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SOMMARIO del 18/07/2007
In Cadore, grande attesa per l'incontro di martedì 24 tra Benedetto XVI e il clero delle diocesi di Treviso e Belluno-Feltre. Intervista con il parroco più anziano in attività, il 96.enne don Armando Durighetto
◊ Studio e relax continuano a caratterizzare il periodo di riposo di Benedetto XVI a Lorenzago di Cadore. Ieri pomeriggio, il Papa è uscito dalla sua residenza per la consueta passeggiata tra i boschi. Questa mattina, il Santo Padre è rimasto nella villetta dove soggiornerà fino al prossimo 27 luglio. Mentre oggi pomeriggio, a Pieve di Cadore, si svolgerà la preannunciata conferenza del cardinale Tarcisio Bertone, a un anno dalla sua nomina a segretario di Stato. Al microfono di Amedeo Lomonaco, l’inviato del quotidiano "Avvenire", Salvatore Mazza:
R. - La mattina, come ormai accade da quando è arrivato qui, il Papa l’ha dedicata allo studio. Per oggi, poi, è previsto l’incontro con il cardinale segretario di Stato, Tarcisio Bertone, che probabilmente si fermerà a pranzo con il Papa.
D. - E il cardinale Tarcisio Bertone è atteso anche a Pieve di Cadore per una conferenza sul suo primo anno da segretario di Stato...
R. - Sì, questa conferenza è in programma per oggi pomeriggio: sarà un incontro a domande e risposte che avrà come tema questo suo primo anno da segretario di Stato. E' immaginabile che verranno toccati un po’ tutti gli argomenti dell’attualità di questi ultimi 12 mesi, tutti temi molto vivi: dal rapporto con l’Islam a quello con la Cina, dal recente documento della Congregazione della Dottrina della fede al Motu proprio del Papa sulla Messa in latino.
D. - Il bel tempo di oggi fa pensare, nel pomeriggio, a nuove possibili escursioni...
R. - Ormai sembra uno schema quasi fisso che il Papa raggiunga uno dei tantissimi luoghi di culto che la pietà popolare di questa zona, attraverso i secoli, ha costruito.
D. - Ieri pomeriggio, poi, il Papa è uscito in macchina dalla villa e ha passeggiato attraverso i boschi...
R. - E’ tornato dove era già stato giovedì scorso, nel bosco di Stabie. Benedetto XVI è stato visto passeggiare con la corona del Rosario in mano. Dopo aver recitato il Rosario, poi, si è fermato di fronte ad un crocifisso di legno davanti al quale si è fatto il segno della croce. Non ha incontrato nessuno, nessun turista, nessun abitante del luogo. Solo, sulla strada del ritorno, ha fatto rallentare la macchina mentre incrociava delle persone che stavano salendo al bosco perché avevano saputo che c’era il Papa e che avrebbero potuto incontrarlo. Ha fatto rallentare la macchina e li ha salutati dal finestrino, augurando loro un buon soggiorno tra le montagne.
Nel Cadore, è previsto poi un importante appuntamento per Benedetto XVI: infatti, martedì prossimo, il Papa incontrerà il clero delle diocesi di Treviso e Belluno. E’ quanto conferma, al microfono di Luca Collodi, il vescovo di Belluno-Feltre, mons. Giuseppe Andrich:
R. - Noi abbiamo chiesto quest’incontro e il Papa ce lo concede. Si terrà nella chiesa molto grande del centro vicino a Lorenzago dove si trova il Papa, Auronzo di Cadore. La chiesa di questa località, dove ci saranno moltissimi sacerdoti, sarà appunto il luogo dove avverrà questa straordinaria esperienza per noi.
D. - Mons. Andrich, come vi state organizzando come diocesi Belluno e Treviso per questo incontro?
R. - Noi ci stiamo organizzando con la previsione di attendere la parola del Papa. E gli presenteremo anche alcuni interrogativi, che percepiamo di più nella nostra realtà pastorale del nord-est Italia, del Veneto in particolare, con i problemi che abbiamo noi della comunità montana.
D. - Quali sono questi problemi?
R. - Noi vorremmo soprattutto orientarci su quei problemi che sentiamo forti particolarmente nelle nostre città e anche nei centri maggiori e che riguardano i giovani, la formazione, l’educazione e tutti quei rischi che oggi i giovani si trovano ad affrontare. Si parla molto in questi giorni del problema dell’alcolismo. Da noi, abbiamo un tasso di alcolismo, anche tra i più giovani, molto alto. Ci sono poi casi di suicidi tra i giovani. Sono problemi che io, particolarmente, sento in maniera drammatica.
D. - Ci sono anche altre novità. La festa per la presenza di Benedetto XVI in Cadore continua perché dopodomani sera è previsto un concerto di cori alpini in onore del Papa proprio all’interno del Castello di Mirabello dove risiede il Papa per il suo riposo...
R. - Abbiamo questa possibilità: la diocesi di Belluno-Feltre offre, con una serie di cori del Cadore, un momento di festa con l’espressione tipica della nostra cultura che si è sempre tradotta in momenti di canto, di canto polifonico, ma anche di canto popolare. Abbiamo saputo che il Papa gradisce molto questo tipo di espressione culturale. Quindi, assicuriamo al Santo Padre una serata che per noi sarà di grande respiro, perché ci ricollega alla nostra cultura di montagna che in questi giorni il Papa sta vivendo anche nelle sue quasi quotidiane escursioni a contatto con le persone. Persone che si commuovono per questa imprevista possibilità di incontrare il Santo Padre.
E tra gli incontri di questi giorni a Lorenzago di Cadore, spicca quello avuto da Benedetto XVI con il parroco in attività più anziano d’Italia, il 96.enne don Armando Durighetto. Durante il colloquio, avvenuto domenica scorsa dopo l’Angelus, il sacerdote - parroco a Caposile, frazione di Musile di Piave, in provincia di Venezia - ha scambiato qualche battuta con il Santo Padre. Ascoltiamo il sacerdote, raggiunto telefonicamente da Amedeo Lomonaco:
R. - Sono il sacerdote più anziano ancora parroco. Ho 96 anni, compiuti a maggio, ed è per questo che il vescovo mi ha chiamato. Ho avuto il piacere di ascoltare la parola e di ricevere la benedizione del Papa. Per me è stato veramente un grande onore, che porto ora nel mio cuore e che estendo anche a tutti i miei parrocchiani, con lo stesso entusiasmo e con la stessa fede. Io sono innamorato della figura del Papa: ne ho visti molti di Pontefici, io sono del 1911… Benedetto XVI, con questo suo sorriso, mi sembra un angelo.
D. - Cosa le ha detto il Santo Padre?
R. - Presentandomi, il vescovo ha detto a Benedetto XVI: “Ha 96 anni ed è ancora parroco”. Il Papa poi mi ha detto: “Che il Signore le dia ancora tanta vita, perché possa fare ancora tanto bene”. Queste parole, semplici, sono ora impresse nel mio cuore e nelle mie preghiere. Ancora una volta ho ringraziato il Signore di tutto, dei miei 71 anni di Messe: ne ho celebrate 36.495. Di questo ringrazio sempre il Signore e posso dire che non mi sono mai pentito di essere sacerdote.
D. - Si può anche dire che la fede mantiene giovani?
R. - Io cerco di esercitare la mia missione di sacerdote sempre con gioia. Ho cercato di ridere e di far ridere e cerco di farlo anche adesso.
D. - Lei, padre, non ha mai scritto una predica, perché ha detto che le fa sempre con il cuore...
R. - Guardo la gente negli occhi, guardo la loro espressione e il mio cuore parla da solo e dice quello che sento dentro. Penso che, in realtà, dovrei essere molto più santo e molto più buono, viste tutte le grazie che mi ha dato il Signore. Quello che posso, lo esprimo e lo diffondo sempre anche ai miei parrocchiani.
Il cordoglio del Papa per il disastro aereo in Brasile: un Airbus si schianta contro un capannone, provocando 200 morti
◊ Benedetto XVI “costernato per le centinaia di vittime provocate dal disastro aereo” avvenuto la scorsa notte nell’aeroporto Congonhas di San Paolo del Brasile, dove un Airbus A320 della Compagnia Tam si è schiantato in fase di atterraggio contro un capannone, provocando almeno 200 vittime e inducendo il presidente Lula a proclamare tre giorni di lutto nazionale. In un telegramma a firma del cardinale segretario di Stato, Tarcisio Bertone, il Papa esprime il proprio cordoglio per i familiari delle vittime e “invoca da Dio la forza e il conforto per i feriti e per quanti sono stati colpiti dalla tragedia”. Intanto, mentre i soccorritori continuano il lavoro di recupero dei corpi, si indaga sulle cause del disastro: sotto accusa sono le condizioni di sicurezza della pista d’atterraggio, ma si attendono riscontri anche dalla scatola nera dell'Airbus, ritrovata poco fa. La cronaca nel servizio di Stefano Leszczynski:
E’ stato già definito come il più grave disastro aereo della storia del Brasile, quello che ha visto protagonista nella serata di ieri un Airbus A320 della Compagnia brasiliana Tam, decollato da Porto Alegre con 176 persone a bordo. Il velivolo, in atterraggio all'aeroporto Congonhas di San Paolo, ha proseguito la sua corsa oltre la fine della pista, schiantandosi contro un grande hangar, adiacente a una stazione di rifornimento carburante. Al momento dell'incidente, su San Paolo cadeva una fitta pioggia che - secondo le prime ricostruzioni - avrebbe allagato la pista rendendola scivolosa. L'impatto ha scatenato un violento incendio, che nonostante la tempestività dei soccorsi non ha lasciato scampo ai passeggeri. Resta tuttavia, incerto il bilancio delle vittime a terra, perché non ancora non è stato accertato quante persone vi fossero nell’edificio o nelle sue immediate vicinanze. Ma il bilancio finale potrebbe facilmente superare il numero di 200 morti. Intanto, esplodono le polemiche sulla sicurezza della pista dell’aeroporto Congonhas, che in giudice locale aveva recentemente stabilito non idonea all’atterraggio di grossi aerei. Il presidente brasiliano Ignacio Lula da Silva ha preannunciato l’avvio di un'inchiesta per accertare eventuali responsabilità per il drammatico disastro dell'aeroporto di Cogonhas ed ha decretato tre giorni di lutto nazionale.
Nomine
◊ Negli Stati Uniti, Benedetto XVI ha nominato vescovo di Pittsburgh mons. David A. Zubik, finora vescovo di Green Bay. Mons. Zubik, 67 anni, ha frequentato il Seminario di "Saint Paul" a Pittsburgh, dove ha conseguito il Baccellierato. Ha seguito anche i corsi teologici presso il "Saint Mary Seminary" in Baltimore, nel Maryland, concludendoli con il "Master of Divinity". Alla "Duquesne University" di Pittsburgh ha conseguito il Master in Scienze dell'Educazione. Dopo l'ordinazione, è stato fra l'altro cappellano della Casa madre delle Suore di San Giuseppe a Baden, segretario amministrativo del Vescovo di Pittsburgh, direttore diocesano per il Personale ecclesiastico, vicario Generale e Moderatore della Curia (1996-2003). E' stato consacrato vescovo nel 1997 e nel 2003 ha ricevuto la titolarità della diocesi di Green Bay. In seno alla Conferenza episcopale statunitense, è membro del "Administrative Committee”, dell'“Audit Subcommittee” e del “National Advisory Council” ed è presidente del “Committee on the Laity”.
In Germania, il Papa ha accettato la rinuncia dell'ausiliare della diocesi di Münster, presentata per raggiunti limiti di età da mons. Friedrich Ostermann. Al suo posto, il Pontefice ha nominato il sacerdote Franz-Josef Overbeck, del clero di Münster, finora direttore dell’Istituto per il diaconato ed i ministeri pastorali della medesima diocesi. Il neo presule ha 43 anni ed ha compiuto gli studi filosofici e teologici dapprima presso la Facoltà teologica dell’Università di Münster e poi nella Pontificia Università Gregoriana come alunno del Pontificio Collegio Germanico-Hungarico. Dopo l'ordinazione sacerdotale, è stato fra l'altro vicario della Cattedrale e direttore della casa di studenti “am Breul” a Münster. Ha proseguito anche gli studi teologici presso l’Università della medesima città, concludendoli con il dottorato in Teologia. E' stato anche direttore spirituale della Comunità di Vita Cristiana (Gemeinschaft Christlichen Lebens), costituita da sacerdoti e laici che vivono secondo lo spirito di S. Ignazio di Loyola.
In Perù, Benedetto XVI ha nominato coadiutore del Vicariato Apostolico di Puccallpa padre Gaetano Galbusera, Salesiano, rettore del Seminario Maggiore di Pumallucay. Il 67.enne mons. Galbusera, milanese di origine, ha conseguito la laurea in Filosofia presso l’Università Cattolica di Milano e la Licenza in Teologia presso la Pontificia Università Salesiana di Roma. Dopo l'ordinazione, ha ricoperto fra gli altri gli incarichi di direttore del Collegio e della parrocchia salesiana di Arese, direttore del Collegio salesiano di Bologna, direttore del collegio e della parrocchia di Sesto San Giovanni e consigliere ispettoriale dell’ispettoria lombardo-emiliana. Trasferito in Perú, è diventato rettore del Seminario maggiore. Il Vicariato Apostolico di Pucallpa, è stato eretto nel 1956. Si estende su una superficie di 52 mila kmq e conta circa 500 mila abitanti, di cui 390 mila cattolici, con 19 parrocchie, 20 sacerdoti e 32 religiose. Il Vicariato di Pucallpa, sin dalla sua creazione, è affidato alla cura pastorale della Società delle Missioni Estere di Québec.
Da domani, on line il nuovo Portale del Governatorato della Città del Vaticano, tra storia, servizi e curiosità
◊ Da domani, una nuova finestra web si affaccerà sulla Città del Vaticano. Questa mattina, un comunicato congiunto del Governatorato dello Stato vaticano e di Telecom Italia ha annunciato la creazione di un sito istituzionale, raggiungibile all’indirizzo in lingua inglese www.vaticanstate.va, che va ad affiancarsi all’altro canale telematico ufficiale della Santa Sede, l’ormai noto “vatican.va”. Sui servizi e le curiosità del nuovo portale, il servizio di Alessandro De Carolis:
Oggi, le istituzioni e i servizi, i monumenti e gli shop vaticani a portata di mouse. Come pure i celebri Giardini all’ombra della Cupola del Michelangelo o le bellezze naturali delle Ville di Castel Gandolfo, comodamente visibili dalla propria scrivania. E domani, la possibilità di assistere a cerimonie vaticane live o di prenotare on line i biglietti per i Musei Vaticani. E’ l’offerta presente e prevista del nuovo Portale istituzionale realizzato dal Governatorato dello Stato Città del Vaticano in collaborazione con Telecom Italia. Dietro la sua creazione c’è - si legge nella nota informativa - “la sempre più numerosa presenza di pellegrini e turisti in Vaticano e la continua richiesta di informazioni che, attraverso i canali tradizionali, perviene giornalmente agli Uffici dello Stato”. Realizzato in cinque lingue - italiano, inglese, francese, spagnolo, tedesco - alle quali prossimamente si aggiungerà il portoghese, il Portale presenta attraverso le sue cinque sezioni (Stato e Governo, Servizi, altre Istituzioni, Monumenti, Shop) gli organi dello Stato, gli orari dei servizi di pubblica utilità e un percorso di testi e video che consentono, come detto, di passare da una sintetica storia della Basilica di San Pietro alle foto delle Grotte Vaticane a una veduta in tempo reale della Piazza o della fila di pellegrini in visita alla tomba di Giovanni Paolo II. O anche, per i più curiosi, a una fotogallery delle automobili del Papa.
“Progettato in un'ottica moderna ed interattiva”, grazie alle più “avanzate” tecniche di produzione in linguaggio informatico HTML, il Portale - si afferma nel comunicato - “risponde alle esigenze di chiarezza e semplicità espositiva per una facile e razionale fruizione di tutte le informazioni e servizi”. Le sezioni del sito si basano su tre diverse piattaforme di servizi: la prima è dedicata ai contenuti, in costante aggiornamento, la seconda sovrintende all’accesso, la navigazione e l'interfaccia grafica, la terza è specifica per le transazioni economiche. “In un prossimo futuro”, preannuncia il comunicato, il sito offrirà anche “la possibilità di acquistare i prodotti numismatici e filatelici e gli articoli realizzati dall'Ufficio vendita pubblicazioni e riproduzioni dei Musei Vaticani”. E all’orizzonte, si profilano opportunità di accesso vocale per i diversamente abili o la fruizione in streaming delle audio e videoteche vaticane.
Oggi su "L'Osservatore Romano"
◊ Servizio vaticano - Una pagina dedicata al cammino della Chiesa in Oceania.
Servizio estero - Brasile: aereo si schianta a São Paulo: oltre duecento morti. Il telegramma di cordoglio del Santo Padre.
Servizio culturale - Un articolo di Agnello Baldi dal titolo "Dalla Piana del Sele riemergono le memorie dell'ultimo caposaldo della grande federazione etrusca": il nuovo Museo archeologico di Pontecagnano espone una selezione di reperti rinvenuti durante gli scavi nell'immensa necropoli a dieci chilometri da Salerno.
Servizio italiano - In primo piano il tema degli incidenti sul lavoro.
Vigilia dell'incontro a Lisbona del Quartetto per la pace in Medio Oriente. Intervista con Janiki Cingoli sul seminario del CIPMO
◊ Il presidente palestinese, Abu Mazen, si accinge a pubblicare un decreto relativo all'organizzazione di nuove elezioni presidenziali e politiche. Lo ha affermato lui stesso in una conferenza stampa, dopo aver ricevuto a Ramallah, in Cisgiordania, l'Alto rappresentante per la politica estera dell'Unione europea, Javier Solana. Intanto, ultimi preparativi a Lisbona, in Portogallo, per l’importante riunione del Quartetto sul Medio Oriente, in programma domani. Insieme al nuovo inviato speciale del gruppo per la regione, l’ex premier britannico, Tony Blair, i rappresentati di Stati Uniti, Russia, ONU e UE discuteranno su come rilanciare il processo di pace nel territorio, anche grazie all'improvvisa accelerazione impressa dall'annuncio della Casa Bianca di aver affidato al segretario di Stato, Condoleezza Rice, il compito di organizzare una conferenza internazionale da tenersi in autunno. E a un livello diverso rispetto alla diplomazia ufficiale, molte organizzazioni lavorano di spianare la strada alla riconciliazione israelo-palestinese. Nei giorni scorsi a Torino, giovani dirigenti di entrambi i fronti sono stati ospiti in un seminario organizzato dal Centro per la Pace in Medio Oriente (CIPMO). Luca Collodi ne ha intervistato il direttore, Janiki Cingoli:
R. - Questi progetti “Young leaders” sono progetti volti a mettere in contatto quelli che saranno i futuri leader delle due parti. Sono giovani che sono in qualche maniera non ancorati ai vecchi meccanismi dell’odio, della sfiducia reciproca, hanno la mente più libera e dunque sono in grado di avventurarsi su percorsi nuovi.
D. - Questo seminario è riservato a giovani esponenti politici palestinesi e israeliani. Facciamo una sorta di sogno: se questi giovani fossero al governo sia nella Striscia di Gaza, in Cisgiordania e in Israele, che cosa cambierebbe secondo lei?
R. - Credo che sarebbero ancora più ancorati ai fatti e al vissuto delle persone e meno alle ideologie e ai sogni che a volte sono incubi. Credo che questo sia proprio il senso di questo incontro.
D. - Che differenze si possono notare sul piano pratico tra quella che è la politica attuale dei leader storici israeliani e palestinesi rispetto a questi leader del futuro?
R. - Credo che la differenza fondamentale sia proprio questa volontà di stare insieme e la curiosità di conoscere l’altro. C’è un detto della Bibbia che dice che quando si sta di fronte ad un’altra persona bisogna spogliarsi dei propri vestiti e mettersi in quelli dell’altro. E’ quello che, in qualche modo, questi giovani stanno facendo. In realtà, noi stiamo costruendo un meccanismo per realizzare la pace "dal basso", perchè è comune la convinzione che le diplomazie da sole non ce la facciano, ed quindi è necessario un coinvolgimento delle società. Io non voglio ingrandire, ingigantire lesperienza del CIPMO, ma ritengo che se anche si può costruire qualche centimetro in direzione della pace, questo vada fatto con serietà e rigore.
D. - Andiamo all’attualità più immediata. Lei crede a quanto detto da Abu Mazen recentemente, cioè che Hamas stia favorendo l’infiltrazione di Al Qaeda in Palestina?
R. - Io non credo sia corretta questa analisi, mi sembra fatta per motivi di concorrenza. Io non sono un affezionato di Hamas, tuttavia Hamas ha sempre avuto una politica nettamente contraria ad Al Qaeda, è la sua conclusione alla sua impostazione e credo che se Al Qaeda ancora non sia presente in forze - pur manifestando una qualche infiltrazione - si deve anche alla presenza di Hamas. La mia convinzione è quindi opposta.
La CEI critica l'introduzione del principio della "laicità" nel disegno di legge sulla libertà religiosa in Italia. Intervista con il prof. Venerando Marano
◊ Non sono poche le preoccupazioni della Conferenza episcopale italiana (CEI) sul nuovo Disegno di Legge sulla libertà religiosa in Italia. Le ha espresse due giorni fa, in Commissione Affari costituzionali della Camera dei deputati, il segretario generale della CEI, mons. Giuseppe Betori, fondandole su alcuni temi ritenuti essenziali. Primo fra tutti: l’introduzione - definita dal vescovo "singolare e forzata" - del principio di laicità, quale fondamento della legge sulla libertà religiosa. Francesca Sabatinelli ne ha parlato con il prof. Venerando Marano, ordinario di Diritto ecclesiastico e coordinatore dell’Osservatorio giuridico-legislativo della CEI, intervenuto anch’egli alla Camera:
R. - Viene introdotto per la prima volta nelle leggi della Repubblica il principio della laicità, che è un principio costituzionale, ricavato da altri principi, fino ad oggi enunciato dalla giurisprudenza. Ha una tale importanza che introdurlo in questa maniera e in questa legge potrebbe risultare forzato, improprio. Ciò che colpisce è l’indicazione secondo cui la tutela del diritto di libertà religiosa trova fondamento nello stesso principio di laicità. Ora qui, però, occorre esser chiari: è la libertà religiosa che - come ha da tempo chiarito la nostra Corte Costituzionale - concorre a definire il contenuto della laicità. E' la libertà religiosa - semmai - che fonda o concorre a fondare la laicità. Affermare il contrario, invece, sembra effettivamente una forzatura.
D. - Prof. Marano, un altro punto molto importante, a suo tempo sollevato, era relativo alla questione dei matrimoni. Si pensa che possa ritornare il rischio della poligamia...
R. - Da un lato, bisogna dare atto al lavoro svolto dalla Commissione di aver opportunamente ripristinato la previsione della lettura degli articoli del Codice Civile nel corso della celebrazione. Rimane tuttavia molto dubbia la soluzione di fondo, che in questa nuova formulazione del testo in esame è stata adottata. Secondo questa soluzione, infatti, la disciplina del matrimonio delle confessioni diverse da quella cattolica, anche quelle che si ispirano a teorie o a pratiche di tipo poligamico, sarebbero riconosciute agli effetti civili, in modo paraconcordatario, direi perché la qualificazione dell’istituto è identica a quella del matrimonio concordatario, matrimonio religioso agli effetti civili. Questa è una novità che non trova, in realtà, fondamento nel nostro sistema. Si vede poi che tutta la disciplina è, in qualche modo, modellata su quella concordataria. Ora, questa omologazione di realtà e di istituti, che sono poi i più diversi, suscita preoccupazione - credo - non soltanto nei cattolici.
D. C’è il rischio, a questo punto, che il Disegno di legge in qualche modo arrivi ad equiparare la religione cattolica addirittura alle sette?
R. - Dal punto di vista formale, questo rischio è da escludere, perché una espressa disposizione contenuta nella parte finale della legge esclude la estensibilità della disciplina che stiamo commentando alla Chiesa cattolica e alle confessioni diverse da quella cattolica che hanno stipulato intese con lo Stato. Tuttavia, se dal punto di vista sostanziale accade che la disciplina di diritto comune preveda un regime sostanzialmente analogo per le confessioni cattoliche prive di intese e di accordi da un lato e la Chiesa e le confessioni con intese dall’altro: ebbene, il rischio di una omologazione tendenziale tra le confessioni che sono oggetto di disciplina bilaterale e tutte le altre confessione, allora questo rischio sussiste.
D. - La CEI ritiene che ci siano ancora molti passi da fare perché si arrivi ad un testo soddisfacente?
R. - Credo che sicuramente ci sia ancora molto da approfondire. Credo che la Conferenza episcopale italiana abbia lealmente confermato la propria determinazione favorevole alla più ampia tutela della libertà religiosa ed anche una valutazione favorevole di fondo sulla eventualità di un intervento legislativo, ma abbia - con molta chiarezza - anche precisato che non qualsiasi intervento legislativo - e probabilmente non questo intervento legislativo - con queste modifiche può risultare adeguato rispetto all’esigenza che in linea di principio viene confermata. Si tratta oggi di valutare se il testo, così come modificato, risulti ancora adeguato alle esigenze condivise o se, invece, queste modifiche abbiano complessivamente sbilanciato il delicato punto di equilibrio in precedenza raggiunto e determinino la necessità di una profonda revisione o anche di una nuova impostazione.
La legge 40 sulla procreazione assistita in Italia "non va toccata": l'opinione di Maria Luisa Di Pietro dell'Associazione "Scienza e Vita"
◊ Riformare la Legge 40/ 2004 sulla procreazione assistita è una “tentazione da respingere”: lo afferma l’Associazione Scienza e Vita, nell’imminenza della revisione delle linee-guida della normativa. In una conferenza stampa tenuta ieri a Roma, l’Associazione ha inoltre contestato i dati sullo stato di attuazione della legge, presentati a giugno dal Ministero della sanità. Il servizio di Isabella Piro:
La Legge 40 sulla fecondazione assistita ha funzionato ed ha raggiunto i suoi obiettivi, ossia ha evitato distruzioni dirette e premeditate di embrioni ed ha contribuito a superare le cause della sterilità. L’Associazione Scienza e Vita lo ribadisce con forza e lancia l’allarme su un’imminente revisione delle linee guida della normativa. “Laicità e democrazia sono a rischio di estinzione - ha detto Maria Luisa Di Pietro, presidente dell’Associazione - quando si fa pressione per modificare le linee guida di una legge per poi usarle come grimaldello per scardinare la legge stessa”. Ma perché, dunque, la legge non va toccata? Ascoltiamo la Di Pietro:
“Perché la società ha largamente e a maggioranza approvato una legge che ha cercato di mettere ordine ad una situazione già preesistente, muovendo da due principi fondamentali: la tutela della vita e della salute della donna e la tutela della vita e della salute del concepito. Quindi, ogni intervento su questa legge, ovviamente, porterebbe a negare i due principi dai quali si è mossi. E’ per questo che noi cercheremo di mantenere questa legge e di far sì che questa legge venga applicata bene, in tutti i suoi passaggi e i suoi articoli: innanzitutto sull’articolo 2 della prevenzione della sterilità, intervenendo da un punto di vista educativo e sociale, anche sul miglioramento della politica del lavoro e della politica della casa”.
Ma in che modo la Legge 40 tutela la salute della donna e del concepito? Ancora Maria Luisa Di Pietro:
“Limitare al minimo l’entità delle stimolazioni ovariche: stimolazioni ovariche minimali e ripetute causano sicuramente meno danni di stimolazioni massive. Il fatto che, da una parte, la legge assicuri una serie di passaggi e di consulenze prima di arrivare alla scelta di una tecnica di fecondazione artificiale e, dall’altra, parta dal presupposto - che cerca ampiamente di perseguire - di destinare alla nascita ogni embrione, significa che c’è questa ricerca di tutela della salute della vita della donna e del concepito”.
Scienza e Vita contesta inoltre la relazione presentata dal Ministero della salute il 28 giugno scorso sull’attuazione della legge 40. Un rapporto i cui dati si presentano come parziali ed insufficienti, utilizzabili solo in forma aggregata, senza permettere una dettagliata valutazione sulla sicurezza e l’efficacia delle tecniche di procreazione assistita, utilizzate nei centri appositi. Lucio Romano, consigliere di Scienza e Vita:
“La relazione ministeriale evidenzia una criticità metodologica, perché non tutti i Centri hanno provveduto a trasferire i dati al Centro nazionale. Teniamo conto che il 37,5% dei Centri non ha fornito alcuna informazione sulle gravidanze e questo è un dato molto significativo, che lo stesso ministro riporta nella relazione, in quanto testualmente dice: 'Una perdita di informazione così elevata è inaccettabile e non permette di fare analisi sulla reale efficacia e sulla sicurezza dell’applicazione di tale tecnica'”.
“È assolutamente falso - sottolinea Carlo Casini, presidente del Movimento per la vita - che la legge 40 abbia ridotto la percentuale di gravidanze”. A riprova di ciò, i dati che dimostrano un calo anche per le tecniche di fecondazione di primo livello, non toccate dalla legge 40. Un minor numero di donne incinta è allora dovuto, secondo Casini, ad un innalzamento dell’età di coloro che si rivolgono ai Centri per la fecondazione assistita. Secondo il presidente del Movimento per la Vita, inoltre, è ormai assodato che la diagnosi preimpianto causa all’embrione danni tali da ridurre di un terzo le nascite. Infine, l’Associazione Scienza e Vita sottolinea come, anche a livello europeo, si tenda a trasferire nella donna uno o, al massimo, due embrioni, così da ridurre l’incidenza delle complicanze per plurigemellarità.
Al via la 39.ma edizione del Festival internazionale del teatro, dedicato a Carlo Goldoni
◊ Si inaugura oggi il 39.mo Festival internazionale del teatro organizzato dalla Biennale di Venezia e quest’anno interamente dedicato a Carlo Goldoni, nell’ambito delle manifestazioni per il trecentesimo anniversario della sua nascita. Una serie di spettacoli e di proposte che fino al 29 luglio occuperanno teatri e piazze di Venezia. Il servizio di Luca Pellegrini:
Non solo sorrisi, non solo carnevali e crinoline, nobili in bancarotta e borghesi ruspanti. Non solo una società languida al tramonto ed una effervescente all’alba: Carlo Goldoni è interprete della vita, la vita nel quotidiano della sua Venezia, tra baruffe e brontolii, amanti scaltre e rusteghi acerbi, innamorati e beffati, piccoli oggetti come un ventaglio o un tombolo che diventano strumenti ineffabili di teatro. Senza dimenticare la denuncia della guerra, della corruzione, dell’affarismo spicciolo, dei bigotti e degli scaltri. Goldoni come nostro contemporaneo, che nelle sue commedie, nel suo teatro, nella sua arte, ha profuso inquietudine, passione, dolcezza senza mai prevaricare, scandalizzare, offendere. Giustamente del Festival che la Biennale di Venezia dedica al teatro, Goldoni, in questo anno celebrativo, è protagonista, per un incontro nuovo e originale tra classico e contemporaneo, in una dimensione autenticamente internazionale con una miriade di proposte, spettacoli, momenti di studio. A Maurizio Scaparro, direttore della sezione teatro e ideatore del programma intitolato Goldoni e il teatro nuovo, abbiamo chiesto in che cosa consiste la modernità di Carlo Goldoni:
R. - Io credo nell’attenzione al mondo che lo circonda. Sente, vagamente, che il mondo cambia: non lo sente come lo può sentire successivamente chi è alla stretta vigilia in Francia della Rivoluzione, ma sente un’angoscia - sia pure in maniera dolce, come era poi lui - di un mondo che in qualche modo mostra una esilità di manovra e di forza. Riusciva, però, con ironia che va ancora tutta soppesa e sottolineata, con una malinconia e con un interesse estremo a raccontare quello che era il mondo che lo circondava. Direi che è un mondo borghese, che rappresentava la sua limitazione, ma anche la sua forza. Questo mondo, comunque, lui lo ha vissuto così come ha vissuto dal di dentro - e questa è per me la forza più importante - il mondo del teatro. Ho visto proprio quale fosse la forza di Goldoni dal di dentro. E’ forse uno dei pochi che ha scritto sul teatro, vivendolo dall'interno, come autore e alla fine come uomo. Grazie all’uomo abbiamo avuto un ritratto di quella che è la fatica di fare teatro: basti vedere il teatro comico, che rappresenta uno dei manifesti veri e propri su quella che è la fatica e la bellezza del poter fare il teatro oggi.
Tra le molte novità del festival, una in particolare sta a cuore al suo direttore...
R. – La cosa che più mi sta a cuore e che è questo campus internazionale di studenti internazionali, oltre mille studenti da tutta Europa ed anche dal bacino del Mediterraneo, verranno per dieci giorni a studiare Goldoni con studiosi, artisti ed attori e la sera parteciperanno poi al Festival. Se dovesse scegliere due parole per sottolineare questo lavoro che ho fatto, le due parole sarebbero giovani ed Europa.
L’arcivescovo di Tai Pei, Joseph Cheng, indica la chiave di lettura della Lettera di Papa Benedetto XVI ai fedeli cinesi
◊ E’ puramente religiosa la “lettera del Santo Padre Benedetto XVI ai vescovi, ai presbiteri, alle persone consacrate e ai fedeli laici della Chiesa cattolica nella Repubblica Popolare Cinese”. Il Santo Padre ha semplicemente difeso i principi della fede e la Chiesa particolare di Taiwan deve considerala come una grande opportunità di riflessione. Sono i punti cruciali della “lettera al popolo di Dio della regione di Taiwan” scritta da mons. Joseph Cheng, arcivescovo di Tai Pei, per accompagnare la lettura e la riflessione sulla lettera di Papa Benedetto XVI ai fedeli cinesi. Come riporta l’agenzia Fides mons. Cheng, nella sua missiva, auspica vivamente che nessuno interpreti la lettera in chiave politica. Il Papa – ribadisce - ha solo voluto difendere i principi della fede cattolica; la libertà religiosa porta solo armonia e progresso per il Paese. Infine si legge nel documento pubblicato da “Christian Life Weekly”, “auspico per l’ennesima volta che tutti possano credere profondamente, con speranza e impegno, che ogni cristiano si lasci guidare dalla propria fede e dalla relazione di Dio a prendere il largo con coraggio, svolgendo un ruolo positivo e fruttuoso per l’Evangelizzazione della Chiesa”. (E. B.)
Il 13 luglio scorso, si è spento dopo una lunga malattia, il vescovo cinese di Xuanhua, Zhao Zhendong
◊ Lo scorso 13 luglio si è spento mons. Filippo Pietro Zhao Zhendong vescovo della diocesi di Xuanhua, sede della Chiesa cattolica suffraganea dell’arcidiocesi di Pechino; segnato da mesi da una grave malattia, il presule è deceduto alla vigilia del suo 87esimo compleanno. Lo riferisce l’agenzia di stampa UCAN, ripresa da AsiaNews, secondo le cui fonti nell’Hebei il vescovo, che soffriva da tempo di diabete e problemi cardiaci, fin dal suo insediamento nel 1999 ha sempre lavorato - in comunione con il Vaticano – per l'unificazione della Chiesa cinese. Nonostante la lunga malattia mons. Zhao Zhendong non aveva rinunciato alla cura pastorale dei fedeli: in questi giorni stava studiando la recente lettera inviata da Papa Benedetto XVI ai cattolici cinesi, un documento importante secondo il vescovo di Xuanhua per promuovere l’unità fra i fedeli. Sebbene non vi siano stati divieti ufficiali, per partecipare alle esequie in programma sabato prossimo nell'Yuxian, i fedeli dovranno apporre la propria firma in un apposito registro e ottenere il permesso dalle autorità. (R.P.)
In India, organizzazioni cattoliche e islamiche protestano contro la proposta di legge per ridefinire le minoranze religiose nei singoli Stati
◊ In India il ministro federale per gli Affari delle minoranze, Antulay, ha rassicurato che il governo federale non approverà una proposta di legge per ridefinire le minoranze religiose in base al numero dei fedeli nei singoli Stati. E’ quanto afferma John Dayal a nome dell’All India Catholic Union, di cui è presidente, dell’All India Christian Council e dell’United Christian Action. A maggio il Consiglio di gabinetto ha approvato una proposta per definire le minoranze in relazione a ogni singolo Stato. Tuttavia, come riporta l’agenzia Asia News, nel Paese è acceso il dibattito su cosa si intenda per “minoranza” e su quali diritti abbiano le minoranze. Il pericolo – secondo Dayal – è che minoranze religiose come i Sikh, i cristiani e gli islamici non abbiano tale status in Stati dove sono numerosi e questo farebbe perdere loro molti diritti costituzionali. Diverse le organizzazioni cattoliche e islamiche che, in un memorandum al premier Manmohan Singh e al presidente dell’Allenza unita progressista Sonia Gandhi, hanno infatti protestato con forza contro questa proposta. Molti esperti – ha osservato Dayal – hanno sostenuto la nostra osservazione che una definizione specifica delle minoranze per ogni Stato porterebbe a una distorsione dei loro diritti. In pratica – ha precisato – “gli studenti cristiani non potrebbero essere ammessi negli istituti d’istruzione per le minoranze, come il Collegio S. Stefano e il Collegio Loyola, poiché non avrebbero lo status di appartenenti a una minoranza”. Soprattutto – ha concluso - chi non fa parte di una minoranza nel proprio Stato, non potrebbe beneficiare di questo status nemmeno in altri luoghi” dove i cristiani sono una minoranza. (E. B.)
Aggredito un sacerdote cattolico in India. Il cardinale Toppo afferma: non abbiamo paura, ma lo Stato deve proteggerci
◊ Sgomento nella comunità cristiana indiana per l’aggressione di un sacerdote cattolico, p. V. Michael, della missione Chuhari, a 8 chilometri dalla diocesi di Bettiah. Secondo quanto riferisce l’agenzia Asia News, la polizia ritiene che a compiere l’attentato ieri notte siano state oltre 10 persone penetrate nella sua casa. Il religioso in seguito alle ferite riportate ha subito un intervento chirurgico. Il vescovo di Bettiah si è detto sconcertato per quanto accaduto mentre il cardinale Telesphore Toppo, presidente della Conferenza episcopale indiana, ha espresso “la più dura condanna” per il gesto. Anche se l’India è un Paese democratico, “purtroppo – ha detto - in alcune zone i missionari e le istituzioni cristiani sono vittime di attacchi. Ci sono gruppi che colpiscono la Chiesa in modo sistematico e le autorità debbono aiutarci e proteggerci”. “Preghiamo che gli aggressori, spesso indottrinati da una falsa propaganda contro le missioni cristiane, siano liberati dalla loro cecità e dalla cultura dell’odio, ha affermato ancora il cardinale che ha aggiunto: “non abbiamo paura delle persecuzioni, che rendono più forte la testimonianza della fede e che ci danno il privilegio di partecipare alla sofferenza salvifica della Chiesa”. (E. B.)
Il superiore generale del PIME interviene sul sequestro di padre Bossi. Per Padre Pierantoni, rapito nel 2001, bisogna pregare perché l’esito della vicenda sia positivo
◊ “La vicenda di padre Bossi non ha niente a che vedere né con le questioni di carattere politico come la legge antiterrorismo, appena approvata nelle Filippine ma criticata dall’episcopato cattolico, né con questioni di carattere religioso come le rivendicazioni di gruppi fondamentalisti islamici”. E’ quanto dichiarato all’agenzia Misna da padre Gian Battista Zanchi, superiore generale del Pontificio Istituto Missioni Estere (PIME). Non è stato ancora identificato il gruppo armato che il 10 giugno scorso ha sequestrato nelle Filippine padre Giancarlo Bossi. Intervenendo sulla questione padre Zanchi aggiunge che “neppure i recenti scontri tra esercito filippino e militanti del gruppo Abu Sayyaf nell’isola di Basilan hanno niente a che vedere con il sequestro. Lo stesso governo filippino ha smentito qualsiasi eventuale collegamento, ipotizzato da alcuni organi di informazione”. In sintesi, aggiunge il superiore generale del PIME “non sappiamo ancora dove si trovi, né chi l’ha rapito né perché. Sappiamo che le ricerche continuano e che i due governi interessati, quello filippino e quello italiano, stanno facendo del loro meglio per liberarlo, ma oltre alle foto che ci sono pervenute non abbiamo altra prova della sua incolumità”. Nessuna novità neanche relativamente alle medicine che ci sono state richieste. “Continuiamo a sperare che venga liberato presto – afferma il superiore del PIME che ricorda: l’istituto non può dare seguito a richieste di riscatto né tanto meno prestarsi a strumentalizzazioni di tipo politico: “Non rimane quindi che attendere con fiducia – conclude padre Zanchi – che i responsabili facciano il loro lavoro e ci riportino presto padre Bossi”. Intanto sulla vicenda è intervenuto anche padre Giuseppe Pierantoni, missionario dehoniano sequestrato per 172 giorni nelle Filippine nel 2001. Bisogna “tenere alta la vigilanza, soprattutto con la preghiera, perché – ha detto - l’esito del rapimento sia positivo”. Ripensando al suo sequestro, padre Pierantoni ricorda quale sia il desiderio più ricorrente: “Non essere ‘tagliati fuori’, sentire che le persone si stanno muovendo. Penso alla preghiera che fece il Papa a Natale, invocando la mia liberazione, e a un appello della mia famiglia che ebbe eco sui media locali”. Dello stesso segno quello di Papa Benedetto XVI che ha detto di pensare ogni giorno al missionario rapito: “sono gesti che danno un forte incoraggiamento”, ha concluso il religioso. (E. B.)
L’Iraq vive la più grave fuga di massa della sua storia. Lo afferma l’Organizzazione Internazionale per le migrazioni (OIM)
◊ Sono quasi un milione gli iracheni fuggiti dalle proprie case dal mese di febbraio scorso. A renderlo noto a Ginevra, è l’Organizzazione internazionale per le migrazioni (OIM), secondo cui nel 2007, sono 60 mila al mese, in media, le persone che abbandonano le proprie abitazioni nel tentativo di fuggire dalle violenze. L’Iraq sta sperimentando la “peggiore” fuga di massa della sua storia, con quasi 2,2 milioni di sfollati all’interno del Paese ed altri due milioni fuggiti negli stati confinanti, ha affermato la portavoce dell’OIM, Jemini Panda, secondo quanto riporta l’agenzia Misna. “La gente fugge dalle violenze provocate dai combattimenti tra l’esercito, le truppe di coalizione e i miliziani – ha sottolineato – e a causa della generale mancanza di sicurezza nel paese”. Oltre un milione di iracheni sciiti risultano sfollati, dal febbraio 2006, data della distruzione della cupola d’oro della moschea di Samara, luogo di culto sciita. “Abbiamo un disperato bisogno di fondi per sostenere questa gente – ha detto Pandya – e non capisco perché così pochi sono quelli che rispondono ai nostri appelli”. L’OIM ha ricevuto infatti meno del 18% degli 85 milioni di dollari richiesti per le operazioni in favore dei profughi iracheni nel 2007-2008 e i paesi vicini, come la Siria, la Giordania e l’Egitto, hanno cominciato a limitare i visti d’ingresso agli iracheni, nel timore di dover accogliere migliaia di profughi in fuga dal Paese. (E. B.)
Una voce della Chiesa per l’evangelizzazione e la promozione della pace in Burundi: è l’obiettivo di Radio Ijwi Ry'Amahoro, l’emittente promossa dai vescovi locali
◊ Ha appena festeggiato un anno di vita Radio Ijwi Ry’Amahoro, l’emittente promossa in Burundi dai vescovi locali per promuovere l’evangelizzazione e la pace nel Paese. La radio, che significa proprio “Voce della Pace”, è stata infatti inaugurata da Mons. Jean Ntagwarara, vescovo di Bubanza e presidente della Conferenza episcopale burundese, nell’aprile 2006. Come ricorda l’agenzia Fiedes, nel suo discorso per l’inaugurazione dell’emittente, mons. Ntagwarara sottolineava il fatto che “la radio inizia le sue attività nel momento in cui il Burundi conosce una crescita stupefacente dei mezzi di comunicazione sociale, specialmente nel campo della radio. Si avverte che la popolazione ha veramente sete di conoscere le informazioni soprattutto quelle che concernono il proprio Paese. La Chiesa universale, durante il Concilio Vaticano II, ha sentito il bisogno e l’importanza dei mezzi di comunicazione sociale”. I vescovi hanno promosso la nuova radio per edificare una cultura della pace e della riconciliazione nel Burundi, che è uscito da poco da una sanguinosa guerra civile. “La sua linea editoriale”- sottolineava il Presidente della Conferenza Episcopale - “è di privilegiare i programmi di pace, di giustizia, d’accoglienza reciproca, di riconciliazione e di sviluppo”. Radio Ijwi Ry’Amahoro copre la capitale Bujumbura, la pianura e le montagne vicine. “Prevediamo presto di estendere la sua copertura a tutto il Paese e creare un sito Internet. Vogliamo inoltre aumentare il numero di ore di trasmissione” dice il suo direttore, Emmanuel Muyehe. Le emissioni sono in kirundi, la lingua nazionale, in francese e in swahili, la lingua franca dell’Africa orientale. Tra i programmi vi sono celebrazioni eucaristiche, momenti di preghiera, letture e spiegazioni della Parola, oltre a radiogiornali, trasmissioni musicali e di teatro e servizi sulle attività della Conferenza Episcopale. Radio Ijwi Ry’Amahoro è stata fondata con l’aiuto della Conferenza Episcopale Italiana e del cardinale Ersilio Tonini, arcivescovo emerito di Ravenna-Cervia. (E. B.)
Cuba in festa per il terzo Congresso nazionale dell’Infanzia missionaria, che celebra i 15 anni della rinascita delle Pontificie Opere Missionarie nell’isola
◊ Con la presenza di 396 bambini ed adolescenti missionari e di 72 animatori si è tenuto nella città di Camaguey a Cuba, il Terzo congresso nazionale dell’infanzia missionaria che ha riunito dal 13 al 15 luglio le delegazioni delle 11 diocesi cubane. Lo ha comunicato all’Agenzia Fides P. Raúl Rodríguez Dago, Direttore Nazionale delle Pontificie Opere Missionarie (POM) a Cuba. I bambini hanno scandito “Con Gesù e con Maria, missionari tutto il giorno”, alla fine della Messa di chiusura del Congresso, che è stata presieduta da mons. Juan García Rodríguez, presidente della conferenza dei vescovi cattolici di Cuba ed arcivescovo della città. Da venerdì 13 luglio, i piccoli missionari hanno riflettuto sul lavoro missionario che stanno realizzando nelle rispettive comunità cristiane, ringraziando il Signore per i 15 anni della rinascita della Pontificia Opera dell’infanzia missionaria nella Chiesa pellegrina di Cuba. Uno degli obiettivi del Congresso era appunto celebrare i 15 anni dell'Infanzia Missionaria nell'isola, tornata a risorgere nell’Arcidiocesi di Camaguey nel 1992, dopo essere sparita da Cuba nel 1961, quando erano state nazionalizzate le scuole cattoliche dove essa era presente. Proprio per questo motivo il congresso si è celebrato in questa città, nella casa diocesana de la Merced. Tra i presenti c’era anche Suor Martha Yanet Alonso, che nel 1992, a 10 anni di età, è stata fra i quattro bambini che hanno cominciato, assieme al loro catechista, il primo gruppo dell’infanzia missionaria nella Parrocchia di Santa Ana, in questa stessa città. I piccoli missionari hanno guardato però anche il presente per scoprire qual è la loro missione e per portare nelle rispettive diocesi nuovi progetti missionari. Nell’ambito delle celebrazioni del Congresso ci sono stati alcuni momenti speciali, come l’arrivo dell’immagine della vergine della carità, la prima missionaria a Cuba, l’accoglienza della Mascotte dell’infanzia missionaria, “Antenna Missionaria”, e la gioia di vedere al Congresso alcuni personaggi protagonisti delle più famose favole popolari cubane. (E. B.)
Sri Lanka: realizzare la pace attraverso l’arte. E’ lo spirito del Centro nazionale per le arti di Colombo
◊ Promuovere pace, unità ed eccellenza artistica tra persone di fedi ed etnie diverse attraverso danza, teatro, musica, letteratura e pittura. Questo lo scopo del Centro nazionale per le arti di Colombo, fondato nel 1965 dal padre gesuita Nicholapillai Maria Saveri, di recente al centro di festeggiamenti per l’anniversario della sua ordinazione al quale hanno partecipato centinaia di persone. In particolare – afferma l’agenzia Misna - il ‘Centre for performing arts’ (CPA) ha riscosso il plauso della comunità buddista, maggioritaria in Sri Lanka con circa il 70% di fedeli, perché, a detta del venerabile Dhammakithi, monaco a capo del Centro buddista di Anuradhapura, “va al di là di ogni differenza di religione, lingua, casta e credo” ed “è impegnato contro il razzismo e l’odio”. Con 3.500 affiliati in 20 diverse sedi in tutto il Paese, il Centro forma artisti e allestisce spettacoli mirati soprattutto a promuovere il dialogo inter-religioso e inter-etnico. Particolarmente significativi, scrive l’agenzia Ucanews, sono gli spettacoli di strada messi in scena anche durante i periodi di maggiore violenza del conflitto cominciato nel 1983 tra governo e le Tigri Tamil. Queste rappresentazioni, per le quali vengono ingaggiati preferibilmente rifugiati, vedove e orfani, intendono costituire una sorta di terapia, soprattutto per i più piccoli, contro i traumi provocati dalla guerra. (E. B.)
Allarme dell’ONU: i cambiamenti climatici e i contrasti per l’accesso alla terra minano la pastorizia in Africa
◊ L’allevamento tradizionale del bestiame in Africa è seriamente minacciato dai cambiamenti climatici, dagli imprevisti sconvolgimenti del mercato mondiale e dai contrasti per l’accesso alla terra e alle altre risorse naturali. A sostenerlo l’ufficio dell’ONU per il coordinamento degli affari umanitari in un rapporto pubblicato al termine di un vertice di 15 Paesi africani a Isolo, in Kenya, proprio per discutere delle attività relative alla pastorizia nel continente. Secondo il documento – riferisce l’agenzia Misna - la crescente pressione demografica, la progressiva desertificazione e i fenomeni periodici di siccità nelle zone aride e semi-aride costituiscono una grave ipoteca per la sopravvivenza degli allevatori. Inoltre, sottolineano gli esperti dell’ONU, in diverse nazioni africane “non ha portato alcun frutto l’impegno per rendere meno duro l’impatto sull’allevamento delle nuove politiche governative”. Gli investimenti destinati ai pastori nomadi nei settori dell’istruzione, sanità e altri servizi vitali sono stati “relativamente deboli”, fino a creare negli allevatori una costante dipendenza dagli aiuti d’emergenza. Dunque non sono riusciti a curare le cause profonde della loro povertà. Il rapporto invita quindi ad elaborare un “quadro continentale” di nuove strategie per la sopravvivenza del settore. (E. B.)
Le comunità rom di Roma si uniranno domani sera per protestare contro la crescente discriminazione nei loro confronti
◊ Un incontro, da tenersi domani sera, tra tutte le comunità rom di Roma per “rispondere unitariamente alla sempre crescente discriminazione di cui vengono fatte oggetto”. È l’iniziativa dei rappresentanti delle comunità Rom di Roma presso il campo di Castel Romano, dove vivono circa 1.000 persone, presentata ieri a Roma. Come riporta l’agenzia Sir, alla serata sono invitate tutte le autorità cittadine “per prendere coscienza – affermano gli organizzatori – delle disumane condizioni” in cui verte il “campo attrezzato” e a “passarvi la notte”. “Ogni popolazione può crescere solo se viene riconosciuta e rispettata la dignità umana di ognuno. Senza questo rispetto non vi può essere crescita”. Sono le parole di mons. Piero Gabella, direttore dell’Ufficio per la Pastorale dei rom e dei sinti della Fondazione Migrantes, a margine della conferenza stampa di ieri. “I nomadi - continua il sacerdote - hanno una storia ed una cultura che seppur diversa dalla nostra ha lavorato nel corso degli anni per far crescere in sè i valori positivi, e contenere per quanto possibile, le deficienze e gli errori”. Ogni popolo compie questo cammino “e i sinti e i rom – ha aggiunto - non fanno eccezione. Se noi, come è successo con i campi sosta, obblighiamo le persone che hanno un loro proprio cammino ad entrare in schemi abitativi da noi progettati e pensati, è certo che andremo ad intaccare, o più verosimilmente a distruggere, il cammino e gli equilibri raggiunti”. Per mons. Gabella occorre, per i rom e sinti ma anche per tutti, avere “libertà di scegliere un futuro e norme condivise dalla popolazione che prevedono stabilità e non mutino con il cambio di maggioranza”. (E. B.)
In Pakistan, almeno 34 morti in un’imboscata dei militanti filotalebani a un convoglio militare - La Corea del Nord pronta a disattivare entro l'anno le sue installazione nucleari
◊ Nuovo sanguinoso attentato in Pakistan, nella provincia tribale del nord Waziristan, al confine con l'Afghanistan. Almeno 34 persone, di cui 17 soldati, sono stati uccisi in un'imboscata dei militanti filotalebani: 14 i feriti. Intanto, il presidente pakistano, Musharraf, ha escluso di voler proclamare lo stato d’emergenza. Il servizio di Beatrice Bossi
I militanti hanno attaccato il convoglio militare a Lwara Mundi, nel cuore delle zone tribali pakistane, dove i militanti filotalebani hanno interrotto un accordo di pace stipulato con l’esercito dieci mesi fa. Oltre 100 le vittime degli scontri ripresi nell’ultima settimana, dopo il sanguinoso assalto alla Moschea Rossa di Islamabad. E questa mattina, sempre nel nord Waziristan, un attacco dinamitardo contro un convoglio militare ha causato il ferimento di sei civili e di un soldato. Ieri, inoltre, a Islamabad, un uomo a bordo di una moto si è fatto esplodere davanti a un tribunale dove era in programma una manifestazione a sostegno del presidente della Corte suprema, Chaudhry, destituito mesi fa da Musharraf e divenuto il simbolo dell’opposizione al regime militare. Il bilancio è di 15 morti e oltre 40 feriti.
- Afghanistan. Dieci poliziotti e tre civili, tra cui un filippino, sono morti oggi in diversi attentati nell’est e nel sud del Paese. Nella prima mattinata, intanto, un kamikaze si è fatto esplodere contro un convoglio diplomatico alla periferia di Kabul, forse appartenente all’ambasciata turca. Nell’agguato, un civile afgano è rimasto ucciso.
- Arrestato in Iraq, dalle Forze americane, Khaled Al-Mashhadani, massimo dirigente di Al Qaeda nel Paese e principale intermediario tra i capi stranieri della rete terroristica e Osama Bin Laden. Lo ha annunciato un portavoce dell'esercito USA. Durante l’interrogatorio, Al-Mashhadani avrebbe rivelato che il leader di Al Qaeda in Iraq non esiste, ma che è solo una copertura per il capo della cellula egiziana, Abu Ayyub Al-Masri. Intanto, nel corso della mattinata, ancora attentati a Baghdad: almeno otto persone, sei civili e due militari, sono morte in seguito all’esplosione di tre ordigni, posti in diverse zone della città.
- Il premier israeliano, Olmert, i suoi ministri e i vertici dell'esercito dello Stato ebraico “hanno gravemente fallito nel processo decisionale, nelle valutazioni e nella gestione del fronte interno durante la guerra in Libano” di un anno fa. E’ quanto afferma un nuovo rapporto ufficiale del Controllore di Stato sulla gestione del conflitto, consegnato oggi al presidente del parlamento, Dalia Yitzik. Giudicata “intollerabile”, in particolare la mancata protezione dei civili durante gli scontri.
- Sempre in Libano, i miliziani integralisti di Fatah al-Islam, che l'esercito libanese combatte dal 20 maggio scorso nel campo profughi palestinese di Nahr al-Bared, sono ormai circondati in un’area estesa non più di 100 metri. Lo ha reso noto il quotidiano al-Nahar di Beirut, precisando che fino ad oggi le autorità libanesi hanno recuperato 39 cadaveri di ribelli. In 60 giorni di scontri, oltre 230 persone sono state uccise, delle quali 101 soldati libanesi, 45 civili e un numero imprecisato di miliziani.
- La Corea del Nord si appresta a disattivare tutte le sue installazioni nucleari entro la fine dell’anno. Lo ha riferito il negoziatore sud coreano a margine dei colloqui a Pechino tra le due Coree, gli Stati Uniti, la Cina, il Giappone e la Russia, sul processo di disarmo di Pyongyang. Intanto l’AIEA, l’Agenzia dell’ONU per l’energia atomica, ha confermato che la Corea del Nord ha chiuso tutti e cinque gli impianti a Yongbyon, il suo principale sito nucleare. Una decisione in linea con gli accordi di febbraio scorso. La stessa AIEA ha offerto il suo sostegno al Giappone dopo l’incidente alla centrale nucleare più grande del mondo, danneggiata dal sisma di lunedì scorso.
- Una decisione attesa da anni, che allenta le tensioni della comunità internazionale verso la Libia. Il Consiglio superiore per le istanze giudiziarie di Tripoli ha commutato ieri in ergastolo la condanna a morte contro cinque infermiere bulgare e un medico palestinese, riconosciuti colpevoli dalle autorità libiche di aver contagiato deliberatamente con il virus dell'HIV 438 bambini. Ci riferisce Amina Belkassem:
“E’ un passo in avanti, ma per noi il caso sarà veramente concluso solo quando le nostre connazionali torneranno in Bulgaria”: così il ministro degli Esteri bulgaro, Ivailo Kalfin, ha commentato la decisione della massima istanza libica di commutare in ergastoli la condanna a morte pronunciata per la terza volta mercoledì scorso contro le 5 infermiere e il medico bulgari accusati di aver infettatato volontariamente con il virus dell’AIDS 438 bambini dell’ospedale pediatrico di Bengasi. Un accordo di estradizione in vigore tra Tripoli e Sofia dagli anni ’80 dovrebbe infatti permettere ai sei detenuti nelle carceri libiche dal 1999 di scontare la pena in Bulgaria. Il verdetto definitivo è stato pronunciato ieri sera dal Consiglio superiore delle istanze giudiziarie, poco dopo l’annuncio del ritiro della richiesta di condanna a morte fatta dalle famiglie dei bambini contagiati, convinti a concedere il perdono come previsto dalla legge islamica dopo aver riscosso il cosiddetto prezzo del sangue, oltre 400 milioni di dollari, un milione per ogni vittima. Oggi, Sofia chiederà il rimpatrio dei sei detenuti. Sembra vicina l’archiviazione del caso che ha tenuto con il fiato sospeso l’intera comunità internazionale e ha fatto vacillare gli sforzi del colonnello Gheddafi per conquistare un posto di rilievo sulla scena mondiale.
- “No” della Russia alla proposta della NATO di una Conferenza straordinaria sui problemi del Trattato sulle armi convenzionali in Europa (CFE). Nei giorni scorsi, il leader del Cremlino, Vladimir Putin, lo aveva sospeso, in seguito alla mancata ratifica da parte dei Paesi aderenti all’Alleanza Atlantica. Intanto, il Ministero della difesa russo ha proposto un nuovo accordo o la modernizzazione del CFE.
- Almeno quattro poliziotti hanno perso la vita in seguito all'esplosione di una bomba nel cortile di una scuola media a Kizilyurt, cittadina della Repubblica caucasica russa del Daghestan, nel Caucaso. Lo ha riferito una portavoce del locale Ministero dell'interno. Il Daghestan, come altre aree della Russia meridionale, è spesso teatro di attacchi e di attentati da parte dei guerriglieri separatisti della confinante Cecenia o di integralisti islamici.
- Elezioni in Turchia sotto l’ombra del terrorismo. Un uomo d’affari, candidato indipendente nel distretto di Instabul nelle prossime votazioni parlamentari, è stato ucciso ieri in un agguato, mentre era a bordo della sua auto. Ferite anche tre persone che viaggiavano con lui. La comunità internazionale si è detta costernata per l’omicidio, mentre intanto il Consiglio d’Europa ha deciso di inviare in Turchia 32 osservatori per la tornata elettorale di domenica prossima. Nel frattempo, nella provincia sudorientale di Hakkari, ai confini con l'Iraq, due soldati sono rimasti uccisi e altri sei feriti per l'esplosione di una mina impiantata dai separatisti curdi del PKK. Negli ultimi mesi, si sono moltiplicati gli attacchi del PKK nella zona, dove sono in corso operazioni di rastrellamento da parte dei militari turchi.
- Nella Repubblica Democratica del Congo, la persistente insicurezza nella regione orientale del Nord Kivu ha portato a 650 mila il totale di sfollati: è la stima dell’Alto Commissariato ONU per i rifugiati (UNHCR), secondo il quale si tratta del numero più elevato di profughi interni negli ultimi tre anni provocati a causa di un conflitto nella regione. Jens Hesemann, portavoce dell’organismo ONU, ha detto che dall’inizio del 2007 si registrano circa 163 mila nuovi sfollati, la situazione più grave dal 2004.
- Tre persone sono rimaste ferite nel sud delle Filippine per una bomba esplosa su un autobus di pendolar,i nei pressi di un affollato mercato a Tacurong City, nell'isola di Mindanao. Lo rende noto un portavoce dell'esercito, spiegando che la compagnia di trasporti aveva ricevuto un avviso una decina di minuti prima dell'esplosione. Non è chiaro se l'attentato sia opera dei ribelli islamici, attivi nel sud delle Filippine, o se si tratti di criminali comuni che cercano di estorcere denaro alle compagnie di trasporti. (A cura di Roberta Moretti)
Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LI No. 199
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