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SOMMARIO del 01/10/2007

Il Papa e la Santa Sede

  • Santa Teresa di Lisieux insegni ai cristiani a essere missionari nei luoghi in cui vivono: lettera di Benedetto XVI al cardinale Dias a 80 anni dalla proclamazione della Santa Patrona delle missioni
  • Il Papa riceve i cinque vescovi italiani da lui ordinati sabato scorso, accompagnati dai familiari
  • Il Papa nomina mons. Piero Marini presidente del Pontificio Comitato per i Congressi Eucaristici Internazionali. Don Guido Marini è il nuovo Maestro delle Celebrazioni Liturgiche Pontificie
  • Benedetto XVI invita a pregare perchè i cristiani che si trovano in minoranza abbiano il coraggio di testimoniare la fede
  • Gli auguri del Papa ai nuovi 18 gendarmi, in occasione della cerimonia del giuramento: abbiate "fermezza nella fede e amore per la Chiesa"
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • Myanmar: sciopero generale contro il regime militare
  • Elezioni in Ucraina: si profila la vittoria della coalizione filoccidentale
  • Mons. Bregantini conclude il pellegrinaggio penitenziale della Chiesa calabrese a Duisburg
  • Giornata internazionale per le persone anziane: intervista con il prof. Marigliano
  • Si celebra oggi la Giornata Mondiale dell'Habitat, istituita dalle Nazioni Unite e incentrata sul tema: "Una città sicura è una città giusta"
  • Presentato al Pontificio Consiglio delle Comunicazioni Sociali il film "Chiara e Francesco"
  • Chiesa e Società

  • Sri Lanka: oltre 10 mila persone ai funerali del sacerdote ucciso mercoledì da un ordigno
  • Emergenza terremoto in Perù: diminuiscono gli aiuti, ma non le necessità dei disastrati
  • In Cile, la Settimana della Famiglia 2007. Tema : “Famiglia, Scuola di Amore, Missionaria della Vita”
  • Missione medico-sanitaria dalla diocesi australiana di Lismore, per aiutare a combattere l’AIDS in Papua Nuova Guinea
  • Regno Unito: il 5 ottobre, Giornata del digiuno per Zimbabwe e Sudan
  • Prime condanne per i responsabili dell’attacco alla missione gesuita di Fonte Boa, in Mozambico
  • José Luis Restán è il nuovo presidente della CERC, la Conferenza Europea delle Radio Cristiane
  • Scomparso in Ecuador, a 84 anni, il missionario comboniano, padre Cirillo Tescaroli. Era stato direttore di Nigrizia e collaboratore della Radio Vaticana
  • GMG di Sydney 2008: anche uno spazio dedicato alle diverse vocazioni
  • Concluso il Convegno nazionale dell'Azione Cattolica Italiana
  • “Se uno è in Cristo è una nuova creatura”: dal 4 ottobre, a Bologna, il Congresso Eucaristico diocesano
  • 24 Ore nel Mondo

  • Un kamikaze in Pakistan uccide 14 persone - In Afghanistan morti 11 poliziotti attaccati da talebani - Scontro a fuoco a nordest di Gaza City: uccisi due militanti palestinesi
  • Il Papa e la Santa Sede



    Santa Teresa di Lisieux insegni ai cristiani a essere missionari nei luoghi in cui vivono: lettera di Benedetto XVI al cardinale Dias a 80 anni dalla proclamazione della Santa Patrona delle missioni

    ◊   Ogni cristiano sia “missionario là dove vive” così come lo fu Santa Teresa di Lisieux, la quale pur “non avendo mai lasciato il Carmelo”, visse “a suo modo un autentico spirito missionario”, donando al mondo “una nuova via spirituale” e favorendo la nascita di vocazioni. E’ quanto scrive Benedetto XVI in una lettera indirizzata al cardinale Ivan Dias, prefetto della Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli, in occasione dell’Anno della Missione in Francia e dell’80.mo della proclamazione di Santa Teresa di Lisieux a Patrona delle Missioni, insieme con San Francesco Saverio. Il primo ottobre è il giorno della memoria liturgica di Santa Teresa di Gesù Bambino, che morì a soli 24 anni lasciando una testimonianza di radicale amore a Cristo e alla Chiesa. Alessandro De Carolis ha chiesto a suor Teresa, della comunità delle Suore Carmelitane di Santa Teresa di Roma, in cosa consista la “piccola via” della monaca francese, vissuta alla fine dell’Ottocento:


    R. - La vocazione di Teresa è essere sposa di Gesù. Lo ha fatto a tutto campo e a tempo pieno. Nell’essere sposa di Gesù, lei voleva diventare madre di anime ed infatti dice, in sostanza: vorrei avere la vocazione di dottore, di profeta, la vocazione di apostolo... Contemporaneamente, sente tutta la sua pochezza, capisce di non riuscire a raggiungere questi suoi grandi ideali. Allora, la particolarità consiste in quello che lei chiama “ascensore”: si butta fra le braccia di Gesù e lì scopre che l’amore - come Papa Benedetto dice nella Deus caritas est - racchiude tutte le vocazioni, e lei si esprime, nel cuore della Chiesa: “Io sarò l’amore, così sarò tutto: sarò dottore, apostolo, martire...”, raggiungendo praticamente tutte le vocazioni.

     
    D. - In che modo, questo che fu l’ardore in vita di Santa Teresa di Gesù Bambino ne date testimonianza oggi al mondo voi che siete le sue figlie spirituali?

     
    R. - Il nostro carisma di Suore Carmelitane di Santa Teresa è portare ciò che abbiamo assaporato nell’unione con Dio - cioè la nostra vita di preghiera, imbevendoci dell’amore di Dio - e arrivare a contagiare il prossimo, stando con i giovani, nel settore educativo, nell’avvicinare gli anziani. Essere missionarie per me significa contagiare di amore e gioia ogni fratello che avviciniamo: aprendo la porta di casa o andando sulla metropolitana o sull’autobus, in qualsiasi ambito, in qualsiasi ambiente. E poi, attraverso la preghiera, quando siamo piene di Lui, il mappamondo è nelle nostre mani e noi possiamo lasciar passare il messaggio evangelico pur restando qui.

     
    D. - Quindi, si può dire che così come lo è per voi oggi, anche a suo tempo il mappamondo fu nelle mani di Teresa di Lisieux, anche senza abbandonare il chiostro...

     
    R. - Sì, senza abbandonare il chiostro. Ma ci vuole la missione qui e altrove, perché c’è chi è chiamato a lottare in prima fila. Secondo Teresa di Gesù Bambino, però, la preghiera ti rende partecipe dell’onnipotenza di Dio. Puoi spaziare da nord a sud, da est ad ovest del pianeta, raggiungere i focolai di guerra, raggiungere le ingiustizie sociali con la preghiera: l’arma potente che non conosce tempi e non conosce distanze. Teresa di Gesù Bambino: una monaca prettamente missionaria, apostolicamente impegnata.

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    Il Papa riceve i cinque vescovi italiani da lui ordinati sabato scorso, accompagnati dai familiari

    ◊   Stamani il Papa ha ricevuto a Castel Gandolfo i cinque vescovi italiani da lui ordinati sabato scorso, accompagnati dai familiari: si tratta di mons. Francesco Giovanni Brugnaro, arcivescovo di Camerino-San Severino Marche; mons. Gianfranco Ravasi, arcivescovo tit. di Villamagna di Proconsolare, presidente del Pontificio Consiglio della Cultura e delle Pontificie Commissioni per i Beni Culturali della Chiesa e di Archeologia Sacra; mons. Tommaso Caputo, arcivescovo tit. di Otricoli, nunzio apostolico in Malta e in Libia; mons. Sergio Pagano, vescovo tit. di Celene, prefetto dell’Archivio Segreto Vaticano; mons. Vincenzo Di Mauro, vescovo tit. di Arpi, segretario della Prefettura degli Affari Economici della Santa Sede.

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    Il Papa nomina mons. Piero Marini presidente del Pontificio Comitato per i Congressi Eucaristici Internazionali. Don Guido Marini è il nuovo Maestro delle Celebrazioni Liturgiche Pontificie

    ◊   Il Papa ha nominato presidente del Pontificio Comitato per i Congressi Eucaristici Internazionali l’arcivescovo Piero Marini, che per 20 anni è stato Maestro delle Celebrazioni Liturgiche Pontificie.

    Nuovo Maestro delle Celebrazioni Liturgiche Pontificie è stato nominato don Guido Marini, del clero dell'arcidiocesi di Genova. Nato 42 anni fa nel capoluogo ligure, don Guido Marini, dopo aver conseguito il diploma di maturità classica, ha frequentato il Seminario arcivescovile di Genova, dove ha ottenuto il Baccellierato in Teologia. Ordinato sacerdote il 4 febbraio 1989, ha poi conseguito a Roma il dottorato "In utroque Iure" presso la Pontifica Università Lateranense e, nel 2007, la laurea breve in Psicologia della Comunicazione presso la Pontificia Università Salesiana. Dal 1988 al 2003 è stato segretario particolare degli arcivescovi di Genova: il cardinale Giovanni Canestri (fino al 1995), il cardinale Dionigi Tettamanzi (fino al 2002) ed il cardinale Tarcisio Bertone. Dei cardinali Tettamanzi e Bertone, nonché dell'arcivescovo Mons. Bagnasco, è stato Maestro delle Celebrazioni liturgiche, avendo cura particolare nella redazione dei libretti liturgici e costituendo il "Collegium Laurentianum", associazione di volontari per il servizio d'ordine e d'accoglienza della Cattedrale. Dal 2003 al 2005 è stato direttore dell'Ufficio Diocesano per l'Educazione, la Scuola, con specifica competenza sull'Insegnamento della Religione Cattolica. Dal 1996 al 2001 è stato membro eletto del Consiglio presbiterale diocesano. Nominato cancelliere arcivescovile nel 2005, è divenuto membro di diritto del medesimo Consiglio presbiterale e, con il compito di segretario, membro del Consiglio episcopale. Dal 1992 insegna Diritto Canonico presso la Sezione di Genova della Facoltà Teologica dell'Italia Settentrionale e presso l'Istituto Superiore di Scienze Religiose, dove tiene anche il corso di Teologia dei Ministeri. Nel 2002 è stato nominato canonico della Cattedrale di San Lorenzo, della quale dal 2003 è prefetto. Dal 2004 svolge anche l'ufficio di direttore spirituale del Seminario arcivescovile di Genova. Ha pubblicato diversi volumi di spiritualità ed articoli su riviste. Ha svolto il proprio ministero soprattutto nell'ambito della predicazione, della direzione spirituale, dell'accompagnamento di gruppi giovanili e come assistente spirituale di alcune comunità religiose femminili.
    In Italia, il Santo Padre ha nominato vescovo di Fidenza mons. Carlo Mazza, del clero di Bergamo, finora direttore dell’Ufficio Nazionale della Conferenza episcopale italiana per la pastorale del tempo libero, turismo, sport.

    In India, il Santo Padre ha accettato la rinuncia al governo pastorale dell’arcidiocesi di Patna presentata da mons. Benedict John Osta, della Compagnia di Gesù, per raggiunti limiti di età. Gli succede come nuovo arcivescovo di Patna mons. William D’Souza, anch’egli gesuita, finora vescovo di Buxar.

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    Benedetto XVI invita a pregare perchè i cristiani che si trovano in minoranza abbiano il coraggio di testimoniare la fede

    ◊   Benedetto XVI invita i fedeli a pregare in questo mese di ottobre perché “i cristiani che si trovano in situazione di minoranza, abbiano la forza ed il coraggio di vivere la fede e perseverino nel testimoniarla”. Questa esortazione del Papa è indicata nella lettera con cui si stabiliscono le intenzioni generali per l’Apostolato della Preghiera. Ai cristiani, nei Paesi dove sono in minoranza, non sempre viene garantita una adeguata libertà religiosa. In alcuni Stati, poi, la testimonianza della fede va incontro ad altri ostacoli di matrice culturale, come in Giappone. Ascoltiamo, al microfono di Amedeo Lomonaco, l’ispettore salesiano nel Paese asiatico, padre Orlando Puppo, raggiunto telefonicamente a Tokyo:


    R. – Dal punto di vista della legge, c’è assoluta libertà di culto. In pratica, però, soprattutto nelle zone di campagna, manca la libertà sociale. E’ difficile diventare cristiani, perché ci sono preconcetti e pregiudizi, per cui non conviene sposarsi con un cristiano o una cristiana. Quando una persona abbraccia la fede cristiana, molte volte viene isolata dalla gente. In questo senso, devono avere il coraggio di diventare cristiani, ma quelli che lo diventano, anche se pochi, sono 'convinti'. Sanno di aver preso una decisione molto personale che li lega a Cristo e hanno scelto Cristo, piuttosto che le loro tradizioni, i loro modi di vedere, caratteristici della società dove vivono. E’ un atto di coraggio.

     
    D. Come i cristiani devono vivere e testimoniare la loro fede nei Paesi dove sono in minoranza?

     
    R. – La partecipazione alla liturgia è, a livello pubblico, la testimonianza più evidente. Nella sfera personale è poi importante il modo di agire, di parlare, il vivere come cristiani, anche se la 'corrente' non è cristiana.

     
    D. – Padre, queste due dimensioni, quella partecipativa e quella interiore, quali caratteristiche presentano in Giappone?

     
    R. – I cattolici stranieri sono di più di quelli giapponesi, a causa dell’immigrazione. C’è, quindi, un contrasto molte volte nel modo di manifestare e mostrare la vita cristiana, soprattutto nella liturgia. Per quanto riguarda la dimensione interiore, è veramente cristiana quando si accoglie il Vangelo con gioia, quando si nota che si è chiamati da Dio, eletti da Cristo e mandati da Cristo.

     
    D. – Il Papa esorta tutti i cristiani ad essere missionari, a testimoniare il Vangelo. Cosa significa essere realmente missionari, soprattutto in Giappone?

     
    R. – Per me significa non lasciarsi trasportare dalla 'corrente'. Qui c’è una corrente permissiva, una concezione edonistica secondo cui tutto ha termine con la vita terrena. Al cristiano, invece, in genere, domandiamo di avere una vita che cerchi di essere pura; di sforzarsi dove l’ambiente non è puro, di cercare di essere onesto dove l’ambiente non è onesto, di essere fedele, dove ci sono tanti casi di infedeltà.

     
    D. – Quali sono le esigenze di una Chiesa in missione?

     R. – Quello che dice il Papa: “Non aver paura di comunicare la fede, di diventare missionari”. Non si riceve la fede soltanto per noi stessi. La fede si riceve da Dio e per condividerla con gli altri negli atti e nelle parole; si riceve vivendo secondo questa fede. Bisogna essere coerenti con quella grazia ricevuta ed accettata.

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    Gli auguri del Papa ai nuovi 18 gendarmi, in occasione della cerimonia del giuramento: abbiate "fermezza nella fede e amore per la Chiesa"

    ◊   Si è svolta ieri in Vaticano la cerimonia del giuramento dei nuovi Gendarmi del Corpo della Gendarmeria dello Stato della Città del Vaticano. Alla cerimonia ha partecipato una formazione della Banda Militare dell'Esercito italiano. In un telegramma a firma del cardinale segretario di Stato Tarcisio Bertone, inviato all’Ispettore Generale della Gendarmeria Vaticana, il comandante Domenico Giani,  Benedetto XVI ha rivolto un cordiale saluto ai nuovi Gendarmi augurando loro “fermezza nella fede, amore alla Chiesa, diligenza e perseveranza nel servizio quotidiano”. Il Papa ha quindi invocato "la materna protezione della Vergine Maria e di San Michele Arcangelo", Patrono dei gendarmi, "affinchè possano genersosamente espletare la propria attività proseguendo la lunga e benemerita tradizione" di questo Corpo. Alla cerimonia era presente in rappresentanza del Papa, mons. Fernando Filoni, sostituto della Segreteria di Stato. Il servizio di Luca Collodi.


    Nel piazzale antistante il palazzo del Governatorato, hanno giurato 18 gendarmi che giunti al termine del periodo di prova, sono diventati effettivi. Il reparto d’onore, formato da 5 plotoni, era composto da allievi gendarmi, dai giurandi, da una formazione mista con gendarmi addetti a varie specialità, quali antiterrorismo, antisabotaggio, sala operativa e gruppo sportivo. A seguire, i Vigili del Fuoco e la Protezione Civile. Il giuramento è stato guidato dal comandante del Corpo della Gendarmeria vaticana, Domenico Giani. Ascoltiamo la formula del giuramento:

     
    “Giuro di servire fedelmente il Sommo Pontefice Benedetto XVI e i suoi legittimi successori e di dedicarmi al loro servizio con tutte le forze. Prometto inoltre rispetto e obbedienza al comandante e agli altri miei superiori e di adempiere i doveri del mio ufficio. Lo giurate voi?"
    "Lo giuro!”

     
    (Musica)

     
    Il Corpo della Gendarmeria vaticana ha personale altamente specializzato in azioni di antiterrorismo, antisabotaggio e in tutte le principali attività di prevenzione. Il Corpo conta inoltre tecnici altamente specializzati nel settore informatico e in materia di video sorveglianza. I compiti vanno dalla sicurezza di luoghi e persone all’ordine pubblico, con compiti istituzionali di polizia, compresi quelli di frontiera, nonché di polizia giudiziaria e tributaria, al mantenimento dell’ordine pubblico ed alla prevenzione e repressione dei reati. Nel suo saluto, il comandante Giani ha ricordato Alessandro Benedetti, l’allievo gendarme tragicamente scomparso il 3 settembre scorso. “Porto nel cuore – ha detto - questo giovane che ha cercato il volto di Dio in maniera prematura”, annunciando l'iniziativa del Corpo in ricordo di Alessandro, di contribuire ad un progetto di adozione a distanza sostenuto dai Padri Agostiniani, amici della famiglia Benedetti. Giani ha richiamato lo stile del servizio dei gendarmi. Uno stile che deve trasmettere “l’umanità dell’anima” che caratterizza il servizio dei militari, “un’umanità che attinge linfa vitale dalle radici cristiane”. Oltre alle autorità religiose, civili e militari, alla cerimonia erano presenti, il cardinale Edmund Casimir Szoka, presidente emerito del Governatorato dello Stato della Città del Vaticano, il cardinale Jean-Louis Tauran, presidente del Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso, il presidente del Governatorato, mons. Giovanni Layolo, e il segretario, mons. Renato Boccardo. Il Corpo della Gendarmeria vaticana è nato il 14 luglio 1816, sotto il Pontificato di Pio VII, con il nome di Corpo di Carabinieri Pontifici. Nel corso dei secoli e degli eventi storici, il Corpo ha cambiato vari nomi, chiamandosi Gendarmeria, Veliti Pontifici, Corpo di Vigilanza vaticana. Il 14 settembre 1970, con Motu Proprio, Papa Paolo VI dispose lo scioglimento dei Corpi armati Pontifici, tra i quali il Corpo della Gendarmeria vaticana, che nel febbraio 1971 si trasformò in Ufficio Centrale di Vigilanza con funzioni di polizia per la sicurezza di persone e cose all’interno dello Stato della Città del Vaticano. Nel luglio del 2002, Giovanni Paolo II, con Motu Proprio, istituì la Direzione dei Servizi di Sicurezza e Protezione Civile del quale fanno parte il Corpo della Gendarmeria ed il Corpo dei Vigili del Fuoco, al comando del dottor Domenico Giani.  Alla cerimonia del Giuramento ha partecipato una formazione della Banda Militare dell’Esercito italiano.

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   Servizio vaticano - "Venga trovata una soluzione pacifica per il bene del Paese": all'Angelus Benedetto XVI assicura la spirituale vicinanza alla cara popolazione del Myanmar nel momento della dolorosa prova che sta attraversando.

    Servizio estero - Sudan: nell regione del Darfur sanguinoso attacco ad una base delle forze di pace dell'Unione Africana.

    Servizio culturale - Un articolo di Maurizio Sannibale dal titolo "Una storia antichissima serbata dalla terra": "Etruschi di Volterra" in mostra al Palazzo dei Priori.

    Servizio italiano - In rilievo il tema della finanziaria.

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    Oggi in Primo Piano



    Myanmar: sciopero generale contro il regime militare

    ◊   Ancora difficile la situazione in Myanmar. Dopo l’appello di Benedetto XVI, che ieri all’Angelus domenicale, ha espresso preoccupazione per la situazione nell’ex Birmania, assicurando la propria vicinanza alla popolazione locale, stamani è giunta la notizia del rinvio a domani dell’incontro tra l’inviato dell’ONU nel Paese asiatico, Ibrahim Gambari, ed il leader birmano, il generale Than Shwe. Obiettivo dell’incontro è quello di chiedere la fine della repressione delle manifestazioni pacifiche che da due settimane vedono scendere in piazza contro il governo migliaia di monaci buddisti e civili. Ieri Gambari ha incontrato la leader dell’opposizione, Aug San Suu Kyi. L'opposizione, tra l'altro ha proclamato lo sciopero generale contro il regime. Intanto, oggi le Chiese cattoliche e protestanti del Myanmar hanno rivolto un appello congiunto al leader della giunta per trovare una soluzione politica alla crisi. Il servizio di Giancarlo La Vella:


    L’appello, datato 28 settembre, ricorda che i fedeli delle due confessioni si sono unite in preghiera per “la pace nel Paese” e che tutte le Chiese cristiane possono contribuire a questo obiettivo. Il messaggio, rivolgendosi direttamente al generale Shwe, esorta poi il leader ad affrontare la crisi per trovare una soluzione pacifica, affinché in Myanmar ci sia stabilità, pace e non violenza, secondo il desiderio della popolazione. “Tutti noi – si legge ancora nel messaggio – siamo molto preoccupati per l’attuale situazione e per le agitazioni in corso nel Paese”. Intanto, i 600 mila cattolici dell’ex Birmania continuano a pregare nelle Chiese “per il bene della nazione” e alcuni di loro, soprattutto studenti e universitari, hanno sfilato al fianco di monaci e manifestanti, secondo quanto riferito dall’agenzia “Asianews”. Tuttavia, le notizie frammentarie e le testimonianze che arrivano dal Myanmar non sono rassicuranti: si parla di rastrellamenti, controlli, perquisizioni ed esecuzioni nei monasteri buddisti. Sarebbero decine le vittime, e centinaia gli arrestati tra monaci e civili.

    Ma, a questo punto, quale potrebbe essere il modo per dialogare con Yangon e rompere l’atteggiamento di chiusura del regime militare? Giancarlo La Vella lo ha chiesto a Francesca Marino, direttore dell’agenzia Stringer Asia:


    R. - A livello di pressione internazionale non vedo moltissime vie; probabilmente la chiave è quella economica ed è in mano, più che alla comunità internazionale, alla Cina che è il primo partner commerciale della Birmania.

     
    D. - A proposito dell’atteggiamento cinese, la Cina pur non aderendo alle sanzioni contro il governo birmano, però ha fatto quasi capire che propenderebbe per un cambiamento dell’atteggiamento?

     
    R. - La Cina effettivamente, da qualche mese, ha un atteggiamento un po’ ambivalente, ufficialmente no, nel senso che questa cosa è stata smentita più volte dal governo cinese. Nei mesi scorsi, però, negli ambienti dell’opposizione birmana circolava voce - e molti portavoce di organizzazioni hanno dichiarato di essere stati contattati da funzionari di Pechino e di aver partecipato a incontri - che non era stato ottenuto nulla in termini concreti se non una generica dichiarazione di solidarietà. Tradotto in linguaggio concreto - e per gli standard cinesi è già moltissimo - probabilmente le voci che la Cina vedrebbe bene un cambiamento al vertice birmano non sono infondate.

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    Elezioni in Ucraina: si profila la vittoria della coalizione filoccidentale

    ◊   Elezioni in Ucraina sul filo di lana e dalle maggioranze incerte anche se sembra profilarsi una vittoria della coalizione filoccidentale. I dati ancora parziali dello spoglio dei voti delle elezioni di ieri danno il Partito di Yulia Tymoshenko in vantaggio a circa il 33% delle preferenze, cui va sommato il 15,56% di "Nostra Ucraina", il partito del presidente della Repubblica, Viktor Yushenko. Il Partito delle Regioni del premier filorusso Viktor Yanukovich si attesterebbe invece al 30,7%. I dati non sono ancora definitivi ma profilano comunque una grande vittoria personale della ex premier della rivoluzione del 2004. Nonostante le dichiarazioni bellicose dell’attuale premier, il filorusso Yanukovic, che ha già fatto sapere di non riconoscere il successo dell'avversario, le elezioni vengono definite regolari dagli osservatori internazionali dell’OSCE. Come si presenta dunque il futuro politico dell’Ucraina? Stefano Leszczynski lo ha chiesto a Fabrizio Dragosei, inviato in Ucraina del Corriere della Sera:


    R. – La vittoria della Tymoshenko indica un po’ una radicalizzazione delle posizioni perché il presidente Yushenko esce abbastanza ridimensionato. Si tratta in ogni caso di maggioranze molto risicate che in parlamento dovranno poi fare i conti con i gruppetti minoritari che avranno modo di vendere a caro prezzo i loro voti, come purtroppo è già accaduto in passato in Ucraina, e devo dire non solo in Ucraina.

     
    D. – Cosa potrebbe accadere nel Paese se questo scontro politico si radicalizzasse ancora di più. Si potrebbe tornare ai tempi della rivoluzione arancione o no?

     
    R. – No, non credo che ci sia quel clima, intanto perché la popolazione ucraina si è molto disincantata, non segue più le cose politiche come allora, non ha più quelle speranze che aveva nel 2004. Yanukovich avrebbe grosse difficoltà a portare in piazza numeri significativi di dimostranti.

     
    D. – Un’altra variabile, per quanto riguarda la situazione in Ucraina, è il Cremlino…

     
    R. – Io credo che oggi l’Ucraina è un po’ trascurata da Mosca anche perché a Mosca ci si sta preoccupando delle elezioni russe che sono a dicembre, e di quelle presidenziali di marzo quindi in questo momento non c’è una grande pressione. Però non credo che la Russia lascerà del tutto l’Ucraina andare verso la sua strada non appena avrà risolto i propri problemi interni e quindi tornerà a pensare seriamente a quello che accade nei Paesi vicini. Molto dipenderà anche dall’atteggiamento di Yanukovich, se lui correrà appunto a chieder aiuto al Cremlino, allora è possibile che la Russia torni nuovamente ad intervenire negli affari geopolitici dell’Ucraina.

     
    D. – La società ucraina, la gente comune, cosa vorrebbe, di cosa ha bisogno di più urgente?

     
    R. – Fortunatamente per questo Paese, l’economia in questi mesi di crisi è andata avanti molto bene. C’è un tasso di crescita del 7,9 per cento nel primo semestre dell’anno. L’Ucraina ha bisogno, in realtà, di molti e grossi investimenti esteri, investimenti esteri che potrebbero venire sia dalla Russia che dall’Occidente. Per cui il Paese ha bisogno in realtà di una situazione politica stabile che garantisca investitori che siano interessati ad avere un ritorno sicuro dei soldi, dei quattrini che mettono nel Paese, e naturalmente per ottenere questo ci vorrebbe certo una stabilità anche politica, proprio per superare anche questa divisione est-ovest che continua a ripresentarsi tra la parte filoccidentale e quella filorussa del Paese.

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    Mons. Bregantini conclude il pellegrinaggio penitenziale della Chiesa calabrese a Duisburg

    ◊   Il vescovo di Locri-Gerace, mons. Giancarlo Maria Bregantini, ha concluso questa mattina a Duisburg, in Germania, un “pellegrinaggio penitenziale” per chiedere perdono a nome della Chiesa calabrese per la strage avvenuta in questa città tedesca il 15 agosto scorso, nella cosiddetta faida di San Luca, e in cui hanno perso la vita sei italiani, tutti calabresi. Il presule si è recato in visita alle famiglie delle vittime per testimoniare l’esistenza di un’altra Calabria, che lotta contro la ‘ndrangheta. Ascoltiamo lo stesso mons. Bregantini, al microfono di Luca Collodi:


    R. - Un’altra Calabria è sempre esistita, nella convivenza normale che ogni luogo, ogni cuore, ogni città ha tra luci ed ombre, tra bene e male. Si tratta di rinnovarla: la luce non si spegne mai. Certo la strage di Duisburg è stata un momento tristissimo di lutto, che è sembrato spegnere quella luce che è sempre rimasta accesa. Ora, grazie a Dio, quest’altra Calabria, questa luce riemerge e stiamo, anche se faticosamente, rispolverando tante cose. Anzi, da quelle lacrime sono già nati dei messaggi precisi, che noi stiamo raccogliendo. Stiamo facendo in modo che da quelle lacrime possa nascere un itinerario futuro.

     
    D. – Chi rappresenta la nuova società calabrase?

     
    R. – Un po’ tutti. Non ci sono primogeniture. L’unico modo per farla emergere e maturare è lavorare insieme. La Chiesa ha un ruolo di stimolo, importante, in certi casi più importante degli altri. La sua gioia, però, non è essere l’unica società, come qualcuno in maniera impropria ama dire, quasi che la Chiesa fosse rimasta l’unica realtà. Sarebbe controproducente dirlo. Vorrebbe dire che la Calabria non ha capacità di auto-promozione. Invece, bisogna lavorare insieme: la Chiesa ha un ruolo, la società civile un altro e dalla sinergia delle forze nasce l’altra Calabria.

     
    D. – Mons. Bregantini, quali sono i segnali che le fanno sperare in una nuova Calabria?

     
    R. – Dalle lacrime stesse di quei giorni è nato un messaggio straordinario di perdono.

     
    D. – La società civile risponde a questo tipo di sensibilizzazione che voi, come istituzioni, come Chiesa, proponete?

     
    R. – Non è facile, non è scontato e non è, soprattutto, ovvio. Bisogna che chi accoglie di più, chi sa di più, chi ha un cuore più svelto – che è primizia, come noi amiamo dire – colga il nuovo, lo indichi e accompagni, in modo che diventi nuovo per tutti. Il processo non sta nell’isolare chi sa, ma nel far sì che chi sa coinvolga tutti, spingendo e premendo per la crescita di tutti. Questo è il metodo da usare. Il nuovo è sempre esistito, ma talvolta si oscura, come a volte la neve sembra coprire i fiori. Dio, però, è grande e fa risvegliare anche la primavera.

     
    D. – Si può sperare in questo processo di un recupero di quanti orbitano intorno alla criminalità?

     
    R. – La criminalità è molto radicata, purtroppo, ma non è invincibile. Bisogna, soprattutto, fare in modo che la società civile, prendendo coscienza del proprio valore, dia la capacità di proporre di più, più che combattere in maniera aspra e diretta. A noi tocca proporre ideali innovativi affascinanti, accattivanti, tali che siano così limpidi, coraggiosi e belli, che possano affascinare il cuore dei ragazzi.

     
    D. – Mons. Bregantini, la paura della gente può far fallire questo progetto?

     
    R. – Certamente lo ritarda. Questo sì. Ma io noto che laddove diresti “non ce la fanno” o dove c’è più paura rinasce poi qualcosa di inedito, perchè veramente la nostra fede qui vede la resurrezione anche nei momenti difficili ed è qui la nostra forza.

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    Giornata internazionale per le persone anziane: intervista con il prof. Marigliano

    ◊   Si celebra oggi la Giornata internazionale per le persone anziane, sotto l'egida dell'Organizzazione Mondiale della Sanità. In occasione di questa Giornata, a Londra e a Ginevra viene presentata la “Guida delle città amiche degli anziani”, basata su una ricerca condotta dall’OMS in 35 città di 22 Paesi. Il sussidio punta a sottolineare la partecipazione e la qualità dell’assistenza agli anziani, con particolare riferimento ai migranti, in un mondo in cui il tasso di invecchiamento e di urbanizzazione subiscono un costante aumento. Vengono anche prese in considerazione le nuove opportunità della terza età. Ma perché, al giorno d’oggi, l’invecchiamento della popolazione continua ad essere considerato un problema? Tiziana Campisi lo ha chiesto al prof. Vincenzo Marigliano, responsabile del dipartimento di Scienze dell’Invecchiamento dell’Università La Sapienza di Roma.


    R. - Perché c’è la cognizione che un soggetto che non sia più produttivo, non più nel mondo del lavoro, sia inutile in una società che ha come punto di riferimento il profitto. Invece, l’invecchiamento della popolazione, a mio avviso, offre grandissimi vantaggi. Grazie anche alle splendide conquiste tecnologiche, la persona anziana ha migliorato la propria condizione; possiamo poi beneficiare del racconto della storia, dell'esperienza degli anziani. La persona anziana può dare giusto senso alla scala dei valori, indipendentemente da quello che invece oggi i giovani sono spinti a fare. Il giovane oggi è spinto, infatti, a fare carriera o comunque a isolarsi da tutto attraverso droga, depressione, insufficienza psicologica di fronte a un mondo di competizione; l’anziano può dare i giusti valori, dire che le cose possono essere fatte bene e che non c’è bisogno di imbrogliare, di combattere, di sgomitare. In più, avendo tanto tempo libero, può entrare nel mondo del volontariato e dare un supporto spirituale in un ambiente spesso privo di conoscenze spirituali.

     
    D. - Quest’anno ricorre il V anniversario del Protocollo di Madrid, il piano varato dalla seconda Conferenza sull’invecchiamento della popolazione, tenutasi appunto a Madrid nell’aprile del 2002. E’ cambiato qualcosa in questi anni?

     
    R. - Gli anziani oggi invecchiano meglio, sono sicuramente più attivi, hanno possibilità lavorative e cognitive migliori. E’ chiaro che, man mano che si va avanti nell’età, possono verificarsi malattie disabilitanti; ma con i mezzi tecnologici della medicina, si possono portare le persone anziane ad essere autosufficienti e in perfette condizioni di salute. Bisogna però, fin da adesso, educare al pensionamento, all’invecchiamento, facendo conoscere a tutti quali siano i rischi di una vita non sana. Una vita che può portare, andando avanti negli anni, ad una disabilità e ad una dipendenza materiale, fisica, ma anche psicologica.

     
    D. - Nei prossimi decenni l’invecchiamento interesserà anche i Paesi in via di sviluppo, dove si prevede che la popolazione anziana aumenterà di 4 volte. Quali risposte dare considerando questo nuovo scenario?

     
    R. - I Paesi occidentali possono sopportare di pagare badanti, hanno servizi sanitari che assistono gli anziani in non buone condizioni di salute perché non hanno fatto prevenzione, perchè non hanno promosso una reale cultura dell’invecchiamento. Inoltre, l’Occidente ha la possibilità di rispondere al bisogno di tutti quegli anziani che sono malati. Nei Paesi del Terzo mondo, invece, il problema è estremamente drammatico, perché non ci sono possibilità sanitarie o economiche per fare prevenzione e specialmente, fornire terapie. E pensiamo anche a quelle politiche demografiche, come quella cinese, dove ci si ritrova a virare dalla gioventù direttamente alla vecchiaia, con risposte morali e demografiche assolutamente impossibili da superare.

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    Si celebra oggi la Giornata Mondiale dell'Habitat, istituita dalle Nazioni Unite e incentrata sul tema: "Una città sicura è una città giusta"

    ◊   Tutela della proprietà, sicurezza e attenzione verso i cambiamenti climatici: sono i temi della odierna Giornata Mondiale dell’Habitat promossa dalle Nazioni Unite che quest’anno vuole far riflettere, come sottolinea nel suo messaggio il segretario generale dell’ONU Ban Ki-Moon, sul crimine urbano e sulla violenza nelle città. Al microfono di Tiziana Campisi, la coordinatrice del programma “Città più sicure” dell’agenzia ONU “UN - Habitat”, Laura Petrella, evidenzia i problemi che oggi caratterizzano gli agglomerati urbani:


    R. - Per le città del Terzo mondo, in particolare, le questioni della sicurezza, del crimine, della violenza, sono diventate un problema di sviluppo molto grave. Più del 60 per cento degli abitanti, ogni 5 anni, è vittima di crimini o di violenze. La paura che questa situazione genera e anche l’impatto diretto del crimine, sono fattori che hanno un’influenza enorme sulle abitudini di coloro che vivono nelle città e sulle possibilità di accedere ai servizi. E’ molto importante riconoscere che la violenza determina un circolo vizioso. Violenza e crimine creano una paralisi sociale, ingiustizie sociali e problemi di accesso alla città; incitano soprattutto le fasce più giovani ad orientarsi verso comportamenti devianti. E’ un po’ il problema che sempre più città cercano di affrontare in un modo positivo e propositivo, cercando di rompere questo ciclo in maniera rispettosa dei diritti umani.

     
    D. - Come far fronte alla criminalità sempre più dilagante nelle città di tutto il mondo e come garantire i diritti del cittadino?

     
    R. - Bisogna avere polizia e organi dello Stato in grado di fare il loro lavoro, ma questo non è sufficiente: bisogna intervenire prima che i problemi sfocino in criminalità, in delinquenza. Questo significa, da una parte, osservare e rispondere al disagio appena si manifesta, ma dall’altra parte, anche essere consapevoli che ci sono meccanismi di criminalità organizzata che vanno al di là della capacità di qualsiasi potere locale di intervenire.

     
    D. - Cosa può fare l’ONU?

     
    R. - Su questi temi, le Nazioni Unite lavorano a vari livelli per migliorare la coordinazione tra i Paesi, introdurre standard, linee guida per il rispetto dei diritti; lavorano appoggiando le autorità locali e i governi che vogliono intraprendere delle iniziative di maggiore prevenzione. Soprattutto, aiutando a livello globale a discutere su questioni di sicurezza, in particolare delle città, e su problemi di sviluppo; non tanto come problemi di emergenza di polizia. A livello nazionale e delle città, si tratta di facilitare processi di dialogo tra i gruppi sociali.

     
    D. - Quale contributo può offrire la Giornata mondiale per l’Habitat?

     
    R. - Prima di tutto, crea momenti di sensibilizzazione e di discussione. Le Nazioni Unite hanno anche prodotto materiale informativo in proposito e pubblicheranno il rapporto internazionale sugli insediamenti umani, che quest’anno riguarda proprio la sicurezza nelle città. Un’occasione di riflessione, tra gli attori che sono coinvolti, per identificare attività nel corso dell’anno e per il futuro. In particolare, contiamo di lanciare la nuova fase del nostro programma “Città più sicure”, negli ultimi anni molto attivo sul fronte dell’appoggio alle municipalità che lavoravano sulle questioni della sicurezza. Sarà proprio la settimana prossima che verrà lanciata la sua nuova fase.

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    Presentato al Pontificio Consiglio delle Comunicazioni Sociali il film "Chiara e Francesco"

    ◊   Anticipato dalla rara proiezione dei dodici minuti che costituiscono il primo film dedicato a San Francesco d’Assisi, girato da Enrico Guazzoni nel 1911 e conservato nei fondi della Filmoteca Vaticana, è stata presentata ieri pomeriggio presso il Pontificio Consiglio delle Comunicazioni Sociali la miniserie in due puntate Chiara e Francesco prodotta dalla Lux Vide di Ettore Bernabei e che sarà trasmessa dalla RAI in prima serata il 7 e 8 ottobre prossimi. Il servizio di Luca Pellegrini:


    Nos qui cum eo fuimus e noi che oggi siamo ancora con lui, con cristiana devozione ed umana ammirazione: discepoli di Francesco e figlie di Chiara. La scoperta e l’unione dei loro carismi – la povertà come stile di vita e oggetto della missione, la clausura e la preghiera come sposalizio con Dio e sussidio agli uomini – è il lato ancora inesplorato compiutamente dalla pur ricca anche se qualitativamente alterna cinematografia dedicata ai due giovani e sorprendenti Santi di Assisi. E proprio questa loro mistica amicizia e le umane difficoltà incontrate hanno certo spronato il regista Fabrizio Costa ad intraprendere in quasi tre ore il racconto, senza pretese e di largo consumo, della loro giovanile esperienza di vita, dai dubbi alla luminosa conversione, riportandoci a quei fatidici primi anni del XIII secolo, tempo di complesse vicende politiche, disparità sociali, decadenze e crociate. Dal 1198 al 1226, le due puntate toccano in modo disciplinato e molto discorsivo alcuni episodi salienti, compresi quelli, più interessanti, della fuga di Chiara e della sua consacrazione al Signore, del costituirsi dei primi discepoli attorno ad un Francesco riottoso a munirsi di una regola che non sia esclusivamente quella dettata dalle parole ad litteram del Vangelo, delle prime clarisse che coraggiose affrontano la clausura, della creazione del presepe a Greccio, dell’incontro con Innocenzo III prima e col Sultano in terra d’Egitto poi, aspirazioni ad una matura e carismatica cattolicità e ad una ideale convivenza pacifica. C’è il bel viso, giustamente lieto e sorridente, di Ettore Bassi e quello, di rara luminosità, di Mary Petruolo che insieme funzionano benissimo nell’infondere anche l’ansia della ricerca di Dio e l’approdo ad una vita evangelica di travolgente novità; ci sono le belle prove di molti attori che sono personaggi a tutti noti, contornati da scene essenziali ma storicamente approssimative. Talvolta, forse per esigenze di divulgazione televisiva, il racconto cede all’enfasi, dilatata da una invasiva colonna sonora che avrebbe dovuto meglio rispettare i silenzi nei quali Dio chiama e l’uomo risponde, lasciando soltanto ai volti e alle parole narrare di questo loro meraviglioso incontro.

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    Chiesa e Società



    Sri Lanka: oltre 10 mila persone ai funerali del sacerdote ucciso mercoledì da un ordigno

    ◊   Oltre 10 mila persone hanno partecipato sabato scorso, presso la Cattedrale di San Sebastiano a Mannar, nell’omonima provincia settentrionale dello Sri Lanka, ai funerali di padre Nicholas Pillai Packiya Ranjith, il sacerdote diocesano morto mercoledì per l’esplosione di una mina controllata a distanza, mentre con un’auto stava portando alimenti e aiuti al campo profughi e all’orfanotrofio di Vidathaltheevu. Nell’attentato - riferisce l'agenzia del Pime, AsiaNews - è stato ferito gravemente anche l’autista del veicolo. Nessuno ha rivendicato l’attentato, mentre fonti dell’esercito e dei separatisti Tamil si scambiano accuse di responsabilità. Padre Packiya Ranjith, nativo di Jaffna, 40 anni, sacerdote da 10, era coordinatore per il distretto di Mannar del Servizio dei Gesuiti per i rifugiati (JRF). Alla funzione, presieduta da mons. Joseph Rayappu, vescovo di Mannar, hanno preso parte il vescovo di  Anuradhapura, mons. Norbert Marshall Andradi, il provinciale dei Gesuiti in Sri Lanka, padre Maria Antony, insieme ad altre autorità religiose e civili, a 120 sacerdoti e 100 religiose. Presenti anche rappresentanti delle agenzie internazionali di aiuto umanitario. Dalla Cattedrale, si è poi mossa la più grande processione mai vista a Mannar, con oltre 100 auto e 200 carri che hanno accompagnato il feretro al cimitero. In segno di rispetto, tutti i negozi di Mannar sono rimasti chiusi. Mons Rayappu ha condannato con forza il brutale attacco, ricordando che “abbastanza sangue è già stato versato in questa piccola isola. Questo sangue chiede la pace e non la vendetta. Per questo – ha esortato il presule – chiediamo alla comunità internazionale e a tutte le persone di buona volontà di condannare questo omicidio e di condannare con forza e davvero la guerra senza senso che prosegue. Preghiamo chi combatte di far finire questa guerra spietata che prosegue da oltre un quarto di secolo”. (R.M.)

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    Emergenza terremoto in Perù: diminuiscono gli aiuti, ma non le necessità dei disastrati

    ◊   “Passando il tempo, la quantità di aiuti diminuisce, senza che le necessità dei disastrati calino”: è quanto afferma don Francisco Hernández, direttore di Caritas Costa Rica, a circa un mese e mezzo dal terremoto che ha scosso varie città del Sud Chico, in Perù. La distribuzione dell’elettricità – riferisce l’agenzia Fides – viene gradualmente ripristinata nell'area colpita, ma la distribuzione dell’acqua non è ancora adeguata. Inoltre, molti sistemi di fognatura sono stati distrutti nelle aree urbane e non sono stati ancora riparati. Gli studenti stanno attendendo che si costruiscano aule temporanee per continuare le lezioni. Per aiutare queste popolazioni, i vescovi della Costa Rica hanno promosso ieri una colletta, in collaborazione con la Caritas nazionale. La maggiore urgenza ora - spiega don Francisco Hernández – “è collaborare economicamente per ripristinare le infrastrutture distrutte, case, ponti ed edifici”. Continua intanto la Campagna “Siamo Speranza”, lanciata dal Movimento di vita cristiana (MVC), con la quale si garantisce ogni giorno l'alimentazione di oltre sette mila famiglie peruviane. Sono stati finora 3.500 i volontari che vi hanno partecipato, portando aiuti a 36 mila persone. Anche 75 medici hanno prestato la loro opera professionale nelle zone colpite. L'iniziativa proseguirà nei mesi di ottobre e novembre, mentre a dicembre partirà la Campagna "Natale è Gesù". Caritas Croazia, intanto, ha donato un milione di kunas (140 mila euro) al Perù per la costruzione di 650 case per le famiglie più colpite. (R.M.)

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    In Cile, la Settimana della Famiglia 2007. Tema : “Famiglia, Scuola di Amore, Missionaria della Vita”

    ◊   “Famiglia, Scuola di Amore, Missionaria della Vita”: su questo tema, la Commissione nazionale di pastorale familiare della Conferenza episcopale del Cile promuove, fino al 7 ottobre, la Settimana della Famiglia 2007. Nella lettera di presentazione, citata dall'agenzia Fides, i presuli riprendono le parole di Benedetto XVI alla V Conferenza generale dell'Episcopato Latinoamericano e dei Carabi, affermando che “la famiglia, ‘patrimonio dell'umanità’, costituisce uno dei tesori più importanti dei Paesi latinoamericani”, perché è “scuola della fede, palestra di valori umani e civili, casa nella quale la vita umana nasce e si trasmette responsabilmente”. Inoltre – precisano – “la famiglia è insostituibile per la serenità personale e per l'educazione dei figli”. I vescovi cileni sostengono che la famiglia sia "la migliore scuola di amore che esista sulla terra” e che “nel piano di Dio", il matrimonio sia "chiamato a essere fonte di vita, essendo i genitori e gli sposi il nucleo centrale della famiglia”. “Essi trasmettono la fede, le tradizioni e la storia – si legge nel testo – sono i responsabili della vicenda familiare, i formatori dei loro figli”. Per tutto ciò, “la famiglia, comunione di amore e di vita, è chiamata ad essere ‘missionaria della vita’”. Ma questo, secondo i vescovi, non la esenta da pericoli e attacchi provocati dal “secolarismo e dal relativismo etico, per i diversi flussi migratori interni ed esterni, per la povertà, per l'instabilità sociale e per legislazioni civili contrarie al matrimonio che, favorendo gli anticoncezionali e l'aborto, minacciano il futuro dei Paesi”. (R.M.)

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    Missione medico-sanitaria dalla diocesi australiana di Lismore, per aiutare a combattere l’AIDS in Papua Nuova Guinea

    ◊   Aiutare la Chiesa della Papua Nuova Guinea nella sua missione di prevenire e combattere l’AIDS nella nazione, dove la malattia è una vera e propria piaga sociale: è l’intento di una missione medico-sanitaria promossa dalla diocesi di Lismore, in Australia. La delegazione australiana – riferisce l’agenzia Fides – è giunta nella capitale, Port Moresby, per condividere le nuove conoscenze e tecniche nella lotta alla malattia, proponendo programmi di istruzione, sensibilizzazione dei giovani, nonché assistenza e cura ai sieropositivi. Composta da medici, infermieri e personale specializzato nella lotta all’AIDS, la delegazione assisterà i Centri sanitari cattolici esistenti nel territorio di Bereina e Port Moresby, dove incontrerà suor Marlene, coordinatrice dei Programmi di formazione per l’assistenza e la cura dell’AIDS a livello diocesano. L’iniziativa è in linea con gli orientamenti della Commissione Giustizia e Pace della Conferenza episcopale australiana, che ha invitato i fedeli locali a condividere talenti, tempo ed energie a servizio dei fratelli bisognosi, in patria e fuori. La Chiesa della Papua Nuova Guinea, da sempre in prima linea nella lotta all’AIDS, ha lanciato negli anni scorsi il programma per la prevenzione “Born to live”, curando una specifica formazione degli operatori sanitari cattolici e non. Per intervenire efficacemente contro la malattia e diminuirne l’impatto sulla collettività, la comunità cattolica è impegnata in diversi modi: educare alla fedeltà; lavorare nel sociale con quanti sono a rischio di AIDS (prostitute, bambini di strada); aiutare i genitori a essere responsabili nel consigliare i figli sui comportamenti sessuali e sulle problematiche dell’AIDS; operare insieme ai governi e ad altre organizzazioni per eliminare la discriminazione verso i malati di AIDS. (R.M.)

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    Regno Unito: il 5 ottobre, Giornata del digiuno per Zimbabwe e Sudan

    ◊   Fino a tre milioni di sterline, oltre quattro milioni di euro, per aiutare gli abitanti dello Zimbabwe, dove una persona ogni tre ormai muore di fame. CAFOD, la “charity” cattolica più importante del Regno Unito per gli aiuti ai Paesi in via di sviluppo, ha deciso di dedicare allo Zimbabwe la colletta dell’Harvest Fast Day, la Giornata del digiuno autunnale, che quest’anno ricorre il 5 ottobre. “Lo scorso anno – spiega la portavoce di CAFOD, Nana Anto-Awuakye, ripresa dall’agenzia Sir – siamo arrivati a 1,3 milioni di sterline, circa 1,8 milioni di euro. Quest’anno speriamo di andare oltre e continueremo a mantenere viva la nostra campagna fino a raggiungere la cifra di 3 milioni. Con questi soldi – precisa – CAFOD vuole aiutare, oltre alle famiglie dello Zimbabwe, anche quelle del Sudan meridionale”. Tra le nuove iniziative, suggerite nel sito web dell'organizzazione per promuovere la raccolta fondi, anche camminate con i compagni di scuola o gli amici, gare sportive, competizioni di vestiti mascherati e feste. Come tradizione, la domenica che CAFOD dedica al “Fast Day” segue quella del ringraziamento per il raccolto, “Harvest day”, a significare “anche la condivisione con chi è povero dell’abbondanza che esiste nella nostra società”. (R.M.)

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    Prime condanne per i responsabili dell’attacco alla missione gesuita di Fonte Boa, in Mozambico

    ◊   Sono stati condannati a 24 anni di prigione tre dei presunti responsabili dell’attacco compiuto il 6 novembre scorso contro la missione gesuita di Fonte Boa, nella provincia occidentale mozambicana di Tete, nel quale morirono un missionario brasiliano, Waldyr dos Santos, e una volontaria portoghese, Idalina Neto Gomes. Lo riferiscono fonti locali, riprese dall’agenzia Misna, precisando che la Corte provinciale di Tete ha stabilito che Horacio Sande, Feston Palusso e Joaquim Nicoroa sono colpevoli di “omicidio di primo grado, furto, possesso illegale di armi e cospirazione criminale”. Uno degli altri due imputati nel processo, Policarpo Ndawala, è stato assolto, mentre il quinto, Filipe Tambala, nel frattempo è morto di malattia. Il caso, tuttavia, non è ancora chiuso: restano infatti da giudicare altre tre persone, Benjamim Roque, Alfredo Beula e Khalid Mahomed Nazir, ritenute i mandanti dell’attacco. Nell’assalto alla residenza dei gesuiti, altri due religiosi rimasero feriti. La zona di Tete ha registrato di recente un aumento di criminalità, con numerosi furti (spesso ai danni di missioni e parrocchie) di denaro o automobili, che vengono poi contrabbandate facilmente nei vicini Malawi, Zambia e Zimbabwe. (R.M.)

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    José Luis Restán è il nuovo presidente della CERC, la Conferenza Europea delle Radio Cristiane

    ◊   Durante il suo XIV Raduno annuale a Bruxelles, la Conferenza Europea delle Radio Cristiane (CERC) ha eletto come presidente José Luis Restán, direttore generale dei contenuti della catena radiofonica spagnola, COPE, che va a sostituire Luigi Bardelli, presidente di CORALLO, Consorzio Radio e Televisioni libere locali italiane. La CERC, di cui la catena COPE è una delle radio fondatrici, è formata da 15 emittenti nazionali europee. Restán, finora vicepresidente della CERC, è stato, fin dalla fondazione, uno dei principali promotori di questo raggruppamento di radio cristiane. Circa sei mesi prima della sua morte, il 15 ottobre 2004, Giovanni Paolo II ricevette i partecipanti al Raduno della CERC nel X anniversario della sua fondazione, lodando il lavoro che avevano svolto nel raggruppare “numerose Radio europee, dall'Atlantico agli Urali”. “Avete operato per consolidare negli ascoltatori la consapevolezza delle comuni radici cristiane e per stimolarne l’impegno a servizio della pace – aggiunse Papa Wojtyla – Avete così dato un prezioso contributo all’edificazione dell'Europa su fondamenti etici e spirituali, favorendo la comprensione e l'avvicinamento tra i popoli del nostro continente”. Infine, l’invito ai membri della CERC a “perseverare con generosità in questa importante missione. Le vostre voci – esortò Giovanni Paolo II - nella varietà dei rispettivi programmi, continuino a testimoniare Cristo, salvezza del mondo, e ad annunziare a tutti il suo Vangelo di pace”. (R.M.)

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    Scomparso in Ecuador, a 84 anni, il missionario comboniano, padre Cirillo Tescaroli. Era stato direttore di Nigrizia e collaboratore della Radio Vaticana

    ◊   E’ morto ieri a Quito padre Cirillo Tescaroli, missionario comboniano di 84 anni, che dal 1981 viveva in Ecuador. Con lui - informa la direzione generale dei Missionari Comboniani – scompare un valido apostolo, undici anni in Sud Sudan, tra i Denka, fino all'espulsione nel 1964, e 26 in Ecuador. Soprattutto, si è spenta la voce di un formidabile animatore missionario: direttore di Nigrizia e dell'AIMIS, padre Tescaroli fu anche collaboratore della Radio Vaticana e della Radio Cattolica dell'Ecuador, nonché autore di innumerevoli pubblicazioni popolari di formazione cristiana.

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    GMG di Sydney 2008: anche uno spazio dedicato alle diverse vocazioni

    ◊   Apriranno a breve le iscrizioni per tutti partecipanti alla Giornata mondiale della gioventù (GMG) di Sydney 2008 che intendano “testimoniare” la propria vocazione. A questo scopo - riferisce l'agenzia Sir - il Comitato organizzatore della GMG ha previsto il “Vocations Expo”, uno spazio interamente dedicato alle diverse vocazioni: sacerdozio, matrimonio, famiglia e laicato, vita religiosa e consacrata. “Ricevi ispirazione e informazione dai nostri testimoni provenienti da ogni Paese e nazione, così che tu possa comprendere a quale speranza Egli ti ha chiamato”, si legge nel sito ufficiale della GMG, www.wyd2008.org, nel quale molto presto sarà disponibile un modulo per presentare la propria disponibilità alla testimonianza. Si chiudono, invece, il 26 ottobre, le iscrizioni al Festival della gioventù, tre pomeriggi di festa all’interno della GMG, animati da giovani provenienti da ogni angolo del mondo, coinvolti come artisti, presentatori, ballerini, cantanti e attori, per promuovere lo scambio culturale e spirituale. (R.M.)

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    Concluso il Convegno nazionale dell'Azione Cattolica Italiana

    ◊   Con l’intervento del presidente nazionale, Luigi Alici, si è concluso ieri il Convegno nazionale dell’Azione Cattolica Italiana a Castel San Pietro, che ha aperto le celebrazioni per i 140 anni dell’associazione e il cammino verso la XIII Assemblea nazionale, in programma a Roma dal 1° al 4 maggio del prossimo anno. Castel San Pietro è la città natale di Giovanni Acquaderni, che, con il viterbese Mario Fani, costituì nel 1867 la Società della Gioventù Cattolica, primo nucleo dell’Azione Cattolica Italiana. La tre giorni ha visto la partecipazione di circa 1.500 responsabili associativi diocesani e parrocchiali, provenienti da tutta Italia. “Vogliamo far diventare l’Azione Cattolica un luogo di dialogo e di confronto, un ponte tra la dimensione cristiana e la dimensione umana della vita”, ha detto il presidente Alici nel suo intervento, nel quale ha ribadito l’attualità della scelta religiosa compiuta dall’AC alla fine degli anni Sessanta. “Una scelta valida per il laicato e per la Chiesa – ha precisato – alla quale, però, non dobbiamo dare un’interpretazione ideologica, per non cadere nella deriva dell’arroccamento interno”. Luigi Alici, utilizzando una metafora geometrica, ha parlato di un impegno dell’Associazione che realizzi “profondità della sintesi, larghezza della partecipazione civile, altezza della santità”. “La capacità di sintesi dell’Azione Cattolica - ha spiegato Alici - ci consente di cogliere aspetti della vita della Chiesa attorno ai quali costruire dei percorsi di impegno; frutto di questa capacità è il ‘Manifesto al Paese’, che ha già raccolto oltre 100 adesioni. (A cura di Fabio Zavattaro)

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    “Se uno è in Cristo è una nuova creatura”: dal 4 ottobre, a Bologna, il Congresso Eucaristico diocesano

    ◊   La Chiesa di Bologna sta per vivere la fase conclusiva del Congresso Eucaristico diocesano, che si svolgerà tra giovedì e domenica prossima. Il tema dell’incontro, “Se uno è in Cristo è una nuova creatura”, pone l’accento sulla rigenerazione della vita quotidiana dell’uomo. Le celebrazioni finali sono state pensate come un grande Triduo pasquale per la città. La convocazione annuale nella Basilica di San Petronio, patrono della città e della diocesi di Bologna, si caratterizza quest’anno come “Messa nella Cena del Signore” e sarà seguita dalla processione che porta il Santissimo Sacramento in Cattedrale, dove inizierà l’adorazione continua notte e giorno. Nella mattinata di venerdì, il Congresso Eucaristico mette al centro dei lavori uno dei drammi del nostro tempo: la carenza educativa. Positivamente, il convegno “Bambini cattivi o cattiva educazione?” indica la via dell’educazione come cammino di liberazione pasquale, dalla “cattività” alla libertà del dono di sé. Sabato prossimo, nel pomeriggio, è proposta la “Festa del vicinato”, animata dalle famiglie cristiane. Alla sera, in Cattedrale, la Veglia Eucaristica dei giovani, guidata dall'arcivescovo della città, il cardinale Carlo Caffarra, si concluderà con la processione che porta il Santissimo Sacramento nella chiesa di S. Nicolò degli Albari, appena restaurata per diventare la sede dell’adorazione eucaristica quotidiana serale, uno dei segni del Congresso. La veglia dei giovani culminerà con la partecipazione al grande spettacolo musicale “Voci di speranza”, che si terrà in Piazza Maggiore. Domenica pomeriggio, sempre in Piazza Maggiore, solenne Concelebrazione Eucaristica conclusiva. (A cura di Stefano Andrini)

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    24 Ore nel Mondo



    Un kamikaze in Pakistan uccide 14 persone - In Afghanistan morti 11 poliziotti attaccati da talebani - Scontro a fuoco a nordest di Gaza City: uccisi due militanti palestinesi

    ◊   In Pakistan, l’esplosione di un kamikaze ha ucciso almeno 14 persone tra cui 4 poliziotti nella cittadina di Bannu. L’uomo che si è fatto esplodere indossava un burqa femminile. Intanto migliaia di avvocati pakistani sono scesi in piazza a Lahore, a Karachi e in altre città del Paese, per protestare di nuovo contro il nulla osta della Corte suprema alla candidatura di Musharraf per un nuovo mandato come presidente. La stessa Corte ha firmato un decreto di sospensione del capo della polizia e del sindaco di Islamabad per aver ordinato un uso eccessivo della forza contro i manifestanti sabato: oltre 60 persone, fra cui 20 giornalisti, erano rimaste ferite. Oggi i manifestanti hanno sfilato per le strade di Lahore facendo sventolare bandiere nere.

    - Un gruppo di talebani ha assaltato un convoglio del governo afghano uccidendo 11 poliziotti. E’ accaduto nella provincia di Ghazni, a sudovest di Kabul. Intanto le forze della NATO in Afghanistan hanno preannunciato una nuova operazione offensiva contro le ''diverse decine di talebani'' rifugiate nella valle del Baluchistan, nella provincia di Uruzgan. In un’intervista con l'emittente radiofonica BNR, il colonnello olandese, Nico Geerts, ha precisato che l'offensiva avverrà nel quadro di una più ampia operazione lanciata in tutta la provincia e smentito che le forze nemiche siano diverse migliaia. Lo scorso giugno, i militari olandesi affiancati dalle nuove forze afghane avevano combattuto un’aspra battaglia contro i talebani rifugiati nella valle.

    - Soldati israeliani hanno ucciso due militanti palestinesi in uno scontro a fuoco avvenuto a nordest di Gaza City, nei pressi del confine con lo Stato ebraico. Secondo quanto riferito da un portavoce militare israeliano, sono stati i due militanti delle Brigate Ezzedim al Qassam, braccio armato di Hamas, ad aprire per primi il fuoco contro i soldati, lanciando contro di loro anche bombe a mano.

    - Sembra certo che sarà il partito del presidente ecuadoriano Rafael Correa ad avere la maggioranza nell'Assemblea Costituente. 9 milioni di cittadini del Paese andino hanno espresso la propria preferenza in una consultazione voluta dal presidente socialista per la creazione di un'assemblea che nei prossimi 6 mesi riscriverà la Costituzione. Nell'Assemblea siedono 130 deputati: 24 eletti a livello nazionale, 100 provenienti dalle circoscrizioni regionali e 6 designati dagli ecuadoriani residenti all'estero. Per i risultati ufficiali bisognerà attendere il lungo conteggio delle schede cosiddette "lenzuola elettorali", sulle quali comparivano 3229 candidati e 497 simboli di partito. I principi costituzionali difesi da "Movimento Paese", il partito di Correa, si ispirano al modello socialista boliviano di Evo Morales e venezuelano del presidente Hugo Chavez, il quale si è già congratulato con Correa. Una maggior presenza dunque dello Stato nell'economia, che si vuole non di mercato ma solidale. Ma l'opposizione teme che Correa intenda usare l'Assemblea per sciogliere il parlamento.

    - Le forze dell'Unione Africana in Darfur vittime di un attacco di gruppi ribelli. Almeno 10 i morti, una decina di feriti. Ma risultano disperse circa 40 persone. E' successo sabato, nella base di Haskanita, nel sud della regione occidentale sudanese. Ma la notizia è stata diffusa solo ieri. Si tratta del bilancio più pesante da quando, in maggio 2004, l'Unione Africana ha dispiegato un contingente di 7.000 uomini per controllare la situazione nella regione martoriata dalla guerra civile. L'attacco arriva alla vigilia di una tavola rotonda che riunisce gli ex-leader di vari Paesi per contribuire al processo di pace. Fra loro l'ex presidente USA Jimmy Carter e Desmond Tutu, Nobel per la Pace, arcivescovo emerito di Città del Capo: "Ci consideriamo vecchi saggi del villaggio globale", ha detto. "La gravità della crisi in Darfur ci porta ad essere qui ora". L'attacco alle base dei peacekeepers africani è un segnale particolarmente negativo in vista dei negoziati di pace voluti dall'Unione Africana e dalle Nazioni Unite, che cominceranno il 27 ottobre a Tripoli, in Libia. Dal 2003 in Darfur si consuma un conflitto inter-etnico costato la vita a oltre 200 mila persone, secondo le stime degli osservatori internazionali. Due milioni e mezzo i rifugiati.

    - Otto militari yemeniti risultano dispersi dopo l'eruzione del vulcano a Jabal al-Tair, una piccola isola disabitata del Mar Rosso a 80 miglia (circa 140 chilometri) dal porto di Houdieda. E' quanto riferisce l'agenzia statale, precisando che unità della Marina sono state inviate ieri notte sull'isola per evacuare le truppe del presidio militare. La ripresa dell'attività del vulcano era stata segnalata venerdì scorso, subito dopo un leggero sisma di magnitudo 3.7 della scala Richter che aveva scosso l'isolotto montagnoso, provocando degli smottamenti. A partecipare alle operazioni di soccorso è anche una fregata canadese, la HMCS Toronto, in navigazione verso il Canale di Suez quando ha ricevuto una richiesta di aiuto dalle autorità yemenite.

    - In Turchia 13 persone sono rimaste uccise e 2 ferite in un'imboscata ieri. Le autorità di Ankara attribuiscono l'attacco al Partito dei lavoratori del Kurdistan che, dal 1984, lotta per l'autodeterminazione del Kurdistan turco. L'assalto ha avuto come obiettivo un minibus che trasportava civili e alcuni cosiddetti "guardiani di villaggio". Si tratta di una milizia curda armata e addestrata da Ankara per assicurare la protezione dei centri abitati del sud-est dell'Anatolia, soggetti alle azioni armate del PKK. Secondo la Turchia i combattenti curdi hanno le loro retrovie nel Kurdistan iracheno, per questo gli emissari di Ankara hanno convinto il governo iracheno a firmare un accordo per la lotta comune contro i campi dei ribelli curdi in Iraq. L'intesa, che è stata firmata venerdì scorso, non prevede, come invece sperava il governo turco, la possibilità per il suo esercito di inseguire i ribelli curdi in Iraq. E oggi è giunta la dichiarazione del capo delle forze armate in Turchia: il generale Staff ha sottolineato che stabilire uno Stato curdo indipendente nel nord Iraq porrebbe rischi per la Turchia sia sul piano politico che su quello della sicurezza.

    - Garry Kasparov candidato dell'opposizione liberale alle presidenziali russe 2008. L'ex campione del mondo di scacchi scenderà in lizza per la successione a Vladimir Putin. Kasparov ha superato di larga misura gli altri 5 candidati alle primarie del movimento L'Altra Russia: "Lo scopo de L'Altra Russia", ha detto, "non è vincere l'elezione, ma esserci. Stiamo cercando di forzare il regime ad accettare il nostro diritto a partecipare ad elezioni libere e trasparenti". Ma il cammino di Kasparov, leader storico delle marce del dissenso, regolarmente represse dalle forze dell'ordine, non sarà facile anche all'interno dell'opposizione. Che si presenta come una galassia frammentata e litigiosa, anche al congresso del partito. Il primo dei non votati de L'Altra Russia è l'ex premier Mikhail Kassianov che promette di presentarsi comunque. E poi ci sono i nazional-bolscevichi di Eduard Limonov che, dall'interno, accusano i militanti di Kasparov di essere al soldo degli USA di Bush. Le presidenziali si terranno in marzo dell'anno prossimo. Il 2 dicembre le legislative. La campagna elettorale si è ufficialmente aperta il 5 settembre.

    - La sfida è lanciata: David Cameron si sente pronto alle elezioni anche ora, nonostante i sondaggi decisamente sfavorevoli. Il leader dei conservatori britannici ha parlato poco prima dell'apertura del congresso del suo partito, a Blackpool: dopodomani Cameron si presenterà davanti alla sua platea. Il partito presenta le sue proposte, che vanno dalle esenzioni fiscali per l'acquisto della prima casa di valore inferiore alle 250.000 sterline, agli aiuti per la famiglia, alla tassa ecologica per le compagnie aeree che non riempiono abbastanza i loro aerei, ai tagli degli aiuti per i disoccupati che rifiutino i lavori proposti. A pensare alle elezioni anticipate, secondo la stampa britannica, è il premier, il laburista Gordon Brown: perché gode di notevole popolarità, in questa fase, e nei sondaggi è largamente in testa, fino a undici punti in più rispetto al rivale. Brown, secondo la stampa, potrebbe decidere proprio in questi giorni di indire le elezioni.

    - In Belgio rinascono le speranze di formare un governo dopo che il cristiano-democratico fiammingo Yves Leterme è stato incaricato nel week-end dal re Alberto II di riprovare a creare un esecutivo, mentre lo spettro della scissione fra fiamminghi e walloni continua ad aleggiare. E' il secondo tentativo di Leterme, che ha vinto le elezioni nelle regioni fiamminghe ma non è stato in grado finora di formare la prevista coalizione con i liberali, anche a causa della tensione fra i partiti francofoni e quelli fiamminghi. Leterme è ritenuto portatore di un progetto di riforma delle istituzioni in senso autonomista, che secondo i walloni è un passo in più verso l'implosione del Paese. Ora alcuni sono convinti che il dialogo abbia fatto qualche progresso. Uno di questi è il ministro dell'Economia e del lavoro della regione di Bruxelles Benoit Cerehxe: "Fra i partner si è instaurato un clima di fiducia in particolare grazie all'incarico esplorativo attribuito a Van Rompuy e dunque se Leterme torna oggi significa che è pronto a lavorare nel quadro delle convergenze che sono state stabilite fra i due partner". C'è però chi non condivide neanche questo cauto ottimismo, come la socialista Laurette Onkelinx: "Viviamo in un momento di opacità politica. Nessuno ci dice nulla. I negoziati vengono condotti in segreto. I cittadini non hanno alcuna informazione. Tutto ciò a mio avviso è grave in una democrazia". Nell'attesa, 112 giorni dopo le politiche, il Belgio resta ancora senza governo. E l'esecutivo uscente di Guy Verofstadt continua a gestire gli affari correnti.

    - E’ morto in seguito ad un attacco cardiaco Milan Jelic, presidente della Repubblica Serba di Bosnia. Aveva 51 anni.

    - E sono stati fatti sette arresti per l’esplosione sabato scorso nelle Maldive. Almeno dodici turisti sono rimasti feriti nell’esplosione di una bomba, di fabbricazione artigianale al Sultan Park, all'esterno della principale moschea della capitale Malè. Almeno 8 dei feriti sono cinesi, due sarebbero britannici e un altro giapponese. Non si conosce ancora la nazionalità dell'ultimo turista ferito. Non sembra ci siano italiani coinvolti.

    - Con l'obiettivo realistico della moratoria “ci sono le condizioni perché l'Assemblea generale si esprima contro la pena di morte” ha detto il ministro degli Esteri Massimo D'Alema alla riunione organizzata da Italia e Portogallo all'ONU sulla pena capitale. Sul fronte della pena di morte le opinioni pubbliche vogliono risultati concreti: “Sarebbe un errore perdere questa opportunità”, ha detto Massimo D'Alema che ha co-presieduto la riunione con il collega portoghese Luis Amado.

    - Il presidente della Corea del Sud, Roh Moo-hyun, ha detto che nel secondo summit che si terrà domani tra i leader delle due Coree premerà per ottenere pace e un eventuale taglio di armamenti che caratterizzano il confine tra i due Paesi. Domani Roh Moo-hyun con una delegazione al seguito si recherà da Seoul a Pyongyang per un colloquio con il leader della Corea del nord Kim Jong-il. (Panoramica internazionale a cura di Fausta Speranza)

     
    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LI No. 274

     
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