RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno LI n. 75
- Testo della trasmissione di venerdì 16
marzo 2007
IL PAPA E LA SANTA SEDE:
Resa nota la Dichiarazione finale dell’Assemblea
generale della Pontificia Accademia per la Vita
Oggi
su “L’Osservatore Romano”
OGGI IN PRIMO PIANO:
CHIESA E SOCIETA’:
I vescovi spagnoli chiedono
"rispetto per la fede cattolica e le sue immagini"
Sri Lanka: la Chiesa riattiva il suo ruolo di mediazione dopo
l'escalation di violenza
A Crotone, 3 mila persone in piazza per dire "no" al
disegno di legge sui DICO
La
Cina approva la legge sul diritto alla proprietà privata, salvo che per la
terra che resta sotto il controllo dello Stato
RADIO
VATICANA
Radiogiornale
Il
Papa e la Santa Sede
Benedetto
XVI alla Penitenzieria Apostolica: l’umanità sta perdendo
il senso del peccato ma aumenta i
complessi di colpa. Abbiamo
tutti bisogno di attingere alla misericordia
infinita di Dio
per trovare la vera pace
E’
un’umanità che vorrebbe essere autosufficiente quella di oggi, dove non pochi
ritengono quasi di poter fare a meno di Dio per vivere bene. E’ quanto ha
sottolineato oggi Benedetto XVI nel suo discorso ai partecipanti al Corso del
Foro Interno organizzato dalla Penitenzieria Apostolica dal 12 al 17 marzo a
Roma. Ai 600 sacerdoti ed ordinandi ricevuti nella Sala Clementina, il Santo
Padre ha ricordato l’importanza del Sacramento della Penitenza per riscoprire
l’amore di Dio. Il servizio di Tiziana Campisi:
**********
“Con
i gesti e le parole sacramentali, i sacerdoti rendono visibile soprattutto
l’amore di Dio, che in Cristo si è rivelato in pienezza. Nell’amministrare il
Sacramento del perdono e della riconciliazione, il presbitero - ricorda il
Catechismo della Chiesa Cattolica - agisce come ‘il segno e lo strumento
dell'amore misericordioso di Dio verso il peccatore’”.
E’ un
mistero d’amore ciò che avviene nel Sacramento della Penitenza, ha detto
Benedetto XVI, quell’amore di cui tutti hanno bisogno, che si manifesta anche
nel mistero della Croce ma che consente di trovare l’autentica pace con Dio,
con noi stessi e con il prossimo:
“Solo
da questa sorgente spirituale è possibile trarre quell’energia interiore
indispensabile per sconfiggere il male e il peccato nella lotta senza pausa,
che segna il nostro pellegrinaggio terreno verso la patria celeste”.
Il
mondo contemporaneo, ha proseguito il Papa, continua a presentare tante contraddizioni,
in tanti sembrano tristemente condannati ad affrontare drammatiche situazioni
di vuoto esistenziale e poi ci sono violenza e solitudine a pesare sull’animo
dell’uomo:
“Vediamo
un’umanità che vorrebbe essere autosufficiente, dove non pochi ritengono quasi
di poter fare a meno di Dio per vivere bene … oggi pare che si sia perso il
'senso del peccato', ma in compenso sono aumentati i 'complessi di colpa'”.
A
liberare il cuore degli uomini da questo giogo di morte, ha aggiunto il Santo
Padre, può essere solo Colui che morendo ha sconfitto per sempre la potenza del
male con l’onnipotenza dell’amore divino:
“Il
sacerdote, nel Sacramento della Confessione, è strumento di questo amore
misericordioso di Dio, che invoca nella formula dell’assoluzione dei peccati”.
L’impegno
del sacerdote e del confessore è principalmente quello di portare ciascuno a
fare esperienza dell’amore di Cristo, ha spiegato poi il Papa, il ministro del
Sacramento della Riconciliazione, deve far trasparire, nelle parole e nel modo
di accostare il penitente, l’amore misericordioso di Dio, accogliere il
peccatore pentito, aiutarlo a risollevarsi dal peccato, incoraggiarlo a
emendarsi non venendo mai a patti con il male, ma riprendendo sempre il cammino
verso la perfezione evangelica:
“Tutto
ciò comporta che il sacerdote impegnato nel ministero del Sacramento della
Penitenza sia animato egli stesso da una costante tensione alla santità. Per
portare a compimento questa importante missione, interiormente unito sempre al
Signore, il sacerdote si mantenga fedele al Magistero della Chiesa per quanto
concerne la dottrina morale, cosciente che la legge del bene e del male non è
determinata dalle situazioni, ma da Dio”.
**********
La Chiesa
rispetta le competenze dello Stato, ma ha il dovere di difendere la verità
sull’essere umano: l’esortazione del Papa nell’udienza
al nuovo ambasciatore peruviano, Alfonso Rivero Monsalve
La
Chiesa, “esperta in umanità” insegna che “solo nel rispetto della legge morale,
che difende e protegge la dignità della persona umana, si può costruire la
pace” e un “progresso sociale stabile”. E’ quanto sottolineato da Benedetto XVI
nell’udienza al nuovo ambasciatore del Perù, Alfonso Rivero Monsalve, ricevuto
stamani in Vaticano per la presentazione delle Lettere Credenziali. Il servizio
di Alessandro Gisotti:
**********
Benedetto XVI ha ribadito l’impegno della Chiesa
affinché “ogni peruviano si senta rispettato nei suoi diritti inalienabili”. I
cattolici del Perù, è stata la sua esortazione, “sono chiamati ad essere
fermento del messaggio cristiano nelle sue istituzioni sociali e nella vita
pubblica, per contribuire così alla costruzione di una società più fraterna”.
Il Pontefice non ha mancato poi di soffermarsi sul fenomeno della
globalizzazione, che anche in Perù “incide direttamente sulla persona e i suoi
valori”. I peruviani, ha constatato, sperano di avvantaggiarsi della crescita
economica, in modo che la ricchezza sia distribuita in modo equo.
Il Papa ha dunque invitato i governi come anche le
organizzazioni internazionali a lavorare per uno sviluppo di tutti i popoli,
nella ricerca delle bene comune e in spirito di autentica solidarietà. Quindi,
ha ribadito che la Chiesa riconosce allo Stato le sue competenze nelle
questioni sociali, politiche ed economiche. Tuttavia, ha proseguito, ritiene un
proprio dovere, derivato dalla sua missione evangelizzatrice, “la salvaguardia
e la diffusione della verità sull’essere umano”. Ha così sottolineato che la
dignità della persona e della vita, dal concepimento al suo termine naturale,
vanno difese e protette, come peraltro stabilisce anche la Costituzione
peruviana.
Benedetto XVI ha ricordato la sua visita in Perù
nel 1986, quando era prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede.
Viaggio citato anche nel suo discorso dell’ambasciatore peruviano, che si è
augurato che Benedetto XVI possa presto tornare a visitare il Paese andino.
D’altro canto, il diplomatico ha voluto sottolineare la grande gioia con la
quale, in tutto il Sud America, si attende l’arrivo del Papa in Brasile, nel
maggio prossimo, per la Conferenza Generale dei vescovi dell’America Latina e
dei Caraibi.
**********
L’ambasciatore
Alfonso Rivero Monsalve è nato a Lambayeque, il 4 dicembre 1942. È sposato ed
ha due figli. Nella sua carriera diplomatica, iniziata nel 1967, ha rivestito
l’incarico di ambasciatore in India, Bolivia, Cile, Brasile e Stati Uniti
d’America. È stato inoltre vice ministro e segretario generale degli Affari
Esteri.
Dal 9 al 14 maggio
prossimi, il Papa visiterà il Brasile in occasione
della V Conferenza Generale dei vescovi dell'America
Latina e dei Caraibi
Il
Papa visiterà il Brasile dal 9 al 14 maggio prossimi. E’ quanto annunciato, stamani,
dalla Stampa della Santa Sede. Il sesto viaggio apostolico internazionale di
Benedetto XVI si svolgerà in terra brasiliana in occasione della V Conferenza Generale
dei Vescovi dell'America Latina e dei Caraibi. Il Pontefice visiterà le arcidiocesi
di San Paolo ed Aparecida. Benedetto XVI partirà mercoledì 9 maggio alla volta
di San Paolo, dove si tratterrà fino a venerdì 11, quando si trasferirà ad Aparecida.
Qui, nella città del Santuario mariano tanto caro ai fedeli brasiliani, il Papa
rimarrà fino a domenica 13. Il giorno prima farà anche tappa a Guaratingueta.
Infine, lunedì 14 maggio, il Papa farà ritorno a Roma.
Padre
Cantalamessa alla seconda predica quaresimale: il Vangelo
non predica violenza né debolezza, ma la
mitezza di Cristo
che conquista i cuori
Le
Beatitudini del Vangelo sono l’“autoritratto” di Gesù. Ed è dunque al comportamento
di Gesù che bisogna rifarsi per capire cosa significhino purezza, mitezza,
umiltà e non alle interpretazioni o a comportamenti, talvolta di cristiani
stessi, fatti in altre epoche e spesso fuorvianti. E’ uno degli assunti del
predicatore della Casa Pontificia, padre Raniero Cantalamessa, contenuti nella
sua seconda predica quaresimale di questa mattina, tenuta davanti a Benedetto
XVI e alla Curia Romana. Il servizio di Alessandro De Carolis.
**********
I
cristiani possono essere usciti, nel corso della storia, dal solco tracciato da
Cristo, ma la fonte - la vita di Gesù nel Vangelo - è “pura”. Dunque, non
possono essere intellettuali antichi e moderni a spiegare le ragioni profonde
del messaggio cristiano, né si possono “prendere meccanicamente alla lettera”
le iperboli con le quali Gesù amava esprimersi. Su questa base, padre
Cantalamessa ha approfondito la Beatitudine che afferma: “Beati i miti perché
erediteranno la terra”: a differenza di Gandhi, per il quale il Discorso della
montagna sarebbe rimasto comunque grande anche se Gesù non fosse esistito, il
predicatore pontificio è stato subito netto nell’affermare che è invece la vita
di Cristo a dare di una “splendida utopia etica” una “realizzazione pratica”,
perché è lui il mite, l’umile, il perseguitato ed è quindi a lui che bisogna
guardare per comprenderne appieno la portata. Nella tradizione cristiana, ha
detto padre Cantalamessa, la mitezza viene sempre spiegata in associazione a
due altre caratteristiche: la pazienza e l’umiltà. I Vangeli sono la
dimostrazione di come Gesù sia stato il paziente e l’umile per eccellenza, fino
alla “prova massima” della Passione, durante la quale non reagì con ira o
minacce alle aggressioni:
“Ma
Gesú ha fatto ben più che darci un esempio di mitezza e pazienza eroica; ha
fatto della mitezza e della non violenza il segno della vera grandezza. Questa
non consisterà più nell’elevarsi solitari sugli altri, sulla massa, ma nell’abbassarsi
per servire ed elevare gli altri. Sulla croce, dice Agostino, egli rivela che
la vera vittoria non consiste nel fare vittime, ma nel farsi vittima”.
Nei
confronti del Vangelo, “letture” successive hanno esaltato il carattere remissivo
o quello apparentemente coercitorio, perdendo di vista l’originalità di Cristo.
Padre Cantalamessa ha dapprima criticato il filosofo Nietzsche - e chi oggi sta
tendando di “addomesticarlo” e quasi “cristianizzarlo” - il quale aveva
definito il cristianesimo una “morale da schiavi” per via della sua presunta
debolezza nel “porgere l’altra guancia”. Ma, ha ricordato padre Cantalamessa, è
illuminante ciò che afferma forse l’unica voce rimasta ad opporsi a Nietzsche,
quella del filosofo francese René Girard:
“Secondo
lui, tutti questi tentativi fanno torto anzitutto a Nietzsche. Con una perspicacia
davvero unica, per il suo tempo, egli ha colto il vero nocciolo del problema,
l’alternativa irriducibile tra paganesimo e cristianesimo. Il paganesimo esalta
il sacrificio del debole a favore del forte e dell’avanzamento della vita; il
cristianesimo esalta il sacrificio del forte a favore del debole. È difficile
non vedere un nesso oggettivo tra la proposta di Nietzsche e il programma
hitleriano di eliminazione di interi gruppi umani per l’avanzamento della
civiltà e la purezza della razza".
Sul
versante opposto, ha proseguito il predicatore francescano, dopo l’11 settembre
2001 è diventato di “straordinaria rilevanza” il rapporto tra religione e
violenza. Il Vangelo, ha ribadito, “non lascia spazio a dubbi. “Non ci sono in
esso esortazioni alla violenza, mescolate a esortazioni contrarie”:
“In
un libro-inchiesta su Gesú che tanta eco ha suscitato ultimamente in Italia si
attribuisce a Gesú la frase: 'E quei miei nemici che non volevano che
diventassi loro re, conduceteli qui e uccideteli davanti a me' (Lc 19, 27) e se
ne deduce che 'è a frasi come queste che si rifanno i sostenitori della guerra
santa’. Ora va precisato che Luca non attribuisce tali parole a Gesú, ma al re
della parabola, e si sa che non si possono trasferire di peso dalla parabola
alla realtà tutti i dettagli del racconto parabolico, e in ogni caso essi vanno
trasferiti dal piano materiale a quello spirituale. Il senso metaforico di
quelle parole è che accettare o rifiutare Gesú non è senza conseguenze; è una
questione di vita o di morte, ma vita e morte spirituale, non fisica. La guerra
santa non c’entra proprio”.
In
sostanza, è ancora una volta Gesù che chiarisce il significato vero della mitezza.
Cristo afferma: “Imparate da me che sono mite e umile di cuore”. “La vera
mitezza – ha commentato padre Cantalamessa – si decide lì”. Il cuore umano,
spesso teatro di pensieri violenti, di “processi a porte chiuse” contro chi si
ritiene sia nostro avversario, è anche il luogo della carità. Anche quando, ha
concluso il predicatore pontificio, il modello di riferimento sembra fuori
della nostra portata:
“C’è
il rischio che si resti scoraggiati nel costatare l’incapacità di attuarle
nella propria vita e la distanza abissale che c’è tra l’ideale e la pratica. Si
deve richiamare alla mente quello che si diceva all’inizio: le Beatitudini sono
l’autoritratto di Gesú. Egli le ha vissute tutte e in grado sommo; ma – e qui
sta la buona notizia – non le ha vissute solo per sé, ma anche per tutti noi.
Nei confronti delle Beatitudini, non siamo chiamati solo all’imitazione, ma
anche all’appropriazione. Nella fede possiamo attingere dalla mitezza di
Cristo, come dalla sua purezza di cuore e da ogni altra sua virtù (…) La mansuetudine e la mitezza sono come un vestito che
Cristo ci ha meritato e di cui, nella fede, possiamo rivestirci, non per essere
dispensati dalla pratica, ma per animarci ad essa”.
**********
Altre udienze
Il
Santo Padre ha ricevuto questa mattina un altro gruppo di presuli della Conferenza
episcopale italiana della Regione Puglia, in visita "ad Limina”. Questo pomeriggio
riceverà l’arcivescovo Angelo Amato, segretario della Congregazione per la
Dottrina della Fede.
Resa nota
la Dichiarazione finale dell’Assemblea generale
della Pontificia Accademia della Vita
“Perché
l'uomo possa essere guidato dai giudizi della sua coscienza morale ad agire
sempre per realizzare il bene nella verità, è necessario che egli ne curi con
ogni impegno la formazione continua, nutrendola con quei valori che corrispondono
alla dignità della persona umana, alla giustizia e al bene comune”. E’ quanto
afferma la Dichiarazione finale resa nota oggi dalla Pontificia Accademia per
la Vita, a conclusione della sua XIII Assemblea generale e del Congresso internazionale,
tenutosi in Vaticano nel febbraio scorso sul tema: "La coscienza cristiana
a sostegno del diritto alla vita". “La coscienza del cristiano, in
particolare – prosegue la Dichiarazione - è illuminata pienamente nella sua
ricerca del bene dall'incontro costante con la Parola di Dio, compresa e
vissuta nella comunità cristiana, secondo gli insegnamenti del Magistero.
Questa esigenza di continua formazione ed approfondimento della coscienza, si
rende oggi del tutto evidente di fronte all'emergenza di tante problematiche
culturali e sociali che toccano il diritto alla vita nell'ambito della
famiglia, nell'assunzione dei compiti propri dell'essere coniugi e genitori,
nelle professioni sanitarie e nei compiti politici”. La Dichiarazione sottolinea
il fatto che “non possono essere taciute le numerose difficoltà che la
coscienza cristiana dei credenti incontra oggi nei suoi giudizi e nel suo percorso
formativo, a causa del contesto culturale in cui si trova immersa la vita dei
credenti, un contesto in cui si sperimenta la crisi di ‘autorità’, la perdita
della fede e spesso una tendenza a rifugiarsi in forme di razionalismo estremo.
Altra coordinata che mette alla prova la coscienza cristiana, oltre quella
culturale, è costituita dalle norme giuridiche vigenti, sia quelle codificate
sia quelle definite dai tribunali e dalle sentenze dei tribunali, che, in
misura crescente e sotto una forte pressione di gruppi coalizzati e influenti,
hanno aperto e stanno aprendo la breccia rovinosa delle depenalizzazioni: si
prevedono eccezioni al diritto individuale alla vita, si vanno legittimando
sempre più diversi attentati contro la vita umana, finendo di fatto per
disconoscere che la vita è il fondamento di ogni altro diritto della persona, e
che il rispetto dovuto alla dignità di ogni essere umano è il fondamento della
libertà e della responsabilità”. Sul fronte delle questioni sanitarie – precisa
il comunicato – acquista oggi “maggiore rilievo l'esercizio doveroso, di una
‘coraggiosa obiezione di coscienza’, da parte di medici, infermieri, farmacisti
e personale amministrativo, giudici e parlamentari, ed altre figure
professionali direttamente coinvolte nella tutela della vita umana individuale,
laddove le norme legislative prevedessero azioni che la mettono in pericolo.
Ma, allo stesso tempo, va anche messo in rilievo come il ricorso all'obiezione
di coscienza avvenga, oggi, in un contesto culturale di tolleranza ideologica,
che talvolta, paradossalmente, tende a non favorire l'accettazione
dell'esercizio di questo diritto, in quanto elemento ‘destabilizzante’ del
quietismo delle coscienze”. La Dichiarazione sottolinea “come, in particolare
per le professioni sanitarie, sia difficile l'esercizio del diritto
all'obiezione di coscienza, dal momento che questo diritto viene generalmente riconosciuto
solo alle singole persone, e non alle strutture ospedaliere o associazioni”.
Secondo il comunicato “sempre più opportuna appare una mobilitazione di tutti
coloro che hanno a cuore la tutela della vita umana, una mobilitazione che si
deve estendere anche a livello politico”. Infine si ripropone “con convinzione
l'insegnamento specifico in materia di obiezione di coscienza dell'Enciclica
Evangelium Vitae” in particolare “nella
prospettiva dell'adesione dei cristiani ai programmi proposti dai partiti
politici” così come si auspica “una legislazione che completi l'Articolo 18
della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, proclamata dalle Nazioni
Unite nel 1948, per garantire il diritto all'obiezione di coscienza e difendere
questo diritto contro ogni discriminazione nei campi del lavoro, dell'educazione
e dell'attribuzione dei benefici da parte dei governi”.
La santità di
Giovanni Paolo II è un fatto trasparente: così, il cardinale Ruini alla Radio
Vaticana, a pochi giorni dalla chiusura della fase diocesana della Causa di
Beatificazione di Karol Wojtyla
Cresce
l’attesa dei fedeli per la cerimonia di chiusura della fase diocesana della
Causa di Beatificazione di Giovanni Paolo II, il 2 aprile prossimo nel secondo anniversario
della morte di Papa Wojtyla. La cerimonia avrà luogo,
alle ore 12, nella Basilica di San Giovanni in Laterano, mentre nel pomeriggio,
alle 17.30 nella Basilica di San Pietro, Benedetto XVI presiederà la Messa in
suffragio del suo amato predecessore. Alessandro Gisotti ha chiesto al cardinale
Camillo Ruini, vicario del Papa per la diocesi di Roma, di raccontare con
quali sentimenti stia vivendo questo momento:
**********
R. –
Con sentimenti di gratitudine a Dio, perché desideravamo molto arrivare a
questo momento e sembra proprio che ci siamo arrivati. E’ un momento che attendevamo
con grande gioia.
D. –
A due anni dalla morte di Karol Wojtyla rimane ancora vivo il ricordo del grido
“Santo Subito”, scandito in Piazza San Pietro. Si può dire che il sensum fidei
del Popolo di Dio, come mai in un recente passato, ha immediatamente riconosciuto
la santità di Giovanni Paolo II?
R. –
La santità Giovanni Paolo II è un fatto trasparente, che abbiamo tutti riconosciuto.
Naturalmente il processo canonico abbia le sue esigenze, ma la rapidità della
fase diocesana va proprio incontro a questa percezione diffusa.
D. –
Lei avrà sicuramente ricordi personali di Giovanni Paolo II quando era in vita.
C’è, invece, un episodio legato alla figura del Papa avvenuto in questi ultimi
due anni che l’ha particolarmente colpita?
R. –
L’evento è la grandissima partecipazione e il grandissimo afflusso alla sua
Tomba. Un pellegrinaggio incessante, che è una testimonianza di una rapporto
profondo che dura nel tempo.
D. –
Lei ha dedicato il suo ultimo libro proprio a Papa Wojtyla, con il titolo “Alla
sequela di Cristo”. E’ questa vibrante esortazione ad incontrare e a seguire
Gesù, il più grande dono che Giovanni Paolo II ci ha lasciato…
R. –
Giovanni Paolo II ha seguito personalmente Gesù, perciò il suo invito è fortemente
credibile ed è accolto, perché egli ne è stato per primo l’esempio vivente.
D. –
Il 2 aprile prossimo, ed è una facile previsione, moltissimi romani manifesteranno
nuovamente e in modo corale il proprio affetto per Giovanni Paolo II. Cosa la
colpiva di questo amore tra il Papa venuto da lontano e Roma?
R. –
Mi colpiva l’immediatezza del sentimento: da una parte il Papa che, come ho
letto nel libro pubblicato pochissimo tempo fa dal cardinale Dziwisz, che fu
suo segretario, ogni sera, prima di chiudere le finestre della sua camera,
benediva la sua città; e, dall’altra parte, il sentimento immediato del popolo
romano che ho tante volte riscontrato sia nella parrocchie che il Papa visitava
che in molte altre circostanze.
D. –
Lei, eminenza ha lasciato l’incarico di presidente della CEI, dopo 15 anni di
servizio. Quale era il tratto fondamentale del rapporto tra Giovanni Paolo II e
la Chiesa italiana?
R. –
Direi che si trattava di una “fiducia esigente”. Giovanni Paolo II aveva una
grande fiducia nella Chiesa italiana, ma esigeva anche che la Chiesa italiana accettasse
in pieno la sfida della nuova evangelizzazione e fosse protagonista esemplare
della nuova evangelizzazione in Europa.
**********
L’Università
Cattolica Fu-jen di Taiwan conferisce
al cardinale Renato Raffaele Martino
la laurea honoris causa in filosofia
L’Università
Cattolica Fu-jen di Taiwan ha conferito oggi al cardinale Renato Raffaele
Martino la laurea in filosofia honoris causa per il suo contributo
all’elaborazione del pensiero specialmente in campo morale, con riferimento particolare
alla significativa opera del Compendio della dottrina sociale della Chiesa,
pubblicato dal Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace nell’ottobre
del 2004. E proprio alla dottrina sociale della Chiesa, che è al cuore della
missione evangelizzatrice affidatale da Cristo, il porporato ha dedicato la sua
Lectio magistralis di fronte al Senato accademico e agli studenti della
prestigiosa Università asiatica. Il
presidente dei Pontifici Consigli della Giustizia e della Pace e della Pastorale
per i Migranti e gli Itineranti ha innanzi tutto ribadito il diritto-dovere della
Chiesa di annunciare sempre e dovunque i principi morali, compresi quelli riguardanti
l’ordine sociale, e di pronunciare giudizi su qualsiasi realtà umana in quanto
lo esigono i fondamentali diritti della persona umana. Egli ha quindi sottolineato
che quando la Chiesa si interessa della promozione umana, quando proclama le
regole per una nuova coesistenza nella pace e nella giustizia, quando collabora
con ogni persona di buona volontà per creare relazioni e istituzioni più umane,
essa insegna la via da seguire in questo mondo per entrare nel Regno di Dio.
Nell’attuale contesto della globalizzazione, secondo il cardinale la dottrina
sociale della Chiesa fa appello alla famiglia umana per un umanesimo integrale
e solidale, nel perseguimento del bene comune e nel soddisfacimento dei bisogni
di tutti. Sulla scorta del citato
Compendio, il porporato ha anche rilevato che il primo contributo offerto dalla
Chiesa alla comunità politica consiste nel preservare e promuovere nella
coscienza di tutti il senso della
trascendente dignità della persona umana.
Non poteva mancare nella Lectio del cardinale Martino il riferimento al
ruolo essenziale che nella dottrina sociale della Chiesa ha la promozione della
pace, fondata sulla verità, la libertà e la giustizia. Il senso del mutuo rispetto
per le tradizioni religiose e culturali, il dialogo tra le religioni, la
cooperazione internazionale, una cultura dell’apertura sono dimensioni
fondamentali per realizzare la pace. In gioco è il senso ultimo della
costruzione della società umana e, conseguentemente, della pace. (A cura di
Paolo Scappucci).
Oggi su "L'Osservatore Romano"
Servizio
vaticano - In primo piano il discorso di Benedetto XVI ai partecipanti al corso
promosso dalla Penitenziaria Apostolica. Il Papa ha ricordato che il sacerdote
impegnato nel ministero del Sacramento della Penitenza dev'essere animato da
una costante tensione alla santità.
Servizio
estero - Iraq: il Senato USA boccia una mozione sul ritiro delle truppe entro
un anno. La Casa Bianca aveva annunciato il veto in caso di approvazione.
Servizio
culturale - Un articolo di Vittorino Grossi dal titolo "L'immane fatica di
diffondere la Parola", in occasione della pubblicazione del secondo volume
del "Nuovo Dizionario Patristico e di Antichità cristiane".
Servizio
italiano - In evidenza il tema della Trimestrale di cassa.
RADIO
VATICANA
Radiogiornale
Oggi
in Primo Piano
“L’Osservatore Romano” e la rivista dei gesuiti “La
Civiltà Cattolica”
intervengono sulle accuse di ingerenza alla
Chiesa
e sulle deformazioni mediatiche delle
parole del Papa
Per
“L’Osservatore Romano”, a sentire alcuni politici, “il Papa ce l’ha proprio con
l’Italia” e “ogni suo intervento è un
intollerabile ingerenza nelle cose dello Stato italiano”. Si tratta di un
atteggiamento piuttosto provinciale – nota il quotidiano vaticano nella sua
edizione odierna in un fondo a firma di Gaetano Vallini - – in quanto gli
interventi pontifici hanno una dimensione universale come nel caso della
recentissima Esortazione apostolica sull’Eucaristia. Abbondano poi le deformazioni,
in chiave negativa, delle parole del Papa: su un testo di circa 130 pagine come
è quello dell’Esortazione, facciamo noi un esempio, numerose testate hanno
affermato che il Pontefice avrebbe lanciato un diktat ai politici a non votare
leggi “contro natura”. Parole inesistenti, utili alla specifica situazione
italiana, maliziosa sintesi in negativo di quanto afferma il Papa in positivo,
e cioè che “i politici e i legislatori cattolici … devono sentirsi
particolarmente interpellati dalla loro coscienza, rettamente formata, a
presentare e sostenere leggi ispirate ai valori fondanti nella natura umana”.
Oppure Benedetto XVI parla di famiglia agli ambasciatori d’oltreoceano della
Costa Rica e della Colombia, e c’è chi titola: il Papa contro i DICO!
“La
Civiltà Cattolica”, in un editoriale del suo ultimo numero (17 marzo 2007), dà
la parola ad alcuni laici per rispondere al laicismo di quanti denunciano la
presunta ingerenza delle gerarchie ecclesiastiche. Il laico Angelo Panebianco
scrive: “Non sarebbe più semplice, e più civile, lasciare perdere l’armamentario
anticlericale, riconoscere alla Chiesa il pieno diritto di formulare i suoi
giudizi?”. La rivista dei gesuiti d’altra parte sottolinea che gli ambienti
laici non usano oggi dolersi dell’intervento della Chiesa a favore della
giustizia e della libertà durante la campagna elettorale del 1948, un
intervento “che consentì la costruzione della Repubblica democratica senza
rischiare un’avventura che avrebbe potuto condurre o a un regime di tipo
sovietico o a un regime autoritario come quello spagnolo o greco”.
Così
un altro laico, Claudio Magris afferma che “spesso si critica un’ingerenza politica
della Chiesa soltanto perché non si condivide la visione politica implicita in
quell’ingerenza mentre si saluta con fervore un’ingerenza di segno opposto”. La
Civiltà Cattolica riporta infine le parole di Benedetto XVI sul diritto della
Chiesa di pronunciarsi sui problemi morali che oggi interpellano la coscienza
di tutti: “Non si tratta … di indebita ingerenza della Chiesa nell’attività
legislativa, propria ed esclusiva dello Stato, ma dell’affermazione e della
difesa dei grandi valori che danno senso alla vita della persona e ne
salvaguardano la dignità. Questi valori, prima di essere cristiani, sono umani,
tali perciò da non lasciare indifferente e silenziosa la Chiesa, la quale ha il
dovere di proclamare con fermezza la verità sull’uomo e sul suo destino”. (A
cura di Sergio Centofanti)
Il
richiamo della Chiesa ai valori fondamentali si fa più forte quando
le società diventano individualistiche a scapito
del bene comune.
Così il presidente del Comitato
nazionale di bioetica
Francesco Paolo Casavola
Il
culto gradito a Dio richiede la pubblica testimonianza della propria fede. Ciò
si impone con particolare urgenza nei confronti di coloro che, per la posizione
sociale o politica che occupano, devono prendere decisioni a proposito di
valori fondamentali. E’ quanto ha scritto Benedetto XVI nella “Sacramentum
Caritatis”. Prendendo spunto dall’Esortazione apostolica post-sinodale, la
Libera Università Maria Santissima Assunta di Roma ha organizzato ieri un
incontro su Etica e legalità. Tiziana Campisi ha chiesto al prof.
Francesco Paolo Casavola, presidente del Comitato nazionale di bioetica e
presente all'evento, in che modo uno Stato deve valutare i valori fondamentali:
**********
R. –
I valori fondamentali che entrano in gioco sono quelli legati alla vocazione
sociale dell’uomo. Il punto cui è arrivata la Chiesa è questo: l’uomo ha dei
valori che connotano permanentemente la sua vocazione, cioè la vocazione a
realizzarsi. Questi valori si devono incarnare nella storia, devono diventare
regole di comportamento. Il richiamo ai valori - per commisurare l’idoneità o
meno di regole sociali, leggi dello Stato, rispetto alla vocazione che essi
devono preservare e devono agevolare nella loro realizzazione storica - diventa
sempre più impellente quando le società diventano individualistiche, cioè
chiedono di essere guidate soltanto da desideri individuali, da vocazioni
puramente personali, in cui non si fa un bilanciamento tra il proprio
desiderio, il proprio interesse, ed il bene della società.
D. – Quando il pensiero cristiano si scontra con
la legalità?
R. –
Accade tutte le volte che la legalità impone dei comportamenti che non hanno
come loro fine la realizzazione di valori permanenti, valori costitutivi della
natura umana, la quale, nella tradizione occidentale, ha una sua latitudine di
significato fino a rasentare la soglia dell’ambiguità - natura come una sorta
di modello immobile, come una regola eterna e natura invece come vocazione
umana che si storicizza, si incarna, si realizza e quindi ha una sua
evoluzione.
D. – Come superare quelle divergenze che talvolta
emergono, quando si scontrano il pensiero cristiano e la politica?
R. –
Il pensiero cristiano, come grande fatto culturale, viene in qualche modo tutelato
dal Magistero della Chiesa e attraverso una riproposizione alla coscienza di
tutti i credenti tende a far discendere da esso principi, valori e modelli
sociali. Una religione come quella cristiana, che è una religione della
incarnazione, della verità nella storia, non può fare a meno di costruire una
società che sia tendenzialmente coerente con i principi. Dall’altra parte,
bisogna tener conto che lo Stato, come tale, non può parlare alle coscienze.
Noi rifiuteremmo uno Stato che volesse entrare nelle coscienze o uno Stato che
volesse condizionare le intelligenze. Lo Stato che accettiamo è uno Stato che
proclama la libertà di coscienza, la libertà della manifestazione del pensiero
e della formazione della cultura. E allora lo Stato deve garantire che da
questa operazione del Magistero non venga lesa mai la coscienza individuale. Lo
Stato deve farsi garante della libertà di religione.
**********
La
comunità Shalom riceve l'approvazione pontificia a 25 anni
dalla sua fondazione. Intervista con il
fondatore, Moysés de Azevedo Filho
Venticinque
anni fa, il 9 luglio, nasceva a Fortaleza, in Brasile, la Comunità Cattolica
Shalom per l’evangelizzazione dei giovani, ad opera di uno studente universitario
di appena 22 anni: Moysés de Azevedo Filho. Già da due anni andava pensando
come offrire la sua vita per evangelizzare i giovani, in risposta a un invito
in tal senso rivolto dall’allora arcivescovo di Fortaleza per fare un dono a
Papa Giovanni Paolo II che aveva visitato il Paese nel 1980. Il gruppo andò
crescendo aprendo centri di evangelizzazione in tutto il Brasile e poi anche in
Italia, Francia, Svizzera, Israele, Canada, Inghilterra, Uruguay, Algeria,
Madagascar e Guyana Francese. Altre case stanno per essere aperte in Tunisia,
Cina e Congo-Kinshasa. La Comunità Shalom ha ottenuto il 22 febbraio scorso
l’approvazione come Associazione internazionale di fedeli di diritto pontificio
e qualche giorno fa, il 13 marzo, il Decreto è stato consegnato al fondatore, Moysés
de Azevedo Filho. Giovanni Peduto lo ha intervistato:
**********
R. -
Il carisma della Comunità si fonda sul brano del Vangelo di San Giovanni,
capitolo 20, quando Gesù Risorto appare ai discepoli e dice: “Shalom”,
"Pace a voi". Nel momento in cui Gesù dice “Shalom”, mostra ai
discepoli il suo cuore aperto. E’ da lì che per noi Gesù dona la fonte della
vera pace di cui l’uomo ha bisogno e cerca di ricevere la pace attraverso
l’esperienza della contemplazione del Risorto. Vivere poi questa pace
nell’unità, nella carità della vita comunitaria, rappresenta la seconda
dimensione del nostro carisma. La terza dimensione: questa pace che abbiamo
ricevuto dalla contemplazione, che abbiamo vissuto nella vita di comunità e
nella carità, ha bisogno di essere annunciata e portata al mondo e all’umanità,
che necessita di conoscere la vera pace. Questo è il fondamento del nostro
carisma: contemplazione, unità ed evangelizzazione. Le nostre regole di vita si
fondano nella dimensione della contemplazione, della preghiera personale,
l’Eucaristia che è il fondamento di tutto, la celebrazione quotidiana
dell’Eucaristia, l’adorazione dell’Eucaristia, la recita del Rosario, l’ascolto
della Parola di Dio.
D. -
In quante case e diocesi siete presenti e quanti siete?
R. -
Siamo presenti in circa 60 diocesi di tutto il mondo, con 80 case comunitarie.
Nella Comunità di Vita siamo attualmente 800 membri tra sacerdoti, celibi consacrati,
persone sposate e giovani in ricerca vocazionale. Nella Comunità di Alleanza
siamo invece circa 3.500, mentre con i membri dell’Opera - anche se non sappiamo
quale sia esattamente il numero - arriviamo a 30-40 mila persone.
D. -
Qual è il vostro servizio in seno alla Chiesa?
R. -
Portare Gesù Risorto a tutti coloro che sono lontani da Cristo e che sono lontani
dalla Chiesa e cercare di farlo con creatività e con parresia
(parola greca che significa audacia e coraggio). Tra i tanti servizi che
svolgiamo (lavoro con le famiglia, lavoro con la gioventù, lavoro con i poveri,
che occupa un posto molto speciale nella comunità), il servizio fondamentale
riguarda proprio questa evangelizzazione, fatta con audacia, con creatività
diretta e dedicata all’uomo del nostro tempo.
D. -
Il vostro modo di vivere, il vostro carisma, il vostro apostolato e la vostra
vocazione hanno ora ricevuto il riconoscimento ufficiale della Chiesa
universale: cosa significa per voi questo riconoscimento giuridico?
R. -
Il riconoscimento pontificio per noi non rappresenta una questione di merito,
ma rappresenta un dono: è un dono di Dio, è un dono della Chiesa, è un dono del
Papa. Questo riconoscimento pontificio è per noi una gioia, ma rappresenta anche
una grande responsabilità, perché in questo riconoscimento noi sentiamo che il
Papa ci dice: “Adesso il vostro campo di lavoro deve essere tutto il mondo; deve
essere diretto al mondo di oggi, agli uomini, alle donne, ai tanti giovani di oggi,
di questo nostro Terzo Millennio, che sempre più spesso hanno bisogno di conoscere
la gioia e la bellezza di Cristo. Per noi questo riconoscimento rappresenta,
quindi, una spinta a portare il Vangelo fino ai confini della terra.
RADIO
VATICANA
Radiogiornale
Chiesa
e Società
Cinquantenario dei Trattati di Roma: per i vescovi tedeschi
"L'Europa
è una risposta alla storia tragica di
questo continente"
“Europa:
responsabili davanti a Dio e agli uomini“: questo il titolo della dichiarazione
diffusa ieri dalla Conferenza episcopale tedesca in occasione del cinquantenario
della firma dei Trattati di Roma. I vescovi tedeschi esortano “a ricordarsi
delle origini di questo processo d’integrazione europea, di far proprie le sue
disposizioni fondamentali e di riconoscere i compiti dell’Europa”. Nel
documento ci si richiama all’”esperienza della guerra, del predominio della
violenza, della colpevolezza”, così come alla “disponibilità, alla
riconciliazione e al ricordo”, quali “punti di partenza dell’opera di
unificazione europea”. “La forza pacificatrice e pacificante è stata lo stimolo
originario dell’unificazione europea” e continua ad esserne “la legittimazione
più importante”. “L’Europa non è più sinonimo di rivalità storiche e di guerra,
bensì di soluzione di conflitti e di prevenzione di conflitti senza il ricorso
alle armi”, si legge. “L’Unione Europea è “una risposta alla storia tragica di
questo continente”. I vescovi tedeschi sottolineano come “il primato incondizionato
dell’essere umano” abbia trovato espressione “fin dall’inizio nell’alta
considerazione dei diritti umani, dei diritti alla libertà e ai fondamentali
diritti sociali”. Ciò, proseguono, “rispecchia al contempo l’idea cristiana
dell’esser umano”. “Il fatto che la politica europea sia sostanzialmente
caratterizzata da questa immagine dell’uomo è la vera eredità cristiana
dell’Europa, che vive nel presente dell’Europa e che resta importante per
delineare il futuro. Per questo motivo - argomentano i vescovi - in un testo
fondamentale europeo è opportuno inserire anche un inserimento alla tradizione
giudaico-cristiana dell’Europa e alla sua durevole efficacia”.
Roma:
presentati oggi in Campidoglio gli eventi e le iniziative culturali
per celebrare il cinquantenario dei Trattati
di Roma
“Più
Europa nella vita di tutti” è lo slogan. L’Europa dei risultati, infatti, è
quella che si vuole festeggiare a 50 anni dei Trattati di Roma, con cui nasceva
la Comunità Economica Europea, e, dunque, pace, democrazia e rispetto dei
diritti umani, ma anche una moneta forte, un mercato unico, più opportunità di
studio e di ricerca, più tutela nei prodotti e nei servizi. E questi risultati
concreti saranno parte integrante della campagna di comunicazione avviata dalla
presidenza del Consiglio in collaborazione con Parlamento e Commissione
Europea, presentata questa mattina a Roma. Il ministro delle Politiche
comunitarie, Emma Bonino, ha sottolineato che l’Europa ha cambiato la vita di
tutti. Questa consapevolezza del passato – ha aggiunto, però, il vice
presidente del Parlamento europeo, Luigi Cocilovo – deve essere soltanto il
punto di partenza per guardare al futuro, pensando che c’è bisogno di più
Europa, e, dunque, ricordare i risultati per superare l’empasse del “no” alla
Costituzione. Molteplici gli eventi e le manifestazioni previste, in vista del
25 marzo, tra questi “Una notte di saperi” e il primo vertice dei giovani
dell’Unione Europea, ma anche una mostra al Quirinale e domenica 25 marzo, una grande festa ai Fori
Imperiali. Per saperne di più di tutti gli appuntamenti, che sono molti, è nato
un nuovo sito Internet, che non a caso si chiama www.vivieuropa.it.
(A cura di Fausta Speranza)
Il
cardinale nicaraguense Miguel Obando Bravo accetta "a titolo
personale" di presiedere il Consiglio di Riconciliazione nazionale
Il
cardinale Miguel Obando Bravo, 81 anni, ha annunciato la sua decisione di accettare
"a titolo personale" l’incarico di guidare il ‘Consejo nacional de
reconciliacion’ istituito dal governo del presidente sandinista Daniel
Ortega per sanare le ferite ancora aperte dalla guerra degli anni ’80 e gestire
aiuti destinati alle vittime. “Accetto questo incarico perchè ritengo che
lavorare per la pace e la riconciliazione sia un compito che non può più
aspettare” ha detto il porporato, già arcivescovo di Managua tra il 1970 e il
2005, intervenendo a una conferenza stampa congiunta con Ortega all’Università
Cattolica della capitale. Come lo stesso porporato ha specificato e come pure
ha rivelato il presidente della Conferenza Episcopale del Nicaragua mons.
Leopoldo José Brenes Solòrzano, l'accettazione è avvenuta esclusivamente a
"titolo personale" ed è in ogni caso da auspicare che il cardinale
riesca a svolgere il suo incarico mantenendosi in stretto rapporto con i
vescovi del Paese. Il presidente nicaraguense Ortega ha spiegato che il compito
dell’organismo – “un ente autonomo e non subordinato al governo” – sarà di applicare
gli accordi firmati dai governi di Violeta Chamorro (1990-1997), Arnoldo Alemán
(1997-2002) e Enrique Bolaños (2002-2007) con i rappresentanti degli
ex-combattenti che reclamano l’accesso alla terra, al lavoro e ad altri
benefici per il loro pieno reinserimento nella società. (R.P.)
Il
Consiglio nazionale della gioventù consenta una partecipazione
democratica delle nuove generazioni.
Così i vescovi del Paraguay
sul nuovo organismo proposto nel
progetto di legge
sulla condizione giovanile
Vita e sessualità: hanno discusso anche di questi temi, nei
giorni scorsi, i vescovi paraguayani. Nel documento redatto al termine della
179.ma Assemblea plenaria ordinaria, lo scorso 8 marzo, i vescovi rammentano
che nel progetto di legge sulla condizione giovanile, attualmente al vaglio del
Parlamento, si usano numerosi termini tipici della cornice culturale della
globalizzazione e chiedono massima cautela nell’uso di parole come “genere”,
“opzione sessuale”, “educazione riproduttiva”, “salute riproduttiva e mentale”.
“Al riguardo - scrivono i presuli - è conveniente un’intesa seria sul loro
contenuto tenendo presente che (le parole) hanno sempre delle conseguenze
morali”. Molte ideologie, oggi ampiamente diffuse e sostenute da organizzazioni
internazionali potenti, propongono il controllo delle nascite, l’aborto o la
salute riproduttiva senza misurare le possibili conseguenze di queste parole.
Il loro uso, in un documento legale che domani potrebbe diventare legge della
Nazione, avvertono i vescovi, potrebbe favorire attentati contro la vita. A
proposito della sessualità, l’episcopato ricorda che essa è strettamente
connessa alla vita umana e che, vero dono di Dio, si sviluppa nell’intimità e
nella complementarietà tra un uomo e una donna. “La vita nuova nasce da quest’unione
originale”, rilevano i presuli. Infine, i vescovi paraguayani dedicano ampio
spazio al Consiglio nazionale per la gioventù, proposto nel progetto di legge
governativo in discussione nel Parlamento. I presuli auspicano che l’organismo
possa essere “espressione della partecipazione democratica delle nuove generazioni”.
“Seguiremo con attenzione le delibere attorno alla legge – concludono i vescovi
– e continueremo ad offrire sempre le nostre riflessioni e i nostri suggerimenti.
Ai legislatori chiediamo di mettere al servizio dei nostri giovani il meglio
della loro formazione. A loro rivolgiamo un invito ad assumere posizioni chiare
e coraggiose in difesa dei valori fondamentali della dignità umana, soprattutto
dei giovani della nostra patria”. (A cura di Luis Badilla)
I vescovi spagnoli chiedono "rispetto per la
fede cattolica
e le sue immagini"
"Immagini
crude e deplorevoli bestemmie". È il commento dei vescovi spagnoli a
proposito della locandina di un nuovo film su Teresa di Gesù e del catalogo di
una mostra d’arte nella regione dell'Estremadura. In una nota pubblicata ieri e
riportata dall'Agenzia SIR, il Comitato esecutivo della Conferenza episcopale
spagnola ha fatto notare che "negli ultimi giorni si sono verificati
diversi fatti, perfino da parte di istituzioni pubbliche, che possono essere
giudicate offese obiettive ai cattolici, dato che denigrano le immagini più
rappresentative della fede della Chiesa, quali Gesù Cristo, la Vergine Maria ed
i Santi". Secondo i vescovi spagnoli le citate immagini "offendono
anche la sensibilità di qualunque persona di retta coscienza". Il
riferimento è alla "pubblicità televisiva del film intitolato Teresa” e il
caso “ancora più grave, dei cataloghi di un'esposizione fotografica pubblicati dal
Consiglio della cultura della Giunta dell'Estremadura". "Con fermezza
esigiamo il rispetto della fede cattolica, delle sue immagini e dei suoi
segni”, scrivono i presuli.
Sri Lanka:
la Chiesa riattiva il suo ruolo di mediazione
dopo l'escalation di violenza
Il
direttore di Caritas Sri Lanka padre Damian Fernando ha espresso all'Agenzia
Zenit il suo timore che l’attuale escalation di violenza che vive il Paese
possa sfociare in un aperto conflitto.
Nelle ultime settimane più di 200.000 persone si sono viste costrette ad
abbandonare le proprie case nel nord e nel nord-est dell’isola, il che fa
temere un’imminente crisi umanitaria. Solo nelle ultime due settimane, circa
50.000 sfollati sono giunti nella città di Batticaloa e altre 40.000 persone
sono entrate nelle zone sotto controllo governativo sfuggendo dai combattimenti.
La rete Caritas ha avviato un’operazione di aiuti umanitari per distribuire
alimenti, vestiario e prodotti di prima necessità agli sfollati nelle zone di
Batticaloa, Valuthayam-Mannar e nella penisola di Jaffna. Visto il
deterioramento della situazione, Caritas Internationalis ha lanciato da Roma
“un appello alle parti in conflitto perché ritornino al tavolo dei negoziati e
alla comunità internazionale perché si impegni di nuovo nella ricerca della pace
in Sri Lanka”. La Chiesa e la Caritas cingalesi hanno riattivato il ruolo di
intermediarie che svolgono da decenni tra le parti coinvolte in questo lungo
conflitto che negli ultimi 25 anni ha causato 70 mila morti per la maggior
parte civili. Come indica padre Fernando, “grazie al nostro noto atteggiamento
di neutralità e stiamo lavorando in modo discreto con tutti i contendenti, con
il Governo, con le LTTE (Tigri per la Liberazione della Patria Tamil) e con il
Fronte Buddista di Liberazione Popolare per rendere possibile una soluzione
pacifica”.
A Crotone, 3 mila persone
in piazza per dire "no"
al disegno di legge sui DICO
Oltre
3 mila persone sono scese in piazza, ieri sera, a Crotone, per dire ‘no ai DICO’ e ‘sì alla famiglia’: si è trattata
della prima manifestazione del genere in Italia, organizzata dall’Unione
giuristi cattolici della Calabria e dalla Consulta per l’apostolato dei laici
dell’arcidiocesi di Crotone-Santa Severina, per esprimere il proprio dissenso
contro il disegno di legge sui diritti dei conviventi. All’iniziativa ha
partecipato anche l’arcivescovo Domenico Graziani, che ha dichiarato di essere
molto soddisfatto per la riuscita della manifestazione. “La famiglia - ha detto
mons. Graziani - è un punto di partenza per compiere un progetto e certo non
vogliamo che ci sia un mutamento di ciò”. Il presidente dell’Unione giuristi
della Calabria, Giancarlo Cerrelli, ha affermato che nei DICO “c’è una
richiesta profondamente diversa, cioè quella di un primo riconoscimento legale
delle coppie omosessuali”. La Consulta per l’apostolato dei laici della diocesi
di Crotone-Santa Severina ha realizzato anche un manifesto che sarà inviato a
tutti i parlamentari. Nel documento si dice 'No ai DICO, sì alla famiglia e
alla vita'. (E.L.)
Confronto tra
ebrei e cristiani al centro di una giornata di studio promossa a Fiuggi dai
vescovi del Lazio e del Vicariato di Roma
Il
Novecento ha tentato di “negare l’ebraismo e seppellirlo in una tomba, per
cancellare una fede, una cultura, un popolo”. Così Andrea Riccardi, storico
delle religioni e tra i fondatori della comunità di S.Egidio, al convegno delle
diocesi laziali: “Ebraismo in Italia: identità, incontro, dialogo”, promosso
ieri a Fiuggi dall’Ufficio regionale per l’ecumenismo e il dialogo. “L’umanità
del Novecento ha affermato di non avere bisogno dell’ebraismo per costruire il
proprio futuro - ha affermato Riccardi. Eppure, l’ebreo è il compagno di
sempre”. Per Giorgio Israel, matematico ed esperto di storie dell’ebraismo, il
“problema centrale per l'ebreo italiano è il rapporto con il cristianesimo”,
perché l’Italia è un Paese cristiano-cattolico. E tra cristiani ed ebrei “non
c’è mai stata estraneità, ma sempre un’interazione profonda. Oggi – ha concluso
Israel - “il terreno sembra sgombro dalla pietre che hanno intralciato il
cammino del dialogo”, che è ormai “aperto, ma senza sincretismi” come ha
ribadito Benedetto XVI. Ebraismo e cristianesimo sono alleate nel proporre una
visione umanista. Infine il rettore dell'Urbaniana, monsignor Ambrogio Spreafico,
ha evidenziato i caratteri di una nuova riflessione teologica che, senza
rinunciare alle differenze, si ponga in ascolto dell'altro, portando avanti i
frutti del dialogo tra ebrei e cattolici della stagione post-conciliare.
Aperto l’8 marzo scorso
nella cattedrale di Osasco, presso la città
di San Paolo, il processo di beatificazione di
Ginetta Calliari,
tra i
pionieri del Movimento dei Focolari in Brasile
Aveva
condiviso con Chiara Lubich, fondatrice del Movimento dei Focolari, l’avventura
degli inizi del Movimento stesso a Trento, dove era nata nel 1918. Poi nel 1959
il trasferimento in Brasile, dove Ginetta Calliari ha speso oltre 40 anni di
vita, con l’unico obiettivo di far conoscere, a quanti più possibile, Colui che
le aveva cambiato la vita. “Mi ha colpito il suo rapporto con Gesù crocifisso e
abbandonato. Lei lo amava come lo Sposo della sua anima, era il centro della
sua vita”, ha dichiarato l’arcivescovo di Brasilia, mons. João Braz de Aviz, all’omelia in occasione dell’apertura del processo di
beatificazione che ha visto la presenza di oltre 2000 persone,
9 vescovi, personalità di varie Chiese, di movimenti ecclesiali e di altre
religioni. Il vescovo di Osasco, mons. Ercílio Turco ha aggiunto: “Ginetta
portava le persone non solo all’incontro con Gesù, ma anche all’impegno a
vivere la vocazione cristiana nella società, in una via di santità che
suscitava trasformazione”. Ginetta aveva scelto di amare
Gesù crocifisso nel fratello, nei suoi dolori, nelle sue piaghe, nella sua
sete, nella sua fame. Di fronte alle gravi disuguaglianze
presenti in Brasile, non era rimasta passiva, diceva:“Qualcosa
deve cambiare. Ci vogliono uomini nuovi per dare origine a strutture nuove,
a città nuove, a un popolo nuovo”.
Insieme ad altri membri del Movimento, Ginetta Calliari si fa promotrice di
molti progetti sociali puntando alla conversione a Dio del cuore degli uomini,
dei poveri e dei ricchi, convinta che “prendere dove c'è e mettere dove non c'è
solo Lui poteva farlo”. Inoltre si dedica allo sviluppo del Movimento politico
per l’unità, nato nell’ambito dei Focolari, per contribuire a rinnovare, con lo
spirito di fraternità e unità, il mondo politico brasiliano. A Ginetta Calliari
è stata intitolata, dopo la sua morte, l’8 marzo 2001, la cittadella dei
Focolari che sorge a San Paolo, da lei fortemente voluta, con case, scuole,
aziende, una cittadella animata dalla legge evangelica dell’amore scambievole
che fa dire a quanti la visitano: “Così dovrebbe essere il mondo”. (A cura
di Adriana Masotti)
RADIO
VATICANA
Radiogiornale
-
A cura di Amedeo Lomonaco -
- Un
portavoce talebano ha annunciato che è stato ucciso, con l'accusa di essere una
spia, l’autista del giornalista italiano del quotidiano "La
Repubblica", Daniele Mastrogiacomo, e la notizia è stata confermata dal
Ministero degli Esteri italiano. Cresce, dunque, l'angoscia per la sorte del
giornalista tenuto in ostaggio in Afghanistan. I talebani si sono detti inoltre
disponibili a prolungare l’ultimatum “per dare più tempo ai negoziati”. In
Italia, intanto, fonti della Farnesina sottolineano che “la situazione è molto
complessa ed è assolutamente necessario disporre di tempo adeguato per giungere
ad un’auspicabile soluzione”.
- Si
è conclusa fortunatamente con un lieto fine la vicenda di Francesco Arena e
Cosma Russo, i due tecnici italiani rapiti in Nigeria e rientrati nella notte
in Italia dopo 98 giorni di prigionia. Il sequestro dei due dipendenti
dell’AGIP era stato rivendicato dalla guerriglia del Movimento per la liberazione
del Delta del Niger (MEND), che accusa il governo nigeriano di non distribuire
equamente i proventi derivanti dal petrolio. La notte
scorsa è stato liberato anche un cittadino francese, Gerard Laporal, rapito nel
sud della Nigeria lo scorso 7 febbraio. L’uomo era l’ultimo straniero tenuto in
ostaggio dai ribelli nel Paese africano.
-
Nessuna novità, invece, per il giornalista britannico, Alan Johnston della BBC,
rapito alcuni giorni fa a Gaza da miliziani palestinesi. Sul versante politico,
sarà presentato domani al Parlamento il programma dell’esecutivo di unità
nazionale palestinese. In Israele, intanto, è stato presentato al vice primo
ministro, Shimon Peres, il piano denominato “La valle della pace”. Il progetto
prevede l’apertura di un canale di oltre 160 chilometri tra il Mar Rosso e il
Mar Morto, una linea ferroviaria che collegherà la città israeliana di Haifa
con quella giordana di Irbid e un parco commerciale nella Cisgiordania
settentrionale. L’obiettivo è di realizzare un corridoio economico tra Israele,
Giordania e Territori Palestinesi. Si prevedono investimenti per oltre dieci
miliardi di dollari.
- Il
presunto regista degli attentati dell’11 settembre 2001 e ideatore di 31 stragi,
Khalid Sheik Mohammed, ha confessato al tribunale militare di Guantanamo di
aver progettato piani per uccidere Giovanni Paolo II, il presidente americano George
W. Bush ed il capo di Stato pakistano, Pervez Musharraf. L’uomo ha anche
dichiarato di aver ucciso Daniel Pearl, il giornalista di ‘Wall Street Journal’,
assassinato in Pakistan nel 2002.
- In
Iraq, sono morti nelle ultime 24 ore altri due soldati americani. E' così
salito ad almeno 3.211, compresi sette dipendenti civili del Pentagono, il
numero complessivo delle vittime statunitensi nel Paese arabo dal marzo 2003,
quando ha avuto inizio l’intervento militare americano. Negli Stati Uniti,
intanto, il Senato ha bocciato ieri una mozione presentata dai Democratici per
cominciare a ritirare le truppe dall’Iraq entro 4 mesi e completare il
rimpatrio entro il 31 marzo del 2008. Ai Democratici, che hanno la maggioranza
di 51 voti contro i 49 dei repubblicani, è mancato il voto di un senatore
gravemente malato.
-
Continua il braccio di ferro tra Iran e comunità internazionale sul programma
nucleare della Repubblica islamica: il presidente Mahmoud Ahmadinejad ha ribadito,
infatti, che l’Iran non abbandonerà le proprie attività nucleari. La dichiarazione
del capo di Stato iraniano arriva dopo un importante accordo raggiunto ieri da Stati Uniti, Russia, Cina, Francia, Gran Bretagna e
Germania. L’intesa prevede nuove sanzioni contro la Repubblica islamica perchè
il governo di Teheran non ha sospeso, come richiesto dalla comunità
internazionale, le attività legate all’arricchimento dell’uranio. Le
delegazioni dei sei Stati hanno anche annunciato che una nuova risoluzione sarà
probabilmente adottata la prossima settimana.
-
Proseguono a Pechino i colloqui tra Unione Europea, Corea del Sud, Giappone e
il direttore dell’Agenzia internazionale per l’energia atomica (AIEA), Mohamed
el Baradei, sulle possibili soluzioni alla crisi nucleare nordcoreana. El
Baradei è di ritorno da Pyongyang dove si è recato per negoziare il rientro,
nel Paese asiatico, degli ispettori dell’AIEA, espulsi nel dicembre del 2002.
La Corea del Nord ha accettato di chiudere il reattore nucleare di Yongbyon in
cambio di aiuti finanziari e umanitari. L’accordo sul disarmo nucleare
nordcoreano è stato raggiunto lo scorso 13 febbraio a Pechino da due Coree,
Cina, Russia, Giappone e Stati Uniti.
- La
polizia pakistana ha sparato pallottole di gomma e lanciato lacrimogeni per
disperdere i dimostranti che oggi, per il secondo giorno consecutivo, sono
scesi in strada a Islamabad contro il licenziamento del procuratore capo,
Iftikhar Mohammad Chaudhry, deciso dal presidente Pervez Musharraf. Cortei di
protesta sono stati organizzati anche a Lahore. Gli incidenti sono divampati
nella capitale proprio mentre si teneva in un'aula della Corte suprema la prima
udienza nei confronti di Chaundhry, accusato da Musharraf di violazione dei
doveri d'ufficio.
-
Storica decisione in Cina, dove si è chiusa la X sessione dell'Assemblea nazionale
del popolo: il Parlamento ha approvato una legge che riconosce il diritto alla
proprietà privata. Resta invece esclusa quella della terra, confermata di
proprietà dello Stato. L’Assemblea ha anche votato e approvato la legge che
elimina vantaggi fiscali per gli investitori esteri.
La norma prevede, infatti, l’istituzione di un unico livello di imposte,
fissato al 25 per cento, per le aziende cinesi e straniere. Su queste novità
legislative in Cina, Stefano Leszcynski ha intervistato il direttore dell’agenzia del PIME
‘AsiaNews’, padre Bernardo Cervellera:
**********
R. – La cosa più importante è questa
votazione a larghissima maggioranza della legge sulla proprietà privata. Era un
po’ scontato, perché da tredici anni si prepara questa legge, che ha subito
tantissimi cambiamenti. Il fatto, però, che sia stata votata e che d’ora in poi
la legge difenderà allo stesso modo la proprietà pubblica e la proprietà
privata, dice che la Cina rispetta un po’ di più i diritti dell’uomo, essendo
il diritto alla proprietà un diritto dell’uomo. Certo, c’è ancora enfasi sulla
proprietà pubblica e sul senso del socialismo e così via. Un’altra cosa molto
importante credo sia la legge su un’unica tassa per le compagnie straniere e le
compagnie locali.
D. – Tuttavia, per quanto riguarda la
proprietà privata, resta esclusa la terra agricola. Quindi, i contadini non
possono accedere alla proprietà privata ancora…
R. – Tutta la terra appartiene allo Stato
in Cina. Questa legge, però, garantisce gli affitti delle terre che i contadini
hanno preso e questi affitti possono essere contratti anche dai loro figli.
Quindi, in qualche modo, non c’è la difesa della proprietà della terra, ma c’è
la difesa dell’affitto della terra per i contadini.
D. - Ci sono stati dei segnali di
apertura anche nei confronti del Dalai Lama sulla questione del Tibet. Sono
attendibili?
R. – Non trovo che ci siano delle novità.
La Cina in generale ha sempre detto: “Noi parleremo con il Dalai Lama se il
Dalai Lama cesserà di fomentare, di volere un Tibet indipendente”. Il problema
è che il Dalai Lama, già da anni, ha detto che non vuole l’indipendenza del
Tibet, ma almeno un’autonomia culturale del Tibet, e i cinesi hanno fatto
orecchie da mercante.
**********
- E in Polonia ha suscitato
forti polemiche la legge, entrata in vigore ieri, che obbliga i cittadini a
dichiarare una eventuale collaborazione con i servizi segreti all’epoca del
comunismo. Secondo diversi docenti universitari, la nuova norma sarà annullata
dalla Corte Costituzionale perché contraria alla legge. Contro l’obbligo di
autodenunciare eventuali legami con i servizi segreti comunisti si sono levate
molte voci anche perché spesso collaborare con il regime comunista non era una
scelta. In base alla nuova legislazione, coloro che forniranno informazioni
false potranno anche perdere il posto di lavoro.
- Aperta questa mattina a Postdam, in Germania, la riunione fra i
ministri dell’Ambiente del G8 incentrata sulle strategie per contrastare
l’estinzione di specie animali e vegetali. Per la prima volta partecipano
all'incontro delegazioni dei cinque più importanti Paesi emergenti: Cina,
India, Brasile, Messico e Sudafrica. Nella giornata di domani si parlerà anche
di effetti legati al surriscaldamento del pianeta e ai cambiamenti climatici.
- In
Francia, la Corte d’Assise della Dordogna ha condannato, ieri, un medico ad un
anno di reclusione per aver prescritto nel 2003 una iniezione letale ad una paziente
di 65 anni, malata di tumore in fase terminale. E’ stata assolta invece
l’infermiera che ha somministrato l’iniezione. Dopo la sentenza, il medico ha dichiarato
che “il verdetto è giusto”.
-
Ancora violenze in Somalia: almeno sei persone sono morte per l’esplosione di
una mina ad Afgoye, non lontano da Mogadiscio. Secondo le ultime stime fornite
dall’ONU, i morti in Somalia, a partire da febbraio, sono almeno 150, i feriti
oltre 200 e i profughi più di 40 mila.
- Nuovi spiragli di pace in Uganda: saranno, infatti, ripresi i
colloqui tra il governo e il sedicente "Esercito di resistenza del
signore" (LRA). L’esecutivo ugandese ha accettato la richiesta dei ribelli
di inserire nelle trattative nuovi mediatori di diversi Paesi africani. Anche
i leader religiosi del nord Uganda si sono impegnati per convincere i
guerriglieri a riprendere i colloqui. Il conflitto, che da una ventina d’anni
colpisce il nord dell'Uganda e la parte meridionale del Sudan, ha provocato
oltre un milione e mezzo di sfollati e decine di migliaia di vittime fra la popolazione
civile.
- In
Zimbabwe è stato dimesso dall’ospedale il leader dell’opposizione, Morgan
Tsvangirai, ricoverato per una sospetta frattura cranica in seguito a un
pestaggio da parte di agenti durante tumulti avvenuti domenica scorsa. Gli
esami medici hanno mostrato che Tsvangirai, presidente del Movimento per il
Cambiamento Democratico (MDC), è “fuori pericolo” e che il cervello non ha
subito lesioni per le percosse seguite all’arresto durante una manifestazione
politica.