RADIOVATICANA

RADIOGIORNALE

Anno LI n. 81 - Testo della trasmissione di giovedì 22 marzo 2007

 

Sommario

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE:

L’amore di Gesù ci guidi sempre nella cura dei malati: l’esortazione del Papa nell’udienza ai partecipanti alla Plenaria del Pontificio Consiglio per la Pastorale della Salute

 

Il Papa riceve il primo gruppo di vescovi sardi in visita ad Limina. Intervista con mons. Giuseppe Mani

 

Il Papa a Vigevano e Pavia il 21 e 22 aprile prossimi

 

Boom di vendite per la Sacramentum caritatis, mentre cresce l’attesa per la pubblicazione del libro “Gesù di Nazareth”. Ce ne parla don Claudio Rossini

 

Mons. Sgreccia ai media italiani: più correttezza nell'informazione. La libertà di parola e di coscienza vale per tutti, anche per i cattolici

 

Oggi su "L'Osservatore Romano"

 

OGGI IN PRIMO PIANO:

Nella Giornata mondiale dell’acqua, il richiamo del Papa a garantire questo diritto fondamentale all’intera famiglia umana. Ai nostri microfoni mons. Renato Volante

 

I vescovi europei: la costante vitalità dei valori cristiani è significativa per il futuro dell'Europa

 

CHIESA E SOCIETA’:

La relatrice del Parlamento Europeo del documento sulla "strategia dell'Unione Europea sui diritti dei minori", Roberta Angelilli, ha incontrato questa mattina a Roma le maggiori organizzazioni internazionali del settore dei diritti dell'infanzia, per raccogliere suggerimenti da integrare nel testo che sarà votato il prossimo autunno dal Parlamento Europeo

 

I vescovi del Nicaragua incontrano il cardinale Obando Bravo e il presidente nicaraguense, Ortega, in merito al Consiglio per la riconciliazione e la pace

 

Celebrazioni, a Roma, per il 27.mo anniversario dell’assassinio di mons. Romero, arcivescovo di San Salvador

 

L’arcivescovo di Bulawayo, in Zimbabwe, mons. Ncube, critica la “passività” del Sudafrica rispetto alle violazioni dei diritti umani da parte del presidente zimbabwano, Mugabe

 

Nigeria: insegnante cristiana picchiata a morte da studenti musulmani. Era accusata di aver profanato il Corano

 

Riaperta, in Libia, la chiesa di Santa Maria degli Angeli: segnale positivo per la comunità cristiana locale

 

Arrestati, nello Stato indiano del Karnataka, 22 missionari, accusati di convertire la popolazione locale

 

In Belgio, via i simboli religiosi dai luoghi pubblici

 

24 ORE NEL MONDO:

Nuovi scontri in Afghanistan tra forze della NATO e talebani

 

 

 

RADIO VATICANA

Radiogiornale

Il Papa e la Santa Sede

 

 

L’amore di Gesù ci guidi sempre nella cura dei malati: l’esortazione

del Papa nell’udienza ai partecipanti alla Plenaria

del Pontificio Consiglio per la Pastorale della Salute

 

Nella cura dei malati, portiamo la testimonianza dell’amore di Dio: è la riflessione offerta da Benedetto XVI ai partecipanti alla Plenaria del Pontificio Consiglio per la Pastorale della Salute, ricevuti stamani in Vaticano. La delegazione è stata guidata dal presidente del dicastero, il cardinale Javier Lozano Barragán. Il Papa ha ricordato agli operatori della salute che la dignità della persona umana, per quanto menomata, va sempre tutelata. Il servizio di Alessandro Gisotti:

 

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La pastorale della salute è “un ambito squisitamente evangelico, che richiama immediatamente l’opera di Gesù, buon Samaritano dell’umanità”: è quanto sottolineato da Benedetto XVI che ha ricordato come Gesù stesso “accompagnava sempre la predicazione con i segni che compiva sui malati”. Un insegnamento quanto mai attuale:

 

"La salute dell'uomo, di tutto l'uomo, è stato il segno che Cristo ha prescelto per manifestare la prossimità di Dio, il suo amore misericordioso che risana lo spirito, l'anima e il corpo. Questo, cari amici, sia sempre il riferimento fondamentale di ogni vostra iniziativa: la sequela di Cristo, che i Vangeli ci presentano quale 'medico' divino".

 

Proprio questa prospettiva biblica, ha proseguito, “valorizza il principio etico naturale del dovere della cura del malato in base alla quale ogni esistenza umana va difesa”. Il Papa ha sottolineato così che “soccorrere l’essere umano è un dovere sia in risposta a un diritto fondamentale della persona” sia perché dalla cura degli individui traiamo un beneficio per tutta la collettività. La scienza medica, è stata la sua riflessione, “progredisce in quanto accetta di rimettere sempre in discussione la diagnosi e il metodo di cura”. D’altro canto, la fiducia nei confronti del personale sanitario è proporzionata alla “certezza che tali difensori di ufficio della vita non disprezzeranno mai un’esistenza umana, per quanto menomata, e sapranno sempre incoraggiare tentativi di cura”:

 

"L’impegno della cura va quindi esteso ad ogni essere umano, nell’intento di coprire l'intera sua esistenza. Il concetto moderno di cura sanitaria è, infatti, la promozione umana: dalla cura del malato alla cura preventiva, con la ricerca del maggiore sviluppo umano, favorendo un adeguato ambiente familiare e sociale".

 

“Questa prospettiva etica, basata sulla dignità della persona umana”, ha detto ancora, “viene confermata e potenziata dal comandamento dell'amore, centro del messaggio cristiano”. Gli operatori sanitari cristiani, è stato il richiamo del Pontefice, “sanno bene che vi è un legame strettissimo e indissolubile tra la qualità del loro servizio professionale e la virtù della carità alla quale Cristo li chiama”:

 

"E’ proprio nel compiere bene il loro lavoro che essi portano alle persone la testimonianza dell'amore di Dio".

 

La carità come compito della Chiesa, oggetto di riflessione nella Deus caritas est, ha sottolineato,trova un’attuazione particolarmente significativa nella cura dei malati”, come attesta la storia della Chiesa, “con innumerevoli testimonianze di uomini e donne che, in forma sia individuale che associata, hanno operato in questo campo”. Quindi, il Papa è tornato sull’Esortazione apostolica Sacramentum Caritatis, importante anche per gli operatori sanitari:

 

"E’ proprio dall’Eucaristia che la pastorale della salute può continuamente attingere la forza per soccorrere efficacemente l’uomo e promuoverlo secondo la dignità che gli è propria. Negli ospedali e nelle case di cura, la Cappella è il cuore pulsante in cui Gesù si offre incessantemente al Padre celeste per la vita dell’umanità".

 

“L’Eucaristia, distribuita decorosamente e con spirito di preghiera ai malati – ha concluso - è la linfa vitale che li conforta e infonde nel loro animo luce interiore per vivere con fede e con speranza la condizione di infermità e di sofferenza”.

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Il Papa riceve il primo gruppo di vescovi sardi in visita ad Limina

 

Il Papa ha ricevuto stamane il primo gruppo di presuli della Conferenza episcopale della Regione Sardegna in visita ad Limina, giudati da mons. Giuseppe Mani, arcivescovo di Cagliari e presidente dei vescovi sardi. La Sardegna conta poco meno di un milione e 700 mila abitanti: le diocesi sono dieci, con circa 1160 sacerdoti tra secolari e regolari.  La Chiesa sarda è fortemente radicata tra la gente e vicina ai suoi problemi, legati soprattutto alla crisi dell’economia dell’isola. Sulla visita ad Limina ascoltiamo mons. Giuseppe Mani, al microfono di Massimiliano Menichetti:

 

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R. – La visita ad Limina è il momento centrale dell’espressione della comunione dell’episcopato con Pietro, per cui è un momento atteso, un momento desiderato; in tutta la visita sono coinvolti i pellegrini che vengono insieme ai vescovi: tra i momenti centrali c’è indubbiamente la preghiera sulle tombe dei martiri e la celebrazione nella cattedrale del Papa, a San Giovanni in Laterano.

 

D. – Quali sono le sfide, le emergenze che maggiormente affrontate come pastori?

 

R. – Vivere giorno per giorno la storia della Sardegna, che è una storia completamente in evoluzione. La Sardegna sta uscendo da una cultura agro-pastorale con tutte le sue bellezze e tutta la sua dimensione contemplativa, tutto il suo splendore che, aggiunto alle bellezze naturali, è quanto di più bello esista. Le sfide della Sardegna sono il passaggio da questa cultura ad una cultura industrializzata. E per noi vescovi la sfida è riuscire a far camminare questo popolo in cui c’è la vera fede verso la modernità, facendogli cogliere quanto di meglio nella modernità c’è.

 

D. – Si parla molto di crisi della famiglia, di problemi legati alla famiglia o ai giovani. In questo senso, in Sardegna c’è un tessuto vivo o anche qui ci sono problemi, ovvero la famiglia e i giovani sono un terreno di frontiera per la pastorale?

 

R. – Ovviamente, qui sono terreno di frontiera, ma non con la drammaticità del continente. Anche qui, purtroppo, ci sono le separazioni: non siamo ai livelli del continente e questo bisogna sottolinearlo. Direi che in Sardegna c’è veramente la fede autentica, la fede teologale, soprattutto la fede dei semplici, delle persone umili...

Per quanto riguarda i giovani, qui c’è un problema gravissimo, quello della scuola. La Sardegna ha un forte assenteismo scolastico.

 

D. – E la Chiesa che cosa fa, per essere vicina alle famiglie e ai giovani?

 

R. – La Chiesa è in prima linea. Per la famiglia grazie al nostro progetto pastorale cerchiamo di fornire supporti per educare, sostenerla e favorire lo sviluppo della famiglia; per quanto riguarda i giovani cerchiamo di stargli vicino, di ascoltarli, lavoriamo affinché gli stessi ragazzi trovino la loro vocazione.

 

D. – Qual è il punto sulle vocazioni sacerdotali?

 

R. – Il terreno qui è eminentemente vocazionabile. Cagliari ha 35 teologi! Qui non hanno mai avuto 35 teologi. Stiamo lavorando e si raccolgono veramente i frutti!

 

D. – La Sardegna, una terra anche di grande turismo. Un turismo visto anche come incontro, scambio e non solo come mero “prendere” ...

 

R. – La mia diocesi durante l’inverno conta 600 mila persone e durante l’estate un milione e mezzo, due milioni di persone. In tutte le parrocchie di mare c’è la Messa nelle piazze: io le chiamo le “Messe balneari”, è una cosa bellissima perché nelle grandi piazze vengono celebrate due, tre Messe, le piazze sono piene di gente che vengono da tutte le parti. Le celebrazioni sono organizzate con canti e grande è la partecipazione, si respira l’accoglienza... La Sardegna è una regione estremamente accogliente, per cui il turismo che sarà sicuramente il suo grande futuro, è anche un momento di grande importanza a livello pastorale.

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Altre udienze e nomine

 

Il Santo Padre ha ricevuto questa mattina anche l’arcivescovo Leo Boccardi, nunzio apostolico in Sudan e in Eritrea, con i familiari.

 

In Sierra Leone, Benedetto XVI ha accettato la rinuncia al governo pastorale della diocesi di Freetown and Bo presentata da mons. Joseph Henry Ganda, per raggiunti limiti di età.

 

In Canada, il Santo Padre ha nominato arcivescovo metropolita di Edmonton mons. Richard William Smith, finora vescovo di Pembroke. Mons. Richard William Smith è nato ad Halifax il 28 aprile 1959. Dal 1991 al 1995 ha studiato Teologia a Roma presso la Pontificia Università Gregoriana, ottenendo la Licenza nel 1993 e il Dottorato nel 1998. È stato ordinato sacerdote il 23 maggio 1987 per l’arcidiocesi di Halifax.  Il 27 aprile 2002 è stato nominato vescovo di Pembroke ed ha ricevuto l’ordinazione episcopale il 18 giugno successivo.

 

Il Papa ha nominato nunzio apostolico in Messico mons. Christophe Pierre, arcivescovo titolare di Gunela, finora nunzio apostolico in Uganda.

 

 

Il Papa a Vigevano e Pavia il 21 e 22 aprile prossimi

 

Il Papa si recherà in visita pastorale a Vigevano e Pavia il 21 e 22 aprile prossimi. Lo conferma oggi la Sala Stampa della Santa Sede. Secondo quanto riferito dalle due diocesi lombarde, Benedetto XVI arriverà nel pomeriggio del 21 aprile a Vigevano: alle 16.45 sarà accolto nello Stadio comunale “Dante Merlo”. Poi celebrerà la Messa in Piazza Ducale. Alle 20.00 la partenza per Pavia dove un’ora dopo sarà accolto  in Piazza Duomo dalle autorità religiose, civili e dai gruppi giovanili di volontariato. Domenica 22 aprile alle 9.00 è prevista la visita del Papa al Policlinico “San Matteo”; alle 10.30 la Messa negli Orti dell’Almo Collegio Borromeo; alle 16.00 la visita all’Università; alle 17.30 la celebrazione del Vespro nella Basilica di San Pietro in Ciel d’Oro, dove sono custodite le reliquie di Sant’Agostino. Al termine del rito il Papa lascerà Pavia per rientrare a Roma.

 

 

Boom di vendite per la Sacramentum caritatis, mentre cresce l’attesa

per la pubblicazione di Gesù di Nazareth. Ce ne parla il direttore

della Libreria Editrice Vaticana, don Claudio Rossini

 

Successo di vendite, ad una settimana dalla presentazione ufficiale, per l’esortazione apostolica postsinodale Sacramentum caritatis. La Libreria Editrice Vaticana rende noto che sono oltre 220.000 le copie vendute nel giro di pochi giorni. Su questo nuovo boom editoriale di un documento di Benedetto XVI, dopo la Deus caritas est, Alessandro Gisotti ha intervistato il direttore della Libreria Editrice Vaticana, don Claudio Rossini: 

 

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R. – Da parte della stampa e dei mezzi di informazione si è vista un’eccessiva riduzione di tutto l’insieme degli argomenti presentati qui in 160 pagine su alcune tematiche specifiche legate all’attualità sociale, politica, dell’Italia. Per cui l’informazione è stata schiacciata troppo. Pensavamo noi, lavorando nella casa editrice, che questo diventasse un handicap per le vendite. In realtà, probabilmente, questo gioco creato dai mezzi di informazione di schiacciare l’informazione, da un lato ha invogliato molti a dire vediamo un po’ se è davvero così. E stiamo assistendo a questo interessante boom di vendite, che ci sta obbligando a far “cigolare i torchi”, come dicevano una volta.

 

D. – Si può dire che in un periodo nel quale spesso si assiste alla distorsione da parte dei media delle parole del Papa, c’è però anche molta voglia da parte dei fedeli di andare alle fonti…

 

R. – Questo credo che noi lo stiamo toccando con mano ogni giorno, almeno qui da questa postazione un po’ particolare che è la Libreria Editrice Vaticana, dove si percepisce questo estremo interesse, questa grande domanda di leggere che cosa il Papa ha scritto, che cosa il Papa dice, al di là delle varie riduzioni, aggiustamenti su particolari tematiche sociali, politiche, economiche o altro. Ci arrivano richieste dalle case editrici di tutto il mondo, di rendere disponibili in tante lingue i testi del magistero di Benedetto XVI fin dall’inizio, fin dai suoi primi passi, dai suoi primi discorsi. Tutti questi segnali dicono che al di là delle eventuali distorsioni, al di là dei silenzi che ci possono essere, c’è un passaparola, c’è una corrente sotterranea che fa sì che la parola del Papa sia richiesta, sia ricercata, sia approfondita.

 

D. – Tra poche settimane, dopo Pasqua, verrà pubblicato il libro “Gesù di Nazareth”. Si prevede già un boom editoriale per questa opera di Benedetto XVI?

 

R. – Di questo possiamo essere più che sicuri, perché l’Editrice Rizzoli, che sta curando la preparazione del testo italiano, ha già coperto abbondantemente tutte le lingue principali e ha ricevuto richieste dalla Serbia, dalla Grecia, dalla Corea, dal Giappone, dalla Russia. A fine febbraio eravamo già a quota 20-22 contratti già siglati per rendere disponibile questa parola, questa riflessione, questo ritratto che il teologo diventato Papa ci vuole presentare sulla figura di Cristo, dopo 50 anni e più di ricerche, di studi, di letture, di meditazioni personali. Quindi, ci stiamo preparando tutti a leggere, ad accogliere questo testo, come una chiave di volta per capire come oggi ci si collochi davanti alla figura di Gesù.

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Mons. Sgreccia ai media italiani: più correttezza nell'informazione.

La libertà di parola e di coscienza vale per tutti, anche per i cattolici

 

Correttezza dell’informazione, libertà di parola e di coscienza per tutti, anche per i cattolici: è quanto chiede la Pontificia Accademia per la Vita che ieri ha definito “palesemente parziali e fuorvianti” le interpretazioni, date da alcuni organi d'informazione italiani, dei contenuti della Dichiarazione finale della sua XIII Assemblea Generale. Il riferimento è in particolare all’invito all’obiezione di coscienza per quei cattolici impegnati sul fronte della difesa della vita. Sul diritto all’obiezione di coscienza Luca Collodi ha intervistato il presidente della Pontificia Accademia per la Vita, mons. Elio Sgreccia:

 

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R. - Questo è un diritto di ogni cattolico, è un dovere di ogni cattolico ed è un contributo alla crescita della società. Ora, difendere la vita umana è un diritto-dovere, è un beneficio, un bene per la società e il laico cattolico, se condivide questo appello, come è ovvio che sia per un cattolico di retta coscienza, saprà poi assumere le proprie responsabilità e saprà anche quali sono le modalità in ogni nazione, per far valere la propria libertà di coscienza. Non c’è nessuna istigazione, non c’è nessuna forzatura, non c’è nessuna dettatura di ordini di carattere giuridico. Portiamo le nostre ragioni, abbiamo espresso le motivazioni e le argomentazioni come si fa in un’assise di studio, a meno che non sia proibito pensare e difendere i propri pensieri.

 

D. – In Italia, nei giorni scorsi, ci sono stati dei commenti molto duri a questo vostro intervento, addirittura è stato presentato come un attentato alla sovranità dello Stato, o addirittura un’istigazione a commettere reato. Qual è la sua riflessione?

 

R. – La mia riflessione è che è tutto il contrario: è una presa di coscienza a favore della libertà di coscienza. Anche i cattolici hanno diritto di esprimere quello che sentono, vivono e soffrono nella loro coscienza e ad esprimerlo a beneficio di tutte le nazioni dove si trovano a vivere, anche laddove queste prese di coscienza sono in contrasto o con la prassi o con le abitudini, o con la cultura del posto.

 

D. – Mons. Sgreccia, perché secondo lei alcuni organi d'informazione italiani hanno dato quelle che voi definite interpretazioni fuorvianti?

 

R. – Penso che ci sia una cattiva informazione, un’ottica un po’ falsata di vedere che tutto quello che fa la Chiesa, lo fa contro qualcuno, contro qualche movimento politico o contro qualche corrente politica. In realtà qui è stato detto ben chiaro che quell'invito era in favore della vita di tutti perché salvare la vita è un atto di pace nel mondo e che la coscienza dei credenti sia la prima a gridare e a levare la sua voce con tutto il rispetto degli altri, per difendere la vita degli innocenti. Credo che in questo dovremmo meritare un elogio per essere sostenitori della libertà di coscienza.

 

D. – Ci sono secondo lei gruppi culturali, gruppi economici che ostacolano la difesa della vita?

 

R. – Indubbiamente ci sono degli interessi economici o delle visioni culturali che esasperano semplicemente la libertà di agire, la libertà di comportamento, senza rendersi conto che ogni libertà umana ha una sua responsabilità e ha il suo limite nel rispetto della vita altrui. Ci sono quindi delle correnti culturali che hanno delle visioni non pienamente umane di quello che è il diritto alla vita.

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Oggi su "L'Osservatore Romano"

 

Sevizio vaticano - In primo piano il discorso rivolto dal Santo Padre ai partecipanti all'Assemblea Plenaria del Pontificio Consiglio per la Pastorale della Salute.

Servizio estero - In evidenza la situazione in Medio Oriente: il "Quartetto" chiede al nuovo Governo palestinese un impegno "chiaro e preciso" per la pace. Il Segretario di Stato Usa, Condoleezza Rice, annuncia una riduzione degli aiuti ai palestinesi per evitare che i contributi arrivino ad "Hamas".

Servizio culturale - Un articolo di Armando Rigobello dal titolo "Filosofia della libertà e della sofferenza": il pensiero di Luigi Pareyson.

Servizio italiano - In rilievo il tema degli incidenti sul lavoro.

 

 

RADIO VATICANA

Radiogiornale

Oggi in Primo Piano

 

 

Nella Giornata mondiale dell’acqua, il richiamo del Papa a garantire

questo diritto fondamentale all’intera famiglia umana

 

“L’acqua è un diritto inalienabile”: così il Papa in un messaggio, a firma del cardinale Tarcisio Bertone segretario di Stato, per la Giornata mondiale dell’acqua, richiamando “una responsabilità condivisa” per gestire “questa risorsa preziosa” in modo “tale da permettere a tutti di accedervi, soprattutto a quelli che vivono in condizioni di povertà”, “un imperativo morale e politico in un mondo che dispone di livelli di conoscenza e di tecnologie capaci di porre fine alle situazioni di penuria d’acqua”. “Tutti siamo chiamati a modificare il nostro modo di vivere in uno sforzo educativo capace di restituire a questo bene comune dell’umanità il valore e il rispetto che merita”. “Una sfida socio-economica, ambientale ed etica, che concerne non solo le istituzioni, ma la società intera”. “Affrontare la penuria d’acqua” è stato il tema al centro della Conferenza internazionale organizzata oggi a Roma dalla FAO, presente mons. Renato Volante, osservatore permanente della Santa Sede, presso l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’agricoltura e l’alimentazione. Il servizio di Roberta Gisotti:

 

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“Ogni Goccia d’acqua conta”, il motto di questa Giornata. Per questo è necessario rafforzare il governo condiviso – secondo principi di equità – di questa risorsa, ha raccomandato il segretario generale dell’ONU Ban Ki-moon, in un video-messaggio che ha aperto la Conferenza dedicata alla “più grande sfida di questo secolo”, come Jacques Diouf, direttore generale delle FAO ha definito la crisi idrica, che oggi colpisce 1 miliardo e 100 milioni di persone, che non dispongono di almeno 20 litri d’acqua indispensabili per bere, cucina e assicurare l’igiene quotidiana.

 

Una crisi idrica, ha sottolineato Diouf, collegata innanzitutto con la povertà - sono ancora oggi 850 milioni gli affamati nel mondo - e se è cresciuta la domanda di acqua per la pressione demografica – è triplicata la popolazione globale nell’ultimo secolo – e a questo si è aggiunto il grande sviluppo industriale nei Paesi più ricchi e non solo, la crescente urbanizzazione, ed ancora il degrado ambientale e i cambiamenti climatici – manca però ancora una gestione saggia di questa risorsa sia a livello internazionale per i tanti bacini idrici condivisi tra più Paesi, che a livello nazionale dove si riscontrano sperequazioni tra regioni, che anche a livello locale dove si consumano sprechi e perdite. “Regna il caos – ha denunciato Diouf – e il potere del più forte s’impone”, mentre mancano adeguati strumenti normativi.

 

Ma “l’acqua è un bene comune della famiglia umana – ha ricordato mons. Renato Volante, latore del Messaggio di Benedetto XVI: “l’acqua non può essere trattata come una semplice merce ed il suo uso deve essere razionale e solidale”, ha ribadito il presule a nome del Papa:

 

R. - L’acqua è uno dei diritti umani fondamentali, deve essere motivo di solidarietà e di compartecipazione, di amicizia, di sforzi comuni, un aiuto per evitare conflitti, egoismi, un elemento del quale tutti siamo responsabili, sia nei luoghi dove l’acqua è ancora abbondante sia in quelli nei quali essa manca.

 

D. – E’ importante ribadire che è un diritto fondamentale in tempi in cui sappiamo che ci sono molte diatribe e pressioni per privatizzare invece questo bene...

 

R. - Nel messaggio viene chiaramente detto quello che fa parte della dottrina sociale della Chiesa, cioè che l’acqua è un bene comune, un diritto fondamentale, come è un diritto fondamentale il diritto alla vita e senza acqua non ci può essere vita.

 

Concordi tutti i relatori della Conferenza – tra cui anche il premio Nobel Rita Levi Montalcini - che occorra passare dalle parole ai fatti, perché la politica può dare risposta a questa crisi, ha ripetuto Louis Michel, Commissario Europeo per lo sviluppo e gli aiuti umanitari: ma sono davvero alti i rischi che l’acqua venga asservita ad interessi economici di pochi a danno ancora una volta della massa dei più bisognosi del Pianeta.

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Il tema della Giornata riguarda dunque la scarsità dell'acqua nel mondo. A questo proposito Antonella Villani ha chiesto a Pasquale Speduto, presidente di UN-Water, l’organismo dell’ONU che si occupa di monitorare le decisioni in materia di risorse idriche, se queste stiano davvero finendo:

 

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R. – Il problema è che a fronte di una quantità 'finita' di risorse idriche c’è un continuo aumento di domanda dovuto all’aumento della popolazione, allo sviluppo, al cambio della dieta, all’aumento dello standard di vita e, dall’altro lato, c’è il problema dell’inquinamento di queste acque. Quindi, non sono solo 'finite' nella loro quantità totale, ma sono in via di degrado.

 

D. – Quali sono le regioni del mondo che soffrono maggiormente la mancanza cronica dell’acqua?

 

R. – Le regioni del Nord Africa, del vicino Oriente, le zone aride del Mediterraneo, ma anche alcune aree del Sud America, dove c’è una forte scarsità d’acqua da un punto di vista fisico. Ci sono anche aree, come l’Africa subsahariana, dove ci sono alcune risorse idriche, ma non ci sono abbastanza infrastrutture per poter raccogliere quest’acqua, controllarla, utilizzarla per l’irrigazione e così via.

 

D. – In quanti di questi Paesi si possono generare conflitti per la spartizione dell’acqua?

 

R. – A livello mondiale ci sono 263 casi di bacini trasfrontalieri. L’acqua può diventare fattore più di cooperazione che di conflitto. E’ chiaro, però, che se la scarsità va continuamente aumentando, il rischio di conflittualità aumenta.

 

D. – Acqua, siccità, ma anche uragani, inondazioni, inquinamento, come diceva lei prima. Natura infausta o colpa dell’uomo?

 

R. – Queste estremizzazioni, la siccità da un lato e le inondazioni dall’altro, vanno a peggiorare una situazione di scarsità idrica. L’uomo senz’altro ha una sua responsabilità. Può, però, se ha buon senso, entrare in un discorso di analisi, di capacità di cooperazione, in modo da poter fronteggiare tutte queste condizioni disastrose.

 

D. - In Europa, forse, si sente di nuovo molto il problema dell’acqua a livello di inquinamento fluviale, basti pensare al bacino del Danubio…

 

R. – Sì, bisogna ridurre il livello di inquinamento di queste acque, altrimenti non solo si va incontro ad una scarsità, in questo caso dovuta alla bassissima qualità dell’acqua, ma anche ad un impatto ambientale dell’ecosistema, che purtroppo è insostenibile.

 

D. – A questo punto, che fare per conservare questo bene così prezioso?

 

R. – Tutte le nazioni, anche il singolo individuo, devono ridare il valore che questo fattore ha in tutti i settori della vita. Dall’igiene alla sanità, alla produzione del cibo, alla conservazione dell’ambiente, l’acqua rimane un fattore estremamente importante. Allora, ci vuole, da un lato, una grossa consapevolezza dei rischi cui si sta andando incontro. Dall’altro, ridurre gestioni non appropriate e ridurre il livello di inquinamento delle acque stesse. C’è la tecnologia, ma ci vuole anche un intervento politico. A pagare di più è la cooperazione, perché quando ci si mette insieme e si valutano tutte le opportunità per fronteggiare la scarsità, si nota che c'è un miglioramento dell’efficienza dell’uso dell’acqua nei vari settori e lo scambio commerciale aiuta moltissimo ad importare prodotti piuttosto che produrli dove acqua non ce n’è. Quindi, ci sono diverse occasioni. Lo si può fare, però, solo se si coopera.

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I vescovi europei: la costante vitalità dei valori cristiani

è significativa per il futuro dell'Europa

 

La "costante vitalità" dei valori che "scaturiscono dalle tradizioni religiose ed in particolare da quelle cristiane ... è significativa per il futuro dell’Unione Europea”: è quanto ha detto oggi mons. Adrianus van Luyn, presidente della COMECE, la Commissione degli Episcopati della Comunità Europea, durante un incontro  organizzato nella capitale alla vigilia del Congresso per i 50 anni dei Trattati di Roma: nell'occasione è stato presentato il rapporto sulla dimensione etica dell’Unione Europea redatto da un gruppo di saggi composto da 25 personalità scelte per il loro profilo europeista e cristiano. Il servizio è di Stefano Leszczynski:

 

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Un’Europa che serva come modello per la realizzazione di una governance mondiale: questo l’auspicio espresso da mons. Noël Treanor, segretario generale della COMECE per il futuro dell’Unione Europea. La grandezza e la novità politica del progetto europeo è tutt’altro che esaurito come è sottolineato anche dal professor Mario Monti tra i redattori del rapporto intitolato “Un’Europa dei Valori”. In sette capitoli, il gruppo dei saggi, incaricato dalla COMECE prende in esame i valori concreti e affermati in seno all’Unione Europea come quelli relativi a pace e libertà, avvicinamento tra i popoli europei e non, potere economico e responsabilità internazionale, sussidiarietà e differenziazione, multilateralismo e tolleranza, solidarietà all’interno dell’Unione Europea e con il resto del mondo. Si sottolinea la coincidenza dei valori fondanti dell’Unione con quelli del cristianesimo, anche se resta ancora aperta la questione del richiamo nel testo costituzionale delle radici cristiane dell’Europa. L’Europa non ha prodotto soltanto l’euro, spiega l’ex commissario Mario Monti, ma anche un insieme di regole che obbligano il Paese alla solidarietà internazionale. Il metodo comunitario quindi, è l’unico modo per dare pari opportunità a tutti gli Stati. Non è giustificato per il professor Mario Monti, presentare il fenomeno europeo come qualcosa di contrario agli ideali cattolici. Ci sono inoltre materie delicate sulle quali l’Europa non è competente e che tuttavia occupano spazio a livello nazionale, come ad esempio le questioni inerenti alla famiglia o le questione relative alla bioetica. Su questi punti la COMECE, sottolinea il presidente mons. Adrianus van Luyn, vigila con l’obiettivo di essere sempre tramite della dignità dell’uomo in tutte le sue dimensioni e del bene comune in Europa. Dalla Sala Stampa Estera di Roma, Stefano Leszczynski, Radio Vaticana.

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Chiesa e Società

 

 

La relatrice del Parlamento Europeo del documento sulla "strategia

dell'Unione Europea sui diritti dei minori", Roberta Angelilli,

ha incontrato questa mattina a Roma le maggiori organizzazioni

internazionali del settore dei diritti dell' infanzia, al fine raccogliere

 suggerimenti da integrare nel testo che sarà votato

il prossimo autunno dal Parlamento Europeo

 

“Verso una strategia europea per i diritti dei minori”. Questo il titolo dell’audizione con le maggiori organizzazioni internazionali che operano nel settore dei diritti dei minori, tenutasi questa mattina a Roma, presso la sede del parlamento europeo. L’iniziativa è stata organizzata dall’eurodeputato Roberta Angelilli, relatrice per il parlamento europeo della relazione sulla “strategia dell’Unione Europea sui diritti dei minori”, al fine accogliere i suggerimenti e il patrimonio di esperienze delle organizzazioni impegnate nel settore dell’infanzia, in vista dell’elaborazione del documento che andrà ad integrare “Comunicazione del 2006 sui diritti dei minori” della Commissione Europea. Durante l’incontro è stato presentato alla stampa un rapporto con dati europei e nazionali sui casi di diritti negati a minori. Secondo i dati forniti da questo dossier circa 17 milioni bambini europei vivono in uno stato di povertà, mentre solo in Italia, tra il 2000 e il 2006, i minori vittime di reati sessuali sono stati circa tremila. Sono inoltre in aumento quei tipi di abusi legati alle pratiche di alcune comunità provenienti dall’africa sub-sahariana, come le mutilazioni genitali femminili e i matrimoni forzati. Per l’eurodeputato Angelilli “c’è bisogno di dare anima al testo della Comunicazione della Commissione Europea, che è troppo freddo e asettico, dove, ad esempio, non é mai menzionato il tema della famiglia.” “Le proposte più importanti - continua l’Angelilli- sono un numero unico per le chiamate urgenti in caso di sparizione e sfruttamento sessuale dei bambini, un forum europeo dei diritti dell’infanzia, un coordinatore europeo per i diritti dei minori e l’istituzione di un calendario europeo contro la pedopornografia. I rappresentanti delle associazioni  che hanno aderito all’incontro, tra cui Save the Children, Telefono Azzurro, Unicef Italia e Moige (Movimento Italiano Genitori), hanno evidenziato l’importanza di un percorso che, coinvolgendo le istituzioni e le ONG che operano per la famiglia e i minori, si concluda con l’elaborazione di una politica comune europea sull’infanzia. Infine, l'Angelilli ha assicurato che la relazione, che sarà stilata al termine delle audizioni, diventerà un vero e proprio testo parlamentare che sarà votato dall’aula di Strasburgo entro il prossimo ottobre. (A cura di Marco Guerra)

 

 

I vescovi del Nicaragua incontrano il cardinale Obando Bravo

 e il presidente nicaraguense, Ortega, in merito al Consiglio

per la riconciliazione e la pace

 

“Prendiamo atto che questa Commissione non ha un rapporto gerarchico di subordinazione col potere esecutivo, né tanto meno deve amministrare denaro pubblico o voci della legge finanziaria”: così, i vescovi del Nicaragua, in un breve comunicato emesso dopo l’incontro, ieri, con l’arcivescovo emerito di Managua, cardinale Miguel Obando Bravo, che nei giorni scorsi aveva annunciato di “aver accettato a titolo personale” di presiedere, come gli era stato chiesto da parte del presidente nicaraguense, Daniel Ortega, il Consiglio per la riconciliazione e la pace. Per i vescovi, l’organismo, che dovrà facilitare l’applicazione degli accordi con tutti i gruppi armati che sono stati smobilitati e che attendono da anni sostegno, risarcimento e misure per l’integrazione sociale, sarà in sostanza una continuazione di ciò che fu la Commissione ONU per la verifica degli accordi che misero fine alla guerra interna. “Noi conosciamo e riconosciamo il profilo del sig. cardinale in questo ambito – affermano i presuli – e chiediamo per lui la benedizione del Signore nello svolgimento di questo nuovo servizio”. D’altra parte, la nota dell’episcopato ribadisce: “Noi, coerenti con il nostro dovere di pastori, continueremo lavorando per la pace e la giustizia del nostro popolo dalle nostre strutture pastorali, poiché la Chiesa in sé stessa è portatrice di un messaggio di riconciliazione”. I presuli chiedono anche ai fedeli cattolici, e a tutti gli uomini di buona volontà, di unirsi con le loro preghiere e con i loro gesti di pace alla grande sfida della riconciliazione nazionale. “La riconciliazione – conclude il comunicato – non può prescindere dal bene comune, il quale si fonda sulla verità, la giustizia, l’amore e la libertà”. Nella stessa giornata, l’episcopato si è incontrato con il presidente nicaraguense, Daniel Ortega, che al termine dell’incontro si è dichiarato “soddisfatto”. Mons. Leopoldo Brenes, arcivescovo di Managua e presidente della Conferenza episcopale, parlando con i giornalisti, ha precisato: “Noi vescovi, in quanto ambasciatori della riconciliazione, abbiamo lavorato da sempre, e così sarà ovviamente nel futuro, in favore della pace e della giustizia”. E sempre ieri, 21 marzo, una delegazione della Conferenza episcopale si è riunita con tutti i giudici della Corte suprema di giustizia per ribadire il loro sostegno alla legge che ha eliminato la figura giuridica dell’aborto terapeutico. Lo scorso ottobre, l’Assemblea nazionale del Nicaragua, aveva derogato la legislazione vigente sull’aborto terapeutico, ma sono stati presentati numerosi ricorsi per dichiarare tale normativa “incostituzionale”. I giudici, che ascolteranno esponenti di altre confessioni religiose e numerose organizzazioni di donne, comprese quelle che sono contrarie alla deroga, emetteranno un verdetto nel mese di maggio. (A cura di Luis Badilla)

 

 

Celebrazioni, a Roma, per il 27.mo anniversario dell’assassinio

di mons. Romero, arcivescovo di San Salvador

 

Nel 27.mo anniversario della morte di mons. Oscar Arnulfo Romero, l’arcivescovo di San Salvador ucciso il 24 marzo del 1980, a Roma, associazioni e congregazioni religiose presentano un nutrito calendario di celebrazioni. Come riferisce l'agenzia Sir, aderiscono a questo comitato 29 enti, tra cui Pax Christi italiana, la Commissione Giustizia e Pace delle Superiore e Superiori Generali, la Conferenza Istituti missionari italiani, le Comunità evangeliche, valdesi e battiste. Si parte oggi pomeriggio in via IV Novembre 119/a, con la proiezione del film “Romero” e le testimonianze dei vescovi Luigi Bettazzi e mons. Josè Raúl Vera López, vescovo di Saltillo, in Messico. La sera del 23 marzo, poi, per la prima volta è stata organizzata una veglia di preghiera ecumenica nella chiesa di San Marcello al Corso, con numerose testimonianze. Il 24 marzo, nella chiesa di San Giuseppe Moscati, si svolgerà una Messa animata dalla comunità parrocchiale e dalla comunità salvadoreña. Infine, il 25 marzo, le comunità latino-americane di Roma incontreranno i cittadini alle 11.00 in piazza Mastai e da lì sfileranno in processione per la Messa nella chiesa di Santa Maria della Luce, sede della Cappellania latino-americana. (R.M.)

 

 

L’arcivescovo di Bulawayo, in Zimbabwe, mons. Ncube, critica

 la “passività” del Sudafrica rispetto alle violazioni dei diritti umani

da parte del presidente zimbabwano, Mugabe

 

L’arcivescovo di Bulawayo, in Zimbabwe, mons. Pius Alick Ncube, ha accusato il governo sudafricano di tenere un atteggiamento troppo passivo di fronte alle gravi violazioni dei diritti umani perpetrate dal regime del presidente zimbabwano, Robert Mugabe. La tensione nel Paese continua a essere alta, dopo il recente arresto del leader dell’opposizione, Morgan Tsvangirai, e di un gruppo di suoi sostenitori, poi rilasciati. Parlando dai microfoni di una radio sudafricana, mons. Ncube ha affermato che le autorità di Pretoria potrebbero esercitare più pressioni per costringere Mugabe a cambiare atteggiamento, ma che “sinora non hanno fatto altro che guardare, mentre la situazione continua a peggiorare”. Secondo l’arcivescovo, il Sudafrica potrebbe indurre Mugabe “a più miti consigli”, applicando sanzioni mirate senza colpire la popolazione già allo stremo, come per esempio tagliare l’energia elettrica. Le critiche di mons. Ncube si aggiungono a quelle espresse dal Consiglio sudafricano delle Chiese (SACC), che nei giorni scorsi aveva chiesto “l’immediata cessazione delle vessazioni contro il popolo zimbabwano” e un intervento più fermo presidente sudafricano, Thabo Mbeki, secondo il quale invece esso non servirebbe a cambiare la situazione. Questo, mentre in Sudafrica continuano a riversarsi migliaia di profughi. Preoccupazione per l’ulteriore giro di vite di Mugabe contro l’opposizione è stata espressa dalla Commissione giustizia e pace dello Zimbabwe. Più articolata la posizione delle altre Chiese cristiane nel Paese, i cui leader hanno lanciato in questi giorni un appello congiunto alla responsabilità e alla moderazione. (L.Z.)

 

 

Nigeria: insegnante cristiana picchiata a morte da studenti musulmani.

Era accusata di aver profanato il Corano

 

In Nigeria, un’insegnante cristiana è stata picchiata a morte da alcuni studenti musulmani della scuola superione in cui insegnava, nello Stato nordorientale di Gombe. Secondo fonti della polizia, gli allievi ritenevano che la professoressa avesse profanato il Corano. La vittima, che si chiamava Oluwatoyin Olusase, è stata percossa all’esterno della scuola, al termine dell’esame di Religione Islamica in cui il suo compito era stato quello di sorvegliare i ragazzi, perché non copiassero. Non è chiaro che cosa esattamente avesse fatto l’insegnante per scatenare la furia degli studenti. La polizia ha confermato l’episodio e ha detto che solo il suo intervento ha evitato che esso si trasformasse in una sommossa. “Stiamo indagando”, ha riferito il commissario capo di Gombe. Nel febbraio del 2006, almeno cinque persone sono state uccise e diverse chiese sono state bruciate nel vicino Stato di Bauchi da folle di musulmani infuriati per il fatto che un insegnante cristiano avesse cercato di confiscare una copia del Corano a uno studente che lo stava leggendo durante la lezione. Da quando, nel 1999, il Paese è tornato alla democrazia, dopo 30 anni di quasi ininterrotta dittatura militare, almeno 15 mila persone sono state uccise negli scontri interreligiosi che hanno interessato soprattutto i 13 Stati a maggioranza islamica nel nord della federazione: regioni nelle quali sono stati adottati i principi della sharia (la legge islamica) nell’ordinamento penale. (R.M.)

 

 

Riaperta, in Libia, la chiesa di Santa Maria degli Angeli:

segnale positivo per la comunità cristiana locale

 

La piccola comunità cristiana in Libia ha festeggiato la riapertura al culto della chiesa di Santa Maria degli Angeli, costruita dai francescani nel XVII secolo e oggi proprietà della comunità anglicana locale. La celebrazione di riconsacrazione ha avuto luogo il 9 marzo ed è stata presieduta dal vescovo anglicano de Il Cairo, Mouneer Hanna Anis, con la partecipazione del vicario apostolico di Tripoli, mons. Giovanni Innocenzo Martinelli, del vescovo greco-ortodosso, Theofilactos, di sacerdoti e pastori e di una folta rappresentanza di fedeli delle diverse comunità cristiane di tutte le nazionalità. Erano inoltre presenti rappresentanti dell’istituto missionario islamico libico, “Dawat Islamiyat” (Chiamata islamica), e gli ambasciatori d’Inghilterra, d’Egitto e di altri Paesi. Santa Maria degli Angeli ha segnato le origini della comunità cristiana a Tripoli grazie ai Frati francescani che, spinti dall’ideale di San Francesco di “andare presso i musulmani”, scelsero di venire nel 1600 e testimoniare la carità di Cristo verso gli schiavi, ottenendo il permesso di costruire una chiesa che vollero dedicare, come quella di Assisi, alla Vergine degli Angeli. E ai francescani si deve un’altra chiesa in Libia dedicata alla Vergine, quella dell’Immacolata di Benghazi, costruita nel 1858 e riaperta al culto nel 1977, quale dono del Congresso per il dialogo islamo-cristiano di Tripoli del febbraio 1976. Attualmente, la Libia conta circa 50 mila cattolici, tutti stranieri. La restituzione al culto della Chiesa di Santa Maria degli Angeli rappresenta per la comunità cristiana locale un importante segnale di apertura da parte del regime del colonnello Gheddafi. (L.Z.)

 

 

Arrestati, nello Stato indiano del Karnataka, 22 missionari,

accusati di convertire la popolazione locale

 

In India, la polizia dello Stato meridionale del Karnataka ha arrestato il 20 marzo scorso 22 missionari cristiani, accusati di convertire la popolazione del distretto di Dharwad. Lo conferma la polizia locale. Come riferisce l’agenzia del PIME, AsiaNews, l’arresto sarebbe nato da una denuncia presentata dagli abitanti del villaggio di Bada, che accusano i missionari di aver distribuito volantini a favore del cristianesimo e contro gli dei dell’induismo. Sempre secondo la denuncia, i cristiani avrebbero offerto del denaro a chiunque si fosse convertito. La polizia li ha arrestati e ha sequestrato il materiale in loro possesso. Gli agenti hanno dichiarato che i missionari “sono colpevoli di aver invitato il villaggio a convertirsi per vivere una vita felice”. I 22 missionari sono finiti davanti ad un giudice, che li ha accusati di dichiarazioni che feriscono i sentimenti religiosi, violazione di domicilio e offese intenzionali mirate a distruggere la pace. Dopo aver ascoltato le accuse, i missionari sono stati rilasciati su cauzione. I cristiani locali sottolineano però che la zona è una delle roccaforti del Rashtriya Swayamsevak Sangh, formazione paramilitare di fondamentalisti nazionalisti indù, e che la comunità indù locale è molto forte. (R.M.)

 

 

In Belgio, via i simboli religiosi dai luoghi pubblici

 

In Belgio, il ministro Philippe Courard, responsabile degli Affari Interni della regione della Vallonia, ha inviato una circolare a tutte le sedi dell’amministrazione statale, in cui esige la “neutralità filosofica e religiosa nei luoghi pubblici”. Come riferisce il quotidiano Avvenire, che cita il “Le Soir”, l’incaricato regionale ha sottolineato che i locali pubblici (comprese le sale dei consigli comunali e provinciali) “devono offrire un’immagine di assoluta neutralità in materia di convinzione di fede, di impronta filosofica o di morale”. Unica eccezione: “I simboli religiosi legittimamente considerati come opere d’arte o che fanno parte integrante di un edificio”. Il ministro ha però tenuto a precisare che la sua lettera non vuole imporre “una regola rigida assoluta”. “I comuni hanno una loro libertà di azione”, ha chiarito Courard. (R.M.)

 

 

RADIO VATICANA

Radiogiornale

24 Ore nel Mondo

- A cura di Amedeo Lomonaco ed Eugenio Laurenzi -

 

 

- In Afghanistan, la cronaca fa registrare nuovi, violenti scontri tra talebani e forze della NATO. Le vittime, tutte tra i ribelli, sono almeno 40. Si accende inoltre il dibattito, anche con toni polemici, sulle modalità che hanno portato alla liberazione del giornalista italiano, Daniele Mastrogiacomo. Il nostro servizio:

 

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In Afghanistan, almeno 40 presunti talebani sono rimasti uccisi durante intensi combattimenti tra ribelli e forze della NATO nella turbolenta provincia meridionale di Helmand, roccaforte dei talebani. L’obiettivo è di indebolire le milizie integraliste per rendere meno cruenta la cosiddetta “offensiva di primavera”, già annunciata dai talebani. La regione teatro degli scontri è la stessa dove lo scorso 4 marzo è stato sequestrato il giornalista italiano, Daniele Mastrogiamo, insieme con un autista, ucciso dai rapitori, e un interprete, ufficialmente non ancora rilasciato. Proprio la vicenda del reporter italiano è al centro di intense polemiche. L’amministrazione americana ha espresso, infatti, il proprio disappunto per le modalità che hanno portato alla liberazione di Mastrogiacomo, avvenuta grazie allo scambio tra il giornalista e 5 talebani detenuti. Secondo una fonte dell’amministrazione statunitense, la vicenda del reporter italiano “aumenta i rischi per le forze della coalizione e i civili”. Anche il governo del Regno Unito ha espresso “preoccupazione” per “le implicazioni della liberazione di talebani” collegata al rilascio di Daniele Mastrogiacomo. Un portavoce del ministero degli Esteri britannico ha detto che si teme, in particolare, l'invio "di messaggi sbagliati a quanti pensano di compiere altri sequestri”. Anche l’esecutivo tedesco ha criticato i termini del rilascio del giornalista italiano. La Germania ha ribadito, poi, di non voler cedere al ricatto dei rapitori dei due tedeschi sequestrati in Iraq lo scorso 6 febbraio. I rapitori hanno minacciato di uccidere i due ostaggi se il governo di Berlino non ritirerà le proprie truppe dall’Afghanistan. In Italia, infine, il presidente della Camera, Fausto Bertinotti, ha difeso l’operato del governo aggiungendo che la trattativa per la liberazione di Mastrogiacomo “è stata condotta utilizzando tutte le forze ufficiali e informali nell’ambito di un piano guidato dall’esecutivo”.

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- Una forte esplosione ha interrotto il discorso a Baghdad del segretario generale dell’ONU, Ban Ki-Moon, arrivato stamani a sorpresa nella capitale irachena. Si tratta della prima visita compiuta da Ban nel Paese arabo, da quando è alla guida del Palazzo di Vetro di New York. Sono previsti colloqui con il premier iracheno, Nuri al-Maliki. A Baghdad, intanto, la polizia ha trovato almeno 30 cadaveri con evidenti segni di torture. Il comando americano ha poi reso noto che sono stati uccisi, nelle ultime 24 ore, 3 soldati statunitensi. E’ così salito a 3225 il numero dei militari statunitensi morti in Iraq a partire dal mese di marzo del 2003, quando ha avuto inizio l’operazione militare anglo-americana.

 

- Soddisfazione da parte di Israele per l’iniziativa avanzata ieri dal Quartetto: Stati Uniti, Unione Europea, Russia e Onu. I 4 hanno chiesto al governo palestinese del premier Haniyeh di riconoscere lo Stato ebraico, di accettare gli accordi temporanei firmati con Israele e la rinuncia alla violenza. Intanto, è atteso per domani l’arrivo nella regione del segretario di Stato americano, Condoleezza Rice, che ieri ha annunciato un nuovo piano per gli aiuti al governo dell’Autorità Nazionale Palestinese. Ma in quale clima si inserisce questa nuova missione di Condoleezza Rice? Giancarlo La Vella lo ha chiesto a Marcella Emiliani, docente di sviluppo dei Paesi del Medio Oriente all’Università di Bologna:

 

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R. - E’ un clima pieno di speranze, ma anche con grandi dubbi all’orizzonte. Bisogna che gli Stati Uniti facciano sentire la loro pressione perché Israele si senta più sicuro, più tutelato. Se Stati Uniti ed Israele si arroccano in una posizione di non riconoscimento lasciando fuori tutti i tentativi diplomatici e quant’altro del mondo arabo, si verrà a creare una frattura; non credo che Israele, e gli Stati Uniti se lo possano permettere.

 

D. – Quali sono le basi su cui comincerà ad operare il governo di unità nazionale palestinese, considerando i recenti forti contrasti tra Hamas e al Fatah?

 

R. – Da sempre il loro contenzioso è su chi debba garantire la sicurezza e che fine devono fare i miliziani di cui si è dotato Hamas per garantire la sicurezza nell’autonomia palestinese; l’altro piano ovviamente è quello economico, importantissimo per la popolazione che è letteralmente alla fame.

 

D. – Proprio sull’aspetto economico, potrebbe sbloccarsi la situazione degli aiuti internazionali ai palestinesi?

 

R. – Ci vuole assolutamente una posizione chiara degli Stati Uniti in merito, altrimenti si crea un imbarazzo mortale anche in Europa se Bruxelles decidesse di riaprire i canali di aiuto verso l’Autorità Nazionale Palestinese.

 

D. – Aiuti che si ha la certezza poi verranno destinati allo sviluppo?

 

R. – Il rischio, ovviamente, se la situazione rimane una situazione di contrasto, è che, come molti aiuti in passato, vadano a finire ad ingrossare spese militari o di corruzione piuttosto che spese per lo sviluppo. Però non dimentichiamo che sia al Fatah sia Hamas, devono poi rendere conto alla popolazione palestinese che credo abbia esaurito la pazienza da molto tempo.

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- In Libano, un ordigno pronto ad esplodere è stato scoperto stamani all’Università americana di Beirut. Lo ha reso noto la polizia libanese. La bomba, una busta di carta imbottita con 200 grammi di tritolo, è stata trovata in un cortile. Gli artificieri hanno prontamente disinnescato l’ordigno.

 

- Via libera dei ministri dei Trasporti europei all’accordo “Open Skies” con gli Stati Uniti. Gli aerei statunitensi e quelli dell’Unione Europea potranno accedere liberamente ai rispettivi mercati. “L’accordo – scrive in un comunicato il ministro dei Trasporti UE, Jacques Barrot - ha una grande importanza politica ed economica”.

 

- La strada della normalizzazione per la Somalia è ancora ricca di insidie e ostacoli: la capitale Mogadiscio continua ad essere teatro di furiosi scontri tra truppe governative somale, appoggiate da truppe etiopiche, e gruppi ribelli rimasti fedeli alle Corti islamiche. Il nostro servizio:

 

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Carri armati etiopici hanno sparato stamani contro presunti ribelli che avevano attaccato una base delle forze governative a Mogadiscio nei pressi dell’ex quartiere generale del ministero della Difesa. Non è chiaro se ci siano state vittime ma è certo che centinaia di persone hanno lasciato le loro case per mettersi in salvo. Scontri sono in corso anche in altre zone di Mogadiscio e in diversi villaggi vicino alla capitale. Contro le forze governative si sarebbe inoltre scatenata l’ira della popolazione locale. Sono in particolare sempre più forti le tensioni tra il principale clan di Mogadiscio e l’esecutivo di transizione somalo. Il malcontento è dovuto al fatto che le milizie governative composte da uomini provenienti dal Puntland, regione settentrionale proclamatasi autonoma, sono considerate come un corpo estraneo alla Somalia. Sul versante politico, il Parlamento somalo ha approvato ieri il trasferimento del governo provvisorio da Baidoa a Mogadiscio ma l’operazione è ardua. Gli scontri tra le milizie islamiche e i soldati somali proseguono, infatti, nonostante lo scorso 6 marzo sia stato dispiegato un primo contingente di pace dell’Unione Africana, formato da circa 1500 uomini. Si stima che gli scontri abbiano provocato finora nel Paese africano, più di 150 morti e oltre 40 mila sfollati.

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- In Spagna, è sempre più acceso il dibattito sul fenomeno dell’immigrazione. Oltre ai dati statistici, che hanno fatto registrare negli ultimi anni un incremento dei flussi migratori in Spagna, l’accento viene posto, in particolare, sulle cause all’origine di tale fenomeno. Il servizio di Ignacio Arregui:

 

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Secondo un rapporto statistico, pubblicato da una importante fondazione finanziaria, la Spagna occupa in questo momento uno tra i primi posti nel mondo per quanto riguarda il flusso migratorio. Questo spettacolare incremento è iniziato circa sei anni fa. Il numero totale di immigrati, alla fine dell’anno 2006, è di 4.800.000, l’11,8 per cento della popolazione. Sono diverse le cause che possono spiegare questo fenomeno: il buon andamento dell’economia che ormai supera la media del reddito pro capite dell’Europa dei 27, la mancanza di mano d’opera per certe attività che non interessano i lavoratori nazionali, l’affinità culturale nel caso degli immigrati ispanoamericani, o le restrizioni degli Stati Uniti all'immigrazione dopo l’attentato dell’11 settembre. Sono di origine latinoamericana la maggior parte degli immigrati con circa 200.000 nuovi arrivati ogni anno. Ma negli ultimi due anni è aumentato il numero degli immigrati provenienti dall’Europa dell’Est. Vengono in terzo luogo gli africani, e infine gli asiatici. Gli arrivi avvenuti via mare, talvolta in circostanze drammatiche, rappresentano solo un 5 per cento di quanti entrano nel Paese. Di fronte a questo fenomeno la popolazione si comporta in generale in modo realistico riconoscendo che gli immigrati sono necessari per l’economia di un Paese sempre più vecchio e con mancanza di mano d’opera per certe attività. Tuttavia, sono molti a considerare eccessivo l’attuale incremento degli immigrati e ritengono auspicabile che siano tutti in possesso di un contratto di lavoro prima di entrare in Spagna.

 

Per la Radio Vaticana, Ignacio Arregui.

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- L’esplosione, costata la vita a due marinai, non ha interessato il reattore nucleare che alimenta il sottomarino. E’ quanto ha riferito il ministero della Difesa britannico subito dopo la deflagrazione, avvenuta ieri a bordo di un sottomarino atomico britannico durante un’esercitazione congiunta con un’unità americana.