RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno LI n. 81
- Testo della trasmissione di giovedì 22
marzo 2007
IL PAPA E LA SANTA SEDE:
Il Papa a Vigevano e
Pavia il 21 e 22 aprile prossimi
Oggi
su "L'Osservatore Romano"
OGGI IN PRIMO PIANO:
CHIESA E SOCIETA’:
In Belgio,
via i simboli religiosi dai luoghi pubblici
Nuovi scontri in Afghanistan tra forze della NATO
e talebani
RADIO
VATICANA
Radiogiornale
Il
Papa e la Santa Sede
L’amore di Gesù ci
guidi sempre nella cura dei malati: l’esortazione
del Papa nell’udienza ai partecipanti alla Plenaria
del Pontificio Consiglio per la Pastorale della
Salute
Nella cura dei malati,
portiamo la testimonianza dell’amore di Dio: è la riflessione offerta da
Benedetto XVI ai partecipanti alla Plenaria del Pontificio Consiglio per la
Pastorale della Salute, ricevuti stamani in Vaticano. La delegazione è stata
guidata dal presidente del dicastero, il cardinale Javier Lozano Barragán. Il
Papa ha ricordato agli operatori della salute che la dignità della persona
umana, per quanto menomata, va sempre tutelata. Il servizio di Alessandro
Gisotti:
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La pastorale della
salute è “un ambito squisitamente evangelico, che richiama immediatamente
l’opera di Gesù, buon Samaritano dell’umanità”: è quanto sottolineato da
Benedetto XVI che ha ricordato come Gesù stesso “accompagnava sempre la
predicazione con i segni che compiva sui malati”. Un insegnamento quanto mai
attuale:
"La salute
dell'uomo, di tutto l'uomo, è stato il segno che Cristo ha prescelto per
manifestare la prossimità di Dio, il suo amore misericordioso che risana lo
spirito, l'anima e il corpo. Questo, cari amici, sia sempre il riferimento
fondamentale di ogni vostra iniziativa: la sequela di Cristo, che i Vangeli ci
presentano quale 'medico' divino".
Proprio questa
prospettiva biblica, ha proseguito, “valorizza il principio etico naturale del
dovere della cura del malato in base alla quale ogni esistenza umana va
difesa”. Il Papa ha sottolineato così che “soccorrere l’essere umano è un dovere
sia in risposta a un diritto fondamentale della persona” sia perché dalla cura
degli individui traiamo un beneficio per tutta la collettività. La scienza
medica, è stata la sua riflessione, “progredisce in quanto accetta di rimettere
sempre in discussione la diagnosi e il metodo di cura”. D’altro canto, la
fiducia nei confronti del personale sanitario è proporzionata alla “certezza
che tali difensori di ufficio della vita non disprezzeranno mai un’esistenza
umana, per quanto menomata, e sapranno sempre incoraggiare tentativi di cura”:
"L’impegno della
cura va quindi esteso ad ogni essere umano, nell’intento di coprire l'intera
sua esistenza. Il concetto moderno di cura sanitaria è, infatti, la promozione
umana: dalla cura del malato alla cura preventiva, con la ricerca del maggiore
sviluppo umano, favorendo un adeguato ambiente familiare e sociale".
“Questa prospettiva
etica, basata sulla dignità della persona umana”, ha detto ancora, “viene
confermata e potenziata dal comandamento dell'amore, centro del messaggio
cristiano”. Gli operatori sanitari cristiani, è stato il richiamo del Pontefice,
“sanno bene che vi è un legame strettissimo e indissolubile tra la qualità del
loro servizio professionale e la virtù della carità alla quale Cristo li
chiama”:
"E’ proprio nel
compiere bene il loro lavoro che essi portano alle persone la testimonianza
dell'amore di Dio".
La carità come compito
della Chiesa, oggetto di riflessione nella Deus caritas est, ha
sottolineato, “trova un’attuazione particolarmente significativa nella
cura dei malati”, come attesta la storia della Chiesa, “con innumerevoli
testimonianze di uomini e donne che, in forma sia individuale che associata,
hanno operato in questo campo”. Quindi, il Papa è tornato sull’Esortazione
apostolica Sacramentum Caritatis, importante anche per gli operatori
sanitari:
"E’ proprio
dall’Eucaristia che la pastorale della salute può continuamente attingere la
forza per soccorrere efficacemente l’uomo e promuoverlo secondo la dignità che
gli è propria. Negli ospedali e nelle case di cura, la Cappella è il cuore
pulsante in cui Gesù si offre incessantemente al Padre celeste per la vita
dell’umanità".
“L’Eucaristia,
distribuita decorosamente e con spirito di preghiera ai malati – ha concluso -
è la linfa vitale che li conforta e infonde nel loro animo luce interiore per
vivere con fede e con speranza la condizione di infermità e di sofferenza”.
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Il Papa
riceve il primo gruppo di vescovi sardi in visita ad Limina
Il Papa ha ricevuto
stamane il primo gruppo di presuli della Conferenza episcopale della Regione
Sardegna in visita ad Limina, giudati
da mons. Giuseppe Mani, arcivescovo di Cagliari e presidente dei vescovi sardi.
La Sardegna conta poco meno di un milione e 700 mila abitanti: le diocesi sono
dieci, con circa 1160 sacerdoti tra secolari e regolari. La Chiesa sarda è fortemente radicata tra la
gente e vicina ai suoi problemi, legati soprattutto alla crisi dell’economia
dell’isola. Sulla visita ad Limina ascoltiamo mons. Giuseppe Mani,
al microfono di Massimiliano Menichetti:
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R. – La visita ad
Limina è il momento centrale dell’espressione della comunione dell’episcopato
con Pietro, per cui è un momento atteso, un momento desiderato; in tutta la
visita sono coinvolti i pellegrini che vengono insieme ai vescovi: tra i
momenti centrali c’è indubbiamente la preghiera sulle tombe dei martiri e la celebrazione
nella cattedrale del Papa, a San Giovanni in Laterano.
D. – Quali sono le
sfide, le emergenze che maggiormente affrontate come pastori?
R. – Vivere giorno per
giorno la storia della Sardegna, che è una storia completamente in evoluzione.
La Sardegna sta uscendo da una cultura agro-pastorale con tutte le sue bellezze
e tutta la sua dimensione contemplativa, tutto il suo splendore che, aggiunto
alle bellezze naturali, è quanto di più bello esista. Le sfide della Sardegna
sono il passaggio da questa cultura ad una cultura industrializzata. E per noi
vescovi la sfida è riuscire a far camminare questo popolo in cui c’è la vera
fede verso la modernità, facendogli cogliere quanto di meglio nella modernità
c’è.
D. – Si parla molto di
crisi della famiglia, di problemi legati alla famiglia o ai giovani. In questo
senso, in Sardegna c’è un tessuto vivo o anche qui ci sono problemi, ovvero la
famiglia e i giovani sono un terreno di frontiera per la pastorale?
R. – Ovviamente, qui
sono terreno di frontiera, ma non con la drammaticità del continente. Anche
qui, purtroppo, ci sono le separazioni: non siamo ai livelli del continente e
questo bisogna sottolinearlo. Direi che in Sardegna c’è veramente la fede
autentica, la fede teologale, soprattutto la fede dei semplici, delle persone
umili...
Per quanto riguarda i
giovani, qui c’è un problema gravissimo, quello della scuola. La Sardegna ha un
forte assenteismo scolastico.
D. – E la Chiesa che
cosa fa, per essere vicina alle famiglie e ai giovani?
R. – La Chiesa è in
prima linea. Per la famiglia grazie al nostro progetto pastorale cerchiamo di
fornire supporti per educare, sostenerla e favorire lo sviluppo della famiglia;
per quanto riguarda i giovani cerchiamo di stargli vicino, di ascoltarli,
lavoriamo affinché gli stessi ragazzi trovino la loro vocazione.
D. – Qual è il punto
sulle vocazioni sacerdotali?
R. – Il terreno qui è
eminentemente vocazionabile. Cagliari ha 35 teologi! Qui non hanno mai avuto 35
teologi. Stiamo lavorando e si raccolgono veramente i frutti!
D. – La Sardegna, una
terra anche di grande turismo. Un turismo visto anche come incontro, scambio e
non solo come mero “prendere” ...
R. – La mia diocesi
durante l’inverno conta 600 mila persone e durante l’estate un milione e mezzo,
due milioni di persone. In tutte le parrocchie di mare c’è la Messa nelle
piazze: io le chiamo le “Messe balneari”, è una cosa bellissima perché nelle
grandi piazze vengono celebrate due, tre Messe, le piazze sono piene di gente
che vengono da tutte le parti. Le celebrazioni sono organizzate con canti e
grande è la partecipazione, si respira l’accoglienza... La Sardegna è una regione
estremamente accogliente, per cui il turismo che sarà sicuramente il suo grande
futuro, è anche un momento di grande importanza a livello pastorale.
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Altre udienze e nomine
Il Santo Padre ha ricevuto questa mattina
anche l’arcivescovo Leo Boccardi, nunzio apostolico in Sudan e in Eritrea, con
i familiari.
In Sierra Leone, Benedetto XVI ha accettato
la rinuncia al governo pastorale della diocesi di Freetown and Bo presentata da
mons. Joseph Henry Ganda, per raggiunti limiti di età.
In Canada, il Santo Padre ha nominato
arcivescovo metropolita di Edmonton mons. Richard William Smith, finora vescovo
di Pembroke. Mons. Richard William Smith è nato ad Halifax il 28 aprile 1959.
Dal 1991 al 1995 ha studiato Teologia a Roma presso la Pontificia Università
Gregoriana, ottenendo la Licenza nel 1993 e il Dottorato nel 1998. È stato
ordinato sacerdote il 23 maggio 1987 per l’arcidiocesi di Halifax. Il 27 aprile 2002 è stato nominato vescovo di
Pembroke ed ha ricevuto l’ordinazione episcopale il 18 giugno successivo.
Il Papa ha nominato nunzio apostolico in
Messico mons. Christophe Pierre, arcivescovo titolare di Gunela, finora nunzio
apostolico in Uganda.
Il Papa a Vigevano e
Pavia il 21 e 22 aprile prossimi
Il Papa si recherà in
visita pastorale a Vigevano e Pavia il 21 e 22 aprile prossimi. Lo conferma
oggi la Sala Stampa della Santa Sede. Secondo quanto riferito dalle due diocesi
lombarde, Benedetto XVI arriverà nel pomeriggio del 21 aprile a Vigevano: alle
16.45 sarà accolto nello Stadio comunale “Dante Merlo”. Poi celebrerà la Messa
in Piazza Ducale. Alle 20.00 la partenza per Pavia dove un’ora dopo sarà
accolto in Piazza Duomo dalle autorità
religiose, civili e dai gruppi giovanili di volontariato. Domenica 22 aprile
alle 9.00 è prevista la visita del Papa al Policlinico “San Matteo”; alle 10.30
la Messa negli Orti dell’Almo Collegio Borromeo; alle 16.00 la visita
all’Università; alle 17.30 la celebrazione del Vespro nella Basilica di San
Pietro in Ciel d’Oro, dove sono custodite le reliquie di Sant’Agostino. Al
termine del rito il Papa lascerà Pavia per rientrare a Roma.
Boom di vendite per
la Sacramentum caritatis, mentre cresce l’attesa
per la pubblicazione di Gesù di Nazareth. Ce
ne parla il direttore
della Libreria Editrice Vaticana, don Claudio
Rossini
Successo di vendite,
ad una settimana dalla presentazione ufficiale, per l’esortazione apostolica
postsinodale Sacramentum caritatis. La Libreria Editrice Vaticana rende
noto che sono oltre 220.000 le copie vendute nel giro di pochi giorni. Su
questo nuovo boom editoriale di un documento di Benedetto XVI, dopo la Deus
caritas est, Alessandro Gisotti ha intervistato il direttore della
Libreria Editrice Vaticana, don Claudio Rossini:
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R. – Da parte della
stampa e dei mezzi di informazione si è vista un’eccessiva riduzione di tutto
l’insieme degli argomenti presentati qui in 160 pagine su alcune tematiche
specifiche legate all’attualità sociale, politica, dell’Italia. Per cui
l’informazione è stata schiacciata troppo. Pensavamo noi, lavorando nella casa
editrice, che questo diventasse un handicap per le vendite. In realtà, probabilmente,
questo gioco creato dai mezzi di informazione di schiacciare l’informazione, da
un lato ha invogliato molti a dire vediamo un po’ se è davvero così. E stiamo
assistendo a questo interessante boom di vendite, che ci sta obbligando a far
“cigolare i torchi”, come dicevano una volta.
D. – Si può dire che
in un periodo nel quale spesso si assiste alla distorsione da parte dei media
delle parole del Papa, c’è però anche molta voglia da parte dei fedeli di
andare alle fonti…
R. – Questo credo che
noi lo stiamo toccando con mano ogni giorno, almeno qui da questa postazione un
po’ particolare che è la Libreria Editrice Vaticana, dove si percepisce questo
estremo interesse, questa grande domanda di leggere che cosa il Papa ha scritto,
che cosa il Papa dice, al di là delle varie riduzioni, aggiustamenti su
particolari tematiche sociali, politiche, economiche o altro. Ci arrivano
richieste dalle case editrici di tutto il mondo, di rendere disponibili in
tante lingue i testi del magistero di Benedetto XVI fin dall’inizio, fin dai
suoi primi passi, dai suoi primi discorsi. Tutti questi segnali dicono che al
di là delle eventuali distorsioni, al di là dei silenzi che ci possono essere,
c’è un passaparola, c’è una corrente sotterranea che fa sì che la parola del
Papa sia richiesta, sia ricercata, sia approfondita.
D. – Tra poche
settimane, dopo Pasqua, verrà pubblicato il libro “Gesù di Nazareth”. Si
prevede già un boom editoriale per questa opera di Benedetto XVI?
R. – Di questo possiamo
essere più che sicuri, perché l’Editrice Rizzoli, che sta curando la
preparazione del testo italiano, ha già coperto abbondantemente tutte le lingue
principali e ha ricevuto richieste dalla Serbia, dalla Grecia, dalla Corea, dal
Giappone, dalla Russia. A fine febbraio eravamo già a quota 20-22 contratti già
siglati per rendere disponibile questa parola, questa riflessione, questo ritratto
che il teologo diventato Papa ci vuole presentare sulla figura di Cristo, dopo
50 anni e più di ricerche, di studi, di letture, di meditazioni personali.
Quindi, ci stiamo preparando tutti a leggere, ad accogliere questo testo, come
una chiave di volta per capire come oggi ci si collochi davanti alla figura di
Gesù.
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Mons. Sgreccia ai media italiani: più correttezza
nell'informazione.
La libertà di parola e di coscienza vale per tutti,
anche per i cattolici
Correttezza
dell’informazione, libertà di parola e di coscienza per tutti, anche per i
cattolici: è quanto chiede la Pontificia Accademia per la Vita che ieri ha
definito “palesemente parziali e fuorvianti” le interpretazioni, date da alcuni
organi d'informazione italiani, dei contenuti della Dichiarazione finale della
sua XIII Assemblea Generale. Il riferimento è in particolare all’invito
all’obiezione di coscienza per quei cattolici impegnati sul fronte della difesa
della vita. Sul diritto all’obiezione di coscienza Luca Collodi ha
intervistato il presidente della Pontificia Accademia per la Vita, mons.
Elio Sgreccia:
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R. - Questo è un diritto
di ogni cattolico, è un dovere di ogni cattolico ed è un contributo alla
crescita della società. Ora, difendere la vita umana è un diritto-dovere, è un
beneficio, un bene per la società e il laico cattolico, se condivide questo
appello, come è ovvio che sia per un cattolico di retta coscienza, saprà poi
assumere le proprie responsabilità e saprà anche quali sono le modalità in ogni
nazione, per far valere la propria libertà di coscienza. Non c’è nessuna
istigazione, non c’è nessuna forzatura, non c’è nessuna dettatura di ordini di
carattere giuridico. Portiamo le nostre ragioni, abbiamo espresso le
motivazioni e le argomentazioni come si fa in un’assise di studio, a meno che
non sia proibito pensare e difendere i propri pensieri.
D. – In Italia, nei
giorni scorsi, ci sono stati dei commenti molto duri a questo vostro
intervento, addirittura è stato presentato come un attentato alla sovranità
dello Stato, o addirittura un’istigazione a commettere reato. Qual è la sua
riflessione?
R. – La mia riflessione
è che è tutto il contrario: è una presa di coscienza a favore della libertà di
coscienza. Anche i cattolici hanno diritto di esprimere quello che sentono,
vivono e soffrono nella loro coscienza e ad esprimerlo a beneficio di tutte le
nazioni dove si trovano a vivere, anche laddove queste prese di coscienza sono
in contrasto o con la prassi o con le abitudini, o con la cultura del posto.
D. – Mons. Sgreccia,
perché secondo lei alcuni organi d'informazione italiani hanno dato quelle che
voi definite interpretazioni fuorvianti?
R. – Penso che ci sia
una cattiva informazione, un’ottica un po’ falsata di vedere che tutto quello
che fa la Chiesa, lo fa contro qualcuno, contro qualche movimento politico o
contro qualche corrente politica. In realtà qui è stato detto ben chiaro che
quell'invito era in favore della vita di tutti perché salvare la vita è un atto
di pace nel mondo e che la coscienza dei credenti sia la prima a gridare e a
levare la sua voce con tutto il rispetto degli altri, per difendere la vita degli
innocenti. Credo che in questo dovremmo meritare un elogio per essere
sostenitori della libertà di coscienza.
D. – Ci sono secondo
lei gruppi culturali, gruppi economici che ostacolano la difesa della vita?
R. – Indubbiamente ci
sono degli interessi economici o delle visioni culturali che esasperano
semplicemente la libertà di agire, la libertà di comportamento, senza rendersi
conto che ogni libertà umana ha una sua responsabilità e ha il suo limite nel
rispetto della vita altrui. Ci sono quindi delle correnti culturali che hanno
delle visioni non pienamente umane di quello che è il diritto alla vita.
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Oggi su
"L'Osservatore Romano"
Sevizio vaticano - In
primo piano il discorso rivolto dal Santo Padre ai partecipanti all'Assemblea
Plenaria del Pontificio Consiglio per la Pastorale della Salute.
Servizio estero - In
evidenza la situazione in Medio Oriente: il "Quartetto" chiede al
nuovo Governo palestinese un impegno "chiaro e preciso" per la pace.
Il Segretario di Stato Usa, Condoleezza Rice, annuncia una riduzione degli
aiuti ai palestinesi per evitare che i contributi arrivino ad
"Hamas".
Servizio culturale -
Un articolo di Armando Rigobello dal titolo "Filosofia della libertà e
della sofferenza": il pensiero di Luigi Pareyson.
Servizio italiano - In
rilievo il tema degli incidenti sul lavoro.
RADIO
VATICANA
Radiogiornale
Oggi
in Primo Piano
Nella
Giornata mondiale dell’acqua, il richiamo del Papa a garantire
questo diritto fondamentale all’intera
famiglia umana
“L’acqua è un diritto
inalienabile”: così il Papa in un messaggio, a firma del cardinale Tarcisio
Bertone segretario di Stato, per la Giornata mondiale dell’acqua, richiamando
“una responsabilità condivisa” per gestire “questa risorsa preziosa” in modo
“tale da permettere a tutti di accedervi, soprattutto a quelli che vivono in
condizioni di povertà”, “un imperativo morale e politico in un mondo che
dispone di livelli di conoscenza e di tecnologie capaci di porre fine alle
situazioni di penuria d’acqua”. “Tutti siamo chiamati a modificare il nostro
modo di vivere in uno sforzo educativo capace di restituire a questo bene
comune dell’umanità il valore e il rispetto che merita”. “Una sfida
socio-economica, ambientale ed etica, che concerne non solo le istituzioni, ma
la società intera”. “Affrontare la penuria d’acqua” è stato il tema al centro
della Conferenza internazionale organizzata oggi a Roma dalla FAO, presente
mons. Renato Volante, osservatore permanente della Santa Sede, presso
l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’agricoltura e l’alimentazione. Il
servizio di Roberta Gisotti:
**********
“Ogni Goccia d’acqua
conta”, il motto di questa Giornata. Per questo è necessario rafforzare il
governo condiviso – secondo principi di equità – di questa risorsa, ha
raccomandato il segretario generale dell’ONU Ban Ki-moon, in un video-messaggio
che ha aperto la Conferenza dedicata alla “più grande sfida di questo secolo”,
come Jacques Diouf, direttore generale delle FAO ha definito la crisi idrica,
che oggi colpisce 1 miliardo e 100 milioni di persone, che non dispongono di
almeno 20 litri d’acqua indispensabili per bere, cucina e assicurare l’igiene
quotidiana.
Una crisi idrica, ha
sottolineato Diouf, collegata innanzitutto con la povertà - sono ancora oggi
850 milioni gli affamati nel mondo - e se è cresciuta la domanda di acqua per
la pressione demografica – è triplicata la popolazione globale nell’ultimo
secolo – e a questo si è aggiunto il grande sviluppo industriale nei Paesi più
ricchi e non solo, la crescente urbanizzazione, ed ancora il degrado ambientale
e i cambiamenti climatici – manca però ancora una gestione saggia di questa
risorsa sia a livello internazionale per i tanti bacini idrici condivisi tra
più Paesi, che a livello nazionale dove si riscontrano sperequazioni tra
regioni, che anche a livello locale dove si consumano sprechi e perdite. “Regna
il caos – ha denunciato Diouf – e il potere del più forte s’impone”, mentre
mancano adeguati strumenti normativi.
Ma “l’acqua è un bene
comune della famiglia umana – ha ricordato mons. Renato Volante, latore
del Messaggio di Benedetto XVI: “l’acqua non può essere trattata come una
semplice merce ed il suo uso deve essere razionale e solidale”, ha ribadito il
presule a nome del Papa:
R. - L’acqua è uno dei
diritti umani fondamentali, deve essere motivo di solidarietà e di
compartecipazione, di amicizia, di sforzi comuni, un aiuto per evitare conflitti,
egoismi, un elemento del quale tutti siamo responsabili, sia nei luoghi dove
l’acqua è ancora abbondante sia in quelli nei quali essa manca.
D. – E’ importante
ribadire che è un diritto fondamentale in tempi in cui sappiamo che ci sono
molte diatribe e pressioni per privatizzare invece questo bene...
R. - Nel messaggio
viene chiaramente detto quello che fa parte della dottrina sociale della
Chiesa, cioè che l’acqua è un bene comune, un diritto fondamentale, come è un
diritto fondamentale il diritto alla vita e senza acqua non ci può essere vita.
Concordi tutti i
relatori della Conferenza – tra cui anche il premio Nobel Rita Levi Montalcini
- che occorra passare dalle parole ai fatti, perché la politica può dare
risposta a questa crisi, ha ripetuto Louis Michel, Commissario Europeo per lo
sviluppo e gli aiuti umanitari: ma sono davvero alti i rischi che l’acqua venga
asservita ad interessi economici di pochi a danno ancora una volta della massa
dei più bisognosi del Pianeta.
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Il tema della Giornata
riguarda dunque la scarsità dell'acqua nel mondo. A questo proposito Antonella
Villani ha chiesto a Pasquale Speduto, presidente di UN-Water,
l’organismo dell’ONU che si occupa di monitorare le decisioni in materia di
risorse idriche, se queste stiano davvero finendo:
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R. – Il problema è che
a fronte di una quantità 'finita' di risorse idriche c’è un continuo aumento di
domanda dovuto all’aumento della popolazione, allo sviluppo, al cambio della
dieta, all’aumento dello standard di vita e, dall’altro lato, c’è il problema
dell’inquinamento di queste acque. Quindi, non sono solo 'finite' nella loro
quantità totale, ma sono in via di degrado.
D. – Quali sono le
regioni del mondo che soffrono maggiormente la mancanza cronica dell’acqua?
R. – Le regioni del
Nord Africa, del vicino Oriente, le zone aride del Mediterraneo, ma anche
alcune aree del Sud America, dove c’è una forte scarsità d’acqua da un punto di
vista fisico. Ci sono anche aree, come l’Africa subsahariana, dove ci sono
alcune risorse idriche, ma non ci sono abbastanza infrastrutture per poter raccogliere
quest’acqua, controllarla, utilizzarla per l’irrigazione e così via.
D. – In quanti di
questi Paesi si possono generare conflitti per la spartizione dell’acqua?
R. – A livello
mondiale ci sono 263 casi di bacini trasfrontalieri. L’acqua può diventare
fattore più di cooperazione che di conflitto. E’ chiaro, però, che se la
scarsità va continuamente aumentando, il rischio di conflittualità aumenta.
D. – Acqua, siccità,
ma anche uragani, inondazioni, inquinamento, come diceva lei prima. Natura
infausta o colpa dell’uomo?
R. – Queste
estremizzazioni, la siccità da un lato e le inondazioni dall’altro, vanno a
peggiorare una situazione di scarsità idrica. L’uomo senz’altro ha una sua responsabilità.
Può, però, se ha buon senso, entrare in un discorso di analisi, di capacità di
cooperazione, in modo da poter fronteggiare tutte queste condizioni disastrose.
D. - In Europa, forse,
si sente di nuovo molto il problema dell’acqua a livello di inquinamento
fluviale, basti pensare al bacino del Danubio…
R. – Sì, bisogna
ridurre il livello di inquinamento di queste acque, altrimenti non solo si va
incontro ad una scarsità, in questo caso dovuta alla bassissima qualità
dell’acqua, ma anche ad un impatto ambientale dell’ecosistema, che purtroppo è
insostenibile.
D. – A questo punto,
che fare per conservare questo bene così prezioso?
R. – Tutte le nazioni,
anche il singolo individuo, devono ridare il valore che questo fattore ha in
tutti i settori della vita. Dall’igiene alla sanità, alla produzione del cibo,
alla conservazione dell’ambiente, l’acqua rimane un fattore estremamente
importante. Allora, ci vuole, da un lato, una grossa consapevolezza dei rischi
cui si sta andando incontro. Dall’altro, ridurre gestioni non appropriate e ridurre
il livello di inquinamento delle acque stesse. C’è la tecnologia, ma ci vuole
anche un intervento politico. A pagare di più è la cooperazione, perché quando
ci si mette insieme e si valutano tutte le opportunità per fronteggiare la
scarsità, si nota che c'è un miglioramento dell’efficienza dell’uso dell’acqua
nei vari settori e lo scambio commerciale aiuta moltissimo ad importare
prodotti piuttosto che produrli dove acqua non ce n’è. Quindi, ci sono diverse
occasioni. Lo si può fare, però, solo se si coopera.
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I vescovi
europei: la costante vitalità dei valori cristiani
è significativa per il futuro
dell'Europa
La "costante
vitalità" dei valori che "scaturiscono dalle tradizioni religiose ed
in particolare da quelle cristiane ... è significativa per il futuro
dell’Unione Europea”: è quanto ha detto oggi mons. Adrianus van Luyn,
presidente della COMECE, la Commissione degli Episcopati della Comunità
Europea, durante un incontro organizzato
nella capitale alla vigilia del Congresso per i 50 anni dei Trattati di Roma:
nell'occasione è stato presentato il rapporto sulla dimensione etica
dell’Unione Europea redatto da un gruppo di saggi composto da 25 personalità
scelte per il loro profilo europeista e cristiano. Il servizio è di Stefano
Leszczynski:
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Un’Europa che serva
come modello per la realizzazione di una governance mondiale: questo l’auspicio
espresso da mons. Noël Treanor, segretario generale della COMECE per il futuro
dell’Unione Europea. La grandezza e la novità politica del progetto europeo è
tutt’altro che esaurito come è sottolineato anche dal professor Mario Monti tra
i redattori del rapporto intitolato “Un’Europa dei Valori”. In sette capitoli,
il gruppo dei saggi, incaricato dalla COMECE prende in esame i valori concreti
e affermati in seno all’Unione Europea come quelli relativi a pace e libertà, avvicinamento
tra i popoli europei e non, potere economico e responsabilità internazionale,
sussidiarietà e differenziazione, multilateralismo e tolleranza, solidarietà
all’interno dell’Unione Europea e con il resto del mondo. Si sottolinea la
coincidenza dei valori fondanti dell’Unione con quelli del cristianesimo, anche
se resta ancora aperta la questione del richiamo nel testo costituzionale delle
radici cristiane dell’Europa. L’Europa non ha prodotto soltanto l’euro, spiega
l’ex commissario Mario Monti, ma anche un insieme di regole che obbligano il
Paese alla solidarietà internazionale. Il metodo comunitario quindi, è l’unico
modo per dare pari opportunità a tutti gli Stati. Non è giustificato per il
professor Mario Monti, presentare il fenomeno europeo come qualcosa di
contrario agli ideali cattolici. Ci sono inoltre materie delicate sulle quali
l’Europa non è competente e che tuttavia occupano spazio a livello nazionale,
come ad esempio le questioni inerenti alla famiglia o le questione relative
alla bioetica. Su questi punti la COMECE, sottolinea il presidente mons.
Adrianus van Luyn, vigila con l’obiettivo di essere sempre tramite della
dignità dell’uomo in tutte le sue dimensioni e del bene comune in Europa. Dalla
Sala Stampa Estera di Roma, Stefano Leszczynski, Radio Vaticana.
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RADIO
VATICANA
Radiogiornale
Chiesa
e Società
La relatrice del Parlamento Europeo del documento
sulla "strategia
dell'Unione Europea
sui diritti dei minori", Roberta Angelilli,
ha incontrato questa
mattina a Roma le maggiori organizzazioni
internazionali del
settore dei diritti dell' infanzia, al fine raccogliere
suggerimenti da integrare nel testo che sarà
votato
il prossimo autunno
dal Parlamento Europeo
“Verso una strategia europea per i diritti
dei minori”. Questo il titolo dell’audizione con le maggiori organizzazioni
internazionali che operano nel settore dei diritti dei minori, tenutasi questa
mattina a Roma, presso la sede del parlamento europeo. L’iniziativa è stata
organizzata dall’eurodeputato Roberta Angelilli, relatrice per il parlamento
europeo della relazione sulla “strategia dell’Unione Europea sui diritti dei
minori”, al fine accogliere i suggerimenti e il patrimonio di esperienze delle
organizzazioni impegnate nel settore dell’infanzia, in vista dell’elaborazione
del documento che andrà ad integrare “Comunicazione del 2006 sui diritti dei
minori” della Commissione Europea. Durante l’incontro è stato presentato alla
stampa un rapporto con dati europei e nazionali sui casi di diritti negati a minori.
Secondo i dati forniti da questo dossier circa 17 milioni bambini europei
vivono in uno stato di povertà, mentre solo in Italia, tra il 2000 e il 2006, i
minori vittime di reati sessuali sono stati circa tremila. Sono inoltre in
aumento quei tipi di abusi legati alle pratiche di alcune comunità provenienti
dall’africa sub-sahariana, come le mutilazioni genitali femminili e i matrimoni
forzati. Per l’eurodeputato Angelilli “c’è bisogno di dare anima al testo della
Comunicazione della Commissione Europea, che è troppo freddo e asettico, dove,
ad esempio, non é mai menzionato il tema della famiglia.” “Le proposte più
importanti - continua l’Angelilli- sono un numero unico per le chiamate urgenti
in caso di sparizione e sfruttamento sessuale dei bambini, un forum europeo dei
diritti dell’infanzia, un coordinatore europeo per i diritti dei minori e
l’istituzione di un calendario europeo contro la pedopornografia. I
rappresentanti delle associazioni che
hanno aderito all’incontro, tra cui Save the Children, Telefono Azzurro, Unicef
Italia e Moige (Movimento Italiano Genitori), hanno evidenziato l’importanza di
un percorso che, coinvolgendo le istituzioni e le ONG che operano per la
famiglia e i minori, si concluda con l’elaborazione di una politica comune europea
sull’infanzia. Infine, l'Angelilli ha assicurato che la relazione, che sarà
stilata al termine delle audizioni, diventerà un vero e proprio testo
parlamentare che sarà votato dall’aula di Strasburgo entro il prossimo ottobre.
(A cura di Marco Guerra)
I vescovi
del Nicaragua incontrano il cardinale Obando Bravo
e il presidente nicaraguense, Ortega, in
merito al Consiglio
per la riconciliazione e la pace
“Prendiamo atto che questa Commissione non ha un
rapporto gerarchico di subordinazione col potere esecutivo, né tanto meno deve
amministrare denaro pubblico o voci della legge finanziaria”: così, i vescovi
del Nicaragua, in un breve comunicato emesso dopo l’incontro, ieri, con
l’arcivescovo emerito di Managua, cardinale Miguel Obando Bravo, che nei giorni
scorsi aveva annunciato di “aver accettato a titolo personale” di presiedere,
come gli era stato chiesto da parte del presidente nicaraguense, Daniel Ortega,
il Consiglio per la riconciliazione e la pace. Per i vescovi, l’organismo, che
dovrà facilitare l’applicazione degli accordi con tutti i gruppi armati che
sono stati smobilitati e che attendono da anni sostegno, risarcimento e misure
per l’integrazione sociale, sarà in sostanza una continuazione di ciò che fu la
Commissione ONU per la verifica degli accordi che misero fine alla guerra
interna. “Noi conosciamo e riconosciamo il profilo del sig. cardinale in questo
ambito – affermano i presuli – e chiediamo per lui la benedizione del Signore
nello svolgimento di questo nuovo servizio”. D’altra parte, la nota
dell’episcopato ribadisce: “Noi, coerenti con il nostro dovere di pastori,
continueremo lavorando per la pace e la giustizia del nostro popolo dalle
nostre strutture pastorali, poiché la Chiesa in sé stessa è portatrice di un
messaggio di riconciliazione”. I presuli chiedono anche ai fedeli cattolici, e
a tutti gli uomini di buona volontà, di unirsi con le loro preghiere e con i
loro gesti di pace alla grande sfida della riconciliazione nazionale. “La
riconciliazione – conclude il comunicato – non può prescindere dal bene comune,
il quale si fonda sulla verità, la giustizia, l’amore e la libertà”. Nella
stessa giornata, l’episcopato si è incontrato con il presidente nicaraguense,
Daniel Ortega, che al termine dell’incontro si è dichiarato “soddisfatto”.
Mons. Leopoldo Brenes, arcivescovo di Managua e presidente della Conferenza
episcopale, parlando con i giornalisti, ha precisato: “Noi vescovi, in quanto
ambasciatori della riconciliazione, abbiamo lavorato da sempre, e così sarà
ovviamente nel futuro, in favore della pace e della giustizia”. E sempre ieri,
21 marzo, una delegazione della Conferenza episcopale si è riunita con tutti i
giudici della Corte suprema di giustizia per ribadire il loro sostegno alla
legge che ha eliminato la figura giuridica dell’aborto terapeutico. Lo scorso
ottobre, l’Assemblea nazionale del Nicaragua, aveva derogato la legislazione
vigente sull’aborto terapeutico, ma sono stati presentati numerosi ricorsi per
dichiarare tale normativa “incostituzionale”. I giudici, che ascolteranno
esponenti di altre confessioni religiose e numerose organizzazioni di donne,
comprese quelle che sono contrarie alla deroga, emetteranno un verdetto nel
mese di maggio. (A cura di
Luis Badilla)
Celebrazioni,
a Roma, per il 27.mo anniversario dell’assassinio
di mons. Romero, arcivescovo di San
Salvador
Nel 27.mo anniversario
della morte di mons. Oscar Arnulfo Romero, l’arcivescovo di San Salvador ucciso
il 24 marzo del 1980, a Roma, associazioni e congregazioni religiose presentano
un nutrito calendario di celebrazioni. Come riferisce l'agenzia Sir, aderiscono
a questo comitato 29 enti, tra cui Pax Christi italiana, la Commissione
Giustizia e Pace delle Superiore e Superiori Generali, la Conferenza Istituti
missionari italiani, le Comunità evangeliche, valdesi e battiste. Si parte oggi
pomeriggio in via IV Novembre 119/a, con la proiezione del film “Romero” e le
testimonianze dei vescovi Luigi Bettazzi e mons. Josè Raúl Vera López, vescovo
di Saltillo, in Messico. La sera del 23 marzo, poi, per la prima volta è stata
organizzata una veglia di preghiera ecumenica nella chiesa di San Marcello al
Corso, con numerose testimonianze. Il 24 marzo, nella chiesa di San Giuseppe Moscati,
si svolgerà una Messa animata dalla comunità parrocchiale e dalla comunità
salvadoreña. Infine, il 25 marzo, le comunità latino-americane di Roma incontreranno
i cittadini alle 11.00 in piazza Mastai e da lì sfileranno in processione per
la Messa nella chiesa di Santa Maria della Luce, sede della Cappellania
latino-americana. (R.M.)
L’arcivescovo
di Bulawayo, in Zimbabwe, mons. Ncube, critica
la “passività” del Sudafrica rispetto alle
violazioni dei diritti umani
da parte del presidente zimbabwano,
Mugabe
L’arcivescovo di
Bulawayo, in Zimbabwe, mons. Pius Alick Ncube, ha accusato il governo
sudafricano di tenere un atteggiamento troppo passivo di fronte alle gravi
violazioni dei diritti umani perpetrate dal regime del presidente zimbabwano, Robert Mugabe. La tensione nel Paese continua a essere alta, dopo il recente arresto del
leader dell’opposizione, Morgan Tsvangirai, e di un gruppo di suoi sostenitori,
poi rilasciati. Parlando dai microfoni di una radio sudafricana, mons. Ncube ha
affermato che le autorità di Pretoria potrebbero esercitare più pressioni per
costringere Mugabe a cambiare atteggiamento, ma che “sinora non hanno fatto
altro che guardare, mentre la situazione continua a peggiorare”. Secondo
l’arcivescovo, il Sudafrica potrebbe indurre Mugabe “a più miti consigli”, applicando
sanzioni mirate senza colpire la popolazione già allo stremo, come per esempio
tagliare l’energia elettrica. Le critiche di mons. Ncube si aggiungono a quelle
espresse dal Consiglio sudafricano delle Chiese
(SACC), che nei giorni scorsi aveva chiesto “l’immediata cessazione delle
vessazioni contro il popolo zimbabwano” e un intervento più fermo presidente
sudafricano, Thabo Mbeki, secondo il quale invece esso non servirebbe a
cambiare la situazione. Questo, mentre in Sudafrica continuano a riversarsi migliaia di profughi. Preoccupazione per l’ulteriore
giro di vite di Mugabe contro l’opposizione è stata espressa dalla Commissione
giustizia e pace dello Zimbabwe. Più articolata la posizione delle altre Chiese
cristiane nel Paese, i cui leader hanno lanciato in questi giorni un appello
congiunto alla responsabilità e alla moderazione. (L.Z.)
Nigeria:
insegnante cristiana picchiata a morte da studenti musulmani.
Era accusata di aver profanato il
Corano
In
Nigeria, un’insegnante cristiana è stata picchiata a morte da alcuni studenti
musulmani della scuola superione in cui insegnava, nello Stato nordorientale di
Gombe. Secondo fonti della polizia, gli allievi ritenevano che la professoressa
avesse profanato il Corano. La vittima, che si chiamava Oluwatoyin Olusase, è
stata percossa all’esterno della scuola, al termine dell’esame di Religione
Islamica in cui il suo compito era stato quello di sorvegliare i ragazzi,
perché non copiassero. Non è chiaro che cosa esattamente avesse fatto
l’insegnante per scatenare la furia degli studenti. La polizia ha confermato
l’episodio e ha detto che solo il suo intervento ha evitato che esso si
trasformasse in una sommossa. “Stiamo indagando”, ha riferito il commissario
capo di Gombe. Nel febbraio del 2006, almeno cinque persone sono state uccise e
diverse chiese sono state bruciate nel vicino Stato di Bauchi da folle di
musulmani infuriati per il fatto che un insegnante cristiano avesse cercato di
confiscare una copia del Corano a uno studente che lo stava leggendo durante la
lezione. Da quando, nel 1999, il Paese è tornato alla democrazia, dopo 30 anni
di quasi ininterrotta dittatura militare, almeno 15 mila persone sono state
uccise negli scontri interreligiosi che hanno interessato soprattutto i 13
Stati a maggioranza islamica nel nord della federazione: regioni nelle quali
sono stati adottati i principi della sharia (la legge islamica)
nell’ordinamento penale. (R.M.)
Riaperta, in Libia,
la chiesa di Santa Maria degli Angeli:
segnale positivo per la comunità cristiana locale
La piccola comunità
cristiana in Libia ha festeggiato la riapertura al culto della chiesa di Santa
Maria degli Angeli, costruita dai francescani nel XVII secolo e oggi proprietà
della comunità anglicana locale. La celebrazione di riconsacrazione ha avuto
luogo il 9 marzo ed è stata presieduta dal vescovo anglicano de Il Cairo,
Mouneer Hanna Anis, con la partecipazione del vicario apostolico di Tripoli,
mons. Giovanni Innocenzo Martinelli, del vescovo greco-ortodosso, Theofilactos,
di sacerdoti e pastori e di una folta rappresentanza di fedeli delle diverse
comunità cristiane di tutte le nazionalità. Erano inoltre presenti
rappresentanti dell’istituto missionario islamico libico, “Dawat Islamiyat”
(Chiamata islamica), e gli ambasciatori d’Inghilterra, d’Egitto e di altri
Paesi. Santa Maria degli Angeli ha segnato le origini della comunità cristiana
a Tripoli grazie ai Frati francescani che, spinti dall’ideale di San Francesco
di “andare presso i musulmani”, scelsero di venire nel 1600 e testimoniare la
carità di Cristo verso gli schiavi, ottenendo il permesso di costruire una
chiesa che vollero dedicare, come quella di Assisi, alla Vergine degli Angeli.
E ai francescani si deve un’altra chiesa in Libia dedicata alla Vergine, quella
dell’Immacolata di Benghazi, costruita nel 1858 e riaperta al culto nel 1977,
quale dono del Congresso per il dialogo islamo-cristiano di Tripoli del febbraio
1976. Attualmente, la Libia conta circa 50 mila cattolici, tutti stranieri. La
restituzione al culto della Chiesa di Santa Maria degli Angeli rappresenta per
la comunità cristiana locale un importante segnale di apertura da parte del
regime del colonnello Gheddafi. (L.Z.)
Arrestati,
nello Stato indiano del Karnataka, 22
missionari,
accusati di
convertire la popolazione locale
In India, la polizia dello Stato
meridionale del Karnataka ha arrestato il 20 marzo scorso 22 missionari
cristiani, accusati di convertire la popolazione del distretto di Dharwad. Lo
conferma la polizia locale. Come riferisce l’agenzia del PIME, AsiaNews,
l’arresto sarebbe nato da una denuncia presentata dagli abitanti del villaggio
di Bada, che accusano i missionari di aver distribuito volantini a favore del
cristianesimo e contro gli dei dell’induismo. Sempre secondo la denuncia, i cristiani
avrebbero offerto del denaro a chiunque si fosse convertito. La polizia li ha
arrestati e ha sequestrato il materiale in loro possesso. Gli agenti hanno
dichiarato che i missionari “sono colpevoli di aver invitato il villaggio a
convertirsi per vivere una vita felice”. I 22 missionari sono finiti davanti ad
un giudice, che li ha accusati di dichiarazioni che feriscono i sentimenti
religiosi, violazione di domicilio e offese intenzionali mirate a distruggere
la pace. Dopo aver ascoltato le accuse, i missionari sono stati rilasciati su
cauzione. I cristiani locali sottolineano però che la zona è una delle
roccaforti del Rashtriya Swayamsevak Sangh, formazione paramilitare di
fondamentalisti nazionalisti indù, e che la comunità indù locale è molto forte.
(R.M.)
In Belgio,
via i simboli religiosi dai luoghi pubblici
In Belgio,
il ministro Philippe Courard, responsabile degli Affari Interni della regione
della Vallonia, ha inviato una circolare a tutte le sedi dell’amministrazione
statale, in cui esige la “neutralità filosofica e religiosa nei luoghi pubblici”.
Come riferisce il quotidiano Avvenire, che cita il “Le Soir”, l’incaricato
regionale ha sottolineato che i locali pubblici (comprese le sale dei consigli
comunali e provinciali) “devono offrire un’immagine di assoluta neutralità in
materia di convinzione di fede, di impronta filosofica o di morale”. Unica
eccezione: “I simboli religiosi legittimamente considerati come opere d’arte o
che fanno parte integrante di un edificio”. Il ministro ha però tenuto a
precisare che la sua lettera non vuole imporre “una regola rigida assoluta”. “I
comuni hanno una loro libertà di azione”, ha chiarito Courard. (R.M.)
Radiogiornale
- A cura di Amedeo Lomonaco ed Eugenio Laurenzi -
- In Afghanistan, la cronaca fa registrare nuovi, violenti scontri
tra talebani e forze della NATO. Le vittime, tutte tra i ribelli, sono almeno
40. Si accende inoltre il dibattito, anche con toni polemici, sulle modalità
che hanno portato alla liberazione del giornalista italiano, Daniele
Mastrogiacomo. Il nostro servizio:
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In Afghanistan, almeno 40
presunti talebani sono rimasti uccisi durante intensi combattimenti tra ribelli
e forze della NATO nella turbolenta provincia meridionale di Helmand,
roccaforte dei talebani. L’obiettivo è di indebolire le milizie integraliste
per rendere meno cruenta la cosiddetta “offensiva di primavera”, già annunciata
dai talebani. La regione teatro degli scontri è la stessa dove lo scorso 4
marzo è stato sequestrato il giornalista italiano, Daniele Mastrogiamo, insieme
con un autista, ucciso dai rapitori, e un interprete, ufficialmente non ancora
rilasciato. Proprio la vicenda del reporter italiano è al centro di intense
polemiche. L’amministrazione
americana ha espresso, infatti, il proprio disappunto per le modalità che hanno
portato alla liberazione di Mastrogiacomo, avvenuta grazie allo scambio tra il
giornalista e 5 talebani detenuti. Secondo una fonte dell’amministrazione
statunitense, la vicenda del reporter italiano “aumenta i rischi per le forze
della coalizione e i civili”. Anche il governo del Regno Unito ha espresso
“preoccupazione” per “le implicazioni della liberazione di talebani” collegata
al rilascio di Daniele Mastrogiacomo. Un portavoce del ministero degli Esteri
britannico ha detto che si teme, in particolare, l'invio "di messaggi
sbagliati a quanti pensano di compiere altri sequestri”. Anche l’esecutivo
tedesco ha criticato i termini del rilascio del giornalista italiano. La
Germania ha ribadito, poi, di non voler cedere al ricatto dei rapitori dei due
tedeschi sequestrati in Iraq lo scorso 6 febbraio. I rapitori hanno minacciato
di uccidere i due ostaggi se il governo di Berlino non ritirerà le proprie
truppe dall’Afghanistan. In Italia, infine, il
presidente della Camera, Fausto Bertinotti, ha difeso l’operato del governo
aggiungendo che la trattativa per la liberazione di Mastrogiacomo “è stata
condotta utilizzando tutte le forze ufficiali e informali nell’ambito di un
piano guidato dall’esecutivo”.
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- Una forte esplosione ha interrotto
il discorso a Baghdad del segretario generale dell’ONU, Ban Ki-Moon, arrivato
stamani a sorpresa nella capitale irachena. Si tratta della prima visita
compiuta da Ban nel Paese arabo, da quando è alla guida del Palazzo di Vetro di
New York. Sono previsti colloqui con il premier iracheno, Nuri al-Maliki. A
Baghdad, intanto, la polizia ha trovato almeno 30 cadaveri con evidenti segni
di torture. Il comando americano ha poi reso noto che sono stati uccisi, nelle
ultime 24 ore, 3 soldati statunitensi. E’ così salito a 3225 il numero dei
militari statunitensi morti in Iraq a partire dal mese di marzo del 2003, quando
ha avuto inizio l’operazione militare anglo-americana.
- Soddisfazione da parte di
Israele per l’iniziativa avanzata ieri dal Quartetto: Stati Uniti, Unione
Europea, Russia e Onu. I 4 hanno chiesto al governo palestinese del premier
Haniyeh di riconoscere lo Stato ebraico, di accettare gli accordi temporanei
firmati con Israele e la rinuncia alla violenza. Intanto, è atteso per domani
l’arrivo nella regione del segretario di Stato americano, Condoleezza Rice, che
ieri ha annunciato un nuovo piano per gli aiuti al governo dell’Autorità Nazionale
Palestinese. Ma in quale clima si inserisce questa nuova missione di Condoleezza
Rice? Giancarlo La Vella lo ha chiesto a Marcella Emiliani,
docente di sviluppo dei Paesi del Medio Oriente all’Università di Bologna:
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R. - E’ un clima pieno di speranze,
ma anche con grandi dubbi all’orizzonte. Bisogna che gli Stati Uniti facciano
sentire la loro pressione perché Israele si senta più sicuro, più tutelato. Se
Stati Uniti ed Israele si arroccano in una posizione di non riconoscimento
lasciando fuori tutti i tentativi diplomatici e quant’altro del mondo arabo, si
verrà a creare una frattura; non credo che Israele, e gli Stati Uniti se lo
possano permettere.
D. –
Quali sono le basi su cui comincerà ad operare il governo di unità nazionale
palestinese, considerando i recenti forti contrasti tra Hamas e al Fatah?
R. –
Da sempre il loro contenzioso è su chi debba garantire la sicurezza e che fine
devono fare i miliziani di cui si è dotato Hamas per garantire la sicurezza
nell’autonomia palestinese; l’altro piano ovviamente è quello economico, importantissimo
per la popolazione che è letteralmente alla fame.
D. –
Proprio sull’aspetto economico, potrebbe sbloccarsi la situazione degli aiuti
internazionali ai palestinesi?
R. –
Ci vuole assolutamente una posizione chiara degli Stati Uniti in merito, altrimenti
si crea un imbarazzo mortale anche in Europa se Bruxelles decidesse di riaprire
i canali di aiuto verso l’Autorità Nazionale Palestinese.
D. –
Aiuti che si ha la certezza poi verranno destinati allo sviluppo?
R. –
Il rischio, ovviamente, se la situazione rimane una situazione di contrasto, è
che, come molti aiuti in passato, vadano a finire ad ingrossare spese militari
o di corruzione piuttosto che spese per lo sviluppo. Però non dimentichiamo che
sia al Fatah sia Hamas, devono poi rendere conto alla popolazione palestinese
che credo abbia esaurito la pazienza da molto tempo.
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- In
Libano, un ordigno pronto ad esplodere è stato scoperto stamani all’Università americana di Beirut.
Lo ha reso noto la polizia libanese. La bomba, una busta di carta imbottita con
200 grammi di tritolo, è stata trovata in un cortile. Gli artificieri hanno
prontamente disinnescato l’ordigno.
- Via libera dei ministri dei Trasporti europei all’accordo “Open
Skies” con gli Stati Uniti. Gli aerei statunitensi e quelli dell’Unione Europea
potranno accedere liberamente ai rispettivi mercati. “L’accordo – scrive in un
comunicato il ministro dei Trasporti UE, Jacques Barrot - ha una grande
importanza politica ed economica”.
- La
strada della normalizzazione per la Somalia è ancora ricca di insidie e ostacoli:
la capitale Mogadiscio continua ad essere teatro di furiosi scontri tra truppe
governative somale, appoggiate da truppe etiopiche, e gruppi ribelli rimasti
fedeli alle Corti islamiche. Il nostro servizio:
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Carri armati etiopici hanno sparato stamani contro
presunti ribelli che avevano attaccato una base delle forze governative a
Mogadiscio nei pressi dell’ex quartiere generale del ministero della Difesa.
Non è chiaro se ci siano state vittime ma è certo che centinaia di persone
hanno lasciato le loro case per mettersi in salvo. Scontri sono in corso anche
in altre zone di Mogadiscio e in diversi villaggi vicino alla capitale. Contro
le forze governative si sarebbe inoltre scatenata l’ira della popolazione
locale. Sono in particolare sempre più forti le tensioni tra il principale clan
di Mogadiscio e l’esecutivo di transizione somalo. Il malcontento è dovuto al
fatto che le milizie governative composte da uomini provenienti dal Puntland,
regione settentrionale proclamatasi autonoma, sono considerate come un corpo
estraneo alla Somalia. Sul versante politico, il Parlamento somalo ha approvato
ieri il trasferimento del governo provvisorio da Baidoa a Mogadiscio ma
l’operazione è ardua. Gli scontri tra le milizie islamiche e i soldati somali
proseguono, infatti, nonostante lo
scorso 6 marzo sia stato dispiegato un primo contingente di pace dell’Unione
Africana, formato da circa 1500 uomini. Si stima che gli scontri abbiano
provocato finora nel Paese africano, più di 150 morti e oltre 40 mila sfollati.
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- In
Spagna, è sempre più acceso il dibattito sul fenomeno dell’immigrazione. Oltre
ai dati statistici, che hanno fatto registrare negli ultimi anni un incremento
dei flussi migratori in Spagna, l’accento viene posto, in particolare, sulle
cause all’origine di tale fenomeno. Il servizio di Ignacio Arregui:
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Secondo
un rapporto statistico, pubblicato da una importante fondazione finanziaria, la
Spagna occupa in questo momento uno tra i primi posti nel mondo per quanto riguarda
il flusso migratorio. Questo spettacolare incremento è iniziato circa sei anni
fa. Il numero totale di immigrati, alla fine dell’anno 2006, è di 4.800.000,
l’11,8 per cento della popolazione. Sono diverse le cause che possono spiegare
questo fenomeno: il buon andamento dell’economia che ormai supera la media del
reddito pro capite dell’Europa dei 27, la mancanza di mano d’opera per certe
attività che non interessano i lavoratori nazionali, l’affinità culturale nel caso
degli immigrati ispanoamericani, o le restrizioni degli Stati Uniti all'immigrazione
dopo l’attentato dell’11 settembre. Sono di origine latinoamericana la maggior
parte degli immigrati con circa 200.000 nuovi arrivati ogni anno. Ma negli ultimi
due anni è aumentato il numero degli immigrati provenienti dall’Europa
dell’Est. Vengono in terzo luogo gli africani, e infine gli asiatici. Gli
arrivi avvenuti via mare, talvolta in circostanze drammatiche, rappresentano
solo un 5 per cento di quanti entrano nel Paese. Di fronte a questo fenomeno la
popolazione si comporta in generale in modo realistico riconoscendo che gli
immigrati sono necessari per l’economia di un Paese sempre più vecchio e con
mancanza di mano d’opera per certe attività. Tuttavia, sono molti a considerare
eccessivo l’attuale incremento degli immigrati e ritengono auspicabile che
siano tutti in possesso di un contratto di lavoro prima di entrare in Spagna.
Per
la Radio Vaticana, Ignacio Arregui.
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L’esplosione, costata la vita a due marinai, non ha interessato il reattore
nucleare che alimenta il sottomarino. E’ quanto ha riferito il ministero della
Difesa britannico subito dopo la deflagrazione, avvenuta ieri a bordo di un
sottomarino atomico britannico durante un’esercitazione congiunta con un’unità
americana.