RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno LI n. 123
- Testo della trasmissione di giovedì
3 maggio 2007
IL
PAPA E LA SANTA SEDE:
Oggi su "L'Osservatore Romano"
OGGI IN PRIMO PIANO:
CHIESA E SOCIETA’:
Il
portale web dell'Unione cattolica stampa italiana è on line da ieri
In Francia dopo il confronto
televisivo di ieri tra Sarkozy e Royal il Paese si prepara al ballottaggio
presidenziale di domenica
3 maggio 2007
La Chiesa ricorda i Santi Filippo e Giacomo “il
minore”, Apostoli. Il Papa:
ci
insegnano che l'intima amicizia con Gesù
diventa
amore concreto per
gli altri
Amici e compagni della
predicazione terrena di Gesù, poi annunciatori del Vangelo e martiri, e ancora
uniti dal ricordo comune della Chiesa. Sono i Santi Apostoli, Filippo e Giacomo
“il minore”, tradizionalmente festeggiati nella liturgia del 3 maggio di ogni
anno. Durante il ciclo di catechesi dello scorso anno, dedicate alla figura
degli Apostoli, Benedetto XVI definì la vita di Filippo come un segno concreto
della “Rivelazione” portata da Gesù e la persona di Giacomo “come un maestro di
vita” anche per i cristiani di oggi. Alessandro De Carolis ha tracciato
un profilo di queste due figure:
**********
(musica)
La
loro importanza è giunta fino a noi, racchiusa nei pochi “fotogrammi” dei Vangeli
che li riguardano. Filippo e Giacomo cosiddetto “il minore” sono due degli
Apostoli di Gesù, che la Chiesa ha unito in un’unica memoria liturgica. Oltre
al nome, gli evangelisti Matteo, Marco e Luca danno di Filippo solo il luogo di
nascita: Betsaida. E’ Giovanni a fornire particolari che ne fanno emergere
tratti della personalità. Filippo è amico dell’apostolo Natanaele-Bartolomeo,
un amico che accoglie con un certo scetticismo la notizia che Filippo gli
porta, dopo aver conosciuto Gesù: “Abbiamo trovato colui del quale hanno
scritto Mosè, nella Legge e i Profeti”. “Da Nazareth può forse venire qualcosa
di buono?” è la replica piuttosto sarcastica di Natanaele. E Filippo, senza
giri di parole: “Vieni e vedi”. Ma Filippo è anche l’Apostolo che a Gesù che
gli chiedeva dove fosse possibile comprare il necessario per sfamare la folla
che lo seguiva risponde: “Duecento denari di pane non sono sufficienti neppure
perché ognuno di loro possa riceverne un pezzo”. Poco dopo, Gesù compirà il
miracolo della moltiplicazione. Un uomo concreto e diretto, dunque, e stimato
tra i suoi compagni: questo è il Filippo disegnato dai Vangeli. Riflettendo sul
suo “vieni e vedi” rivolto duemila anni fa a Natanaele, Benedetto XVI affermò
nell’udienza generale del 6 settembre 2006, dedicata all’apostolo:
“Possiamo pensare che
Filippo si rivolga pure a noi con quei due verbi che suppongono un personale
coinvolgimento. L’Apostolo ci impegna a conoscere Gesù da vicino (…) Egli
infatti non è solo un Maestro, ma un Amico, anzi un Fratello. Come potremmo
conoscerlo a fondo restando lontani? L’intimità, la familiarità, la
consuetudine ci fanno scoprire la vera identità di Gesù Cristo”.
Una
tradizione concorde vuole Filippo evangelizzatore della Scizia e della Frigia.
E lo vuole martire in una delle città frigie dell’Asia Minore, Gerapoli, forse
crocifisso a testa in giù.
(musica)
E’ dal 1959 che la liturgia latina celebra insieme, il 3 maggio, la festa
di San Filippo e quella di San Giacomo “il minore”. Le ossa dei due Santi
furono trasferite a Roma nel sesto secolo, ai tempi dei Papi Pelagio e Giovanni
III e composte nella Basilica paleocristiana fatta appositamente costruire nei
pressi del Foro Traiano e dedicata ai due Apostoli come tempio votivo per la
liberazione di Roma dai Goti. Col tempo, oltre alla sua architettura -
l’attuale stile barocco risale al 1700 - anche la denominazione della Basilica
cambiò in quella dei “XII Apostoli”, pur essendo stata intitolata inizialmente
solo a Filippo e Giacomo. Di quest’ultimo, la “biografia” evangelica è più
corposa. Era un nazareno come Gesù - e si dice a lui anche molto somigliante -
ma figlio di Alfeo e non di Zebedeo, come invece l’altro Apostolo Giacomo,
fratello di Giovanni. Anche per Giacomo “il minore” l’epilogo della vita fu il
martirio, a Gerusalemme - ne era diventato il primo vescovo - precipitato dalle
mura del tempio ad opera dei Giudei, sembra su istigazione del sommo sacerdote
Anna II. Sono trascorsi 30 anni dalla morte di Gesù e se il suo messaggio è in
piena espansione è anche grazie al ruolo di primo piano giocato da Giacomo:
ruolo che spicca nel racconto degli Atti degli Apostoli. Nel primo, celebre
Concilio dell’anno 49, Giacomo sostenne la libertà dei non ebrei di essere
accolti nella comunità cristiana senza sottoporsi alla circoncisione. E’ il
primo segno della cattolicità della Chiesa nascente ed è un segno peculiare
dell’animo di Giacomo che, a differenza di Paolo che si rivolgeva a comunità
specifiche, scriverà una importante lettera a tutti i cristiani dell’epoca,
indistintamente. Così Benedetto XVI ne sottolineò la rilevanza durante
l’udienza generale del 28 giugno 2006:
“Si tratta di uno
scritto assai importante, che insiste molto sulle necessità di non ridurre la
propria fede ad una pura dichiarazione verbale o astratta, ma di esprimerla
concretamente in opere di bene (…) San Giacomo in questa lettera ci invita alla
costanza nelle prove gelosamente accettate e alla preghiera fiduciosa per
ottenere da Dio il dono della sapienza, grazie alla quale giungiamo a
comprendere che i veri valori della vita non stanno nelle ricchezze
transitorie, ma nel saper condividere le proprie sostanze con i poveri e i
bisognosi”.
(musica)
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Nomine
Benedetto XVI ha
accettato la rinuncia al governo pastorale della diocesi di Middlesbrough, nel
Regno Unito, presentata da mons. John Crowley, in conformità al can. 401 § 2
del Codice di Diritto Canonico.
In Messico, il Papa ha
nominato vescovo di Zamora mons. Javier
Navarro Rodríguez, finora vescovo di San Juan de los Lagos. Mons. Javier Navarro
Rodríguez è nato a Tala il 27 ottobre 1949. Ha compiuto gli studi ecclesiastici
nel Seminario arcidiocesano di Guadalajara. È stato ordinato sacerdote il 23
dicembre 1978 incardinandosi nella stessa arcidiocesi. Ha conseguito la licenza
in Teologia presso la Pontificia Università di Messico. Come sacerdote ha
ricoperto i seguenti incarichi: vice-parroco, formatore del Seminario di
Guadalajara e segretario aggiunto della Conferenza episcopale del Messico.
Nominato vescovo ausiliare di Guadalajara il 15 aprile 1992, ha ricevuto la
consacrazione episcopale il 5 giugno successivo. Il 20 gennaio 1999 è stato
trasferito alla diocesi di San Juan de Los Lagos. Attualmente è membro del
Consiglio di presidenza della Conferenza episcopale messicana e membro della
Commissione episcopale per la solidarietà intraecclesiale, nella sezione
riguardante la creazione di diocesi e province ecclesiastiche.
Intervista con la prof. Mary Ann Glendon sulle
conclusioni
della plenaria della Pontificia Accademia delle
Scienze Sociali
Sono state presentate
ieri, nella Sala Stampa della Santa Sede, le conclusioni della XIII Sessione
Plenaria della Pontificia Accademia delle Scienze Sociali, sul tema: “Carità e
Giustizia nelle relazioni tra popoli e nazioni”. Charles Collins ha
chiesto alla presidente dell'Accademia, la professoressa Mary Ann Glendon,
un bilancio dei lavori:
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R.
- WE JUST CONCLUDED WHAT I THINK…
Abbiamo concluso
quella che pensiamo sia probabilmente la più importante sessione che abbiamo
mai avuto, avendo affrontato argomenti che riguardano la vita di milioni di
persone. Abbiamo imparato molto a riguardo, soprattutto con riferimento alla
globalizzazione. Abbiamo gettato uno sguardo sulla questione questa volta
attraverso le lenti fornite dalla Deus caritas est.
D. – Fra gli
interventi di questa XIII Sessione Plenaria, quale sottolineare in particolare?
R.
– IT IS HARD TO SINGLE OUT…
E’ difficile sceglierne
uno, perché ce ne sono stati così tanti. Siamo stati comunque onorati da un
intervento molto pensato del cardinale Tarcisio Bertone, che ha parlato delle
difficoltà della Santa Sede in questo suo ruolo di testimone morale, che
supporta il suo essere istituzione internazionale. Il porporato ha riconosciuto
inoltre i difetti oggi di molte istituzioni che tante volte promuovono ideologie
contrarie alle posizioni cattoliche. L’intervento del cardinale Bertone è stato
un grande momento. Ed è stato un regalo la presentazione dell’osservatore permanente
della Santa Sede presso le Nazioni Unite, l’arcivescovo Celestino Migliore. In
pratica abbiamo avuto la possibilità di interagire con due dei più importanti
fruitori del lavoro che svolge l’Accademia, che cerca di fornire alla Chiesa elementi
che possano essere utili allo sviluppo del suo pensiero sociale.
D. – Di che cosa si
sta occupando in questo momento la Pontificia Accademia delle Scienze Sociali?
R.
– BESIDES THESE TWO VISITORS …
Oltre a questi due
visitatori, stiamo consultando anche molti esperti esterni, per esempio il
direttore generale della FAO, il segretario generale dell’Organizzazione degli
Stati Americani, l’ex ministro degli Esteri del Messico e l’ex segretario di
Stato americano e vincitore del Premio Nobel per la pace del 1973, Henry Kissinger.
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Da oggi a Sacrofano l'Assemblea generale
delle
Pontificie Opere Missionarie
Quest’anno si celebra
il 50.mo anniversario dell’Enciclica di Pio XII Fidei Donum che ha
rappresentato uno slancio per sacerdoti, religiosi e laici verso missioni in
tutte le Chiese del mondo. In quest'ambito si colloca l’Assemblea generale del
Consiglio Superiore delle Pontificie Opere Missionarie che si svolge da oggi
all'8 maggio a Sacrofano, nei pressi di Roma. Ma quali esperienze particolari
emergono da queste missioni? Giovanni Peduto lo ha chiesto al segretario
aggiunto della Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli, l’arcivescovo
Henryk Hoser, presidente delle Pontificie Opere Missionarie:
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R. - La nuova esperienza viene dalla mobilitazione delle giovani Chiese.
E’ sempre crescente il numero dei missionari che provengono dai Paesi del Sud
del Mondo e che servono le altre Chiese. Abbiamo, tra l’altro, lo straordinario
scambio dei doni personali di questi giovani. Vogliamo assistere, sostenere ed
appoggiare questo movimento e quindi, durante i lavori della nostra Assemblea,
capire anche come farlo.
D. - Cosa vuol dire essere missionari oggi?
R. – Essere missionari oggi è anzitutto una risposta alle sfide che
caratterizzano il mondo di oggi: l’allontanamento dalla fede e l’aumento di un
nuovo paganesimo radicalmente soggettivo ed antropocentrico. Vogliamo cercare
di dare al mondo il messaggio del Signore, un messaggio universale, indirizzato
a tutti gli uomini.
D. - Come coinvolgere i fedeli nella missione?
R. – Soprattutto riguardo alla loro testimonianza di fede attiva come
battezzati e alla loro testimonianza di santità di vita. Queste, ritengo siano
le vie privilegiate per testimoniare oggi la fede e per cercare di coinvolgere
tutti i fedeli nella missione.
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Oggi su
"L'Osservatore Romano"
Servizio vaticano - Quattro pagine dedicate al
prossimo viaggio apostolico di Benedetto XVI in Brasile.
Servizio estero - In evidenza l'Iraq: dalla
Conferenza internazionale in svolgimento in Egitto il richiamo ad un impegno
che superi le divisioni, così da favorire il processo di riconciliazione.
Due interventi della Santa Sede rispettivamente sui
temi "Il dialogo interculturale e interreligioso è una necessità
vitale"; "Rispondere alle necessità immediate degli sfollati e
ricostruire l'Iraq sulla base della riconciliazione".
Servizio culturale - Un articolo di Franco
Pelliccioni dal titolo "Il tesoro custodito nel Trinity College": a
Dublino, per ammirare il "libro di Kells", monumento dell'antica civiltà
irlandese.
Una monografica dedicata alla Fiera internazionale
del Libro per ragazzi a Bologna
Servizio italiano - In rilievo il tema della
sanità.
3 maggio 2007
Giornata mondiale per la libertà di stampa:
crescono gli attacchi agli operatori dei media
Centinaia ogni anno
gli operatori dei media uccisi in gran parte sui fronti di guerra, 150 solo lo
scorso anno, altre centinaia quelli arrestati svolgendo il proprio lavoro,
migliaia le intimidazioni ai giornalisti in una quarantina di Paesi. Tante le
denunce e gli appelli nell’odierna 17ma Giornata mondiale per la libertà di stampa,
indetta dalle Nazioni Unite. “Gli attacchi contro la libertà di stampa – sottolinea
il segretario generale Ban Ki-moon – sono attacchi contro il diritto internazionale,
contro l’umanità, contro la libertà in generale. Una stampa libera, indipendente
e al riparo da ogni pericolo è uno dei fondamenti propri alla democrazia e alla
pace. I governi, le organizzazioni internazionali, i media e la società civile
- sollecita Ban Ki-moon - hanno ciascuno il proprio ruolo da giocare nella
difesa di questi diritti”. Servizio di Roberta Gisotti:
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Diversi gruppi armati
sovversivi e numerose autorità governative, anche in regimi formalmente
democratici, come il presidente russo Putin e personalità religiose, come
l’iraniano Khamenei, nella lista nera dei ‘predatori della libertà di stampa”,
stilata da “Reporter senza frontiere”. In tempi di globalizzazione
dell’informazione sembra restringersi lo spazio d’azione della libera stampa, attaccata
da ogni parte. Un processo involutivo forse sottovalutato. Oltre alla denuncia
cosa chiedere allora all’opinione pubblica in questa Giornata. Stefano
Marcelli, presidente di “Information, Safety and Fredoom”, Associazione per
la libertà d’informazione nel mondo:
R. – Intanto di
rendersi conto di quanto sta accadendo: i danneggiati, certo, in primo luogo
sono i giornalisti, ma poi lo saranno anche coloro che comprano il giornale,
ascoltano la radio o guardano la TV perché avranno un prodotto contaminato
dalla paura, dalla corruzione e dai controlli. Noi chiediamo all’ONU,
all’Unione Europea ed anche al Governo italiano di farsi carico del problema
che non c’è democrazia senza libertà di stampa. Se i cittadini non conoscono
non sono neanche in grado di esercitare il proprio diritto democratico e se i
cittadini non imparano a leggere tra le righe e a difendere la libertà dei
mezzi di informazione rischiano sulla propria libertà.
D. - Tra i Paesi alla
ribalta delle cronache internazionali per le guerre che coinvolgono eserciti
occidentali sono l’Iraq e l’Afghanistan: qui fare il giornalista è costato e
continua a costare la vita a decine di colleghi e forse si parla poco del tributo
altissimo pagato dalla stampa locale…
R. – Questo è vero. In
Iraq, ormai da due anni, praticamente gli inviati occidentali non ci sono più e
quello che noi riusciamo a sapere lo sappiamo per il lavoro 'oscuro' e
rischiosissimo dei colleghi iracheni. Sono morti più di 200 giornalisti nel
corso della guerra in Iraq: due terzi sono proprio colleghi iracheni che
lavoravano per testate internazionali oppure per le nuove testate irachene che
hanno cominciato a moltiplicarsi dopo la caduta del regime. C’è chi si chiede,
dopo la vicenda irachena, se è ancora possibile fare il giornalista. La
questione si è ora spostata in Afghanistan dove, proprio dopo la vicenda del
sequestro del nostro collega Daniele Mastrogiacomo, ci si chiede e non solo per
i giornalisti occidentali ma anche per quelli afghani, se potranno fare il loro
lavoro. Questo evidentemente riguarda molto da vicino quell’obiettivo della
democrazia che ha portato i militari americani e della Forza NATO, prima in
Afghanistan e poi in Iraq.
D. - Libertà di stampa
a rischio anche in Occidente: l’OSCE, l'Organizzazione per la Sicurezza e la
Cooperazione in Europa, ha denunciato che molti Paesi abusano del segreto di
Stato per nascondere informazioni non collegate alla sicurezza nazionale…
R. – C’è una vicenda
che riguarda due colleghi svizzeri, che sono sotto processo per essersi
occupati dei famosi voli della CIA. Lo Stato svizzero li ha incriminati proprio
per violazione del segreto di Stato. Ma ci sono vicende che hanno riguardato –
diciamo dopo l’11 settembre, in particolare – quasi tutti i Paesi occidentali.
Vorrei ricordare che se però negli altri Paesi si utilizza il segreto di Stato
per coprire certe attività, magari poco trasparenti del Governo in campo
militare o dell’Intelligence, in Italia l’Autorità garante della privacy ha
varato delle norme censorie per coprire le attività di nostri politici e
personaggi famosi. Quindi il potere sembra voler - dovunque e comunque -
tappare la bocca ai giornalisti dagli affari di Stato fino agli affari privati:
non è un buon periodo per la libertà di stampa.
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La Conferenza di Aparecida ma anche le sfide
dell'evangelizzazione
e della povertà al centro della plenaria dei
vescovi brasiliani
Terza giornata oggi
della 45ma Assemblea generale della Conferenza episcopale del Brasile (CNBB) in
corso ad Itaici dal 1° maggio. I lavori sono dedicati in gran parte alla V
Conferenza generale dell’Episcopato Latinoamericano e Caraibico che sarà
inaugurata dal Papa il 13 maggio ad Aparecida, in Brasile. Ma al centro della
plenaria figurano anche le sfide dell’evangelizzazione e della povertà nel
grande Paese sudamericano. Il servizio di Luis Badilla.
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In queste prime giornate della plenaria i presuli hanno sottolineato
che la visita del Papa, è “di straordinaria rilevanza per il popolo
brasiliano”, ma ancora più importante è la Conferenza di Aparecida, considerata
un "evento storico che riunisce i rappresentanti del Popolo di Dio
presenti in America Latina per aggiornare le risposte della Chiesa in un
continente segnato da questioni specifiche" come le sfide della cultura
indigena, degli afrobrasiliani poveri, degli impoveriti, delle donne e dei
giovani. Di grande rilevanza l'incontro del Santo Padre con i giovani, forza
principale della Chiesa pellegrina nel subcontinente. I presuli ricordano che
il 25% circa dei latinoamericani ha tra i 15 e i 29 anni e sottolineano la
grande importanza che in quest'Assemblea sarà data all'evangelizzazione della
gioventù. Anche il mondo del lavoro avrà un'importanza centrale nella
riflessione dei vescovi che analizzeranno l'odierna situazione socio-economica
e culturale del Brasile. Poco prima dell’inizio della plenaria, i vescovi
brasiliani avevano pubblicato un Messaggio in occasione del 1° maggio definendo
la disoccupazione una ferita nel seno della società e chiedendo che il peso del
debito non sia scaricato sui lavoratori. Durante la plenaria saranno rinnovate
le cariche elettive della Conferenza episcopale.
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Israele: vacilla il governo Olmert per il rapporto sulla guerra in
Libano
Sempre più difficile
il futuro politico del premier Ehud Olmert. Dopo le accuse di cattiva gestione
della guerra in Libano, nel luglio dello scorso anno, evidenziate dal rapporto
parlamentare sulla conduzione del conflitto, aumentano le richieste di
dimissioni, numerose anche dallo stesso Kadima, il partito del capo del governo.
Ma che cosa potrebbe cambiare in Israele con le dimissioni di Olmert? Giancarlo
La Vella lo ha chiesto a Marcella Emiliani, docente di Sviluppo
Politico del Medio Oriente all’Università di Bologna:
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R. – Le eventuali
dimissioni di Olmert non cambierebbero di molto il quadro politico in Israele.
Cioè, in questo momento, ad essere molto, molto debole è il partito al governo,
Kadima. L’attuale ministro egli esteri, signora Livni, non potrebbe che
ristringere le stesse alleanze che ha stretto Olmert. Ci troviamo, quindi, ad
una gravissima crisi di leadership in Israele. Evidentemente la guerra in
Libano non era neanche pienamente sentita dalla popolazione. Israele, in fin
dei conti, la guerra non la ha tecnicamente persa, è stata fatta male. La cosa
grave è che l’ha persa dal punto di vista morale, l’ha persa dal punto di vista
della popolarità. E’ una guerra che ha rilanciato alla grande gli hezbollah ed
è una guerra che ha minacciato da vicino Israele: i missili sono piovuti su
Haifa, su Tel Aviv. La sicurezza, che è il primo comandamento di Israele, è
stata violata nella maniera più assoluta. E’ quindi lo scacco politico grave:
Israele che aveva fama di essere il Paese con il miglior esercito del Medio
Oriente, in occasione della guerra in Libano ha dimostrato che questo esercito
non è più all’altezza della sua fama.
D. – Questo potrebbe
voler dire che in tempi brevi potremmo aspettarci un nuovo intervento militare
israeliano nel sud del Libano proprio per mettere a posto le cose che sono
state lasciate in sospeso?
R. – Dubito fortemente
che con l’aria che tira in questo momento in Medio Oriente, Israele abbia
bisogno di ricorrere ad una prova di forza come questa che, tra l’altro, non
potrebbe essere fatta senza l’esplicito consenso degli Stati Uniti. Un’azione
di nuovo di Israele nei confronti del Libano manderebbe all’aria un sacco di
tavoli su cui, invece, le diplomazie internazionali stanno lavorando.
D. – Gli effetti sulla
situazione israelo-palestinese?
R. – Il punto è
proprio questo: per quanto debolissimo questo governo, anche se riluttante, è
quello su cui si pensa sia più facile il dialogo con i palestinesi. Se questo
governo dovesse crollare, se non riuscisse alla Livni di tenere in piedi il
governo di Kadima, ci troveremmo al governo il Likud, Benjamin Netanyahu, che
con i palestinesi ha certamente un approccio molto molto più difficile. Quindi
Kadima è debole, ma rappresenta una delle poche speranze di dialogo con i
palestinesi. Se torna Netanyahu ci ritroviamo in una situazione grave come
quella che portò poi al fallimento degli accordi di Oslo.
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La vicenda di Vanessa. Mons. Domenico Sigalini: necessaria la giustizia,
ma il cristiano deve saper dire la parola
"perdono"
La morte di Vanessa Russo, la giovane rimasta
vittima, una settimana fa, di un’aggressione da parte di due rumene, nella
stazione Termini della metropolitana di Roma, ha scosso le coscienze di molti.
L’episodio ha sollevato anche interrogativi sui problemi legati
all’integrazione degli immigrati in Italia e sulla sicurezza. Rosario
Tronnolone ne ha parlato con mons. Domenico Sigalini, vescovo di
Palestrina e segretario della Commissione per le Migrazioni della Conferenza
episcopale italiana:
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R. – Questi fatti delittuosi ci addolorano e soprattutto chiamano in
causa un sentimento di vigilanza e di attenzione ai diritti di tutti e quindi
l’applicazione della giustizia. Questo, però, non significa che dobbiamo
iniziare battaglie pro o contro a partire da queste situazioni, tanto più che
come cristiani abbiamo il dovere di intervenire con un massimo di comprensione
e di accoglienza, pur nel rispetto dei diritti di tutti.
D. – Secondo lei è possibile prevenire episodi di questo genere?
R. – La prevenzione funziona soprattutto se riusciamo ad assicurare dei
diritti per le persone che entrano come ospiti nella nostra comunità. Teniamo
conto che tante volte le persone che compiono questi gesti sono dentro
illegalità assolute - e nelle quali vivono anche tanti dei nostri connazionali
- perché non è mai rispettato il diritto di tutti. Sappiamo degli affitti che
vengono praticati a persone di questo genere, del lavoro in nero che esiste,
sappiamo anche della tratta delle persone, che vengono avviate alla
prostituzione. Insomma, c’è tutto un insieme di elementi sui quali dobbiamo
porre attenzione, che non giustificano assolutamente nessun gesto, neanche
lontanamente vicino a quello cui stiamo pensando in questi giorni, ma che però
richiamano tutti noi ad un’accoglienza seria. Dobbiamo avere il coraggio di
chiedere il rispetto dei diritti, ma dobbiamo, però, anche noi rispettare i
diritti di tutti.
D. – Lei ha parlato di accoglienza seria, in questo, dal punto di vista
delle istituzioni, è forse necessaria anche una maggiore chiarezza nelle
regole, una maggiore chiarezza nell’ordine…
R. - La chiarezza nelle regole è fatta anche però di uno stile di vita e
lo stile di vita non è improvvisabile soltanto con delle leggi che dicono
questo o quest’altro. Nessuno è autorizzato a compiere dei delitti, questo lo
sappiamo tutti. Perché avvengono allora? Perché c’è un clima nel quale non
riusciamo a rimettere al centro le questioni fondamentali e quindi il rispetto
della vita di tutti. Siccome è venuto meno il rispetto della vita di tutti, si
giunge a questi estremi. Io, però, vorrei anche dire che come cristiani abbiamo
un obbligo in più oltre che all’accoglienza, alla comprensione e al senso della
giustizia. La parola “perdono” il cristiano deve dirla altissima. Se c’è uno
che ha continuato a parlare di perdono è proprio Gesù, che è morto per la
giustizia. Non possiamo tacciarlo di connivenza, di aver chiuso un occhio, di
insabbiamento. Non è questo il perdono. Il perdono è imitare Dio, fare come fa
Lui per noi. E invece Dio, purtroppo, ci trova sempre più inadempienti, ma
nonostante questo Lui ci ama ancora di più.
D. – Quando parliamo di accoglienza, quando parliamo di rapporti tra le
persone, cosa deve esserci da parte dei singoli?
R. – Da parte dei singoli deve esserci la consapevolezza che l’incontro
con l’altro è sempre un dono. Siamo tutti dentro questo rischioso mestiere di
vivere. L’ascoltare, l’accogliere l’altro è sempre la ricerca di un dono che ci
è dato da Dio, nelle vite delle persone che ci circondano.
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Prima assoluta il 5 maggio a San Giovanni Rotondo
del musical “Actor Dei” sulla vita di San Pio da
Pietrelcina
Raccontare attraverso
musica e immagini la storia e il messaggio di un uomo straordinario, grande
mistico e santo ma vicino alla gente, capace di trasmettere un messaggio
attuale, ricco di forza e speranza. Padre Pio è il protagonista di Actor
Dei, il musical che debutta il 5 maggio a San Giovanni Rotondo in prima mondiale:
“attore di Dio”, ha spiegato mons. Domenico D’Ambrosio, delegato pontificio
dell’Opera San Pio, “perché ha saputo interpretare alla perfezione la parte che
Dio, il grande regista, gli ha assegnato. Una parte difficile, tragica, quel
dover essere crocifisso con Cristo e dover allo stesso tempo tentare di
rimanere un povero semplice frate che prega”. Gli utili dello spettacolo
saranno destinati a dotare di nuove e moderne strumentazioni scientifiche
l’Ospedale “Casa Sollievo della Sofferenza”. Il musical ha il sostegno dei Beni
Culturali: il ministro Rutelli ha sottolineato il suo sostegno a questo genere
di spettacolo che unisce teatro, vita dell’uomo e spiritualità. Actor Dei,
per la regia di Giulio Costa, è suddiviso in tre grandi momenti: la giovinezza,
la maturazione spirituale di Padre Pio e la costruzione dell’ospedale Casa
Sollievo delle Sofferenza, e si avvale della supervisione storico critica dei
Frati Cappuccini Massimo Montagano e Luciano Lotti. Ma quali ricerche ci sono dietro
questo Musical su Padre Pio? A.V. lo ha chiesto ad uno degli
autori, il compositore Attilio Fontana:
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(musica)
R. – Sono andato un
po’ a documentarmi: conoscevo Padre Pio tramite mia madre marginalmente. Ho
iniziato un po’ ad affrontarla come una grande sfida, con il desiderio di
raccontare un grande uomo, quindi l’idea di renderlo più umano piuttosto che
evidenziare la parte miracolistica e sensazionalistica del Santo.
D. – E a questo
concorrono tutte le componenti artistiche dell’opera: la musica, in primo
luogo. Musiche popolari, musiche tradizionali, così come il messaggio di Padre
Pio si rivolgeva al popolo. Però, anche il canto gregoriano ...
D. – Bè, sì, lui era
il frate, il Santo – se vuoi – del popolo, delle persone semplici che noi
abbiamo chiamato in una canzone “le anime dei deboli”. In realtà, sì, ci
piaceva l’idea, essendo lui nato in campagna e vissuto e poi morto in Puglia,
di cercare di tirare fuori anche le radici di quest’uomo del Sud, in qualche
modo, e raccontarlo attraverso un popolo del Sud che potesse tramandare dei
sapori che appartengono anche alla nostra cultura: è background culturale,
senza dovere andare sempre a cercare in America o da altre parti ... Quindi,
cercare di fare un’opera musical mediterranea ...
(musica)
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3 maggio 2007
La sollecitudine della Chiesa nelle Filippine
perché le prossime elezioni
si svolgano in un clima di “onestà e pace”. Forze
dell’ordine
mobilitate in tutto il Paese
per fronteggiare le diffuse violenze pre-elettorali
Esercito
e Polizia mobilitati nelle Filippine in vista delle elezioni del 14 maggio
prossimo, quando 45 milioni di votanti saranno chiamati ad eleggere la Camera
dei rappresentanti (230 membri), il Senato (12 membri) e numerose Amministrazioni
locali. La mobilitazione generale è stata voluta dalla presidente, Gloria
Arroyo, per fronteggiare la violenza pre-elettorale che ha già causato 30 vittime dal febbraio scorso. Il capo di
Stato filippino ha chiesto inoltre alla magistratura di compiere indagini
accurate sui casi di violenza verificatisi, che possono aver intimidito forze
politiche e candidati. Anche la Chiesa - come riporta l’agenzia Fides - è
intervenuta in questo delicato passaggio della vita nazionale, auspicando in
una Lettera pastorale che le elezioni si svolgano in un clima di “onestà e
pace”. I vescovi invitano i fedeli a pregare intensamente in una novena dal 5
al 14 maggio per “ascoltare la guida di Dio e fare in modo che le elezioni
siano pulite, pacifiche e soprattutto rappresentative della vera volontà del
popolo”. In particolare, la Conferenza episcopale sollecita i fedeli a
discernere e votare persone guidate da una coscienza retta e ben formata,
attenta ai problemi del bene comune, che vivono secondo principi morali,
rispettosi della natura, pronte a sacrificare l’interesse personale o di
Partito per cercare l’unità, la pace e lo sviluppo integrale del Paese e della
popolazione. (R.G.)
Fervono i preparativi per la prossima Giornata
mondiale della gioventù 2008, in programma a Sydney in Australia. Aperte le
iscrizioni:
65 mila i pellegrini già prenotati
In appena 50 giorni, più di mille gruppi di pellegrini si sono iscritti
alla Giornata mondiale della gioventù 2008, il grande appuntamento di fede e
festa che verrà accolto dalla città australiana di Sydney. Il dato, secondo gli
organizzatori, è soddisfacente e promettente. Le iscrizioni si sono aperte il 2
marzo scorso. “Ci aspettiamo circa 200 mila persone registrate formalmente, e
fino a mezzo milione di partecipanti ad almeno un evento durante la settimana”,
ha detto Danny Casey, responsabile dell’Ufficio operativo della GMG. “E’ molto incoraggiante - ha aggiunto - il
vedere che più di mille gruppi, che rappresentano 65 mila pellegrini, si sono
registrati con tanto anticipo”. A luglio è prevista invece l’apertura delle
iscrizioni individuali. Tra i gruppi registrati sinora, quelli più numerosi provengono
dagli Stati Uniti. Al secondo posto, l’Australia. Seguono per numero di gruppi:
Canada, Germania e Filippine, tutti Paesi che in precedenza hanno ospitato
altre edizioni della Giornata mondiale della gioventù. (A. M.)
Un vescovo africano, Laurent Monsengwo, ed una
donna laica,
Marie Tennis, eletti co-presidenti di Pax Christi
International
Un vescovo ed una
donna laica, mons. Laurent Monsengwo e Marie Tennis sono i due nuovi presidenti
di Pax Christi International, eletti - riferisce l’Agenzia Sir - dall’Assemblea
del Movimento il 28 aprile scorso, ad Anversa, in Belgio. Il loro mandato di
tre anni partirà dalla prossima Assemblea mondiale del Movimento che si
svolgerà a Torhout/Bruges, sempre in Belgio, dal 30 ottobre al 4 novembre 2007.
L’attuale presidente internazionale, l'arcivescovo Michel Sabbah, patriarca
latino di Gerusalemme, resterà quindi in carica fino ad allora. Pax Christi
International è stata fondata in Francia da Madame Marthe Dortel-Claudot et
Mons Théas, come un movimento di cattolici europei che desideravano promuovere
la riconciliazione dopo la Seconda Guerra mondiale. Oggi, è una rete composta
da più di 100 organizzazioni in tutto il mondo. Eleggendo due co-presidenti,
spiega una nota di Pax Christi, “si ritorna alle origini, proponendo nella
Chiesa cattolica un modello di gestione condivisa”. Mons. Laurent Monsengwo
Pasinya - arcivescovo di Kisangani, nella Repubblica Democratica del Congo, e
presidente della Conferenza episcopale locale - è da sempre impegnato per la
costruzione della pace nel suo Paese e in tutta l’Africa. Marie Tennis,
statunitense, direttrice dell’Ufficio Maryknoll per i problemi del mondo, si
batte in favore della pace, della giustizia sociale e della salvaguardia del
Creato. (R.G.)
Presentato a Roma il corso per diplomatici dei
Paesi islamici
del Mediterraneo e Medio Oriente sul tema “La
Chiesa cattolica
e la politica internazionale della Santa Sede”
La Fondazione “La
Gregoriana” e l’Istituto internazionale Jacques Maritain promuovono un corso
d’introduzione alla conoscenza della Chiesa cattolica nei suoi diversi
aspetti rivolto a diplomatici di Paesi islamici del Mediterraneo e del Medio
Oriente, sul tema: “La Chiesa cattolica e la politica internazionale della
Santa Sede”. Il corso, della durata di tre settimane, dal 7 al 27 maggio, sarà
inaugurato lunedì prossimo a Roma dal cardinale segretario di Stato, Tarcisio
Bertone, e dal cardinale Renato Raffaele Martino, presidente del Pontificio
Consiglio della Giustizia e della Pace. L’appuntamento è per le 10 presso la
Sala Loyola della Pontificia Università Gregoriana. All’iniziativa, presentata
stamani nella sede della Radio Vaticana alla presenza di direttore della Sala
Stampa della Santa Sede, e nostro direttore generale, padre Federico Lombardi,
prendono parte diplomatici di una ventina di Paesi, tra i quali l’Arabia
Saudita, l’Iran, l’Iraq, la Turchia e l’Albania. L’ANP, Qatar e Yemen si sono
invece riservati di intervenire, mentre Oman e Tunisia hanno declinato
l’invito. Per padre Franco Imoda, presidente della Fondazione “La Gregoriana”,
lo scopo è quello di presentare “lo status giuridico internazionale della Città
del Vaticano, l’organizzazione e il funzionamento dei diversi organi della
Santa Sede, l’articolazione dell’episcopato mondiale e delle Chiese locali,
l’attività diplomatica delle nunziature, l’azione umanitaria della Santa Sede
per la pace”. “L’iniziativa - ha aggiunto - risponde all’esigenza della
trasparenza, presentando chi siamo e cosa è la Chiesa”. Secondo il prof.
Roberto Papini, segretario generale dell’Istituto internazionale Jacques
Maritain, “la visione che spesso hanno gli islamici dei cristiani è quella che
danno i fondamentalisti. Se la nostra iniziativa riesce, queste persone
sapranno qualcosa di più sulla Chiesa cattolica che è un fattore di pace nel
mondo”. Il corso è articolato in lezioni al mattino e visite guidate al
pomeriggio, in collaborazione, tra gli altri, della Georgetown University di
Washington, l’Università Saint-Joseph di Beirut, la Libera Università Maria SS.
Assunta di Roma e con il patrocinio del Ministero degli esteri italiano, degli
Enti locali di Lazio e Piemonte, e della rappresentanza in Italia della Commissione
Europea. Dal 21 maggio, il corso si sposterà a Torino, dove l’aspetto culturale
sarà sostituito da quello religioso con momenti di incontro con comunità
impegnate nel volontariato e nella testimonianza della pace. (A cura di Luca
Collodi)
Domani, nella cattedrale di Padova, l’estremo
saluto dei suoi tanti amici
ed estimatori al teologo mons. Luigi Sartori,
spentosi all’età di 83 anni
Si è spento a Padova,
nella notte tra il 1 e il due maggio, all’età di 83 anni, mons. Luigi Sartori,
teologo, studioso appassionato del Concilio Vaticano II, fortemente impegnato
nel dialogo ecumenico. Veneto, nativo di Roano, mons. Sartori era stato
ordinato sacerdote nel 1946. Dopo gli studi a Roma, era rientrato nella diocesi
di Padova per insegnare filosofia e teologia in Seminario, poi docente presso
la Facoltà teologica del Triveneto e nella Facoltà interregionale dell’Ita-lia
settentrionale. Vivace animatore culturale, autore di numerosi saggi, dal 1969
presidente per molti anni dell’Associazione teologica italiana. I suoi funerali
si svolgeranno domani alle 10 nella cattedrale di Padova, presieduti dal
vescovo Antonio Mattiazzo. La salma verrà poi trasferita nel suo paese natale.
(R.G.)
In 40 città italiane, al via una Campagna di
sensibilizzazione sui mezzi
di trasporto pubblico, sotto lo slogan “Tu avresti
fatto lo stesso”,
per favorire l’integrazione dei rifugiati
Iniziativa in favore
dei rifugiati sui mezzi pubblici in Italia. “Sono scappato/a da guerre, crimini
e ingiustizie. Ora sono un/a rifugiato/a. Tu avresti fatto lo stesso. I
rifugiati e i richiedenti asilo che vivono in Italia hanno i tuoi stessi
diritti. Non ignorarli”. Questo lo slogan della campagna di sensibilizzazione
lanciata a partire dal mese di maggio sul trasporto pubblico urbano di 40 città
italiane, fra le quali Roma, Milano, Napoli, Torino, Firenze, Bologna, Bari e
Palermo. La campagna - inserita nel progetto Meta finanziato dall’Unione
Europea - culminerà con le celebrazioni della Giornata mondiale del Rifugiato,
il 20 giugno prossimo. Obiettivo generale del progetto Meta è quello di
“promuovere, migliorare e favorire la comunicazione e l’informazione sui
richiedenti asilo e rifugiati”. Meta è composto dai 6 progetti sostenuti dal
Fondo sociale europeo sui temi dei richiedenti asilo e rifugiati, tra i quali
“IntegRARsi”, rete di Enti locali per l’integrazione di cui l’Anci
(Associazione nazionale comuni italiani) è soggetto referente. (R.G.)
Il portale web dell'Unione cattolica stampa italiana
è on line da ieri
Da ieri, è on line il
nuovo portale internet dell’Unione cattolica della stampa italiana (UCSI):
www.ucsi.it ha una grafica semplice, contenuti facilmente consultabili, un
servizio da offrire a giornalisti e comunicatori. E subito un forum sulla
professione che cambia, con interventi, tra gli altri, di padre Pasquale
Borgomeo, di Emilio Rossi, e di Paolo Scandaletti. “Siamo nella rete -
chiarisce il presidente dell’UCSI, Massimo Milone - con responsabilità,
interrogativi, provocazioni. Per ricordare e ricordarci, innanzitutto, da
giornalisti cristiani, che il racconto d’ogni giorno non può escludere Dio
dalla storia. Per affermare che la trama cattolica di questo Paese è ancora
ricca e forte di valori, dalla vita alla famiglia, dalla salvaguardia dei più
deboli alla pace, per aggregare volontà, iniziative, uomini, speranze”. Nel
portale si affrontano subito i nodi della professione giornalistica alla
vigilia del rinnovo degli organismi di categoria, mentre il Parlamento discute
di riforme del sistema televisivo e del servizio pubblico, di una nuova legge
per le aziende editrici di quotidiani e periodici e di riforma delle
professioni. L’UCSI, che raccoglie oltre 2000 giornalisti, nel 2009 festeggerà
i 50 anni di vita. (A.M.)
3 maggio 2007
-
A cura di Amedeo Lomonaco e Franco Lucchetti -
- La
comunità internazionale aggiunge un nuovo capitolo agli sforzi per promuovere
la pace in Iraq: si è aperta stamani in Egitto, a Sharm el Sheikh, la Conferenza
internazionale sullo Stato arabo. Partecipano al convegno delegazioni di Paesi
confinanti, rappresentanti degli Stati membri permanenti del Consiglio di
Sicurezza dell’ONU e del G8. Per la prima volta, prendono parte alle trattative
anche i ministri degli Esteri di Siria e Iran. L’auspicio, rafforzato
dall’incontro del segretario di Stato americano Condoleezza Rice con il suo
omologo siriano Walid Mouallem, è che il vertice si riveli l’inizio di una
nuova via diplomatica in grado di accelerare il processo di pace nell’intera regione.
Il nostro servizio:
**************
L’obiettivo prioritario della Conferenza è quello
di approvare un piano quinquennale per lo sviluppo economico e la
sicurezza del Paese. Il premier iracheno ha assicurato il proprio impegno per
una autentica riconciliazione nazionale ed il segretario generale delle Nazioni
Unite, Ban Ki-moon, ha detto che l’Iraq non può essere lasciato solo ad
affrontare sfide immense. Per sostenere concretamente l’Iraq, il segretario di
Stato americano, Condoleezza Rice, ha invitato la comunità internazionale a
seguire l’esempio statunitense di cancellazione del debito pendente dal regime
di Saddam Hussein. La Cina ha accolto la proposta e annunciato di essere pronta
ad estinguere il debito del governo di Baghdad con Pechino. Alla stabilità
economica è poi legato il processo di pacificazione: il
ministro degli Esteri egiziano ha lanciato un appello affinchè la
riconciliazione nazionale passi 'da sogno a realtà’. La situazione attuale,
intanto, resta drammatica: dopo poco più di 4 anni dall’inizio della guerra, il
Paese arabo è tutt’altro che stabile anche con il nuovo corso politico. L’ex
presidente iracheno, Saddam Hussein, e i suoi stretti collaboratori sono stati condannati a morte e uccisi. L’Iraq ha
un Parlamento e un governo democratici e una Costituzione scelta attraverso un
referendum. Ma le violenze continuano: secondo il sito “Iraq Body Count”, dal
marzo del 2003 sono morte tra le 59.082 e le 64.916 persone, in gran parte
civili. A questo tragico bilancio si aggiungono più di 3.200 soldati americani
e almeno 250 militari della forza di coalizione morti a causa di scontri con
ribelli. Il governo di unità nazionale, guidato dallo sciita Al Maliki, non
riesce inoltre a garantire un’adeguata sicurezza agli iracheni. Negli ultimi
mesi sono aumentate le violenze tra sunniti e sciiti e continua, poi, l’esodo
della popolazione: gli sfollati sono almeno due milioni e i profughi, accolti
soprattutto in Siria e in Giordania, sono più di due milioni. Recentemente,
l’osservatore permanente della Santa Sede presso l’Ufficio delle Nazioni Unite
a Ginevra, mons. Silvano Maria Tomasi, ha sottolineato la necessità di un più
forte ruolo della comunità internazionale per riportare la riconciliazione in
questo Paese, segnato da una esplosione di “odio e distruzione senza precedenti”.
In Iraq – ha detto mons. Tomasi - è “più facile morire che vivere” e “la crescente
violenza e le atrocità quotidiane” stanno distruggendo non solo la vita fisica
di innumerevoli persone ma anche “la speranza di un intero popolo”. A queste
terribili sofferenze la Conferenza internazionale sull’Iraq cercherà di dare
risposte attraverso piani che possano promuovere una vera ricostruzione e
assicurare, finalmente, pace e sicurezza.
**************
- E mentre a Sharm el Sheikh si cerca di tracciare la strada per
il futuro dell’Iraq, nel Paese del Golfo si continua a morire: quattro
filippini sono rimasti uccisi in seguito ad un attacco nella cosiddetta “zona
verde”, l’area blindata di Baghdad dove si trovano le sedi delle ambasciate
straniere e delle istituzioni irachene. Il portavoce del ministero degli
Interni iracheno ha annunciato poi “l’uccisione del terrorista Abu Omar al
Baghdadi, capo del cosiddetto Stato islamico in Iraq”, emiro di una alleanza di
gruppi terroristici sunniti capeggiata da al Qaeda. Una televisione irachena ha
anche mostrato alcune foto del presunto cadavere del terrorista. Fonti locali
hanno riferito che l’uomo è rimasto ucciso in uno scontro tra ribelli e soldati
iracheni, appoggiati da militari americani, in un quartiere sunnita di Baghdad.
La notizia della morte di Al Baghdadi non è stata ancora confermata dal comando
militare americano.
- Si
prevedono nuovi investimenti anche per la sicurezza e la stabilità in Afghanistan:
il quotidiano americano ‘New York Times’ ha annunciato che gli Stati Uniti
intendono stanziare circa 3,4 miliardi di dollari per l’addestramento e
l’equipaggiamento delle nuove forze militari e di polizia afghane. Ma la
situazione nel Paese asiatico resta drammatica: un attacco contro un bus a
Kabul ha provocato la morte di almeno un militare afghano. Il presidente Hamid
Karzai ha definito intanto “inaccettabile” la morte di civili
in seguito ad operazioni militari contro i guerriglieri talebani. Il portavoce
del governatore della provincia di Herat ha riferito, stamani, che almeno 42
civili, tra cui donne e bambini, sono rimasti uccisi negli ultimi giorni
durante furiosi combattimenti. Il leader talebano Dadullah, in
un'intervista al Corriere della Sera, ha dichiarato poi che il capo di Stato
afghano sta trattando in segreto per la liberazione degli ostaggi in mano ai
talebani. Dadullah ha anche chiesto che l’organizzazione umanitaria ‘Emergency’
non lasci l'Afghanistan.
- Il gruppo delle
‘Forze Volontari Ulster’ (UFV), movimento unionista paramilitare irlandese
ritenuto responsabile della morte di almeno 500 cattolici, ha annunciato
stamani che rinuncerà alla violenza e riaprirà i negoziati di pace. L’ultimo
tentativo in questa direzione risale a 13 anni fa, appena cinque giorni prima
del nuovo governo cattolico – protestante, maggior risultato dell’accordo del
venerdì Santo firmato tra Inghilterra e Repubblica d’Irlanda. L’UFV è stato
formato nel 1966 con l’obiettivo di opporsi all’unificazione dell’Irlanda e mantenere
lo Stato dell’Irlanda del Nord come parte della Gran Bretagna.
- Scozia, Galles e Inghilterra oggi alle urne per rinnovare
centinaia di amministrazioni locali. La tornata elettorale appare come una
verifica sulla tenuta del partito laburista del premier Tony Blair, prossimo
all’abbandono della scena politica. Secondo gli ultimi sondaggi, in Scozia si è
ridotto il vantaggio dei nazionalisti di Alex Salmond sui laburisti di Jack
McConnell.
- Il
dibattito televisivo di ieri sera tra il candidato
della destra Nicolas Sarkozy e la socialista Segolene Royal, seguito da 20
milioni di francesi, è stato il
momento culminante della campagna elettorale che porterà la Francia al
ballottaggio presidenziale di domenica prossima. Nella
corsa all’Eliseo, i sondaggi danno in testa Sarkozy, ma per il confronto
televisivo il risultato è stato di parità. Dopo aver affrontato temi
istituzionali il dibattito si è spostato su argomenti più caldi: sicurezza,
nucleare, debito pubblico, fisco ed Europa. Il servizio di Francesca Pierantozzi:
**********
E’
stato un dibattito senza concessioni, teso, duro, appassionante, quello di ieri
sera tra Ségolène Royal e Nicolas Sarkozy, il momento culminante della campagna
elettorale che porterà al ballottaggio di domenica, per scegliere l’ottavo presidente
della quinta Repubblica. Combattiva, la candidata socialista ha giocato il
tutto per tutto per cercare di invertire la tendenza dei sondaggi, che
continuano a dare il suo rivale vincitore al secondo turno. Sarkozy ha cercato
di mantenere la calma davanti a Ségolène Royal che lo ha spesso interrotto. Se
lei lo ha attaccato sul suo bilancio di ministro dell’Interno, lui ha duramente
denunciato il programma economico della sinistra. I due si
sono confrontati su tutti i temi più importanti di questa campagna, dalle
istituzioni all’economia, all’istruzione, alla sicurezza, alla politica
familiare, le pensioni, l’Europa e la politica internazionale. Il momento di
maggiore tensione è quello sull’inserimento di bambini handicappati nelle
scuole pubbliche. La Royal ha alzato il tono, giudicando scandalosa la politica
del governo sulla questione. “Un presidente deve mantenere i nervi saldi” ha
detto Sarkozy. “I miei nervi sono saldi, ma conservo intatto il mio senso di
indignazione” ha riposto Royal. Audience da record: oltre 20 milioni di
francesi davanti alla tv.
Francesca
Pierantozzi, da Parigi, per la Radio Vaticana.
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- La Turchia va verso le elezioni anticipate, il prossimo 22
luglio. Lo ha deciso ieri la Commissione Costituzionale del Parlamento di
Ankara, anche se l’Assemblea dovrà tradurre ora il provvedimento in legge.
Sembra quindi rientrare la crisi dei giorni scorsi, dopo che il premier Erdogan
ha chiesto il voto anticipato così come invocato da tempo da quanti hanno preso
parte alle manifestazioni di piazza.
- Ancora rapimenti in Nigeria.
Nelle ultime 24 ore, 18 lavoratori stranieri sono stati prelevati da uomini
armati in varie piattaforme petrolifere. In un offshore gestito dalla compagnia
italiana AGIP nella città di Lagos 6 lavoratori stranieri, tra cui un italiano,
sono stati sequestrati da un gruppo di ribelli. Tre sudcoreani e quattro
filippini sono stati rapiti, inoltre, in uno stabilimento nella regione del Delta
del Niger, mentre altri 5 tecnici sono caduti in mano
dei rapitori dopo un attacco avvenuto a circa 40 km da una piattaforma situata
nel sud dello Stato africano. Un lavoratore tedesco è stato sequestrato poi
nella città di Warri. Nel sud della Nigeria sono attivi vari gruppi di ribelli
che chiedono una diversa distribuzione delle ricchezze derivanti dalle risorse
petrolifere.
-
Sono proseguite anche oggi, ma ormai in tono minore, le polemiche in Italia
dopo le critiche al Papa e alla Chiesa espresse da un presentatore al Concerto
del primo maggio a Roma in Piazza San Giovanni. A questo proposito ascoltiamo
una breve riflessione di padre Federico Lombardi, direttore della Sala Stampa della Santa
Sede:
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''I commenti
irrispettosi verso il Papa e la Chiesa durante il Concerto del primo
maggio sono stati evidentemente un atto irresponsabile. E' giusto dirlo, e bene hanno fatto i responsabili
sindacali a dissociarsene. Allo stesso tempo come ci hanno ricordato
autorevolmente in questi giorni sia il presidente Giorgio Napolitano sia il
segretario di Stato vaticano, cardinale Tarcisio Bertone, e' bene che tutti ci
diamo da fare per disinnescare le tensioni e per ricreare le condizioni per un
dialogo sereno nella nostra societa'. In
questo senso e' bene che quella che in
realta' e' stata una evidente sciocchezza non
diventi una tragedia e non sia occasione per un riaccendersi di sproporzionati conflitti''.
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