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SOMMARIO del 31/07/2007

Il Papa e la Santa Sede

  • La Chiesa ricorda Sant’Ignazio di Loyola. Il Papa: è stato un uomo di Dio, fedele servitore della Chiesa. Con noi, il rettore della Gregoriana, padre Gianfranco Ghirlanda
  • Il Papa nomina il nuovo arcivescovo di Pamplona e vescovo di Tudela
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • Cordoglio nel mondo cristiano per la scomparsa del patriarca ortodosso romeno Teoctist, promotore dell'ecumenismo
  • Dopo 38 anni l'esercito britannico lascia l'Irlanda del Nord
  • Nuovi scontri in Darfur: civili allo stremo
  • Domani la festa dell'Alba del centenario dello scautismo: il saluto del Papa agli scout durante l'udienza generale
  • Centinaia di giovani in marcia con San Francesco per partecipare alla Solennità del Perdono di Assisi
  • E' morto il regista Michelangelo Antonioni: aveva 94 anni
  • Chiesa e Società

  • Nepal in ginocchio per il maltempo: circa 40 i morti e migliaia gli sfollati. Milioni di senza tetto in India e Bangladesh
  • Almeno 19 morti e centinaia di migliaia di sfollati, in Sudafrica, per le alluvioni e gli incendi
  • A Quito, in Ecuador, il II Simposio internazionale di Missiologia su “Antropologia e Pastorale della missione”
  • A Vicenza, il 5 e 6 agosto, incontro di preghiera e testimonianza contro il riarmo nucleare: “Un gravissimo peccato contro Dio e l’umanità”
  • Amore e perdono al centro dell’annuale Meeting dei Giovani nello spirito di Padre Pio , al via domani in provincia di Campobasso
  • “Basta con le stragi!”: l’arcivescovo di Napoli, il cardinale Sepe, lancia iniziative di preghiera per contrastare il fenomeno delle morti sulle strade
  • La Chiesa di Pompei contribuisce alla realizzazione di una scuola e di una cappella in una baraccopoli di Nairobi, in Kenya
  • Senza la malaria, l’Africa sub-sahariana sarebbe più ricca del 32%: lo rivela uno studio dell’OMS
  • Università Cattolica del Sacro Cuore: il prof. Riccardo Marana nominato nuovo direttore dell’Istituto di ricerca sulla fertilità e infertilità umana per una procreazione responsabile
  • 24 Ore nel Mondo

  • In Afghanistan, ore di angoscia per la sorte di 21 sudcoreani ancora nelle mani di un gruppo di talebani: trovato il cadavere di un ostaggio
  • Il Papa e la Santa Sede



    La Chiesa ricorda Sant’Ignazio di Loyola. Il Papa: è stato un uomo di Dio, fedele servitore della Chiesa. Con noi, il rettore della Gregoriana, padre Gianfranco Ghirlanda

    ◊   Un uomo che “pose al primo posto nella sua vita Dio, la sua maggior gloria e il suo maggior servizio”: così, Benedetto XVI ha definito Sant’Ignazio di Loyola, incontrando la Compagnia di Gesù lo scorso 22 aprile, in occasione del 450.mo centenario dalla morte del Santo fondatore dell’ordine dei gesuiti. Parole che risuonano particolarmente vive oggi, nel giorno in cui la Chiesa celebra la memoria liturgica di Sant’Ignazio di Loyola. Il servizio di Alessandro Gisotti:


    Un Santo “fedele servitore della Chiesa, nella quale vide e venerò la sposa del Signore”. Così Benedetto XVI mette l’accento sullo spirito di servizio alla Verità, che contraddistinse la vita di Sant’Ignazio. Un uomo che visse intensamente tutte le sfide del suo tempo. Sant’Ignazio di Loyola, fondatore della Compagnia di Gesù, che oggi, forte di 19 mila religiosi, è l’ordine più grande nella Chiesa si spense il 31 luglio del 1556, all’età di 65 anni. Lungo tutta la sua esistenza, fu un pellegrino instancabile alla ricerca della volontà di Dio e un testimone coraggioso del Vangelo, animato da zelo missionario. Stasera, alle ore 19, nella chiesa romana del Gesù dove è venerato il corpo del Santo, il preposito generale dei gesuiti, padre Peter-Hans Kolvenbach, presiederà una solenne celebrazione. A 5 secoli dalla fondazione della Compagnia di Gesù, Sant’Ignazio è ancora oggi una figura quanto mai attuale che sa affascinare persone lontane dalla Chiesa, grazie anche alla sua lealtà d’animo. Un carisma, questo, sul quale si sofferma padre Gianfranco Ghirlanda, rettore della Pontificia Università Gregoriana, voluta fortemente da Sant’Ignazio:

     
    R. – Sant’Ignazio è stato un uomo che nella sua vita ha vissuto il senso della lealtà. Quando era al servizio del re di Spagna cercava di distinguersi in tale servizio, cioé di compierlo secondo gli obblighi che esso gli imponeva, di portare fino in fondo ciò che doveva compiere. Senza Sant'Ignazio, Pamplona sarebbe probabilmente caduta prima. Si arrese quando Sant'Ignazio fu ferito. Dopo la conversione, Sant’Ignazio si mette alla ricerca della volontà di Dio. Quella lealtà che lo ha contraddistinto nel suo servizio al re umano la rivolge al Re eterno, Gesù Cristo. La ricerca della volontà di Dio per adempierla fedelmente è certo opera della grazia, ma si innesta su una dote naturale: la sincerità, la lealtà. Non si può dire di servire Dio cercando di fare la propria volontà. E’ una menzogna. La ricerca della volontà di Dio durerà anni e anni. In un primo momento, pensa di poter servire Dio secondo degli schemi o dei modelli di santità precostituiti, ma le circostanze della vita gli fanno prendere coscienza che Dio vuole altro da lui. Dio ha stabilito per lui la via che deve seguire e lui docilmente si mette in ascolto dello Spirito e attua il progetto di Dio. Sant'Ignazio si autodefinisce come il pellegrino. Non lo è solo perché ha percorso le strade d'Europa a piedi, ma perché anche quando si è fermato fisicamente a Roma, ha continuato a cercare la volontà di Dio fino alla sua morte. Possiamo dire che è il pellegrino in continuo cammino nella ricerca della volontà di Dio. Questo, penso, che possa attirare ancora oggi, in quanto la lealtà e la ricerca della volontà di Dio fa appello alla libertà e alla dignità della persona.

     
    D. – Gli Esercizi Spirituali di Sant’Ignazio sono un’opera che ha accompagnato il percorso spirituale di generazioni e generazioni di fedeli. Cosa possono offrire gli Esercizi ai fedeli di oggi, specie ai giovani?

     
    R. – Gli Esercizi Spirituali sono una scuola di preghiera, discernimento, libertà e amore. Tutta la persona viene chiamata in causa, con tutte le sue facoltà. L’attualità degli Esercizi e della spiritualità che ne scaturisce consiste nell’apprendimento di un metodo che interpella fino in fondo la libertà e la responsabilità della persona, che si pone davanti a Dio nella sincerità e nella trasparenza. Quanto mai alieno dagli Esercizi è ogni tipo di indottrinamento o di induzione da parte di chi li dà ad una o all'altra scelta. I giovani che vogliono prendere sul serio le proprie scelte sono attratti dagli Esercizi di Sant’Ignazio. Sentono che la risposta a Dio non può che essere nell’amore e l’amore si ha solo nella libertà della scelta. Oggi molti seminaristi o religiosi e religiose in formazione, fanno l’intero mese, anche se faticoso. Seminaristi o religiosi e religiose che prima di ricevere gli ordini sacri o di fare i voti, responsabili del passo che vanno facendo, si mettono sinceramente alla ricerca della volontà di Dio. Anche laici si impegnano in questa esperienza o nella forma dei 30 giorni continuati oppure per tappe, mettendosi alla scuola dello Spirito per impostare la loro vita secondo il Vangelo.

     
    D. – Lei come Rettore di una grande università incontra tanti giovani, quotidianamente. Cosa, secondo Lei, colpisce di più della figura di Sant’Ignazio, i giovani che decidono di entrare nella Compagnia di Gesù?

     
    R. – Purtroppo oggi non sono tanti i giovani che decidono di entrare nella Compagnia di Gesù, anche perché in genere la Compagnia fa precedere al noviziato una severa selezione. Quello che può attirare un giovane alla Compagnia innanzitutto è la spiritualità della Compagnia che scaturisce dagli Esercizi Spirituali: una spiritualità che conduce alla contemplazione del Mistero di Dio e nello stesso momento impegna fino in fondo al servizio dell’uomo. Inoltre, attira l’ampiezza dell'azione apostolica della Compagnia al servizio della Chiesa, sotto la guida del Romano Pontefice. Attira tutto ciò che riguarda la propagazione della fede, che deve farsi nella ricerca della giustizia e della pace, in un’attenzione alle sfide che il mondo di oggi, nella crisi di valori, sta attraversando.

     
    D. – Nel suo discorso alla Pontificia Università Gregoriana del 3 novembre scorso, il Papa ha esortato i padri gesuiti a conservare e ravvivare “lo spirito ignaziano”. Come raccogliere questa sfida?

     
    R. – In ogni attività apostolica, la Compagnia di Gesù cerca di trasfondere il metodo degli Esercizi, in modo differenziato a seconda dell’opera. La Gregoriana è un’istituzione accademica, quindi lo spirito ignaziano si traduce nel formare integralmente delle persone, scientificamente, umanamente e religiosamente, affinché si pongano come persone libere e responsabili che ricercano la verità per aderirvi per convinzione interna e non solo perché essa è detta o imposta loro. La verità è una e oggettiva ed è quella che deve essere raggiunta, ma per formare dei cristiani adulti si debbono fornire loro gli strumenti per cercarla e quindi aderirvi con convinzione. E’ evidente che tale spirito potrà essere conservato e promosso se la Compagnia di Gesù manterrà la responsabilità piena del governo dell’Università e se il corpo docente stabile sarà formato in stragrande maggioranza da gesuiti e se i docenti non gesuiti aderiranno sempre più profondamente alla dichiarazione d’intenti dell’Università.

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    Il Papa nomina il nuovo arcivescovo di Pamplona e vescovo di Tudela

    ◊   In Spagna, Benedetto XVI ha accettato la rinuncia al governo pastorale dell’arcidiocesi di Pamplona e diocesi di Tudela presentata da mons. Fernando Sebastián Aguilar, claretiano, per raggiunti limiti di età. Il Papa ha nominato nuovo arcivescovo di Pamplona e vescovo di Tudela mons. Francisco Pérez González, finora ordinario militare della Spagna. Mons. Francisco Pérez González è nato a Frandovínez (Burgos) il 13 gennaio 1947. È stato alunno dei Seminari Minore e Maggiore di Burgos dal 1958 al 1970, anno in cui è stato inviato a Roma per completare gli studi presso l’Angelicum, dove ha conseguito il Baccellierato in Teologia nel 1973. Ordinato sacerdote a Trento il 21 luglio 1973 ed incardinato nell’arcidiocesi di Burgos, ivi ha ricoperto l’incarico di coadiutore della parrocchia di Salas de los Infantes. Ha poi conseguito la Licenza in Teologia presso la Pontificia Università di Comillas, a Madrid, ed ha ottenuto un Diploma in Orientación Psicológica y relaciones humanas, presso l’Istituto di Scienze dell’Educazione di Barcelona, nel 1989. Nel 1981 si è incardinato nell’arcidiocesi di Madrid. A Madrid è stato coadiutore nella parrocchia Virgen de la Candelaria (1979-1981) e vicario-reggente della parrocchia di La Encarnación del Señor (1982-1986). Successivamente è stato nominato formatore nel Seminario Maggiore di Madrid, e quindi direttore spirituale del medesimo. Eletto vescovo di Osma-Soria il 16 dicembre 1995, ha ricevuto l’ordinazione il 6 gennaio successivo. Il 30 ottobre 2003 è stato nominato ordinario militare per la Spagna con il titolo di arcivescovo. Dal 2001 ad oggi è direttore nazionale delle Pontificie Opere Missionarie.

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   Servizio vaticano - La morte di Sua Beatitudine Teoctist, Patriarca della Chiesa Ortodossa Romena.

    Servizio estero - Per la rubrica dell’“Atlante geopolitico” un articolo di Gabriele Nicolò dal titolo "Kuwait: maggiori investimenti nel nevralgico settore petrolifero".

    Servizio culturale - Un articolo di Danilo Veneruso dal titolo “Il dito puntato contro l'illusione della capacità risolutiva della violenza”: novant'anni dalla “Nota ai capi dei popoli belligeranti” di Benedetto XV.
    Un articolo di Gaetano Vallini dal titolo “Ci ha costretti a interrogarci su noi stessi e sul senso della vita”: ricordo di Ingmar Bergman, uno dei maggiori maestri nella storia del cinema.
     Servizio italiano - In rilievo il tema degli incidenti sul lavoro.

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    Oggi in Primo Piano



    Cordoglio nel mondo cristiano per la scomparsa del patriarca ortodosso romeno Teoctist, promotore dell'ecumenismo

    ◊   Si è spento, ieri pomeriggio a Bucarest, all’età di 92 anni, il patriarca della Chiesa ortodossa romena Teoctist. Il capo del Santo Sinodo della Chiesa ortodossa romena è stato colpito da un arresto cardiaco dovuto alle complicanze di un intervento chirurgico. Alla Chiesa ortodossa romena è giunto il cordoglio del patriarcato di Mosca attraverso il segretario del Dipartimento per le relazioni esterne, l’arciprete Nikolay Balashov, che ha definito la morte di Teoctist “una grande perdita per l’ortodossia universale”, ricordando il patriarca come “un veterano del dialogo tra le Chiese e interreligioso”. Il servizio di Tiziana Campisi:


    Si deve a lui il consolidamento dei rapporti fra le Chiese ortodosse e il rafforzamento dei legami ecumenici con la Chiesa cattolica e le Chiese protestanti. Il patriarca Teoctist è vissuto nel periodo in cui la Chiesa ortodossa romena ha attraversato una stagione di sofferenze, ma sfociata in un dialogo che ha fatto crescere l’unità fra i cristiani. Come dimenticare l’accoglienza ricevuta da Giovanni Paolo II in Romania nel maggio del ’99 …

     
    (Acclamazioni della folla)

     
    Ed indimenticabili sono rimaste anche le parole urlate dai fedeli il 9 maggio, al termine della celebrazione eucaristica presieduta da Papa Wojtyla, alla presenza del patriarca Teoctist nel parco Podul Izvor di Bucarest …

     
    "Unitate! Unitate! Unitate!..."

     
    Ma quale testimonianza ha donato alla Chiesa il patriarca Teoctist? Lo abbiamo chiesto a mons. Francesco Eleuterio Fortino, sottosegretario del Pontificio Consiglio per la promozione dell’unità dei cristiani ed incaricato dal 1970 delle relazioni con la Chiesa ortodossa di Romania:

     
    R. – Ha attraversato il triste periodo del regime comunista che ha perseguitato la Chiesa cattolica, ma anche la Chiesa ortodossa. Ha contribuito ad aiutare la Chiesa a passare questo mare turbolento, naturalmente anche con difficoltà gravi. In Romania esisteva il problema della soppressione della Chiesa greco-cattolica con la forzata integrazione di persone e anche e soprattutto dei beni di culto della Chiesa, che viveva nelle catacombe, beni dati dal governo alla Chiesa ortodossa. Ma il patriarca Teoctist è stato attento a questo problema e ha fatto il possibile per creare una commissione mista tra vescovi della Chiesa ortodossa e della Chiesa greco-cattolica – dopo il ‘90 – per discutere questo problema. Il rapporto – necessario - con le autorità politiche ha fatto sì, poi, che nelle situazioni difficili egli abbia potuto mantenere quanto fosse essenziale alla Chiesa.

     
    D. – Che cosa lascia nella Chiesa il patriarca Teoctist?

     
    R. – Alla Chiesa romena lascia una organizzazione funzionante, un rinnovamento del personale, la speranza per il futuro. Teoctist ha fatto il possibile per far crescere i rapporti con le altre Chiese ortodosse e ha promosso le relazioni con la Chiesa cattolica. L’immagine del patriarca, che ha preso per mano Giovanni Paolo II - come due fratelli - sulla scala della chiesa ortodossa, dove si sarebbe svolta la celebrazione ortodossa, è una immagine emblematica di quello che devono essere i rapporti tra i capi delle Chiese in questo momento di ricerca della piena comunione.

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    Dopo 38 anni l'esercito britannico lascia l'Irlanda del Nord

    ◊   Alla mezzanotte di oggi, dopo 38 anni, si concluderà la missione dall'esercito britannico in Irlanda del Nord, lanciata nel ’69 in appoggio alle forze locali per far fronte ai primi sanguinosi scontri tra unionisti e repubblicani. L’operazione, in questi anni, è costata la vita a più di 700 soldati britannici, perlopiù caduti in scontri con i militanti dell'IRA, l’Esercito repubblicano irlandese. Sono state poi centinaia le vittime tra i civili. Sul significato del ritiro delle truppe britanniche dall’Ulster, ascoltiamo al microfono di Stefano Leszczynski, il corrispondente da Roma del quotidiano “Irish Times”, Paddy Agnew:

     
    R. – Il ritiro dell’esercito inglese risale all’accordo del Venerdì Santo del 1998. E’ l’accordo che alla fine ha avviato il processo di pace definitivo. Questa pace, con tutti i problemi e tutte le complicazioni che ci sono sempre state, ha reso inutile la presenza dell’esercito inglese nel Nord Irlanda.

     
    D. – Uno dei comandanti dell’esercito inglese in Irlanda del Nord ha detto che l’unica ad essere costantemente sconfitta in questa situazione è stata la popolazione civile, la popolazione nordirlandese...

     
    R. – Il discorso è che quando l’esercito inglese è arrivato in Irlanda del Nord, nel ’69, all’inizio sono stati accolti con favore con entusiasmo sia dalla comunità protestante che dalla comunità cattolica, perché i cattolici si sentivano minacciati e la presenza dell’esercito inglese era una garanzia di sicurezza. Ma con il passare del tempo il ruolo dell’esercito è stato tale, stando lì a difendere lo status quo, a difendere il potere centrale, che alla fine, per tanti cattolici, è stato identificato con il potere centrale e con il potere protestante.

     
    D. – Osservando le nuove generazioni, come vivono loro questa situazione e soprattutto con che spirito accolgono questo ritiro delle truppe britanniche dall’Irlanda del Nord?

     
    R. – Spero che lo vedano come grande motivo di speranza per il futuro.


    Per un commento su questo storico evento ascoltiamo il cardinale Cahal Brendan Daly, arcivescovo emerito di Armagh, al microfono di Lydia O’Kane:

    R. – I hope that it will be ...
    Spero venga visto come un esempio straordinario di quanto sia futile e sbagliato l’odio settario, qualunque sia il motivo o qualunque sia la religione coinvolta. Ma spero che venga visto anche come un esempio straordinario di costruzione della pace. Per lungo tempo il governo inglese ha interpretato male la situazione e le forze di sicurezza hanno seguito questa interpretazione. Questo ha portato gradualmente alla violazione di alcuni tra i principali diritti umani: così attraverso i propri errori sono arrivati a capire meglio la situazione. Gli inglesi hanno quindi scelto la strada della speranza: la speranza di riconciliare le due parti in lotta, un’impresa che sembrava impossibile. Ma pian piano sono riusciti a coinvolgere tutte le fazioni finchè i portavoce dell’IRA hanno dichiarato ufficialmente che “la guerra è finita”. I segni finora sono stati molto buoni. Se tutto questo avrà successo e una pace duratura e la normalità saranno ristabilite, dal Nord Irlanda verrà il segnale che qualsiasi conflitto, ovunque, potrà essere risolto a condizione che la guerra non venga più utilizzata come mezzo per imporre la propria volontà o i propri diritti.  

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    Nuovi scontri in Darfur: civili allo stremo

    ◊   E’ di almeno 34 vittime il bilancio degli scontri in corso fra tribù arabe rivali nella martoriata regione sudanese del Darfur, dove un conflitto interetnico che dura dal 2003 ha già provocato 200.000 morti. A causare le ultime violenze, una lotta intestina per il controllo della zona di Nyala, nella parte meridionale del Darfur. La scorsa settimana, in analoghi combattimenti erano morte 16 persone. Oggi, intanto, il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite potrebbe approvare l’autorizzazione per dispiegare in Darfur una forza Onu-Unione Africana. Sulla situazione nella regione sudanese, Giada Aquilino ha raccolto la testimonianza di Konstantinos Moschochorìtis, direttore generale di Medici Senza Frontiere-Italia, organizzazione che da anni opera nella zona:


    R. – Le nostre ultime notizie sono di una crescente violenza anche nella regione montagnosa di Jebel Marra, nel Darfur centrale, dove si registrano quasi seimila persone sfollate in un’area che si chiama Feina.

     
    D. – Qual è la situazione della popolazione civile in Darfur?

     
    R. – In questo momento ci sono quasi due milioni di persone che vivono nei campi per sfollati: praticamente si tratta di prigioni a cielo aperto, perché a causa della poca sicurezza e della crescente violenza la gente non può uscire da queste aree, nemmeno per fare lavori quotidiani, come raccogliere la legna per accendere il fuoco e cucinare.

     
    D. – Ci sono delle emergenze sanitarie particolari?

    R. – Sì, anzitutto c’è l’emergenza relativa alla diarrea, alle infezioni respiratorie, al morbillo e alla meningite ed è per questo che realizziamo continuamente campagne di vaccinazioni. C’è poi il problema della malnutrizione, specialmente per i bambini sotto i cinque anni.

     
    D. – Nei giorni scorsi l’ONU ha denunciato gravi e sistematiche violazioni dei diritti umani nella regione sudanese, parlando di “pulizia etnica”. Cosa riferiscono i vostri operatori?

    R. – Le persone che sono fuori dai campi di accoglienza vivono in situazioni di forte insicurezza. Si tratta di centinaia di migliaia di persone. Proprio per le condizioni in cui vivono, è molto difficile essere raggiunti dagli operatori umanitari. E questa per noi è ovviamente la più grande scommessa, quella proprio di arrivare a soccorrere queste persone che mancano di ogni protezione: le donne rischiano di essere violentate, gli uomini possono essere arruolati con la forza; manca poi lo stesso diritto alla salute, la gente non ha da mangiare ed i bambini sono malnutriti.

     
    D. – Nella regione è atteso il dispiegamento di una forza ONU-Unione Africana. Che poteri avrà sul campo?

    R. – Noi, come organizzazione umanitaria, ci auguriamo innanzitutto che la pace arrivi in Darfur, ma sarà certamente un processo di lunga durata. Nel frattempo, per noi, l’emergenza maggiore è quella di aiutare e supportare la popolazione quotidianamente.

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    Domani la festa dell'Alba del centenario dello scautismo: il saluto del Papa agli scout durante l'udienza generale

    ◊   Proseguono nel mondo le celebrazioni per il centenario dello scautismo. Ad Hylands Park, in Gran Bretagna, è in corso il 21° Jamboree Mondiale, con oltre 40mila partecipanti. Domani, primo agosto, i rappresentanti scout di tutti i continenti si ritroveranno sull’isola di Brownsea, nella contea inglese del Dorset, per la festa dell'Alba del centenario e per rinnovare la “Promessa Scout” in ricordo del primo campo scout organizzato proprio in quest’isola dal fondatore del Movimento, Robert Baden-Powell. A Roma la festa si svolgerà al Circo Massimo preceduta da una veglia notturna. Sempre domani, il Papa durante l’udienza generale in Vaticano saluterà una delegazione degli scout italiani ed europei. Ascoltiamo in proposito le riflessioni di Solideo Saracco, presidente degli scout cattolici europei, e di Eugenio Garavini, presidente dell'AGESCI, l'associazione che riunisce le guide e gli scout cattolici italiani. Le interviste sono di Luca Collodi. Iniziamo con il commento di Eugenio Garavini:

     
    R. – Il fatto che un movimento educativo esista da cento anni ha di per sé una grande valenza e soprattutto il fatto che sia cresciuto per tutti questi anni effettivamente, ancorché con diverse sfaccettature, rappresenta una ulteriore sfida che è stata vinta. Indubbiamente quando Robert Baden Powel partì con i 20 ragazzi per l’Isola di Brownsea nel 1907 non si sarebbe sicuramente mai aspettato di averne 40 milioni dopo cento anni. Sicuramente una bella sfida, una cosa molto positiva e in Italia questa sfida noi l’abbiamo già raccolta. L’Associazione che io presiedo – l’Associazione Guide e Scout Cattolici Italiani - indubbiamente ci ha permesso e ci ha portato a dare un contributo – speriamo – all’educazione delle giovani generazioni italiane. Questa credo che sia la sfida più importante che lo scautismo ha vinto in questi 100 anni.

     
    D. – Solideo Saracco, presidente dell’Associazione Italiana Guide Scout d’Europa Cattolici, come lo scautismo ha cambiato i giovani italiani in cento anni di esperienza? Voi proponete un modello educativo per i giovani...

     
    R. – Un modello educativo che vuole soprattutto rendere loro i veri protagonisti della loro crescita. Un modello che ha dei valori umani e cristiani che possono rendere capaci questi giovani ad affrontare poi la loro vita in uno spirito di servizio. Tutti i giovani che sono cresciuti nello scautismo hanno questa caratteristica e sono quindi poi entrati nel mondo del lavoro a portare questi valori, rendendoli concreti. Penso che chi ha conosciuto degli scout possa riconoscere come modalità specifica quella di essere utile agli altri e questa facilità di rapporto e di visione positiva della vita e del rapporto con gli altri. Io credo che lo scautismo abbia inciso nella nostra società.

     
    D. - Eugenio Garavini, presidente dell'Agesci, veniamo a quello che è un elemento comune a tutti voi, molto importante: la Promessa che regola la vita degli scout...

     
    R. - Credo sia l'intuizione più bella che Baden-Powell abbia avuto, proprio perchè dà l'idea della capacità dei ragazzi, anche dei più piccoli, di potersi assumere un impegno, e soprattutto questa espressione, all'interno della Promessa, di fare del proprio meglio per compiere il proprio dovere. Quindi, ciascuno è chiamato a fare del proprio meglio per impegnarsi per gli altri, nel servizio verso gli altri, per un'attenzione verso Dio e verso il proprio Paese. Quindi, è una cosa importante che aiuta le persone ad assumersi delle responsabilità in una realtà, come quella odierna, dove la difficoltà di assumersi responsabilità purtroppo è abbastanza evidente.

     
    D. - Saracco, l'unione tra la sfida educativa e la fede cristiana...

     
    R. - Tornando alla Promessa "una volta scout, per sempre scout", la proposta scout nella fede cristiana diventa un'esperienza che vale per la vita. Quindi, un impegno fedele e definitivo è la proposta, raccogliendo anche l'invito dei vescovi: "Non abbiate paura di proporre ai giovani grandi ideali". Questa è la sfida che vogliamo raccogliere.

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    Centinaia di giovani in marcia con San Francesco per partecipare alla Solennità del Perdono di Assisi

    ◊   Centinaia di giovani stanno partecipando in questi giorni alla 27.ma edizione della Marcia francescana che si svolge sul tema: “Il cammino si fa PerDono”. Meta del pellegrinaggio è la Basilica Patriarcale di Santa Maria degli Angeli in Porziuncola, dove domani mattina alle 11.00 il ministro generale dei Frati Minori, padre José Rodriguez Carballo, celebrerà la Messa per l’apertura della Solennità del Perdono di Assisi: festa che culminerà il 2 agosto. Paolo Ondarza ha intervistato fra Renato del Bono, coordinatore nazionale della Marcia francescana:
     
    R. – L’icona biblica che ci accompagna è quella dell’esodo, quindi anche dell’esperienza del popolo di Israele che si mette in cammino, si mette in discussione per liberarsi dalla tanta zavorra che, purtroppo, nella nostra vita accumuliamo; e l’esperienza della marcia ti aiuta a buttare via le false sicurezze, a dar luce alle sicurezze vere.

     
    D. – Spesso oggi quando si parla di marcia, si parla di avvenimenti che hanno anche uno sfondo politico. In questo caso, la Marcia francescana è un vero e proprio pellegrinaggio, quindi qualcosa di diverso …

     
    R. – Molto diverso! Infatti, siamo stati tentati più volte di cambiare questa dizione. C’è un po’ questa ambiguità, oggi più che mai. Cioè, si fanno marce della pace che non c’entrano niente con quanto possa essere riferito a Dio … Invece, a me piace sempre dire che questa innanzitutto è, per la Marcia francescana, l’essere pellegrini del perdono.

     
    D. – E perché una marcia?

     
    R. – Perché il cammino evoca quello che è l’essenziale della vita. Il cammino, poi, in un contesto specifico come quello del pellegrinaggio, diventa anche il fare i conti con le cose che valgono: il fatto stesso di portare lo zaino, devi fare il conto che non può pesare più di tanto, devi fare il conto con il tuo limite, con le vesciche che ti vengono sotto ai piedi, con il fatto che magari devi chiedere aiuto al fratello che ti sta accanto, il fatto che non hai nessuna delle comodità che magari tu dai per scontate …

     
    D. – Si fa l’esperienza di passare da una vita frenetica, dove a volte il vuoto, il silenzio fanno paura e si cerca di riempirli con tante attività, a un’esperienza di essenzialità …

     
    R. – Ricordo un ragazzo che era entrato in una crisi profonda perché lui che sembrava il “super-macho”, “l’uomo che non deve chiedere mai”, è venuto a dirmi: “Padre, per me è stata l’esperienza più grande perché mi rendo conto di quanto ho bisogno degli altri, che io non posso bastare a me stesso". Ecco, questa è la bellezza del camminare insieme!

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    E' morto il regista Michelangelo Antonioni: aveva 94 anni

    ◊   E' morto ieri sera a Roma il regista Michelangelo Antonioni: aveva 94 anni. Un altro maestro indiscusso del cinematografia mondiale, dopo Ingmar Bergman, se ne va, lasciando una serie di capolavori ed un emblematico testamento a chiusura di una intensa carriera. Il servizio di Luca Pellegrini:


    Come trasportato da una folata di vento del deserto del suo Zabrieskie Point, Michelangelo Antonioni ha raggiunto, nel paradiso dei cineasti, Ingmar Bergman. Quasi un logico destino, ricordando il particolare dell’omicidio in Blow up, il suo sguardo si unisce a quello del regista svedese in un grande monito lasciato come perenne eredità alle nuove generazioni che vivono, fanno e celebrano il cinema: lasciatevi condurre dalla vostra anima. In ogni suo film la sua anima era lo sguardo: uno sguardo angosciato, uno sguardo abissale, severo, lucido, sull’umanità, sulla donna, sulla alienazione dei sentimenti e, di riflesso, della società contemporanea, così come narrata nella splendida trilogia formata da L’avventura, La notte e L’eclisse. Moderno, innovativo nella ricerca anche delle tecniche più avanzate, genialmente maniacale nel costruire sequenze e inquadrature costruite per sedurre lo spettatore, condurlo inesorabilmente nel suo mondo asciutto e leggero, come era lui nella vita, come lo è la sua pittura con la quale, privato negli ultimi anni della parola, comunicava le sue idee, i moti di un animo forte ed elegante. Ha attraversato, infatti, la vita punteggiata da tanti, inaspettati ostacoli, e si è avvicinato alla morte con quell’eleganza che il cardinale Martini, in una delle sue recenti omelie, ha descritto come una qualità umana e cristiana. Lo sguardo elegante di Antonioni, la nobiltà di una quieta esistenza, sono il suo testamento. Lo sguardo per un film che purtroppo, nel 1982, non ha mai visto la luce, dedicato a San Francesco, avvicinato con il pudore di un laico e la sincerità dell’artista. Lo sguardo come protagonista di un cortometraggio, Lo sguardo di Michelangelo appunto, ultima, emblematica, profetica fatica, lezione indiscutibile di regia e indubitabile di vita, ispirato al Mausoleo di Giulio II scolpito da Michelangelo nella Basilica di San Pietro in Vincoli: un silenzio più loquace d’ogni parola accompagna Antonioni dinanzi al sepolcro del Pontefice, egli scruta curioso i particolari delle mani, giunte in preghiera, di Lia e Rachele, simboli della vita attiva e contemplativa, simboli della vita di Antonioni. Mosè guarda severo il regista. Lui, come è accaduto la scorsa notte, si allontana sereno e pacificato.

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    Chiesa e Società



    Nepal in ginocchio per il maltempo: circa 40 i morti e migliaia gli sfollati. Milioni di senza tetto in India e Bangladesh

    ◊   In Nepal, è di circa 40 morti il bilancio delle piogge torrenziali che da una oltre settimana si abbattono sul Paese, provocando frane e inondazioni, ma il numero delle vittime potrebbe presto aumentare, perché oltre un terzo della popolazione è a rischio per mancanza di cibo. Come riferisce l’agenzia del PIME, AsiaNews, migliaia di persone sono senza un tetto, le abitazioni sono state distrutte dagli smottamenti o allagate e la situazione è in continuo peggioramento: nelle zone più colpite, su tutte la regione del Terai, nel sud, sono state interrotte le comunicazioni aeree e terrestri, mancano energia elettrica e acqua potabile, scuole e uffici sono chiusi e la gran parte del raccolto è andata perduta. Nella Bardia, distretto nel centro-ovest, di oltre 30 mila persone non si sa nulla: le piogge hanno infatti distrutto tutti i trasmettitori, interrompendo le comunicazioni. Secondo l’Ufficio nazionale delle previsioni meteo, le piogge continueranno a cadere anche nei prossimi giorni. A fronte di una realtà drammatica, il Parlamento ad interim, che guida il Paese sino alle prossime elezioni, ha deciso di devolvere 5 giorni del proprio stipendio a favore delle vittime e dei familiari per gli interventi di primissima necessità. Intanto, si cominciano ad analizzare le cause della tragedia: da più parti si punta l’indice contro l’India, colpevole di aver costruito numerosi sbarramenti lungo il confine. Questi blocchi hanno impedito il regolare deflusso delle acque, che si sono accumulate, creando veri e propri muri, che hanno poi ricoperto il territorio circostante. Il maltempo ha causato almeno 30 morti ed oltre un milione di sfollati anche in Bangladesh, metà del quale è sommerso dalle acque e in India (112 morti e 7 milioni di senza tetto), Pakistan e Afghanistan mentre è la Cina a pagare il prezzo più alto di vittime, con almeno 700 morti. (R.M.)

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    Almeno 19 morti e centinaia di migliaia di sfollati, in Sudafrica, per le alluvioni e gli incendi

    ◊   In Sudafrica, almeno 38 mila persone sono state costrette ad abbandonare le proprie abitazioni, soprattutto nei quartieri popolari intorno a Cape Town, nell’ovest, a causa di alluvioni provocate da forti piogge. Secondo la stampa locale, ripresa dall’agenzia MISNA, cibo e coperte sono già state distribuite agli sfollati, ospitati temporaneamente in strutture pubbliche, come scuole e palestre. Dall’altra parte del Paese, nelle province orientali di KwaZulu-Natal e Mpumalanga, gli incendi hanno distrutto oltre 30 mila ettari di terreno, provocando finora 19 vittime; altri due civili sono morti nel confinante Swaziland per lo stesso motivo. Secondo fonti locali, le fiamme nel KwaZulu-Natal sarebbero ora sotto controllo. Mtholephi Mthimkhulu, funzionario del Dipartimento per gli affari agricoli e ambientali, ha detto che i roghi sono causati probabilmente dalle condizioni di particolare siccità di alcune zone del Paese, mentre in altre, come nell’area di Cape Town, sono previste ulteriori precipitazioni. Per il Dipartimento delle emergenze della città, si tratta delle più gravi alluvioni degli ultimi anni, che stanno però portando anche un piccolo aiuto: l’acqua riempie una diga di nuova costruzione nella provincia di Western Cape, di cui Cape Town è il capoluogo. (R.M.)

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    A Quito, in Ecuador, il II Simposio internazionale di Missiologia su “Antropologia e Pastorale della missione”

    ◊   “Antropologia e Pastorale della missione”: su questo tema, ha preso il via ieri a Quito, in Ecuador, il II Simposio internazionale di Missiologia. Ad aprire i lavori, due Celebrazioni Eucaristiche presiedute da mons. Néstor Rafael Herrera Heredia, vescovo di Machala e presidente dei vescovi ecuadoriani, e dall'arcivescovo emerito di Quito, il cardinale Antonio José González Zumárraga. Vi partecipano, fino al 3 agosto, 110 delegati di 16 nazioni latinoamericane: vescovi, direttori nazionali delle Pontificie opere missionarie, sacerdoti, religosi e laici. Il Simposio è preparatorio al III Incontro americano missionario (CAM3) e all’VIII Congresso missionario latinoamericano (COMLA8), in programma proprio a Quito dal 12 al 17 agosto 2008. Il cardinale González Zumárraga ha sottolineato alla stampa che i dibattiti e lo scambio di esperienze “saranno inseriti nel grande compito dell'evangelizzazione latinoamericana, tenendo sempre presente le raccomandazioni di Aparecida e, in particolare, all'interno della grande sfida che rappresenta la Missione continentale in atto dopo la chiusura della V Conferenza inaugurata da Benedetto XVI”. Oggi, i partecipanti, ascolteranno la prima relazione dedicata all'antropologia missionaria nella prospettiva lanciata in Aparecida: essere discepoli e missionari. Mons. Raúl Eduardo Vela Chiriboga, arcivescovo di Quito, che presiederà la Santa Messa, ha voluto rilevare “l’importanza di dare a queste due parole il vero contenuto che si evince dal Vangelo e dal comandamento di Gesù. Un vero seguace di Cristo - ha spiegato - è un cristiano che nel proclamare la sua fedeltà al Signore assume pienamente l'impegno di comunicarla a tutti”. Secondo mons. Vela Chiriboga, “una prima manifestazione di tale impegno è la testimonianza: fare e vivere in modo tale che gli altri capiscano che il tuo modello di vita è Gesù. E poi, aiutare gli altri a conoscere e capire la Parola del Signore; aiutare a capire, e capire insieme, ciò che Lui chiede a ciascuno. Chi così agisce – ha concluso – è un vero missionario”. (L.B.)

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    A Vicenza, il 5 e 6 agosto, incontro di preghiera e testimonianza contro il riarmo nucleare: “Un gravissimo peccato contro Dio e l’umanità”

    ◊   Un appello ai rappresentanti di tutte le Chiese cristiane che si riuniranno a Sibiu, in Romania, dal 4 al 9 settembre, per “dichiarare la guerra atomica tabù e peccato, un crimine contro l’umanità e, come tale, assolutamente non giustificabile”: è stato promosso dal Movimento internazionale per la riconciliazione (MIR), da Beati i costruttori di pace, Cipax, Pax Christi e altre associazioni pacifiste. Verrà presentato durante l’Incontro di preghiera e testimonianza in programma il 5 e 6 agosto a Vicenza, nel 62.mo anniversario della prima strage atomica ad Hiroshima. “Desta in noi particolare preoccupazione – si legge nell’appello, ripreso dall'agenzia SIR – la presenza nel nostro continente di una ingente quantità di ordigni nucleari che, sebbene di molto superiori dal punto di vista del potere distruttivo a quelli esplosi in Giappone alla fine del secondo conflitto mondiale, vengono tacitamente accettati dalle istituzioni che regolano la convivenza dei nostri popoli, sottacendone non solo l’alto potere distruttivo, ma anche l’inutilità del potere detentivo”. I firmatari dell’appello chiedono inoltre che “l’autorevole voce delle Chiese si alzi ancora una volta” a tutti i livelli, dalle più alte gerarchie alla base, impegnando nella denuncia anche le aggregazioni laicali e le istituzioni ecclesiali. Per questo, invitano i delegati di Sibiu a sottoscrivere una dichiarazione comune per condannare, “con la massima chiarezza”, “non solo l’uso, ma anche la fabbricazione, la proliferazione e la semplice detenzione di armi nucleari”, da considerare “un gravissimo peccato contro Dio e l’umanità”. L’impegno contro le armi nucleari è stato chiesto domenica mattina proprio da Benedetto XVI, prima dell’Angelus a Castel Gandolfo, in occasione del 50.mo anniversario dell’entrata in vigore dello Statuto dell’AIEA, l’Agenzia internazionale per l’energia atomica, istituita con il mandato di “sollecitare e accrescere il contributo dell’energia atomica alle cause della pace, della salute e della prosperità in tutto il mondo”. (R.M.)

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    Amore e perdono al centro dell’annuale Meeting dei Giovani nello spirito di Padre Pio , al via domani in provincia di Campobasso

    ◊   Prende il via domani a Sant’Elia a Pianisi, in provincia di Campobasso, l’annuale Meeting dei giovani nello spirito di Padre Pio, nell’ambito delle manifestazioni per il centenario della professione perpetua del Santo cappuccino, avvenuta nel convento del centro molisano il 27 gennaio 1907. L’incontro, che si concluderà giovedì 2 agosto, è organizzato dal Servizio provinciale di Pastorale vocazionale e giovanile della Provincia religiosa “Sant’Angelo e Padre Pio” dei Frati Minori Cappuccini. Al centro dell’appuntamento figurano i temi dell’amore, della fedeltà e del perdono, a partire dalla frase del Vangelo di Marco (10,21): “E fissatolo lo amò”. Il richiamo alla fedeltà scaturisce dall’esempio di Padre Pio, coerente con la scelta suggellata dalla professione perpetua durante tutta la sua vita, mentre l’attenzione al perdono è motivata dalla coincidenza del Meeting con il “Perdono di Assisi”. Il programma si apre con la liturgia di accoglienza, presieduta dal provinciale, padre Aldo Broccato, cui seguirà una catechesi di mons. Giancarlo Vecerrica, vescovo di Fabriano-Matelica. Giovedì, i giovani potranno partecipare a un talk show, guidato dalla conduttrice RAI, Lorena Bianchetti, cui interverranno don Fortunato Di Noto, Maria Falcone e alcuni esponenti di un movimento giovanile di Locri di lotta alla mafia. Alle 17.00, Celebrazione Eucaristica di chiusura presieduta dal cardinale Salvatore De Giorgi, arcivescovo emerito di Palermo. (R.M.)

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    “Basta con le stragi!”: l’arcivescovo di Napoli, il cardinale Sepe, lancia iniziative di preghiera per contrastare il fenomeno delle morti sulle strade

    ◊   In tutte le parrocchie e le rettorie della diocesi di Napoli, durante la celebrazione delle Sante Messe e gli incontri con i giovani, si pregherà per le vittime degli incidenti stradali e affinché si possano tenere “comportamenti coerenti, corretti e coscienti, in particolare, quando si è alla guida di una vettura, di un automezzo o di una motocicletta”. Lo ha annunciato dall’Alto Adige, dove si trova per un periodo di vacanze, l’arcivescovo di Napoli, il cardinale Crescenzio Sepe. “Basta con le stragi sulle strade! – ha esortato il porporato – La velocità e l’ebbrezza di un momento ridicolizzano l’uomo, offendono la dignità della persona, minano la sacralità della vita. Preziosa, contro tutto ciò – ha aggiunto – è l’azione sinergica delle famiglie, della scuola, delle parrocchie”. E di nuovo ha incitato: “Basta con le stragi sulle strade diventate percorsi di guerra, basta con l'uso dell'alcol, basta con l'uso della droga, basta con ogni forma di egoismo mortale, basta vite spezzate, basta dolore, sofferenze e lutti!”. Secondo il cardinale Sepe, “la velocità e l'ebbrezza di un momento non fanno essere più forti e stimati, non sono affatto un valore aggiunto, non conferiscono alcunché alla propria personalità, anzi, ridicolizzano, annullano e offendono la dimensione vera e la natura stessa dell'uomo, fatto a immagine di Cristo”. “Si è uomini veri - ha precisato l’arcivescovo di Napoli - quando si é uomini responsabili, quando si ha rispetto per se stessi e per gli altri, quando ci si attiene alle regole, quando si é consapevoli che la propria libertà non è assoluta, ma trova un limite, invalicabile, nella libertà degli altri”. (R.M.)

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    La Chiesa di Pompei contribuisce alla realizzazione di una scuola e di una cappella in una baraccopoli di Nairobi, in Kenya

    ◊   Un ponte di solidarietà tra Pompei e Nairobi permetterà la realizzazione a Kariobang, baraccopoli della capitale kenyota, del “Progetto San Martin”, promosso dai missionari comboniani della locale parrocchia della SS. Trinità. Il progetto – riferisce l’agenzia SIR – prevede la ristrutturazione dell'edificio scolastico, che sarà sviluppato su due livelli, su cui si potrà sovrapporre l'ampliamento dell'attuale cappella, creando uno spazio multifunzionale per le esigenze socio-religiose della popolazione. I servizi saranno offerti a tutti senza discriminazione religiosa e politico-tribale. I lavori per la realizzazione dovrebbero durare due anni. Gli abitanti di tutta la parrocchia, indipendentemente dal credo religioso, stanno raccogliendo la propria quota, mentre il vescovo prelato di Pompei, mons. Carlo Liberati, a nome della Chiesa pompeiana, ha inviato ai padri comboniani di San Martin un contributo di 15 mila euro, con l'auspicio, a breve, di poter consolidare la partecipazione al progetto con l'invio di altri fondi. (R.M.)

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    Senza la malaria, l’Africa sub-sahariana sarebbe più ricca del 32%: lo rivela uno studio dell’OMS

    ◊   La malaria strangola l’economia dell’Africa sub-sahariana: lo sostiene uno studio dell’Organizzazione mondiale della sanità (OMS), citato dall’agenzia MISNA, secondo cui, se la malattia fosse stata debellata da almeno 35 anni, il Prodotto interno lordo (PIL) nell’anno 2000 dei Paesi a sud del Sahara sarebbe stato del 32% più elevato. Secondo il rappresentante dell’OMS in Senegal, Antonio Pedro Felipe Junior, la presenza della malaria e il timore di un’ulteriore diffusione comprometterebbe anche investimenti e attività turistiche nella maggior parte delle zone di endemicità. Sabato scorso, a Nioro, in occasione dell’apertura della Campagna nazionale per la lotta contro la malaria, il dirigente dell’OMS ha sottolineato che “il pesante fardello economico causato dalla malattia costituisce un grave ostacolo per lo sviluppo”. Junior ha espresso apprezzamento per la “diligenza” di alcuni Paesi, come il Senegal, che hanno operato da pionieri nella lotta alla malattia e in conformità con la dichiarazione di Abuja dell’aprile 2000. Nella storica riunione, i governanti di 44 Paesi africani si erano impegnati a intraprendere un’azione volta a rinforzare i sistemi sanitari nazionali, allo scopo di consentire un accesso più rapido alle cure e, soprattutto, a intensificare gli sforzi per dimezzare il numero di casi di malaria entro il 2010. (R.M.)

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    Università Cattolica del Sacro Cuore: il prof. Riccardo Marana nominato nuovo direttore dell’Istituto di ricerca sulla fertilità e infertilità umana per una procreazione responsabile

    ◊   E’ il prof. Riccardo Marana, docente di ginecologia endocrinologica all’Università Cattolica di Roma, il nuovo direttore dell’Istituto scientifico internazionale Paolo VI di ricerca sulla fertilità ed infertilità umana per una procreazione responsabile (ISI). Marana – riferisce l’agenzia SIR – succede ad Adriano Bompiani, primo direttore dell’ISI, in carica dal 2001. La nomina è stata comunicata dalla Pontificia Accademia per la Vita e approvata dal Consiglio di amministrazione della Fondazione ISI Paolo VI, presieduto dal cardinale Dionigi Tettamanzi, arcivescovo di Milano. La Fondazione ISI è nata nel 2001 per iniziativa dell'Istituto Giuseppe Toniolo di studi superiori, della Fondazione Paolo VI per la Cultura cattolica in Italia e dell'Università Cattolica del Sacro Cuore, come risposta all’auspicio espresso nell’Enciclica Humanae Vitae di Papa Montini, che invitava gli uomini di scienza a unire i loro studi per “chiarire a fondo le diverse condizioni che favoriscono un’onesta regolazione della procreazione umana”. Nato a Venezia nel 1950, attualmente Riccardo Marana è responsabile dell’Unità di chirurgia endoscopica e mini invasiva per il trattamento della sterilità femminile dell’Università Cattolica di Roma, presso il complesso integrato Columbus (CIC). (R.M.)

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    24 Ore nel Mondo



    In Afghanistan, ore di angoscia per la sorte di 21 sudcoreani ancora nelle mani di un gruppo di talebani: trovato il cadavere di un ostaggio

    ◊   In Afghanistan, un kamikaze e un cittadino afghano sono morti in seguito ad un attacco, rivendicato dai talebani, contro una pattuglia delle Forze internazionali. Il governo di Kabul ha dichiarato, intanto, che è vivo e sta bene l’ingegnere tedesco, rapito due settimane fa insieme ad un collega, ucciso poco dopo il sequestro. Nel sud del Paese è stato poi rinvenuto il corpo senza vita di uno dei 23 ostaggi sudcoreani rapiti dai talebani lo scorso 19 luglio. Il servizio di Amedeo Lomonaco:


    La polizia afghana ha trovato il corpo senza vita di un ostaggio sudcoreano. E’ il secondo ostaggio ad essere ucciso: nei giorni scorsi era stato assassinato un uomo di 42 anni. Il governo di Seul ha condannato l’omicidio come un “intollerabile atto di barbarie” e ha aggiunto che “non sarà tollerata la perdita di altre vite innocenti”. Adesso si teme per la sorte degli altri ostaggi: i sequestratori hanno fissato per domani un nuovo ultimatum. I rapitori hanno chiesto al governo di Kabul, in cambio del rilascio dei 21 sudcoreani ancora tenuti in ostaggio, la liberazione di almeno otto talebani detenuti in carceri afghane. Secondo gli inquirenti è probabile che i cittadini sudocoreani, appartenenti ad un gruppo di giovani volontari evangelici, si trovino ancora nella zona meridionale di Ghazni, l’area teatro del sequestro. La televisione araba al Jazeera ha diffuso, inoltre, un video che mostra le immagini degli ostaggi. Nel filmato, privo di sonoro, si vedono alcune donne sequestrate con il capo coperto dal velo islamico, circondate da miliziani. A Kabul, intanto, l’esplosione di un’autobomba ha causato la morte del kamikaze e di un autista afghano. L’attentato, che aveva come obiettivo una pattuglia delle Forze internazionali, ha anche provocato il ferimento di tre soldati americani. I talebani hanno rivendicato l’azione suicida con un sms.

    - La guerra in Iraq durerà ancora per molto tempo e gli Stati Uniti ed il Regno Unito la combatteranno insieme. Lo ha detto ieri il presidente americano, George W. Bush, in una conferenza stampa in occasione della prima visita ufficiale del premier britannico, Gordon Brown, negli Stati Uniti. “Gran Bretagna e Stati Uniti – ha detto il primo ministro britannico - restituiranno gradualmente il controllo alle autorità irachene”. “Sull’Iran - ha aggiunto Brown - ci troviamo d’accordo sul fatto che le sanzioni stanno funzionando e siamo pronti a giungere ad un inasprimento delle sanzioni nel quadro di una nuova risoluzione dell’ONU”.

    - È cominciata in Egitto la visita in Medio Oriente del segretario di Stato americano, Condoleezza Rice, e del ministro della Difesa, Robert Gates. Si tratta della prima tappa di un viaggio diplomatico che porterà gli Stati Uniti a negoziare con i ministri degli Esteri di otto Paesi arabi, per fronteggiare la minaccia di al Qaeda e definire un progetto di pace per il Medio Oriente. Condoleeza Rice ha annunciato, ieri, l’intenzione di stipulare un accordo decennale con i Paesi Arabi moderati, che prevede la fornitura di armi. Lo scopo – ha detto la signora Rice - è di “contrastare le forze negative di Al Qaeda, degli Hezbollah, Siria e Iran”. Il cancelliere tedesco, Angela Merkel, ha criticato la proposta statunitense denunciando il rischio di rendere ancora più esplosiva un’area già ad altissima tensione.

    - Diverse organizzazioni non governative hanno fortemente criticato l’assegnazione alla Libia della presidenza del Comitato per i diritti umani dell’ONU. “La Libia non è nota per il rispetto dei diritti umani”, ha detto Antoine Madelin, della Federazione internazionale della Lega dei diritti dell’uomo. Il Comitato, che si riunirà a fine agosto, ha il compito di organizzare la Conferenza del 2009 che dovrà esaminare le misure contro la discriminazione e la xenofobia, adottate a Durban nel 2001.

    - Non sono ancora stati domati gli incendi divampati nei giorni scorsi sull’isola di Gran Canaria e sull’isola di Tenerife, nell’arcipelago spagnolo delle Canarie. Finora sono almeno 11 mila le persone evacuate e circa 60 le abitazioni distrutte. Sono poi più di 24 mila gli ettari di area boschiva ridotti in cenere. Le autorità temono che il forte vento possa far estendere le fiamme. Il primo focolaio dell'incendio è stato appiccato venerdì scorso sull’isola di Gran Canaria, da una guardia forestale che temeva di perdere il posto di lavoro.

    - L’ONU ha accolto con favore l’inizio del processo di disarmo in Costa D’Avorio: i rappresentanti delle Nazioni Unite hanno dato il benvenuto alla manifestazione “della fiamma di pace”, avvenuta ieri a Bouaké: durante la cerimonia, il presidente, Laurent Gbagbo, e il primo ministro, Guillaume Soro, hanno acceso il fioco per bruciare cataste di armi. L’obiettivo è di ricomporre le divisioni del Paese ivoriano, controllato nel sud dal governo e nel nord dai ribelli.

    - In Pakistan, almeno 10 combattenti islamici sono morti in seguito ad un’operazione condotta dall’esercito nel nord ovest del Paese. In questa stessa area, più di 150 integralisti filo talebani hanno occupato una moschea: i militanti fondamentalisti hanno dichiarato di essere pronti al martirio in caso di intervento da parte delle forze di sicurezza pakistane. Lo scorso 12 luglio l’esercito aveva ripreso il controllo della Moschea Rossa di Islamabad, occupata per otto giorni da centinaia di studenti integralisti. In seguito alle operazioni militari, agli scontri e al blitz sferrato dalle forze pachistane, erano morte più di 100 persone.

    - I ministri degli Esteri dei 10 Stati membri dell’ASEAN, Associazione delle nazioni dell’Asia del sud est, hanno raggiunto un accordo per la creazione di un ente per la tutela dei diritti umani. E’ anche stata invitata la giunta militare del Myanmar a mantenere le promesse di una maggiore democrazia nel Paese. I ministri degli Esteri, riuniti a Manila, nelle Filippine, hanno poi chiesto alle autorità del Myanmar di liberare la dissidente politica e premio Nobel per la pace, Aung San Suu Kyi, ancora oggi agli arresti domiciliari.

    - L’Uzbekistan, Repubblica ex sovietica del centro Asia, ha abolito la pena di morte sostituendola con l’ergastolo. Lo ha comunicato con una lettera ufficiale al segretario generale dell’ONU, Ban Ki-Moon, il rappresentante uzbeko delle Nazioni Unite. Il carcere a vita è riservato ai colpevoli di omicidio intenzionale aggravato e ai responsabili di atti di terrorismo.

    - Arriva davanti il tribunale internazionale uno dei presunti responsabili del genocidio avvenuto in Cambogia tra il 1975 e il 1979 e costato la vita ad oltre due milioni di persone. Si tratta di Kaing Khek Lev, più noto con il nome di battaglia Duch, che era a capo di uno speciale reparto della polizia segreta. Il suo avvocato, Kar Savuth, ha dichiarato l’innocenza del suo assistito, perché “ha solo eseguito gli ordini dategli verbalmente”. Il tribunale chiamato a giudicarlo è stato istituito nel 2006, dopo otto anni di trattative tra le Nazioni Unite e il governo cambogiano.

    - E’ sempre emergenza maltempo in Cina: nelle ultime ore sono rimaste uccise altre 21 persone. Un’agenzia di stampa cinese ha riferito che sono oltre 700 i morti dall’inizio dell’estate; altre fonti parlano, invece, di almeno 500 vittime. Frane e smottamenti hanno coinvolto, complessivamente, 24 province e circa 200 milioni di persone. Le avverse condizioni meteorologiche ostacolano anche le operazioni di soccorso di 69 operai intrappolati da ieri in una miniera di carbone, nel sud del Paese. Dopo diversi tentativi, finalmente questa mattina gli operai hanno ricevuto ossigeno e 400 litri di latte. Secondo le autorità, questi aiuti permetteranno ai minatori di sopravvivere, fino a quando non verranno liberati. Secondo le organizzazioni umanitarie internazionali, ogni anno sono circa 10 mila i minatori che perdono la vita in Cina per la mancanza di adeguate condizioni di sicurezza. (Panoramica internazionale a cura di Amedeo Lomonaco e Beatrice Bossi)

     

     Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LI No. 212

     

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