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SOMMARIO del 25/10/2007

Il Papa e la Santa Sede

  • Benedetto XVI ha ricevuto il leader della Presidenza collegiale della Bosnia-Erzegovina per lo scambio degli strumenti di ratifica dell’Accordo di Base tra Santa Sede e il Paese balcanico. Il cardinale Bertone: “E’ un giorno storico”

  • Altre udienze
  • Il Papa incontra gli studenti degli Atenei Pontifici per l'inizio dell'Anno accademico
  • Presentato in Vaticano il volume con le pergamene in facsimile relative al processo ai Templari
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • L’ONU esorta a non boicottare i negoziati di pace per il Darfur in Libia
  • Ripartono a Roma, presso la chiesa di Santa Maria in Traspontina, gli incontri di Lectio divina
  • E' morto lo storico cattolico Pietro Scoppola
  • Chiesa e Società

  • L'ombra di Al Qaeda sugli incendi in California
  • Spagna: per i vescovi è un invito al rinnovamento della vita cristiana la beatificazione, domenica prossima, di 498 martiri spagnoli
  • In corso ad Istanbul il quarto Simposio islamo-cristiano promosso dai Frati Cappuccini
  • È morto Ernst Ludwig Ehrlich, l’intellettuale ebreo che impegnò tutta la vita a tessere il dialogo con i cattolici
  • GMG 2008: invitati a partecipare anche i giovani ebrei
  • Fuga di cervelli dalle università africane: è il dato emerso durante la conferenza dell’Associazione delle Università Africane
  • La Commissione Europea e il Programma Alimentare Mondiale lanciano l’allarme sull’impatto umanitario dei cambiamenti climatici
  • Appello dell’ONU per la crescita del ruolo della donna nella promozione della pace
  • Allarme alluvioni ed emergenza sanitaria: l’appello del governo del Nicaragua alla comunità internazionale
  • Le ONG denunciano l’inganno del Congresso “Women Deliver”, nato per cercare soluzioni al problema della mortalità materna
  • Venezuela: il santuario di Coromoto è stato elevato alla dignità di Basilica minore
  • Ottime prospettive in Asia per le vocazioni sacerdotali: è l’analisi del primo simposio continentale sulle vocazioni
  • Pellegrinaggio al fiume Giordano: migliaia i fedeli accorsi
  • OMS: ridurre il prezzo di siringhe monouso e aghi più sicuri per salvare ogni anno oltre un milione di vite umane
  • Pena di morte e 11 settembre: i temi dei film presentati nella sezione più originale della Festa del Cinema di Roma
  • 24 Ore nel Mondo

  • Scambio di minacce tra governo turco e PKK - Myanmar: Aung San Suu Kyi incontra un rappresentante della giunta militare
  • Il Papa e la Santa Sede



    Benedetto XVI ha ricevuto il leader della Presidenza collegiale della Bosnia-Erzegovina per lo scambio degli strumenti di ratifica dell’Accordo di Base tra Santa Sede e il Paese balcanico. Il cardinale Bertone: “E’ un giorno storico”
     

    ◊   Una importante udienza ha caratterizzato gli impegni odierni di Benedetto XVI, che stamattina ha ricevuto il presidente della Presidenza Collegiale della Bosnia ed Erzegovina, Željko Komšić. Subito dopo il colloquio con il Papa, il presidente Komšić e il cardinale segretario di Stato, Tarcisio Bertone, hanno provveduto allo scambio degli strumenti di ratifica dell’Accordo di Base fra la Santa Sede e la Bosnia-Erzegovina - firmato a Sarajevo nel 2006 - e alla firma del relativo Protocollo addizionale, sempre del 2006, che definiscono gli ambiti dell’attività ecclesiale nel Paese balcanico. Il servizio di Alessandro De Carolis:


    I flash dei fotografi nella Sala del Tronetto, prima che Benedetto XVI e il presidente Komšić avviassero il loro colloquio privato. Oggetto del cordiale dialogo tra il Papa e il leader balcanico sono state le considerazioni relative all’attuazione dell’Accordo di Base in particolare, informa una nota della Sala Stampa Vaticana, “all’impegno della Chiesa nei campi dell’educazione, delle attività sociali e caritative e dell’assistenza pastorale ai fedeli cattolici”.  Si è ribadito, prosegue il comunicato, “il contributo della Comunità cattolica per favorire la pacifica convivenza fra le diverse etnie e i gruppi religiosi nel Paese”. Da parte sua, il presidente Komšić ha sottolineato l'importanza dell'Accordo di Base, parlando fra l'altro del progresso della Bosnia-Erzegovina verso l'ingresso nell'Unione Europea e nella NATO e rivolgendo al Papa l’invito a recarsi in visita nel Paese. 

     
    Nella cerimonia successiva, al momento dello scambio degli strumenti di ratifica dell’Accordo di Base, il cardinale segretario di Stato, Tarcisio Bertone ha parlato di “giorno storico” auspicando l’inizio di “una lunga e proficua collaborazione” fra Santa Sede e Bosnia-Erzegovina. In un Paese che ancora ricorda i drammi mai troppo sopiti della guerra oltre dieci anni fa che frantumò l’ex Jugoslavia, lasciando dietro di sé 300 mila morti nella sola Bosnia-Erzegovina e quasi due milioni tra profughi e sfollati - nonché una strisciante instabilità della quale lo status del Kosovo è un esempio evidente - il cardinale Bertone ha affermato che l’Accordo stipulato fra il Paese balcanico e la Santa Sede “rappresenta un positivo sviluppo nel consolidamento dello stato di diritto e dei principi democratici sui quali la Bosnia ed Erzegovina vuole fondare il proprio avvenire”. Nell’Accordo di base, si riconosce la personalità giuridica della Chiesa cattolica e dei suoi enti in seno alla società civile: un riconoscimento che si traduce, nei fatti, in libertà di culto e di apostolato ma anche nel riconoscimento del contributo ecclesiale nei settori della cultura della Bosnia-Erzegovina, dell’educazione, della pastorale, oltre che in campo militare, assistenziale, caritativo e mediatico.

     
    “In uno Stato come la Bosnia ed Erzegovina, che accoglie entro i suoi confini una società multi-etnica e pluri-religiosa, l’attuale Accordo - ha sostenuto il segretario di Stato - risulta la miglior garanzia giuridica per assicurare l’ordinato svolgimento della vita religiosa, soprattutto nelle sue implicazioni pubbliche”. Ciò, ha proseguito, offrirà una “immagine positiva a livello internazionale” dello Stato balcanico e “contribuirà al superamento dei gravi problemi ereditati dal passato ed alla costruzione di un futuro migliore”. Un futuro - ha concluso il cardinale Bertone - in cui si possano realizzare le aspirazioni di un Paese che, per storia e geografia, rappresenta un singolare crocevia di identità diverse, ma che appartiene di pieno diritto all’Europa”.

     
    L’attuale situazione della Bosnia-Erzegovina è dunque figlia del conflitto che insanguinò il Paese fra il 1992 e il ’95. Un conflitto ricomposto dagli Accordi di Dayton, che ha ridisegnato il territorio assegnandone una parte alla Federazione croato-musulmana e l’altra parte alla Repubblica serba Srpska. Ma qual è oggi la situazione e quali sono i rapporti fra le due entità della Bosnia-Erzegovina? Luca Collodi lo ha chiesto al vescovo ausiliare di Sarajevo, Pero Sudar:


    R. - A Dayton sono stati confermati gli obiettivi della guerra, cioè la divisione etnica nazionale di questo Paese, dopodiché si è cercato di farlo funzionare come fosse un unico Paese. Questo si è dimostrato un modello che purtroppo non funziona. E temiamo che non funzionerà mai se non si avrà il coraggio di ridefinire questa soluzione politica.

     
    D. - Che cosa manca, mons. Sudar, alla Bosnia Erzegovina oggi?

     
    R. - Manca tantissimo. Prima di tutto, però, manca una volontà e una capacità di fare di questo Paese un Paese normale, nel quale siano garantiti prima di tutto i diritti umani e anche l’uguaglianza dei tre popoli, che purtroppo la soluzione di Dayton non ha favorito e ha addirittura impedito.

     
    D. - Il ruolo della Chiesa cattolica nel Paese qual è?

     
    R. - Il suo ruolo, prima di tutto, è quello di un impegno, di uno sforzo teso alla sopravvivenza, perché se non sopravvive, la tendenza dei cattolici è quella di andarsene via. L’attuale scenario politico, infatti, impedisce lo sviluppo economico: non c’è lavoro e più del 49 per cento della popolazione è disoccupato. La gente vive molto male e tutti tendono, soprattutto i croati cattolici, a lasciare il Paese. Quindi, bisogna prima di tutto incoraggiarli a rimanere e ad impegnarsi in questo Paese e poi bisogna cercare di trasmettere i valori fondamentali, morali, senza i quali nessuna società - specialmente una società uscita da una guerra orribile come la nostra - può funzionare. Bisogna poi che la convivenza nella giustizia sia la chiave con cui questa famosa porta nel futuro della Bosnia-Erzegovina, come del resto di tutto il mondo, possa essere aperta.

     
    D. - Il dialogo tra musulmani, ortodossi e cristiani può favorire il ritorno alla normalità della Bosnia Erzegovina?

     
    R. - Certo, può e deve favorirlo, ma non può sostituirsi alle istituzioni che devono garantire i diritti fondamentali nel Paese. Se non ci sono i diritti fondamentali, se non c’è l’uguaglianza, purtroppo, non di rado, questo dialogo, questi tentativi, appaiono come un “gioco” e quando qualche aspetto della Chiesa, delle religioni, viene percepito come un gioco, viene abbandonato e rinnegato come tale.

     
    D. - Mons. Sudar, la questione del Kosovo può aiutare o rendere ancora più difficile la vita in Bosnia-Erzegovina?

     
    R. - Purtroppo, anche il “gioco” della politica internazionale in Kosovo rende la situazione e il futuro della Bosnia-Erzegovina ancora più difficile, perché si calcola sempre che la Repubblica Serpska, cioè una parte della Bosnia-Erzegovina, venga messa in un unico “pacchetto” con il Kosovo. E dunque, noi abbiamo paura di queste trattative, perché non si sa dove andranno a finire.

     
    D. - L’ingresso della Bosnia-Erzegovina in Europa potrebbe facilitare una soluzione per la vita del Paese?

     
    R. - Certo, però prima di entrare nella Comunità europea, noi dobbiamo risolvere i nostri problemi cruciali. Non possiamo farne parte così come siamo oggi, divisi, non disponibili o addirittura contrari già alla collaborazione all’interno del Paese. Sicuramente questo deve essere il nostro auspicio, il nostro futuro, ma la Comunità europea ci deve aiutare a farci diventare un Paese “normale” e non essere un problema in più della Comunità europea.

     
    D. - La presenza dei militari internazionali, la forza di pace militare che è presente in Bosnia, è ancora importante?

     
    R. - E’ molto importante. E’ l’unica organizzazione internazionale che abbia fatto il proprio dovere. E’ una presenza della comunità internazionale, tramite i soldati, che viene molto apprezzata, a garanzia della pace in Bosnia-Erzegovina. Noi ci auguriamo che questa presenza duri il più a lungo possibile.

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    Altre udienze

    ◊   Il Santo Padre ha ricevuto questa mattina in udienza anche il cardinale Ivan Dias, prefetto della Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli, il cardinale Emmanuel Wamala, arcivescovo emerito di Kampala con il seguito, e alcuni presuli della Conferenza Episcopale del Gabon, in visita "ad Limina": mons. Basile Mvé Engone, S.D.B., arcivescovo di Libreville, mons. Timothée Modibo-Nzockena, vescovo di Franceville, e mons. Dominique Bonnet, C.S. Sp., vescovo di Mouila.

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    Il Papa incontra gli studenti degli Atenei Pontifici per l'inizio dell'Anno accademico

    ◊   Oggi pomeriggio alle 17.00 il cardinale Zenon Grocholewski, prefetto della Congregazione per l’educazione cattolica, presiederà la Messa per l’inizio dell’Anno accademico degli Atenei Pontifici. Al termine della Liturgia, verso le 18.30, il Papa scenderà in Basilica per salutare i presenti. La Radio Vaticana trasmetterà la cronaca dell’evento a partire dalle 16.50 sull’onda media di 585 kHz e sulla modulazione di frequenza di 105 MHz. Il servizio di Sergio Centofanti.


    Una grande realtà ecclesiale e culturale: gli Atenei Pontifici sono sedici, di cui sette sono Pontificie Università in quanto hanno almeno quattro Facoltà, e si trovano tutti a Roma. Ci sono poi quattro Facoltà singole, tre Istituti Pontifici particolari e sette Istituti di alta specializzazione, collegati con gli Atenei, per un totale di oltre 17mila studenti e 2100 docenti.

     
    Una realtà complessa e articolata che ben rappresenta l’universalità della Chiesa: gli studenti provengono da tutto il mondo e sono sia religiosi che laici. Il Papa li ha incontrati per la prima volta l’anno scorso. Era il 23 ottobre. Benedetto XVI aveva ribadito “l'importanza prioritaria della vita spirituale e la necessità di curare, accanto alla crescita culturale, un'equilibrata maturazione umana e una profonda formazione ascetica e religiosa”. In particolare Benedetto XVI aveva sottolineato che “l'approfondimento delle verità cristiane e lo studio della teologia o di altra disciplina religiosa presuppongono un'educazione al silenzio e alla contemplazione, perché occorre diventare capaci di ascoltare con il cuore Dio che parla”. E solo così ci si può avvicinare al Verbo divino che è Parola uscita dal silenzio:

     
    “Solo se provengono dal silenzio della contemplazione le nostre parole possono avere qualche valore e utilità, e non ricadere nell'inflazione dei discorsi del mondo, che ricercano il consenso dell'opinione comune. Chi studia in un Istituto ecclesiastico deve pertanto disporsi all'obbedienza alla verità e quindi coltivare una speciale ascesi del pensiero e della parola”.

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    Presentato in Vaticano il volume con le pergamene in facsimile relative al processo ai Templari

    ◊   E’ stato presentato questa mattina, in una conferenza stampa presso l’Aula Vecchia del Sinodo in Vaticano, il volume “Processus contra Templarios” composto dalle pergamene in facsimile relative al processo ai Templari svoltosi sotto il pontificato di Clemente V nel XIV secolo. Le pergamene originali sono conservate dall’Archivio Segreto Vaticano. Alla conferenza stampa erano presenti mons. Raffaele Farina, archivista e bibliotecario di Santa Romana Chiesa, mons. Sergio Pagano, prefetto dell’Archivio Segreto Vaticano, Barbara Frale e Marco Maiorino, officiali dell’Archivio medesimo, lo storico del Medio Evo Franco Cardini, l’archeologo e scrittore Valerio Massimo Manfredi, insieme al presidente di Scrinium, Ferdinando Santoro. Il servizio di Paolo Ondarza.

    Il valore principale della pubblicazione risiede nei documenti e nei testi critici che contribuiscono a chiarire le vicende che hanno portato Papa Clemente V ad assolvere i Templari dall’accusa di eresia. Il Papa sospese l’Ordine senza scioglierlo, reintegrando gli alti dignitari templari ma con essi l’Ordine tutto, nella comunione e nei sacramenti della Chiesa. Tale decisione era maturata in un clima di forte scontro politico con Filippo il Bello, re di Francia, impegnato nella celebre e dispendiosa guerra contro l’Inghilterra, e per questo oppresso da ingenti problemi finanziari, che le casse del Tempio avrebbero potuto nuovamente arginare. Il sovrano, disposto a tutto pur di impossessarsi delle sostanze dell’Ordine, mise in atto una strategia di discredito che, nel caso dei Templari, si tradusse nell’accusa di eresia. Attraverso un forte impianto accusatorio, con il ricorso alla tortura per gli imputati, Filippo ottenne ammissioni di colpevolezza su particolari riti iniziatici di accoglienza nell’Ordine. Con l’inchiesta di Poitiers, il Papa – pur condannando fermamente le pratiche e gli usi deprecabili invalsi nell’Ordine – riuscì tuttavia a smontare l’impianto accusatorio degli avvocati regi. Le pratiche idolatriche, i rinnegamenti, gli sputi sulla croce così come altri atti scandalosi, avvenivano – per diretta ammissione degli imputati – a parole ma senza convincimento; questo bastò al Papa per assolvere senz’altro i Templari dall’accusa di eresia. I Templari conobbero un lento e inesorabile declino, anche a causa della dispersione dei loro beni e della condanna a morte del Gran Maestro Jacques de Molai e degli altri dignitari dell’Ordine. I documenti pubblicati nel terzo volume degli “Exemplaria Praetiosa” richiamano l’attenzione degli appassionati alla realtà storica, assai più affascinante della leggenda. La riproduzione dei facsimile, oltre a soddisfare il gusto estetico degli appassionati, fornisce la possibilità di fruire anche fisicamente dei singoli pezzi e in qualche modo di sottrarre all’usura del tempo le pergamene gravemente compromesse da agenti biologici. (Dall’Aula Vecchia del Sinodo, Paolo Ondarza)

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   Servizio vaticano - Una pagina dedicata al cammino della Chiesa in Africa.

    Servizio estero - Scambio degli strumenti di ratifica dell'accordo di base tra Santa Sede e Bosnia ed Erzegovina.

    Servizio culturale - Un articolo di Lydia Salviucci Insolera dal titolo "L'età dei personaggi nell'arte cristiana": una complessa mediazione tra esigenze legate alla contingenza storico-religiosa e veridicità storica.

    Servizio italiano - In rilievo il tema degli incidenti sul lavoro.

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    Oggi in Primo Piano



    L’ONU esorta a non boicottare i negoziati di pace per il Darfur in Libia

    ◊   I colloqui per la soluzione della guerra in Darfur, convocati da Onu e Unione Africana per sabato prossimo a Sirte, in Libia, potrebbero essere messi a rischio. Ben 6 fazioni, sulle 15 che compongono il fronte dei ribelli, boicotteranno, infatti, l’incontro, a cui partecipano anche i rappresentanti del governo di Khartoum. Il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite ha chiesto ieri a tutte le parti coinvolte nel conflitto di fermare le ostilità in occasione dei colloqui e di partecipare al dialogo di pace, per non perdere un’importante opportunità di risolvere la lunga e drammatica crisi del Darfur. Nella regione del Sudan occidentale la guerra civile ha provocato sinora, secondo dati ufficiali, oltre 200 mila morti e 2 milioni e mezzo di profughi. Sulla possibilità che i negoziati in Libia allentino le tensioni esistenti, Giancarlo La Vella ha raccolto la testimonianza di padre Franco Moretti del periodico dei missionari comboniani “Nigrizia”:


    R. – Io sono molto dubbioso circa l’esito positivo dei colloqui che si dovranno tenere in Libia. Il Fronte di opposizione si è spaccato in tantissimi piccoli gruppi e, quindi, quell’accordo di pace firmato un anno fa ad Abuja tra il governo di Khartoum e due fazioni dei ribelli del Darfur ha perso il suo significato, proprio perché quelle fazioni si sono moltiplicate e molti di questi gruppi non sono affatto d’accordo con questa intesa. Inoltre, di certo Khartoum non vuole un risultato positivo dei colloqui. E’ vero che il governo sudanese ha accettato l’invio della forza mista di pace di 26 mila uomini guidata da Unione Africana e Onu, ma queste truppe cominceranno ad essere dispiegate solo dall’inizio dell’anno. Probabilmente ci vorranno due o tre mesi per trasferire le prime migliaia di militari, impegnati a mantenere la non belligerenza in Darfur, figuriamoci quanto ci vorrà per collocare tutto il contingente! Occorreranno mesi e mesi e forse la forza non verrà mai completata. C’è la sensazione che Khartoum abbia intenzione di tenere accesa l’attenzione internazionale sul Darfur, perché intanto sta portando avanti una politica perversa nel sud, altra zona di grave crisi, e sta mandando a monte l’accordo di pace firmato nel gennaio del 2005 con le fazioni del sud Sudan. In ogni caso, non vuole che i governi occidentali si occupino del Sud Sudan e, quindi, sta cercando di mantenere tutta l’attenzione dell’opinione pubblica internazionale sul Darfur. Ecco perché non credo che ci saranno risultati positivi dai colloqui di pace di Sirte.

     
    D. – Al di là dell’aspetto politico, senz’altro importanti, i colloqui in Libia sarebbero decisivi anche per cominciare a pensare al varo di misure umanitarie, urgentissime per la martoriata popolazione del Darfur?

     
    R. – Certo, due anni fa c’erano oltre 10 mila operatori volontari; oggi, invece, gli interventi umanitari sono quasi totalmente bloccati e non si riesce più a lavorare sul terreno. La situazione nel 2005 era sotto controllo, mentre oggi non lo è più. C’è un’insicurezza totale, c’è mancanza di cibo. Non vedo, però, chi potrebbe riuscire a convincere il governo di Khartoum. E poi vorrei far notare anche come ultimamente sia cambiato l’atteggiamento sulla questione sia di Washington che di Londra. Parlando del Darfur, hanno incominciato ad usare espressioni come: “i ribelli del Darfur”. Fino a poco tempo fa, invece, parlavano di “combattenti per la libertà”: è come se dimenticassero che l'attuale governo di Khartoum è salito al potere con un colpo di Stato. Nessuno ha mai eletto il presidente El Bashir. E’ evidente che da parte occidentale non si possa fare a meno di avere buoni rapporti con Khartoum, per via del petrolio. E’ ovvio che ci vuole un intervento esterno, perché la situazione è veramente drammatica. I mezzi di comunicazione internazionale continuano a parlare di 250 mila morti, ma questo era vero due anni fa. Oggi altre fonti riferiscono di 450 mila morti. Siamo già a metà del bilancio fatto registrare dal genocidio rwandese. Ma se il mondo vuole intervenire per risolvere la crisi in Darfur, deve fare qualunque cosa, affinché il governo di Khartoum cominci ad accettare realmente un incontro perché finisca la drammatica situazione della regione.

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    Ripartono a Roma, presso la chiesa di Santa Maria in Traspontina, gli incontri di Lectio divina

    ◊   Presso la chiesa parrocchiale di Santa Maria in Traspontina, in Via della Conciliazione, a Roma, ripartono da domani gli incontri di Lectio divina. Si tratta della lettura meditata e orante della Sacra Scrittura: una pratica caldeggiata da Benedetto XVI, che proprio sul tema della Parola di Dio ha convocato per l’ottobre del prossimo anno in Vaticano un Sinodo dei vescovi. A padre Bruno Secondin, carmelitano, che guiderà gli incontri, Giovanni Peduto ha chiesto di spiegare che cosa sia la Lectio divina:


    R. – La Lectio divina rappresenta una esperienza molto antica. Risale ai primi tempi del cristianesimo, anzi addirittura al mondo ebraico. E’ un modo di ascoltare la Parola, riflettendoci, con cuore aperto ed attento, perché si depositi nel cuore, trasformi i pensieri e guidi poi la vita.

     
    D. – Lei, padre Bruno, ha già guidato diversi corsi. Cosa nasce da una Lectio divina fatta bene?

     
    R. – L’esperienza che noi abbiamo già da 12 anni, ci dimostra che la gente si innamora della Parola di Dio, vuole davvero conoscerla con cuore buono e disponibile per metterla in pratica, si sente più portata ad una fede più profonda e più convinta. Da qui nasce poi una preghiera più autentica, un’attenzione ai grandi valori della vita cristiana, e quindi alla Liturgia e ai Sacramenti, molto più precisa ed arricchente.

     
    D. – Benedetto XVI ha indetto un Sinodo sulla Parola di Dio. Quali sono i suoi auspici?

     
    R. – Auspica, intanto, che questa esperienza così ricca della Parola di Dio nella Chiesa a partire dal Concilio, ma anche prima, finalmente si possa in qualche modo vedere, consolidare in modo che la Parola sia autentica Parola di Dio, nutra la vita dei cristiani in tutti i suoi aspetti e dia veramente forza interiore per una autenticità cristiana vissuta e convinta.

     
    D. – Lei ha già letto i ‘Lineamenta’ del prossimo Sinodo, cioè a dire lo schema su cui si dovrà impostare la discussione?

     
    R. – Sì, si tratta di tre capitoli ed è un testo ancora provvisorio, si capisce. Come sempre i Lineamenta sono un testo che viene fatto proprio per suscitare partecipazione e i tre capitoli sono normalmente seguiti da domande specifiche, così che dalle risposte che arriveranno da tutti gli episcopati, si farà quello che sarà poi il testo base del Sinodo, che è chiamato ‘Instrumentum laboris’. Io trovo, comunque, molto bello e ricco il testo dei ‘Lineamenta’, che dovrà ovviamente essere arricchito con i contributi di tutti le Chiese ed anche degli esperti che vogliono intervenire.

     
    D. – Lei non trova che fra i cattolici ci sia ancora tanta ignoranza della Sacra Scrittura?

     
    R. – Sì, il Papa stesso lo riconosce, ma questo non ci deve certo spaventare. Noi abbiamo una esperienza secolare della Parola di Dio messa un po’ al margine, ma oggi che c’è un risveglio molto forte, una possibilità di comunicazione molto ricca, noi dobbiamo fare tutti gli sforzi affinché questa Parola diventi qualitativamente e profondamente presente.

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    E' morto lo storico cattolico Pietro Scoppola

    ◊   E’ morto a Roma in nottata il prof. Pietro Scoppola alle soglie degli 81 anni, essendo nato il 14 dicembre del 1926. Era professore ordinario di Storia contemporanea nella Facoltà di scienze politiche dell’Università di Roma La Sapienza (dopo aver insegnato Storia del Risorgimento, Storia dei partiti e Storia dei rapporti tra Stato e Chiesa). Accanto al lavoro di storico, Scoppola ha sempre vissuto un intenso impegno civile, fino ad essere eletto senatore nella IX legislatura (1983-1987). Ha fatto parte della commissione di 12 saggi che hanno redatto il Manifesto del Partito Democratico. Ambiti della sua ricerca, il rapporto fra coscienza religiosa e coscienza civile, fra Chiesa e Stato, la vita della democrazia in Italia. Nelle sue opere ha approfondito in particolare la storia del movimento cattolico italiano e della Democrazia cristiana. (Fra le sue opere maggiori: “Chiesa e Stato nella storia d'Italia”; “'La Chiesa e il fascismo”; “La Repubblica dei partiti”; "Profilo storico della democrazia in Italia”, il saggio “Parlamento e governo da De Gasperi a Moro” e la recentissima “La coscienza e il potere”). Unanime il cordoglio per la sua morte nel mondo politico e culturale italiano: “L’Italia deve molto al suo lavoro e alla sua fedeltà ai principi della nostra Costituzione – ha affermato tra l’altro il presidente del consiglio, Romano Prodi - sempre alla ricerca di forme di partecipazione per una democrazia più compiuta”. “Il vuoto della sua scomparsa – scrive in una nota il vice presidente della Camera, Pierluigi Castagnetti – sarà difficilmente colmabile per tutta una generazione di storici e per i cattolici democratici impegnati in politica”. Scoppola ha collaborato a lungo anche con la nostra emittente in qualità di commentatore storico e politico. Ma per un ritratto della sua figura ascoltiamo l'ex presidente delle ACLI Domenico Rosati, intervistato da Adriana Masotti:


    R. – Io lo ricordo innanzitutto come cristiano. Frequentavamo insieme un gruppo di riflessione biblica ed egli dava sempre un contributo di competenza e di fede. E poi, c’è la sua opera di storico: è uno storico del Movimento cattolico ma anche della società italiana, nell’intreccio tra il ruolo dei cattolici e lo sviluppo della società e sotto il profilo della conquista della democrazia da parte anche dei cattolici, per cui i cattolici dalla opposizione allo Stato unitario, passano progressivamente a comprendere il valore della democrazia politica, fino a farsene costruttori con la Costituzione, poi difensori e poi impegnati nel suo sviluppo. E infine, uno Scoppola politico: immaginava di guidare i processi politici secondo una sua visione che da molti fu discussa, ma sempre intrecciando la visione cristiana che aveva con le esigenze della politica. Poi cercò di piegare l’asprezza della politica ad una visione più esigente, più moralmente coerente.

     
    Ascoltiamo ora, al microfono di Adriana Masotti, padre Giovanni Sale, storico della rivista dei gesuiti, “Civiltà Cattolica” che ha intessuto rapporti di lavoro personali con Pietro Scoppola. Scoppola, infatti, ha scritto la prefazione a diverse opere di padre Sale:


    R. – Il prof. Pietro Scoppola è stato uno dei maggiori intellettuali cattolici del Novecento, esponente di primo piano di quel cattolicesimo democratico che ha avuto in Murri, Sturzo, De Gasperi e Moro i suoi punti di riferimento più propri. Il suo lavoro è stato fondamentale per capire meglio il senso del cattolicesimo democratico, il suo impegno nella società al servizio del bene comune. La sua attività di studioso, ma anche poi di uomo impegnato nella politica orientata proprio per conciliare questi due aspetti: l’impegno cattolico e l’impegno civile. Per lui questo rappresentava quasi un dogma ideologico – diciamo così – che i cattolici dovessero assumere in primo piano, come peso proprio, il senso della responsabilità politica e quindi della loro attività a servizio del bene pubblico.

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    Chiesa e Società



    L'ombra di Al Qaeda sugli incendi in California

    ◊   Si sveglia avvolta dalle fiamme la California del sud per il quinto giorno consecutivo dallo scoppio degli incendi. Mentre la conta dei danni cresce di ora in ora, si profila l’ipotesi che all’origine dei roghi, stando a quanto riferito dall’FBI, ci sia un piano incendiario voluto da Al Qaeda. Almeno uno dei 16 focolai al momento attivi sarebbe di origine dolosa e mentre il governatore della California Arnold Schwarzenegger pone una taglia di 50 mila dollari sulla cattura dei possibili piromani, la polizia uccide uno dei sospettati e ne arresta un secondo. Sarebbe stata la stessa Fbi, si legge nel sito di "Drudgereport", a raccogliere le rivelazioni di un presunto terrorista detenuto nella prigione di Guantanamo e ad allertare le autorità di un piano segreto di incendio della costa occidentale degli Stati Uniti. Mentre la task force di investigatori porta avanti le indagini, le fiamme continuano a seminare distruzione, paura e morte e al momento il bilancio dei roghi fa registrare almeno sei vittime, 45 feriti e un milione di sfollati. Le fiamme hanno ridotto in cenere 172 mila ettari di vegetazione e distrutto circa 1150 abitazioni, per danni che ammontano ad un miliardo di dollari. E se il calare dei venti di Santa Ana giunge in soccorso delle migliaia di pompieri che da giorni lottano contro le fiamme, ancora lontano è il controllo degli incendi. Fonti locali riportano che la zona maggiormente colpita è la contea di San Diego, dove al momento sarebbero oltre 500 mila gli sfollati, la metà del milione di persone che in questi giorni sono state costrette ad abbandonare le proprie case, per la più grande evacuazione della storia californiana. Sul posto è attesa oggi una visita del presidente americano, George W. Bush, che ieri ha dichiarato per la California lo stato di "super-calamità". (A cura di Claudia Di Lorenzi)

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    Spagna: per i vescovi è un invito al rinnovamento della vita cristiana la beatificazione, domenica prossima, di 498 martiri spagnoli

    ◊   La cerimonia di beatificazione di 498 martiri spagnoli nel periodo 1934–1937, che sarà presieduta domenica prossima in Piazza San Pietro dal cardinale José Saraiva Martins, prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi, arriva in un ambiente di forti contrasti a causa in particolare delle critiche di alcuni mezzí di comunicazione. Senza tener conto della complessità dei processi di beatificazione che spesso richiedono anni di studio e consultazioni, alcuni hanno voluto vedere nella programmazione della cerimonia l’intenzione di farla coincidere con l’attuale dibattito sulla Legge della memoria storica che riguarda proprio gli anni della guerra civile spagnola. Quasi tutte le diocesi spagnole sono rappresentate dai nuovi Beati. Provengono da circa 60 diocesi e hanno subìto il martirio tra gli anni 1934–1937. Sono 16 gli istituti religiosi ai quali appartenevano. Come dice il rapporto, è stata studiata la vita di ognuno dei Servi di Dio. Non è la prima beatificazione di martiri spagnoli, in questo periodo. A partire dal 1987 ne sono stati beatificati altri 479, in undici cerimonie, 11 dei quali hanno raggiunto la canonizzazione. Secondo uno studio pubblicato da uno storico proprio in questi giorni, sarebbero 6.832 gli uomini e donne di Chiesa uccisi nella persecuzione degli anni 1934-1937. Ingenti anche le distruzioni di templi ed edifici religiosi nello stesso periodo. In una lettera pubblicata il 27 aprile di quest’anno, la Conferenza episcopale spagnola si augura che questa celebrazione costituisca un nuovo stimolo per il rinnovamento della vita cristiana, specialmente necessario in questi tempi nei quali mentre si diffonde sempre di più una mentalità laicista, la riconciliazione sembra minacciata nella nostra società. (Per la Radio Vaticana, Ignacio Arregui)

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    In corso ad Istanbul il quarto Simposio islamo-cristiano promosso dai Frati Cappuccini

    ◊   “Nel corso degli ultimi 40 anni l’esperienza degli incontri di dialogo tra cristiani e musulmani ha dimostrato che le separazioni, le differenze e le opposizioni non si hanno solo tra i discepoli di Cristo e i credenti nell’Islam, ma piuttosto tra quelli e quelle che, da una parte e dall’altra, adottano un’attitudine specifica di fronte alle esigenze e alle sfide della modernità”. Lo ha detto questa mattina a İstanbul l’islamologo padre Maurice Borrmans aprendo i lavori del IV Simposio islamo-cristiano, organizzato dai Frati Minori Cappuccini, che proprio quest’anno ricordano 80 anni di presenza in Turchia. Il Simposio, organizzato in collaborazione con l’Università di Marmara, ha per tema “Testimoni cristiani e musulmani di fronte alla modernità”. Tema, questo, che sta impegnando seriamente due professori cattolici, padre Borrmans e la prof.ssa Ilaria Molari, e quattro professori musulmani, per chiarire come le due fedi religiose si pongono di fronte a un problema che sta imponendo un cambiamento che contagia le strutture economiche, sociali, politiche, amministrative e religiose dell’intera società. Secondo padre Borrmans i cattolici hanno dovuto rispondervi dal di dentro, evangelizzando e non lasciandosi evangelizzare dalla modernità, nata nel loro mondo, mentre i musulmani devono rispondervi dal di fuori, dato che la modernità viene loro dall’esterno, cioè dall’occidente in cui è nata, rischiando di essere considerata un prodotto di importazione e, dunque, confusa con un processo di occidentalizzazione. Al Simposio partecipano una cinquantina di persone, più una decina di studenti naturalmente musulmani dell’Università di Marmara, molto interessati al tema che verrà ulteriormente affrontato oggi e domani con altri approfondimenti. (Da Istanbul, per la Radio Vaticana, padre Egidio Picucci)

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    È morto Ernst Ludwig Ehrlich, l’intellettuale ebreo che impegnò tutta la vita a tessere il dialogo con i cattolici

    ◊   È morto il professore ebreo Ernst Ludwig Ehrlich, co-presidente della Commissione di dialogo ebreo-cattolica della Federazione svizzera delle comunità israelite (FSCI) e della Conferenza episcopale svizzera (CES). Nato a Berlino nel 1921, è spirato domenica scorsa a Riehen, in Svizzera. Ieri durante una cerimonia, la CES ha ricordato con gratitudine la collaborazione preziosa di Ehrlich, per la costruzione del dialogo tra ebrei e cattolici. Nel periodo della dittatura nazista, fu costretto ad un anno di lavori forzati. Appena ci riuscì, scappò dalla Germania per rifugiarsi in Svizzera: in poco tempo, divenne docente di lettere all’Università di Basilea e professore di storia ebraica contemporanea all’Università di Berna. Ottenne anche una laurea "honoris causa" dalla facoltà di teologia cattolica dell’Università di Lucerna. Durante gli anni del Concilio Vaticano II, fu tra coloro che scrissero la Dichiarazione “Nostra Aetate” sul rapporto tra Chiesa cattolica ed ebraismo. “Non passa giorno – disse – che non mi occupi della comprensione tra cattolici ed ebrei”. (B.B.)

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    GMG 2008: invitati a partecipare anche i giovani ebrei

    ◊   Alla GMG 2008 sono attesi anche i giovani ebrei. E’ l’invito rivolto da mons. Anthony Fischer, vescovo coordinatore della 23.ma Giornata Mondiale della Gioventù (GMG), in programma a Sydney dal 15 al 20 luglio prossimi, ai 15 leader delle comunità ebraiche e ai rappresentanti di scuole e associazioni israelite presenti agli incontri preparatori in corso in questi giorni. Lo comunica il Comitato organizzatore dell’evento che riferisce che mons. Fisher ha chiesto ai leader ebraici di “considerare possibili modalità di collaborazione con la Chiesa cattolica”. Durante l’incontro il vescovo ha affermato che “sebbene sia un evento cattolico storico la GMG ha sempre avuto un impatto positivo su tutte le fedi dei Paesi dove si è tenuta” ed ha aggiunto che la pace e la cooperazione tra persone di fede diversa rappresentano un’urgenza per il mondo di oggi, attraversato da diverse tensioni, ed un’aspirazione per tutti giovani. Come riferisce l'agenzia SIR, l’incontro con i rappresentanti ebraici segue quelli con i musulmani e delle altre fedi cristiane. (C.D.L.)

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    Fuga di cervelli dalle università africane: è il dato emerso durante la conferenza dell’Associazione delle Università Africane

    ◊   Un terzo degli intellettuali africani vive all’estero e almeno 23 mila universitari lasciano il continente ogni anno: sono le cifre dell’esodo di docenti e ricercatori dalle università africane. I dati sono emersi durante la conferenza dell’Associazione delle Università Africane (AUA), tenutasi in Libia, a Tripoli. Come riferisce l’agenzia MISNA, la fuga di cervelli negli ultimi anni mostra un’accelerazione preoccupante che minaccia lo sviluppo nei settori della sanità, dell'economia e dell'istruzione. La mancanza di insegnanti costringe i Paesi africani a ricorrere paradossalmente ad insegnati provenienti dall’estero, con la conseguenza di avere classi sovraffollate: in Burundi, la media è di 75 studenti per professore. Inoltre, circa 300 infermieri specializzati al mese lasciano il Sudafrica. In Nigeria: su 300 medici formati ogni anno, meno di una decina rimane nel Paese. Infine, la città americana di Chicago conta più medici etiopici di quanti ce ne siano nel Paese d’origine. (B.B.)

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    La Commissione Europea e il Programma Alimentare Mondiale lanciano l’allarme sull’impatto umanitario dei cambiamenti climatici

    ◊   “I cambiamenti climatici sono una minaccia crescente per lo sviluppo e gli aiuti umanitari”: è l’allarme lanciato da Louis Michel, commissario europeo per lo Sviluppo, e Josette Sheeran, direttrice esecutiva del Programma Alimentare Mondiale (PAM). Tifoni nel sud-est asiatico, inondazioni in Africa e uragani nei Caraibi: la recente ondata di catastrofi climatiche verificatesi in tutto il mondo ha fatto scattare l’allarme. “Le agenzie umanitarie sono soggette a pressioni sempre maggiori – ha detto Louis Michel, in occasione della riunione del comitato esecutivo del PAM tenutasi ieri a Roma – per tentare di sovvenire ai bisogni essenziali delle popolazioni colpite dalle catastrofi”. Secondo le previsioni del Comitato Intergovernativo per i Cambiamenti Climatici (IPCC), le variazioni climatiche potrebbero ridurre drammaticamente le rese alimentari in molte Paesi: Africa, in testa. Per questo il prossimo obiettivo del PAM sarà aiutare quanti nel mondo soffrono la fame: i più vulnerabili alle devastazioni causate dai cambiamenti climatici. L’Unione Europea è tra i principali finanziatori di fondi per scopi umanitari, il PAM è la più grande agenzia umanitaria del mondo: la stretta collaborazione tra le due organizzazioni ha potuto alleviare le sofferenze di milioni di persone. A settembre, è stata una nuova organizzazione, l’Alleanza mondiale per la lotta contro i cambiamenti climatici, che aiuterà i Paesi meno sviluppati ad adattare le rispettive politiche e strategie per lo sviluppo ai cambiamenti climatici. (B.B.)

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    Appello dell’ONU per la crescita del ruolo della donna nella promozione della pace

    ◊   Il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite ha sollecitato i Paesi membri ad incrementare la partecipazione femminile nelle posizioni di potere e nella promozione della pace e della sicurezza. Nel discorso di apertura della seduta di ieri, il segretario generale Ban Ki-moon ha evidenziato la necessità di nominare un numero maggiore di donne per dirigere le operazioni di pace dell’ONU. A questo proposito ha ricordato la recente nomina dell’ambasciatore danese Ellen Margrethe Løj, come rappresentante speciale per la Liberia: “Sarà l’esempio lampante del tipo di qualità che sono necessarie ai nostri dirigenti sul terreno”, ha detto il segretario generale dell’ONU. (B.B.)

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    Allarme alluvioni ed emergenza sanitaria: l’appello del governo del Nicaragua alla comunità internazionale

    ◊   Almeno 11 dipartimenti di Stato alluvionati, 227 mila persone sfollate, 23 mila edifici distrutti, 100 mila ettari di raccolti perduti, 650 mila ettari di boschi allagati e 3 mila chilometri di strade danneggiate: è il bilancio dei danni che il governo del Nicaragua ha presentato agli organismi internazionali, per sensibilizzare l’opinione pubblica. “Vogliamo richiamare l’attenzione della comunità internazionale sul fatto che questa catastrofe non avviene in un Paese sviluppato. Auspichiamo una comprensione sugli oneri del debito estero”, ha detto il presidente Daniel Ortega. Per soddisfare le necessità degli sfollati sarebbero necessari almeno 392 milioni di dollari: dai rifornimenti di generi di prima necessità alla ricostruzione delle abitazioni. Il ministero della Sanità ha decretato l’allerta sanitaria, nel nord-ovest del Paese: è stata individuata un’epidemia di leptospirosi, che ha già provocato una vittima e almeno 38 casi sospetti di contagio. Come riferisce l’agenzia MISNA, da oltre 50 giorni si abbattono sul Paese intense piogge. Inoltre, nel mese di settembre il Nicaragua fu colpito anche dall’uragano Felix. (B.B.)

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    Le ONG denunciano l’inganno del Congresso “Women Deliver”, nato per cercare soluzioni al problema della mortalità materna

    ◊   Il Congresso “Women Deliver” è fallito nei suoi obiettivi. Questa in sintesi la denuncia delle organizzazioni non governative che hanno partecipato al convegno deputato a pianificare la riduzione della mortalità materna nei Paesi in via di sviluppo, tenutosi a Londra dal 18 al 20 ottobre. Piuttosto che cercare soluzioni al problema dei decessi durante il parto e la gravidanza - si legge in un comunicato inviato all’agenzia Fides dall'Istituto di Politica Familiare (IPF) spagnolo, una delle quattordici organizzazioni firmatarie del documento - il congresso si è rivelato occasione di promozione dell’aborto legale. Se da un lato ci si sforza di controllare la crescita della popolazione mediante la promozione dell’aborto e la pianificazione familiare, afferma Lola Velarde, presidente della Rete Europea dell'Istituto di Politica Familiare, dall’altro si continua a promuovere la legalizzazione dell’aborto come soluzione alla mortalità materna. Una proposta che non solo si rivela inefficace - riporta il comunicato delle ong - ma che distoglie l’attenzione dalle reali cause del problema: "assicurare che gli aborti non sicuri siano soltanto quelli illegali - si legge nel documento - è ingannevole e scientificamente erroneo”; per ridurre il tasso della mortalità materna è necessario invece garantire l'accesso alle cure sanitarie di base, con particolare attenzione ai parti e alle emergenze ostetriche, e la fruizione dell’acqua potabile. Le organizzazioni umanitarie concludono lanciando un appello a organizzatori e collaboratori del Congresso perché affrontino in maniera efficace il problema della mortalità materna, piuttosto che farne occasione di promozione di “un supposto diritto all’aborto”. (C.D.L.)

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    Venezuela: il santuario di Coromoto è stato elevato alla dignità di Basilica minore

    ◊   Di fronte a 7 mila fedeli è stato elevato a Basilica minore il Santuario nazionale di Nostra Signora di Coromoto, a Guanare, in Venezuela, lo scorso 20 ottobre. Presieduta dall’arcivescovo di Caracas, il cardinale Jorge LIberato Urosa Savino, la cerimonia è stata concelebrata dal nunzio apostolico in Venezuela, mons. Giacinto Berlocco, dal presidente della Conferenza episcopale venezuelana, mons. Ubaldo Santana, e da tutti i vescovi del Paese presenti alla 36.ma Assemblea plenaria straordinaria dell’episcopato. Come riferisce l’agenzia Fides, le celebrazioni hanno preso il via in mattinata con la recita del Santo Rosario in cinque lingue. E’ seguita la processione di ingresso delle Confraternite, “una dimostrazione di unità e comunione, degli arcivescovi e vescovi del Venezuela”, l’ha definita il cardinale Urosa Savino sottolineando l’importanza dell’atto durante la celebrazione della Santa Messa. Il cardinale ha lanciato un appello ad “assumere con gioia, entusiasmo e fedeltà”, la condizione di missionari di Cristo, ed ha invitato tutti i presenti a sentire con maggiore forza la chiamata ad “annunciare con intenso ardore apostolico la persona, il messaggio, l’opera, i doni di Gesù Cristo per il popolo venezuelano”. Il porporato ha poi ricordato che i vescovi hanno il compito di “iluminare con la luce del Vangelo e della dottrina sociale della Chiesa, il cammino del Venezuela”, e guidarlo verso la pace, la giustizia, il progresso e l’inclusione di tutti i venezuelani. (C.D.L.)

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    Ottime prospettive in Asia per le vocazioni sacerdotali: è l’analisi del primo simposio continentale sulle vocazioni

    ◊   Incoraggiare i giovani al sacerdozio è una sfida in tutto il mondo: in occidente le vocazioni sono da qualche decennio in costante calo, ma in Asia lo scenario sembra migliore. Con questa nota di ottimismo si è aperto, in Thailandia, il primo simposio continentale sulle vocazioni. Fino al 27 ottobre saranno riuniti, a Sam Phran, 125 vescovi e sacerdoti per discutere sulle prospettive delle vocazioni nel continente asiatico. L’iniziativa è stata organizzata dal movimento laico Serra Internacional e dalla Federazione delle Conferenze episcopali dell’Asia (FABC). Durante la riunione, l’arcivescovo di Bangkok, cardinale Michael Michai Kitbunchu ha ricordato che essere sacerdoti in Asia non è facile, “perché il contesto culturale e socio-economico sono dominati dal relativismo e dal sincretismo. Queste sfide – ha concluso – sono una grande responsabilità per la Chiesa”. A presiedere la Messa di apertura del simposio, il nunzio apostolico in Thailandia Salvatore Pennacchio. Nell’omelia ha elogiato l’iniziativa e ha ricordato che alla base di ogni vocazione c’è una fede profonda. (B.B.)

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    Pellegrinaggio al fiume Giordano: migliaia i fedeli accorsi

    ◊   Sono almeno un migliaio i fedeli recatisi questa mattina in pellegrinaggio al fiume Giordano: la tradizionale peregrinazione, guidata dai frati francescani della Custodia di Terra Santa, raggiunge una volta l'anno, in occasione della festa di Maria Regina di Terra Santa, il luogo che ricorda il Battesimo di Nostro Signore. Il sito, che sorge a pochi chilometri da Gerico, e che fino al 1967 era territorio giordano, si trova presso la sponda israeliana del fiume, che costituisce oggi il confine naturale con la Giordania. La Santa Messa, celebrata nella cappellina francescana a pochissimi metri dal fiume Giordano, è stata presieduta dal vicario custodiale padre Artemio Vitores, e concelebrata da un centinaio di sacerdoti, alla presenza di cristiani locali, religiosi attivi in Terra Santa e pellegrini di diverse nazionalità. Più di 15 i pullman giunti da diverse parti di Israele ma anche dai territori Palestinesi. 80, ad esempio, i fedeli che hanno ottenuto il permesso di uscire da Betlemme. Un appuntamento assai importante, questo, per i cattolici di Terra Santa, dal momento che l'accesso a questo sito, - oggi sottoposto a stretto controllo militare israeliano - è possibile solo due volte l'anno: a fine ottobre, come oggi, per i cattolici, e, a metà gennaio, per gli ortodossi, che vi celebrano la Teofania del Signore. (A cura di Sara Fornari)

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    OMS: ridurre il prezzo di siringhe monouso e aghi più sicuri per salvare ogni anno oltre un milione di vite umane

    ◊   Un milione e 300 mila persone ogni anno perdono la vita a causa di iniezioni non sicure, soprattutto nei Paesi più poveri. Lo riferisce l’Organizzazione Mondiale della Sanità che ha riunito a Ginevra, per tre giorni, esperti del settore, enti ONU e donatori nel tentativo di ridurre i sei miliardi di iniezioni “non sicure” praticate ogni anno nel mondo. Secondo le stime dell’organismo internazionale, riporta l’agenzia missionaria MISNA, siringhe e aghi non sterilizzati causano ogni anno nel mondo il 33 per cento dei nuovi casi di epatite “B” e due milioni di nuovi casi di epatite “C”, e sono responsabili del 5 per cento dei contagi da HIV. L’adozione di siringhe monouso e aghi dotati di meccanismi di sicurezza potrebbe impedire molti decessi, se il costo di questi strumenti non fosse talmente elevato da scoraggiarne l’acquisto: 11 centesimi di euro è la spesa necessaria per comprare una siringa “sicura” a fronte di meno di un centesimo per quelle comuni. Sarebbe sufficiente ridurre i prezzi e incoraggiare la produzione di questi strumenti nelle fabbriche dei Paesi poveri, afferma l’OMS, per evitare milioni di contagi e salvare molte vite. (C.D.L.)

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    Pena di morte e 11 settembre: i temi dei film presentati nella sezione più originale della Festa del Cinema di Roma

    ◊   L’America dei misteri, l’America della pena di morte, l’America delle ingiustizie: un quadro impietoso e appassionato emerge da due importanti film documentari ancora una volta proiettati nella sezione più originale della festa del Cinema, Extra, che sorprende per originalità raccontando storie del mondo che coinvolgono e fanno certamente discutere. Due registi italiani curiosi e coraggiosi, Franco Fracassi e Francesco Trento, decidono di partire da Zero – così anche il titolo del film – per ricostruire attraverso attente e pazienti analisi, e narratori quali Moni Ovadia, Lella Costa, Dario Fo e Gore Vidal, la tragedia dell’11 settembre per molti aspetti ancora esposta a dubbi e nascoste reticenze. Le contraddizioni tra i fatti accaduti, quelli ricostruiti e quelli successivamente narrati è sorprendente, ma l’intelligenza degli autori risiede nella volontà di non voler offrire una teoria alternativa, ma mettere in crisi quella ufficiale. E non v’è dubbio che ci riescano perfettamente. Negli Stati Uniti, comunque, il documentario per ora non uscirà E chissà se accadrà altrettanto al sorprendente In prison my whole life - In prigione tutta la mia vita: chi sta in cella aspettando l’esecuzione capitale da venticinque anni è Mumia Abu Jamal, giornalista indipendente afroamericano ed ex membro delle Black Panthers, condannato per l’omicidio di un poliziotto di Filadelfia nel 1981. La vita è, invece, quella di William Francome, che ha in comune con Mumia, da sempre proclamatosi innocente, il fatto d’essere nato lo stesso giorno ed anno in cui il presunto delitto ebbe luogo. La coincidenza diventa il motivo sul quale si regge l’intenso e visivamente appassionante documentario diretto da Marc Evans, anche in questo caso inframmezzato da testimonianze importanti. Nel coro delle voci emergono accusatori, arrabbiati, disillusi: sul primo verdetto e i diversi appelli che stanno miseramente e dolorosamente procrastinando l’esecuzione in modo quasi surreale, pesano accuse di falso, giuria e giudice razzisti, Mumia capro espiatorio in una città che nell’ultimo trentennio del secolo scorso ha vissuto tensioni, ribellioni e vere e proprie battaglie intrise di sangue. Naturalmente, inframmezzate all’indagine, si addensano anche le immagini delle recenti accuse rivolte alla nazione americana, dalle torture in Iraq alla prigione di Guantanamo. Mentre si leva la voce di Mumia dal carcere che ogni settimana diventa “la voce dei senza voce”. Una situazione che racchiude le tensioni covate da una intera società e l’ancora vana speranza di poter vivere in un mondo giusto e riconciliato. (A cura di Luca Pellegrini)

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    24 Ore nel Mondo



    Scambio di minacce tra governo turco e PKK - Myanmar: Aung San Suu Kyi incontra un rappresentante della giunta militare

    ◊   La crisi tra Turchia e Kurdistan iracheno è segnata, al momento, da un alternarsi di dichiarazioni minacciose: l’esecutivo di Ankara afferma di voler porre fine alla minaccia costituita da gruppi di ribelli curdi in Iraq; il partito dei lavoratori curdi (PKK) non scarta l’ipotesi del negoziato ma si dice pronto all’eventualità di un conflitto. Il nostro servizio:
     
    Il presidente turco, Abdullah Gul, ha detto che il governo di Ankara è determinato a fare i passi necessari per porre fine a quella che viene definita la minaccia dei guerriglieri curdi. Gul ha anche detto che la Turchia “sta perdendo la pazienza” e non tollererà più attacchi sferrati dal Kurdistan iracheno da ribelli curdi. Sull’altro versante, il membro dell’ufficio politico del PKK ha dichiarato che i guerriglieri curdi sono “pronti ad accogliere positivamente qualsiasi proposta di soluzione politica”. Ma i curdi - ha aggiunto - hanno anche “adottato tutte le misure militari” e sono pronti a “colpire in profondità” in tutto il territorio turco e non solo in Kurdistan. Sul terreno, intanto, almeno 40 ribelli del PKK hanno assaltato, nella notte, una caserma nella provincia turca di Hakkari. I soldati turchi hanno respinto l’attacco e secondo fonti locali, sarebbero rimasti uccisi diversi ribelli. In questa stessa area, un analogo attacco, sferrato domenica scorsa da guerriglieri del PKK, aveva provocato la morte di 12 soldati turchi. A quell’azione erano poi seguite incursioni mirate oltre confine delle forze armate turche, confermate dal governo di Ankara e costate la vita ad almeno 32 ribelli. La televisione curda ha mostrato inoltre le immagini di 8 militari turchi, rapiti domenica scorsa durante un’imboscata. Il presidente iracheno, il curdo Jalal Talabani, ha smentito infine le voci secondo cui il governo di Baghdad avrebbe accettato di estradare in Turchia i leader curdi del PKK.

     
    - In Pakistan, sale il bilancio delle vittime della violenta esplosione che ha colpito e distrutto oggi a Swat un veicolo appartenente alle forze di sicurezza pachistane: 30 persone sono morte. Diciassette erano soldati.

    - Il costo totale delle guerre in Iraq e in Afghanistan potrebbe raggiungere i 2.400 miliardi di dollari entro il 2017. Sono le conclusioni di uno studio dell'ufficio Bilancio del Congresso americano, che conteggia anche la richiesta di un ulteriore stanziamento di 46 miliardi di dollari, avanzata, lunedì, dal presidente George W. Bush. Facendo un calcolo sommario, insomma, le operazioni militari in Iraq e Afghanistan costano circa 21 mila dollari per ogni famiglia degli Stati Uniti. Salvatore Sabatino ne ha parlato con Gianni Riotta, direttore del Tg1 Rai, profondo conoscitore della società e della politica statunitense:


    R. - Queste cifre fanno giustizia di tutta la retorica: la retorica dei neo-conservatori, che speravano di risolvere tutti i problemi americani con la guerra e si ritrovano, invece, a fronteggiare una guerra che è stata in realtà una devastante incudine economica e sociale. Questo perché i soldi che si spendono in Iraq non si utilizzano in altre importanti voci di spesa economica. Ma questo fa anche giustizia della retorica di un certo movimento che insisteva sul fatto che la guerra era per il petrolio: il petrolio non è mai stato così caro come in questi giorni negli Stati Uniti e, come si vede per il contribuente americano, la guerra è stata un disastro.

     
    D. - Quanto può influire questo rapporto sull’opinione pubblica americana, già stanca per l’insuccesso delle due campagne di guerra?

     
    R. - La campagna elettorale del 2008, così come quella del 2004 e del 2000, si deciderà su questo tema della lotta al terrorismo. Nel 2004 è stata la lotta al terrorismo e nel 2008 sarà la guerra in Iraq. E questo nel senso che bisogna riuscire a trovare un modo per tirar fuori il Paese dalla guerra in Iraq, senza però che l’Iraq precipiti nella guerra civile. Quando si dice un po’ frettolosamente “via subito gli americani dall’Iraq”, non ci si rende conto che ritirarsi oggi dall’Iraq significherebbe lasciare i sunniti e gli sciiti davanti ad una guerra civile e come dimostra proprio in questi giorni l’azione turca al confine nord del Paese, far precipitare anche il Kurdistan in una situazione di “guerra guerreggiata”.  - Tragedia nelle acque del Golfo del Messico: l'esplosione di gas in una piattaforma petrolifera ha causato la morte di 18 persone. Risultano dispersi 7 operai. Le ricerche dei dispersi, con l'ausilio di due elicotteri, sono rese difficili dalle avverse condizioni meteorologiche. Causato da una tempesta, l'incidente ha provocato una fuoriuscita di greggio e di gas che si sono riversati nel mare.

    - Secondo il quotidiano americano Washington Post, gli Stati Uniti annunceranno oggi nuove sanzioni contro l’Iran. Le misure sarebbero mirate ad isolare la milizia iraniana dei Guardiani della rivoluzione, accusata di “contribuire alla proliferazione delle armi di distruzione di massa”. Il segretario di Stato americano, Condoleezza Rice, ha dichiarato, intanto, che “l'Iran costituisce la principale minaccia alla sicurezza degli Stati Uniti nel mondo”.

    - Nell'ex Birmania, la leader dell'opposizione Aung San Suu Kyi, ha lasciato oggi la sua abitazione, dove si trova da tempo agli arresti domiciliari, per incontrare un funzionario della giunta militare al potere. Intanto, sul piano diplomatico, la Russia si è detta contraria a sanzioni contro l’ex Birmania: “le pressioni sul Paese non faranno altro che aggravare la crisi” ha detto il ministro degli Esteri russo, Serghei Lavrov. Il ministro ha anche approvato la posizione non-interventista del governo di Pechino, che con il Paese asiatico ha forti legami. L’inviato speciale dell’ONU, Ibrahim Gambari, ha espresso inoltre apprezzamento per l’appoggio di Pechino al suo lavoro.

    - E’ stato prosciolto l’ex soldato statunitense Mario Lozano, che il 4 marzo 2005 uccise a Baghdad il funzionario del SISMI, Nicola Calipari. I giudici hanno dichiarato il “non doversi procedere” in base all’articolo 20 del Codice di procedura penale, dichiarando la carenza di giurisdizione nei confronti dell’imputato. Lozano era a guardia di un posto di blocco sulla strada per l’aeroporto di Baghdad quando fece fuoco contro l’auto su cui viaggiava Calipari provocandone la morte. Sul mezzo erano presenti anche la giornalista del Manifesto, Giuliana Sgrena, che era stata appena liberata dopo un lungo sequestro, e un collaboratore di Calipari, il maggiore Andrea Carpani.

    - In Italia, intanto, l’aula del Senato ha ripreso questa mattina le votazioni al decreto legge correlato alla Finanziaria: è stato respinto l’emendamento, sostenuto dalla maggioranza, che prevede la soppressione della società Stretto di Messina. I voti contrari sono stati 160, quelli favorevoli 145. Ieri, intanto, il Forum delle Famiglie ha dato il via ad una raccolta firme per chiedere “un fisco più equo” e lanciato la proposta di una no tax area di 6-8 mila euro per ogni figlio a carico, con conseguente riduzione delle aliquote. Il servizio di Alessandro Guarasci:


    Al Forum delle Famiglie questa finanziaria non piace. Le richieste avanzate dal Family Day in sostanza non sono state accolte e la famiglia non è ancora considerata un soggetto fiscale. Dunque, ogni famiglia dovrebbe avere una sorta di franchigia di 6-8 mila euro per ogni figlio, perché, secondo il Forum, non si devono pagare le tasse su le spese che la famiglia sostiene per la propria prole. Paola Soave, una dei due vicepresidenti del Forum:

     
    "Il mettere al mondo le nuove generazioni è effettivamente un compito indispensabile per lo sviluppo del Paese e bisogna sostenere chi si prende questa responsabilità e questo compito. In che modo? Permettendo di dedurre dall'imponibile il costo del minimo vitale a carico per ogni figlio".

     
    In Italia, un nucleo con due figli e un reddito di 25 mila euro paga il 6,9 per cento di tasse, mentre in Francia paga lo 0,2 per cento e in Germania il 3 per cento. Se il reddito è di 50 mila euro, in Italia paga il 26,4 per cento contro il 5 per cento della Francia e il 16 per cento della Germania. Il Forum, in sostanza, chiede che a parità di reddito chi ha figli si veda riconosciuta un'aliquota inferiore. Per l’altro vicepresidente, Giuseppe Barbaro, la politica ha ancora fatica a capire questi concetti:

     
    "Non ho mai visto un governo andare in crisi o cadere sulle questioni di politica familiare. Sarebbe il segnale che sono delle politiche importanti per il nostro Paese".

     
    Servono anche più risorse anche per la scuola, affinché i cittadini siano messi in condizione di scegliere quale tipo di educazione dare ai loro figli. (Alessandro Guarasci, Radio Vaticana)

    - Un giornalista uzbeko di 26 anni, Alisher Saipov, è stato ucciso ieri sera nella città di Osh, in Kyrgyzstan, nei pressi del confine con l'Uzbekistan. Saipov era giornalista ed editore di un quotidiano in lingua uzbeka noto per le sue posizioni critiche verso il governo del suo Paese d'origine. Spesso minacciato in passato, Saipov si era trasferito nel vicino Kyrgyzstan per poter continuare le sue inchieste. (Panoramica internazionale a cura di Amedeo Lomonaco)


     Da domenica 28 ottobre il Radiogiornale della sera in lingua italiana, andrà in onda alle ore 19.30 sulle onde medie di 585 e 1.530 kHz e in modulazione di frequenza di 105 MHz. La trasmissione andrà in replica alle ore 21.00 e 23.00.
     

     
    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LI no. 298
     E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sulla home page del sito www.radiovaticana.va/italiano.

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