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SOMMARIO del 16/10/2007
La lotta alla fame riguarda ognuno di noi: l’esortazione del Papa nel Messaggio al direttore della FAO, per la Giornata Mondiale dell’Alimentazione
◊ Liberare milioni di persone dalla fame “è una delle sfide più urgenti del nostro tempo”. E’ il richiamo del Papa nel Messaggio al direttore generale della FAO, Jacques Diouf, in occasione dell’odierna Giornata Mondiale dell’Alimentazione. Il Papa sottolinea che è inaccettabile la condizione di tanti esseri umani la cui vita è in pericolo “per mancanza del pane quotidiano”. Ancora oggi, secondo stime dell’ONU, oltre 850 milioni di persone soffrono la fame. Sui contenuti del Messaggio di Benedetto XVI, il servizio di Alessandro Gisotti:
Ognuno di noi deve sentirsi impegnato a cooperare “per rendere possibile il diritto all’alimentazione”: è la viva esortazione di Benedetto XVI, che per sconfiggere la fame nel mondo chiede sforzi tanto individuali quanto internazionali. Il Papa ricorda che si avvicina il 60.mo anniversario della Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo. Un’occasione, scrive, per mettere l’accento sulla centralità del diritto all’alimentazione dal quale derivano tutti gli altri a partire da quello fondamentale della vita. Con rammarico, il Pontefice constata che gli sforzi impiegati fino ad oggi non sembrano aver diminuito significativamente il numero degli affamati nel mondo. D’altro canto, il Papa si sofferma sulla dimensione etica del “dare da mangiare a chi ha fame”. E’ questa, ribadisce, una priorità che richiama al sentimento di solidarietà proprio dell’essere umano che “porta a condividere gli uni con gli altri non solo i beni materiali, ma anche l’amore di cui ognuno ha bisogno”. Se offriamo solo cose materiali, avverte, allora stiamo dando troppo poco.
La violazione del diritto all’alimentazione, prosegue, “non si deve solo a cause di tipo naturale”, ma soprattutto a “situazioni provocate dal comportamento dell’uomo” che produce un deterioramento generale di tipo sociale, economico e umano. Ancora, aggiunge, sono sempre di più le persone che “a causa della miseria e dei conflitti si vedono obbligati a lasciare la propria casa e i propri cari per cercare di sopravvivere”. E’ perciò “necessario che maturi nei membri della Comunità delle nazioni, una coscienza solidale che consideri l’alimentazione come un diritto universale di tutti gli esseri umani, senza distinzioni né discriminazioni”. L’obiettivo dello sradicamento della fame e di un’alimentazione sana e sufficiente per tutti richiede inoltre l’applicazione di metodi che rispettino il patrimonio della Creazione. In particolare, Benedetto XVI chiede che si tenga conto dei ritmi della natura, conosciuti dalla gente delle zone rurali. Allo stesso modo, avverte, è importante proteggere gli usi tradizionali delle comunità indigene, lasciando da parte le considerazioni egoiste ed esclusivamente economiche.
Il Papa rivolge un pensiero particolare ai bambini, “prime vittime di questa tragedia”, obbligati “a un lavoro forzato o reclutati dai gruppi armati in cambio di un po’ di cibo”. In tale contesto, auspica che le iniziative prese a livello multilaterale permettano a intere comunità di guardare con maggiore fiducia al futuro. Il messaggio si conclude con l’incoraggiamento del Papa alla FAO, affinché continui il suo lavoro per garantire il diritto all’alimentazione di ogni essere umano. Uno sforzo, assicura, che vedrà il fattivo contributo della Chiesa Cattolica attraverso le sue diverse istituzioni.
Dal canto suo, nel messaggio per la ricorrenza, il segretario generale dell'ONU, Ban Ki-moon, sottolinea che “dobbiamo riconoscere il ruolo che i diritti umani possono svolgere nello sradicare la fame e la povertà e lavorare assieme per far valere il diritto inalienabile al cibo per tutti”. Sull’evento - promosso dalla FAO e che coinvolge 150 Paesi - Cecilia Seppia ha intervistato Andrea Von Brandt, direttore dell’Unità per il Diritto all’Alimentazione della FAO:
R. – Vogliamo enfatizzare il fatto che abbiamo cibo nel mondo sufficiente per nutrire 12 miliardi di persone. Quello che manca è l’accesso a livello individuale, l’accesso a livello dei vari gruppi sociali, quelli esclusi, quelli emarginati, che sono soprattutto donne, bambini, anziani, minoranze linguistiche, etniche, quelli che non hanno voce e non hanno possibilità di nutrirsi in dignità. La maggioranza delle persone vuole lavorare: i piccoli agricoltori vogliono avere la possibilità di nutrirsi da soli. Non è un problema tecnico. Certamente ci sono problemi tecnici, climatici, sempre maggiori forse, ma soprattutto è un problema di distribuzione, di accesso, di politica, di emarginazione, di esclusione.
D. – La FAO ha anche elaborato delle linee guida pratiche che forniscono ai governi dei suggerimenti coerenti per affrontare e ridurre il problema della fame...
R. – Le guide volontarie negoziate e accettate da tutti gli Stati membri della FAO forniscono ai governi raccomandazioni specifiche su come incorporare i principi del diritto all’alimentazione, per esempio nella legislazione, nelle politiche agricole nazionali. Speriamo che questa giornata contribuisca a mettere ancora più in alto nell'agenda politica il tema della fame, dell’alimentazione. Non si deve dimenticare che la fame è la prima causa di morte nel mondo.
D. – Quante persone soffrono ancora la fame oggi?
R. – Soffrono di fame cronica ancora 856 milioni di persone, secondo le nostre statistiche: ciò vuol dire, più o meno, l’Europa e l’America del Nord messe assieme.
D. – Qual è il messaggio chiave di questa 27.ma Giornata Mondiale dell’Alimentazione?
R. – Sono principalmente due i grandi messaggi. Il diritto all’alimentazione è vincolante e la sua realizzazione è possibile. Secondo, gli Stati hanno l’obbligo di mettere in pratica subito gli impegni che a livello internazionale devono essere incorporati e messi in pratica a livello nazionale.
Pubblicato dalla Sala Stampa vaticana il programma ufficiale della visita pastorale di Benedetto XVI a Napoli, domenica 21 ottobre
◊ Solo cinque giorni separano ormai Benedetto XVI dal suo incontro con la città di Napoli. La Sala Stampa vaticana ha ufficializzato stamani gli appuntamenti che scandiranno le circa otto ore che il Papa trascorrerà nel capoluogo partenopeo. L’arrivo dell’elicottero del Pontefice al Piazzale della Stazione Marittima del porto napoletano è previsto per le 9.15. Alle 10, Benedetto XVI presiederà la concelebrazione eucaristica nella centralissima Piazza Plebiscito, che si concluderà con la recita dell’Angelus.
Subito dopo la Messa, verso le 13, il Papa incontrerà, nel Seminario arcivescovile di Capodimonte, i capi delegazione che partecipano all’incontro internazionale per la pace, organizzato dalla Comunità di Sant'Egidio. Quindi, dopo il pranzo, Benedetto XVI si recherà in preghiera nel Duomo di Napoli, per un momento di adorazione eucaristica e di venerazione delle reliquie di San Gennaro, Patrono della città. La partenza da Napoli è prevista per le 17.30 e l’arrivo all’eliporto vaticano un’ora più tardi.
Nomine
◊ Il Santo Padre ha nominato membri del Pontificio Consiglio per la Promozione dell'Unità dei Cristiani il cardinale Jean Louis Tauran, presidente del Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso, e l’arcivescovo Leonardo Sandri, prefetto della Congregazione per le Chiese Orientali.
Il Santo Padre ha quindi nominato consultori del Pontificio Consiglio "Cor Unum" mons. Douglas Young (Papua Nuova Guinea), il rev. Manfred Ertl (Germania), Silverio Agea Rodríguez (Spagna) e Henrietta Tambunting de Villa (Filippine).
Mons. Fortino sull'incontro cattolico-ortodosso di Ravenna: "un bilancio positivo". Il ruolo del Papa al centro dei prossimi colloqui
◊ Si è conclusa domenica scorsa a Ravenna la decima Assemblea plenaria della Commissione mista internazionale per il Dialogo teologico fra la Chiesa cattolica e la Chiesa ortodossa, tenutasi sotto la guida di due co-presidenti, il cardinale Walter Kasper, presidente del Pontificio Consiglio per l’Unità dei cristiani, e il metropolita ortodosso, Ioannis di Pergamo. Per un bilancio di questa plenaria ascoltiamo mons. Eleuterio Fortino, sottosegretario del dicastero vaticano per l’unità dei cristiani, al microfono di Giovanni Peduto:
R. – Sicuramente è un bilancio positivo, perché è stato affrontato un tema che è essenziale nel dialogo fra cattolici e ortodossi, un tema difficile. Si sono, comunque, messe le basi per la continuazione e per l’approfondimento del tema: “Le conseguenze ecclesiologiche e canoniche della natura sacramentale della Chiesa: comunione ecclesiale, conciliarità e autorità nella Chiesa”. Come si vede si comincia a trattare un argomento che ci porterà ad affrontare il tema del ruolo del Papa nella Chiesa di Cristo.
D. – E’ stato approvato un documento, quali i contenuti?
R. – Il contenuto è lo studio sulla conciliarità e l’autorità nella Chiesa, studiata a diversi livelli: a livello locale, dove il “protos” è il vescovo; a livello regionale, dove nella tradizione orientale la presenza delle metropolie e dei patriarcati esercitano la conciliarità e l’autorità attraverso i Sinodi e con il protos a livello regionale, che è il patriarca. Forme diverse di autorità e conciliarità a livello regionale si trovano anche nella Chiesa cattolica di tradizione latina, ma è soprattutto in Oriente che è evidente la figura del Patriarca come protos in una Chiesa, in un Patriarcato regionale.
D. – La Plenaria ha registrato purtroppo il ritiro dei rappresentanti del Patriarcato di Mosca, a motivo della presenza a Ravenna di delegati della Chiesa d’Estonia, dichiarata autonoma dal Patriarcato ecumenico, uno statuto non riconosciuto dal Patriarcato di Mosca...
R. – Questa è la ragione per cui la delegazione del Patriarcato di Mosca, dopo aver discusso con i membri ortodossi in una sessione distinta, separata, dove non partecipavano i membri cattolici, ha comunicato la decisione di doversi ritirare dalla sessione per non dar adito ad un malinteso – secondo loro – di un riconoscimento “de facto” dell’autonomia concessa dal Patriarcato ecumenico alla Chiesa di Estonia, che il Patriarcato di Mosca non condivide. Quindi, era una questione all’interno della delegazione delle Chiese ortodosse.
D. – Quali le possibili conseguenze sul piano ecumenico di queste divergenze tra Chiese ortodosse?
R. – La Sessione è continuata in modo positivo anche con l’augurio da parte dei delegati della Chiesa del Patriarcato di Mosca, ma naturalmente l’assenza dei due delegati del Patriarcato di Mosca pone un problema di relazione. Si tratta, è vero, di una questione posta all’interno delle Chiese ortodosse, in cui la Chiesa cattolica di per sé non ha nulla da dire, ma le tensioni all’interno delle Chiese ortodosse hanno un influsso nel dialogo fra cattolici e ortodossi, soprattutto in questo caso in cui si discuteva la conciliarità e l’autorità nella Chiesa.
D. – Il tema della prossima sessione plenaria sarà il ruolo del Vescovo di Roma nella comunione della Chiesa nel primo millennio. Quando e dove si svolgerà e quali sono i suoi auspici?
R. – Innanzitutto è da dire che la prossima sessione è in stretta connessione con il lavoro svolto a Ravenna. Si comincia a studiare in modo dettagliato l’evoluzione del ruolo del Vescovo di Roma nella Chiesa e come si sia espresso nel primo millennio. In seguito ci saranno altre fasi per studiare lo stesso tema nel secondo millennio, penso. Quest’anno la commissione è stata ospitata dalla Chiesa cattolica in modo generoso, in modo fraterno, in modo caloroso, dall’arcidiocesi di Ravenna. Non si è ancora deciso dove sarà ospitata la prossima sessione da parte ortodossa, ma è deciso che si terrà, come vuole il programma dei lavori della Commissione, fra due anni, nell’autunno del 2009. Nell’autunno del 2008 avrà luogo, invece, il Comitato di coordinamento che prepara immediatamente la sessione, mentre ancora prima, da oggi fino alla metà dell’anno prossimo, si incontreranno due sottocommissioni miste di studio, che affronteranno parallelamente il tema proposto, e cioè “Il ruolo del Vescovo di Roma nella comunione della Chiesa nel primo millennio”.
Speranze e preoccupazioni del Sinodo dei Vescovi sulla situazione nel Continente americano
◊ La situazione ecclesiale, sociale, economica e politica del Continente americano, tenendo conto dell’Esortazione apostolica Ecclesia in America, è stata al centro della dodicesima riunione del Consiglio Speciale per l’America della Segreteria Generale del Sinodo dei Vescovi, svoltasi il 9 e 10 ottobre scorsi in Vaticano. All’incontro, presieduto dal segretario generale del Sinodo dei Vescovi, mons. Nikola Eterović, hanno partecipato tra gli altri il cardinale Jean-Claude Turcotte, arcivescovo di Montréal, il cardinale Oscar Andrés Rodríguez Maradiaga, arcivescovo di Tegucigalpa, il cardinale Darío Castrillón Hoyos, prefetto emerito della Congregazione per il Clero, e il cardinale William Joseph Levada, prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede.
Durante l’incontro – rileva un comunicato - sono stati sottolineati “molti segni di speranza e alcuni di preoccupazione”. “Con soddisfazione” si è registrato “uno sviluppo economico promettente in diversi Paesi, anche se bisognerebbe favorire una distribuzione più equa delle ricchezze e delle risorse naturali. In questo senso – afferma il comunicato - sta crescendo la coscienza ecologica presso le popolazioni per salvaguardare il creato e, di conseguenza, promuovere un uso ragionevole delle materie prime. Inoltre vi sono tentativi di una maggiore integrazione continentale, vista, in genere, con favore dalla Chiesa Cattolica, che cerca di recuperare l’unità di tutto il Continente”.
Dalla riunione è emersa la preoccupazione per il fenomeno migratorio in particolare “dai Paesi più poveri verso i più ricchi, con conseguenze di diverso tipo: da un impoverimento delle risorse umane dei Paesi che subiscono l’emigrazione, alla problematica sociale generata nei Paesi che ricevono gli immigrati. La Chiesa è impegnata nella promozione di programmi sociali e di assistenza religiosa agli immigrati, allo scopo di aiutare l’integrazione culturale e la pace sociale. Particolarmente delicata, poi, è la situazione degli immigrati ricondotti nei Paesi d’origine”.
“Ulteriori preoccupazioni – afferma il comunicato - provengono dalla produzione e dal traffico della droga, dalla violenza e dalla corruzione politica, dalla promozione di una serie di leggi contrarie alle norme etiche (leggi sull’aborto e l’eutanasia), dall’infiltrazione di uno spirito non conforme ai valori cristiani nel campo dell’educazione dei giovani e della comunicazione”.
Inoltre – si sottolinea – “dal punto di vista sociale, continua a svilupparsi una corrente, spesso di segno neomarxista, che provoca squilibri nei rapporti internazionali e nelle realtà interne dei Paesi e cerca di ignorare la Chiesa Cattolica e di non considerarla come partner nel dialogo sociale”.
Nel campo ecclesiale viene segnalato come “motivo di consolazione … l’aumento delle vocazioni al sacerdozio, anche se assai diversificato sia nei Paesi, sia nelle diocesi”.
Grandi speranze ha suscitato poi la V Conferenza Generale dell’Episcopato Latinoamericano e dei Caraibi (13-31 maggio 2007, Aparecida) con l’importante sottolineatura “che tutta la Chiesa deve essere in stato di missione”. Per quanto riguarda la dimensione continentale della Conferenza di Aparecida, “è stata segnalata positivamente la presenza di rappresentanti dell’Episcopato degli Stati Uniti d’America e del Canada, anche se si auspica in futuro una maggiore integrazione e partecipazione dei Vescovi dell’intero Continente in piani pastorali comuni”.
Altro punto dell’ordine del giorno riguardava le aspettative della Chiesa in America circa la XII Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi, sul tema La Parola di Dio nella vita e nella missione della Chiesa, che avrà luogo dal 5 al 26 ottobre 2008. A tale proposito, i partecipanti hanno manifestato il vivo interesse suscitato nelle Chiese particolari per la scelta del tema e, nel contempo, hanno riferito come le diverse Conferenze Episcopali stanno preparando le loro risposte ai Lineamenta. “Sono stati particolarmente apprezzati i seguenti aspetti intimamente collegati col tema sinodale: la prassi della lectio divina come momento di incontro con Gesù Cristo vivo; l’unità auspicabile a livello di traduzioni, tra la proclamazione liturgica della Parola di Dio e le traduzioni ufficiali di studio e divulgazione; l’opportunità dell’uso dei mezzi di comunicazione odierni nella trasmissione e diffusione della Parola di Dio, in particolare è stato citato il programma informatico promosso dal C.E.L.AM., conosciuto come “Lectionautas”, che sta dando positivi risultati specialmente tra i giovani; la promozione di una vera animazione biblica della pastorale orientata ad offrire a tutti le ricchezze della Parola di Dio, anche attraverso traduzioni in lingue locali e sussidi adeguati alla comprensione della gente semplice”.
“Nel Continente – afferma il comunicato - non mancano nemmeno segni positivi in relazione alla ripercussione dell’Esortazione Apostolica post-sinodale Sacramentum caritatis. Il documento pontificio, infatti, ha dato un nuovo impulso alla celebrazione e adorazione del Mistero eucaristico” messo in stretta correlazione con “la solidarietà come dimensione missionaria dell’Eucaristia”. Ulteriori sviluppi della vita della Chiesa nel Continente saranno oggetto della prossima riunione del Consiglio Speciale per l’America della Segreteria Generale del Sinodo dei Vescovi, che si terrà dal 18 al 19 novembre 2008.
Oggi su "L'Osservatore Romano"
◊ Servizio vaticano – Il messaggio del Papa al direttore generale della FAO: l’alimentazione è un diritto universale di tutti gli esseri umani, senza distinzioni né discriminazioni.
Cinque pagine dedicate all'imminente visita pastorale del Papa a Napoli.
Servizio estero - Medio Oriente: Olmert ipotizza di cedere all’Autorità palestinese la sovranità su alcune parti di Gerusalemme Est.
Servizio culturale - Un articolo di Angelo Marchesi dal titolo “Multiculturalismo e forme del Logos”: il convegno del “Centro studi filosofici” di Gallarate.
Per “L’Osservatore libri” un articolo di Felice Accrocca su un volume che opera un’accurata selezione di testi francescani imperniati sul sentimento della “fraternità universale”.
Servizio italiano - In rilievo il tema del welfare.
Cresce la preoccupazione per i due sacerdoti cattolici rapiti in Iraq
◊ C’è preoccupazione per la sorte dei due sacerdoti siro-cattolici rapiti sabato scorso a Mossul, nel nord Iraq. Stamani i rapitori hanno contattato i vertici della Chiesa a Mossul, confermando che Padre Pius Afas e padre Mazen Ishoa sono in buone condizioni. Ma da questo momento sono state interrotte le comunicazioni. Ci riferisce Giancarlo La Vella:
“Mantenere aperta la porta del dialogo” per riportare quanto prima in libertà i due sacerdoti sequestrati. E’ quanto ha comunicato stamani all’agenzia missionaria internazionale, Misna, l’arcivescovo siro-cattolico di Mossul, mons. Basile Georges Casmoussa, che in prima persona sta tenendo vivi i contatti con i sedicenti appartenenti a gruppi estemisti islamici, ma più verosimilmente delinquenti comuni, autori del sequestro dei due religiosi, per i quali, domenica scorsa all’Angelus, il Pontefice ha rivolto un accorato appello per la liberazione immediata. “Questa mattina abbiamo parlato per telefono con i loro rapitori – ha detto il presule – e la speranza di rivederli presto resta viva”. Mons. Casmoussa avrebbe poi confermato che il rilascio è stato vincolato al pagamento di un riscatto. E proprio sul reperimento di una somma di denaro idonea, sembra si siano bloccate le trattative e al momento i rapitori non si sono più fatti sentire. Ricordiamo che Padre Afas e padre Ishoa sono stati prelevati da un numero imprecisato di uomini armati sabato pomeriggio, mentre si stavano recando nella chiesa del quartiere di Al Faisaliya, per celebrare un funerale. Tutta la Chiesa dell’Iraq, e non solo, partecipa alla situazione e rimane in attesa di buone notizie nella preghiera e nella speranza che si risolva tutto al più presto. Ne abbiamo parlato con don Fabio Corazzina, portavoce di Pax Christi:
R. – C’è la speranza che si risolva tutto al più presto, ma credo – a detta anche degli amici iracheni – che sia molto lontana. E questo perché a causa della guerra e dello sbandierare la sicurezza a tutti i costi contro il terrorismo si è generata in Iraq una situazione di assoluta impossibilità di controllo del territorio e di insicurezza nel quotidiano nei confronti delle persone. E il problema non riguarda soltanto i cristiani, poiché il sistema del rapimento per poter guadagnare soldi non credo che sia soltanto un modo per finanziare il terrorismo, ma purtroppo è un modo per finanziarie la criminalità più o meno organizzata. E’ diventato uno stile e un modo di vivere dentro l’Iraq: il che ci dice quanto effettivamente questo territorio sia assolutamente fuori controllo e ben lontano dal percorso democratico che noi volevamo portare. Questo deve farci riflettere parecchio, credo. Questa è la vera realtà. Le persone ci dicono che quando si è calpestati dalla violenza - che sia targata politica, che sia targata ideologia, che sia targata religione o criminalità – la gente soffre.
Presentata nella sede della Radio Vaticana la 45.ma Settimana Sociale dei cattolici italiani
◊ Quale contributo i cattolici italiani possono ancora dare alla vita sociale e politica del Paese? Su questo tema si concentreranno gli incontri della 45.ma Settimana Sociale che si aprirà giovedì a Pistoia per proseguire fino a domenica a Pisa. Quest’anno ricorrono i 100 anni sociali e c’è attesa per quanto emergerà dai dibattiti. Alessandro Guarasci.
Cento anni fa Giuseppe Toniolo diede il via alla prima Settimana Sociale. Durante questo periodo l’Italia ha visto stravolgimenti sociali e politici, ma i cattolici hanno sempre avuto un ruolo centrale. Il tema del bene comune è ritornato più volte in questi cento anni ed è stato riproposto per la Settimana 2007, come spiega mons. Arrigo Miglio, vescovo di Ivrea e presidente del Comitato Scientifico e Organizzatore:
R. – Il tema è stato scelto tenendo conto della situazione del Paese e anche tenendo conto della maturazione del dibattito che è avvenuto nella Chiesa italiana, in modo particolare nel convegno di Verona dell’anno scorso, sia degli inviti del Santo Padre Benedetto XVI per l’impegno dei laici cattolici, sia della relazione conclusiva del cardinale Ruini ed anche dei problemi attuali. Nel documento preparatorio vengono chiamati con nome e cognome alcuni problemi attuali del Paese. Tra l’altro, il discorso del welfare è cronaca di questi giorni, ad esempio.
Nei quattro giorni di incontri interverranno 32 relatori. Ad ascoltarli 1000 delegati, tra cui 65 vescovi, in rappresentanza di 160 diocesi. I cattolici devono e ancora possono infondere la società italiana dei valori dei quali si fanno portatori. Cesare Mirabelli, presidente emerito della Corte Costituzionale:
R. – Con due linee: quella della riflessione e dell’elaborazione culturale e quella dell’azione, che sia coerente con l’elaborazione culturale. Un impegno, quindi, a pensare e a fare.
D. – Non c’è rischio che i cattolici si sentano subalterni ad una cultura laicista, che, purtroppo, sembra crescere?
R. – Non credo. I cattolici hanno dato un contributo decisivo al nostro Stato, storicamente ed anche nell’epoca presente. Credo che questo contributo continuerà ad essere dato, quali che siano le diverse condizioni nelle quali si opera.
Un discorso questo che vale non solo in politica, ma anche in economia, dove i cattolici devono puntare sempre più al bene comune, anche a scapito del profitto individuale, per cercare anche di intervenire sulle nuove povertà. Stefano Zamagni, economista dell’università di Bologna:
R. – Aver perso di vista la prospettiva del bene comune oggi è il più grave impedimento al progresso. E’ inutile dire “c’è il progresso, bisogna liberalizzare”. Se coloro che temono di perdere si coalizzano, usando lo strumento democratico, bloccano, come appunto vediamo nel nostro Paese.
Tra gli appuntamenti di rilievo, la giornata di apertura, nella cattedrale di Pistoia, che vedrà intervenire tra gli altri, il presidente della Conferenza Episcopale Italiana, mons. Angelo Bagnasco.
Rapporto Caritas-Zancan: famiglie con più di due figli a rischio povertà in Italia
◊ Cresce la povertà in Italia: è la denuncia che emerge dal settimo rapporto su emarginazione ed esclusione sociale della Caritas italiana e della Fondazione Zancan, presentato ieri a Roma. Particolarmente a rischio povertà sono le famiglie con più di due figli. Cosa fare? Paolo Ondarza lo ha chiesto a Tiziano Vecchiato, direttore della Fondazione Zancan:
R. – Il primo punto è quello di passare dai trasferimenti monetari ai servizi. Oggi in Italia spendiamo 750 euro pro capite per assistenza e protezione sociale, ma solo 86 sono dati in servizi: tutti gli altri sono dati in termini di trasferimenti monetari. L’esperienza ci dimostra – e non soltanto la nostra, ma anche quella di altri Paesi – che i soli trasferimenti monetari non scalfiscono il problema. La seconda proposta è quella di passare da una gestione centrale, come oggi avviene essendo statale, ad una gestione regionale locale di una parte più consistente di queste risorse, in modo che ci sia una maggiore responsabilizzazione ed anche nell’uso e nella destinazione di questi fondi.
D. – Veniamo all’impegno della politica oggi in Italia per i poveri: si è parlato della lotta all’evasione fiscale come un importante passo per contrastare la povertà, ma di fatto è emersa anche una contraddizione…
R. – La contraddizione è che l’evasione fiscale dell’IVA e non di tutta l’evasione equivale all’intera spesa sociale annuale italiana e quindi circa 44 miliardi e mezzo di euro. Questo ci dà la misura dell’enorme potenziale che avremmo, se vivessimo in un Paese più civile e più solidale. E’ ovvio che la proposta di piano di lotta alla povertà non può contare su questo, perché questo implica un cambiamento di lungo periodo e, quindi, la proposta che noi facciamo nel Rapporto è di usare molto meglio quei 44 miliardi e mezzo di euro che spendiamo ogni anno.
D. – Ecco la cifra denunciata, la sentiamo dire anche dal premier Prodi, non risponde ad una cifra realmente disponibile?
R. – Abbiamo visto quest’anno che fine hanno fatto le cifre disponibili, definite di volta in volta “tesoretto” o altro, perché poi ci sono molti richiedenti, c’è una fila di richiedenti. Ovviamente i poveri non hanno una rappresentanza politica, per cui alla fine la destinazione non va in questa direzione.
Sulla lotta alla povertà in Italia ecco quanto ci riferisce mons. Francesco Montenegro, presidente della Caritas italiana, sempre al microfono di Paolo Ondarza:
R. – C’è tanto da fare, perché non è con le toppe che si può risolvere un problema così grave, anche perché la povertà va purtroppo ad aumentare. Le famiglie povere sono tante. Prima si diceva “un sud povero” ed il sud continua ad essere sempre più povero, ma anche nel nord incominciano ad esserci fasce di povertà, soprattutto persone anziane, che improvvisamente cadono in quello che è il confine della povertà.
D. – Le parlava di un indebolimento della coscienza pubblica in Italia, rispetto a tematiche come queste…
R. – Sì, c’è tanto egoismo. C’è forse una forma di corporativismo tante volte, che fa guardare i propri interessi e fa dimenticare che c’è anche l’altro, che è vicino a ciascuno di noi, che può aver bisogno di attenzione anche da parte nostra, anche perché non tutti sanno difendere i propri diritti. Ci vuole allora qualcuno che aiuti e qua non si tratta soltanto di dar voce ai poveri, perché credo che il nostro compito sia quello che il povero finalmente possa parlare.
D. – La povertà – diceva – non è un destino e il Rapporto, anche nelle sue proposte, non è un libro di sogni. Coltiva un sogno realizzabile?
R. – Io vengo dal sud e pensando a tanti ragazzi il mio sogno è che anche loro possano arrivare a pensare che anche per loro c’è un futuro e soprattutto poterlo pensare con gioia. Io vedo i giovani della mia zona, che proprio quando hanno terminato l’Università cominciano ad entrare in crisi, perché anziché avere la soddisfazione di poter dire "finalmente ho una laurea", si domandano “e adesso?”. Fin quanto ci sono questi interrogativi, vuol dire che qualcosa nell’ingranaggio ancora non funziona.
"Papa Wojtyla - L'addio": un libro del vaticansta Marco Politi sugli ultimi momenti della vita di Giovanni Paolo II
◊ E’ stato presentato ieri a Roma alla presenza del cardinale Jean Louis Tauran, presidente del Pontificio Consiglio per il dialogo interreligioso, il libro del vaticanista Marco Politi «Papa Wojtyła – L’addio» (Editrice Morcelliana). L’autore ripercorre gli ultimi momenti della vita di Giovanni Paolo II sottolineando la grande testimonianza offerta dal Papa polacco nell’ora più acuta della sofferenza. Proprio oggi ricorre il 29 anniversario dell’elezione al Soglio pontificio di Karol Wojtyla. Ma ascoltiamo lo stesso Marco Politi, al microfono di Alessandro Guarasci:
R. – Nella sua malattia, nella sua fase estrema era riuscito a mandare un grande messaggio sul significato del dolore e della sofferenza e sulla vita, paradossalmente, attraverso questo significato del dolore. Un messaggio che ha colpito credenti e non credenti, cristiani, musulmani ed ebrei. Questa cosa, secondo me, andava fissata.
D. – Come risponde a chi dice che questo è stato anche un evento mediatico?
R. – Ci sono stati due passaggi. Giovanni Paolo II ha avuto un Pontificato lunghissimo, fatto di tanti capitoli, come leader religioso, come leader geopolitico. E quindi ciascuno di questi capitoli è sottoposto alla critica, agli applausi ma anche alle opposizioni. Ma nella parte finale della sua vita lui è apparso come un eroe di una tragedia greca o di un dramma sacro – se vogliamo – che spogliato della sua forza, ridotto nella più assoluta miseria, cioè l’impossibilità di comunicare, ha mandato un grande messaggio. Avendo perso il potere della parola e della comunicazione, che per lui era la cosa fondamentale, riesce a parlare alle folle e riesce a dire che non gli interessa la sua vita, ma gli interessa la sua missione di dimostrare che nel cristianesimo soffrire ha un valore.
D. – Cosa rimane ai fedeli di quei momenti?
R. – Ad ogni fedele, all’uomo della strada – ricordiamoci che questi 3 milioni erano fatti di tantissimi non praticanti – rimangono le riflessioni, le meditazioni personalissime che Wojtyla è riuscito a stimolare in una società come la nostra che tende a rimuovere il dolore e tende a cancellare la morte, tanto che ne vuole sapere il meno possibile. E’ riuscito a dire che la morte è un momento importante e che la vita va usata fino all’ultimo.
In corso, a Sydney, l'incontro preparatorio per la GMG del 2008
◊ “Non vergogniamoci del Vangelo, non lasciamoci frenare dalla paura, da assurdi complessi di inferiorità nei confronti di un mondo che sempre più spesso rinnega Dio. Anzi siamone fieri”. E’ l’esortazione - riferita dall'Agenzia SIR - che il presidente del Pontificio Consiglio per i laici, l’arcivescovo Stanislaw Rylko, ha lanciato durante la Messa che ha chiuso oggi il secondo giorno di lavoro dell’incontro preparatorio per la GMG 2008, in corso a Sydney, la città che ospiterà il grande raduno giovanile. A nove mesi dall’evento, la macchina organizzatrice continua a mettere a punto i dettagli della festosa accoglienza in onore di Benedetto XVI, che giungerà nella metropoli australiana il prossimo 17 luglio. Tra gli appuntamenti ormai tradizionali della GMG, i giovani potranno vivere la Via Crucis per le strade della città, venerdì 18, e la Veglia di sabato 19 luglio. Domenica 20, la grande Messa conclusiva presieduta da Benedetto XVI davanti - si stima - a circa mezzo milione di persone. Ai 200 delegati di 100 nazioni, presenti in questi giorni all’incontro preparatorio, il Comitato organizzatore ha anche proposto la vendita di gadget di vario tipo legati alla GMG, il cui ricavato servirà in parte a sostenere le spese di partecipazione dei giovani meno facoltosi. Il Comitato organizzatore ha inoltre scelto i patroni della prossima Giornata mondiale della Gioventù: sono 10 e fra di essi spiccano i nomi della Beata Madre Teresa di Calcutta e del Servo di Dio, Giovanni Paolo II.
La prolusione del cardinale Ruini per l'inaugurazione dell’anno accademico dell’Università Pontificia Salesiana
◊ “Università, cultura ed educazione” è il titolo della prolusione con cui il cardinale Camillo Ruini, vicario generale del Papa per la diocesi di Roma, ha salutato questa mattina la solenne inaugurazione dell’anno accademico 2007-2008 della Pontificia Università Salesiana di Roma. Fondato nel 1940, l’ateneo è frequentato oggi da studenti, laici e religiosi, provenienti da più di 90 Paesi dei cinque continenti, ed è organizzato attorno a sei facoltà: Teologia, Filosofia, Diritto canonico, Lettere cristiane e classiche, Scienze dell’educazione e Scienze della comunicazione sociale. 200 gli studenti immatricolati per il nuovo anno accademico. La giornata si è aperta con la celebrazione eucaristica presieduta da mons. Giuseppe Bertello, nunzio apostolico in Italia e a San Marino. Presso l’aula Paolo VI dell’ateneo è seguito l’Atto Accademico presieduto da don Francesco Cereda, Consigliere per la formazione della Congregazione dei Salesiani di Don Bosco, mentre ad introdurre la prolusione del Cardinale Ruini è intervenuto il prof. don Mario Toso, Rettore dell’Università, che ha sottolineato come la sapienza cristiana risieda nella profonda unità tra fede, cultura e educazione. Di “emergenza educativa”, citando Benedetto XVI, ha parlato il cardinale Ruini in apertura del suo intervento. Il porporato ha ricordato che “L’educazione e la formazione hanno a che fare con la persona stessa”, e quando non è chiaro o cambia profondamente il senso attribuito alla parola ‘uomo’ anche i parametri educativi entrano in crisi. Lo sviluppo della razionalità scientifico-tecnologica e l’applicazione all’uomo delle biotecnologie, se da un lato rappresentano un’occasione di progresso della specie, dall’altro sollecitano una visione dell’uomo inteso come materia e non più come soggetto. In quanto opera dell’uomo – chiarisce il cardinale - lo sviluppo tecnologico può e deve essere orientato in modo che vada a favore, e non a discapito, dell’uomo stesso. Nell’attuazione di questo principio è fondamentale riconoscere la “centralità dell’uomo”, giacché – ha aggiunto citando Giovanni Paolo II - “la cultura è un modo specifico dell’’essere’ dell’uomo”. E’ dunque importante – ha concluso il cardinale Ruini - che lo studio e lo sviluppo delle metodologie educative restino saldamente ancorati a questo concetto di cultura imperniato sulla centralità della persona”. La cerimonia si è conclusa con la premiazione degli studenti meritevoli e la proclamazione dell’apertura dell’Anno Accademico. (C.D.L.)
L'educazione per uno sviluppo pienamente umano al centro della pastorale della Chiesa vietnamita
◊ Mons. Peter Nguyên Van Nhon, nuovo presidente della Conferenza episcopale vietnamita, nel corso di un incontro con il primo ministro Nguyên Tan Dung, parlando dell’impegno della Chiesa per il progresso dell’educazione, per la cura della salute e per la sicurezza stradale ha ribadito che l'educazione per uno sviluppo pienamente umano è sempre stato uno degli obiettivi principali che si pone la Chiesa in Vietnam. Lo stesso premier, secondo quanto riportano “Vietnam News” e il “Courrier du Vietnam”, ha riconosciuto il contributo dell’episcopato nei campi della formazione, del sostegno ai malati di Aids e per ridurre l’educazione stradale. Mons. Nguyên Van Nhon ha vissuto e lavorato a Dalat dal 1975 fino ad ora, e tra le particolari attività svolte nella sua provincia, ha sempre sostenuto le attività pastorali e sociali per aiutare le comunità delle minoranze come i K’Ho e i Churu. “Le parrocchie e le organizzazioni cattoliche – racconta ad AsiaNews Dung, operatore sociale a Dalat – hanno aiutato i poveri e le minoranze a portare avanti progetti di sviluppo comunitario, come progetti di autopromozione, gruppi di risparmio ed economia per le donne; altri hanno lavorato per progetti di sviluppo agricolo e per aiutare i bambini appartenenti alle minoranze a frequentare le scuole elementari”. Nel Paese ogni anno ci sono tre milioni di giovani che fanno gli esami per accedere alle università, ma solo il 20% viene ammesso. Così l’80% dei giovani, per lo più delle zone rurali e delle province povere non ha la possibilità di studiare. (R.P.)
I monaci francesi indicono per il 27 ottobre una Giornata di preghiera e digiuno per la Birmania
◊ I monaci e le monache di Francia appartenenti alla famiglia religiosa di San Benedetto hanno inviato un messaggio di solidarietà ai monaci buddisti della Birmania e a tutta la popolazione ed hanno indetto per il 27 ottobre una giornata di preghiera e digiuno, nel giorno in cui si celebra il 21° anniversario dell’incontro ad Assisi del Papa con tutti i responsabili della grandi religioni per la pace nel mondo. In una lettera all’ambasciatore di Birmania in Francia, Saw Hla Min, riferisce l'Agenzia Sir, dom Philippe Piron, presidente della Conferenza monastica di Francia, ha scritto: “siamo profondamente rattristati dalle notizie che ci arrivano dalla Birmania. Non possiamo restarvi indifferenti”. Nella lettera i monaci “deplorano la violenta repressione messa in atto per sradicare il grande movimento nato nel seno del popolo birmano per promuovere la dignità umana e una vera libertà. Secondo noi, ciò che è accaduto rappresenta un grave attentato ai diritti dell’uomo che va contro ogni sforzo autentico per una pace duratura”. Per dare maggiore peso al messaggio, i monaci hanno inviato copie del testo e la data dell’iniziativa di preghiera e digiuno per la Birmania: al ministro degli esteri francese Bernard Kouchner, all’ambasciatore di Francia in Birmania, Jean-Pierre Lafosse, al card. Jean-Pierre Ricard, presidente della Conferenza episcopale di Francia e al nunzio apostolico in Francia mons. Fortunato Baldelli. (R.P.)
Cristiani e musulmani risolvano insieme i problemi della regione: così i vescovi dell'Africa occidentale
◊ “Cristiani e musulmani lavorino insieme per il bene delle nazioni della regione”. E’ quanto affermano in un comunicato i vescovi dell'Associazione delle Conferenze episcopali dei Paesi anglofoni dell’Africa Occidentale (AECAWA) sottolineando che il dialogo cristiano – islamico è “l’unico modo per ricordare insieme i periodi nei quali le comunità vivevano in pace; ma offre anche spazi per ascoltare storie ed esperienze piene di dolorose memorie di controversie e dissidi che condizionano il presente”. Nel documento, diffuso al termine dell’11.ma Assemblea plenaria e incentrato sul tema "La Chiesa e la collaborazione cristiano islamica nell'Africa Occidentale", tenutasi a Freetown in Sierra Leone, si sottolinea come in questo Paese l'armonia tra le due comunità sia una realtà da secoli. La collaborazione esistente tra le due religioni – si legge infatti nel testo ripreso dall’Agenzia Fides – rimane un elemento importante che ha accelerato “il processo di pace durante il passato turbolento della sua storia e ha contribuito, in non piccola misura, alle pacifiche elezioni che si sono appena svolte”. La collaborazione tra le due comunità religiose – affermano quindi i vescovi anglofoni dell’Africa occidentale – è resa possibile dalla condivisione degli stessi valori: il monoteismo, il valore della preghiera, dell’elemosina, del digiuno e dell’importanza del pellegrinaggio. “Cristiani e musulmani – concludono i presuli – devono superare i contrasti e risolvere i problemi che affliggono i popoli della regione. (A.L.)
India: sono quasi 400 milioni le persone malnutrite
◊ Sviluppo industriale, riforme fiscali ed intraprendenza del mondo commerciale non bastano a sconfiggere la mancanza di cibo: l’India ha il secondo tasso di crescita economica nel Pianeta, ma è al 94.mo posto nella classifica dei Paesi che sono riusciti a combattere la fame della propria popolazione. Persino Cina e Pakistan, al 47mo ed all’88mo posto, occupano una posizione migliore. Nell'odierna Giornata mondiale dell'alimentazione promossa dalla FAO, lo denuncia un rapporto dell’Istituto di ricerca per la fame nel mondo, che punta il dito contro lo squilibrio economico in India e la radicata malnutrizione infantile. Secondo i dati presentati dall’Istituto e ripresi dall'Agenzia AsiaNews infatti, oltre il 40 % dei bambini con problemi di nutrizione vive in India. A questi vanno aggiunti i poveri e le donne, categorie socialmente svantaggiate, che difficilmente riescono a nutrirsi in maniera sufficiente. In totale, quasi 400 milioni di persone. Secondo Padre Nithiya Sagayam, segretario della Commissione episcopale Giustizia, pace e sviluppo, i dati “non rappresentano una novità, ma una triste conferma. La crescente economia ed industrializzazione del nostro Paese, infatti, hanno soppiantato l’agricoltura, che dava una speranza di sviluppo anche alle vaste aree rurali dell’India: ora le città mangiano, mentre i villaggi agricoli soffrono la fame”. Per Padre Sagayam, inoltre, pesa tantissimo la corruzione “endemica nel sistema governativo: qualunque programma possa essere lanciato dal governo, fallisce, ed i poveri non vengono rappresentati, o difesi, da nessuno”. (R.P.)
Consacrata la nuova cattedrale della diocesi di Tsining, in Cina. E' dedicata alla Madonna del Rosario
◊ In Cina, la diocesi cinese di Tsining (Jining), nella regione autonoma della Mongolia Interna ha una nuova cattedrale dedicata alla Madonna del Rosario. La cattedrale è stata consacrata il 3 di ottobre, nel mese consacrato proprio al Rosario. Più di cinquanta sacerdoti, trenta religiose, un migliaio di fedeli venuti da tutte le parti della steppa hanno partecipato alla liturgia di consacrazione, presieduta dal vescovo Liu Shi Gong. La nuova cattedrale si trova al centro di Jining, nel distretto di Wu Lan Cha Bu ed è una costruzione che mescola lo stile delle tipiche tende mongole con il romanico. L'edifico occupa 570 metri quadrati, è lungo 35 metri, largo 16, alto 26. Può contenere 500 fedeli. La costruzione della cattedrale è durata un anno ed è costata 150 mila euro. "Con tutte le difficoltà che abbiamo - ha detto il parroco - non è facile costruire una chiesa di queste dimensioni. Ringrazio gli aiuti di tutti. Ma consideriamo questi aiuti anche come una spinta missionaria. Ci incoraggiano a portare il Vangelo a tutti. Altrimenti non avremmo meritato questi aiuti". Nell'omelia di consacrazione il vescovo, riferendosi al quartiere di Wu Lan Cha Bu dove sorge la cattedrale e dove abitano 5 mila fedeli, ha detto: "Ci troviamo in mezzo ad un quartiere ed abbiamo un campo vastissimo di evangelizzazione". (A. M.)
Nella Repubblica Ceca, lanciata la proposta di risarcire la Chiesa cattolica per gli espropri durante il comunismo
◊ Lo Stato ceco risarcirà la Chiesa cattolica dei beni confiscati durante il regime comunista: è quanto ha proposto ieri, a Praga, il ministro della Cultura, Vaclav Jehlick, precisando che sarà di circa tre miliardi e mezzo di euro il valore complessivo dell’indennizzo finanziario. Questa proposta sarà sottoposta all’esame del governo a dicembre. Una parte dei beni espropriati, almeno un terzo, verrà inoltre data agli ordini ecclesiastici attraverso la restituzione di immobili. La cifra dell'indennizzo, indicata dal ministro della Cultura, comprende invece i due terzi del valore complessivo. Si tratta di beni espropriati, durante il regime comunista, che non possono essere restituiti. La somma, in caso di approvazione da parte del governo, sarà versata dallo Stato ceco alla Chiesa in un arco di tempo di circa 70 anni. Nella Repubblica Ceca, (allora Cecoslovacchia), una volta saliti al potere con l’elezione a presidente nel 1948 di Klement Gottwald, di orientamento filosovietico, i comunisti hanno ostacolato o impedito tutte le attività religiose che non rientravano sotto il loro stretto controllo. Fu un periodo di dura repressione: l’organizzazione della Chiesa venne stravolta, molti vescovi furono arrestati e sostituiti da persone scelte dal partito comunista. Migliaia di religiosi, religiose e sacerdoti finirono in carcere, i conventi e i monasteri vennero chiusi, e fu anche vietato l’insegnamento del catechismo. Una storia tormentata e difficile che comincia a cambiare il 17 novembre 1989, quando ha inizio la rivoluzione di velluto che porterà alla fine dell’esperienza totalitaria comunista nel Paese. (A.L.)
Pubblicati dai vescovi del Perù due documenti sull'imminente censimento nazionale e sulla situazione del Paese
◊ L’imminente censimento nazionale in Perù e la situazione nello Stato andino sono al centro di due documenti pubblicati al termine della 90.ma Assemblea straordinaria dell’Episcopato peruviano, conclusasi lo scorso 12 ottobre. I vescovi temono, in particolare, che il questionario per il censimento nazionale, previsto il prossimo 21 ottobre, possa generare confusione negli intervistati. Le perplessità riguardano soprattutto la domanda sulla religione professata. Le risposte possibili sono: cattolica; cristiana, evangelica; altro; nessuna. “Le opzioni indicate - sostengono i presuli – possono portare a confusioni, dato che la Chiesa cattolica è anche ‘cristiana’ ed ‘evangelica’, tanto per il suo annuncio, come per i valori che la ispirano”. “Una domanda così impostata – spiegano i presuli – potrebbe indurre le persone a dare risposte sbagliate”. Nel secondo documento i vescovi peruviani pongono l’accento sulla collaborazione con le autorità ed il popolo per favorire la “costruzione di consensi”, necessaria per il bene del Perù. Ricordando la recente Conferenza generale degli episcopati latinoamericani (Aparecida, 13 – 31 maggio 2007) i presuli riprendono temi di attualità collegati alla realtà pastorale della Chiesa in Perù. “Quello che muove la Chiesa cattolica ad accompagnare la nazione peruviana nel suo processo storico – scrivono – è di offrirgli la vita piena di Gesù Cristo”. La Chiesa – si legge poi nel testo – non ha come suo compito quello di condurre battaglie politiche ma questo non vuol dire che debba restare ai margini della lotta per la giustizia. I vescovi peruviani – riferisce l’Agenzia Fides - hanno manifestato inoltre il loro affetto a sacerdoti, religiosi e religiose che in maniera silenziosa e impegnata, con la loro testimonianza annunciano la gioia del discepolo missionario di Cristo. “In tutte le circostanze della vita – affermano infine i presuli – è necessario un dialogo giusto, equo ed imparziale che tenga conto della voce di tutti e del grido delle popolazioni più impoverite ed eluse da una vita degna”.
I vescovi del Guatemala sulle prossime presidenziali: l'obiettivo sia il bene comune
◊ I vescovi del Guatemala, in un comunicato diffuso in vista del secondo turno delle presidenziali, previste il prossimo 4 novembre, esortano “tutti i cittadini a partecipare in modo consapevole e responsabile”. La legittimità della consultazione – scrivono i presuli – dipenderà dal numero di elettori che si recheranno alle urne. "Le dispute per conquistare il voto dei cittadini indecisi – aggiungono i vescovi – possono convincere qualcuno ma possono anche favorire l’astensione”. La Chiesa cattolica – si legge poi nel comunicato – non indica preferenze di voto ma chiede ad ogni cittadino di decidere, in coscienza, a chi dare la propria preferenza. I presuli - riferisce l'Agenzia Fides - chiedono al Signore che illumini il nuovo capo di Stato guatemalteco affinchè le sue decisioni abbiano sempre "la finalità del bene comune, prive di interessi settoriali". Il diritto e la giustizia - auspicano quindi i vescovi - permettano "a tutti una vita più degna" e "uno sviluppo sostenibile". Per quanto riguarda l’elezione, a confrontarsi al ballottaggio saranno il candidato socialdemocratico Alvaro Colom, che ha ottenuto 28,23 per cento dei voti, e l’ex generale Otto Pérez Molina, con il 23,51 per cento delle preferenze. Secondo gli osservatori, molto dipenderà dalle alleanze: in particolare, la formazione dell’attuale presidente Oscar Berger, il partito della Gran alleanza nazionale, sarà per gli analisti, il vero ago della bilancia. (A. L.)
Si conclude oggi in Polonia la 63ª Settimana della carità
◊ "Tutti siamo chiamati alla carità": è il tema della 63.ma edizione delle Settimana della carità, che si conclude oggi, organizzata ogni anno dalla Chiesa polacca. Iniziate nel 1937, le settimane della carità hanno lo scopo sia di raccogliere i fondi per aiutare i disagiati, sia di risvegliare le coscienze e di sensibilizzare l'opinione pubblica sulle necessità dei più bisognosi. Su tutto il territorio nazionale operano oltre 1500 gruppi di Caritas diocesana con più di 60 mila volontari. Ci sono anche oltre 1400 circoli scolastici che impegnano nelle opere di misericordia almeno 39 mila giovani e oltre 2 mila insegnanti. Quest'anno è stata organizzata, già per cinque volte, una speciale raccolta di fondi, ma anche di generi alimentari e di indumenti per i senzatetto. Nel corso dell’anno, la Caritas assicura inoltre, quotidianamente, il vitto gratuito a 100 mila bambini denutriti e sostiene centri per ragazze madri e per le vittime di violenze domestiche. Un’altra iniziativa è la campagna annuale "Un pezzo di pane", che ha anche uno scopo educativo, come spiega il direttore della Caritas polacca, don Marian Subocz: "Si tratta di aiutare a sconfiggere la paura e il pregiudizio nei confronti dei senzatetto. Con questa iniziativa, vorremmo insegnare a non cancellare coloro che, per varie ragioni, si sono trovati a margine della società". (L.Z.)
Convegno scientifico e solenne concelebrazione a Roma per il 750.mo anniversario della morte di San Giacinto
◊ “San Giacinto Odrowąż, apostolo dell’Europa nord – orientale”. E’ il tema del convegno scientifico internazionale apertosi oggi presso la sede della Pontificia Università San Tommaso d’Aquino “Angelicum” a Roma. Nella basilica romana di Santa Sabina all’Aventino, luogo dove San Giacinto ha ricevuto l’abito dalle mani di San Domenico, si terrà nel pomeriggio una solenne liturgia eucaristica concelebrata dai vescovi della Slesia. Sono alcune delle iniziative organizzate per il 750.mo anniversario della morte di San Giacinto. Nato in Slesia nel 1183, San Giacinto studiò diritto e teologia a Cracovia, Praga e Bologna e fu ordinato sacerdote, e poi canonico, della cattedrale di Cracovia; successivamente, giunse a Roma e fu quasi sicuramente in Italia che, nel 1221, incontrò San Domenico di Guzman. Decise di diventare domenicano e, dopo il noviziato, ripartì per l'Europa orientale. Per conto di papa Gregorio IX, lavorò per l’unione delle Chiese d'oriente e occidente. Nell'iconografia, Giacinto appare vestito dell'abito domenicano e porta in una mano l'ostensorio e nell'altra una statua della Madonna. (A.L.)
Mario Agnes riceve il Premio Provincia Capitale 2007 per aver sempre assicurato completezza e puntualità a "L'Osservatore Romano"
◊ Mario Agnes, a lungo direttore de “L'Osservatore Romano”, ha ricevuto questo lunedì il Premio Provincia Capitale 2007. In occasione delle celebrazioni del 137.mo anniversario della nascita della Provincia di Roma, il presidente Enrico Gasbarra e il sindaco di Roma, Walter Veltroni, hanno premiato Agnes per “l’alto contributo dato all’informazione nei 23 anni di direzione del quotidiano ‘L’Osservatore Romano’, caratterizzati da “profonda fede cattolica e da alto senso di responsabilità, coerente impegno civile, profonda etica professionale e spirito di servizio senza riserve”. “Pur trovandosi ad operare in un periodo storico denso di cambiamenti epocali – aggiunge la motivazione - ha saputo sempre assicurare completezza, puntualità e verità”. Alla cerimonia - rende noto l'Agenzia Zenit - hanno partecipato, tra gli altri, il presidente della Regione Lazio, Piero Marrazzo, il prefetto di Roma, Carlo Mosca, il presidente della Comunità ebraica di Roma, Leone Paserman, i sindaci dei 121 comuni del territorio, gli ex-presidenti della Provincia di Roma, i quattro presidenti delle Province del Lazio. Il Premio Provincia Solidale 2007 è stato assegnato a Zaw Tun, Federazione dei Sindacati dell’Unione Birmana, a don Pasquale Silla, rettore e parroco del santuario del Divino Amore, e all’unità operativa complessa di Oncoematologia Pedriatica Policlinico Umberto I di Roma. Mario Agnes è diventato direttore de “L'Osservatore Romano” nel 1984. Ha lasciato l'incarico poche settimane fa passando il testimone a Giovanni Maria Vian. (A.L.)
Cresce la tensione in Iraq per un'eventuale offensiva turca nel nord del Paese - Prosegue la missione di Condoleezza Rice in Medio Oriente
◊ In Iraq è sempre più alto il timore di un’offensiva turca nel nord del Paese, per annientare le basi da cui i separatisti del PKK, il Partito dei Lavoratori del Kurdistan, lanciano continui attacchi oltre frontiera. Per scongiurate un possibile intervento, il primo ministro iracheno, Nouri al-Maliki, oggi ha convocato una riunione di emergenza dell'unità di crisi del proprio governo, dove si è discusso degli sviluppi al confine turco-iracheno. Per l’occasione, il governo iracheno ha richiesto ufficialmente a quello turco di “tenere colloqui urgenti". Anche gli Stati Uniti, alleati di entrambi i governi, hanno esortato Ankara a dare prova di "moderazione". Ma stamani è arrivata anche la risposta del premier turco, Tayyip Erdogan, che però ha di nuovo invitato il governo iracheno a colpire i ribelli del PKK. Resta quindi forte l’attesa per domani, quando l'Assemblea nazionale turca si pronuncerà sulla richiesta del premier Erdogan, di autorizzare l'avvio della campagna oltre confine. Mozione di cui appare certa l’approvazione.
- “Esprimiamo il nostro sostegno al Trattato di non proliferazione nucleare e a tutti i programmi nucleari con fini pacifici”. Lo ha detto oggi a Teheran il presidente russo, Vladimir Putin, durante la conferenza stampa conclusiva del summit tra i cinque Paesi che si affacciano sul Mar Caspio. Il capo del Cremlino è giunto in mattinata nella capitale iraniana, nella prima visita di un leader del Cremlino in Iran da quella di Josef Stalin nel 1943. Putin ha incontrato il presidente iraniano Mahmoud Ahmadinejad. Salvatore Sabatino ha chiesto a Mario Nordio, docente di Storia e Istituzioni dell’Asia presso l’Università Ca’ Foscari di Venezia, qual è il valore di questa visita. Ascoltiamo:
R. - Il primo significato è quello di una visita di Stato che apre ufficialmente un rapporto privilegiato con l’Iran, che pure è membro uditore dell’Organizzazione che riunisce i Paesi centroasiatici, la Russia e la Cina. Il secondo motivo è contingente e tuttavia estremamente pesante: l’ufficializzazione delle relazioni russo-iraniane come fattore di stabilità nell’area, come nelle intenzioni di Putin.
D. - I rapporti tra Russia e Iran sembrano dunque destinati ad intensificarsi anche per la costruzione di un impianto nucleare nel porto meridionale iraniano di Busher. Questo non rischia di incrinare ulteriormente i rapporti con l’Occidente, e in particolare con gli Stati Uniti?
R. - Si tratta di una guerra di posizione - possiamo chiamarla così? - cioè di un confronto al quale dovremo abituarci, non immediatamente strategico, ma certamente relativo alle relazioni privilegiate e soprattutto alle relazioni economiche tra Stati Uniti e Russia. E’ un mondo aperto a queste iniziative, quello che abbiamo davanti. Del resto, vediamo muoversi la Cina in Africa, vediamo muoversi l’India in Africa, vale a dire i competitori sono diventati parecchi. Di questo va preso atto, e si tratta di un quadro che dovrà abituarci a prendere in considerazione gli interessi dell’uno e gli interessi dell’altro.
-Prosegue la missione di Condoleezza Rice in Medio Oriente per preparare la Conferenza di pace internazionale organizzata per novembre negli Stati Uniti. Stamani, il segretario di Stato americano è arrivata in Egitto, al Cairo, dove sono in programma gli incontri con il presidente egiziano, Hosni Mubarak, e il ministro degli esteri Paese nordafricano. La Rice ha già incontrato, in Cisgiordania e in Israele, il presidente palestinese, Mahmoud Abbas e il primo ministro israeliano, Ehud Olmert, che ha ipotizzato, per la prima volta, la possibilità di cedere ai palestinesi i quartieri arabi di Gerusalemme Est. Intanto, sul terreno resta alta la tensione ai confini tra lo Stato ebraico e i territori palestinesi: nella notte, un civile e un miliziano sono morti a seguito di un’incursione delle forze israeliane a Nablus, per arrestare un gruppo di militanti delle Brigate dei Martiri di Al Aqsa.
- L’esercito libanese ha smantellato una rete terroristica che progettava che attentati contro l'UNIFIL, la forza ONU presente nel Paese dei cedri. Una nota dell’esercito ha reso noto che sono sette i componenti della cellula tratti in arresto. Gli arrestati, tutti non libanesi, hanno confessato che progettavano di collocare su una strada due potenti ordigni esplosivi. Il gruppo controllava da diverso tempo "i movimenti dell'UNIFIL nel sud del Libano”.
- Il regime militare dell’ex-Birmania non si piega alle sanzioni e al crescente isolamento della comunità internazionale. Attraverso la stampa nazionale, la giunta ha infatti promesso di resistere ad oltranza e di proseguire per la sua strada. Il nostro servizio:
"Noi tireremo dritto", “non c’è alcuna ragione per mutare percorso". E’ secca e inequivocabile la replica del regime birmano che rilancia la sfida alla comunità internazionale, dopo aver incassato le pesanti sanzioni dell’ Unione Europea. Attraverso ai media di Stato, i generali che guidano il Paese mostrano i muscoli, affermando che scarteranno tutti gli ostacoli che si frapporranno davanti a loro e ribadendo che non vi sono prigionieri politici nell’ ex-Birmania, nonostante le comprovate notizie di migliaia di arresti. La fermezza della giunta militare non viene quindi al momento scalfita dalle misure imposte da Bruxelles, che prevedono l'embargo sulle esportazioni di legname, pietre preziose e metalli dal Paese del sud-est asiatico. Intanto, anche il Giappone adotta provvedimenti contro il regime militare birmano, cancellando la fornitura 3,3 milioni di euro di aiuti, l’equivalente del diciotto per cento dell’intera assistenza allo sviluppo dello scorso anno, e cresce l’isolamento della Giunta militare a seguito dell’appello per una "enorme pressione internazionale” del presidente americano Bush. - L’Ucraina ha conosciuto i risultati ufficiali delle elezioni legislative del 30 settembre scorso. Confermata la vittoria di misura, sul partito dell’ex premier Ianukovic, delle formazioni del fronte arancione, che hanno trovato l’accordo per l’assegnazione a Yulia Timoshenko della carica di premier. Ma in passato, l’alleanza tra il presidente Iushenko e la "pasionaria" della rivoluzione arancione non funzionò. Perché ora dovrebbe andare a buon fine? Ecco l'opinione di Adriano Roccucci, docente di Storia contemporanea all’Università Roma Tre e studioso dell’area ex sovietica, intervistato da Giada Aquilino:
R. - Più che in passato, vi è la considerazione, sia da parte della Timonshenko sia da parte del presidente Iushenko, di avere in fondo un’altra opportunità che non può essere sprecata.
D. - Con la Timoshenko premier cosa potrebbe cambiare per l’Ucraina?
R. - La Timoshenko ha sempre detto di voler condurre una politica economica che metta maggiormente sotto il controllo dello Stato soprattutto il settore degli idrocarburi: posizione che si scontra naturalmente con gli interessi sia dei fornitori - GAZPROM e le altre società del mondo degli idrocarburi russi - sia con quegli interessi all’interno dell’Ucraina che gestiscono il passaggio di tali idrocarburi. Da un punto di vista di politica estera, la Timoshenko sembrerebbe orientata ad una politica filoccidentale, più radicale forse dello stesso Iushenko, in cui l’adesione alla NATO sembra essere un imperativo.
D. - Di fatto, il Paese rimane spaccato in due: una parte filoccidentale ed una filorussa, che segue Ianukovic: ci sono le condizioni per superare tali divisioni interne?
R. - L’Ucraina ha questa linea di frattura fra est e sud, da una parte, e centro ed ovest, dall’altra. Ma è attraversata anche da altre linee di frattura minori. Si tratta di un Paese multinazionale, ha delle regioni che hanno una identità particolare, soprattutto ai confini occidentali del Paese. Credo che l’Ucraina abbia bisogno di un disegno politico lungimirante e saggio, che sappia indicare una identità nazionale capace di includere tutti.
- E’ cominciato ieri 17.mo Congresso del Partito comunista cinese. Il presidente Hu Jintao, nel suo discorso d’apertura, ha fissato i prossimi obiettivi del Paese, tra i quali la crescita esponenziale dei consumi e del prodotto interno e lo sviluppo della democrazia interna al partito. Il servizio è di Chiaretta Zucconi:
Quadruplicare il prodotto interno lordo del 2000 entro il 2020, sviluppare la democrazia interna al Partito: questi gli obiettivi lanciati da Hu Jintao ieri nel discorso di apertura del 17.mo Congresso del Partito comunista, dal quale dovrebbe emergere la nuova leadership che prenderà il posto di Hu nel 2012, come presidente della Cina e segretario generale del PCC. Ma per il 64.enne Hu Jintao, lo storico Congresso che si è aperto ieri nella grande Sala del popolo, alla presenza di oltre duemila delegati, è anche l’occasione per delineare l’agenda dei prossimi cinque anni. Il Partito comunista dovrà continuare a tenere ben salde le redini del potere per affrontare le ampie e profonde trasformazioni del Paese e le sfide che queste porteranno con sé. La crescita economica resta una priorità, ma si dovrà anche tener conto di quei fenomeni che rischiano di minare il modello di sviluppo stabile, ha detto Uh, e cioè le disparità di reddito, le differenze fra città e zone rurali, i danni che la rapida industrializzazione hanno recato all’ambiente. La formula di Uh Jintao prevede una società armoniosa e uno sviluppo scientifico che equilibri crescita economica e profitto. Ma la grande novità di questo congresso, per ora, rispetto a quello del 2002, quando l’allora Jiang Zemin minacciò di usare la forza contro Taiwan, è stato il solenne appello di Uh all’ex Formosa: “Riprendiamo i colloqui congelati nel 1999 per tentare di porre fine alle nostre ostilità e giungere ad un accordo di pace”. (Per Radio Vaticana, Chiaretta Zucconi) - La Corte suprema degli Stati Uniti ha sospeso l'esecuzione di un condannato a morte in Nevada, per valutare la legalita e il metodo dell'iniezione letale, come richiesto dalle associazioni per la libertà degli individui che hanno depositato un ricorso in merito. William Castillo, 34 anni, condannato per l'omicidio di una vecchia signora, doveva essere ucciso alle 20.30 locali (le 3:30 di martedi' in Italia).
- Continua la corsa del prezzo del petrolio, che negli scambi elettronici after hours ha raggiunto gli 86,73 dollari al barile dopo aver aveva toccato il record di quota 86 dollari sul mercato di New York. Record anche a Londra, dove il future novembre sul Brent ha superato per la prima volta quota 82 dollari al barile. Gli ultimi rialzi sembra che siano dovuti anche al timore per una possibile offensiva turca contro i curdi nel nord dell'Iraq, una delle zone che detiene le maggiori riserve petrolifere mondiali. (Panoramica internazionale a cura di Marco Guerra)
Da domenica 28 ottobre il Radiogiornale della sera in lingua italiana, andrà in onda alle ore 19.30 sulle onde medie di 585 e 1.530 kHz e in modulazione di frequenza di 105 MHz. La trasmissione andrà in replica alle ore 21.00 e 23.00.
Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LI no. 289
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