tiepida
  • Attraverso periodi di vuoto e di isolamento Dio vuole renderci attenti e capaci di ‘sentire’ la sua presenza silenziosa: così ieri il Papa al termine del concerto nell’Aula Paolo VI ricordando l’esperienza di Beethoven
  • Oggi in Primo Piano

  • Il nuovo direttore dell'Osservatore Romano, Giovanni Maria Vian: sarà un foglio di idee, aperto al dialogo con chi non crede. Spero che sia sempre più letto e discusso
  • Presidenziali in Argentina: favorita la moglie del presidente uscente Néstor Kirchner
  • Accanto agli ex bambini soldato per ridare speranza nella vita: la testimonianza di padre Bepi Berton, missionario saveriano da 40 anni in Sierra Leone
  • A Roma la festa Gen per i 40 anni dei giovani del Movimento dei Focolari
  • Chiesa e Società

  • Russia. Mons. Paolo Pezzi consacrato nuovo arcivescovo della Madre di Dio a Mosca. Alla cerimonia, anche una delegazione del Patriarcato ortodosso
  • Iraq. Il premier Al-Màliki si congratula e promette sostegno al patriarca caldeo Emmanuele III Delly, che il 24 novembre verrà creato cardinale
  • Scontri, in Egitto, tra cristiani e musulmani in seguito alle voci sull’ampliamento di una chiesa. 12 feriti e 40 arresti
  • India. Appello dei vescovi del Gujarat in vista delle elezioni di dicembre: “Chi si sottrae ai propri diritti-doveri sociali rinnega il Signore”
  • A Milano, Convegno della Società San Vincenzo de’ Paoli, sul tema: “Fatemi studiare, conviene a tutti”
  • Una parrocchia nella foresta vietnamita ha bisogno di sacerdoti, Bibbie e collaboratori
  • Ecuador: una radio “comunitaria” per promuovere diritti e libertà nelle province di Sucumbios e Orellana
  • Oltre settemila peruviani in processione a Milano per la tradizionale devozione del “Señor de los Milagros”
  • “Come portare lo Spirito di Gesù ai fratelli”: è l’interrogativo del XII Convegno dell’Iniziativa di Comunione dei Carismatici, che si conclude oggi a Fiuggi
  • 24 Ore nel Mondo

  • Italia: dramma dell'immigrazione clandestina. Vittime in Calabria e in Sicilia; Darfur: fallisce la conferenza di pace in Libia, disertata dai maggiori gruppi ribelli
  • Il Papa e la Santa Sede



    Il Papa all'Angelus parla dei 498 martiri di Spagna beatificati in Piazza San Pietro: ogni cristiano deve essere pronto a dare la vita per Cristo. Ma c'è anche il martirio silenzioso della vita ordinaria

    ◊   Il martirio non è un’eccezione riservata solo a pochi, ma un’eventualità realistica per ogni cristiano. E’ quanto ha detto oggi il Papa all’Angelus in Piazza San Pietro dove in mattinata sono stati beatificati 498 martiri uccisi in Spagna durante la persecuzione religiosa negli anni trenta del secolo scorso. Ma Benedetto XVI ha parlato anche del “martirio della vita ordinaria”: “è la testimonianza silenziosa ed eroica di tanti cristiani che vivono il Vangelo senza compromessi, compiendo il loro dovere”. Il servizio di Sergio Centofanti.


    Piazza San Pietro è gremita di fedeli: almeno 40 mila sono giunti dalla Spagna. Il Papa parla dei 498 nuovi Beati, uccisi in odio alla fede nel Paese iberico tra il 1934 e il 1937:

     
    “La contemporanea iscrizione nell’albo dei Beati di un così gran numero di Martiri dimostra che la suprema testimonianza del sangue non è un’eccezione riservata soltanto ad alcuni individui, ma un’eventualità realistica per l’intero Popolo cristiano. Si tratta, infatti, di uomini e donne diversi per età, vocazione e condizione sociale, che hanno pagato con la vita la loro fedeltà a Cristo e alla sua Chiesa”.

     
    Benedetto XVI li paragona a San Paolo, come riferisce l’odierna liturgia domenicale: l’apostolo è detenuto a Roma, e vedendo approssimarsi la morte, traccia un bilancio pieno di riconoscenza e di speranza perché ha “combattuto la buona battaglia”, ha “terminato la corsa” e ha “conservato la fede”:

     
    “E’ in pace con Dio e con se stesso ed affronta serenamente la morte, con la consapevolezza di avere speso tutta la vita senza risparmio al servizio del Vangelo”.

    Il mese di ottobre, dedicato in modo particolare all’impegno missionario – ricorda il Papa - si chiude così con la luminosa testimonianza dei martiri di Spagna, che vanno ad aggiungersi ai martiri Albertina Berkenbrock, Emmanuel Gómez Gonzáles e Adilio Daronch, e Franz Jägerstätter, proclamati Beati nei giorni scorsi in Brasile e in Austria:

     
    “Il loro esempio sta a testimoniare che il Battesimo impegna i cristiani a partecipare con coraggio alla diffusione del Regno di Dio, cooperandovi se necessario col sacrificio della stessa vita”.

     
    “Non tutti, certo – sottolinea il Pontefice - sono chiamati al martirio cruento. C’è però un ‘martirio’ incruento – aggiunge - che non è meno significativo, come quello di Celina Chludzińska Borzęcka, sposa, madre di famiglia, vedova e religiosa, beatificata ieri a Roma:

     
    “E' la testimonianza silenziosa ed eroica di tanti cristiani che vivono il Vangelo senza compromessi, compiendo il loro dovere e dedicandosi generosamente al servizio dei poveri. Questo martirio della vita ordinaria è una testimonianza quanto mai importante nelle società secolarizzate del nostro tempo. E’ la pacifica battaglia dell’amore che ogni cristiano, come Paolo, deve instancabilmente combattere; la corsa per diffondere il Vangelo che ci impegna sino alla morte”.

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    Il cardinale Saraiva Martins: i martiri di Spagna ci dicono che non possiamo accontentarci di una fede tiepida

    ◊   Oltre 40 mila persone, dunque, in gran parte spagnoli, hanno partecipato questa mattina in Piazza San Pietro alla Beatificazione dei 498 martiri della persecuzione religiosa avvenuta in Spagna negli anni Trenta del secolo scorso. Il cardinale José Saraiva Martins, prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi, che ha presieduto il rito, nell’omelia ha ricordato che questi martiri prima di morire hanno perdonato i loro persecutori, addirittura pregando per loro. Il porporato ha sottolineato che “viviamo in un’epoca in cui i cristiani sono minacciati nella loro vera identità: e questo vuol dire che essi o sono ‘martiri’, cioè aderiscono alla fede battesimale in modo coerente, o si adeguano” ai valori che propone il mondo. “La vita cristiana – ha proseguito - è confessione personale quotidiana della fede nel Figlio di Dio fatto uomo, che può richiedere anche il sangue”. “Non possiamo accontentarci di un cristianesimo vissuto tiepidamente”. Ma ascoltiamo il cardinale Saraiva Martins in questa intervista di Giovanni Peduto:


    R. – La beatificazione di martiri è sempre molto, molto significativa per la Chiesa, perché quando parliamo dei martiri si pensa sempre ai primi secoli, mentre una beatificazione di questo genere ci fa invece comprendere come anche oggi ci siano dei martiri, anche nel nostro tempo. Bisogna pure dire che il secolo scorso è stato il secolo che ha visto più martiri nella storia della Chiesa. La Chiesa ha, quindi, essenzialmente una vocazione al martirio e questa beatificazione ne è una ennesima prova e, quindi, appare evidente che il martirio non è una cosa del passato o una cosa della storia, ma si tratta di una cosa presente, che caratterizza ogni tempo della storia della Chiesa. Una Chiesa che non è martire, non è una vera Chiesa di Cristo; così come una Chiesa che non è missionaria, non sarebbe una vera Chiesa di Cristo.

     
    D. – Alcuni di questi martiri, eminenza, precedono la guerra civile spagnola, mentre altri invece sono proprio di quel periodo. Ci può rievocare un po’ l’atmosfera in cui è maturato il martirio?

     
    R. – L’atmosfera di quegli anni era un’atmosfera che deve essere letta ed interpretata in chiave anticlericale. I repubblicani, cosiddetti, avevano l’ideale, nella cattolica Spagna, di chiudere con la Chiesa una volta per tutte. Questo ci fa quindi capire il perché di migliaia e migliaia di persone uccise soltanto perché erano credenti: preti, laici, vescovi. L’odium fidei di quei signori, dei repubblicani, era lo scopo e il motore che li animava e li spingeva a cercare di far tacere la Chiesa una volta per tutte. Ma la Chiesa è la Chiesa di Cristo e, quindi, sopravviverà a tutte le lotte, a tutte le persecuzioni e - come diceva Tertulliano - “il sangue dei martiri è la semente di nuovi cristiani”. Ed è veramente così.

     
    D. – Eminenza, ci può descrivere un caso che l’ha colpita più particolarmente?

     
    R. – Mi ha colpito moltissimo il martirio del gruppo di seminaristi di Barbastro, che erano giovanissimi e che sono stati presi ed uccisi: erano anime innocenti e che avevano come unico peccato quello di voler diventare sacerdoti. Questo mi ha colpito molto e sempre quando ci penso mi vengono i brividi. Come è possibile che la cattiveria umana possa arrivare a tanto?

     
    D. – Eminenza, ancora oggi tanti cristiani danno la vita per Cristo...

     
    R. – Sì, sono tantissimi. Come dicevo prima, la Chiesa dei martiri è la Chiesa di oggi, così come era la Chiesa di ieri. Ogni giorno i mezzi di comunicazione sociale ci portano notizie di questo o di quell’altro missionario, di questo o di quel gruppo di cristiani, che sono oggetto di persecuzioni vere e proprie e in alcuni casi sono terribili e che arrivano fino ad uccidere dei missionari innocenti che hanno come unica colpa quella di voler adempiere il precetto del Signore “andate ed annunciate il Vangelo”.

     
    D. – Il loro esempio spinge a vivere in maniera più coerente noi cristiani che viviamo nei Paesi cosiddetti liberi...

     
    R. – Certamente, perché i martiri hanno proprio questo scopo. Loro hanno avuto un coraggio straordinario ed umanamente inspiegabile, quel coraggio di essere disposti a dare la propria vita piuttosto che rinnegare la loro fede nel Cristo. Questo certamente è un grande stimolo per noi ed un grandissimo invito, un fortissimo invito che loro ci rivolgono. Noi dobbiamo avere quello stesso coraggio che hanno avuto loro. Bisogna essere coerenti con la nostra fede e far sì che la nostra fede non sia puramente astratta e generica, ma sia una fede concreta e vissuta che ci dispone anche a dare la vita, se necessario, per la fede.

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    Attraverso periodi di vuoto e di isolamento Dio vuole renderci attenti e capaci di ‘sentire’ la sua presenza silenziosa: così ieri il Papa al termine del concerto nell’Aula Paolo VI ricordando l’esperienza di Beethoven

    ◊   “La vera gioia è radicata in quella libertà che solo Dio può donare”: è quanto ha affermato ieri pomeriggio Benedetto XVI al termine del concerto eseguito in suo onore, nell’Aula Paolo VI, dall’Orchestra Sinfonica e dal Coro della Radio della Baviera. Ricordando l’esperienza di Beethoven che pur sordo riuscì a comporre la Nona Sinfonia, il Papa ha sottolineato che Dio, “a volte … attraverso periodi di vuoto e di isolamento interni, vuole renderci attenti e capaci di ‘sentire’ la sua presenza silenziosa”. Il servizio di Tiziana Campisi:


    E’ un “travolgente sentimento di gioia” quello che Beethoven ha “trasformato … in musica” nella Nona Sinfonia, “non … qualcosa di leggero e di superficiale”, ma “un sentimento conquistato con fatica”. Benedetto XVI ha definito così le note del compositore tedesco vissuto fra il XVIII e XIX secolo, che “dopo anni di auto-isolamento e di vita ritirata, ha combattuto duramente le difficoltà “che gli procuravano depressione e profonda amarezza” e che “minacciavano di soffocare la sua creatività artistica”. Ma è stato proprio l’handicap dell’udito, ha spiegato il Papa, a donare al musicista una sensibilità nuova:

     
    “La solitudine silenziosa, però, aveva insegnato a Beethoven un modo nuovo di ascolto che si spingeva ben oltre la semplice capacità di sperimentare nell’immaginazione il suono delle note che si leggono o si scrivono”.

     
    E’ la “percettività che riceve in dono chi da Dio ottiene la grazia di una liberazione esterna ed interna”, ha detto ancora il Santo Padre ricordando poi l’interpretazione che della stessa sinfonia il Coro e l’Orchestra della Radio Bavarese hanno eseguito in occasione della caduta del muro di Berlino, nel 1989, quando il testo della “Ode alla gioia” è stato cambiato in “Libertà, bella scintilla di Dio”. Cosa che ha espresso “più del semplice sentimento del momento storico”, ha proseguito in tedesco Benedetto XVI:

     
    “Die wahre Freude wurzelt in der Freiheit…
    La vera gioia è radicata in quella libertà che solo Dio può donare. Egli – a volte proprio attraverso periodi di vuoto e di isolamento interni vuole renderci attenti e capaci di ‘sentire’ la sua presenza silenziosa non solo ‘sopra la volta stellata’, ma anche nell’intimo del nostro animo. È lì che arde la scintilla dell’amore divino che può liberarci a ciò che siamo veramente”.
     
    A precedere l’esecuzione dell’Orchestra Sinfonica e del Coro della Radio della Baviera il saluto al Papa del cardinale Friedrich Wetter. Il porporato ha spiegato che il concerto è stato voluto per ringraziare Benedetto XVI per la visita in Baviera nel settembre dello scorso anno e per rinnovare a lui gli auguri per gli 80 anni festeggiati il 16 aprile scorso. “La musica accende in noi la scintilla del desiderio di luce, di Cristo” ed eleva “i cuori verso il Creatore”, ha detto il cardinale Wetter, essa “viene dal cuore e va al cuore”.

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    Oggi in Primo Piano



    Il nuovo direttore dell'Osservatore Romano, Giovanni Maria Vian: sarà un foglio di idee, aperto al dialogo con chi non crede. Spero che sia sempre più letto e discusso

    ◊   Ieri è uscito in edicola il primo numero dell’Osservatore Romano firmato dal nuovo direttore, lo storico del cristianesimo Giovanni Maria Vian: in prima pagina la Lettera di saluto del Papa a Vian. Il nuovo direttore, che tra l’altro ha collaborato per tanti anni con la Radio Vaticana, ieri pomeriggio, subito dopo l’uscita del giornale, è venuto nella sede della nostra emittente. Sergio Centofanti lo ha intervistato:


    D. Prof. Vian, quale il messaggio centrale della Lettera del Papa? Cosa l'ha più colpita?

     
    R. – E' il titolo che abbiamo dato a questa Lettera: esprimere la Chiesa universale nella collaborazione tra credenti e non credenti, attingendo alla storia del giornale e alla sua tradizione.

     
    D. – Quale impronta vuole dare all’Osservatore Romano?

     
    R. – Io ho intitolato il mio editoriale di presentazione, che è quello tradizionale di ogni nuovo direttore, “Tradizione e futuro”, attingendo appunto alla storia dell’Osservatore, che è una storia lunga e autorevole con momenti alti. Noi cercheremo di sviluppare le potenzialità del giornale, dandogli maggior respiro internazionale, anche per quanto riguarda l’informazione culturale e religiosa.

     
    D. – Quali saranno le principali novità?

     
    R. – Abbiamo cercato di semplificare il giornale dal punto di vista grafico, anche qui guardando al passato, rivisitato naturalmente con il gusto contemporaneo. E’ un giornale più semplice, con pagine che si parlano l’una con l’altra.

    D. – A volte risulta difficile trovare l’Osservatore nelle edicole. Come risolvere i problemi di distribuzione?

     
    R. – Questo è un problema annoso. Già ne parlava Montini nel ’61, il futuro Paolo VI, quando scrisse il celebre articolo per il centenario del quotidiano. E’ un problema che vedremo di risolvere con il tempo, soprattutto guardando alla presenza in rete che, per il momento, è di fatto solo simbolica.

     
    D. – Il cardinale Montini parlava di giornale di idee...

     
    R. – Sì, si chiedeva come fare dell’Osservatore Romano - che definiva tra l’altro “caro” - un grande giornale, sviluppando la sua natura più caratteristica, cioè quella di essere un giornale di idee, un giornale quindi che voglia non soltanto riferire degli avvenimenti, ma per esempio chiedersi come questi avvenimenti avrebbero dovuto avvenire. Quindi, un giudizio, una lettura critica della realtà.

     
    D. – Alla luce del Pontificato di Benedetto XVI, quali sfide vede all’orizzonte per l’Osservatore?

     
    R. – La sfida più importante è quella che è stata annunciata dal segretario di Stato, il cardinale Bertone, che rappresenta ai massimi livelli il nostro editore, cioè questa presenza in rete. La presenza in rete significa anche una presenza in diverse lingue. In questo modo cercheremo di essere più presenti nel dibattito internazionale, in questo confronto di idee a cui Benedetto XVI tiene enormemente, per testimoniare Cristo nel mondo di oggi, per testimoniare la sua verità, ma con una grande fiducia nella ragione, il che significa con una grande disponibilità al confronto anche con chi non condivide la fede in Cristo.

     
    D. – I suoi auspici come direttore dell’Osservatore Romano...

     R. – Che sia un giornale che venga sempre più letto e anche discusso.

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    Presidenziali in Argentina: favorita la moglie del presidente uscente Néstor Kirchner

    ◊   In Argentina, 27 milioni di cittadini sono chiamati oggi ad eleggere il presidente e il vice presidente del Paese. Si devono anche designare 24 senatori e 130 deputati del Congresso nazionale. 13 i candidati in lizza per la massima carica dello Stato. Una cosa sembra certa: il prossimo presidente argentino sarà una donna. Il servizio di Luis Badilla:


    Tutti i sondaggi, da mesi, danno per scontata la vittoria della senatrice Cristina Fernández, moglie del presidente uscente Néstor Kirchner, candidata della grande coalizione “Fronte per la vittoria”; al secondo posto, per un eventuale ballottaggio fra un mese, viene indicata un’altra donna: Elisa Carrió, del Partito Operaio. In queste ore, l’unica cosa che sembra essere ancora un’incognita è la percentuale con cui dovrebbe vincere Cristina Fernández per evitare il secondo turno. Non ci sarà il ballottaggio se chi vincerà, conquisterà il 45 per cento dei voti oppure il 40 per cento, ma con un distacco di almeno 10 punti rispetto al candidato che si piazzerà al secondo posto. I sondaggi ritengono comunque molto improbabile un ballottaggio. Secondo gli analisti, Cristina Fernández de Kirchner potrebbe aggiudicarsi la tornata elettorale grazie ad un insieme di fattori, tra cui la frammentazione dell’opposizione, accusata di aver presentato troppi candidati: sono 12 quelli che si presentano alle elezioni contro la moglie del presidente. Un altro fattore che gioca a favore della signora Fernández de Kirchner è la ripresa economica, dopo la bancarotta nel 2001. Con Kirchner, eletto nel maggio del 2003 dopo un passaggio tumultuoso, l’Argentina ha fatto registrare una ripresa economica straordinaria, con percentuali di crescita intorno all’8 – 9 per cento. L’Argentina può essere però anche un paradigma della terribile iniquità che colpisce gran parte dei Paesi latinoamericani, come ha denunciato la V Conferenza generale dell'Episcopato latinoamericano ad Aparecida (13 - 31 maggio scorso). La sorprendente crescita economica non è stata accompagnata, infatti, da un processo di ridistribuzione della ricchezza; questo spiega la presenza di vaste sacche di povertà e miseria estrema. Un esempio è la fame che colpisce in particolare i bambini. Secondo un rapporto di “Save the Children” tre bambini muoiono ogni giorno in Argentina per fame o per malattie legate alla malnutrizione. I vescovi argentini in due distinti messaggi hanno elencato le priorità per il Paese: la difesa della vita e della famiglia, la lotta contro la povertà, la corruzione e il clientelismo.

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    Accanto agli ex bambini soldato per ridare speranza nella vita: la testimonianza di padre Bepi Berton, missionario saveriano da 40 anni in Sierra Leone

    ◊   Offrire una nuova occasione, una nuova vita agli ex bambini-soldato della Sierra Leone: è l’impegno portato avanti, in modo instancabile, da padre Bepi Berton, missionario saveriano, da 40 anni nel Paese africano. Padre Berton, che accoglie con affetto paterno questi ragazzi travolti dalla guerra civile degli anni ’90, ha fondato una rete di case-famiglie per assicurare loro il calore di un focolare. Raggiunto telefonicamente a Freetown da Alessandro Gisotti, padre Berton si sofferma sulle difficoltà che incontrano oggi gli ex bambini soldato nel reinserirsi nella società:


    R. – Per loro il problema è quello di avere un punto di riferimento, specialmente qualora si trovassero in difficoltà. Con difficoltà intendo dire non tanto quella legata al sopravvivere, ma quanto a quelle con la legge, perché se non hanno nessuno dietro le spalle è difficile che se la possano cavare per conto proprio. Questo è il ruolo che dobbiamo avere: rassicurare loro che possono trovare un aiuto che può sostituire la famiglia che non c’è più.

     
    D. – Questi ragazzi hanno un passato terribile. Come è riuscito a mettersi in relazione con loro?

     
    R. – Hanno avuto certamente un passato terribile, ma allo stesso tempo sono dei buoni ragazzi che riconoscono ora anche – diciamo così – la sfortuna che hanno avuto di essere caduti in mano a dei criminali. Tra di loro ci sono quelli che perseguitavano e che erano anche perseguitati. Hanno un modo di convivenza molto realistico, perché hanno compreso che tutti vengono fuori da un abuso che era fatto sia agli uni, sia agli altri da quella cosiddetta società adulta, che non aveva senso.

     
    D. – Come testimoniare l’amore cristiano a questi ragazzi?

     
    R. – Prima di tutto amandoli e poi, direi, anche, non chiedendo loro troppo riguardo al passato, a meno che non siano loro stessi a sentire il bisogno di parlarne. Bisogna prenderli così come si presentano e per quel che sono ora, nel presente, e cercare di fare in qualche modo le veci dei genitori, della famiglia. Dobbiamo anche accettarli con i loro alti e bassi, accettando anche il fatto che si tratta di un percorso molto lungo.

     
    D. – Padre, che cosa questi ragazzi, con le loro sofferenze, le hanno insegnato?

     
    R. – Prima di tutto la meraviglia, la meraviglia perché io non riesco a capire che razza di ammortizzatori hanno nella loro vita per poter riprendere – con una sorta di sorprendente normalità – a vivere e ad accettare anche persone che nella loro vita precedente sono state quelle che li hanno odiati. Credo che abbiano proprio dentro, nel loro sangue, la vita cristiana: che si cade e ci si riprende, si ricade ancora e ci si riprende un'altra volta. E così si va avanti, finché Dio vuole!

     
    D. – Quale appello si sente di rivolgere attraverso i microfoni della Radio Vaticana?

     
    R. – Sentire la vicinanza per il fatto che ci si lavori insieme è certamente un grande incoraggiamento. Sentire che non si è soli e che, anche con questa intervista, sapere che malgrado la lontananza da Roma c’è chi ci pensa è certamente un grande aiuto. L’urgenza che ho oggi è quella di poter essere presente nelle carceri minorili e poter aiutare a tirare fuori questi ragazzi da quei luoghi per poterli assistere, per poterli proteggere, per poter offrire loro una vita normale.

     
    Chiunque voglia aiutare concretamente padre Berton, lo può fare attraverso il conto corrente postale 204438 intestato alla Procura delle Missioni Saveriane (viale San Martino 8, cap 43100 Parma) indicando nella causale: “Per padre Bepi Berton”.

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    A Roma la festa Gen per i 40 anni dei giovani del Movimento dei Focolari

    ◊   40 anni fa nascevano i Gen, la seconda generazione del Movimento dei Focolari di Chiara Lubich e una lunga festa ieri sera a Roma lo ha voluto ricordare. Giovani tra i 17 e i 30 si sono ritrovati per mettere in luce l’attualità di una scelta che oggi come ieri continua ad affascinare e ad incidere nella vita personale e sociale. C’era per noi Gabriella Ceraso.


    (musica)

     
    R. – Per noi essere Gen significa vivere la vita come un passo a due, fare tutta la mia parte, ma lì dove io non arrivo, sono sicura che Lui c’è.

     
    R. – Per me, innanzitutto, essere Gen è uno stile di vita. E’ essere veramente realizzati e liberi.

     
    C’è vitalità ed entusiasmo travolgente tra i circa 500 Gen riuniti al Seraphicum da tutto il Lazio. Anche nei loro canti, nei giochi e nelle danze, che accendono la sala, c’è la vita, come nelle testimonianze raccontate. E’ la vita cambiata dall’incontro con Dio Amore, messo al primo posto. Vita, in cui il comandamento dell’amore scambievole ha preso il sopravvento. E loro dicono “Amare subito, con gioia, tutti, i vicini e i lontani, come se stessi”. E’ la regola d’oro con cui questi ragazzi danno un senso nuovo allo studio, al lavoro, alla famiglia, alla vita di coppia, alla società.

     
    R. – E’ amare, amare nel modo più semplice e immediato possibile, nel sorriso ad una persona che incontri sull’autobus, che magari ha cominciato la giornata in maniera brutta o semplicemente al collega o al compagno di banco a scuola o all’università. Nel piccolo si possono costruire dei frammenti di fraternità. E’ fatta di frammenti, ma in realtà è un disegno grandissimo.

     
    Come posso realizzarmi? Dove trovare la felicità? Nella prima parte della festa si ripercorre tra voci e musica il cammino interiore, attraverso cui ciascuno ha trovato le risposte e tutto riporta a Gesù e al Vangelo vero, attuale, per questi ragazzi.

     
    R. – Quotidianamente colgo delle sfide, faccio delle scelte, che probabilmente sotto il profilo razionale potrebbero a volte sembrare assurde, ma in realtà, ogni volta, se fatte con Lui, nell’abbandono totale emergono, si manifestano vincenti.

     
    (musica)

     
    Poi dalla personale realizzazione l’orizzonte si allarga e nella seconda parte si guarda alla fraternità universale, all’attuazione del mondo unito. Come ci si arriva? Come lo si costruisce? E allora si parla del progetto Africa, ma anche di tante attività a Roma e si scopre il volto e l’impegno sociale dei Gen e dei giovani per un mondo unito. Tutto parte però da un’unica premessa:

     
    R. – Il mezzo attraverso cui vorremmo realizzare questo ideale è l’amore, che ci permette di vedere nell’altro un Gesù, un Gesù concreto. Quindi, a Lui non faremmo cose negative, per Lui perderemmo anche parte di noi. Attraverso questo, che è un esercizio, una palestra quotidiana, è possibile realizzare un mondo unito.

     
    (musica)

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    Chiesa e Società



    Russia. Mons. Paolo Pezzi consacrato nuovo arcivescovo della Madre di Dio a Mosca. Alla cerimonia, anche una delegazione del Patriarcato ortodosso

    ◊   Una Cattedrale gremita, quella dell’Immacolata Concezione, ha accolto ieri nella capitale russa il nuovo arcivescovo della Madre di Dio a Mosca, mons. Paolo Pezzi, consacrato dal predecessore, l’arcivescovo Tadeusz Kodrusiewicz. “Da oggi sei a capo di una Chiesa molto giovane che ha solo 16 anni e ha bisogno di cure paterne – ha detto l’arcivescovo Kodrusiewicz, ripreso dal quotidiano Avvenire, rivolgendosi al suo successore – ma tu sei forte, soprattutto nello spirito. Sei figlio del movimento di Don Giussani (Comunione e Liberazione, ndr), un uomo santo, e della fraternità sacerdotale di San Carlo, chiamati a portare in tutto il mondo la verità e la bellezza di Cristo”. “La Provvidenza – ha quindi aggiunto il presule – ti ha mandato nella terra dove c’è gran bisogno di promuovere il dialogo ecumenico. Chiesa cattolica e Chiesa ortodossa hanno le stesse opinioni riguardo alle sfide del secolarismo e del relativismo e devono unire le loro forze”. Presente alla celebrazione, accanto ai rappresentanti politici e diplomatici di vari Paesi, una nutrita delegazione del Patriarcato ortodosso di Mosca, guidata dal numero due del Dipartimento degli esteri, Vsvelod Chaplin, che ha letto il messaggio del Patriarca Alessio II al neo-arcivescovo, nel segno del dialogo e della “rapida soluzione dei problemi che esistono ancora tra noi”. Il nuovo arcivescovo della Madre di Dio a Mosca, 47 anni e una solida esperienza russa (è stato, fra l'altro, decano della diocesi di Novosibirsk, insegnante e poi rettore del seminario cattolico di San Pietroburgo, cappellano della comunità italiana a Mosca), ha salutato i fedeli con una dotta dissertazione sul ruolo episcopale. Come l’arcivescovo Kodrusiewicz, anche mons. Pezzi ha parlato della necessità di ecumenismo, perché le due Chiese “devono fare fronte alle stesse sfide e devono unire le loro forze”. (R.M.)

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    Iraq. Il premier Al-Màliki si congratula e promette sostegno al patriarca caldeo Emmanuele III Delly, che il 24 novembre verrà creato cardinale

    ◊   Il primo ministro iracheno, Nùri Al-Màliki, si è congratulato con il patriarca Emmanuele III Delly, capo della Chiesa caldea in Iraq e nel mondo, che il prossimo 24 novembre verrà creato cardinale da Benedetto XVI. Lo si apprende da un comunicato governativo pubblicato giovedì. La sua nomina – ha detto Al-Màliki – “onora tutti gli iracheni e rappresenta una vittoria per l’Iraq nella sua lotta contro il terrorismo, l’estremismo e il confessionalismo”. Il premier ha assicurato che il governo darà ogni sostegno possibile per il successo della nuova missione del patriarca caldeo e porterà avanti il suo impegno a difesa dei cristiani in Iraq e a tutela dei loro diritti e richieste. Da parte sua, il patriarca Delly ha espresso il suo compiacimento per gli sforzi profusi dal governo iracheno per "diffondere un clima di sicurezza e a stabilire lo stato di diritto”, aggiungendo che egli “metterà questo suo nuovo incarico al servizio di tutti gli iracheni”. La nomina del patriarca Emmanuele III Delly giunge in un momento particolarmente difficile per la Chiesa caldea in Iraq, che vanta una liturgia tra le più antiche della Cristianità, a causa della grave emorragia di fedeli dopo gli atti di violenza cui è stata sottoposta. Dall’invasione americana dell’Iraq nel 2003, infatti, una notevole percentuale di cristiani iracheni sono emigrati all’estero oppure sfollati all’interno del proprio Paese. (R.M.)

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    Scontri, in Egitto, tra cristiani e musulmani in seguito alle voci sull’ampliamento di una chiesa. 12 feriti e 40 arresti

    ◊   In Egitto, 12 persone sono rimaste ferite e altre 40 sono state arrestate al seguito di scontri tra cristiani e musulmani nella provincia di Al-Minia, circa 200 chilometri al sud del Cairo. Lo si apprende da fonti giudiziarie. Gli scontri sono iniziati giovedì, quando sono circolate voci circa l’intenzione, attribuita ad alcuni cristiani del villaggio di Giabal At-Tayr, di appropriarsi del terreno attiguo alla chiesa della Vergine Maria per ingrandire l’edificio religioso. Giovani musulmani del vicino villaggio Mantiqat Al-Abed hanno dato alle fiamme un deposito di proprietà di un cristiano e sono seguiti scontri tra le due comunità. La Chiesa copta chiede la promulgazione di una legge unificata che regolamenti la costruzione dei luoghi di culto islamici e cristiani, in sostituzione della legge tuttora in vigore dal periodo ottomano. La legge attuale sancisce che il permesso per l’edificazione o l’allargamento di una chiesa debba essere preventivamente rilasciato dalle autorità governative e da quelle preposte alla sicurezza. In Egitto, i copti sono circa 10 milioni, ortodossi in grandissima maggioranza, su una popolazione di 76 milioni di persone. (R.M.)

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    India. Appello dei vescovi del Gujarat in vista delle elezioni di dicembre: “Chi si sottrae ai propri diritti-doveri sociali rinnega il Signore”

    ◊   “Un forte appello a un impegno responsabile dei cattolici in politica” è stato lanciato da quattro vescovi dello Stato indiano del Gujarat, in una lettera indirizzata ai credenti in vista delle elezioni locali, in programma a dicembre. “Chi si sottrae ai propri diritti-doveri sociali - si legge nel testo - rinnega il Signore”. Il documento giunge dopo 12 anni di governo locale del partito nazionalista indù BJP, costellati da faide interreligiose e provvedimenti discriminatori nei confronti delle minoranze confessionali e dei dalit. Ultima, in ordine di tempo, la proposta di legge anti-conversione del 2006, il cui varo è stato impedito dalle accese proteste dei leader religiosi e degli attivisti per i diritti umani. I quasi 51 milioni d’abitanti del Gujarat, nell’India nord-occidentale, sono per la maggior parte indù (89%) e musulmani (9%). Il restante 2% si divide tra jaini, sikhs e cristiani (0,6). (A.M.)

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    A Milano, Convegno della Società San Vincenzo de’ Paoli, sul tema: “Fatemi studiare, conviene a tutti”

    ◊   “Fatemi studiare, conviene a tutti”: non è solo il motto della campagna 2007 della Società San Vincenzo de’ Paoli, ma è anche il titolo di un Convegno svoltosi ieri a Milano, incentrato sulla constatazione che dall’abbandono scolastico si passa alla marginalità, se non alla devianza e alla criminalità. In Lombardia, non compie il percorso scolastico oltre il 14% dei bambini e dei ragazzi in età scolare, e anche a Milano si calcola che oltre 3500 bambini non rispondano all’obbligo scolastico. Don Virginio Colmegna, presidente della Casa della Carità, ha evidenziato il paradosso dei bimbi Rom. Accade infatti che dopo un lungo lavoro si riesca a stabilire con le famiglie un patto di legalità che comprende l’impegno di mandare i bambini a scuola. Capita poi che il campo sia sgomberato e i bambini inseriti in un percorso formativo tornino per la strada. Dal canto suo, don Gino Rigoldi ha parlato di una stretta correlazione fra abbandono scolastico e ingresso al carcere minorile Beccarla, di cui è cappellano a Milano. Di qui, dunque, la necessità di investire sulla formazione dei bambini e dei ragazzi, attraverso forme di sostegno alle famiglie, certo come promozione umana della persona, ma banalmente – è stato osservato - anche per risparmiare i 10 miliardi che costa allo Stato la dispersione scolastica, senza contare i costi sociali. La San Vincenzo milanese interviene in questo settore attraverso l’Opera Speciale Macchi-Grignani, che sostiene i bisogni delle ragazze madri con figli in età pre-scolare, mentre l’Opera Speciale Clara Cornelia Castelli si occupa di distribuire direttamente sussidi scolastici. L’intervento è completato con 33 borse di studio, 150 ragazzi seguiti nell’inserimento scolastico; ed ancora, l’erogazione di contributi per l’acquisto di materiale didattico. Attraverso l’assistenza prestata ai bambini senza cure nei periodi infrascolastici, si è riusciti a garantire la frequenza della scuola che – ha detto il presidente della San Vincenzo milanese, Alessandro Giachi - significa mettere la persona in condizioni di far fruttare pienamente i talenti ricevuti da Dio e metterli al servizio della comunità. (A cura di Fabio Brenna)

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    Una parrocchia nella foresta vietnamita ha bisogno di sacerdoti, Bibbie e collaboratori

    ◊   In Vietnam, ha bisogno di giovani sacerdoti, Bibbie e collaboratori la parrocchia di Tan Hoa, in una zona rurale nella diocesi di Dalat, a circa 220 chilometri da Ho Chi Minh City. I parrocchiani sono giunti qui dal nord nel 1954 e la loro tradizionale occupazione è la coltivazione del tè. Da allora, quei gruppi di minoranza hanno pian piano conosciuto la Buona Novella e la religione cattolica. “I gruppi etnici – racconta ad AsiaNews un parrocchiano – hanno uno stile di vita semplice e danno prova della loro fede nel modo di comportarsi verso gli altri componenti della società. Io – aggiunge – ho insegnato catechismo a bambini che venivano in classe a piedi nudi. Sono innocenti e motivati a studiare per conoscere, leggere e scrivere in vietnamita. Al momento, però, abbiamo bisogno di Bibbie e catechismi nelle lingue dei gruppi etnici, per aiutarli a sviluppare la loro spiritualità nella vita”. Alcuni sacerdoti hanno studiato i dialetti e ora lavorano con i gruppi etnici. “Comunque – spiega padre Xuan, sacerdote di una chiesa nella foresta - ci mancano giovani preti che vengano qui e lavorino con la gente, che ha bisogno di sacerdoti, insegnanti elementari volontari, professori e medici che offrano la loro opera e svolgano un servizio missionario. Questa è una grande zona di campi di riso, che scarseggia di mietitori”. La missione gode di collaboratori pieni di entusiasmo, in primo luogo i seminaristi che sono stati mandati qui fin dal 1968 dall’ex vescovo, Simon Hoa Hien. “Non dobbiamo – dice Padre Nguyen, che ha la famiglia nella parrocchia di Tan Hoa – stare seduti ad aspettare che la gente venga, ma dobbiamo seguire la chiamata di Gesù a portare la Buona Novella a tutti. I missionari debbono andare, contattare e incontrare la gente attraverso la 'breve distanza' che serve per costruire un’amicizia e la 'vicinanza delle anime' con l’aiuto di Dio". (R.M.)

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    Ecuador: una radio “comunitaria” per promuovere diritti e libertà nelle province di Sucumbios e Orellana

    ◊   Nella selva amazzonica a nord dell’Ecuador, la libertà corre sulle onde di Radio Sucumbios, emittente della comunità indigena del lago Agrio, promossa dalla diocesi. Le province di Sucumbios e Orellana – riferisce il quotidiano Avvenire – negli ultimi 35 anni hanno cambiato volto. La scoperta di giacimenti di gas e petrolio ha attirato nella zona le multinazionali e migliaia d’immigrati. Ma l’area non si è sviluppata e l’industria estrattiva ha rovinato l’ambiente. “Perché – spiega il vicario apostolico di San Miguel de Sucumbios, mons. Gonzalo López Marañón – le due province hanno contribuito con gli introiti di gas e petrolio al 60% del bilancio nazionale senza ricevere nulla. Mancano ospedali, strade e scuole – aggiunge – e da qualche anno le multinazionali assumono personale esterno senza pagare tasse in loco. Hanno fatto profitti ingenti e inquinato a spese della popolazione”. Le associazioni dei cittadini sono state neutralizzate negli anni ‘80 dalle compagnie e dal governo. I media nazionali hanno taciuto. Nel 1991 è nata l’idea di un’emittente comunitaria. Con il finanziamento delle ONG cattoliche belghe, è nata Radio Sucumbios, che con i suoi notiziari ha creato una rete d’informazione locale e nazionale indipendente. Programmi che hanno aiutato un popolo semianalfabeta a prendere coscienza dei propri diritti e a mobilitarsi, ottenendo dopo 15 anni alcuni risultati, grazie anche al nuovo clima politico ecuadoreño. Le compagnie hanno accettato di versare dal 2008 due terzi della tassa sul reddito alle municipalità locali, di costruire 264 chilometri di strade e di assumere indigeni.(R.M.)

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    Oltre settemila peruviani in processione a Milano per la tradizionale devozione del “Señor de los Milagros”

    ◊   Sarà presente anche il cardinale arcivescovo di Milano, Dionigi Tettamanzi, alla tradizionale processione del “Señor de los Milagros”, che oggi vede oltre settemila peruviani sfilare per le vie del centro del capoluogo lombardo. L’arcivescovo interverrà nel primo pomeriggio, associandosi alla preghiera degli immigrati, che quest’anno, in particolare, è dedicata alle popolazioni del Perù colpite nei mesi scorsi dal terremoto. Nel 1651, uno schiavo angolano che viveva nel quartiere di Pachacamilla , a Lima, dipinse su un muro l’immagine del Cristo crocifisso come richiamo per la preghiera e simbolo di protezione. Nel 1655 ci fu un terrificante terremoto a Lima e molta parte della città venne distrutta, ma non l’immagine del Cristo crocifisso, che rimase intatta anche dopo il terremoto del 1687. In seguito a questo fatto, il popolo di Lima decise di inaugurare la tradizione di portare in processione una copia di quella immagine miracolosa, come segno di memoria e devozione, che cresceva sempre più, perché il 28 ottobre 1746 resistette ancora una volta a un altro gravissimo terremoto. Da quel giorno, la processione si svolge sempre l’ultima domenica di ottobre e vede la partecipazione di un fiume di popolo, vestito di bianco e viola, al seguito del baldacchino su cui campeggia l’immagine. "Questa devozione al Signore dei Miracoli – si legge in un comunicato della Curia arcivescovile ambrosiana - è divenuta simbolo di un’identità di popolo e oggi coinvolge non solo chi proviene dal Perù, ma rappresenta un momento di fede e di tradizione suggestivo e significativo anche per molti altri cittadini latino-americani e italiani”. (R.M.)

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    “Come portare lo Spirito di Gesù ai fratelli”: è l’interrogativo del XII Convegno dell’Iniziativa di Comunione dei Carismatici, che si conclude oggi a Fiuggi

    ◊   Al XII Convegno dell’Iniziativa di Comunione del Rinnovamento carismatico cattolico italiano, che si conclude oggi a Fiuggi, l’accento viene posto sulla necessità di manifestare nella Chiesa i carismi di cui ci parla San Paolo nella sua lettera ai Corinzi. I carismi sono doni che Dio dà ai credenti per l’edificazione della Chiesa. I carismi sono Spirito Santo in azione. Ma il punto cruciale è questo: cosa vuol dire per noi, che ci diciamo cristiani, credere? Come dimostriamo la nostra fede e che Gesù è risorto ed è vivo in mezzo a noi? Il convegno di Fiuggi vuole provocare, suscitando questi interrogativi. Lo Spirito di Gesù – affermano a Fiuggi i vari relatori - supera schemi ed etichette varie per comunicare quell’Amore di cui il mondo ha più che mai bisogno, quell’Amore che non è fatto solo di parole, ma che guarisce e libera, ricostruendo la dignità di ogni persona. Lo stesso Amore che Gesù ha manifestato attraverso le opere da Lui compiute durante il suo ministero, lasciando il compito, per coloro che lo avrebbero seguito, di fare altrettanto, anzi di fare opere più grandi. (A cura di Giovanni Peduto)

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    24 Ore nel Mondo



    Italia: dramma dell'immigrazione clandestina. Vittime in Calabria e in Sicilia; Darfur: fallisce la conferenza di pace in Libia, disertata dai maggiori gruppi ribelli

    ◊   Dramma dell’immigrazione in Italia. Quattordici le vittime dopo due sbarchi, in Calabria e in Sicilia, finiti in tragedia. Le autorità temono che il bilancio possa ancora salire. Il nostro servizio:


    Un’imbarcazione spezzata in più parti sulla battigia al largo di Roccella Jonica, in provincia di Reggio Calabria. E’ lo scenario che si è presentato ai soccorritori ieri sera. Una tragedia costata la vita a 7 immigrati palestinesi dei 110, ma alcune fonti dicono 180, che si trovavano a bordo del natante. Il barcone, partito nei giorni scorsi dalla Turchia, si è arenato su una secca spezzandosi in almeno cinque tronconi, molte persone sono riuscite a salvarsi nuotando verso la riva, ma altre, travolte dalle cattive condizioni del mare, non ce l’hanno fatta. Il bilancio già drammatico sembra però destinato a salire perché di altri 40 clandestini non ci sarebbe più traccia. Attivati tutti i soccorsi, sulla zona di mare sono presenti i mezzi navali e aerei dei carabinieri, della Guardia di finanza e della Capitaneria di Porto di Reggio Calabria. “Una tragedia immensa, sconvolgente, che addolora particolarmente la Calabria, tradizionale terra di approdo e di accoglienza per migliaia di disperati”. Così, il presidente della Regione, Agazio Loiero. Calabria e Sicilia unite oggi da una stessa tragedia: sono infatti sette i corpi senza vita trovati a Vendicari di Porto Palo, vicino Noto, dopo il naufragio di un gommone avvenuto nella notte.

    - Fonti palestinesi hanno annunciato che Israele ha iniziato a tagliare le forniture di carburante nei Territori. Una misura che ieri era stata annunciata da un portavoce del ministero della Difesa israeliano ma che stamani la radio di Tel Aviv aveva smentito sostenendo che si attendeva il parere di un consulente legale del governo. I provvedimenti sono scattati in risposta ai ripetuti lanci di razzi dalla Striscia verso il Neghev, decisi dopo i duri scontri di giugno tra Hamas e Al Fatah che avevano portato il governo israeliano a definire i Territori palestinesi come “entità ostile”. La questione era stata esaminata anche venerdì scorso, nel vertice fra il presidente palestinese Abu Mazen e il premier israeliano Ehud Olmert, quest’ultimo aveva assicurato il suo impegno nello scongiurare una crisi umanitaria a Gaza. Intanto il ministero della Sanità palestinese, nelle mani di Hamas, ha lanciato un allarme per la penuria di medicine nella zona.

    - Offensiva contro i talebani in Afghanistan. Dopo sei ore di battaglia tra i ribelli e le truppe della coalizione, circa 80 insorti sono rimasti sul terreno. Gli scontri sono avvenuti nella provincia di Helmand quando un gruppo di guerriglieri stava tentando di attaccare un convoglio delle forze regolari. Altri talebani, nella provincia di Kandahar, sono stati bloccati prima che potessero attaccare; cinque gli agenti della polizia uccisi nell’agguato al convoglio che scortavano su una strada nella provincia di Nimroz.

    - “Tutte le opzioni sono sul tavolo, compresa quella militare, per mettere fine alle azioni del Partito dei lavoratori del Kurdistan (PKK)”. E’ quanto ha precisato il ministro degli Esteri turco, Ali Babacan, in visita a Teheran dopo l’incontro con il suo omologo Mottaki, riferendosi alla crisi turco-irachena sulle basi dei separatisti curdi nel nord dell’Iraq. Mottaki, durante la conferenza stampa con il rappresentante di Ankara, ha sferrato un nuovo attacco a Stati Uniti e Israele, considerati responsabili delle azioni del PKK. Un’ipotesi che è stata però smentita dal ministro degli Esteri turco. Uno sforzo per risolvere pacificamente la crisi tra Turchia e Iraq è quanto ha chiesto il presidente iracheno Talabani al suo omologo iraniano Ahmadinejad che oggi vedrà Ali Babacan. Lo stesso Ahmadinejad ieri aveva avuto un colloquio telefonico con il premier iracheno Al Maliki, entrambi avevano concordato sulla necessità di “rimanere uniti di fronte alle attività terroristiche del PKK, che stanno causando danni agli interessi dell’Iraq, dell’Iran e della Turchia”. Intanto le forze di Ankara hanno annunciato oggi l’uccisione di 20 separatisti curdi nel corso di scontri a fuoco avvenuti nella provincia turca di Tunceli. Al via anche una vasta operazione contro i guerriglieri del PKK nella parte centro-orientale del Paese.

    - Sono 8 le vittime per l’esplosione di un’autobomba a Kirkuk, nel nord dell’Iraq. La deflagrazione è avvenuta nei pressi di una stazione di autobus: 28 le persone rimaste ferite. Gravi i danni alle strutture vicine. Intanto, è stata grande la partecipazione, ieri in numerose città degli Stati Uniti, alle manifestazioni indette per chiedere la fine della guerra in Iraq. Secondo fonti del Pentagono il bilancio delle perdite statunitensi nel Paese del Golfo è di 3.837 morti.

    - Prosegue senza grandi speranze la conferenza di pace sul Darfur, a Sirte in Libia. Per il leader libico Gheddafi è però da considerarsi fallita visto che la riunione è stata disertata dai due principali gruppi ribelli. Intanto il governo sudanese decreta il cessate il fuoco nella martoriata regione. Il nostro servizio:


    Si tenta il tutto per tutto ma ormai lo scenario appare chiaro. La conferenza di Sirte è fallita nonostante gli sforzi del governo di Khartoum di creare un clima di riconciliazione annunciando il cessate il fuoco unilaterale. “Una misura necessaria - aveva detto ieri l’inviato del presidente sudanese El Bashir- per fare avanzare il processo di pace”. Più duro invece il leader libico Gheddafi che ha criticato l’assenza dei due maggiori gruppi ribelli il Movimento per l’eguaglianza e la giustizia e l’Esercito per la liberazione del Sudan. “Evidentemente- ha detto - non hanno bisogno del nostro aiuto" per mettere fine a un conflitto di natura "tribale”. Un’ assenza già annunciata, entrambi i gruppi avevano definito la conferenza eccessivamente rappresentativa perché allargata a piccole fazioni che non godono di ampio sostegno e soprattutto incapace di dare risposte su temi cruciali come la ridistribuzione delle risorse. I due maggiori gruppi si sono mostrati però disponibili ad incontri con i mediatori dell’Unione Africana e dell’ONU per risolvere in maniera definitiva la crisi in Darfur dove, secondo alcune stime, dal 2003 - data di inizio del conflitto- sono morte oltre 200 mila persone e oltre due milioni sono gli sfollati. Intanto entro la fine dell’anno arriverà nella regione sudanese una missione mista ONU-Unione Africana composta da 26 mila uomini.

    - Escalation di violenza in Somalia. Centinaia di famiglie sono in fuga dalla capitale Mogadiscio dove imperversano violenti scontri tra le truppe etiopiche che sostengono il governo di transizione, guidato dal premier Ali Mohamed Gedi, ed i ribelli integralisti islamici, tra i quali ci sarebbero membri di Al Qaeda. Dall’alba di oggi sono ripresi i combattimenti che già hanno provocato 15 vittime. Intanto è sembra più forte la frattura tra lo stesso primo ministro ed il presidente del Paese Abdullahi Yusuf, divisi sulla gestione delle risorse petrolifere somale.

    - Giornata di elezioni amministrative in Bulgaria dove sette milioni di persone sono chiamate alle urne. Favorita nei sondaggi l’opposizione di centro-destra guidata dal sindaco di Sofia, Boiko Borisov, che sembra destinato alla riconferma. Prima del voto, che si concluderà alle 19, Borisov aveva affermato che, in caso di successo della sua formazione, il governo dovrebbe indire elezioni anticipate all’inizio del prossimo anno. L’esecutivo del premier socialista Sergei Stanishev da qualche tempo è in affanno; i sindacati sono sul piede di guerra per i mancati aumenti salariali, da un mese la categoria degli insegnanti è in sciopero. Stanishev sta anche fronteggiando l’inflazione che viaggia al 13 per cento e che si attesta come la più alta d’Europa.

    - Non si ferma la violenza in Sri Lanka. Negli scontri tra esercito e ribelli, avvenuti nel nord del Paese nel distretto di Vavuniya, 11 guerriglieri appartenenti alle Tigri Tamil sono rimasti uccisi insieme a due militari.(Panoramica internazionale a cura di Benedetta Capelli)

     

     
    Da oggi il Radiogiornale della sera in lingua italiana, andrà in onda alle ore 19.30 sulle onde medie di 585 e 1.530 kHz e in modulazione di frequenza di 105 MHz. La trasmissione andrà in replica alle ore 21.00 e 23.00.
     

     
    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LI no. 301

     

     
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