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SOMMARIO del 02/10/2007
Benedetto XVI nomina Gentiluomo di Sua Santità il direttore uscente dell'Osservatore Romano, Agnes: apprezzo vivamente le sue "doti di intelligenza e cuore", spese a servizio della Chiesa
◊ Con una lettera nella quale esprime "vivo apparezzamento" per le "doti di intelligenza e di cuore" e per la sensibilità sempre mostrata verso il messaggio e i valori cristiani, in particolare per la loro diffusione nel campo dei media, Benedetto XVI ha annoverato il direttore uscente dell'Osservatore Romano, il prof. Mario Agnes, tra i gentiluomini di Sua Santità, inserendolo stabilmente nella Famiglia Pontificia. I particolari della lettera del Papa nel servizio di Alessandro De Carolis:
Gli insegnamenti del Vaticano II e la loro traduzione nella vita concreta, l'attenzione alla realtà della persona umana ed il rispetto della sua dignità, la difesa della vita umana in tutto l'arco della sua esistenza e l'impegno nel rendere i gruppi associativi delle "autentiche scuole di formazione alla democrazia". Con una lettera di sincero elogio e di gratitudine per quanto fatto nei 23 anni di direzione dell'Osservatore Romano, Benedetto XVI ha voluto onorare la conclusione di questo servizio inserendo il prof. Mario Agnes tra i Gentiluomini di Sua Santità e ponendo in risalto i valori che ne hanno orientato la lunga vita professionale. Un segno del "personale apprezzamento" dell'attuale Pontefice, che ricorda con le parole di Giovanni Paolo II nell'85 "il coerente impegno cristiano, l'amore alla Chiesa e l'esemplare fedeltà al Magistero" che avevano da sempre contraddistinto l'azione del prof. Agnes all'interno del tessuto ecclesiale. Benedetto XVI si è soffermato sugli anni precedenti alla direzione dell'Osservatore Romano, che hanno visto il prof. Agnes dapprima presidente dell'Azione Cattolica, dal 1973 al 1980, e poi presidente della Società editrice del quotidiano Avvenire, carica alla quale fu chiamato da Paolo VI. "Mette conto di rilevare - scrive il Papa - come in tutte queste fasi del Suo servizio ecclesiale Ella abbia sempre mostrato un peculiare interesse per la comunicazione scritta del Messaggio cristiano", con la convinzione, si legge più avanti, di dover rendere sempre più "incisiva nell'agorà massmediatica la presenza del laicato cattolico".
"Alla luce di questo diuturno e qualificato servizio reso ai Papi e alla Chiesa - proseguer Benedetto XVI - come non provare verso di Lei, caro Professore, sentimenti di sincera considerazione e di profonda gratitudine?" Come è anche "doveroso - soggiunge - riconoscere l'impegno posto nel creare tra il personale de 'L'Osservatore Romano' una comunità di lavoro che fosse all'altezza delle nobili tradizioni ereditate. Per tutte queste ragioni ed in segno del mio personale apprezzamento, ho voluto - scrive il Papa - annoverarLa tra i miei Gentiluomini, introducendoLa così stabilmente nella Famiglia Pontificia. Le sono vicino con l'assicurazione di una speciale preghiera al Signore perché Le sia largo di interiori consolazioni e La sostenga nelle attività che continuerà a svolgere in spirito di amore e di servizio alla Chiesa". Contestualmente alla nomina del prof. Giovanni Maria Vian a nuovo direttore del quotidiano della Santa Sede, il Papa ne ha conferito al prof. Agnes il titolo di direttore emerito.
La gratitudine di Benedetto XVI per i dipendenti delle Ville Pontificie, al termine del soggiorno a Castel Gandolfo. Domani, il rientro in Vaticano
◊ “Un soggiorno proficuo e tranquillo”: così Benedetto XVI ha definito il periodo di riposo a Castelgandolfo durante la cerimonia di congedo dai dipendenti delle Ville Pontificie della cittadina laziale, che si è svolta nel tardo pomeriggio di ieri. Un saluto in vista del ritorno in Vaticano, domani in mattinata, in coincidenza con l’udienza generale. Il servizio di Benedetta Capelli:
“Viva riconoscenza per il vostro lavoro e per la dedizione con cui lo svolgete”. Sono le parole di gratitudine di Benedetto XVI pronunciate ieri ai dipendenti delle Ville Pontificie di Castel Gandolfo, al termine di un soggiorno iniziato la sera del 27 luglio, al rientro dal soggiorno dolomitico di Lorenzago di Cadore. Nel ringraziare quanti hanno permesso che la sua vacanza sia stata tranquilla e proficua, il Papa ha invitato tutti a proseguire nel loro lavoro:
“Continuate ad operare con spirito di fede perché le vostre attività diventino una testimonianza di amore e di fedeltà a Cristo, che chiama tutti i suoi discepoli a seguirlo, realizzando ciascuno la propria specifica vocazione nella Chiesa e nel mondo”.
Sottolineando l’efficienza e la generosità dei dipendenti pontifici, Benedetto XVI ha pregato perché il Signore li ricompensi “per lo spirito di sacrificio” con cui svolgono il loro compito. Infine, riferendosi alla festività dei Santi Angeli Custodi, che si celebrano oggi, ha aggiunto:
“Celebriamo la festa degli Angeli Custodi, vi affido all’amorevole protezione di questi spiriti celesti: siano essi a guidarvi e ad accompagnarvi sulla via del bene. Vi ringrazio nuovamente di tutto e formulo, per ognuno di voi, voti di vita serena ed operosa”.
E dopo il suo grazie, il Pontefice ha rinviato al prossimo anno:
“A tutti voi un cordiale arrivederci! Vi assicuro che continuerò a pregare perché Dio protegga voi e i vostri cari. Anche voi, cari amici, accompagnatemi sempre con il vostro orante ricordo”.
Già venerdì scorso, Benedetto XVI aveva incontrato le diverse comunità di Castelgandolfo per un saluto in vista del rientro in Vaticano. Nell’occasione, aveva sottolineato “lo stile di cordiale ospitalità” che contraddistingue la piccola cittadina laziale. “Il Papa - aveva detto - conta sul vostro sostegno spirituale perché possiate aderire con costante generosità, alla esigente chiamata alla perfezione evangelica, per servire in letizia e dedizione il Signore e i fratelli”.
Intervento all’ONU del segretario per i Rapporti con gli Stati, mons. Mamberti: i leader religiosi devono rispettare per primi la libertà di culto, presupposto per la pace tra i popoli
◊ Dialogo e cooperazione tra le Nazioni, pace e sicurezza, prevenzione dei conflitti: questi i temi affrontati dall’arcivescovo Dominique Mamberti, segretario per i Rapporti con gli Stati, nel suo intervento ieri all’Assemblea le Nazioni Unite, in corso nel Palazzo di Vetro dell’ONU, a New York. Il servizio di Roberta Gisotti:
Si è felicitato, l’arcivescovo Mamberti, con il segretario generale delle Nazioni Unite, Ban Ki-moon, alla sua prima Assemblea plenaria, ricordando come il progetto per rinnovare l’intero sistema dell’ONU, approvato circa un anno fa, sia “un ottimo promemoria per gli Stati”, al fine di rinvigorire continuamente “i grandi obiettivi”, che hanno ispirato la nascita delle Nazioni Unite, 62 anni fa. Anzitutto, ha ricordato il presule, “salvare le future generazioni dal flagello della guerra”, “confermare la fiducia nei fondamentali diritti umani e nella dignità e valore della persona umana”, “assicurare rispetto per il diritto internazionale” e “promuovere il progresso sociale nella libertà universale”. “Oggi, una volta di più” - ha sottolineato il rappresentante vaticano - dobbiamo pronunciare “un forte ‘no’ alla guerra e un egualmente forte ‘si’ all’umana dignità”.
L’arcivescovo Mamberti ha quindi plaudito l’intenzione del presidente della 62.ma Assemblea, l’ex primo ministro macedone, Srgjan Kerim, di tenere alto il livello del dialogo per la comprensione interreligiosa e intercultuale e la cooperazione per la pace. Il dialogo tra popoli di diverse culture e religioni - ha detto il presule - non è un opzione: è un qualcosa di "indispensabile per la pace e per il rinnovamento della vita internazionale”. Ha lamentato, mons. Mamberti, che ancor “oggi, il diritto alla libertà religiosa continua ad essere inosservato ed anche violato.” “Se i leader religiosi e i fedeli - ha spiegato il presule - si aspettano che gli Stati e le società li rispettino e riconoscano le loro religioni veramente come strumento di pace, loro stessi devono rispettare la libertà religiosa; devono mostrare che essi sono impegnati a promuovere pace ed evitare violenza; devono dimostrare che la religione non è e non deve diventare un pretesto per conflitti; devono dichiarare senza ambiguità che promuovere la violenza o fare la guerra in nome della religione è un’evidente contraddizione”.
Ha rimarcato poi, l’arcivescovo Mamberti, il 50.mo anniversario quest’anno dell’Agenzia dell’ONU per l’energia atomica (AIEA) per sollecitare l’impegno per “la non proliferazione delle armi nucleari, la riduzione e il definitivo smantellamento delle armi esistenti e l’uso non discriminatorio, pacifico e sicuro della tecnologia nucleare”. La Santa Sede sollecita inoltre “una seria ed efficace azione” per interdire le cosiddette "bombe a grappolo", un imperativo etico a fronte dell’alto costo di vite, vittime in massima parte civili, specie bambini.
Riferendosi alla missione delle Nazioni Unite nei contesti più caldi del pianeta, mons. Mamberti, ha citato diversi casi. Anzitutto il Darfur, auspicando che gli sforzi per riportare la pace in quella regione del Sudan, abbiano finalmente pieno compimento e cosi anche si arrivi ad una “definitiva soluzione ai conflitti che per troppo lungo tempo hanno causato spargimenti di sangue in Medio Oriente”. Ha chiesto perciò “un rinnovato impegno” di tutti i Paesi dell’ONU per la “pacificazione e ricostruzione” “morale e politica prima che economica” dell’Iraq, ed anche per “una soluzione attraverso il dialogo al conflitto tra Israeliani e palestinesi”, “capace di riconoscere le legittime aspettative di ognuna delle parti”, e per assicurare infine che il Libano continui ad essere un Paese libero e indipendente, una società democratica, multiculturale e pluriconfessionale, equa e rispettosa di tutti i popoli”, come "una casa comune aperta agli altri”. “Questo è particolarmente necessario - ha raccomandato il rappresentante della Santa Sede - nel presente cruciale periodo in vista dell’elezione del nuovo capo di Stato”. Infine, un pensiero per il Myanmar, per reiterare l’appello del Papa all’Angelus di domenica scorsa perché “attraverso il dialogo, la buona volontà e lo spirito di umanità” si possa trovare presto una soluzione alla crisi, “per il bene del Paese e per un futuro migliore di tutti i suoi abitanti”.
Il cardinale Francis Arinze fa un bilancio della sua missione negli Stati Uniti, fra i laici e i sacerdoti che chiedono la formazione cristiana permanente
◊ L’approfondimento della fede, tradotto in un'esperienza di formazione permanente, è un desiderio costante sia del laicato sia di numerosi sacerdoti degli Stati Uniti. Agli esponenti di entrambe le categorie ha parlato il cardinale Francis Arinze, prefetto della Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti. Il porporato è rientrato da un viaggio che lo ha portato dapprima nella diocesi di Colorado Springs, per l'incontro con i gruppi laicali, quindi nel Kentucky per un analogo appuntamento con i sacerdoti. Il convegno è stato organizzato da "Legatus", un’organizzazione di laici ad alto livello nelle industrie, negli uffici, creata da Thomas Monahan. Tema di quest'anno: matrimonio e famiglia. Giovanni Peduto ha sentito il cardinale Arinze:
R. - Se la famiglia sta bene, se il matrimonio si stabilisce secondo le leggi del Creatore, c’è speranza per la Chiesa e per la società, altrimenti siamo nei guai, perché tutti noi proveniamo dalla famiglia. Allora, ho parlato dell’importanza di guardare “le istruzioni” del Creatore. Ad esempio, se uno compra uno computer, studia le istruzioni di chi l’ha fatto. Se uno compra un aereo jet, è nel suo interesse seguire le istruzioni di chi ha costruito questo apparecchio. Se il matrimonio e la famiglia li vediamo bene, ci accorgiamo che non sono nostra invenzione, il Creatore è Dio e se vogliamo che funzionino bene, dobbiamo seguire le “istruzioni” del Creatore e così saremo in giusta linea, perché Dio sa ciò che è buono per noi. La dottrina della Chiesa non è altro che spiegare i Dieci Comandamenti, spiegare la natura umana creata da Dio, elevata allo stato di grazia da Cristo Redentore. Il Sacramento del matrimonio diventa per i cristiani un’elevazione di quel contratto già naturale di legame tra un uomo ed una donna: non è una definizione che noi possiamo “rifare” perché il Signore ha già fatto tutto. Questa è la linea di ciò che ho detto e io ho visto grande interesse tra di loro.
D. - Eminenza, passiamo ai sacerdoti del Kentucky: cosa può riferirci in proposito?
R. - Si tratta della diocesi di Covington. Il vescovo, Roger Joseph Foys, e i suoi sacerdoti dedicano tre giorni alla formazione continua ogni due anni, recandosi fuori della diocesi in un luogo separato. Questa volta il loro focus era sulla liturgia e sull’Eucaristia e mi hanno chiesto di animare le riflessioni per due giorni: parlando, facendo delle proposte, a cominciare con il posto occupato dalla liturgia nella nostra vita ecclesiale e nella nostra vita personale di cristiani e di sacerdoti, e poi il posto centrale della Santissima Eucaristia in tutto quel complesso di culto della Chiesa del quale è centro e apice. Ruotano intorno all’Eucaristia tutta la vita della Chiesa, tutti gli altri Sacramenti ed anche i nostri sforzi, le iniziative apostoliche. Il sacerdote deve sentirsi bene con Gesù nella Santissima Eucaristia, che è sacrificio da una parte e Sacramento dall’altra parte. Così, il sacrificio della Messa l’Eucaristia non finisce, è Sacramento che continua. E dunque: visita al Santissimo Sacramento, ora di adorazione - addirittura tutta la giornata, perché no, si fa già da molte parti - e poi venerazione ed adorazione dell’Eucaristia in processioni eucaristiche, benedizione eucaristica ed anche congresso eucaristico. Per tutto questo, il documento recente del Santo Padre Sacramentum Caritatis, è di grandissima attualità.
In corso fino a venerdì prossimo, in Vaticano, la plenaria della Commissione teologica internazionale
◊ Un progetto di documento sulla legge morale naturale, "che ha lo scopo di riflettere e approfondire la ricerca dei fondamenti di un’etica universale". E' uno degli obiettivi principali della plenaria annuale della Commissione Teologica Internazionale, in corso fino al 5 ottobre presso la “Domus Sanctae Marthae”, in Vaticano. A presiederla è il cardinale William Levada, prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, mentre i lavori sono diretti dal segretario generale, padre Luis Ladaria. Durante il dibattito, sottolinea una nota ufficiale, verrà anche analizzato "il testo di una bozza di Documento circa il tema dell’identità della teologia, del suo senso e del suo metodo". La plenaria sarà suggellata, venerdì prossimo, dall'udienza con Benedetto XVI.
Si è spento, a 67 anni, mons. Gianni Danzi, arcivescovo prelato del Santuario di Loreto. Un mese fa aveva accolto il Papa all'Agorà dei giovani
◊ Lutto nel mondo della Chiesa. In provincia di Varese, verso le quattro di questa mattina, si è spento l’arcivescovo, mons. Gianni Danzi, delegato apostolico della Santa Casa di Loreto, che aveva accolto un mese fa Benedetto XVI durante l'Agorà dei giovani al Santuario mariano. Da tempo malato, il presule 67.enne aveva fatto pervenire recentemente una lettera ai fedeli, letta domenica scorsa durante la Messa in Basilica a Loreto, nella quale tra l'altro affermava: “Il tempo si fa breve. Sento sempre più portarmi all'incontro definitivo con Cristo”. Le esequie di mons. Danzi, saranno celebrate venerdì mattina nella Basilica della Santa Casa. A presiedere il rito sarà il cardinale Sergio Sebastiani, presidente della Prefettura degli Affari economici, mentre l'omelia sarà pronunciata dal cardinale patriarca di venezia, Angelo Scola.
Oggi su "L'Osservatore Romano"
◊ Servizio vaticano - Lettera del Santo Padre al prof. Mario Agnes, direttore de "L'Osservatore Romano".
Servizio estero - Myanmar: l'inviato delle Nazioni Unite incontra il capo della giunta militare.
Servizio culturale - Un articolo di Gian Luigi Giovanola dal titolo "Incomparabile poeta gentiluomo"; ricordi d'artista: Bartolo Cattafi.
Per l' "Osservatore libri" un articolo di Marco Testi dal titolo "Fuori dagli schemi, ma legato alla sua epoca": fortuna critica e rapporto con gli autori contemporanei in un nuovo studio su Pirandello.
Servizio italiano - In rilievo il tema della finanziaria.
Stretta di mano storica a Pyonyang fra i presidenti delle due Coree, inizio del vertice di riconciliazione. L'opinione di Stefano Vecchia
◊ Storico incontro oggi in Corea del Nord tra il leader di Pyongyang, Kim Jong Il, e il presidente sudcoreano, Roh Mooh Yun. La stretta di mano tra i due capi di Stato segna l’inizio di un vertice di quattro giorni, cui prendono parte anche Cina, Russia e Giappone, per favorire il processo di riconciliazione e riunificazione tra i due Paesi. Ad amplificare inoltre la portata del dialogo tra le due Coree - come confermato dall’agenzia AsiaNews - è la presenza nella delegazione ufficiale sudcoreana anche del presidente della Conferenza episcopale, mons. John Chang. Sull’importanza di questo evento Stefano Leszczynski ha intervistato Stefano Vecchia, giornalista esperto dell’area:
R. - Diciamo che al di là della cordialità di facciata ci sono effettivamente dei movimenti verso la riconciliazione e verso la pace. Certamente la situazione è favorita dal raggiungimento di un accordo sullo smantellamento degli impianti nucleari nord coreani.
D. - Si può dire che la Nord Corea inizi a guardare con un certo interesse al modello dell’economia di mercato, dopo i risultati raggiunti negli ultimi decenni da Seul?
R. - Quello che è certo è che il Paese ha assolutamente bisogno di cambiare, di aprirsi, perché è un Paese povero e che va impoverendosi, che registra gravi carestie. E' un Paese, però,nel quale la popolazione riesce sempre più a recepire e a sapere quello che succede all’esterno. Quindi, è un Paese che non può più restare "sigillato", come è stato per decenni, e necessariamente deve aprirsi.
D. - In molti guardano con prudenza a questo vertice e ai suoi possibili risultati. Si potrebbe già definire un discreto successo se si arrivasse a un vero e proprio trattato di pace, tra i due Paesi, che ancora non esiste?
R. - Sarebbe anche un successo che si avviasse un vero processo verso il trattato di pace. La fine della tensione armata tra le due Coree non sarebbe soltanto un successo per questo Paese, per questa nazione divisa in due da un conflitto devastante negli anni ’50, ma sarebbe un successo anche per l’intera diplomazia internazionale perché la Corea resta tutt’oggi uno dei nodi di tensione più forti e potenzialmente più devastanti del pianeta.
D. - Qual è la situazione dei cattolici in Corea del Nord?
R. - Per quanto riguarda la Corea del Nord, si conosce e si sa molto poco. Alcune migliaia di cattolici sono in qualche modo in contatto con la Chiesa del Sud e la Chiesa del Sud è sempre stata molto attiva, non soltanto nel cercare di sostenere la Chiesa della Corea del Nord, che formalmente fa parte dell'arcidiocesi di Seul, ma anche di sostenere la popolazione nordcoreana nei momenti di difficoltà.
Si celebra oggi, nell'anniversario della nascita di Gandhi, la prima Giornata internazionale della Non Violenza indetta dall'ONU. Un commento di Staffan de Mistura
◊ A distanza di 138 anni dal 2 ottobre del 1869, data della nascita di Gandhi, si celebra oggi, per la prima volta, la Giornata internazionale della Non Violenza indetta dall’ONU. Gandhi, “personificando la non violenza nella vita di tutti i giorni - scrive nel messaggio per questa Giornata il segretario generale delle Nazioni Unite, Ban Ki-moon - ha ispirato innumerevoli persone a condurre un’esistenza migliore e più significativa”. Il servizio di Amedeo Lomonaco:
“Le Nazioni Unite sono state create nella speranza che l’umanità non solo mettesse fine alle guerre, ma potesse un giorno renderle inutili”, diffondendo “la cultura della pace, promuovendo la tolleranza e migliorando la dignità umana”. Questi ideali - scrive Ban Ki-moon - sono gli stessi lasciati in eredità da Gandhi: il suo impegno pacifico - si legge nel documento - e l’ispirazione nata dai suoi insegnamenti oggi sono sempre più necessari. Ci sono infatti comunità, osserva Ban Ki-moon, “sempre più invischiate nell’intolleranza e nelle tensioni tra culture”, segnate da estremismi e ideologie violente. Oggi - spiega ancora il segretario generale dell’ONU - “c’è un gran bisogno di contrastare queste tendenze e promuovere una reale tolleranza”. Sull’importanza del dialogo e del rispetto reciproco, ascoltiamo Staffan de Mistura, recentemente nominato inviato speciale delle Nazioni Unite in Iraq:
R. - Noi abbiamo visto quante volte l’ONU sia utile a facilitare il dialogo, la conoscenza tra una parte e l’altra, il mutuo rispetto; è un grande contributo ad evitare che dei piccoli conflitti, o grette tensioni territoriali, si trasformino in una situazione di guerra. In fondo, la guerra è un terribile fallimento: è un terribile fallimento della diplomazia, è un terribile fallimento di tutti coloro che vorrebbero vedere una soluzione a un problema. La guerra non pone altro risultato che tragedie e, in questo senso, la violenza, è spesso nient’altro che un sintomo di una malattia molto grave. La violenza si può di nuovo evitare se si parla e si dialoga. Da qui deriva il dialogo tra civiltà, dialogo tra nazioni. La funzione dell’ONU, con tutti i suoi grandi limiti e difetti, rimane quindi essenziale.
Di recente - aggiunge poi nel messaggio Ban Ki-Moon riferendosi alla situazione in Birmania - “siamo stati testimoni della forza usata contro manifestanti disarmati e non violenti”. La non violenza spaventa e scandalizza regimi e sistemi autoritari. Lo stesso Gandhi, che rifiutava la violenza in quanto fonte di altra violenza, fu assassinato il 30 gennaio del 1948. Diceva sempre che si deve imparare a trattare gli altri come si vorrebbe essere trattati. Questo insegnamento rimane il vero messaggio, già lanciato da Gesù, per costruire realmente un mondo di pace.
Riunione annuale dell’ACNUR a Ginevra: la testimonianza di mons. Bertin, amministratore apostolico di Mogadiscio sul dramma dei migranti dal Corno d’Africa, in fuga da povertà e guerre
◊ Circa 200 organizzazioni non governative si sono riunite nei giorni scorsi a Ginevra convocate dall’Alto Commissariato dell’ONU per i rifugiati (ACNUR) per una consultazione in vista dell’incontro annuale del Comitato esecutivo dell’agenzia umanitaria delle Nazioni Unite, iniziato ieri. Tra gli organismi presenti, vi è la Commissione internazionale cattolica per le migrazioni (ICMC), attiva in 30 Paesi, che ha portato la testimonianza dell’amministratore apostolico di Mogadiscio, in Somalia, mons. Giorgio Bertin, che risiede nel vicino Stato di Djibuti, a causa delle critiche condizioni del Paese africano. Roberta Gisotti lo ha intervistato via telefono a Ginevra:
D. - Eccellenza quali notizie ci porta dalla Somalia, travolta da un conflitto civile che sembra non trovare fine?
R. - Purtroppo le notizie non sono ancora eccellenti, come avrei desiderato, nel senso che si è concluso circa un mese fa un Congresso di riconciliazione e di pace intra-somalo a Mogadiscio, che per il momento non sembra avere portato dei frutti visibili o immediati. Dall’altra parte, c’è stata anche ad Asmara un’iniziativa da parte di coloro che si oppongono all’attuale governo di transizione somalo. Anch’essi si sono incontrati all’inizio di settembre, ma la loro sola iniziativa è quella di poter liberare la Somalia dalla presenza etiopica che, come si sa, è quella che in questo momento, da quasi un anno, sostiene il governo di transizione somalo.
D. - Mons. Bertin lei vive da molti anni nella regione chiamata del “Corno d’Africa”, dove si registra una forte emigrazione, in particolare dalla Somalia e dall’Etiopia. Ecco, come risponde la comunità internazionale?
R. - Le istituzioni internazionali, in modo particolare l’Alto Commissariato per i rifugiati, hanno degli strumenti giuridici per occuparsi di coloro che chiedono rifugio, che chiedono asilo. Invece, non si occupano dei numerosissimi migranti "economici", che fuggono dunque soprattutto a causa della povertà, della instabilità e della insicurezza. Allora, in questo vuoto, ci si domanda cosa succeda a queste persone. In quest'ottica, la testimonianza che ho dato è stata per mettere in luce i grossi pericoli che queste persone affrontano, quando devono passare in modo particolare il Golfo di Aden: è un viaggio di almeno due giorni, che compiono naturalmente in modo illegale. Per esempio, i primi sei mesi di quest’anno hanno visto circa 9 mila migranti giungere sulle coste dello Yemen, e di questi 9 mila almeno 360 sono morti perché obbligati a saltare in acqua, mentre l’imbarcazione si avvicinava alle coste, per evitare di essere arrestati dalle guardie costiere loro e chi li trasportava. Sono stati obbligati a saltare in acqua sotto la minaccia di pistole. Ad alcuni hanno sparato addosso uccidendoli, altri sono stati battuti con mazze di ferro e di legno, le donne sono state violentate ed altri sono stati poi presi dai pescicani, mangiati, almeno 120 sono dati per dispersi e quindi si stima che siano morti annegati nel Golfo di Aden. L’importante, allora, è chiedere alla comunità internazionale di darsi degli strumenti giuridici per poter intervenire a favore di questi numerosi migranti e soprattutto di intervenire in modo molto pratico, perché non è possibile dire ad una persona: “Tu sei un rifugiato e quindi ti trattiamo bene, ti diamo un rifugio, ti diamo da mangiare e da bere... Tu invece non sei un rifugiato, non rientri nella categoria e allora mi disinteresso di te”.
L'avvocato Katrine Camilleri, avvocato del Jesuit Refugees Service, insignita dall'ACNUR del Premio Nansen Rifugiati 2007. Ne parla ai nostri microfoni
◊ E' stata insignita ieri a Ginevra del Premio Nansen 2007, conferitole dall'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (ACNUR), la dott.ssa Katrine Camilleri, avvocato e assistente del direttore del Jesuit Refugee Service (JRS) di Malta. Il JRS è un'agenzia internazionale dei Gesuiti che si occupa dei rifugiati e la Camilleri ha ricevuto l'importante onorificenza per essersi distinta nel lavoro in favore dei profughi. Susy Hodges, della redazione inglese della nostra emittente, l'ha intervistata chiedendole come verranno impiegati i fondi del Premio:
R. - The funds are going to be used...
I fondi saranno usati per continuare il lavoro o saranno devoluti per lo sviluppo di servizi già esistenti, in modo che si possano raggiungere più persone possibili, soprattutto le più vulnerabili, quelle che hanno più bisogno. L’ufficio già lavora con gli asili per i rifugiati e i detenuti, offrendo assistenza legale e lavoro nei servizi sociali. Forniamo anche informazioni sui diritti, sulla possibilità di asilo, e abbiamo anche pubblicato un depliant. Questo è ciò che abbiamo fatto finora. Stiamo cercando di costruire qualcosa attraverso questa esperienza, continuando il lavoro d’ufficio, e speriamo anche di sviluppare questo lavoro perchè possa produrre, ad esempio, materiale d’informazione in altre forme: che sia cioè più accessibile a persone con un più basso livello di istruzione, che non avrebbero la possibilità di leggere un depliant o un opuscolo. Vogliamo che tutti possano ricevere chiare e accurate informazioni, quelle necessarie per poter scegliere per la loro vita e per il loro futuro.
D. - Lei ha incontrato situazioni pericolose o ostilità nel suo lavoro, aiutando immigrati, rifugiati e detenuti. So che la sua casa e la sua macchina sono state prese di mira. Come si è sentita, quando è stata colpita? Si è spaventata, ha pensato di non andare avanti?
R. - It was a very difficult time… E’ stato un momento molto difficile, un’esperienza molto difficile. Ma non ho mai pensato di smettere, perché penso che quello che faccio nasca da una ferma convinzione e vada oltre un semplice lavoro. E’ stato, ripeto, un momento veramente difficile, che tuttavia ha portato molte persone a starci vicine. E’ stato di grande incoraggiamento e aiuto il fatto che molte persone ci abbiano incoraggiato e abbiano espresso la loro solidarietà in quel periodo. L’esperienza ha sviluppato la mia empatia e ho detto a tutti i miei clienti: “Per la prima volta nella mia vita ho capito veramente cosa significhi avere paura e vivere nella paura”. Quindi, in un certo modo, ciò che ho vissuto mi ha reso molto più sensibile verso queste persone e i loro bisogni e ha rafforzato, piuttosto che indebolito, la mia volontà di continuare in questo lavoro.
Al Consiglio d’Europa, il Patriarca ortodosso russo Alessio II definisce “inaccettabile” relegare la religione fuori dalla sfera pubblica
◊ E’ arrivato ieri a Strasburgo – prima tappa della sua visita in Francia - il Patriarca di Mosca e di tutte le Russie Alessio II. Il Patriarca, secondo l’agenzia Sir, ha subito reso visita all’arcivescovo cattolico della città, monsignor Jean-Pierre Grallet che gli ha offerto una cena alla quale hanno partecipato anche i rappresentanti delle comunità protestanti. L’arcivescovo ha poi accompagnato Alessio II alla cattedrale di Strasburgo dove c’era una assemblea di oltre mille persone ad attenderlo per una preghiera ed un concerto di musica religiosa russa. Nel suo saluto, il Patriarca ha detto: “Nel mondo di oggi ogni credente ha una responsabilità enorme ed una missione difficile, quella di testimoniare la sua fede. E’ bene che i cattolici e gli ortodossi possano unire i loro sforzi e lavorare insieme. Possiamo e dobbiamo affermare insieme i valori cristiani, di fronte al rifiuto e alla indifferenza”. “Spero sinceramente che il mio soggiorno in questo Paese, l’incontro con i vescovi e i fedeli della Chiesa cattolica in Francia, porterà frutti e contribuirà al progresso del dialogo tra ortodossi e cattolici in Europa e nel mondo”. Nella tarda mattinata di oggi il Patriarca ha parlato all’Assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa. “Riteniamo – ha dichiarato Alessio II- che relegare la religione fuori dalla sfera pubblica sia inaccettabile. E’ tempo di riconoscere che la motivazione religiosa ha diritto di esistere ovunque, compresa la sfera pubblica”. “Il concetto dei diritti umani, la più alta idea politica europea, si è potuta sviluppare – ha aggiunto- grazie all’insegnamento cristiano sulla dignità, la libertà e il carattere morale dell’essere umano. Eppure oggi ci troviamo di fronte ad una rottura tra i diritti e la moralità e questa rottura rappresenta una minaccia per la civiltà europea”. (B.C.)
Al via, in Iraq, il nuovo anno accademico dell’unica facoltà di Teologia cristiana nel Paese del Golfo
◊ Ottimismo e coraggio. Con questo spirito monsignor Jacques Isaac ha annunciato l’apertura, oggi ad Ankawa, nel nord dell’Iraq, del nuovo anno accademico del “Babel College”, l’unica facoltà teologica cristiana presente nel Paese del Golfo e gestita dal Patriarcato di Babilonia dei Caldei. Prima delle lezioni, è stata celebrata una messa nella chiesa di Mar Eliya sempre ad Ankawa, dove il college è stato trasferito dal quartiere cristiano di Dora, a Baghdad, per motivi di sicurezza. “Il nostro compito, come istituzione ecclesiastica, è quello di istruire ma soprattutto formare i testimoni di Cristo – ha detto mons. Isaac - per questa ragione ho invitato i sacerdoti ed i vescovi di tutte le diocesi ad approfittare della presenza del Babel College, di quella dei nostri docenti, dell’apporto culturale che esso può dare”. Stando a quanto riferisce l’agenzia Sir, la facoltà teologica avrà presto una nuova ala di tre piani con un’aula magna, quattro aule di studio e la biblioteca a disposizione della quale ci sono oltre seimila testi ma molti sono ancora nella sede di Baghdad, un luogo al momento irraggiungibile perchè pericoloso. Parallelamente a quelli del college riprenderanno anche i corsi dell'Istituto per le Scienze Religiose interrotti lo scorso anno a causa del trasferimento della struttura. Inoltre verranno riaperti anche i corsi a Baghdad nella chiesa di Mar Ghorghis, “un segno – ha dichiarato mons. Isaac - che nonostante le difficoltà, la chiesa irachena continua nel suo percorso di fede e di coraggio”. (B.C.)
Appello della Conferenza Episcopale congolese per le violenze nella regione del Nord-Kivu
◊ In un messaggio a Pax Christi international, movimento cattolico di cui è co-presidente, monsignor Laurent Monsengwo Pasinya, ha lanciato l’allarme sulla difficile situazione nella regione nord-occidentale del Nord-Kivu, al confine tra la Repubblica Democratica del Congo ed il Rwanda. Il presule si domanda se realmente siano stati fatti tutti gli sforzi per identificare i protagonisti della guerra nel Paese. “Chi fa cosa in quella regione? Chi tira le fila di questo conflitto?” sono gli interrogativi di monsignor Monsengwo, presidente della Conferenza Episcopale congolese, come riporta l’agenzia Misna. “Quando sapremo esattamente chi trae beneficio della guerra nell’est - prosegue - potremo finalmente cercare di porre fine alle violenze”. Nella regione è in corso da fine agosto uno scontro che oppone l’esercito regolare a combattenti, fedeli al generale dissidente Laurent Nkunda. Un conflitto che ha già provocato decine di migliaia di profughi. L’ultimo episodio di violenza risale a sabato scorso quando, nel territorio del Masisi, si sono scontrati soldati delle Fardc ed elementi di Nkunda. Una situazione che desta molta preoccupazione perché la tensione si è registrata anche al confine con l’Uganda, con diverse sparatorie sul Lago Albert. (B.C.)
Il Togo chiede aiuto alla comunità internazionale dopo le inondazioni che hanno colpito il Paese
◊ Mancano cibo, medicine e mezzi per ricostruire le infrastrutture in Togo dopo le inondazioni che hanno seminato distruzione in tutto il Paese e che hanno causato oltre 20 vittime. A lanciare l’allarme, stando a quanto riporta l’agenzia Misna, il ministro della Cooperazione, Gilbert Bawara, che ha invitato la comunità internazionale a non dimenticare le emergenze del Togo. Preoccupa, in particolare, la situazione che si è creata nel nord del Paese soprattutto nelle zone di Kpendjal e Oti dove alcune strade sono completamente allagate, i ponti e la maggioranza delle abitazioni sono andate distrutte, i campi devastati. Circa 760.000 euro sono stati stanziati dal governo di Lomé per i soccorsi e le riparazioni, mentre l’Unione europea ha promesso un budget di 2 milioni di euro per gli aiuti non solo in Togo ma anche in Ghana e Burkina-Faso. Circa 22 paesi africani hanno, infatti, subito gravi conseguenze per la stagione delle piogge, ma pochi finora hanno chiesto l’aiuto della comunità internazionale. (B.C.)
Numerose le celebrazioni mariane a Pompei durante il mese di ottobre
◊ Il mese di ottobre, dedicato alla devozione del Rosario, è vissuto a Pompei, città del famoso santuario mariano, con particolare intensità, scandito da momenti di preghiera, festa e riflessione. Tra questi: il “Buongiorno a Maria”, alle 6.30 dei giorni feriali, che rinnoverà la gioia del mattino; il Santo Rosario con fiaccolata per la Pace universale, in programma tutte le domeniche alle ore 21.00, nel Piazzale Beato Giovanni XXIII, che concluderà in preghiera e riflessione il giorno del Signore. Venerdì 5 ottobre, memoria liturgica del Beato Bartolo Longo, la giornata sarà caratterizzata da varie celebrazioni che culmineranno con la processione delle reliquie del Beato per le strade cittadine. A questa festa prenderà parte anche una delegazione guidata da padre Edouard Marot, rettore del santuario di Paray-le-Monial, in Francia, dove visse Santa Margherita Maria Alacoque. Domenica 7 ottobre, giorno della Supplica, il programma prevede, alle ore 10.40, l’inizio della solenne concelebrazione eucaristica presieduta dall’arcivescovo Fernando Filoni, sostituto della Segreteria di Stato. Alle ore 12.00, lo stesso mons. Filoni guiderà la recita della Supplica, la famosa preghiera composta dal Beato Bartolo Longo nel 1883, alla quale parteciperanno i fedeli presenti in piazza ma anche tutti quelli collegati via tv e radio. Durante tutto il mese saranno numerosi i pellegrini provenienti da tutta Italia e dall’estero, in particolare da Stati Uniti, Corea, Polonia, Gran Bretagna, Francia. Tra le principali iniziative, sabato 13 ottobre, il convegno regionale dell’Apostolato della Preghiera. Giovedì 18, è previsto un pellegrinaggio di circa 1500 Cooperatori Salesiani, accompagnati da dieci sacerdoti. Il pellegrinaggio delle Confraternite del Rosario di Bagnara Calabra (RC) e Mottola (TA), in programma il 20 e il 21, darà il via all’Anno dedicato alle Confraternite del Rosario, che si concluderà, nell’ottobre 2008, con il grande raduno delle confraternite italiane. Sabato 27, come ogni anno, è previsto il pellegrinaggio nazionale dell’UNITALSI, al quale prenderanno parte circa 3.000 persone.(A cura di Giovanni Peduto)
“Di piazza in piazza… lo annuncio a te” è l’incontro organizzato dalla diocesi di Napoli in preparazione alla visita del Papa, il prossimo 21 ottobre
◊ Fervono i preparativi a Napoli per l’arrivo del Papa in programma il 21 ottobre prossimo. La diocesi della città partenopea ha promosso, per sabato 20 ottobre nella chiesa dei SS. Pietro e Paolo a Ponticelli, l’incontro: “Di piazza in piazza… lo annuncio a te”. Una riunione, alla presenza del cardinale Crescenzio Sepe, arcivescovo di Napoli, che vuole essere un momento “di festa, con testimonianze, canti, preghiere e musica, un’occasione per incontrarsi, conoscersi, scambiarsi esperienze e condividere la vita e la fede” così si legge nel comunicato della diocesi come riporta l’agenzia Sir. In coincidenza con l’arrivo del Papa, dal 21 al 23 ottobre, Napoli sarà anche teatro dell’importante meeting internazionale e della giornata di preghiera per la pace, organizzata dalla Comunità di Sant’Egidio. “Per un mondo senza violenza – religioni e culture in dialogo” è il tema scelto per l’incontro. “In un tempo segnato da terrorismo e da guerre, come pure da sforzi di dialogo e di riconciliazione – osserva Antonio Mattone della Comunità di S. Egidio di Napoli - le religioni hanno assunto un ruolo rilevante nello spazio pubblico e nelle identità a confronto, e sono sempre più sottoposte alla sfida delle strumentalizzazioni estremiste”. Grande attenzione al tema del dialogo tra culture diverse a cui saranno dedicati sedici forum “per un mondo senza violenza - continua Mattone- interrogandosi all’interno della propria tradizione e in un confronto franco con le altre e con testimoni di rilievo della cultura laica”. Giungeranno a Napoli anche il patriarca ecumenico di Costantinopoli, Bartolomeo I, l’arcivescovo di Canterbury, Rowan Williams, il rabbino capo d'Israele, Yona Metzger, il rettore dell'Università di Al-Azhar in Egitto, Ahmad Al-Tayyeb. E’ prevista anche la presenza del Presidente della Repubblica italiana, Giorgio Napolitano. (B.C.)
Le priorità per il grande continente africano indicate in un convegno ad Ancona, organizzato dal CIPSI, Coordinamento
di iniziative popolari di solidarietà internazionale, e da “Chiama l’Africa”
◊ “L'Africa non domanda aiuti, ma riconoscimento e dignità, per questo la cooperazione deve fare un'inversione di rotta”. Così Guido Barbera, presidente del CIPSI, Coordinamento
di iniziative popolari di solidarietà internazionale, durante il convegno internazionale che si è concluso domenica ad Ancona ed organizzato dallo stesso CIPSI e da “Chiama l’Africa”. Sono numerose le linee di intervento indicate durante la riunione tra queste la creazione di una rete internazionale di organizzazioni di solidarietà di Africa, America latina, Asia ed Europa per scambiare storie ed esperienze; una fondazione dedicata a Ki-Zerbo, storico africano, scomparso un anno fa; il lancio di un evento in oltre venti piazze per incontrare e riconoscere l’Africa. Dagli interventi dei partecipanti, come sottolinea l’agenzia Sir, è emersa la necessità di una nuova cooperazione che accompagni la società civile. “Abbiamo avuto modo di ascoltare l'Africa – ha detto Eugenio Melandri, coordinatore di “Chiama l'Africa" – e ancora una volta abbiamo capito che occorre abbandonare i luoghi comuni e creare nuove relazioni”. Per Melandri ripartire dall’Africa significa creare “un nuovo movimento capace di ridare un’anima a questo mondo che - ha aggiunto- ormai ha venduto se stesso solamente al profitto e al mercato”. Un forte appello perché cessi la violenza sulle donne, in particolare nella regione del Nord Kivu, è venuto da Pierre Kabeza, sindacalista della Repubblica Democratica del Congo. (B.C.)
Presentate le iniziative della Fondazione Ente dello spettacolo in vista della Festa del Cinema di Roma
◊ Un impegno per favorire il dibattito culturale sulle tematiche, lontane dalle produzioni di massa, ma che riflettono gli umori della società contemporanea. Con questa intenzione, mons. Dario Edoardo Viganò, presidente della Fondazione Ente dello spettacolo, ha presentato le manifestazioni promosse dall’ente in occasione della Festa internazionale del cinema di Roma, in programma dal 18 al 27 ottobre. Si tratta, come scrive l’agenzia Sir, di due rassegne di film, una mostra fotografica e un convegno. L’inizio è fissato il 18 ottobre con la rassegna “I luoghi dello spirito”: in tre giorni saranno proiettati, nel Monastero di Santa Scolastica nel territorio della Comunità Montana dell’Aniene, “Il grande silenzio” di Gröning, “The Island” di Longuine e “In memoria di me” di Costanzo. Il secondo appuntamento sarà la mostra fotografica: “L’attimo neorealista. Fotogrammi 1941-1952”, allestita nella sede del Centro sperimentale di cinematografia. Una rassegna che sarà visibile dal 22 ottobre fino al 22 novembre e che sarà accompagnata, il 23 e il 24 ottobre, dal convegno internazionale “Neorealismo e presente dell’immagine. Il reale come progetto del film”. Ultimo appuntamento: il ciclo di film dal titolo “Inquietudini critiche”, che prenderà in esame, dal 22 al 24 ottobre, quelle pellicole che hanno diviso la critica italiana. (B.C.)
All’ospedale romano “San Pietro” è nata la nuova unità di genetica medica
◊ Tecniche diagnostiche all’avanguardia, nuove ricerche per seguire e tutelare il neonato e la sua famiglia dal concepimento fino alla nascita. Con questi obiettivi è stata inaugurata stamani a Roma, presso l’ospedale “San Pietro”, la nuova Unità di Genetica Medica. Un progetto promosso e sostenuto dalla Regione Lazio ma soprattutto dalla Provincia Religiosa di San Pietro. L’idea è nata all’interno del Centro di Ricerca Scientifica dell’ospedale, diretto dal prof. Ercole Brunetti, e dalla collaborazione con l’Università di Tor Vergata. Sarà il dott. Giorgio Sirugo, già a capo di un centro di ricerca in Africa, a dirigere la struttura fornita di ambulatori specifici, macchinari e personale altamente specializzato. Diversi i compiti che l’Unità si prefigge: dalla diagnosi prenatale alla consulenza genetica della coppia. Il Centro ha scelto tre linee di ricerca. La prima riguarda le malattie infettive, in particolare tubercolosi e malaria, per le quali si cercherà di scoprire le predisposizioni genetiche. La seconda è relativa al parto prematuro ed anche in questo caso si svilupperanno test specifici che consentono di monitorare le donne in attesa per scoprire la basi genetiche di una predisposizione ad un parto pre-termine. Infine si studierà la base genetica della gemellarità tenendo presente i dati di una apposita biobanca, in cui è stato raccolto e conservato il DNA di circa 1000 donne africane che hanno avuto un parto gemellare. (B.C.)
“Europa e diritti umani. Noi giovani protagonisti” è il tema scelto dalle associazioni cattoliche per un concorso scolastico, in palio un viaggio a Strasburgo
◊ C’è tempo fino al 31 marzo 2008 per consegnare un elaborato al centro del quale c’è l’Europa ed i diritti umani. Ad indire il XXI° concorso scolastico europeo, al quale possono partecipare tutti gli alunni che frequentano gli ultimi tre anni delle superiori, il Movimento per la Vita e il Forum delle Associazioni Familiari. Il tema è stato scelto in occasione del 60° anniversario della firma della Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo che cade il 10 dicembre 2008. “Essi non sono riconosciuti e garantiti in molti settori della vita sociale né sono promossi in ogni parte del mondo - così Carlo Casini, presidente del Movimento per la Vita - ancora più grave è che vi sia la tendenza a stravolgerne il significato fino a cambiarlo in direzione opposta a quella vera”. Casini ha poi ricordato che “la costruzione di una grande Europa necessita di una struttura culturale e politica fondamentale per garantire al suo interno e promuovere in tutto il mondo i diritti umani”. “Specialmente nel cuore dei giovani – ha continuato il Presidente del Movimento per la Vita – l’idea europea non è affascinante se si limita a riguardare il mercato, la concorrenza, l’arricchimento materiale. Ciò che riscalda il cuore e stimola all’impegno è il pensiero che l’Europa, per la sua storia e la sua vocazione, divenga una forza promotrice di pace, di giustizia, di libertà e di eguaglianza”. I 400 vincitori del concorso, in base a quanto scrive Zenit, verranno premiati a Strasburgo, sede del Parlamento Europeo, nell’autunno 2008. All’iniziativa partecipano ogni anno tra i 20 ed i 30 mila giovani. Per maggiori informazioni si può consultare il sito internet: www.mpv.org. (B.C.)
L’inviato dell’ONU in Birmania incontra la San Suu Kyi e il capo della Giunta e poi lascia il Paese - Ancora morti in Afghanistan e in Iraq mentre in Pakistan 85 deputati si dimettono - Yanukovic è primo per voti nelle elezioni in Ucraina. E si discute di coalizioni
◊ L'inviato speciale dell'ONU in Birmania, Ibrahim Gambari, ha incontrato di nuovo la dissidente storica e Premio Nobel per la Pace Aung San Suu Kyi. Lo ha fatto dopo un colloquio con il capo della Giunta militare birmana. Il nostro servizio.
L'incontro con la dissidente è avvenuto a Rangoon in una residenza governativa: una quindicina di minuti, dopo i quali l'inviato dell'ONU si è recato in aeroporto per lasciare il Paese. In precedenza, Gambari era stato ricevuto dal capo della giunta militare birmana, generalissimo Than Shwe, ma nella nuova capitale del Paese, Naypyidaw. Arrivato in Birmania sabato scorso, Gambari aveva già avuto un incontro di un'ora domenica con la signora Suu Kyi, che ha trascorso la maggior parte degli ultimi 18 anni agli arresti e privata dei diritti. Intanto, su iniziativa dell'Unione Europea, il Consiglio delle Nazioni Unite per i Diritti umani è riunito oggi a Ginevra in sessione speciale per esaminare la situazione in Birmania. Discussioni sono in corso per giungere a un testo di risoluzione che possa essere approvato con il consenso di tutti i 47 Paesi membri del Consiglio, Cina inclusa. C’è da dire che nelle ultime ore l'India ha chiesto alla Giunta birmana di aprire un'inchiesta sulle repressioni violente delle manifestazioni di protesta dei giorni scorsi, ma si è detta contraria a imporre sanzioni. La richiesta è arrivata proprio dopo le forti pressioni della comunità internazionale sull'India perché intervenga. New Delhi si era tenuto finora in posizione defilata, anche per gli interessi economici indiani nel Paese vicino. Infine, si è pronunciato oggi il governo australiano per affermare che sono almeno 30 le persone uccise, e non 10 come affermano fonti ufficiali, e 1.400 quelle arrestate nella repressione militare delle manifestazioni per la democrazia dei giorni scorsi in Birmania. Secondo quanto sostengono fonti birmane e delle Nazioni Unite, circa 1.700 persone arrestate durante la repressione delle manifestazioni di opposizione dei giorni scorsi in Birmania, fra cui circa 500 monaci buddisti, sono state rinchiuse in un campus universitario di Rangoon.
- In Iraq, due persone, tra cui un poliziotto, sono state uccise e nove altre, tra cui cinque poliziotti, ferite dall'esplosione di tre ordigni, avvenuta stamani in diverse zone. Ieri, un soldato americano è stato ucciso e altri 10 sono stati feriti in operazioni di combattimento nel centro di Baghdad.
- Intanto, il premier britannico Gordon Brown è giunto a Baghdad per discutere calendario e modalità del previsto passaggio delle consegne della zona di Bassora (sud del Paese) agli iracheni. Si tratta della prima visita di Brown in Iraq, mentre Londra sta studiando le condizioni di una riduzione della propria presenza militare nel Paese. All'inizio del conflitto, nel marzo del 2003, alla Gran Bretagna fu attribuito il controllo di quattro province meridionali irachene, fra le quali quella di Bassora. Qualche mese fa, i britannici hanno lasciato tre delle quattro zone, mantenendo un contigente nella sola Bassora, grande porto iracheno. La prossima settimana, Brown interverrà in parlamento per quello che i commentatori considerano un intervento-chiave per la vicenda irachena. Secondo alcune indiscrezioni, il premier potrebbe annunciare una riduzione delle truppe da 5000 a 3000, a partire dall'inizio del prossimo anno.
- Almeno dodici poliziotti sono rimasti uccisi in seguito a un attacco suicida lanciato questa mattina all'alba contro un bus della polizia nell'ovest di Kabul, che ha provocato anche una quindicina di feriti. Lo ha annunciato il capo della polizia criminale, Alishah Paktiawal, precisando che il ''bus, pieno di agenti che andavano al lavoro, è andato completamente distrutto''. E' il secondo attentato suicida che si verifica in quattro giorni a Kabul. Un portavoce dei talebani ha rivendicato l'attacco.
- Ottantacinque deputati dell'opposizione si sono dimessi collettivamente oggi dal Parlamento del Pakistan per protestare contro la candidatura del capo dello Stato Pervez Musharraf alle presidenziali del 6 ottobre. Diverse ore dopo questa decisione, un ministro ha annunciato che il governo accorderà all'ex premier in esilio Benazir Bhutto l'amnistia riguardo all'accusa di corruzione.
- Israele si accinge a liberare oggi una trentina di detenuti palestinesi originari della Striscia di Gaza, nel contesto di misure distensive ordinate dal premier Ehud Olmert nei confronti dei dirigenti dell'ANP, in occasione del mese islamico del Ramadan. Ieri, Israele ha rilasciato una sessantina di detenuti originari della Cisgiordania. La liberazione dello scaglione diretto a Gaza è stata ieri bloccata - secondo la stampa - da una lettera del capo di stato maggiore, il generale Gaby Ashkenazi, indirizzata a Olmert e al capo dello stato, Shimon Peres. Secondo Ashkenazi, è improprio per Israele liberare militanti dell'intifada di Gaza, mentre nella Striscia resta prigioniero dal giugno 2006 il caporale Ghilad Shalit. Dopo alcune ore di incertezza, Peres ha infine firmato per la liberazione di quei detenuti.
- Il presunto capo militare del gruppo integralista Fatah al-Islam, i cui miliziani sono stati sconfitti un mese fa dall'esercito libanese dopo 105 giorni di combattimenti nel campo profughi di Nahr al-Bared, nel nord del Libano, è stato catturato da membri di una fazione palestinese rivale, che lo hanno consegnato ai militari governativi. Il presunto capo militare di Fatah al-Islam, Nasser Ismail, faceva parte di un gruppo di miliziani integralisti che era riuscito a fuggire da Nahr al-Bared, alla periferia di Tripoli (91 km a nord di Beirut), prima che i soldati dell'esercito libanese ne assumessero il controllo. Dopo settimane trascorse alla macchia, Ismail era poi ricomparso nel vicino campo profughi di Beddawi, dove miliziani palestinesi rivali lo hanno catturato ieri e consegnato all'intelligence militare libanese.
- In Turchia, due esplosioni si sono verificate stamani nella città di Smirne: due persone sono rimaste ferite nella prima, di fronte ad un centro commerciale della grande città turca sull'Egeo. La seconda è avvenuta in un negozio di tappeti molto vicino. Le due esplosioni non sono state finora rivendicate. In passato, sono avvenuti vari attentati in Turchia occidentale e sud-occidentale, alcuni dei quali sono stati rivendicati dai "Falchi per la liberazione del Kurdistan" (TAK), un gruppo di estremisti curdi, che le autorità turche ritengono una "sigla paravento" del Partito dei lavoratori del Kurdistan (PKK), il cui leader, Abdullah Ocalan, sconta l'ergastolo nella prigione speciale turca di Imrali. Il PKK, considerato un'organizzazione terroristica anche dall'Unione Europea e dagli USA, di solito compie le sue azioni armate in Turchia orientale.
- Sembra invariato il rapporto di forza tra i due schieramenti che si sono fronteggiati nelle elezioni ucraine del 30 settembre. L'Alleanza arancione filoccidentale resta in testa con il 45,14% (30,8% il blocco di Iulia Timoshenko e 14,31% il blocco Nostra Ucraina-Autodifesa Popolare, che sostiene il presidente Iuschenko), mentre il Partito delle regioni del premier filorusso Ianukovic, che rivendica la vittoria per essere arrivato primo con 34,14%, può contare al momento solo sui comunisti (5,36%), per un totale di 39,50%. Il margine di scarto tra le due coalizioni, quindi, è di oltre cinque punti. Resta l'incognita del blocco centrista dell'ex presidente del parlamento, Vladimir Litvin (3,96%), che non ha ancora deciso con chi schierarsi. Intanto, la polizia ha riscontrato 400 violazioni elettorali e una corte amministrativa di Luhansk, città dell'Ucraina sud-orientale, ha accolto il ricorso del blocco "Nostra Ucraina-Autodifesa Popolare'' contro la concessione del voto a 6000 cittadini che erano stati esclusi dalle liste in base alle informazioni della polizia di frontiera. La proclamazione ufficiale dei risultati è attesa entro 15 giorni dal voto.
- Violenta battaglia al confine nel nord della Somalia tra il Somaliland, regione autoproclamatasi indipendente, ed il Puntland, provincia semiautonoma. Pesante il bilancio: almeno una decina di morti. La battaglia è avvenuta ieri, ma lo rendono noto oggi fonti militari ufficiali, di cui riferisce Radio Nairobi. Motivo del contendere, che si trascina da anni, il controllo della città di Las Ano, poco distante dal confine etiopico, reclamato sia da Somaliland che da Puntland. Il Somaliland si è autoproclamato indipendente nel '91, ed è rimasto sostanzialmente al di fuori della guerra civile somala. Nessun governo lo ha riconosciuto, ma gode dell'appoggio significativo della Gran Bretagna, della quale è stato colonia. Il Puntland proclamò la sua autonomia nel '98, sotto la guida di Abdullahi Yusuf, che ne divenne presidente, e che ora è presidente di transizione somalo. Nel resto della Somalia, la situazione resta molto tesa: attentati e battaglie senza sosta, soprattutto a Mogadiscio, dove prosegue massiccio l'esodo della popolazione civile. Almeno in 11 mila hanno abbandonato la capitale in settembre, mezzo milione dall'inizio dell'anno, stando a fonti ONU.
- Ad alto rischio i negoziati di pace sul Darfur previsti a fine mese , e - più in generale - la missione di pace ONU-Unione Africana (UA) varata dalle Nazioni Unite, che dovrebbe iniziare a dispiegarsi entro l'anno. Questa - al di là delle unanimi condanne delle cancellerie - l'opinione concorde degli osservatori diplomatici dopo l'attacco avvenuto sabato scorso contro un contingente nigeriano delle forze di pace dell'UA, che ha causato almeno 10 morti, altrettanti feriti ed una quarantina di dispersi. Non si sa chi siano stati gli autori dell'attentato, avvenuto ad Haskinita, nel sud del Darfur. Il Darfur è insorto nel febbraio del 2003. La repressione è stata spietata: fonti concordi internazionali segnalano oltre 200 mila morti e 2,5 milioni di profughi, tra orrori senza fine. Khartoum nega tali dati, parlando di 9.000 vittime.
- Vola, come previsto dagli esperti, la borsa di Mosca dopo l'annuncio fatto ieri dal presidente Vladimir Putin sulla sua intenzione di continuare a guidare il Paese come primo ministro. Il presidente russo Putin ha annunciato a sorpresa che si candiderà come capolista di Russia Unita alle elezioni politiche del 2 dicembre e ha affermato che è "del tutto realistico" che possa diventare in futuro primo ministro. Un annuncio che piove come una bomba sulla campagna elettorale e prefigura lo scenario di un Putin che dal governo mantiene il controllo del Paese facendo pesare la sua grande influenza politica sul successore al Cremlino. Ma quali saranno le ricadute sulla politica interna di Mosca? Salvatore Sabatino lo ha chiesto a Vittorio Strada, esperto e storico della Russia:
R. - Era scontato che Putin non sarebbe uscito di scena e che avrebbe mantenuto una posizione dominante nella vita politica russa dopo lo scadere del suo mandato. Putin ha detto che riteneva scorretta una modifica della Costituzione ad personam e che tra le possibilità che gli erano state offerte - ma che certamente lui prima aveva contrattato, vagliato - c’era la proposta di diventare il capolista di Russia Unita alle prossime elezioni. Quindi, quale sarà la politica di Putin? Sarà sicuramente una politica di continuità netta con quella svolta sia negli ultimi anni, sia soprattutto in questi ultimi due anni, dove c’è stato certamente un mutamento, un rafforzamento della politica, sia estera che interna.
D. - La Casa Bianca non ha preso posizioni, ma quali saranno le ricadute concrete sui rapporti non certo facili tra Washington e Mosca?
R. - Ci sarà una ricaduta sulla situazione interna americana, questo è fuori dubbio. Come reagirà? Io non penso che ci sarà un cambiamento di rotta decisivo, perché i rapporti si sono deteriorati, da quando Putin stesso nel famoso discorso di Monaco ha accentuato la sua posizione critica e oppositiva verso la politica americana e ha puntato sempre di più sul rafforzamento della posizione politica e militare della Russia nello scacchiere internazionale. Quindi, certamente ci sarà una continuità di questa tensione. Non vedo come ci possa essere un miglioramento, ma sarebbe bene che non ci fosse un peggioramento.
- In Francia, inizia oggi pomeriggio al Senato la discussione sulla legge sull’immigrazione: il disegno di legge propone una politica ferma di espulsione dei clandestini, una tutela maggiore del ricongiungimento familiare, l’adozione della regola delle quote geografiche e soprattutto della categoria lavorativa come criteri per l’immigrazione. I vescovi francesi sottolineano come sia auspicabile, in Francia, che gli immigrati conoscano la lingua e la cultura francesi per rendere possibile l’armonia sociale. I presuli accolgono poi i cambiamenti apportati al progetto di legge iniziale che imponeva regole troppo severe rischiando di produrre ineguaglianze. Ascoltiamo, al microfono di Hélène Destombes, il vescovo di Belfort-Montbélieard, mons. Claude Schockert:
R. - Je crois qu’il est important que l’Eglise....
Credo sia importante che la Chiesa possa esprimere le proprie posizioni, anzi molti si erano lamentati che la Chiesa non lo avesse ancora fatto e ciò vuol dire che la Chiesa era attesa su questo terreno. Abbiamo fatto questa dichiarazione certamente per rivolgere una parola di incoraggiamento e di speranza, ricordando le nostre convinzioni al riguardo, ma - allo stesso tempo – anche per contrastare questo clima di paura che si è ormai installato così tranquillamente nella società civile. Riguardo alla legge sull’immigrazione, ad esempio, bisogna dire che è rivista e corretta di anno in anno. E questo nell’opinione pubblica e fra i giovani - che non sono perfettamente a conoscenza del contenuto di questa legge e, quindi, delle sue misure sempre più restrittive - rischia di portare a far nascere spontaneamente l’idea che tutti gli immigrati siano dei clandestini, che tutti gli immigrati sono assimilabili a dei criminali. Questo è il rischio per noi. C’è un clima di paura che si è ormai insinuato nell’opinione pubblica, ma c’è anche un clima di paura che si è insinuato fra gli stessi immigrati. Questa dichiarazione, quindi, è fatta per ricordare che l’immigrato, chiunque esso sia, ha diritto di considerazione e di rispetto umano.
- Tre persone - una donna e due suoi figli - sono morti nell'incendio di un palazzo di cinque piani a La Courneuve, nella banlieue nord est di Parigi. Le fiamme - che si sono sviluppate la scorsa notte, a piano terra, per cause ancora indeterminate - hanno causato anche il ferimento di due persone. Le fiamme sono state causate, secondo i pompieri, da una fuga di gas al piano terra. (Panoramica internazionale a cura di Fausta Speranza)
Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LI No. 275
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