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SOMMARIO del 22/07/2007

Il Papa e la Santa Sede

  • Sì al dialogo per garantire la pace, no alla guerra e agli armamenti che aprono "spazi d'inferno" nel mondo: vibrante appello di Benedetto XVI all'Angelus da una Lorenzago in festa
  • Educare i giovani ad una missionarietà quotidiana: mons. Paolo Giulietti, del Servizio pastorale giovanile CEI, riflette sulle parole del Papa nel messaggio per la prossima GMG
  • Oggi in Primo Piano

  • La Turchia sceglie il nuovo parlamento, oltre 40 milioni al voto
  • Ricordare il lavoro dei missionari non solo in caso di eventi drammatici. La riflessione di padre Piero Gheddo, missionario del PIME e amico di padre Bossi
  • Nel nordest dello Sri Lanka, un nuovo padiglione dell'Ospedale rurale di Nilaveli potenzierà l'assistenza sanitaria in un'area colpita da monsoni e guerra civile
  • La cooperazione culturale tra i cristiani, veicolo privilegiato di recupero di valori socio-politici fondamentali per il futuro dell’Europa
  • Conclusa con i voti delle quattro giovani giurie la 37.ma edizione del Giffoni Film Festival. Il Grifone d'oro a pellicole di Thailandia, USA, Svezia e Francia
  • Chiesa e Società

  • Un punto di riferimento per la formazione dei giovani e la pastorale delle persone sorde: è l’obiettivo del nuovo centro “San Filippo Smaldone” di Anàpolis, in Brasile
  • “Giovani di Gesù Cristo, discepoli e missionari”. E’ il tema del IX Congresso messicano giovanile missionario in programma a Guadalajara dal 26 al 29 luglio
  • Il Rwanda chiede l’importazione di farmaci generici contro l’AIDS, in deroga a quanto stabilito dal WTO
  • Clima: smottamenti in Cina e alluvioni in Gran Bretagna, mentre il resto d’Europa è sotto la canicola
  • Cresce l’attenzione del mondo cattolico per i problemi ambientali. In agosto, saranno un centinaio i giovani impegnati nell’iniziativa “pellegrini per l’acqua”
  • Al via nei prossimi giorni a Nova Ponente, in provincia di Bolzano, il 12.mo Simposio della Società italiana per la ricerca teologica
  • 24 Ore nel Mondo

  • In Afghanistan, è stato ritrovato il corpo di uno dei due cittadini tedeschi rapiti dai Talebani. Berlino e Kabul sostengo che l’altro sia ancora in vita
  • Il Papa e la Santa Sede



    Sì al dialogo per garantire la pace, no alla guerra e agli armamenti che aprono "spazi d'inferno" nel mondo: vibrante appello di Benedetto XVI all'Angelus da una Lorenzago in festa

    ◊   Contro le “inutili stragi” provocate dalla guerra, che “aprono spazi d’inferno” nel “giardino del mondo”, gli uomini scelgano la forza del diritto e la libertà, le sole che garantiscono una “pace equa e duratura”. Con questo vibrante appello, levato questa mattina prima della recita dell’Angelus, Benedetto XVI si è rivolto al mondo dal piccolo e gremitissimo centro di Lorenzago di Cadore, che da 13 giorni ospita il soggiorno estivo del Papa. La preghiera mariana si è svolta in un clima di grande partecipazione di folla - circa seimila i presenti - che ha applaudito e acclamato Benedetto XVI a più riprese. Il servizio di Alessandro De Carolis:

     Un grido contro la guerra e il suo indotto - la corsa agli armamenti, la rinuncia al diritto - lanciato dalle radure e dalle vette che assistettero all’“inutile strage” del primo conflitto mondiale. L’eco delle parole di Benedetto XVI dilaga dalla piazza di Lorenzago di Cadore, affollata all’inverosimile, in un giorno e in un’ora di quiete domenicale estiva per scuotere quelle coscienze che, in varie parti del mondo, ancora non hanno compreso che il “giardino” della terra è un dono di Dio, che all’uomo spetta “coltivare e custodire” e non violarne la bellezza con con le ferite dell’odio:

     
    “Se gli uomini vivessero in pace con Dio e tra di loro, la Terra assomiglierebbe veramente a un 'paradiso'. Il peccato purtroppo ha rovinato questo progetto divino, generando divisioni e facendo entrare nel mondo la morte. Avviene così che gli uomini cedono alle tentazioni del Maligno e si fanno guerra gli uni gli altri. La conseguenza è che, in questo stupendo ‘giardino’ che è il mondo, si aprono spazi di ‘inferno’”.

     
    Parole forti, eredi di una tradizione che da Benedetto XV, all’alba del “secolo breve”, fino a Giovanni Paolo II, più volte si sono levate - dai microfoni della Santa Sede come dalla tribuna delle Nazioni Unite - per ribadire un concetto-chiave degli ultimi Pontificati: “Mai più la guerra!” E proprio la celebre “Nota alle potenze belligeranti” indirizzata da Benedetto XV il 1° agosto di 90 anni fa è stata ricordata dal Papa nel suo valore, ha detto, “ampio e profetico”. Essa, ha affermato Benedetto XVI, ebbe nel 1917 “il coraggio” di definire “un’inutile strage” la guerra che gli Stati stavano combattendo, ma ancora oggi, ha osservato, può applicarsi “a tanti altri conflitti che hanno stroncato imnnumerevoli vite umane":

     
    “La Nota del Papa Benedetto XV non si limitava a condannare la guerra; essa indicava, su un piano giuridico, le vie per costruire una pace equa e duratura: la forza morale del diritto, il disarmo bilanciato e controllato, l’arbitrato nelle controversie, la libertà dei mari, il reciproco condono delle spese belliche, la restituzione dei territori occupati ed eque trattative per dirimere le questioni”.

     
    Una Nota, dunque, ha insistito il Papa, “orientata al futuro dell’Europa e del mondo, secondo un progetto cristiano nell’ispirazione, ma condivisibile da tutti perché fondato sul diritto delle genti”. E’ la stessa impostazione, ha aggiunto il Pontefice, che i Servi di Dio Paolo VI e Giovanni Paolo II seguirono nei loro “memorabili discorsi” all’ONU. E ricordando le “tante testimonianze” e i “commoventi cori degli Alpini” che raccontano delle sofferenze della guerra patite dal Cadore, Benedetto XVI ha concluso:

     
    “Da questo luogo di pace, in cui anche più vivamente si avvertono come inaccettabili gli orrori delle ‘inutili stragi’, rinnovo l’appello a perseguire con tenacia la via del diritto, a rifiutare con determinazione la corsa agli armamenti, a respingere più in generale la tentazione di affrontare nuove situazioni con vecchi sistemi”.

     
    Molti i volti illustri accanto al Papa e tra la folla presente all’Angelus. Benedetto XVI ha salutato e abbracciato il cardinale patriarca di Venezia, Angelo Scola, e il cardinale vescovo di Hong Kong, Joseph Zen Ze-kiun, accompagnato da una sessantina di fedeli cinesi. E ancora, il presidente della CEI, l’arcivescovo di genova, Angelo Bagnasco, oltre ai due presuli che hanno lavorato per garantire al Papa un queito periodo di riposo: il vescovo di Belluno-Feltre, Giuseppe Andrich, che ha rivolto un pensiero al Pontefice prima dell’Angelus, e il vescovo di Treviso, Andrea Bruno Mazzocato. E nel salutare con particolare "gioia" Edoardo Luciani, l’anziano fratello di Giovanni Paolo I, Benedetto XVI si è congedato così dalla folla:
     
    "Trovandomi nella Piazza di Lorenzago, desidero rivolgere il mio più cordiale saluto agli abitanti di questo bel paese, che mi hanno accolto con tanto affetto (...) Oggi la prima Lettura del Vangelo parla di ospitalità, e mi sono venute in mente le parole di San Benedetto: "Accettare l’ospite come Cristo". Mi sembra che siete tutti benedettini perché mi avete accettato così (applausi). A tutti auguro una buona domenica e un sereno periodo di vacanza". (applausi)


    E sul clima che ha caratterizzato l’incontro di Benedetto XVI con la folla che lo attendeva per la recita dell’Angelus ci riferisce, al microfono di Tiziana Campisi, l’inviato a Lorenzago del quotidiano Avvenire, Salvatore Mazza:

    R. - E’ stato un clima assolutamente eccezionale per Lorenzago. Per la prima volta, tante persone si sono ritrovate nella piazza principale. Sono arrivate per lo più dalla diocesi di Belluno. Poi c’erano i villeggianti dei piccoli comuni qua intorno. La cosa curiosa è che stamattina, alle 8, la strada che conduce alla piazza è stata chiusa al traffico. Ma tutto si è svolto ordinatamente, anche se poi la gente continuava ad arrivare, ma già alle 8.30 la piazza era strapiena. E’ stato un momento molto bello e il clima si è infiammato quando il Papa è arrivato. E’ la settima volta che un Pontefice soggiorna qui a Lorenzago, ma è la prima volta che l’Angelus viene recitato dalla piazza, quindi una primizia assoluta che è stata onorata al meglio dalla gente del posto.

     
    D. - A due settimane dall'arrivo di Benedetto XVI sulle Dolomiti, Lorenzago si è abituata alla presenza del Santo Padre?

     
    R. - Assolutamente si, e con una discrezione veramente incredibile. Il Papa non viene "braccato", non viene inseguito nelle sue veloci uscite serali, ormai così caratteristiche. Se il Pontefice si ferma è un regalo enorme, se non si ferma lo salutano mentre passa. E’ come una routine di famiglia.

     
    D. - Il Papa appare più rilassato, più disteso, anche un po’ abbronzato...

     
    R. - Si, anche perchè le sue passeggiate le fa, una al mattino e una al pomeriggio dentro il Parco attrezzato che è stato recintato intorno alla villa: una superficie piuttosto ampia che gli permette di camminare anche al sole se vuole, e si vede. Poi, le sue uscite serali per recitare il Rosario in uno dei tanti luoghi di culto popolare intorno a Lorenzago lo rilassano.

     
    D. - Come ha trascorso il pomeriggio di ieri Benedetto XVI?

     
    R. - Non si è allontanato dalla zona di Mirabello. Sembra che verso sera sia andato sul sentiero che parte dal castello, quello fuori dall’area attrezzata che è in quota.

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    Educare i giovani ad una missionarietà quotidiana: mons. Paolo Giulietti, del Servizio pastorale giovanile CEI, riflette sulle parole del Papa nel messaggio per la prossima GMG

    ◊   “Avrete forza dallo Spirito Santo che scenderà su di voi e mi sarete testimoni”: è il tema della XXIII Giornata Mondiale della Gioventù sul quale Benedetto XVI ha incentrato il suo messaggio ai giovani reso noto ieri. Ai ragazzi e alle ragazze che si preparano a raggiungere il prossimo anno Sydney, in Australia, il Papa chiede di farsi missionari tra i loro coetanei e di non risparmiare tempo ed energie per servire il Vangelo. Sui contenuti del messaggio del Papa ai giovani, Tiziana Campisi ha chiesto un commento a mons. Paolo Giulietti, responsabile del Servizio nazionale per la pastorale giovanile della CEI:

    R. - Il Papa sottolinea che l’esistenza cristiana è radicata nell’esperienza dello Spirito, cioè che il cristiano è essenzialmente uno che vive dello Spirito e della forza dello Spirito. Se non si comprende che il cristiano vive nello Spirito, nella forza dello Spirito, è difficile capire tante cose anche della vita cristiana e anche la missionarietà. Il Papa, in pratica, riporta alle radici dell’esperienza cristiana e della Chiesa cristiana.

     
    D. - Sacramenti, cuore della vita del cristiano. Come riscoprirli?

     
    R. - Come momenti in cui la grazia di Dio, la sua amicizia e la sua presenza trasformano la vita dall’interno. Il Santo Padre parla soprattutto della Confermazione, ma anche del Battesimo e dell’Eucarestia, come irruzione della forza di Dio nella vita dei giovani - nella vita dei cristiani - che rende possibile vivere in maniera altrimenti impossibile. Il Papa fa anche notare che molti giovani non hanno ancora fatto la Cresima: “Vi dico che è importante farla", ma non perché si tratta di compiere un percorso formale, ma perché davvero è un’occasione attraverso la quale il cristiano viene confermato dallo Spirito a misura di Cristo, quindi viene abilitato a vivere da credente, altrimenti non ci riesce.

     
    D. - In che modo far riscoprire i sacramenti ai giovani?

     
    R. - Il Papa suggerisce una specie di percorso in quattro passaggi. Il primo è capire cosa vuol dire, chi è lo Spirito Santo - questa Persona della Trinità - e poi comprendere in che modo l’azione dello Spirito dia essenziale per la vita del cristiano nella Chiesa. In questo, credo sia importante non solamente i percorsi catechetici, ma anche l’esperienza, la conoscenza di figure, situazioni in cui davvero si tocca con mano che lo Spirito Santo è in azione. Poi dice: “Lo Spirito Santo è il motore interiore di ogni cristiano e anche la spinta, il protagonista, il soggetto della missione".

     
    D. - In questa missione, l’invito del Papa ai giovani è quello di illuminare il mondo e di vincere l’odio con l’amore...

     
    R. - C’è un passaggio molto interessante, quando il Papa parla della fatica degli adulti ad educare e la legge come uno stimolo per i giovani. Quindi, direi che il modo migliore per preparare i giovani ad assumere questa prospettiva della missione è quella di dire loro: “Guardate che i giovani sono una risorsa importante per l’evangelizzazione, per la missione verso i propri coetanei ma anche verso gli adulti". Penso che questa coscienza di sè possa davvero aiutare i giovani a lasciarsi coinvolgere, a mettere a disposizione la ricchezza della giovinezza in questa missione ecclesiale.

     
    D - Quali nuove iniziative proporre con l'avvicinarsi della Giornata Mondiale della Gioventù?

     
    R. - Cercheremo di educare ad una missionarietà feriale e quotidiana - come ha sottolineato il Papa nel messaggio - a far capire che l’esistenza cristiana, nel suo dipanarsi, nei momenti di studio, di lavoro, nel tempo libero, è sostanzialmente missionaria. Dunque, ogni credente deve sentirsi missionario. Mi pare che per prepararsi bene a Sydney occorra prendere sul serio questo cammino, mettere in atto delle iniziative che educhino a vivere più coscientemente ed efficacemente la dimensione missionaria della vita di ogni giorno.

     
     

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    Oggi in Primo Piano



    La Turchia sceglie il nuovo parlamento, oltre 40 milioni al voto

    ◊   Urne aperte stamani in Turchia per le elezioni politiche generali per il rinnovo del parlamento di Ankara. In questa tornata elettorale - che vede favorito il partito islamico del premier Erdogan - sono il lizza 14 partiti. I seggi rimarranno aperti solo oggi, fino alle ore 17 locali, per circa 42,5 milioni di aventi diritto al voto. Per un'analisi sull’importanza di queste elezioni, Giancarlo La Vella ha intervistato l'inviato del Corriere della Sera, Antonio Ferrari:


    R. - Molti temi sono stati accuratamente evitati, per esempio quello della futura adesione della Turchia all’Unione Europea. Non ne parla nessuno: né il partito di maggioranza assoluta uscente, cioè il Partito islamico moderato della giustizia e dello sviluppo, né l’opposizione. Si parla, più che altro, di questioni interne. Io credo che il tema fondamentale sia proprio l’identità laica del Paese. Ora, siamo davanti ad una situazione quasi paradossale. C’è la sensazione che, forse, ci sarebbero più garanzie con il partito di Erdogan, che non con il cosiddetto Stato profondo, rappresentato dagli altri partiti. Direi, allora, che la grande domanda di queste elezioni, cioè quello che poi il voto esprimerà, sia proprio questa e che tutto si giochi attorno a questo punto.

     
    D. - Un’eventuale vittoria del partito di Erdogan allontanerebbe la Turchia dall’Europa?

     
    R. - Può essere così, ma può essere anche vero il contrario perché, per esempio, l’Europa chiede di limitare il peso e l’influenza dei militari, cosa che il partito di Erdogan vuole. L’Europa, però, chiede anche un contenimento della componente estremista del blocco islamico. Anche qui, siamo davanti ad una palese contraddizione, visto che il più europeista era proprio considerato Erdogan con il suo partito. Il fatto, però, che non abbia fatto cenno all’Europa fa pensare appunto che forse dai turchi, in questo momento, il cammino verso l’adesione non venga vissuto come una forte priorità. C’è un nuovo fenomeno che forse l’Europa dovrebbe tenere in qualche considerazione ed è la possibile affermazione di numerosi indipendenti. Ci saranno molti indipendenti curdi che - funzionando la logica del clan dell’appartenenza - riusciranno ad entrare in parlamento. Potrebbero creare un gruppo parlamentare e questi, nel caso in cui il partito di Erdogan non ce la facesse ad avere la maggioranza assoluta o, comunque, si trovasse davanti a degli ostacoli, potrebbero in qualche modo funzionare da appoggio nei confronti del futuro partito di maggioranza.
     

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    Ricordare il lavoro dei missionari non solo in caso di eventi drammatici. La riflessione di padre Piero Gheddo, missionario del PIME e amico di padre Bossi

    ◊    
    Sta pensando all'Agorà di Loreto del prossimo settembre come occasione per vedere e ringraziare personalmente il Papa per la sua solidarietà. Ma anche per testimoniare ai giovani quanto gli è accaduto per “coinvolgerli, a invitarli a compiere una riflessione e a farli innamorare di Gesu”. Padre Giancarlo Bossi, il missionario del PIME tornato libero dopo 39 giorni di prigionia nelle Filippine, ha confidato di essere stato invitato all’appuntamento di Benedetto XVI con i giovani nella città della Casa lauretana. Intanto, la vicenda del religioso italiano ha riportato in primo piano le analoghe storie di sacrificio e di dedizione che vivono migliaia di missionari in molte zone difficili del pianeta. Storie che non godono quasi mai dell'attenzione mediatica, se non in caso di eventi drammatici. E' quanto rileva, al microfono di Fabio Colagrande, padre Piero Gheddo, missionario del PIME e amico di padre Bossi:


    R. - Bisognerebbe dare maggiore attenzione a questi 13 mila rappresentanti della nostra Chiesa italiana, ma anche a tutti gli altri che sono nel mondo per amore della gente. Mi dispiace che i mass media parlino dei missionari solo quando c’è un sequestrato, un martire, un perseguitato: sempre per fatti negativi che vedono i missionari come vittime. Secondo me, bisognerebbe parlare delle cose positive che fanno i missionari perché sono esempi per tutti, specialmente per i giovani.

     
    D. - Allora parliamo del ruolo del missionario oggi…

     
    R. - Sono diventato prete nel ’53 ma ho girato poi il mondo, ho visitato tutte le missioni, tutti i continenti, tutti i Paesi, e ho visto l’importanza del missionario cattolico, protestante, cristiano, nel mondo non cristiano. Il motivo è facile da capire: il missionario porta Gesù Cristo, di cui tutti i popoli hanno bisogno. Anche quelli che già credono in Dio e che hanno delle loro forme religiose, tutti hanno bisogno di Gesù Cristo che è la rivelazione completa finale del Padre e che indica all’uomo quella via per arrivare a Dio. Questo non è solo un fatto di natura solo religiosa o filosofica ma coinvolge la cultura, l’aspetto della vita, l’umanità della vita. Ricordo Paolo VI che diceva: "Senza Cristo non esiste vero umanesimo". C’era stata quasi una rivolta di molti pensatori, di molti scrittori che dicevano: ma come, adesso noi dobbiamo farci cristiani… Non è che uno debba farsi cristiano, ma Gesù Cristo è quello che indica il vero uomo. Questo nel nostro mondo cristianizzato da 2000 anni in cui i valori cristiani sono stati assorbiti, magari non praticati da tutti, ma sono nella nostra cultura, nella nostra tradizione. Se invece andiamo in un mondo non cristiano, questo lo si vede e lo si tocca con mano.

     
    D. - Padre Gheddo, lei pensa che il ruolo del missionario oggi nel Duemila sia un po’ cambiato rispetto a qualche decennio fa?

     
    R. - Cambiato nel senso che ormai abbiamo molte chiese giovani, in quasi tutti Paesi del mondo abbiamo chiese fondate dai missionari nei secoli scorsi, che producono vescovi, sacerdoti suore cristiani e quindi non c’è bisogno del missionario che porti il Vangelo per la prima volta a quel popolo. Una volta il missionario era il pioniere, il protagonista, il fondatore di chiese. Oggi è quello che stimola, anche le chiese locali già fondate, ad andare oltre, verso i non cristiani, ad evangelizzare le culture, al il dialogo interreligioso, alla promozione umana e quindi alla giustizia e a tutti i rapporti della società che dovrebbero diventare più giusti. Il ruolo del missionario è cambiato ma è sempre quello: portare Gesù Cristo.

     
     

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    Nel nordest dello Sri Lanka, un nuovo padiglione dell'Ospedale rurale di Nilaveli potenzierà l'assistenza sanitaria in un'area colpita da monsoni e guerra civile

    ◊   E’ stato inaugurato nei giorni scorsi a Nilaveli, nel nord-est dello Sri Lanka, un nuovo padiglione dell’Ospedale rurale di zona. L’edificio, nato su un progetto del Vis, il Volontariato Internazionale per lo Sviluppo, grazie a un contributo economico della Fondazione Carife, viene aperto a due anni dall’inizio dei lavori nonostante i problemi del post-tsunami e la guerra civile che imperversa nella zona. Antonella Villani ha chiesto a Riccardo Giannotta, coordinatore dell’ufficio VIS nello Sri Lanka, che tipo di assistenza fornirà:


    R. - Si cercherà di fornire all’area un supporto per quello che riguarda la diagnosi. Ci sarà poi una piccola sala per le emergenze, per i piccoli interventi, e verrà garantita l’assistenza alla maternità e per la diagnosi e la cura antimalarica, e vi saranno anche delle sale per l’amministrazione. Si tenta di potenziare il lavoro dell’ospedale di Nilaveli per evitare che tutte le persone che gravano intorno a quell’area debbano recarsi al primo ospedale, che è quello di Trincomalee, località disatnte qualche decina di chilometri.

     
    D. - La struttura sorge in un’area di forti scontri tra Tamil e governo centrale: quanto è stato difficile portare avanti il progetto?

     
    R. - In un primo momento, quell’area ha avuto anche difficoltà climatiche perché, durante il periodo dei monsoni, è difficile operare nell’area a causa dei forti allagamenti ed è difficile raggiungere il sito e riuscire a lavorare con la costruzione. Poi, a questo, si è aggiunto il problema “scontri”: da Trincomalee in poi, l’area è fortemente a rischio: è un’area di confine tra il nord, che è a prevalenza Tamil, e quindi sotto il controllo dell’LTTE, e la parte che invece è sotto il controllo del governo. La popolazione di Nilaveli rimane nel mezzo.

     
    D. - Qual è la situazione, oggi?

     
    R. - E’ quella che c’è da quasi un anno ed è una situazione difficilissima per le persone che ci vivono, perché sono sotto costante controllo da parte della polizia. La cittadina di Trincomalee dista una trentina di chilometri, ma ci sono moltissimi ceck-point da Nilaveli a Trincomalee e la strada è bruttissima perché è impossibile fare investimenti o cercare di migliorare l’area: diventa un vero e proprio calvario riuscire a muoversi da Nilaveli a Trincomalee. Inoltre, l’insicurezza dell’area sta frenando qualsiasi attività economica e la maggioranza di quelle persone - che sono pescatori - ha difficoltà sia ad allontanarsi per trovare posti per pescare - perché gli viene spesso impedito da parte dei militari - sia a vendere il pesce che ricava. Questo sta paralizzando l’intera zona e tantissimi di loro, infatti, stanno decidendo di rifugiarsi nei campi profughi che si trovano ancora a Trincomalee: campi che dopo aver ospitato, purtroppo, i profughi dello tsunami, adesso stanno ospitando i profughi della guerra.

     
    D. - Il VIS è una delle epoche organizzazioni ONG rimaste in Sri Lanka nonostante questa situazione: cosa rappresenta per un volontario come te questo nuovo edificio?

     
    R. - E’ una grandissima soddisfazione l’essere arrivati a completare l’opera perché l’idea di doverla abbandonare sarebbe stata un’ennesima vittoria dello scontro, del conflitto. Invece, in questo senso, si può dire veramente che ce l’abbiamo messa tutta per riuscire ad arrivare a un risultato che potesse ridare un po’ di speranza alle persone che vivono in quell’area.

     
    Il nuovo padiglione dell’ospedale di Nilaveli è stato realizzato grazie al contributo di 250 mila euro donati dalla fondazione Carife. Abbiamo chiesto al suo presidente, Sergio Lenzi, come è nata la scelta di investire in una zona così a rischio:

     
    R. - All’indomani dello tsunami, ci siamo posti il problema di come aiutare questa gente che dal mare si era visto portare via tutto quanto. Allora, grazie al contatto che avevamo con l’opera dei salesiani, abbiamo conosciuto i ragazzi del VIS che ci sono sembrati molto attenti e scrupolosi ed è per questo motivo che abbiamo deciso di attuare il progetto.

     
    D. - Voi avete continuato a dare il vostro sostegno nonostante la ripresa delle ostilità, quindi è un segno di grande fiducia anche nei confronti della popolazione locale…

     
    R. - Credo non ci sia cosa peggiore che iniziare un’opera e non terminarla e abbiamo fatto bene. Spero che la ragione poi prevalga su quegli aspetti deleteri della vita di ogni comunità e che presto si possa arrivare ad una tregua delle ostilità.












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    La cooperazione culturale tra i cristiani, veicolo privilegiato di recupero di valori socio-politici fondamentali per il futuro dell’Europa

    ◊   “Cristianesimo, cultura e valori morali in Europa”: è stato il tema di un Convegno internazionale, che ha visto riuniti a Mosca esperti cattolici e ortodossi già convocati lo scorso anno a Vienna per raccogliere insieme le sfide della modernità. A promuovere l’incontro, il Pontificio Consiglio della Cultura e il Pontificio Comitato per le Scienze storiche, in collaborazione con il Patriarcato ortodosso di Mosca e l’Accademia russa delle Scienze. Tra i presenti, il cardinale Paul Poupard e il metropolita Kyrill, testimoni di un cammino di cooperazione culturale fra la Chiesa cattolica e la Chiesa ortodossa. Ma quali sono le sfide più impellenti poste dalla modernità al pensiero cristiano? Roberta Gisotti lo ha chiesto a padre Bernard Ardura, segretario del Pontificio Consiglio della Cultura:


    R. - Sono le sfide, ad esempio, nel campo della politica, nel rapporto tra il bene comune e la coerenza personale dell’uomo politico cristiano. E' evidente che oggi c’è la tendenza a creare come una separazione fra le sue convinzioni personali e il suo atteggiamento, le sue decisioni, i suoi orientamenti a livello politico. Questo è un problema molto importante, perché gli uomini politici sono quelli che fanno le leggi. Altre sfide sono relative a quei problemi che riguardano l’etica, la bioetica: scienze che si sono sviluppate nel corso degli ultimi decenni e che pongono problemi morali assolutamente nuovi. Qui, dobbiamo essere pronti a dare una risposta, ma ancora di più dobbiamo provvedere alla formazione di cattolici che siano veramente riconosciuti sul piano professionale e che siano cattolici convinti. Tutto questo è la sfida della nostra evangelizzazione continua.

     
    D. - In tal senso, si impone di considerare il "fatto" religioso quale "fatto" sociale, anziché relegarlo nella sfera privata...

     
    R. - Sì, perché naturalmente la tendenza della secolarizzazione è di trasformarsi in secolarismo, della laicità in laicismo, cioè processi che non si accontentano di riconoscere l’autonomia delle varie componenti della società ma intendono escludere l’elemento religioso, riducendolo soltanto a un elemento della vita strettamente privata. Ma se la fede non si manifesta nel campo dell’azione, allora ovviamente è una "vernice" di fede e per questo la libertà religiosa è in qualche modo la garanzia di tutte le altre libertà, perché la fede porta in sé questa necessità di esternarsi nel comportamento sociale.

     
    D. - Possiamo dire che viene crescendo la coscienza che l’Europa abbia bisogno, tanto più in questi nostri tempi, dell’unità dei cristiani per affermare appunto quelli che sono i valori fondanti della civiltà europea?

     
    R. - Naturalmente, possiamo immaginare che se tutti questi cristiani fossero uniti sarebbero una forza con una potenza di azione, di influsso anche nella vita della società, che sarebbe amplificata. Questo cammino verso l’unità è più che mai un’esigenza della nostra fede, ma anche un’esigenza del mondo in cui viviamo.

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    Conclusa con i voti delle quattro giovani giurie la 37.ma edizione del Giffoni Film Festival. Il Grifone d'oro a pellicole di Thailandia, USA, Svezia e Francia

    ◊   E' stato il celebre regista Roman Polansky l'ospite d’onore, ieri sera, alla cerimonia di premiazione del popolare Festival cinematografico organizzato dalla cittadina salernitana di Giffoni. Durante la serata, gli oltre duemila giovani giurati, in rappresentanza di trenta nazioni, hanno assegnato, con entusiasmo e responsabilità, i loro premi. Il servizio di Luca Pellegrini:


    Per questi giovani, ospitati a Giffoni da seicento famiglie, è stato davvero un sogno che si è realizzato. E si è concluso con i premi assegnati ai film vincitori delle quattro sezioni corrispondenti a quattro diverse fasce d’età, dai sei ai diciotto anni. I più piccoli si sono entusiasmati con la storia thailandese di sei cani randagi alle prese, anche loro, con le difficoltà del vivere. I più grandi hanno sognato immedesimandosi con le avventure di due adolescenti americani in cerca di sicurezza ed amore. L’amicizia è stata al centro del film svedese premiato dai quattordicenni; ed infine i più grandi non hanno tralasciato di applaudire una storia francese importante, quella di una famiglia nella quale - siamo agli inizi degli anni ’60 - si inserisce, non senza difficoltà, un ragazzo algerino mentre all’orizzonte si profila la guerra che, di lì a poco, insanguinerà la sua terra. Per tutti, spettatori e ospiti, vincitori e giurati, Giffoni è un’esperienza unica di cinema e di umanità. Lo è stata anche per Isabella Borrelli, diciassette anni, giurata dalle idee chiare e dal molto entusiasmo:

     
    R. - E' un'esperienza unica dal punto di vista degli incontri culturali. E' possibile, infatti, conoscere persone di tutte le nazionalità, avere un confronto etico, culturale, grazie ai grandi film di qualità che possiamo vedere e dei quali possiamo discutere, molte volte direttamente con i registi e con gli attori del Festival. Quindi, possiamo metterci anche dall'altra parte della cinepresa o, comunque, fare in grande quello che di solito si fa in piccolo, quando si va al cinema e poi si esce a commentare con i propri amici il film, avere un dibattito e avere un confronto. Io definirei Giffoni una scuola di cinema, più che altro. Venire al Giffoni Film Festival significa maturare dal punto di vista cinematografico, capire molti meccanismi del cinema ed esserne anche parte.

     
    Commenta Manlio Castagna, vicedirettore del Festival.

     
    R. - Isabella ha detto credo una grande verità: Giffoni, cioè, è una sorta di palestra dove allenare i propri muscoli creativi, cioè l'interattività, che purtroppo molte volte manca a scuola. E' comunque un posto dove si affinano le proprie capacità tecniche e creative.
     
     Assegnati i premi, con le valige pronte per ritornare nei propri paesi di origine, che cosa rimane a Giffoni?
     
    R. - C'è qualche giorno in cui si tirano le somme di ciò che abbiamo fatto, poi si ricomincia subito e si ricomincia a pensare a quali saranno le prossime tappe del Giffoni Film Festival. Tra le prime, ci dovrebbe essere Giffoni Albania e poi l'incontro del direttore a Dubai, negli Emirati Arabi, per stabilire i primi passi del Giffoni negli Emirati Arabi.

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    Chiesa e Società



    Un punto di riferimento per la formazione dei giovani e la pastorale delle persone sorde: è l’obiettivo del nuovo centro “San Filippo Smaldone” di Anàpolis, in Brasile

    ◊   Tutto è pronto ad Anàpolis, nello stato brasiliano del Goias, dove martedì prossimo l’arcivescovo di Lecce, Cosmo Francesco Ruppi, e la madre generale della Congregazione delle Salesiane dei Sacri Cuori, Suor Maria Longo, inaugureranno il nuovo centro giovanile “San Filippo Smaldone”. “I giovani sono la speranza per il nostro futuro e per la grande nazione brasiliana - spiega suor Ines De Giorni, ripresa dall’agenzia Fides - per questo abbiamo deciso di realizzare questo nuovo centro giovanile, che dovrà essere un punto di riferimento per la formazione, la guida e il sostegno dei giovani di questa area dello stato del Goias che è sprovvista di strutture simili e che vede invece un crescente disagio tra le giovani generazioni”. L’obiettivo - prosegue Suor Ines - è anche quello di poter lavorare nella pastorale per le persone sorde con particolare attenzione ai giovani e alla prevenzione. La presenza di Mons. Ruppi, poi, crea un ideale legame tra il Brasile e Lecce, dove si trova la nostra Casa madre e il cuore della Congregazione, che il fondatore ha voluto missionaria”. Dal 26 al 29 luglio, presso la casa di preghiera San Filippo Smaldone a Brasilia, si svolgerà il convegno “Le nuove sfide nell’educazione delle persone sorde”, promosso dalle Salesiane dei Sacri Cuori. Tra i relatori, oltre all’arcivescovo di Lecce, anche il nunzio apostolico in Brasile, mons. Lorenzo Baldisseri e numerosi esperti brasiliani ed italiani. (E. B.)

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    “Giovani di Gesù Cristo, discepoli e missionari”. E’ il tema del IX Congresso messicano giovanile missionario in programma a Guadalajara dal 26 al 29 luglio

    ◊   Si attende la partecipazione di circa 12 mila giovani, provenienti da tutte le diocesi del Messico, al nono Congresso nazionale giovanile missionario (CONAJUM) che si celebrerà a Guadalajara dal 26 al 29 luglio. Organizzato dalle Pontificie opere missionarie del Paese, assieme alla Commissione episcopale per le missioni della Conferenza episcopale locale, l’incontro ha per tema “Giovani di Gesù Cristo, discepoli e missionari”. Come riporta l’agenzia Fides, sarà un incontro scandito da riflessione, preghiera, celebrazione, animazione e convivenza, che riunirà anche vescovi, religiosi e religiose che lavorano a servizio della gioventù missionaria della Chiesa. Si tratta comunque di una vera “festa giovanile missionaria” piena di gioia, nella quale i giovani, oltre ad esprimere pubblicamente la propria fede e le proprie convinzioni di credenti, potranno partecipare a conferenze, celebrazioni eucaristiche, concerti, mementi di condivisione e scambio di esperienze in terre di missione. Durante tutto il mese di giugno, l’arcidiocesi di Guadalajara si è preparata a questo evento con una serie di pre-congressi giovanili missionari, per incoraggiare i giovani che parteciperanno al CONAJUM. Il Congresso inizierà con un festival missionario, al termine del quale il cardinale Juan Sandoval Iñiguez, arcivescovo di Guadalajara, inaugurerà una esposizione missionaria. Quindi, avrà luogo la cerimonia ufficiale di apertura, cui parteciperanno il cardinale Iñiguez, P. Guillermo Alberto Morales, direttore nazionale delle POM del Messico, e padre Carlos Navarrete, addetto alla Lega missionaria giovanile e consulente della Pontificia Opera della propagazione della fede. La giornata terminerà con la Santa Messa presieduta dall’arcivescovo Pierre Christophe, nunzio apostolico in Messico. La cerimonia di chiusura inizierà con un grande pellegrinaggio con l’immagine di Nostra Signora di Zapopan, che partirà dalla Basilica a Lei dedicata domenica 29 luglio, alle 8 del mattino, e terminerà nell’auditorium Benito Juárez, con una concelebrazione eucaristica presieduta dal cardinale. Durante questa celebrazione, avrà luogo l’invio missionario e l’impegno da parte dei membri della Gioventù missionaria. La Conferenza episcopale messicana ha inviato una lettera ai seminaristi del Paese invitandoli a partecipare all’evento. “Aspettiamo la tua presenza - si legge nel testo - perché insieme a tutte le forze ecclesiali del Paese, sarà possibile il nostro compito di animazione missionaria della gioventù messicana ed anche entusiasmarci insieme come Chiesa missionaria, affinché Cristo arrivi in tutti gli angoli della terra, con il contributo di quelli ai quali il Signore Gesù ha raccomandato questo compito”. (E. B.)

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    Il Rwanda chiede l’importazione di farmaci generici contro l’AIDS, in deroga a quanto stabilito dal WTO

    ◊   Il Rwanda ha notificato all’Organizzazione mondiale del commercio (OMC/WTO) un richiesta per importare dal Canada medicinali antiretrovirali generici, sulla base di una clausola prevista dagli accordi sulla proprietà intellettuale, finora mai usata da nessun Paese. Lo ha reso noto lo stesso WTO, secondo quanto riporta l’agenzia MISNA. La cosiddetta deroga “paragrafo 6 solution” prevede che Paesi con gravi problemi di sanità pubblica, e incapaci di produrre farmaci generici, possano importarne da Paesi terzi. Ma a causa della complessità delle procedure - secondo alcuni create apposta per scoraggiare il ricorso alla clausola - nessun Paese aveva mai tentato questa via da quando la deroga è stata introdotta negli accordi nel 2003. Il Rwanda vuole importare nei prossimi due anni 260 mila confezioni di un farmaco antiretrovirale, il TriAvir, prodotto dalla compagnia Apotex, ma per farlo dovrà essere in grado di fornire al WTO una complessa documentazione burocratica. Inoltre - altro aspetto del meccanismo criticato dalle ONG - prima di procedere all’esportazione, il produttore è obbligato a negoziare il prezzo con la casa farmaceutica detentrice del brevetto. L’attenzione delle organizzazioni impegnate nel diritto alla salute è ora puntata sul Rwanda, che, se riuscisse a portare avanti il suo progetto, farebbe da apripista o, in caso di fallimento, metterebbe in luce i limiti capziosi del meccanismo stesso. Finora, i Paesi dove l’HIV/AIDS è endemica sono riusciti a scavalcare il muro dei brevetti farmaceutici solo ricorrendo alla cosiddetta “licenza obbligatoria” con cui un governo autorizza le proprie case farmaceutiche a produrre versioni generiche di prodotti medicinali salvavita protetti da esosi brevetti, ma solo a condizione che i farmaci siano prevalentemente a uso nazionale. Soltanto Thailandia, Brasile e Sudafrica hanno avuto le capacità tecnologiche per ricorrere alla “licenza obbligatoria”. L’India, invece, ha potuto, fino ad ora, produrre farmaci generici perché ha aderito solo di recente agli accordi WTO sulla proprietà intellettuale. (E. B.)

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    Clima: smottamenti in Cina e alluvioni in Gran Bretagna, mentre il resto d’Europa è sotto la canicola

    ◊   Il maltempo non concede tregua in Cina dove oltre 100 persone sono morte per alluvioni che hanno colpito la zona orientale del Paese. L’agenzia Nuova Cina riferisce di una diga a protezione di un fiume che minaccia di cedere e che ha già spinto migliaia di persone a lasciare le proprie case. Nel Paese asiatico, la peggiore stagione delle piogge degli ultimi anni - così viene definita dagli osservatori - dall’inizio del 2007 ha provocato 800 morti, mentre oltre un milione di persone sono state evacuate nelle province di Henan, Anhui and Jiangsu. Lo Huai, terzo fiume della Cina, sarà messo ulteriormente alla prova nei prossimi 10 giorni, durante i quali, secondo le previsioni, resterà ai limiti di sicurezza. Alle piogge ed ai smottamenti, si deve aggiungere anche un terremoto di magnitudo 5,7 che ha scosso una remota regione della Cina nordoccidentale al confine con il Kazakhstan. L’epicentro si è registrato nella contea di Tekes, nella regione montuosa a 430 km da Urumqi, la capitale dello Xinjiang. Nessuna vittima, ma oltre duemila abitazioni sono crollate e più di ottomila persone sono state sfollate. Le bizzarrie del clima hanno provocato gravi disagi anche in Gran Bretagna, soprattutto nella zona occidentale colpita da piogge torrenziali nelle ultime ore. Migliaia le case inondate e almeno duemila le persone costrette a trascorrere la notte in auto o in altri rifugi improvvisati. Al contrario, nell’Europa sudorientale l’ondata di calore sembra non calare più d'intensità. Solo in Romania, dove il governo ha elevato il livello di allerta, i morti per il caldo sono già undici. Cinque le vittime in Austria, dove le temperature da giorni sono bloccate intorno ai 35 gradi. Almeno tre vittime sono riconducibili alla grande afa che caratterizza l’Italia in questi giorni, mentre in Ungheria, con circa 42 gradi, si à toccato il record nazionale. Raggiunta, in Macedonia, la stessa temperatura, mentre in Bulgaria il caldo soffocante è complice di una serie di violenti incendi che hanno distrutto quasi 640 ettari di foresta e ucciso due persone. (E. B.)

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    Cresce l’attenzione del mondo cattolico per i problemi ambientali. In agosto, saranno un centinaio i giovani impegnati nell’iniziativa “pellegrini per l’acqua”

    ◊   Fervono i preparativi per l’evento estivo che il mondo cattolico dedica ai temi ambientali. “Pellegrini per l’acqua”, dal 18 agosto al 1° settembre, vedrà cento giovani cattolici impegnati in un cammino a piedi dalla Toscana fino alla cittadina marchigiana di Loreto, dove si uniranno alle migliaia di ragazzi presenti all’Agorà dei giovani 2007. Come riporta l’agenzia Fides, oltre all’ufficio nazionale CEI per i problemi sociali e il lavoro e al Servizio per la pastorale giovanile, alle ACLI e alla Coldiretti, quest’anno la manifestazione sarà promossa anche dall’Azione cattolica e dall’AGESCI. “Segno che il mondo cattolico riconosce prioritaria importanza al problema ambientale: un problema trasversale che tocca tutti”, afferma Greenaccord, l’associazione di giornalisti cattolici impegnata su temi ambientali. Cento giovani saranno animatori della “Fontana di luce” riguardante l’ambiente, che insieme alle altre illuminerà la notte del primo settembre nella spianata di Montorso. Il pellegrinaggio partirà da Sant’Antimo, attraverso l’Appennino umbro-marchigiano, toccando Perugia, Assisi e Macerata fino a Loreto, e preparerà i giovani attraverso diversi momenti formativi e di riflessione sul tema dell’acqua. Grazie ad alcune sponsorizzazioni ed “adozioni”, la spesa per i pellegrini è di meno di 10 euro al giorno, compresi alloggio, vitto, materiali informativi, iscrizioni. (E. B.)

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    Al via nei prossimi giorni a Nova Ponente, in provincia di Bolzano, il 12.mo Simposio della Società italiana per la ricerca teologica

    ◊   “Ridire il simbolo della fede oggi”. Questo il filo conduttore del 12.mo Simposio della Società italiana per la ricerca teologica (SIRT) che si terrà dal 26 al 30 luglio prossimi al convento del Santuario della Madonna di Pietralba a Nova Ponente in provincia di Bolzano. Organizzato in collaborazione con il Servizio nazionale CEI per il progetto culturale, l’appuntamento parte dal passo del "Simbolo degli Apostoli" che recita: “Credo la santa Chiesa cattolica, la comunione dei santi”. “Negli ultimi decenni - riporta la presentazione dell’iniziativa, ripresa dall’agenzia SIR - si è sviluppato in ambito ecclesiale e teologico un ampio dibattito sulla necessità/opportunità di ri-dire in modo nuovo il simbolo di fede, il credo con cui il cristianesimo si è autodefinito nei primi secoli”. Così la SIRT, prosegue la nota, “ha voluto raccogliere queste istanze e farsi luogo di riflessione teologica in dialogo con le discipline altre dalla teologia, al fine d’intessere un proficuo dialogo interdisciplinare, per tentare, per quanto possibile, di ‘ridire il simbolo della fede oggi’”. (E. B.)

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    24 Ore nel Mondo



    In Afghanistan, è stato ritrovato il corpo di uno dei due cittadini tedeschi rapiti dai Talebani. Berlino e Kabul sostengo che l’altro sia ancora in vita

    ◊   La polizia afghana ha comunicato il ritrovamento del corpo di uno dei due ostaggi tedeschi, che i talebani hanno annunciato di aver ucciso ieri. Il governo tedesco e quello afghano sostengono però che uno dei due prigionieri sia ancora in vita. Notizie incerte anche sulla sorte dei 23 sudcoreani nelle mani dei talebani. Il nostro servizio:

    La grande incertezza per la sorte dei due tedeschi rapiti in Afghanistan è diventata drammatica realtà per uno dei due ostaggi. Malgrado le smentite di Kabul e Berlino è stato ritrovato stamani il corpo di uno dei prigionieri. Al momento, non è stata ancora resa nota però la causa del decesso del rapito, prelevato da un gruppo di talebani, con un compatriota e cinque afghani, mercoledì scorso ad un centinaio di chilometri da Kabul. Si teme ora che corrispondano a realtà le rivendicazioni dei talebani, che ieri avevano detto di avere ucciso i due ostaggi tedeschi e di aver decapitato i cinque afghani che li accompagnavano. Kabul e Berlino avevano invece smentito che i due cittadini tedeschi fossero stati giustiziati, affermando che uno di essi era morto a causa di un infarto, mentre l'altro era ancora in vita. Ore di massima tensione e di smentite anche per la sorte dei 23 cittadini sudcoreani, 18 dei quali donne, catturati dai talebani due giorni fa. In mattinata, un portavoce del Ministero della difesa aveva dato la notizia che forze di Kabul e quelle internazionali dell’ISAF avevano lanciato un operazione militare in un villaggio nel sud del Paese, dove sarebbero trattenuti i 23 ostaggi sud-coreani. Notizia subito smentita da un altro portavoce che ha precisato che “L'operazione ancora non e' iniziata”. Il nuovo sviluppo nella vicenda degli ostaggi sudcoreani giunge mentre a Kabul è arrivata oggi una delegazione di negoziatori da Seul e a poche ore dall’ultimatum, fissato per le 19 di oggi ora afghana, entro il quale dovranno essere liberati 23 detenuti dalla carceri di Kabul in cambio del rilascio degli ostaggi.


    Per la prima volta, in 60 anni di indipendenza, l’India avrà un presidente donna. Le elezioni dello scorso 19 luglio hanno visto infatti la netta affermazione di Pratibha Patil sul suo concorrente, Bhairon Singh Shekhawat. Patil, 72 anni, ex governatrice del Rajasthan, è appoggiata dalla coalizione di governo, guidato dal partito del Congresso di Sonia Gandhi. Il servizio di Maria Grazia Coggiola:


    Come previsto la 72.enne Pratibha Patil, ex governatrice del Rajastan, è stata eletta alla carica di presidente con oltre il 65 per cento dei voti, sconfiggendo il suo rivale Bhairon Singh Shekhawat, attuale vice-presidente appoggiato dal partito dell’opposizione del DJP. Per la prima volta in 60 anni di indipendenza, dunque, l’India ha una donna come capo di Stato: è una conquista simbolica per le donne indiane, che soffrono ancora di molte discriminazioni all’interno di una società molto conservatrice che preferisce eliminare le bambine ancora prima che nascano. Ma la scelta di Pratibha Patil, voluta fortemente da Sonia Gandhi, l’altra donna leader del Congresso, ha sollevato molte perplessità non solo negli ambienti dell’opposizione. La sua candidatura sarebbe in realtà frutto di un compromesso tra il Congresso e gli alleati della sinistra, che avevano rifiutato il nome di Shivraj Patil, attuale ministro degli Interni. Pur non avendo i numeri sufficienti, i partiti dell’opposizione si sono opposti alla nomina della Patil, cercando di discreditare la sua immagine. Ci sarebbero molte ombre nel suo passato, tra cui un paio di scandali finanziari e una denuncia penale in cui è coinvolto il marito.


    Grande speranza ha suscitato l’elezione del nuovo presidente dell'autoproclamata Repubblica del Nagorno-Karabakh, il generale Bako Saakian che, forte dell’85% delle preferenze, cercherà di condurre il Paese verso la normalizzazione. Giuseppe D’Amato:

    A Stepana Kert, si spera nell’inizio di un nuovo periodo che porti finalmente alla pace definitiva ed al riconoscimento internazionale. Questo l’augurio dei 138 mila abitanti dell’enclave esteso come il Molise. Nuovo presidente è stato eletto Bako Saakian, con l’85 per cento delle preferenze. Gli altri candidati hanno riportato preferenze assai basse. Tre quarti degli aventi diritto ha partecipato al voto. Quarantasette anni, ex capo dei Servizi di sicurezza del Nagorno Karabach, Saakian avrà il difficile compito di intavolare una trattativa vera con gli azeri. Finora tutti gli sforzi internazionali sono naufragati nel nulla. Bako non ha mai riconosciuto l’indipendenza della regione a maggioranza armena. E’ con l’inizio della Perestroika gorbacioviana e con le varie stragi in Caucaso che si è sviluppata la questione dell’enclave del Nagorno-Kabarakh, terra da secoli contesa da azeri e da armeni. Dopo le prime scaramucce, scoppia la guerra che provoca 30 mila morti ed un milione di profughi. Nel maggio ‘94, la regione è libera dal controllo di Bako. L’Azerbaijan accusa l’Armenia e la Russia di avere appoggiato i separatisti. Nessuna organizzazione internazionale ha verificato il voto. La Repubblica del Nagorno-Karabakh non è stata riconosciuta da alcuno Stato. “Facciamo queste elezioni per il nostro popolo e non per la comunità internazionale” è stato il commento del ministro degli Esteri locale, Masis Mailian.


    - Doppia tornata elettorale oggi in Camerun. Cinque milioni di aventi diritto al voto sono chiamati infatti ad esprimere il proprio voto per le elezioni legislative e municipali. Gli elettori dovranno scegliere 180 membri del parlamento e 359 consiglieri municipali. Attualmente, l’assemblea parlamentare è in mano al partito di governo “Rassemblement Démocratique du Peuple Camerounais” (RDPC). Secondo molti osservatori, anche questa volta il partito al governo verrà riconfermato, ma resta da vedere se riuscirà a ottenere i due terzi della maggioranza parlamentare, conquista cruciale per i piani di Paul Biya - primo ministro dal 1975 e presidente dal 1982 - che avrebbe intenzione di rimettere mano alla Costituzione con un emendamento in grado di consentirgli di prolungare il mandato presidenziale nel 2011.


    - Soldati israeliani hanno ucciso, durante uno scontro a fuoco avvenuto nelle prime ore di stamani, due militanti di Hamas nel nord della Striscia di Gaza. Secondo fonti dello Stato ebraico, i due avevano aperto il fuoco e cercato di superare il confine per entrare in Israele. Dal canto suo, l'ala militare di Hamas ha precisato che gli uccisi stavano preparando un'imboscata. Testimoni hanno riferito che lo scontro a fuoco fra israeliani e palestinesi, avvenuto presso Beit Lahiya, è durato oltre due ore. I soldati israeliani erano penetrati di alcuni metri nel territorio della Striscia di Gaza per una missione di sorveglianza che aveva lo scopo di prevenire lo scavo di tunnel e il lancio di missili contro Israele. Ma l’orrore a Gaza si registra anche fuori dall’ambito del conflitto: sono stati infatti ritrovati i corpi, con segni di torture, di tre donne - a quanto sembra una madre e le sue due figlie - la cui identità non è ancora stata accertata.


    - Proseguono le violenze anche in Iraq. Cinque persone sono morte e altre 11 sono rimaste ferite nell'esplosione di una bomba nascosta in un minibus in un quartiere sciita di Bagdad. I militari iracheni hanno poi reso noto di aver ucciso 5 ribelli in un raid nella provincia di Diyala, in cui sono stati catturati 46 miliziani. Morti anche tra le truppe britanniche: un soldato è rimasto ucciso per le ferite riportate in un attacco, con razzi e colpi di mortaio, contro una base della coalizione nella città di Bassora. Sale così a 163 il bilancio dei militari britannici morti in Iraq dall'invasione nel marzo 2003.


    - Almeno 20 morti e nove feriti gravi. E’ il bilancio del drammatica sciagura stradale avvenuta oggi sulle Alpi francesi, ne pressi di Grenoble, dove un pullman con a bordo 57 pellegrini polacchi è caduto in un dirupo, precipitando nel sottostante torrente Romanche e incendiandosi. Secondo fonti della sicurezza locale, che ha ricostruito la dinamica dell’incidente, il veicolo ha perso il controllo e si è ribaltato, precipitando nel baratro per una quindicina di metri dopo aver sfondato il guard-rail. In quel punto, c'è una discesa molto ripida, ma non sembra che l'autista stesse procedendo a forte velocità. Si ipotizzano quindi problemi ai freni del mezzo.


    - La polizia egiziana ha aperto il fuoco su 26 emigranti africani che stamani cercavano di passare il confine ed entrare in Israele, uccidendo una donna sudanese e ferendo altre 4 persone, inclusa una bambina di 11 anni. Secondo quanto riferiscono fonti della sicurezza egiziana, il gruppo di 27 persone non si è fermato alle richieste degli agenti che hanno quindi sparato.

    - E’ stata ritrovata la seconda scatola nera dell'Airbus A320 della Tam schiantatosi durante l’atterraggio martedì. A renderlo noto l'aviazione brasiliana, che ha precisato che anche la seconda scatola sarà inviata negli Stati Uniti per l'esame del National Transportation Safety Bureau. In essa, dovrebbe essere incisa la voce del pilota. La caduta dell'A320, dopo il fallito atterraggio all'aeroporto di Congonha di San Paolo, ha provocato la morte di almeno 191 persone. (A cura di Marco Guerra)


     
    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LI No. 203

     
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