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SOMMARIO del 15/10/2007
Ricevuto da Benedetto XVI un gruppo di vescovi del Congo-Brazzaville, in visita ad Limina. Ai nostri microfoni, il presidente dell’episcopato congolese, mons. Louis Portella Mbuyu
◊ Benedetto XVI ha ricevuto stamani in Vaticano un gruppo di vescovi della Conferenza episcopale della Repubblica del Congo, noto come Congo-Brazzaville, in visita “ad Limina Apostolorum”. Sulla realtà della Chiesa congolese, il servizio di Alessandro Gisotti:
Una Chiesa coraggiosa al servizio del Vangelo e dei più bisognosi. Evangelizzato oltre cento anni fa dai padri Spiritani, il Congo-Brazzaville ha conosciuto, soprattutto nella prima metà del secolo scorso, una notevole crescita numerica della comunità ecclesiale. Oggi, il 58 per cento dei 3 milioni di abitanti di questo Paese, poco più grande dell’Italia, è di fede cattolica. In crescita anche le vocazioni sacerdotali. Il Congo conta un’arcidiocesi, cinque diocesi e una prefettura apostolica. I sacerdoti sono circa 400. Dopo oltre vent’anni di governi di stampo marxista, la Chiesa si è impegnata nel processo di ricostruzione della società civile congolese, sostenendo la transizione al multipartitismo, nella prima metà degli anni ’90. Negli ultimi anni, l’episcopato non ha mancato di denunciare i mali che affliggono il Paese, dalla miseria all’AIDS, dalla disgregazione delle famiglie all’aborto, ancora alla cattiva gestione delle ricchezze del sottosuolo. D’altro canto, la Chiesa congolese mostra grande vitalità ed oggi tanti giovani congolesi accettano di partire come missionari. Sulle sfide attuali per la Chiesa del Congo, ecco la testimonianza di mons. Louis Portella Mbuyu, vescovo di Kinkala e presidente della conferenza episcopale del Congo-Brazaville, intervistato da Albert Mianzoukouta:
“Oggi c’è molto lavoro da fare nella pastorale familiare. Oggi riscontriamo una diminuzione del numero dei matrimoni cristiani: si formano molte coppie, ma quando si tratta di compiere il passo del matrimonio sacramentale cominciano i problemi e la pratica della convivenza si va diffondendo come una cosa normale. C’è quindi molto da fare perché la gente capisca il senso autentico di questo sacramento. Sempre nell’ambito pastorale, i vescovi puntano molto sulla formazione dei laici. Questa, a mio avviso, è molto importante, se si considera che nella società congolese manca una vera presenza cristiana, come mancano laici formati nelle sfere decisionali politiche ed economiche. Si tratta di un problema, ad un tempo, pastorale e sociale: cristiani convinti e formati sono ancora troppo pochi e quindi non pesano a questi livelli. È invece importante che ci siano luoghi di testimonianza della Chiesa e quindi dobbiamo formare i fedeli alla Dottrina sociale cattolica e, in particolare, quelli con posizioni di responsabilità al senso di questa testimonianza cristiana”.
Mons. Portella si sofferma poi sul ruolo della Chiesa nella società congolese:
“Una società deve essere interpellata perché essa si organizzi in maniera più giusta e perché le decisioni prese possano beneficiare la popolazione. Ecco perché da cinque anni a questa parte abbiamo promosso una riflessione sulla gestione del petrolio. Questo ha provocato diverse reazioni, ma almeno ha permesso di avviare un dibattito aperto a tutti e abbiamo fatto progressi. Ritengo che, anche in questo ambito la Chiesa abbia il dovere di essere vigile sui valori cristiani e sulle mancanze della politica”.
Vicina ai bisogni dei più poveri, la Conferenza episcopale congolese ha lanciato proprio alla fine della sua 35.ma assemblea plenaria, lo scorso aprile, un appello per un impegno concreto contro la miseria. “La povertà – si legge nel comunicato dei vescovi – pone un drammatico problema di giustizia”. Per questo, i presuli esortano il governo “a promuovere una politica efficace di protezione sociale e di accesso duraturo al lavoro”. La Chiesa è dunque un punto di riferimento per il popolo congolese. E d’altronde, già nel 1980 – visitando il Congo-Brazzaville – Giovanni Paolo II aveva affermato che qui Cristo ha molti amici e che la Chiesa africana “è matura per affrontare tutte le contrarietà e tutte le prove”.
Nomine
◊ Il Santo Padre ha accolto la rinuncia presentata da mons. Erwin Josef Ender, arcivescovo titolare di Germania di Numidia, all’incarico di nunzio apostolico nella Repubblica Federale di Germania ed ha chiamato a succedergli nel medesimo incarico mons. Jean-Claude Périsset, arcivescovo titolare di Giustiniana prima, finora nunzio apostolico in Romania e in Moldova.
In Venezuela, il Papa ha nominato vescovo ausiliare dell’arcidiocesi di Caracas mons. Jesús González de Zárate, del clero della medesima arcidiocesi, finora vicario generale, assegnandogli la sede titolare vescovile di Suava. Mons. Jesús González de Zárate è nato a Cumaná, il 27 dicembre 1960. Ha compiuto gli studi ecclesiastici di Filosofia e di Teologia nel Seminario interdiocesano Santa Rosa de Lima a Caracas. Ha ottenuto la Licenza in Teologia Spirituale presso la Pontificia Università Gregoriana di Roma. Ha ricevuto l’ordinazione sacerdotale per l’arcidiocesi di Caracas l’11 gennaio 1986. Ha svolto i seguenti incarichi: direttore del Collegio "San José de Ávila", assistente arcidiocesano per la pastorale giovanile, Economo del Seminario "San José", vice-direttore accademico dell’Università "Santa Rosa de Lima", parroco di "Nuestra Señora del Rosario" a Baruta, vicario episcopale per la pastorale, professore nel Seminario "Santa Rosa de Lima" a Caracas, segretario del Concilio Plenario di Venezuela, responsabile della Zona Pastorale Centro dell’arcidiocesi e, dal 2003, vicario generale della medesima.
Mons. Ravasi si insedia al Pontificio Consiglio della Cultura: "auspico un dialogo alto tra fede e cultura"
◊ Mons. Gianfranco Ravasi ha oggi iniziato il suo lavoro in Vaticano come nuovo presidente del Pontificio Consiglio della Cultura, delle Pontificie Commissioni per i Beni Culturali della Chiesa e di Archeologia Sacra. Nato a Merate, in provincia di Lecco 65 anni fa, già prefetto della Veneranda Biblioteca Ambrosiana, è stato chiamato dal Papa lo scorso 3 settembre a succedere al cardinale Paul Poupard, per quasi 20 anni alla guida del dicastero della Cultura. Giovanni Peduto ha incontrato mons. Gianfranco Ravasi questa mattina subito dopo il suo insediamento e gli ha chiesto con quali sentimenti si appresti a svolgere questo importante incarico:
R. – Certamente il primo sentimento è quello dell’emozione, trattandosi di una attività che si apre davanti ai miei occhi in maniera del tutto inattesa, perché il mio lavoro si è finora sviluppato nel mondo della cultura, ma in un orizzonte più ristretto come era quello che riguardava la cultura italiana, il dialogo fra la comunità ecclesiale italiana e quindi l’orizzonte culturale dell’Italia. Davanti a me, quindi, si apre ora questo orizzonte molto più complesso, più vasto, più esteso ed è per questo che l’emozione diventa forte. C’è poi un’altra sensazione, che è quella di raccogliere l’eredità del cardinale Poupard, che è una figura certamente nota ormai non soltanto in Italia e in Francia, ma in tutto il mondo e la cui presenza è stata decisiva in 25 anni per la costituzione del volto di questo dicastero vaticano.
D. – Eccellenza, in questo lasso di tempo – dalla nomina ad oggi – ha pensato ad una progettualità del suo lavoro?
R. – Anzitutto direi che il primo grande capitolo paradossalmente è il capitolo forse meno legato ad una manifestazione esteriore di progetti. Dovrò infatti per un lungo periodo, almeno per un anno credo, conoscere tutto quanto è collegato al dicastero della cultura, al dicastero dei beni culturali e a quello dell’archeologia sacra. Una conoscenza, questa, che è necessario proprio perché io vengo dall’esterno e devo, quindi, conoscere i meccanismi, i percorsi che sono proprio di una istituzione così complessa. Questo è un atto anche di umiltà nei confronti di tutti coloro che hanno lavorato e che hanno creato un profilo, una struttura e dei progetti. Certamente, ognuno porta la sua impronta, ognuno ha la sua propria identità, ognuno ha un volto con il quale entra nel mondo. Per questo motivo io penso che sicuramente sui percorsi che sono già stati indicati, che sono tradizionali – per esempio il percorso del dialogo con i non credenti, il percorso sul dialogo fra fede e scienza, il percorso sul rapporto con le nuove istanze della cultura contemporanea, soprattutto in una società secolarizzata e qualche volta perfino del tutto allergica ai temi religiosi o se si vuole anche il percorso per la tutela dei beni della Chiesa, perché i beni culturali della Chiesa – anche quelli nuovi – possono essere espressivi di valori e di significato: su tutto questo dovrò indubbiamente dare, anche io, la mia impronta e dare anche io il risultato delle mie riflessioni e di quelle dei miei collaboratori.
D. – Soprattutto il rapporto fede-cultura è tra gli aspetti fondanti del suo nuovo compito. Come lei vede oggi questo rapporto?
R. – Dobbiamo dire che prima di tutto il rapporto tradizionale tra fede e cultura ha avuto dei momenti grandiosi in passato. La storia della cristianità lo attesta, ma ha avuto dei momenti anche di grande scontro. Pensiamo ad esempio, a quello che è accaduto nell’Ottocento e nel Novecento, quando grandi sistemi culturali si sono posti in alternativa e persino in tensione con il mondo della Chiesa e il mondo della cultura cristiana. Pensiamo, ad esempio, a due modelli celebri come quelli del marxismo, da una parte, o dell’idealismo, dall’altra, nell’Ottocento, che in maniera molto alta si sono confrontati e scontrati. Ora, purtroppo, c’è un nuovo aspetto che lascia veramente imbarazzati e che rende difficile il lavoro del dialogo interculturale con la cultura contemporanea, al di là del fatto che essa prosegue. C’è, infatti, in molti ambiti una sorta di reazione ai valori cristiani, ai valori della grande cultura spirituale in genere, una reazione che è fatta soprattutto di sberleffi, che è fatta di ironia, che è fatta di sarcasmo, che è fatta di pubblicazioni che sono molto simili ai pamphlet di certi periodi, che però non vogliono fare quel confronto alto a cui prima facevo riferimento. Per questo il dialogo diventerà, sicuramente, più complesso, più delicato e dovrà avere anche dei momenti tali da riportare ancora al grande confronto del passato.
L'arcivescovo Paul Cordes in Russia: giovedì incontrerà Alessio II
◊ L'arcivescovo Paul Josef Cordes, presidente del Pontificio Consiglio Cor Unum, ha iniziato oggi a Novosibirsk una visita di una settimana nella Federazione Russa. Nella capitale della regione siberiana, accompagnato dal vescovo Joseph Werth, visiterà la Caritas, la scuola francescana e le Suore di Madre Teresa di Calcutta: in questa vasta zona la Chiesa cattolica si è segnalata in questi ultimi anni per il moltiplicarsi di realtà caritative su tutto il territorio.
Il 18 ottobre mons. Cordes incontrerà a Mosca il Patriarca Alessio II. Dal 18 al 21 ottobre il presidente di Cor Unum parteciperà inoltre - ospitato dall'arcivescovo Tadeusz Kondrusiewicz - ai lavori delle Caritas di tutta la Federazione. “In Russia questo ambito – rileva un comunicato della Sala Stampa vaticana - è alla base di molte esperienze di fruttuosa collaborazione con la Chiesa ortodossa. L'incontro è particolarmente significativo perché si svolge a distanza di un anno e mezzo dall'uscita della prima Enciclica di Papa Benedetto XIV sulla carità. Sarà perciò un momento di verifica di come la Deus caritas est abbia ispirato l'impegno caritativo in questo vasto Paese”.
Inagurato da mons. Marchetto, a Nagasaki, il terzo Congresso asiatico dedicato ai pellegrinaggi e ai santuari
◊ Dopo gli incontri di Manila, nel 2003, e di Seul, nel 2005, tocca quest’anno al Giappone ospitare il terzo Congresso asiatico su pellegrinaggi e santuari, visti come “luoghi di speranza”. Il Convegno, in programma da oggi fino a dopodomani nella città di Nagasaki, è promosso dal Pontificio Consiglio per la Pastorale dei migranti e degli itineranti ed è stato inaugurato dal segretario del dicastero vaticano, l’arcivescovo Agostino Marchetto. Il servizio di Alessandro De Carolis:
Non sono molti i cattolici in Asia. La loro presenza, se si eccettua il proverbiale caso delle Filippine, è “schiacciata” dalla demografia, anche spirituale, di Paesi come la Cina e l’India che portano ai loro templi centinaia di milioni di persone di altri culti. Eppure, in questa geografia fatta di piccole comunità ecclesiali - spesso socialmente osteggiate, quando non fisicamente colpite - vi sono alcuni punti di riferimento che fanno brillare la presenza del Vangelo in Estremo Oriente. Questi “poli” della fede cattolica in Asia sono i Santuari. Nomi semisconosciuti ai più sul versante occidentale, ma che ogni anno attirano in preghiera folle ragguardevoli. I più celebri sono La Vang in Vietnam, Mariambad in Pakistan, Nostra Signora del Buon Soccorso a Bombay o la tomba di San Francesco Saverio a Goa, entrambi in India. O il Santuario di Pudong, in Cina, o quello dei Martiri di Nagasaki, in Giappone, teatro del Congresso.
“In un’epoca segnata da crescenti violenze e sanguinosi conflitti”, ha osservato nella sua prolusione l’arcivescovo Agostino Marchetto, il Santuario può “favorire relazioni e dialogo tra diverse culture, tradizioni e anche religioni”. Un’affermazione tutt’altro che utopica, se si guarda alla consuetudine di questi luoghi sacri al cristianesimo asiatico. In India, uno dei Santuari più celebri è quello di Vailankanni. Lì - ma non è l’unico caso - è scena consueta vedere riuniti insieme in preghiera cattolici, indù e musulmani. Nelle grandi ricorrenze, ha ricordato mons. Marchetto, l’affluenza supera il milione di pellegrini, i quali - durante la Quaresima - non esitano ad affrontare 4-500 chilometri a piedi, in segno di penitenza. Dunque, è in questi luoghi dove mette radici profonde la speranza. C’è un orizzonte che si spalanca, allora, anche per noi occidentali, per i quali Terra Santa, Lourdes o Fatima sono gli immediati sinonimi di un viaggio della fede: l’orizzonte è che si “organizzino pellegrinaggi pure verso i Santuari dei Paesi dell’Asia”, dove - è stato l’auspicio finale di mons. Marchetto - il cristianesimo è ancora “un piccolo seme nel gran campo di questo continente”.
Oggi su "L'Osservatore Romano"
◊ Servizio vaticano - "La lebbra del peccato": all'Angelus il Papa indica ai fedeli la strada della conversione per guarire dall'infermità spirituale che deturpa l'uomo e la società.
L'omelia del Cardinale Tarcisio Bertone, Segretario di Stato, durante la Santa Messa celebrata, ieri, nel nuovo Santuario della Santissima Trinità a Fatima.
Servizio culturale - Un articolo di Susanna Paparatti dal titolo "Un poliedrico traduttore di 'io' lontani": le molteplici sfaccettature dell'arte di Gauguin in mostra a Roma al Complesso del Vittoriano.
Una monografica (due pagine) dedicata al Convegno internazionale di studi, a Sora, a 400 anni dalla morte di Cesare Baronio.
Servizio italiano - In rilievo il tema degli incidenti sul lavoro. Il Presidente della Repubblica: "Serve un forte impegno civile".
Iraq: ansia per la sorte dei due sacerdoti rapiti, ancora nelle mani dei sequestratori
◊ Ore di ansiosa attesa per la sorte dei due sacerdoti siro-cattolici rapiti sabato scorso nella città di Mossul, nel nord dell’Iraq. Per i due religiosi ieri il Papa all’Angelus aveva chiesto la liberazione immediata e proprio stamani notizie d’agenzia, in attesa di conferma, avevano parlato di liberazione già avvenuta. Eventualità, questa, smentita da nostri contatti con i vertici della Chiesa siro-cattolica a Mossul. Ci riferisce Giancarlo La Vella:
“I due sacerdoti sono ancora nelle mani dei sequestratori”. E’ lo stesso mons. Basile Georges Casmoussa, arcivescovo siro-cattolico di Mossul che ha smentito la notizia che tutti attendono da un momento all’altro. Il presule ha inoltre riferito di essere in attesa di contatti diretti con i rapitori. Stamani in molti hanno pensato che la speranza fosse diventata realtà, quando è stata diffusa dall'Aina, l’Agenzia di stampa internazionale assira, la notizia della liberazione, senza pagamento di alcun riscatto, di padre Mazin Esho, di 35 anni, e padre Piyous Affas, di 60. Per loro, ieri mattina all’Angelus domenicale, il pensiero del Papa. Benedetto XVI aveva espresso la propria preoccupazione, invocandone il rilascio. “Faccio appello ai rapitori perché rilascino prontamente i due religiosi e, nel ribadire ancora una volta che la violenza non risolve le tensioni, elevo al Signore un’accorata preghiera per la loro liberazione, per quanti soffrono violenza e per la pace”. Anche secondo fonti dell'agenzia missionaria internazionale, Misna, a Mossul sarebbero ancora in corso trattative per la liberazione dei due sacerdoti. Le stesse fonti esprimono ottimismo sulla possibilità che i due religiosi siano rilasciati al più presto, forse oggi stesso. E stamani Helene Destombes, della nostra redazione francese, ha sentito telefonicamente a Mossul, proprio mons. Casmoussa:
R. – Nous n’avons acune information sur la quelle nous poussions nous appuyer. …
Non abbiamo alcuna informazione alla quale fare riferimento. L’ultima telefonata con i rapitori c’è stata ieri, alle 7.30 ora locale, e ci siamo resi conto che il tono della conversazione era un po’ più disteso. E questo ci aveva dato la speranza di una possibilità di colloquio. Invece, oggi, a tutt’ora, non abbiamo avuto nessun altro contatto con i rapitori, e questo ci preoccupa un po’.
D. – Voi sapete chi sono i rapitori? E’ stato chiesto un riscatto?
R. – C’est à dire que hier ils ne m’ont pas donnée de chiffre, …
Ieri non hanno indicato nessuna somma; ma quello che noi vogliamo, adesso, è che si possa avere un contatto per stabilire un possibile riscatto. In ogni caso, non abbiamo ancora potuto parlare con i sacerdoti sequestrati.
D. – Sapete chi sono i rapitori? Forse sono sunniti?
R. – Ils se sont présentés comme …
Si sono presentati come appartenenti ad una corrente fondamentalista; ma potrebbero essere anche semplici briganti. Ma come saperlo con certezza?!
D. – I cristiani in Iraq sono sempre più minacciati?
R. – On avait senti une certaine accalmie, mais depuis quelque jour …
Ci era sembrato che la situazione ultimamente si fosse un po’ calmata, mentre da qualche giorno invece sembra il contrario, perché ci sono stati diversi casi di rapimento e di omicidio a Baghdad. Un’azione come questa avrà molti effetti negativi ...
In Pakistan, crescono gli atti di violenza contro le minoranze cristiane
◊ La grave instabilità politica del Pakistan e la crescita esponenziale dell’estremismo islamico è fonte nel Paese di una crescente preoccupazione per le comunità cristiane che vi risiedono. Da diversi anni risultano, infatti, in aumento episodi di grave violenza nei confronti di persone, enti e luoghi di culto cristiani. Una situazione che è stata recentemente denunciata anche dall’organizzazione non governativa "Human Rights Monitor" in un rapporto dedicato agli “Abusi sulle minoranze religiose”. Su una popolazione di oltre 150 milioni di abitanti, i cristiani sono circa tre milioni, la metà dei quali cattolici. Su questa difficile situazione, Stefano Leszczynski ha intervistato Lorenzo Cremonesi, inviato in Pakistan del Corriere della Sera ed autore di un articolo sulle persecuzioni dei cristiani:
R. – La situazione per i cristiani in Pakistan è peggiorata nettamente dopo la guerra in Afghanistan. C’è stata una prima fase molto cruenta, con una dozzina di chiese bruciate, attacchi alla scuole cristiane. Negli ultimi due anni, si è assistito a fatti meno eclatanti, ma ad una sorta di diffuso malessere e violenze nei confronti della comunità cristiana, senza differenze fra anglicani o cattolici. Negli ultimi tempi, la situazione è peggiorata nettamente per tutte le istituzioni cristiane, in particolare le scuole, che operano nelle cosiddette zone tribali, quindi, Peshawar, il Waziristan e il Balucistan. Tra l’altro, gli stessi cristiani hanno molta paura di parlarne. Quindi, quello che io ho toccato è semplicemente la punta dell’iceberg.
D. – Il seguito di questi estremisti è tale da creare una situazione diffusa di preoccupazione tra le comunità cristiane?
R. – Direi di sì, e questo è un problema più ampio. In Pakistan, c’è negli ultimi tempi una chiara crescita di elementi fondamentalisti, dell’elemento estremista tra i musulmani, che è particolarmente violento nelle zone a ridosso dell’Afghanistan, dove l’esercito e le truppe governative non hanno ruolo, dove non riescono a entrare e vengono catturate. Ci sono addirittura circa 280 soldati, che si sono arresi alle milizie filotalebane nel Waziristan. C’è da aggiungere che l’incertezza istituzionale non aiuta, perchè l’attenzione dei ministeri preposti – il Ministero della difesa, degli interni, della polizia – che dovrebbero occuparsi dell’ordine interno è invece concentrata sulla crisi istituzionale in atto.
D. – Una situazione che scava sempre più i fossati tra le comunità religiose e, in particolare, rende molto difficile la vita a chi cerca invece il dialogo...
R. – I leader cristiani chiedono ai musulmani, ai mullah, alle istituzioni coraniche un dialogo, un dialogo fatto per controllare, per moderare, per fare in modo che capiscano che la coesistenza è necessaria. Purtroppo, dall’11 di settembre in poi i cristiani sono comunque sempre associati agli americani, alla guerra, sono associati anche a quello che è avvenuto in Iraq. Quindi, direi che questo è il problema più grave.
La Chiesa celebra la memoria di Santa Teresa d'Avila
◊ Oggi la Chiesa celebra la memoria di Santa Teresa di Gesù, la grande mistica spagnola del 1500, fondatrice delle Carmelitane e dei Carmelitani Scalzi. E’ stata la prima donna, con Santa Caterina da Siena, ad essere proclamata Dottore della Chiesa grazie a Paolo VI nel 1970. Il servizio di Sergio Centofanti.
Teresa nasce ad Avila, in Spagna, nel 1515, da una ricca famiglia castigliana. Ventenne decide di lasciare tutto per entrare in un monastero carmelitano. Ma per 20 anni - dirà lei stessa - conduce una vita spirituale mediocre. Quando iniziava a pregare - confesserà - non vede l’ora di finire. E’ un lungo periodo di aridità e combattimento spirituale.
A circa 40 anni arriva quella che chiama la sua vera conversione: l’incontro vero con Gesù, che le cambia la vita. Iniziano le esperienze mistiche, le locuzioni interiori, le visioni. Vive la cosiddetta Transverberazione: Cristo l’avvolge “in una fornace d’amore” e riceve la grazia del “matrimonio spirituale”: vive cioè in unione abituale con Dio. E il Signore la spinge a riformare l’ordine carmelitano per riportarlo al fervore delle origini. Fonda le Carmelitane e i Carmelitani Scalzi tra mille opposizioni e contrasti.
La mistica di Santa Teresa è molto concreta e all’opposto di quelle tecniche contemplative che attraverso una severa ascesi cercano la via dell’estasi: Teresa mette al centro di tutto semplicemente l’amicizia con Gesù: tutto – afferma - deve passare attraverso l’umanità di Cristo che ci ama, ci ascolta, ci parla e mai ci abbandona nelle difficoltà. Per la Santa non ci deve essere opposizione tra azione e contemplazione perché “il Signore vuole opere” e il “fine della preghiera è produrre opere”: che sono i modi infiniti suscitati dallo Spirito di amare Dio e il prossimo. Teresa, grande mistica, fonderà ben 17 monasteri e sarà un’abile organizzatrice, nella coscienza che solo “l’amore dà valore alle opere”. Santa Teresa d’Avila muore a 67 anni nel 1582, dopo una vita segnata da grandi grazie ma anche da grandi sofferenze, vissute secondo questa sua celebre esortazione:
“Niente ti turbi, niente ti spaventi, chi ha Dio nulla gli manca, tutto passa, solo Dio resta, solo Dio basta”.
Incontro a Sydney dei delegati della pastorale giovanile di tutto il mondo per la GMG 2008
◊ “La GMG è un’occasione da non perdere”. Così il cardinale George Pell, arcivescovo di Sydney, commenta l’apertura, oggi, dell’incontro internazionale dedicato alla preparazione della XXIII Giornata Mondiale della Gioventù, in programma il 15 luglio 2008. Di fronte agli oltre cento delegati della pastorale giovanile provenienti da tutto il mondo, il cardinale ha definito l’evento un’opportunità di crescita per la Chiesa australiana e per la società nel suo insieme, da tempo fortemente secolarizzata. Un evento che si annuncia fecondo ma che “tuttavia – avverte Pell – non va considerato una cura o una panacea”. La sfida – ha detto il porporato - si può vincere passando da una Chiesa conservatrice ad una missionaria, “nella quale i giovani saranno i primi evangelizzatori”. E sui giovani la Chiesa non ha paura di scommettere, aggiunge mons. Stanislaw Rylko, presidente del Pontificio consiglio per i laici, intervenuto all’incontro. “Le GMG – sottolinea mons. Rylko - sono un motore propulsore della rivoluzione di Dio nel mondo giovanile, un’avventura spirituale dell’incontro con Cristo e con la Chiesa giovane amica dei giovani, oggi più che mai assetati di valori e alla ricerca di un senso profondo della vita”. Un’opportunità educativa che pone sfide sempre nuove all’impegno pastorale, e che interpella tutti coloro che si occupano della formazione delle nuove generazioni. Una proposta di vita e di fede che raggiunge i giovani scandita dagli orientamenti precisati da Papa Benedetto XVI: “bellezza, libertà, centralità di Dio e ragionevolezza delle fede”. Dal canto suo il segretario del Pontificio Consiglio per i Laici mons. Josef Clemens ha detto che la missione non è un'opzione facoltativa ma una necessità , alla quale il cristiano non può sottrarsi perché è in gioco la salvezza degli esseri umani. I giovani sono invitati a Sidney - ha detto - non solo per l'esperienza umana e spirituale ma anche per prendere parte ad una immensa missione che potrà avere impatto sulla loro vita spirituale e sulla Chiesa di Australia e Oceania". Concludendo il suo intervento mons. Clemens si è rivolto ai delegati dei Paesi presenti, esortandoli ad "invitare i loro giovani alla preghiera, alla formazione dottrinale, con sessioni di studio sulla Parola di Dio e all'evangelizzazione e alla missione, con iniziative creative negli ambienti di vita, scuola, lavoro, tempo libero, perché la fede si rafforza donandola". (A cura di Claudia Di Lorenzi)
Dedicato a padre Ragheed Ganni, sacerdote caldeo ucciso in Iraq a giugno con 3 suddiaconi, un centro medico ad Erbil
◊ Distribuirà farmaci gratuitamente, a cristiani e musulmani, il centro medico dedicato a padre Ragheed Ganni, il sacerdote caldeo ucciso a Mosul il 3 giugno scorso insieme con tre suddiaconi. Ospitato nei locali della chiesa di Mar Qarddagh ad Erbil, in Iraq, il centro è stato inaugurato sabato scorso, sei anni dopo la data di ordinazione del sacerdote. A presiedere la cerimonia - riferisce l'Agenzia Fides - sono intervenuti mons. Paulos Faraj Rahho, vescovo caldeo di Mossul, mons. Rabban Al Qas, vescovo caldeo di Amadhiya ed amministratore vescovile di Erbil, e mons. Jaques Isaac, patriarca vicario e rettore del Babel College di Ankawa. Tra i presenti, anche mons. Gregorios Saliba Shamoun, vescovo siro ortodosso di Erbil, ed alcuni rappresentanti del governo regionale curdo, tra i finanziatori del progetto. Per far conoscere al mondo la figura di padre Ganni è stato ideato, inoltre, un sito web dedicato alla raccolta delle testimonianze di coloro che lo hanno conosciuto e accompagnato nella sua vita spirituale. Il progetto – afferma padre Rayan Atto, parroco della chiesa cattolica Caldea di Mar Qardagh – ha già ricevuto l’approvazione di mons. Rahho e sarà supportato dalla pubblicazione di un libro. Strumenti che – sottolinea il sacerdote all'Agenzia Sir – “serviranno a rinnovare il ricordo di uno dei martiri della nostra Chiesa, a comprendere a fondo le linee guida della sua vita e a seguirle come esempio di vita cristiana”. Scopo del progetto è anche quello di tener desta l’attenzione della Chiesa nel mondo e dell’opinione pubblica internazionale sulla difficile condizione della comunità cristiana in Iraq, una minoranza minacciata e quotidianamente perseguitata. Gli osservatori della Caritas Internationalis descrivono una comunità costretta alla fuga e allo sfollamento: secondo i dati forniti dall’organizzazione cattolica i cristiani rappresenterebbero il 10 per cento degli 800.000 profughi fino ad oggi rifugiati in Giordania dall’Iraq. (C.D.L)
Rapporto Caritas-Zancan: cresce la povertà in Italia. A rischio le famiglie con più di due figli
◊ I dati del Rapporto si riferiscono ad oltre 30.400 persone in difficoltà che si sono rivolte a 264 centri di ascolto Caritas. I due terzi degli utenti rilevati sono cittadini stranieri, in particolare della Romania e dell’Africa settentrionale. La maggior parte di questi è in possesso di permesso di soggiorno. Ma non vanno trascurati gli italiani, sempre più insicuri di arrivare alla fine del mese, in crescita anche al nord. La mancanza di titoli di istruzione è spesso denominatore comune; uno su sette degli intervistati è inoltre in condizioni di grave precarietà abitativa. I due terzi sono in situazione di disoccupazione, a testimonianza del fatto che quello del lavoro resta il problema più grave. "Avere tre figli da crescere significa – afferma inoltre il rapporto - un rischio di povertà pari al 27,8 per cento, e nel Sud questo valore sale al 42,7 per cento". "Il passaggio da 3 a 4 componenti espone 4 famiglie su 10 alla possibilità di essere povere. Appartenere a una famiglia composta da 5 o più componenti aumenta il rischio di essere poveri del 135 per cento, rispetto al valore medio dell'Italia. Ogni nuovo figlio, dunque, costituisce per la famiglia, oltre che una speranza di vita, una crescita del rischio di impoverimento. L'Italia, coscientemente o meno, incoraggia le famiglie a non fare figli". "I risultati di una tale politica - sottolinea il testo - si vedono: l'Italia occupa uno degli ultimi posti al mondo per indice di natalità". Il presidente di Caritas Italiana, mons. Francesco Montenegro, ha denunciato un indebolimento della coscienza pubblica in Italia, spiegando: “la povertà non è un destino, occorrono politiche di giustizia”. Per passare dalle parole ai fatti, Caritas italiana e Fondazione Zancan hanno lanciato oggi una proposta concreta di un piano di lotta alla povertà per non rassegnarsi. Ecco, quindi, per una strategia organica di contrasto due appelli alle istituzioni: passare da trasferimenti monetari a servizi e da gestione centrale a gestione decentrata del problema. (A cura di Paolo Ondarza)
Ad Amalfi, il prossimo 22 ottobre, il Patriarca ecumenico di Costantinopoli Bartolomeo I
◊ Nell’ambito delle celebrazioni per l’ottavo centenario della traslazione delle reliquie di Sant’Andrea da Costantinopoli ad Amalfi, il 22 ottobre prossimo si recherà sulla tomba dell’Apostolo il Patriarca ecumenico di Costantinopoli, Bartolomeo I. “La visita del Patriarca alla nostra Chiesa – afferma don Antonio Porpora, vicario episcopale per la pastorale dell’arcidiocesi di Amalfi-Cava dé Tirreni – è un vero dono del Signore e, dopo secoli, per la prima volta, unisce Amalfi e Costantinopoli, le due città che hanno potuto custodire le reliquie dell’Apostolo Andrea”. Dal punto di vista storico - prosegue il sacerdote - “costituisce la ripresa di un’antica amicizia tra Amalfi e Costantinopoli, attuale Istanbul, perché Bartolomeo I viene per proporci un possibile sentiero futuro, quel sentiero che la nostra arcidiocesi sta già dando al cammino ecumenico, rilevante nella Chiesa contemporanea e nei programmi di Benedetto XVI”. L’amministrazione comunale di Amalfi – riferisce infine l’Agenzia Sir - conferirà la cittadinanza onoraria al patriarca Bartolomeo I, mentre mons. Orazio Soricelli, arcivescovo di Amalfi-Cava dé Tirreni, consegnerà al Patriarca una reliquia dell’Apostolo Andrea, da portare ad Istanbul. (A.L.)
Si apre oggi la Plenaria della Conferenza episcopale canadese a Cornwall
◊ Sono almeno 80 i vescovi attesi alla Conferenza episcopale canadese (CECC), in programma a Cornwall da oggi a venerdì prossimo. Durante l’assise, si designerà anche il nuovo presidente dell’episcopato canadese. Come tema di fondo è stato scelto quello della “nuova evangelizzazione”. Su questo tema interverranno il sociologo Reginald Bibby dell’Università di Lethbridge e mons. Claude Champagne, già docente di missiologia all’Università di Saint-Paul. Nel corso dell’incontro, i presuli continueranno la loro riflessione sulla ristrutturazione della Conferenza al fine di renderla meglio rispondente alle esigenze attuali della Chiesa. L’attenzione si rivolgerà, in modo particolare, alle commissioni episcopali, organi impegnati in una sfera specifica dell’attività pastorale: affari sociali, teologia, diritto canonico, unità dei cristiani e dialogo interreligioso, evangelizzazione, comunicazione, liturgia, educazione cattolica. I vescovi saranno inoltre informati dell’iter di preparazione del Congresso Eucaristico Internazionale, in programma a Québec nel giugno 2008. Saranno presenti ai lavori alcuni osservatori, tra cui sacerdoti, membri di associazioni cattoliche ed esponenti di Chiese cristiane. Come di consueto, un leader religioso è stato invitato a prendere la parola davanti ai Vescovi; quest’anno, per la prima volta nella storia della Conferenza, a rivolgersi all’Episcopato sarà un rappresentante della comunità musulmana, l’imam Zijad Delic, direttore generale del Congresso islamico canadese. (A.L.)
Assegnato a due suore, una laica e ad un sacerdote il XVII Premio "Cuore Amico"
◊ Il premio “Cuore Amico”, giunto quest’anno alla XVII edizione, è stato consegnato a Brescia a due suore dorortee, una laica e un sacerdote del Pontificio Istituto Missioni Estere (PIME). Le suore Giuliana e Gianpaola Gorno, sorelle, assistono i giovani della comunità di ‘Nuestra Señora de Itatí’, in Argentina. La laica Erica Tellaroli si dedica ai malati delle Ande peruviane. Padre Danilo Fenaroli ha fondato a Mouda, in Camerun, un centro di accoglienza e riabilitazione per disabili fisici e psichici. “La povertà nelle sue diverse espressioni – ha detto suor Giuliana all’Agenzia Misna - è la sfida che ci spinge”. Oltre all’assistenza sociale e spirituale dei più poveri tra i 15.000 abitanti della comunità, è stata avviata una scuola di taglio e cucito che ha a sua volta dato vita a una cooperativa; per i più giovani è stato organizzato un corso di informatica. Per poter assegnare il premio a Erica Tellaroli, la giuria ha fatto un’eccezione rispetto alla regola che impone almeno 20 anni di missione: “Sono arrivata a Pomallucay 13 anni fa – ha detto - ed ero totalmente impreparata alla cura di malati terminali e psichici”. Il lavoro e la costanza di Erica però hanno portato alla costruzione di una casa di accoglienza e lei conserva intatto l’entusiasmo degli esordi nonostante le difficoltà non manchino: “In realtà – ha aggiunto Erica Tellaroli - la ‘poesia’ dei poveri ti passa alla svelta: i poveri esigono, non pensano mai che tu sei stanca, chiedono, molto spesso ti chiamano ricca”. Di malati psichici e disabili fisici si occupa infine padre Danilo Fenaroli: “Ho visto tante persone incatenate perché i familiari temevano la loro aggressività; ho visto persone abbandonate a causa della follia e bambini condannati a morire perché creduti preda del demonio. Ho pensato che bisognasse fare qualcosa per loro”. Grazie al suo contributo e alle sue idee è nata una struttura che oggi accoglie una trentina di bambine con handicap mentale, una quarantina di orfani, 10 sordomuti e altri disabili adulti. Il premio “Cuore Amico” viene assegnato ogni anno dall’omonima associazione fondata da don Mario Pasini. (A.L.)
Il premio Nobel per l'economia è stato assegnato a Stoccolma a tre statunitensi per il loro lavoro sulla teoria della concezione dei meccanismi
◊ Il premio Nobel per l’Economia è stato conferito ai tre economisti americani Leonid Hurwicz, Eric Maskin e Roger Myerson. La motivazione della Reale accademia svedese delle scienze fa riferimento ai loro studi che hanno gettato le basi della cosiddetta “teoria del design”, che consente agli economisti di distinguere i mercati che funzionano bene da quelli che funzionano meno bene. Lo scorso anno il Nobel per l’economia era stato assegnato allo statunitense Edmund Phelps per le teorie sulla dinamica dell'inflazione e della disoccupazione. Myerson è nato nel 1951 è insegna all'università di Chicago. Leonid Hurwicz è nato nel 1917 ed è professore emerito dell'università del Minnesota. Maskin è nato nel 1950 e insegna alla Princeton University. (A.L.)
Si inaugura oggi la “Scuola kolbiana di esperienza e di testimonianza cristiana”
◊ Si propone la ricerca, l'approfondimento e l'attualizzazione delle intuizioni di San Massimiliano M. Kolbe e della sua eredità nel cammino della Chiesa la “Scuola kolbiana di esperienza e di testimonianza cristiana” che sarà inaugurata questo pomeriggio presso la Pontificia Facoltà Teologica “S. Bonaventura”. Alla cerimonia saranno presenti il Gran Cancelliere del Seraphicum, padre Marco Tasca, Ministro Generale dell'Ordine dei Frati Minori Conventuali, e il Preside della Pontificia Facoltà Teologica, padre Zdzislaw J. Kijas. Dopo l'introduzione di Annamaria Calzolaro, delle Missionarie dell'Immacolata - Padre Kolbe, seguirà l'intervento di Giulia Paola Di Nicola e Attilio Danese su “La testimonianza cristiana nella vita di S. Massimiliano e nel contesto contemporaneo”. Durante l'incontro - riferisce l'Agenzia Zenit - saranno proclamati brani tratti dagli “Scritti di San Massimiliano Maria Kolbe”, selezionati da suor Stella Lepore, delle Sorelle Minori di Maria Immacolata. Seguirà una tavola rotonda sul tema “La testimonianza cristiana nei diversi ambiti della vita dell'uomo”, alla quale interverranno l'Arcivescovo Angelo Amato, Segretario della Congregazione della Dottrina della Fede, padre Jerzy Norel, Vicario Generale dei Frati Minori Conventuali, padre Zdzislaw J. Kijas, padre Eugenio Galignano, Presidente e Assistente della Milizia dell'Immacolata, e madre Maria Elisabetta Patrizi, Fondatrice e Prima Responsabile delle Sorelle Minori di Maria Immacolata. Il dibattito sarà moderato da padre Gianfranco Grieco, giornalista de “L'Osservatore Romano”. L'evento cade alla vigilia del 90° anniversario della fondazione della Milizia dell'Immacolata (M.I.), che il 16 e 17 ottobre vedrà tutti gli appartenenti all’associazione riunirsi a Roma per celebrare i 25 anni dalla canonizzazione di San Massimiliano Kolbe e i 10 anni del riconoscimento dell'associazione da parte della Santa Sede. (C.D.L.)
Il presidente russo Putin conferma il suo viaggio in Iran all'indomani della notizia della preparazione di un attentato contro di lui - Prosegue la visita in Asia dell'inviato dell'ONU per l'ex Birmania, Gambari, che chiede alla Giunta militare di mettere fine agli arresti
◊ E’ stato lo stesso presidente russo Putin a confermare la sua visita di due giorni in Iran che prenderà il via questa sera. Stamani, un portavoce del Cremlino aveva mostrato incertezza sull’arrivo a Teheran del presidente dopo la notizia di un attentato in preparazione contro di lui. Putin parteciperà al vertice dei Paesi rivieraschi del Mar Caspio, insieme con i delegati di Kazakhstan, Azerbaigian e Turkmenistan. Dalla Germania, dove ha incontrato il cancelliere Merkel, il capo del Cremlino ha anche espresso la speranza di avere “un dialogo diretto” con il presidente iraniano Ahmadinejad per risolvere “in modo pacifico il problema del nucleare iraniano”. Oggi, si attende il via libera alla prima centrale nucleare iraniana a Bushehr, grazie all’apporto della Russia.
- Prosegue la visita di Condoleezza Rice in Medio Oriente, in vista della Conferenza di pace programmata il mese prossimo negli Stati Uniti. Dopo l’incontro con il premier israeliano Olmert, il segretario di Stato americano è arrivata a Ramallah per un colloquio con il presidente palestinese, Abu Mazen. Al passaggio in Cisgiordania, il suo convoglio è stato bloccato per la presenza di un auto sospetta. Domani, la Rice è attesa in Egitto per incassare la disponibilità dei Paesi arabi più moderati in vista del vertice nel Maryland. Mercoledì, nuovo round di colloqui con israeliani e palestinesi.
- Resta incerto il bilancio dei violenti scontri tra miliziani sciiti e forze irachene e americane scoppiati nella città di Diwaniyah. Per alcune fonti, ci sono due civili morti e 19 feriti, per altre le vittime sarebbero 5. C’è attesa in Turchia dove il parlamento è riunito per dare il via libera alle operazioni oltre confine contro i militanti curdi del PKK che hanno diverse basi nel nord dell’Iraq. Si è mostrato contrario alla mozione il governo di Baghdad che ha invitato Ankara ad astenersi da un intervento sul suo territorio.
- La possibile offensiva turca nel nord dell’Iraq ed i conseguenti problemi ai rifornimenti mondiali di greggio avrebbero fatto balzare il prezzo del petrolio che, oggi a New York, ha toccato quota 85 dollari al barile, segnando così un nuovo record.
- Con una lunga relazione, il presidente cinese, Hu Jintao, ha aperto a Pechino il 17.mo congresso del Partito comunista, un appuntamento che si ripete ogni cinque anni e al termine del quale vengono rinnovati i quadri del partito. Parlando ai 2.200 delegati, Hu Jintao ha sottolineato la necessità di “migliorare la democrazia socialista” e di “governare in base alle leggi”. Toni più duri invece sulla questione di Taiwan. Il leader del Partito comunista ha auspicato un accordo di pace ma ha escluso ogni ipotesi di indipendenza per l’isola, dichiaratasi autonoma dal 1949. Nel discorso di Hu Jintao, ha trovato spazio anche “lo sviluppo sostenibile” e per quanto riguarda l’economia il presidente ha promesso impegno per “accelerare la crescita delle multinazionali cinesi” e un graduale aumento del tasso di cambio dello yuan.
- E’ in Asia l’inviato dell’ONU per la Birmania, Ibrahim Gambari. Scopo del suo secondo viaggio è di intensificare la pressione diplomatica su Yangon dove tornerà a breve. Giunto in Thailandia ha subito lanciato un appello alla Giunta militare affinché cessi gli arresti. Il nostro servizio:
“Profondo sconcerto” ha risposto così il nigeriano Gambari alla notizia dei nuovi fermi, eseguiti dal regime di Yangon, lo scorso fine settimana. Secondo le organizzazioni per i diritti umani, sarebbero sei gli attivisti messi in prigione. Arresti “che contrastano - ha detto l’inviato dell’ONU - con lo spirito di reciproco impegno” tra le Nazioni Unite e la Birmania. L’emissario di Ban Ki-moon ha chiesto alla Giunta di sospendere la politica di repressione e di favorire il rilascio di tutti i prigionieri politici. Gambari ha parlato dalla Thailandia, prima tappa di una missione in Asia che ha lo scopo di creare un fronte comune contro le violenze messe in atto dai militari. Il diplomatico toccherà anche altri Paesi come la Malaysia, l’Indonesia, l’India, la Cina ed il Giappone, per poi tornare in Birmania - la seconda volta in poco tempo - e conferire nuovamente con la Giunta. Intanto, il premier thailandese, Surayud Chulanont, ha lanciato l’ipotesi di colloqui multilaterali fra le Nazioni Unite, Yangon, i dieci Paesi del sud-est asiatico membri dell’ASEAN (l'Associazione delle nazioni del sud-est asiatico), l’India e la Cina, sul modello dei “colloqui a sei” che hanno sbloccato la crisi nucleare nordcoreana. In Birmania, la stampa di regime accusa la comunità internazionale di voler installare un governo sotto la sua influenza. I generali avrebbero intenzione di rilanciare un progetto di sette punti, la “Roadmap per la democrazia”. Un piano pensato nel 2003 per mettere fine alla dittatura.
- Nella corsa alle presidenziali in Corea del Sud, fissate per dicembre, si aggiunge il nome dell’ex ministro per l’Unificazione, Chung Dongyoung, scelto dalla coalizione progressista di maggioranza. L’ex giornalista ha il difficile compito di recuperare consensi su Lee Myungbaek, il candidato conservatore del Grande partito nazionale di opposizione, che nei sondaggi avrebbe il 50 per cento. Fuori dai giochi l’attuale capo dello Stato, Roh Moohyun, che, in base alla Costituzione, non può ricandidarsi per un secondo mandato.
- In Togo, si è votato ieri per il rinnovo degli 81 seggi del parlamento. Positiva la valutazione del voto da parte degli osservatori internazionali, che hanno vigilato su queste elezioni legislative, le prime in 13 anni cui abbiano preso parte tutti i partiti politici del Paese. Alta l’affluenza, che ha superato il 50% dei 3 milioni di aventi diritto, 32 le liste in lizza. Per un bilancio di questa importante tornata elettorale, sentiamo Giulio Albanese:
La valutazione complessiva delle elezioni svoltesi ieri in Togo non può che essere positiva, a confermarlo sono stati gli osservatori internazionali che hanno vigilato scrupolosamente sulle operazioni di voto. Il risultato di questa consultazione potrebbe segnare la svolta rispetto allo strapotere della famiglia del defunto presidente-padrone, Gnassingbè Eyadema. Da segnalare che alle elezioni ha preso parte anche l’Unione delle forze per il cambiamento, il partito del rivale storico di Eyadema, Gilchrist Olimpio. La comunità internazionale ed in particolare l’Unione Africana e l’Unione Europea guardano con grande interesse al risultato finale di questa consultazione, non fosse altro perché il rilancio dell’economia dipende, secondo i tradizionali Paesi donatori, dal grado di affidabilità della democrazia togolese. La principale risorsa mineraria del Togo sono i fosfati, che costituiscono circa il 50 per cento delle esportazioni complessive del Paese. I risultati della tornata elettorale si sapranno comunque solo tra qualche giorno. (Per la Radio Vaticana, Giulio Albanese)
- Grande partecipazione in Italia alle primarie del Partito democratico. Oltre 3 milioni di persone hanno votato per scegliere il leader della nuova formazione politica che sarà l’attuale sindaco di Roma, Walter Veltroni. A metà scrutinio, il primo cittadino della capitale è in testa con il 75,6 per cento delle preferenze, più distante Rosy Bindi al 14 ed Enrico Letta con il 10,1 per cento. Il premier Prodi ha precisato che se le primarie fossero state un fallimento il governo sarebbe saltato.
- Non ha provocato né vittime né feriti l’esplosione avvenuta al terzo piano dell’ambasciata croata ad Ankara. Le forze dell’ordine turche stanno accertando le cause dell’accaduto. (Panoramica internazionale a cura di Benedetta Capelli)
Da domenica 28 ottobre il Radiogiornale della sera in lingua italiana, andrà in onda alle ore 19.30 sulle onde medie di 585 e 1.530 kHz e in modulazione di frequenza di 105 MHz. La trasmissione andrà in replica alle ore 21.00 e 23.00.
Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LI no. 288
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