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SOMMARIO del 30/07/2007

Il Papa e la Santa Sede

  • L'appello del Papa all'Angelus: promuovere il disarmo nucleare per sostenere i Paesi poveri
  • Il Papa invita a pregare per la Chiesa in Cina: un mese fa la pubblicazione della sua Lettera ai cattolici nella Repubblica popolare cinese
  • Ascolto della Parola di Gesù e servizio ai fratelli: l'esortazione del Papa ai fedeli che hanno partecipato alla recita del Rosario nei Giardini Vaticani
  • Padre Lombardi sull'Afghanistan: il Papa non dimentica le vittime innocenti dei conflitti
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • Iracheni in festa nonostante il coprifuoco per la vittoria della nazionale di calcio nella Coppa d’Asia
  • E’ morto questa mattina il grande regista svedese Ingmar Bergman. Aveva 89 anni
  • Chiesa e Società

  • Oxfam rivela che la crisi umanitaria in Iraq tocca un terzo della popolazione
  • Repubblica Democratica del Congo: il governo stima sei milioni di sfollati a causa della guerra
  • In Africa occidentale molte donne continuano a morire durante il parto

  • Cina, India, Bangladesh e Nepal duramente colpite dalle alluvioni
  • Dopo le frane e le alluvioni, in Indonesia sale la tensione per la ripresa della violenza interreligiosa
  • “Campagna contro la febbre dengue” nelle Filippine. Da oggi, per una settimana, al suono delle campane i cittadini bonificheranno i terreni
  • Uccisi due sacerdoti cattolici a Città del Messico nell’ultima settimana
  • L’arcidiocesi di Maringà, in Brasile, organizza visite casa per casa con lo scopo di analizzare la realtà della Chiesa locale
  • Domenicani in Capitolo a Bogotà: al centro dei lavori i criteri di mutuo soccorso tra Province

  • In vista della visita del Papa, in Austria è attivo un servizio per ricevere notizie sul magistero di Benedetto XVI
  • 24 Ore nel Mondo

  • In Iraq, almeno sei morti per un’autobomba in un quartiere commerciale di Baghdad - Cerimonia di riconciliazione, in Costa d’Avorio, dopo il tentato colpo di Stato del settembre 2002. Il presidente Gbagbo incontra il leader degli ex ribelli - Afghanistan, scaduto l’ennesimo ultimatum dei talebani per la liberazione dei 22 ostaggi sudcoreani; Kabul chiede altre 48 ore
  • Il Papa e la Santa Sede



    L'appello del Papa all'Angelus: promuovere il disarmo nucleare per sostenere i Paesi poveri

    ◊   Vasta eco hanno suscitato le parole di Benedetto XVI, che ieri prima della recita dell’Angelus, ha ricordato il cinquantesimo anniversario dell'AIEA, l'Agenzia Internazionale per l'Energia Atomica, l'organismo dell'ONU che vigila contro il proliferare delle armi nucleari. Il servizio è di Salvatore Sabatino:


    “Alla corsa agli armamenti – ha detto il Pontefice - si deve sostituire uno sforzo comune per mobilitare le risorse verso obiettivi di sviluppo morale, culturale ed economico, ridefinendo le priorità e le scale di valori”:

    I cambiamenti epocali avvenuti negli ultimi 50 anni evidenziano come, nel difficile crocevia in cui l’umanità si trova, sia sempre più attuale e urgente l’impegno di incoraggiare la non proliferazione di armi nucleari, promuovere un progressivo e concordato disarmo nucleare e favorire l’uso pacifico e sicuro della tecnologia nucleare per un autentico sviluppo, rispettoso dell’ambiente e sempre attento alle popolazioni più svantaggiate”.

    Un vibrante appello, quello di Benedetto XVI, che fa riferimento ad un contesto ad alta tensione, in cui a detenere l’atomica in maniera ufficiale sono i 5 membri permanenti del Consiglio di Sicurezza dell’ONU: la Russia e gli Stati Uniti con oltre 5.000 testate attive, la Francia con 350 testate, il Regno Unito con 200 e la Repubblica Popolare Cinese con 130 testate. Ci sono, poi, i Paesi che non potrebbero avere la bomba atomica, pur dichiarando di possederla; ed è il caso di India, Pakistan e Corea del Nord. Non hanno mai aderito al Trattato di non proliferazione, firmato nel 1968, ma tutti e tre hanno condotto test. C’è poi, Israele, che ufficialmente non ha l’atomica, ma è sospettata da parte della comunità internazionale di possedere tra le 70 e le 200 testate. Capitolo a parte è, invece, il caso Iran che ufficialmente sostiene di voler soltanto creare una capacità atomica a scopo civile, ma è sospettata di voler pianificare la bomba. E' attualmente sotto osservazione attraverso faticose trattative condotte dai Paesi europei sotto supervisione AIEA. Un contesto, dunque, quello atomico, complesso e difficile da analizzare, strettamente legato ai cambiamenti geopolitici. Un contesto che, dopo la fase di deterrenza reciproca fra blocco sovietico e statunitense, vive ora una sorta di anarchia senza un assetto stabile. Abbiamo raccolto il commento di Fabrizio Simoncelli, esperto di questioni nucleari di “Archivio Disarmo”:

     
    R. – Dobbiamo prendere atto che effettivamente il Trattato di non proliferazione nucleare, firmato tanti anni fa in piena guerra fredda, ha avuto il pregio da un lato di limitare il numero dei Paesi possessori spingendo e portando alcuni Paesi che erano sulla strada per dotarsi di tale tipo di armamento, a rinunciare; pensiamo al Sudafrica, pensiamo recentemente alla Libia, ma rimane il dato di fatto che comunque altri Paesi, nel corso di questi anni, hanno purtroppo seguito questa via uscendo dal Trattato medesimo, come il caso della Corea del Nord, altri non firmandola neppure.

     
    D. – Il pericolo maggiore oggi è che la tecnologia nucleare possa finire in mano ai gruppi terroristici. Questa un’ipotesi remota secondo lei o è purtroppo reale?

     
    R. – Purtroppo è reale, forse non tanto la tecnologia per realizzare sistemi missilistici intercontinentali e testate altamente sofisticate, ma ad esempio è altamente probabile e realizzabile la cosiddetta bomba nucleare sporca, la testata composta di esplosivo di tipo convenzionale, legata a materiali radioattivi che avrebbero non tanto l’effetto distruttivo quanto l’effetto appunto della diffusione di materiale radioattivo su un territorio e quindi una contaminazione molto vasta.

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    Il Papa invita a pregare per la Chiesa in Cina: un mese fa la pubblicazione della sua Lettera ai cattolici nella Repubblica popolare cinese

    ◊   “Perché la Chiesa in Cina testimoni una sempre maggiore coesione e possa manifestare l’effettiva e visibile comunione con il Successore di Pietro”: questa l’intenzione missionaria di preghiera proposta da Benedetto XVI per il mese di agosto. Ascoltiamo in proposito una riflessione di padre Vito Del Prete, segretario generale della Pontificia Unione Missionaria, trascorso un mese esatto - oggi - dalla pubblicazione della Lettera del Santo Padre ai fedeli della Chiesa cattolica che vivono nella Repubblica popolare cinese. L’intervista è di Roberta Gisotti:

    D. – Padre Vito, la Lettera del Papa ha suscitato un grande interesse mediatico internazionale, che si è però spento nel giro di pochi giorni, ma non certo si è spento l’interesse tra i destinatari della Lettera, richiesti di raccogliere una grande sfida...

     
    R. – Io credo che i mass media, erano più interessati a sapere quali tendenze assumessero la Santa Sede e il governo cinese a livello diplomatico. La Lettera, però, in realtà, il problema lo riporta proprio alla comunità cinese. Bisogna guardare alla questione cinese in termini ecclesiali. Bisogna purificare la memoria, perchè ci sono stati dei problemi enormi, dal 1948 in poi. Bisogna dimenticare chi riporta o assume un’identità cristiana fortissima in contrapposizione ad un’altra parte della Chiesa. Bisogna ritornare a quella che è la comunione tra tutte le Chiese, non solo della Cina, ma del mondo, e all’unità col Pontefice. E questo è un fatto ecclesiale, non è un fatto politico.

     
    D. – Ricomporre questa unione naturalmente significa, in qualche modo, aggirare l’ostacolo di relazioni diplomatiche, che naturalmente hanno forse dei tempi molto più lunghi...

     
    R. – E’ bene che la Santa Sede sia interessata ad allacciare relazioni diplomatiche, ma non a tutti i costi. La parte più essenziale, che interessa la Chiesa, è che ci sia questa comunione all’interno e dell’Episcopato cinese e dei cattolici in Cina, perché questo è il nucleo fondamentale. La Cina sta attraversando un grande cambiamento, è vero economico, ma anche socio-culturale. Il che vuol dire che sta forgiando una nuova identità. In questo senso la Chiesa cinese deve affrontare le sfide dell’evangelizzazione che sono in tutto il mondo e particolarmente nella Cina di oggi. E in questo contesto superare divisioni, giudizi di contrapposizione tra una parte e l’altra e non farsi influenzare da quegli organi che sono stati creati dallo Stato per controllare la Chiesa. Non è quello il punto di riferimento. Quindi, è un discorso che si fa all’interno della coscienza dei cattolici. Il Papa in questo spera molto, perché i cattolici cinesi hanno il cuore cattolico sia dall’una che dall’altra parte e da questo grande cuore cattolico deve sgorgare l’unità.

     
    D. – In questo cammino verso la comunione davvero la Chiesa in Cina ha bisogno della preghiera della Chiesa universale...

     
    R. – Questo è uno dei punti forti, perchè il Papa ha sempre detto che in realtà non è una questione di convenzioni politiche, ma la comunione tra le Chiese - questa unità - è un fatto non solalemente ecclesiale, ma dello Spirito Santo. E bisogna ritornare fortemente alla preghiera, alla contemplazione e chiedere al Padre, che fa l’unità di tutto il genere umano, che dia questa forza ai cattolici della Cina, perchè possano veramente superare le loro divisioni.

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    Ascolto della Parola di Gesù e servizio ai fratelli: l'esortazione del Papa ai fedeli che hanno partecipato alla recita del Rosario nei Giardini Vaticani

    ◊   “Un’occasione propizia per meditare, su invito di Cristo, a restare sempre in docile ascolto della sua parola e nel generoso servizio ai fratelli, seguendo l’esempio delle sante sorelle Marta e Maria”: ha definito con queste parole Benedetto XVI la tradizionale recita del Rosario nei Giardini Vaticani nella festa di Santa Marta, che la Chiesa ha ricordato ieri. In un telegramma a firma del cardinale segretario di Stato Tarcisio Bertone, inviato a mons. Angelo Comastri che ha presieduto la preghiera, il Papa ha voluto esprimere un grazie particolare ai religiosi e alle religiose che prestano il loro servizio in Vaticano. Il servizio di Tiziana Campisi:

    Si sono radunate intorno all’effige della Madonna del Divino Amore, ieri sera, le centinaia di fedeli che lungo i viali dei Giardini Vaticani, recitando il Rosario, hanno meditato sulle figure di Marta e Maria. La processione “aux flambeaux” si è fermata davanti alle edicole votive dedicate alla Madonna di Czestochowa, Guadalupe, Fatima, Lourdes ed ancora della Madonna della Guardia e della Misericordia. L’ultima decina di “Ave Maria” è stata guidata dalle monache benedettine del monastero di clausura “Mater Ecclesiae”, voluto in Vaticano da Giovanni Paolo II nel ’94, perché le religiose accompagnino con le loro preghiere le attività del Pontefice e della Curia Romana. Nel convento si alternano a rotazione, ogni cinque anni, diverse comunità religiose, per questo, alla preghiera di ieri sera, si sono unite, nella stessa ora e secondo il loro fuso orario, le monache che sono già state in Vaticano. E ai fedeli che hanno preso parte alla processione, la badessa del monastero “Mater Ecclesiae”, madre Maria Sofia Cicchetti, ha rivolto queste parole:

     
    "Noi, suore di clausura, siamo veramente sorelle vostre, tutte al servizio di Gesù. Apparteniamo a Lui e serviamo con fede e con amore Lui e la Santa Chiesa. Cerchiamo di essere sempre unite nella preghiera reciproca, nella preghiera per tutti i nostri fratelli nel mondo e nella fedeltà sempre più viva e generosa a Gesù e alla Santa Chiesa".
     
    Organizzato dall’Associazione dei Santi Pietro e Paolo e nato da un’idea di mons. Raffaello Lavagna per il giorno di Santa Marta, il Rosario si è concluso con la recita della poesia di Jacopone da Todi “Donna del Paradiso, lo tuo figliolo è priso”:

     
    Nunzio. - "Donna del paradiso, lo tuo figliolo è priso, Jesu Cristo beato".

     
    Donna del popolo. - "Accurre, donna, e vide che la gente l'allide! Credo che 'llo s'occide, tanto l'on flagellato".

     
    Maria. - "Como esser porrìa che non fece mai follia, Cristo, la speme mia, om' l'avesse pigliato?".

     
    Gesù. - "Mamma, perché te lagni? Voglio che tu remagni, che serve i miei compagni ch'al mondo agio acquistato".
     
    E prendendo spunto dalle parole del poeta, mons. Angelo Comastri ha esortato i fedeli a meditare più spesso le pagine sulla Passione di Gesù, quindi, sul pellegrinaggio lungo i Giardini Vaticani, ha detto:
     
    "Idealmente continuiamo il pellegrinaggio per imparare da Maria il sì. La cosa bella è che ogni giorno si ricomincia. Ogni giorno dobbiamo noi rivivere la pagina dell’Annunciazione. Ogni giorno Dio ci manda il suo Angelo a farci una proposta di bene, a chiedere una collaborazione anche a noi. E la cosa bella è che ogni giorno possiamo ridire il sì con Maria. Tornando a casa sappiate che il pellegrinaggio continua, anzi, possiamo dire inizia. Perché dopo la preghiera, il pellegrinaggio deve veramente incominciare con un cuore nuovo".
     

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    Padre Lombardi sull'Afghanistan: il Papa non dimentica le vittime innocenti dei conflitti

    ◊   ''Il Papa ha manifestato innumerevoli volte il suo dolore per le vittime innocenti dei tanti conflitti in corso nel mondo. Non le dimentica assolutamente''. E' quanto afferma il direttore della Sala Stampa vaticana, padre Federico Lombardi, interpellato dall'ANSA in merito alla richiesta rivolta ieri dai talebani afghani a Benedetto XVI di condannare le perdite inflitte ai civili da parte delle forze internazionali in Afghanistan. I talebani rispondevano così alla condanna, pronunciata ieri dal Pontefice durante l’Angelus, della presa degli ostaggi sudcoreani.

    ''Con l'appello di ieri - sottolinea il portavoce vaticano - il Papa ha inteso manifestare la preoccupazione per il diffondersi di una forma particolarmente odiosa di violenza che si esprime nella cattura di ostaggi innocenti e nella minaccia della loro uccisione. In questo modo si aggrava ulteriormente l'orribile circolo vizioso dell'odio e della morte''. ''E' un appello - conclude padre Lombardi - che chiunque abbia a cuore il rispetto e la dignità della persona umana e la causa della pace non può non condividere''.

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   Servizio vaticano – “Le conoscenze scientifiche e tecniche vengano sempre applicate nel pieno rispetto del diritto internazionale”: Benedetto XVI prosegue all'Angelus la riflessione sul tema della pace e, nel cinquantesimo anniversario dello Statuto dell'Agenzia Internazionale per l'Energia Atomica, auspica un progressivo disarmo nucleare.

    Servizio estero - Afghanistan: scaduto l'ultimatum per i ventidue ostaggi sudcoreani.

    Servizio culturale - Un articolo di Gaetano Vallini dal titolo “Quando la Storia passa lasciando una scia di morte e di odio”: uno studio sulle stragi nazifasciste alla ricerca di una “memoria condivisa”.
     Servizio italiano - In rilievo il tema delle intercettazioni.

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    Oggi in Primo Piano



    Iracheni in festa nonostante il coprifuoco per la vittoria della nazionale di calcio nella Coppa d’Asia

    ◊   Nonostante il coprifuoco imposto dalle autorità, un fiume di iracheni avvolti da drappi neri, bianchi e rossi ha invaso ieri le strade di Baghdad e non solo per festeggiare la vittoria della nazionale di calcio dell’Iraq che - per la prima volta - si è aggiudicata la Coppa d'Asia. Nella finale a Giakarta, in Indonesia, gli iracheni hanno battuto per 1 a 0 l'Arabia Saudita. A segnare il gol della vittoria, il capitano Younes Mahmud, che ha guidato senza esitazioni una squadra di giocatori sciiti, sunniti e curdi. Proprio sulla vittoria di questa formazione unita dalla bandiera irachena, Giada Aquilino ha raccolto il commento di mons. Philip Najim, procuratore apostolico della comunità caldea in Europa:


    R. - E’ l’autentica faccia dell’Iraq e della sua identità. Quella di ieri è stata davvero la squadra nazionale che rappresentava tutti gli iracheni: l’Iraq è sempre stato così, non c’è mai stata distinzione tra sciiti, sunniti, curdi o altre etnie locali. Un popolo unito dal gioco del calcio, uno sport che poi fa parte della cultura irachena.

     
    D. – I tifosi hanno detto che i politici iracheni dovrebbero prendere esempio dai calciatori ed unire l’Iraq. E’ possibile?

     
    R. – L’Iraq potrebbe anche essere come la squadra che ieri ha giocato e vinto, che ha lavorato per il popolo, per la bandiera e per la pace. L’auspicio è che i politici, se intenzionati davvero a impegnarsi a favore dell’uomo, riescano ad alleviare le sofferenze del Paese per creare un futuro nuovo e prosperoso.

     
    D. – Perché non è stato possibile fino ad ora?

     
    R. – Perché spesso i politici, nei rispettivi rami, hanno avuto interessi personali e non hanno dato la priorità alla Nazione e al popolo iracheno.

     
    D. – Allo stadio di Giakarta, per la finale, c’era lo striscione: “La guerra non ucciderà mai il calcio”. Quali altre cose non riuscirà a fare la guerra?

     
    R. – La guerra non può uccidere l’amore, la guerra non può uccidere la pace, la guerra non può uccidere l’uomo: magari lo uccide fisicamente ma non spiritualmente. Questo è lo spirito degli iracheni. Ciò che unisce gli iracheni, a prescindere che siano sunniti o sciiti, musulmani o cristiani, è la terra. Perciò la guerra e il terrorismo specialmente non riusciranno mai a fermare il processo iracheno verso la pace.

     
    D. – Ci sono segnali di cambiamento?

     
    R. – Certamente. La vittoria calcistica di ieri è stata una grande lezione e anche una grandissima sfida contro il terrorismo. I giocatori della nazionale hanno dato così una lezione al terrorismo e cioè che la volontà dell’iracheno, per raggiungere la meta della pace e di un avvenire migliore per il Paese, esiste davvero ed esisterà anche in futuro.

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    E’ morto questa mattina il grande regista svedese Ingmar Bergman. Aveva 89 anni

    ◊   All’età di ottantanove anni si è spento questa mattina sull’amata isola di Faaro, nel Mar Baltico, dove si era ritirato, il regista svedese Ingmar Bergman: nato a Uppsala nel 1918, è considerato giustamente uno dei più importanti registi della storia del cinema, capace sempre di toccare i temi fondamentali della vita e della società. Il servizio di Luca Pellegrini:
     

     
    - "Chi sei tu?"
    - "Sono la morte".
    - "Sei venuto a prendermi?"
    - "E' già da molto che ti cammino a fianco".
    - "Me ne ero accorto".
    - "Sei pronto?"
    - "Il mio spirito lo è, non il mio corpo".

    E’ terminata in silenzio, in nobile discrezione, e chissà con quale vincitore, la partita a scacchi più lunga e famosa della storia del cinema. Ingmar Bergman, uomo della metafora, artista dell’animo, creatore di immagini: sua quella della morte che nel Settimo sigillo, capolavoro del 1956, fronteggia il dubbioso cavaliere Antonius Block, giocandosi la sua anima e con la sua quella di un popolo e di una intera storia. Crepuscolare, seducente, lirico e implacabile, imbevuto, perché educato, dei concetti di peccato e colpa, perdono e grazia: religioso in modo personale, schivo, sfuggente alle luci effimere che animano sovente il mondo del cinema – anche se vincitore dei massimi premi internazionali – perché illuminato da quelle algide della sua terra e della sua esistenza, Bergman è entrato a pieno titolo nella storia delle arti, regista dell’umano e del divino, il volto del primo squarciato spesso dal dolore e dalla violenza che cova nel suo cuore, il volto del secondo absconditus, sempre nascosto, giudicante e onnipotente.

     
    Troppi i titoli, oltre sessanta, che una sapiente critica e storiografia dovrebbero qui ricordare. Ma esemplare, per sintesi e coerenza, il contrapporsi di due coppie pudicamente emergenti dalle sue personali esperienze di vita e da una autobiografia sempre instillata nei suoi lavori, siano essi per lo schermo, per la televisione e il teatro. Da un lato ecco la giovinezza e la formazione, prima spensierate e poi crudeli, di Fanny e Alexander, che trovano rifugio nel mondo parallelo della “lanterna magica”, fantasia e spiriti in lotta con la realtà e gli uomini per assicurare un briciolo di felicità nell’inesorabile procedere della vita e delle generazioni; dall’altro, anche se di nove anni precedente e ancora sotto l’effetto dei moti libertari del ‘68, quasi uno specchio in cui l’infanzia riflette la propria maturità, appare la coppia “esemplare” formata da Johan e Marianne, protagonista delle Scene da un matrimonio, indagine, se vogliamo, anche spietata sulle convenzioni sociali e, in un film estremamente dialogato e parlato, denuncia accorata dell’incomunicabilità umana. La complessità del lavoro non ostacola, anche questa volta, la sintesi spirituale che ha sempre contraddistinto il cinema di Bergman, in cui la società, “come in uno specchio”, riflette il più delle volte le sue inadeguatezze e le sue illusorie e fallaci speranze.

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    Chiesa e Società



    Oxfam rivela che la crisi umanitaria in Iraq tocca un terzo della popolazione

    ◊   In Iraq è in corso una crisi umanitaria che coinvolge almeno otto milioni di persone, circa un terzo della popolazione del Paese. A rivelarlo è un rapporto della ONG inglese Oxfam, distribuito oggi ad Amman insieme ad altre organizzazioni che operano nel paese. I numeri presentati nel documento sono impressionati: Il 28 per cento dei bambini è malnutrito, il 15 per cento della popolazione fatica a trovare da mangiare, il 70 per cento soffre per la mancanza di acqua potabile, e ben il 43 per cento degli iracheni "soffre di povertà assoluta". La situazione, spiega la ONG, si è deteriorata sempre più dall'intervento degli Stati Uniti, e proprio a causa della guerra, degli attentati e del terrorismo rischia di passare in secondo piano e di essere dimenticata dalla comunità internazionale. Sono molte poi le associazioni umanitarie internazionali che a causa di queste violenze hanno dovuto limitare la loro presenza sul territorio, e sempre per questioni di sicurezza le ONG locali si trovano in difficoltà ad accettare aiuti dai paesi che hanno truppe schierate in Iraq. Alla luce di questi dati, le organizzazioni che operano in Iraq hanno quindi esortato le Nazioni Unite e i donatori internazionali a fare di più, perché se i bisogni essenziali vengono negati, il Paese sarà ancora più destabilizzato. (A cura di Marco Guerra)

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    Repubblica Democratica del Congo: il governo stima sei milioni di sfollati a causa della guerra

    ◊   Almeno sei milioni di congolesi sono stati costretti a lasciare le loro case negli ultimi anni per sfuggire ai conflitti che hanno devastato gran parte della Repubblica democratica del Congo. Il dato che punta i riflettori sulla drammatica realtà del paese africano è stato reso noto dal ministro per gli affari umanitari, Jean-Claude Muyambo, al termine di una missione sul terreno che lo ha portato in diverse regioni del paese. L’entità dell’emergenza è quindi di proporzioni sensibilmente più ampie di quanto stimato finora dall’Alto commissariato ONU per i rifugiati (Acnur/Unhcr), che calcolava in un milione e 100 mila persone il numero complessivo degli sfollati e in 400 mila quello dei civili espatriati a causa della guerra, ufficialmente archiviata nel 2003. “A questo grave scenario – ha spiegato Muyambo - si aggiunge il numero crescente dei congolesi rimpatriati dall’Angola”. Il ministro ha poi annunciato la costruzione di nuovi e più numerosi alloggi popolari a Kinshasa, dove secondo le organizzazioni umanitarie almeno 50.000 persone sono attualmente senza tetto a causa di alluvioni e smottamenti e per la recente demolizione di abitazioni abusive decisa dal sindaco; altre abitazioni saranno erette anche nel centro minerario di Lumumbashi che versa in condizioni analoghe a quelle della capitale (M.G.)

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    In Africa occidentale molte donne continuano a morire durante il parto
     

    ◊   La Sierra Leone è Paese dell’Africa sub sahariana con il più alto rischio di morte per le donne incinte. Secondo le statistiche demografiche della Banca Mondiale, seguono il Niger, il Malawi, l’Angola e la Tanzania. Proprio in quest'ultimo Paese, la povertà, l’inadeguatezza del sistema sanitario e assistenziale, gli scarsi investimenti e la carenza dei trasporti peggiorano ogni anno la situazione. Nel 2005, il governo tanzaniano ha registrato un tasso di mortalità materna di 578 decessi ogni 100 mila nati vivi. Come riferisce l’agenzia Fides, in molti casi una mancata educazione fa preferire alle donne il parto in casa, piuttosto che il ricovero in ospedale. Il ministro della Salute, David Mwakyusa, ha annunciato l’impegno del governo tanzaniano di ridurre entro il 2010, il tasso di mortalità materna a 265 decessi ogni 100 mila nati. Il presidente della Tanzania, Jakaya Kikwete, ha promesso cure più efficienti, migliori attrezzature e maggiore coordinamento tra le cliniche. (B.B.)
     

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    Cina, India, Bangladesh e Nepal duramente colpite dalle alluvioni

    ◊   In tutta l’Asia si contano i danni causati dalle ingenti piogge monsoniche che si sono abbattute in diverse aree del continente. In Cina circa 700 persone sarebbero morte a causa di straripamenti, fulmini e smottamenti dovuti al maltempo che ha colpito 119 milioni di persone e causato la perdita economica di 52,5 miliardi di yuan. Le province più colpite sono quella centrale di Hubei dove sono in piena lo Yangtze, il più lungo fiume cinese, e lo Han, il suo principale affluente, quella nordoccidentale di Shaanxi e quella orientale di Anhui. Sempre per le alluvioni 69 minatori sono rimasti intrappolati in una miniera di carbone nella provincia di Henan. Morti anche in Nepal, dove hanno perso la vita 23 persone. 13 sono invece le vittime in Bangladesh, dove gli sfollati a causa dello straripamento dei fiumi sono circa 675 mila. Si registrano infine anche 70 morti nel nord-est dell'India; qui il livello delle acque dei fiumi principali e dei loro affluenti ha superato la soglia di allerta, mentre il fiume Brahmaputra è già straripato costringendo 4 milioni di persone ad abbandonare le proprie abitazioni. “La frequenza e l'intensità degli eventi del maltempo stanno aumentando: i record di tempeste e siccità sono stati superati più volte. Questo è in parte strettamente associato al surriscaldamento globale" ha detto Dong Wenjie, direttore generale del Centro climatico di Pechino (M.G.)

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    Dopo le frane e le alluvioni, in Indonesia sale la tensione per la ripresa della violenza interreligiosa

    ◊   Non c’è pace per la martoriata Indonesia, dove le sciagure ambientali si sommano alla ripresa della violenza interreligiosa. Il recente terremoto nell’isola di Sulawesi non è, infatti, la preoccupazione più grande per le autorità del Paese. Questo malgrado oltre 100 persone risultino morte o disperse, e l’isola sia devastata da frane e alluvioni dovute alle forti piogge degli ultimi giorni, mentre migliaia di profughi ricevono aiuti di emergenza, soprattutto nella provincia centrale dell'isola, la più colpita. Secondo quanto riferisce l’agenzia Fides la paura maggiore è il rischio che si riaccenda la violenza tra la comunità cristiana e quella musulmana, dopo un periodo di relativa calma e dopo che la popolazione stava cercando di tornare alla normalità. La recrudescenza delle tensioni è dovuta alla sentenza di un tribunale che ha suscitato proteste e malcontento, condannando 17 cristiani protestanti a pene fino a 14 anni di carcere per aver ucciso lo scorso settembre due musulmani a Poso, nella parte occidentale dell'isola. I due omicidi furono una rappresaglia per l'esecuzione di tre cristiani, la nota vicenda di Tibo e compagni. La città di Poso rimane quindi un punto caldo, poiché a differenza del resto dell'arcipelago indonesiano, dove i musulmani sono in maggioranza schiacciante, i cristiani rappresentano metà della popolazione. In passato gli scontri tra le due comunità provocarono oltre duemila morti, finchè nel 2001 fu firmato un accordo di pace che ha instaurato un fragile equilibrio (M.G.)

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    “Campagna contro la febbre dengue” nelle Filippine. Da oggi, per una settimana, al suono delle campane i cittadini bonificheranno i terreni

    ◊   Da oggi al 6 agosto, alle 4 del pomeriggio le campane dell’arcidiocesi di Jaro, nella provincia di Iloilo, nella repubblica delle Filippine, suonano per combattere la febbre dengue. “Al rintocco della campana, tutti gli abitanti dei 180 villaggi della zona si attiveranno per bonificare tutti quei luoghi che favoriscono la proliferazione della zanzara responsabile della malattia”, è quanto afferma il promotore dell’iniziativa mons. Angel N. Lagdameo, arcivescovo di Jaro e presidente della Conferenza episcopale filippina. Come riferisce l’agenzia Asianews, tra le proposte della “Campagna contro la degue” c’è anche la creazione di comitati parrocchiali che collaborino con il governo, per combattere la malattia. Dall’inizio dell’anno, il centro sanitario della regione Western Visayas, al centro dell’arcipelago, ha registrato oltre 1000 casi di febbre dengue. Nello stesso periodo dello scorso anno, si erano registrati 304 casi: la crescita è pari al 180%. Al momento, non ci sono vaccini e cure specifiche per combattere la malattia. (B.B.)

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    Uccisi due sacerdoti cattolici a Città del Messico nell’ultima settimana

    ◊   Il corpo senza vita di un missionario degli Oblati di Maria Immacolata (OMI), padre Ricardo Junious, è stato trovato ieri nella casa sacerdotale di una chiesa cattolica, nel quartiere di San Rafael a Città del Messico. Secondo le prime informazioni diffuse dalla polizia locale, un confratello della vittima avrebbe trovato il cadavere riverso a terra, con le mani e i piedi legati, senza ferite visibili. Sul caso indaga la polizia criminale, la polizia scientifica e la procura della repubblica. Intanto la polizia ha arrestato due uomini, di cui uno reo confesso, accusati di essere coinvolti nell’omicidio di padre Fernando Sánchez Durán, il sacerdote ucciso lo scorso 22 luglio. Il prete, morto apparentemente per asfissia, venne trovato dalle forze dell’ordine giovedì scorso in uno stagno di Tepejí del Río, a nord della capitale. Secondo il procuratore generale José Rodriguez Calderón si sarebbe trattato di un assassinio a scopo di rapina. Sale così a due, il numero dei sacerdoti uccisi a Città del Messico, nell’ultima settimana. (A cura di Beatrice Bossi)

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    L’arcidiocesi di Maringà, in Brasile, organizza visite casa per casa con lo scopo di analizzare la realtà della Chiesa locale

    ◊   L’arcidiocesi di Maringà, in Brasile, nei prossimi tre mesi promuoverà visite di casa in casa, per analizzare la realtà della Chiesa locale ed elaborare un nuovo piano di evangelizzazione dell’arcidiocesi. L’iniziativa si inserisce nel quadro delle richieste della conferenza di Aparecida alla chiesa in America Latina, di essere più missionaria. “Discepolato e missione formano il binomio che ci accompagnerà in questo processo di valutazione e pianificazione”, ha dichiarato all’agenzia Zenit mons. Anuar Battisti, arcivescovo di Maringà. Secondo il presule, la comunità sta vivendo un “cambiamento d’epoca” e “la chiesa ha bisogno di attualizzare il suo modo di lavorare, per rispondere alle reali necessità del nostro popolo”. I dati ricavati dalla missione non verranno divulgati, ma serviranno solo da luce per la scelta di priorità e di azioni concrete. (B.B.)

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    Domenicani in Capitolo a Bogotà: al centro dei lavori i criteri di mutuo soccorso tra Province
     

    ◊   Ottanta superiori provinciali domenicani sono in riuniti in capitolo dallo scorso 16 luglio a Bogotà, in Colombia. I superiori - scrive il quotidiano Avvenire - sono impegnati nei lavori del capitolo fino al prossimo 8 agosto, in rappresentanza di quasi 7mila frati, impegnati nelle università, nelle parrocchie, nell’apostolato sociale e spirituale, nel dialogo interreligioso ed ecumenico. Per l’occasione, padre Carlos Azpiroz Costa, maestro generale dei frati predicatori, ha ribadito con forza l’importanza dell’appartenenza all’ Ordine, affermando che i Domenicani non sono “una collezione di Province”. Quanto evidenziato dal maestro generale ha dato lo spunto per la definizione dei criteri della collaborazione delle Province sui temi della missione comune e di aiuto reciproco. Si è convenuto in particolare che la collaborazione deve soprattutto coinvolgere lo scambio del personale e l’aiuto economico tra province con maggiori disponibilità verso quelle più povere. A tal proposito non sono mancate fin da subito le offerte di mutua assistenza tra le province: dall’Italia, ad esempio, è arrivata la disponibilità a prendersi carico di una nuova presenza domenicana in Romania, e in tutto l’Est Europa l’Ordine intende impegnarsi per rafforzare la propria presenza. Al momento gli ottanta provinciali proseguono le sessioni di lavoro in commissioni ristrette per analizzare le diverse problematiche ed individuare proposte e soluzioni vincolanti – secondo gli statuti – verso il maestro generale e il consiglio che lo affianca (M.G - F.M.)

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    In vista della visita del Papa, in Austria è attivo un servizio per ricevere notizie sul magistero di Benedetto XVI

    ◊   Al via ieri in Austria un innovativo servizio SMS che consente di ricevere gratuitamente, a chi ne faccia richiesta, informazioni sulla preparazione della prossima visita del Papa, sul suo magistero, nonché sui principali scritti del cardinale J. Ratzinger. Il servizio si protrarrà per tutto il periodo estivo fino alla visita di Benedetto XVI in programma tra il 7 e il 9 settembre. Sarà inoltre possibile ricevere materiale informativo della catechesi preparatoria alle celebrazioni degli 850 anni del Santuario della Madonna di Mariazell e seguire il pellegrinaggio dei giovani europei a Mariazell, dal 12 al 15 agosto, in preparazione della visita del Santo Padre. Per attivare il servizio si possono trovare tutte le informazioni sul sito ufficiale della Conferenza episcopale austriaca, dedicato alla visita di Benedetto XVI (www.papstbesuch.at). La Chiesa austriaca si prepara così ad accogliere il Santo Padre coinvolgendo tutti i fedeli anche con l’ausilio dei più moderni strumenti telematici, mentre a Mariazell proseguono i preparativi logistici e spirituali. Non è un caso, infatti, che la conferenza episcopale austriaca abbia scelto questo luogo per svolgere la sua assemblea estiva, al termine della quale è stata pubblicata una lettera pastorale rivolta a tutti i fedeli del Paese. “L'intera varietà della vita ecclesiastica austriaca verrà rappresentata a Mariazell festeggiando in gioia la fede comune”, scrivono i presuli, che invitano a partecipare “le parrocchie dal Lago di Costanza fino al Neusiedlersee, il postulato laico, i vari ordini di sorelle e fratelli, preti e diaconi, seminaristi insieme a tanti pellegrini provenienti da paesi confinanti e vescovi austriaci e stranieri” (M.G.)

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    24 Ore nel Mondo



    In Iraq, almeno sei morti per un’autobomba in un quartiere commerciale di Baghdad - Cerimonia di riconciliazione, in Costa d’Avorio, dopo il tentato colpo di Stato del settembre 2002. Il presidente Gbagbo incontra il leader degli ex ribelli - Afghanistan, scaduto l’ennesimo ultimatum dei talebani per la liberazione dei 22 ostaggi sudcoreani; Kabul chiede altre 48 ore

    ◊   Mattinata di sangue in Iraq, dopo i festeggiamenti per la vittoria della nazionale di calcio irachena alla Coppa d’Asia. Un minibus imbottito di esplosivo è saltato in aria in un quartiere commerciale a prevalenza sciita di Baghdad, uccidendo almeno 6 persone e ferendone oltre 30. E poi, il comando statunitense ha fatto sapere che tre soldati americani sono stati uccisi la settimana scorsa nella provincia sunnita occidentale di Anbar, roccaforte dei ribelli. Sul fronte diplomatico, intanto, ieri l’ambasciatore USA all'ONU, Zalmay Khalilzad, ha accusato l'Arabia Saudita ed altri Paesi alleati degli Stati Uniti in Medio Oriente di sabotare gli sforzi fatti per ridurre le violenze in Iraq. E prende il via oggi la visita nella regione mediorientale del segretario di Stato americano, Condoleezza Rice, e del segretario alla Difesa, Robert Gates. Egitto e Arabia Saudita saranno le tappe del loro tour diplomatico. Al centro degli incontri, la situazione in Iraq e la posizione statunitense nell’area, in relazione alle minacce iraniane, oltre che il processo di pace in Medio Oriente.

    - E si è discusso anche della difficilissima situazione irachena ieri a Camp David nell’incontro tra il presidente degli Stati Uniti, George W. Bush, e il nuovo premier britannico, Gordon Brown. Si tratta del primo meeting tra i due, dopo l’uscita di scena di Tony Blair. Al centro dei colloqui, che proseguiranno anche oggi, anche il conflitto in Darfur, il programma nucleare iraniano, i cambiamenti climatici e gli sforzi per rivitalizzare il ‘Doha round’ sul commercio internazionale.

    - Proseguono, in Afghanistan, le trattative per la liberazione dei 22 sudcoreani nelle mani dei talebani dal 19 luglio scorso. E’ scaduto alle 13.30 l'ennesimo ultimatum lanciato dai guerriglieri, che minacciano di uccidere i prigionieri, se non verranno liberati 8 compagni detenuti nelle carceri afghane. I talebani hanno fatto sapere che, al momento, gli ostaggi sono ancora vivi. Allo scadere del precedente ultimatum, alle 9.30 di oggi, il governo di Kabul aveva chiesto altre 48 ore di tempo, mentre Seoul aveva escluso l’uso della forza. Intanto, 10 impiegati afghani di una società privata di sicurezza statunitense sono morti all’alba in un’imboscata dei talebani nella provincia meridionale di Zabul. E colpi di arma da fuoco sono stati sparati contro una pattuglia di militari italiani nella provincia occidentale di Farah, senza provocare vittime.

    - Finita nel mirino del governo di Kabul per le troppe vittime civili, la NATO ha deciso di impiegare in Afghanistan bombe meno potenti contro i talebani. Lo ha annunciato il segretario dell'Alleanza Atlantica, Jaap de Hoop Scheffer, secondo cui, tuttavia, anche con ordigni più piccoli è impossibile portare a zero il rischio di fare vittime civili.

    - E’ di sei palestinesi feriti il bilancio del raid aereo condotto stamani da Israele nella Striscia di Gaza. “E’ stato colpito un obiettivo terroristico”, ha riferito la radio militare dello Stato ebraico. Secondo fonti palestinesi, l'attacco è avvenuto contro un'automobile in transito a sud di Gaza, sulla arteria Sallah-a-din, in prossimità del campo profughi al-Maghazi. Intanto, continua il rientro a Gaza dei palestinesi bloccati in Egitto, in seguito alla chiusura del valico di Rafah; il rimpatrio è cominciato ieri attraverso il valico di Erez, al confine tra Israele e il nord della Striscia.

    - Si rafforza ulteriormente la leadership internazionale del presidente palestinese, Abu Mazen. Dopo Stati Uniti, Unione Europea e la quasi totalità dei Paesi musulmani, anche Mosca ha fatto sapere di considerare il capo di Fatah il “legittimo leader di tutti palestinesi”, a scapito dei vertici di Hamas. Lo ha dichiarato il ministro degli Esteri russo, Lavrov, ricevendo a Mosca Abu Mazen, per una serie di colloqui sulla pace in Medio Oriente e sulla Conferenza internazionale sponsorizzata da Washington. Domani, l’incontro con il capo del Cremlino, Putin.

    - Messaggio di congratulazioni del presidente iraniano, Ahmadinejad, al leader del movimento sciita libanese, Hezbollah, Hassan Nasrallah, in occasione del primo anniversario del conflitto contro Israele. Secondo Ahmadinejad, il cui messaggio è stato pubblicato dall'agenzia Isna, i 33 giorni di resistenza delle milizie sciite nel luglio e agosto del 2006 rappresentano “una luce gloriosa”, che contribuirà alla “vittoria del fronte dei seguaci di Dio”. Il presidente iraniano ha inoltre invitato le potenze occidentali a “non perdere ancor più la faccia” per sostenere “il regime sionista”.

    - E’ atteso oggi a Teheran un gruppo di ispettori dell'Agenzia internazionale per l'energia atomica (AIEA), che dovrà visitare un reattore ad acqua pesante in costruzione ad Arak, 250 chilometri a sudovest della capitale. E’ questo il primo passo in un nuovo programma di cooperazione che la Repubblica Islamica ha promesso di mettere in atto con l'AIEA, mentre rischia pesanti sanzioni da parte dell'ONU per avere ignorato tre risoluzioni del Consiglio di Sicurezza, che le chiedevano di sospendere i lavori ad Arak e l’arricchimento dell'uranio nel sito di Natanz, nella regione centrale del Paese.

    - Con la cerimonia della “Fiamma della pace”, la Costa d’Avorio celebra oggi, a Bouaké, la riconciliazione. Dopo il tentativo di golpe, nel settembre 2002, che ha diviso il Paese tra Forze nuove guidate da Guillaume Soro - nel nord - e governativi, fedeli al presidente Laurent Gbagbo - nel sud - il capo dello Stato torna nella capitale ribelle, dove stanno affluendo migliaia di persone per festeggiare. Tiziana Campisi ha chiesto a don Michele Stevanato, sacerdote Fidei donum della diocesi di Gorizia, in Costa d’Avorio da circa 24 anni, quale clima si respira in città:


    R. - Il clima che si respira è un clima molto bello e ricco di speranze, per questa riconciliazione a livello nazionale. Oggi, tutta la gente si ritrova allo stadio di Bouaké, che può contenere circa 60 mila persone, ma ne stanno affluendo molte di più. Ieri sera, c’è stata una preghiera in città, una preghiera comune, con musulmani, protestanti, cattolici, perché questo avvenimento che si vive oggi possa essere qualcosa di concreto.

     
    D. – Lei ritiene che questo gesto simbolico possa portare buoni frutti?

     
    R. – E’ la speranza di tutti. Dovrebbero prima di tutto crederci coloro che fanno questo gesto. Quelli che ci guidano dovrebbero lasciare da parte i loro interessi. Attualmente la popolazione soffre. La miseria e la povertà sono aumentate. Più si va avanti e più la situazione diventa difficile. Si avranno problemi di sicurezza se saremo ancora minacciati da furti e da chi attacca a mano armata. Quindi, la gente spera veramente che questo passo che si fa oggi, sia il passo decisivo e che tra qualche mese si possa arrivare alle elezioni presidenziali, legislative, e mettere in queste zone occupate dalle Forze nuove, le amministrazioni.

     
    D. – Quali sono le necessità più urgenti adesso in Costa d’Avorio?

     
    R. – La fame che avanza, cioè la mancanza di cibo e, in città, l’urgenza di trovare posti di lavoro, avere qualcosa per vivere.

     
    D. – Ci sono dei problemi in particolare che la Chiesa cattolica con i suoi missionari ha dovuto affrontare?

     
    R. – In passato ci sono state delle minacce, quando la Chiesa cattolica, in alcune situazioni, ha parlato un po’ più forte di certe situazioni nella zona occupata dalle Forze Nuove e con i governativi.

     
    D. – Adesso invece com’è la situazione?

     
    R. – Il clima è buono. Tutti quelli che affluiscono a Bouaké devono passare dei controlli. Cosa abbastanza normale, ma la gente sorride, parla e non guarda alle differenze etniche o di nazionalità. La gente si sente vicina in questo momento, e le Forze nuove, se devono imporsi per i controlli, alla fine hanno sempre un sorriso e in un clima che, comunque, promette bene.

    - Il Giappone alle prese con una pesante sconfitta per il Partito liberaldemocratico del premier Shinzo Abe. I dati definitivi sulle elezioni di ieri per il rinnovo parziale del Senato danno ai conservatori del primo ministro soltanto 83 seggi su un totale di 242, ben 14 in meno rispetto alle precedenti consultazioni. Al Partito democratico, la maggiore forza di opposizione del Paese, sono andati invece 109 seggi. Nonostante il risultato, Abe resta al potere e annuncia per settembre un rimpasto di governo. Il servizio di Chiaretta Zucconi:


    Ha perso, e pesantemente, il premeir Shinzo Abe alle elezioni per il rinnovo di metà del Senato, ma non si è dimesso, attribuendo la principale responsabilità della sconfitta a Shoichi Nakagawa, segretario generale del Partito liberaldemocratico che ha già annunciato le dimissioni. Dunque il 52.enne Abe resta per ora a capo dell’esecutivo ed ha già anticipato un ampio rimpasto nonostante la pesante sconfitta elettorale subita dalla coalizione conservatrice da lui guidata e formata dal Partito liberaldemocratico e dal nuovo Komeito, che secondo gli exit poll ha strappato a malapena 40 seggi, molto meno dei 64 necessari per mantenere la maggioranza al Senato, maggioranza che se le proiezioni saranno confermate, passa al partito democratico di Ichiro Ozawa, la principale forza di opposizione. Il premier Shinzo Abe, la cui popolarità tra gli elettori aveva raggiunto i minimi livelli per una serie di gaffe e scandali per corruzione, che avevano portato al suicidio di uno dei suoi ministri e alle dimissioni di altri due, ha detto che vuole portare avanti la riforma della Pubblica istruzione e rivedere le clausole pacifiste della Costituzione. (Per la Radio Vaticana, Chiaretta Zucconi).

     
    - Con una cerimonia ufficiale, si è insediato stamani a Dili il nuovo Parlamento di Timor Est, eletto lo scorso 5 luglio. Non è stato, invece, ancora raggiunto un accordo sulla formazione del governo: il Fretilin, che ha vinto le elezioni, ma non si è aggiudicato la maggioranza, rivendica il diritto di guidare l’esecutivo, come anche la coalizione di partiti che detiene la maggioranza dei seggi.

    - Il minuscolo Stato-arcipelago di Tonga, nel Pacifico, è diventato il 151.mo membro dell’Organizzazione mondiale del commercio (WTO), 12 anni dopo aver presentato domanda di ammissione. Lo ha reso noto Radio Australia, che trasmette nell’Asia-Pacifico. Una delle economie più piccole al mondo e unica monarchia nella regione, il Tonga aveva accettato le condizioni di accesso al WTO nel 2005, ma aveva rinviato fino a ora la ratifica, per avere il tempo di adeguare il sistema tariffario.

    - Tre bambini sono morti e altri sei sono rimasti feriti in Vietnam per l’esplosione di una mina risalente al conflitto con la Cina nel 1979. Le piccole vittime, tutte tra i 10 e i 14 anni, vivevano in un villaggio nel nord est del Paese. Ogni anno, in Vietnam decine di persone perdono la vita per l’esplosione di residuati bellici dispersi sul territorio del Paese.

    - E’ emergenza maltempo in Cina, dove si registrano oltre 500 vittime, per quelle che sono state definite “le peggiori inondazioni degli ultimi 10 anni”. Frane e smottamenti hanno interessato 24 province del Paese e circa 200 milioni di persone. Secondo le autorità, quasi due milioni di persone sono senza acqua potabile. Intanto, proprio le avverse condizioni meteo stanno ostacolando le operazioni di soccorso per 69 operai intrappolati da ieri in una miniera nella Cina centrale.

    - Il presidente della Mauritania, Ould Abdallahi, ha ordinato agli imam locali di organizzare “preghiere per la pioggia” in tutto il Paese minacciato dalla siccità. E’ quanto scrivono i media locali, ricordando che il rito, originario dell’epoca del Profeta, consiste in una processione in cui i fedeli implorano la generosità del cielo.

    - Europa in ginocchio per l’emergenza incendi. Diversi i focolai attivi, che continuano a distruggere migliaia di ettari di vegetazione in Bulgaria, Macedonia, Grecia e nell’arcipelago spagnolo delle Canarie. Migliaia gli evacuati. (Panoramica Internazionale a cura di Roberta Moretti)
     

     
    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LI No. 211

     

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