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SOMMARIO del 13/07/2007

Il Papa e la Santa Sede

  • Primi incontri di Benedetto XVI con residenti e turisti tra i sentieri delle Dolomiti bellunesi. Il cardinale Bertone atteso in Cadore per una conferenza
  • Il Papa ringrazia il Corpo forestale dello Stato per il lavoro a tutela dell'ambiente e per il servizio svolto durante il suo soggiorno estivo
  • Nomine
  • Con i tempi necessari per i negoziati è possibile siglare l’Accordo economico tra Santa Sede ed Israele: così, padre Jaeger, sull’ultimo incontro della Commissione bilaterale a Gerusalemme
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • I vescovi latinoamericani ringraziano il Papa per la Conferenza di Aparecida. Intervista con il neopresidente del CELAM, mons. Damasceno Assis
  • La CEI critica i CUS. Belletti: come i DICO, sono una forma di tutela dei diritti "para-familiare", che minaccia la famiglia tradizionale
  • La Nord Corea lancia un appello per aprire negoziati militari con gli Stati Uniti, ma non cambia posizione sul nucleare
  • Alla Comunità di Sant'Egidio, il premio "Menorah d'oro 2007" per l'impegno nel dialogo interreligioso
  • E' morto a 72 anni Gaspare Barbiellini Amidei, figura storica e popolare del giornalismo italiano, sensibile al mondo sociale e religioso. Una delle sue ultime interviste alla Radio Vaticana
  • Chiesa e Società

  • In Austria, fervono i preparativi per la visita del Papa dal 7 al 9 settembre. A Mariazell prosegue la novena in attesa del suo arrivo
  • Fa discutere, in Corea del Sud, una sentenza della Corte Suprema che non riconosce il feto come essere umano fino alle doglie della madre
  • È giunta al PIME una richiesta di farmaci per padre Bossi. Si moltiplicano, intanto, le iniziative mondiali di solidarietà per il sacerdote rapito
  • Domani, in Vietnam, il preposito generale dei Gesuiti, padre Kolvenbach, istituisce la Provincia dell’Assistenza dell’Asia Orientale-Oceania
  • L’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati chiede fondi per aiutare le vittime delle alluvioni in Pakistan
  • ONG cattoliche austriache denunciano l'allarmante diminuzione degli stanziamenti per lo sviluppo dei Paesi più poveri del mondo
  • L’ONU: per un efficiente sistema agricolo in Africa, è necessaria una “rivoluzione verde” che incentivi anche la produzione su piccola scala
  • La Chiesa boliviana fa nascere il "Signis-Bolivia", Associazione di comunicatori cattolici
  • Essere cristiani significa obbedire a ciò che non è contrario alla volontà di Dio: così il Patriarca ortodosso, Bartolomeo I, alla Conferenza della gioventù di Istanbul
  • I monaci pompieri bavaresi di Sant'Ottilia festeggiano 100 anni di fondazione
  • 24 Ore nel Mondo

  • Sull’Iraq, è scontro negli Stati Uniti tra Bush e Camera dei deputati, che ieri ha votato il rientro delle truppe entro aprile - L’Iran dà il via libera agli ispettori dell’AIEA
  • Il Papa e la Santa Sede



    Primi incontri di Benedetto XVI con residenti e turisti tra i sentieri delle Dolomiti bellunesi. Il cardinale Bertone atteso in Cadore per una conferenza

    ◊   Prosegue in Cadore, allietato dall’incantevole cornice naturale, il periodo di riposo e svago del Papa, che si tratterrà fino al 27 luglio nell’amena cittadina di Lorenzago, nota località turistica delle Dolomiti, in provincia di Belluno, ospite in una villetta nei pressi del Castello di Mirabello. E c'è attesa anche per l’arrivo a Lorenzago - mercoledì prossimo, 18 luglio - del cardinale Tarcisio Bertone, che terrà una conferenza a Pieve di Cadore sul suo "primo anno di segretario di Stato a contatto come il Papa”, cosi come annunciato ieri dal portavoce della diocesi di Treviso, don Giuseppe Bratti. Il servizio di Roberta Gisotti:


    La presenza di Benedetto XVI in Cadore solleva naturalmente il desiderio di molti fedeli o turisti di poterlo incontrare e da qui il fervore anche nei luoghi di culto nei dintorni che il Santo Padre potrebbe visitare, magari inaspettatamente come accaduto mercoledì scorso a Lozzo nel Santuario della Madonna di Loreto, dove il Papa si è raccolto a pregare, o ancora ieri pomeriggio con un fuori programma nella Valle di Stabie, dove ha invece passeggiato, sostando con un gruppo di gitanti incontrati per caso. Sorpreso quindi Benedetto XVI di ritrovarsi attorniato dai giornalisti, “che sanno sempre tutto”, ha detto loro scherzosamente il Papa:
      
    Come siete arrivati qui? I giornalisti sanno tutto ...

     
    Ma diamo la parola all’inviato del quotidiano "Avvenire" Salvatore Mazza, per il racconto di questo incontro di simpatia ma anche commovente di ieri pomeriggio con alcuni bambini e i loro genitori:

     
    R. - Sì, è stata un cosa molto simpatica perché il corteo del Papa, sulla strada del ritorno, ha visto queste persone e c'erano due bambine con dei mazzolini di fiori in mano. Allora il Papa si è fermato, è sceso dalla macchina, si è fermato prima a salutare le bambine mentre il suo segretario, don Georg, riceveva questi fiori. Quindi, Benedetto XVI si è intrattenuto con i genitori di una di queste due bambine, la più piccola, che erano lì in villeggiatura e avevano visto la macchina con i giornalisti e allora l'avevano seguita credendo che stessero "pedinando" il Papa, e infatti così era.

     
    D. - Da giornalisti, si avverte forse il peso, come dire, di non invadere l'esigenza del riposo del Papa con i riflettori della stampa...

     
    R. - Ovviamente sì. Si ha sempre l'idea di essere inopportuni. Il problema è che il Papa è qui per riposare e si cerca il più possibile di starsene in disparte. E anche quando poi esce e il "dovere professionale" impone di seguire, di cercare di capire cosa stia succedendo, si cerca sempre di fare il nostro lavoro con il massimo rispetto per non invadere questo spazio di privacy che il Papa si ritaglia lontano dagli impegni quotidiani.

     
    D. - Ieri, c'è stata pure una sosta privata con una famiglia che vive in una baita sempre nei pressi del Passo Mauria, nella Valle di Stabie...

     
    R. - Sì, esatto. Il Papa ha percorso a piedi il sentiero e si è imbattuto in questa baita abitata dal signor Lino e dalla moglie Celestina; poi è stato invitato a casa e si è seduto casualmente - ma ovviamente perché poi il posto è quello - sulla stessa sedia su cui si era già seduto Papa Wojtyla nel ’98 e lì si è fermato a conversare con i due padroni di casa, chiedendo notizie del posto, chiedendo il significato del nome di questa baita, “Almetabiate” - “la mia baita” in dialetto locale - che, come ha spiegato il signor Lino, non è "mia" inteso in senso possessivo ma nel senso di chi ci si ristorasse. Il signor Lino oggi mentre lo raccontava era molto emozionato, e poi, aver avuto la fortuna di poter ospitare a casa propria, nel proprio giardino due Papi...

     
    D. - Ci sono attese particolari per la giornata di oggi?

     
    R. - La giornata del Papa viene decisa di volta in volta. Oggi, è una giornata veramente splendida, fa caldo, c’è un sole magnifico, i contorni delle montagne sono assolutamente nitide e il sospetto che anche oggi possa approfittare per uscire è abbastanza forte, considerando che l’ha fatto in giorni non altrettanto belli.

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    Il Papa ringrazia il Corpo forestale dello Stato per il lavoro a tutela dell'ambiente e per il servizio svolto durante il suo soggiorno estivo

    ◊   Apprezzamento e affetto per lo spirito di servizio che li rende “vicino alle genti” e per il lavoro che li porta a “tutelare al meglio le ricchezze naturali”. E’ quanto espresso da Benedetto XVI al Corpo Forestale dello Stato italiano, che ieri ha celebrato la memoria del Patrono, S. Giovanni Gualberto. In una lettera firmata di suo pugno, il Papa osserva che per gli uomini del Corpo Forestale “non è solo tradizione il ritrovarsi in questo giorno, ma è anche un’occasione per ristorare spiritualmente l’animo” e per rinsaldare i vincoli di amicizia e solidarietà”, ma soprattutto - sottolinea - rappresenta un momento di pacate riflessioni, di bilanci di opere, di prospettive e di impegni per il futuro”.

    Nell’assicurare la propria benedizione, il Papa conclude dal suo luogo di soggiorno a Lorenzago di Cadore inviando un “sincero ringraziamento” ai Forestali “per l’impegno profuso - scrive - durante il mio periodo di riposo”. (A cura di Alessandro De Carolis)

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    Nomine

    ◊   In Italia, Benedetto XVI ha nominato due vescovi ausiliari dell'arcidiocesi di Milano. Si tratta del 56.enne mons. Mario Delpini, finora vicario episcopale della Zona Pastorale di Melegnano, e di mons. Franco Giulio Brambilla, 58 anni, attualmente preside della Facoltà Teologica dell’Italia Settentrionale.

    Mons. Mario Delpini, provienente da una numerosa famiglia cristiana di Gallarate, ha ricevuto l'ordinazione sacerdotale nel 1975 ed è incardinato nell'Arcidiocesi di Milano. Ha conseguito la Laurea in Lettere presso l'Università Cattolica del Sacro Cuore a Milano e la Licenza in Teologia Patristica presso l'Augustinianum a Roma. Ha prestato servizio come docente di Lettere antiche, ed è stato, fra l'altro, rettore del Seminario Liceo a Venegono, segretario del Collegamento Seminari Lombardi, delegato arcivescovile per le vocazioni e i ministeri ordinati e rettore maggiore del Seminario arcivescovile di Milano. Dal 2000, è canonico onorario del Capitolo maggiore della Basilica Metropolitana e membro del Consiglio Presbiterale.

    Mons. Franco Giulio Brambilla, originario della provincia di Lecco, ha percorso tutto l’iter formativo nei Seminari ambrosiani, e dopo l'ordinazione Sacerdotale - avvenuta nel 1975 nel Duomo di Milano - ha successivamente perfezionato gli studi alla Pontificia Università Gregoriana, ottenendo la Laurea in Teologia. Ha al suo attivo numerose pubblicazioni e diversi articoli su riviste teologiche, su temi di cristologia, antropologia e pastorale. Tra i suoi incarichi, ricordiamo quelli di docente di Sacra Scrittura, Teologia Spirituale e Antropologia Teologica nel Seminario di Seveso e anche di Cristologia e Antropologia Teologica nella Facoltà Teologica dell'Italia Settentrionale. Dal 2006 ricopre l’incarico di preside della Facoltà Teologica dell'Italia Settentrionale. Inoltre, è assistente spirituale di alcune case di cura de "La nostra Famiglia" delle Piccole Apostole della Carità del Beato Luigi Monza.

    Sempre in Italia, il Papa ha accettato la rinuncia al governo pastorale della diocesi di Mantova, presentata pr raggiunti limiti di età da mons. Egidio Caporello. Al suo posto, Benedetto XVI ha nominato mons. Roberto Busti, del clero dell’arcidiocesi di Milano, finora prevosto di Lecco. Il neo-presule, 67 anni, è entrato in Seminario dopo le scuole elementari, ha ricevuto la formazione nei Seminari dell’arcidiocesi di Milano ed è stato ordinato sacerdote nel 1964. In seguito ha ricoperto, fra gli altri, gli incarichi di assistente dell’Oratorio maschile di Carate Brianza, responsabile dell’Ufficio per la pastorale del Cinema e del teatro per l’arcidiocesi di Milano, responsabile dell’Ufficio diocesano per le Comunicazioni Sociali della Curia di Milano e Portavoce del Cardinale. Dal 1985, è iscritto all’albo dei giornalisti. Parroco nella Chiesa di San Nicolò di Lecco, è stato anche assistente del Movimento Ecclesiale di Impegno Culturale della provincia di Lecco. Nel 2000, è stato eletto presidente nazionale dell’Associazione cattolica esercenti cinema e confermato nel 2004 per un successivo quadriennio.

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    Con i tempi necessari per i negoziati è possibile siglare l’Accordo economico tra Santa Sede ed Israele: così, padre Jaeger, sull’ultimo incontro della Commissione bilaterale a Gerusalemme

    ◊   Passi avanti nei negoziati tra Santa Sede e lo Stato di Israele sull’Accordo economico. Ieri, è stata diffusa la notizia dell’incontro della Commissione bilaterale di lavoro, svoltasi mercoledì scorso a Gerusalemme, presso la sede del Ministero degli esteri israeliano. Le due parti hanno deciso di incontrarsi nuovamente il 3 settembre prossimo. Per un approfondimento delle questioni chiave oggetto del negoziato, Alessandro Gisotti ha intervistato padre David Jaeger, esperto di rapporti Chiesa-Stato in Israele:


    R. - Il fine dei negoziati, dal punto di vista della Chiesa cattolica, è quello di ottenere la riconferma dei diritti già acquisiti dalla Chiesa in territorio israeliano al momento della creazione del moderno Stato di Israele, nel 1948. Questi diritti riguardano, quanto al presente Accordo in elaborazione, la sicurezza delle proprietà della Chiesa cattolica, a cominciare naturalmente dai Luoghi Sacri. Ma riguarda anche la riconferma delle esenzioni fiscali assicurate alla Chiesa al momento della creazione dello Stato, in virtù di trattati ed istituzioni precedenti. Al tempo della creazione dei rapporti diplomatici tra Santa Sede e Stato di Israele - nel 1994 - si era convenuto di firmare anzitutto l’Accordo fondamentale del ’93 per poi procedere ad una serie di accordi particolareggiati.

     
    D. - Padre Jaeger, dopo un periodo di difficoltà nei negoziati, ora gli incontri della Commissione bilaterale si svolgono con regolarità. Si può parlare di un nuovo clima, di un clima costruttivo?

     
    R. - Per quanto ci è dato sapere, i negoziati non hanno di per sé delle grandi problematicità intrinseche. L’Accordo - a mio avviso - è sicuramente fattibile. I problemi che ci sono stati storicamente riguardavano soltanto il potersi incontrare: per lunghi periodi, risultava difficile fissare perfino gli appuntamenti. Una volta fissati poi gli appuntamenti, a scadenze più o meno ravvicinate, i negoziati sono sempre andati piuttosto bene. Ma bisogna anzitutto, affinché i negoziati possano giungere a conclusione, concedere il tempo necessario. Si tratta di materie estremamente complesse, che non possono essere decise se non dopo molte ore e molti incontri di negoziato serrato.

     
    D. - Le parti si reincontreranno il 3 settembre prossimo. Questo Accordo, una volta siglato, potrebbe aprire nuove possibilità?

     
    R. - Qualora sia raggiunto l’Accordo, la Commissione bilaterale permanente di lavoro potrà continuare ad affrontare il resto del suo ordine del giorno, perché l’Accordo cosiddetto economico, così come l’Accordo sulla personalità giuridica degli enti ecclesiastici rappresentano soltanto i complementi necessari per l’integrità dell’Accordo fondamentale. Ma l’Accordo fondamentale prevede negoziati ulteriori da affrontare subito dopo il raggiungimento dell’Accordo cosiddetto economico.

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   Servizio vaticano - "San Benedetto e l'Europa, Matteo Ricci e la Cina": l'omelia del cardinale Tarcisio Bertone durante la concelebrazione eucaristica per gli studenti di teologia partecipanti al Corso promosso dall'Ufficio Nazionale della Cei per i problemi sociali e il lavoro.

    Servizio estero - Per la rubrica dell'"Atlante geopolitico" un articolo di Giuseppe Fiorentino dal titolo "Brasile, le nuove fonti energetiche".

    Servizio culturale - Un articolo di Massimo Marchetti dal titolo "Una sensibilità pittorica 'che si compiace di forme delicate e gentili'": conclusi a Ferrara i restauri di due opere del Garofalo, capolavori dell'arte rinascimentale emiliana.

    Servizio italiano - In primo piano il tema della giustizia.

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    Oggi in Primo Piano



    I vescovi latinoamericani ringraziano il Papa per la Conferenza di Aparecida. Intervista con il neopresidente del CELAM, mons. Damasceno Assis

    ◊   "Un saluto pieno di affetto e gartitudine" nel "ricordo indimenticabile" della quinta Conferenza generale dell'episcopato latinoamericano e caraibico. L'hanno espressa in un messaggio rivolto a Benedetto XVI le nuove autorità del CELAM, guidate da mons. Raymundo Damasceno Assis, arcivescovo di Aparecida, la città brasiliana che ha ospitato la Conferenza episcopale lo scorso maggio. E gratitudine al Papa è giunta anche dal presidente uscente del CELAM, il cardinale Francisco Javier Errázuriz, arcivescovo di Santiago del Cile, intervenuto alla plenaria. Domani, sarà l'ultimo giorno di lavori per i vescovi latinoamericani, riuniti da martedì nel'isola di Cuba. Il servizio di Debora Donnini:


    La preparazione della V Conferenza generale di Aparecida è stata al centro dell'attenzione del CELAM negli ultimi due anni e uno dei punti-chiave del suo successo  è stata una preparazione molto partecipata. In particolare, le comunità di laici hanno dato molto valore al fatto di essere state consultate dai vescovi. Molti fedeli hanno poi accompagnato giorno per giorno il nostro lavoro ad Aparecida, ha fatto sapere nel suo resoconto il cardinale Errázuriz: "Circa 100 mila persone hanno raggiunto la nostra pagina web ogni giorno. Molti cattolici hanno pregato con noi le lodi dalle loro case". Profonda gratitudine è stata espressa poi dal porporato per quanto prima Giovanni Paolo II e poi Benedetto XVI hanno fatto per la Conferenza di Aparecida. Una gratitudine rivolta a Benedetto XVI anche per i discorsi del suo viaggio apostolico in Brasile. Ma Aparecida è stata significativa anche  per la ricchezza degli orientamenti pastorali formulati. “Davanti alle grandi sfide e alle minaccce, ai grandi sogni e alle grandi difficoltà - ha affermato il cardinale Errázuriz - non reagiremo con timore né con aggressività ma con l’allegria di essere cristiani, con un cuore pieno di gratitudine per i doni di Dio a cominciare dalla presenza di Cristo fra di noi”. Il nuovo direttivo del CELAM ha intanto ringraziato il Papa per l’autorizzazione alla pubblicazione del documento di Aparecida e si è impegnato con nuovo ardore “ad un’evangelizzazione instancabile perché i nostri popoli abbiano la vita nel Signore Gesù”.
     
    E per conoscere i sentimenti con i quali si appresta a svolgere il proprio mandato il neopresidente del CELAM, l'arcivescovo Raymundo Damasceno Assis, ascoltiamo il presule nell'intervista di Mariangela Jaguraba, collega del Programma brasiliano della nostra emittente:


    R. - Io non pensavo a questa elezione, ovviamente, ma sono molto grado ai vescovi che mi hanno scelto come presidente di questo organismo così importante per l’America Latina. Io confido, anzitutto e principalmente, nell’aiuto di Dio per compiere questa mia missione, ma anche nella collaborazione di tutti gli altri membri della presidenza e di tutti coloro che saranno eletti nei prossimi giorni come presidenti delle diversi Dipartimenti del CELAM, che formeranno le diverse Commissioni consiliari. Si tratta, infatti, di un lavoro di equipe che deve essere realizzato collaborando insieme. Io spero, compatibilmente con le mie possibilità, di riuscire a fare tutto quello che posso per il bene del CELAM e per il bene dell’America Latina, nel rispetto della comunione delle Conferenze episcopali dei Paesi dell’America Latina e dei Caraibi.

     
    D. - Quali saranno le prospettive di lavoro per i prossimi quattro anni?

     
    R. - L’obiettivo fondamentale del CELAM per i prossimi quattro anni è senza dubbio quello di applicare le conclusioni della V Conferenza di Aparecida. Sicuramente, tutti i Dipartimenti, così come la segreteria generale del CELAM, avranno come primaria preoccupazione quella di pianificare nel loro lavoro e nella loro attività le conclusioni della V Conferenza. Questo è certamente, lo ribadisco, l'obiettivo principale del piano di lavoro del CELAM per i prossimi quattro anni.

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    La CEI critica i CUS. Belletti: come i DICO, sono una forma di tutela dei diritti "para-familiare", che minaccia la famiglia tradizionale

    ◊   Si discute, in Italia, sui Contratti di unione solidale (CUS), il cui testo base è stato presentato ieri dal presidente della commissione Giustizia del Senato, Cesare Salvi, al Comitato ristretto della Commissione stessa. Il documento si riferisce alle unioni civili tra due persone maggiorenni, anche dello stesso sesso, la cui dichiarazione congiunta va effettuata davanti ad un giudice di pace o ad un notaio. Nell’iter parlamentare, i CUS prendono dunque il posto dei precedenti DICO, ossia Diritti e doveri delle persone stabilmente conviventi. Sulla questione, Isabella Piro ha raccolto il commento di Francesco Belletti, direttore del Centro internazionale Studi Famiglia e collaboratore dell’Ufficio nazionale di Pastorale familiare della Conferenza episcopale italiana:


    R. - Diciamo così: la logica di fondo rimane quella del riconoscimento di questa forma "para-familiare". Nessuno lo dice, però è forse proprio la figura del Giudice di Pace che rende più impegnativa e più pubblicistica questa contrattualistica.

     
    D. - Possiamo dire che i CUS non tutelano la parte debole della coppia?

     
    R - C’è sempre questa grande possibilità di rescissione unilaterale dell’accordo, cioè sia i DICO sia i CUS sono risolvibili unilateralmente senza possibilità di contestazione, per cui chi si trova in posizione di forza, di fatto, può scegliere come vuole. E’ un po’ paradossale, perché in tutti gli altri contratti, ogni contraente è in qualche modo tutelato.

     
    D. - L’aspetto, per così dire, "para-matrimoniale" dei CUS, sembra evidente nel divieto di stipula tra fratelli e tra nonno e nipote, ad esempio...

     
    R. - Sì: è introdotto da questo nuovo progetto, ma proprio perché è una terra di confine, il difetto di tutto questo dibattito è proprio nel tentativo di individuare una zona intermedia tra i diritti delle persone e famiglia in quanto tale. Noi abbiamo come modello giuridico una soluzione abbastanza semplice e anche secca, molto chiara: o c’è un matrimonio oppure si tratta di diritti degli individui. E quindi, su questa linea bisognerebbe procedere. Però, ci vuole molta vigilanza perché non entri dalla finestra quello che è stato chiuso fuori dalla porta...

     
    D. - Bisogna poi sottolineare che molti diritti sono tutelabili già ora tramite il Diritto privato...

     
    R. - Sì: molte condizioni che venivano segnalate come ingovernabili, come diritti non esigibili, erano già tranquillamente esigibili. Non so, per esempio, anche sul tema della casa: chi subentra nell’affitto o simili fattispecie.

     
    D. - Quale potrebbe essere, allora, una soluzione?

     
    R. - Tra i giuristi si continua a sottolineare l’ipotesi che si debbano prendere le singole condizioni e si debbano fare degli interventi sulle singole normative. Per esempio, se si tratta di verificare il tema dell’affitto, si vada a vedere come sono regolati e si faccia un emendamento. Se si tratta di regolare il tema delle successioni, si prenda la normativa di settore e si faccia un emendamento per questa situazione. Ma non "ri-definiamo queste situazioni” e da questa nuova ri-definizione si tirano dentro tutti gli altri diritti, perché altrimenti, appunto, si definisce una nuova modalità di cittadinanza, che è non è famiglia, che non è diritti degli individui e che è... che cosa? Questa è la domanda.

     
    D. - Quali potrebbero essere le conseguenze di questa nuova forma di cittadinanza?

     
    R. - E’ vero dire che questa è una minaccia all’identità della famiglia, ed è vero soprattutto che è un rischio sia per i progetti di nuove famiglie, sia per la soggettività sociale della famiglia. In un certo senso, i giovani potrebbero avere di fronte una scelta tra un diritto "leggero" - una condizione che si può sciogliere come si vuole - e invece la vera assunzione di responsabilità e di nuova identità, che la scelta del matrimonio chiede. Forse, la nostra società ha bisogno di più coesione sociale, di strutture più forti, di una chiamata alla responsabilità più esplicita. E dare delle opzioni troppo leggere, troppo volatili contribuisce ad una debolezza dei progetti che non fa certo il bene delle persone e delle famiglie e della società.

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    La Nord Corea lancia un appello per aprire negoziati militari con gli Stati Uniti, ma non cambia posizione sul nucleare

    ◊   Possibili spiragli nella crisi internazionale legata ai programmi atomici della Nord Corea. Pyongyang ha lanciato un appello per l'apertura di negoziati militari con gli Stati Uniti, alla presenza di un rappresentante ONU, pur ribadendo la propria posizione sul nucleare. Le autorità militari nordcoreane hanno infatti precisato che verranno moltiplicati gli sforzi per proteggere il Paese da un eventuale “attacco preventivo nucleare americano”, se gli Stati Uniti continueranno ''a fare pressione” riguardo al programma atomico di Pyongyang. Da Washington, sembrano comunque arrivare segnali di apertura verso la proposta. Ma, in vista dell’arrivo domani nella capitale nordcoreana degli ispettori dell'Agenzia internazionale per l'energia atomica (AIEA), che strategia è quella adottata da Pyongyang? Risponde Maurizio Riotto, docente di Lingua e letteratura coreana all’Università Orientale di Napoli, intervistato da Giada Aquilino:


    R. - Le trattative a due con gli Stati Uniti sono un vecchia idea del regime di Pyongyang, anche se questo può sembrare strano perché solitamente si tende a dipingere gli Stati Uniti come ostili alla Corea del Nord. In realtà, Pyongyang ci terrebbe molto a un trattato bilaterale con Washington e questo in funzione "anticinese": Pechino infatti sta esercitando - anche a livello culturale - forti pressioni su tutta la penisola coreana, non solo sulla Corea del Nord.

     
    D. - Sta partendo la missione degli ispettori AIEA a Pyongyang: ma c’è una reale intenzione di smantellare il programma atomico?

     
    R. - Secondo me sì, se gli accordi dello scorso febbraio saranno puntualmente messi in pratica. Non dimentichiamo che, per ora, c’è stato un ritardo nell’applicazione dell’intesa, dovuto alla complicatissima situazione dei fondi nord-coreani bloccati all’estero. Da ricordare, poi, che si è arrivati alla situazione di oggi - compreso l’esperimento nucleare nordcoreano dello scorso anno - dopo che gli Stati Uniti hanno impugnato il Trattato del 21 ottobre ’94, con il quale si impegnavano a fornire a Pyongyang due reattori ad acqua leggera e cinquecentomila tonnellate di greggio all’anno.

     
    D. - La prossima settimana dovrebbero riprendere anche i negoziati a sei, con le due Coree, USA, Russia, Cina e Giappone: qual è l’impegno della comunità internazionale?

     
    R. - Quello di passare alla fase operativa, in base a quanto deciso a febbraio, nonostante la situazione rimanga complicata. Il nodo dei fondi bloccati all’estero sembra essere al momento superato. Adesso, sarà necessario risolvere qualche altro nodo in modo tale da poter procedere verso una denuclearizzazione dell’arsenale coreano.

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    Alla Comunità di Sant'Egidio, il premio "Menorah d'oro 2007" per l'impegno nel dialogo interreligioso

    ◊   E' stato consegnato nei giorni scorsi alla Comunità di Sant'Egidio il premio "Menorah d’oro 2007", promosso dall’Associazione ebraica Benè Berit. Alla cerimonia, giunta alla sua IV edizione, ha partecipato anche il rabbino capo di Israele, Yona Metzger, che ha sottolineato come la Comunità di Sant'Egidio sia stata la prima ad aprire la strada del dialogo interreligioso e l'attribuzione di questo riconoscimento è il ringraziamento da parte della comunità ebraica per il lavoro svolto. Il servizio di Marina Tomarro:

     
    “Per la determinazione e la tenacia con cui cerca di raggiungere i propri obiettivi, tenendo però sempre presenti i bisogni e le differenze dell’altro”: è stata questa la motivazione principale per cui la Comunità di Sant’Egidio ha ricevuto il premio "Menorah d’oro 2007" dall’Associazione ebraica Bené Berit. E la scelta è stata accolta con grande soddisfazione presso il mondo ebraico romano. Il rabbino capo di Roma, Riccardo Di Segni:

     
    “La Comunità di Sant’Egidio rappresenta per la nostra comunità uno dei canali privilegiati, autorevoli ed efficaci nella comunicazione con il mondo cristiano. C’è un’antica tradizione da parte della Comunità di impegno diplomatico e sociale e noi abbiamo con loro una grande tradizione di amicizia. I nostri rappresentanti partecipano ormai regolarmente ai grandi incontri internazionali da loro promossi ed è frequente per noi scambiarci impressioni, consigli e suggerimenti reciproci”.

     
    E tante sono le attività promosse dalla Comunità di Sant’Egidio insieme con la comunità ebraica, come spiega il portavoce di Sant’Egidio, Mario Marazziti:

     
    “E’ una storia di tanti anni, ma prendiamo questi ultimi giorni: ci sono persone, giovani della comunità ebraica, che assieme a persone della Comunità di Sant’Egidio servono insieme i poveri, oppure c’è un lavoro concreto in alcuni momenti di crisi, ma anche scambi culturali, consigli, visite. Penso - per esempio in Medio Oriente - alla promozione di alcuni momenti nei quali si svolgono interventi comuni per creare segni pubblici che vadano in senso contrario alla mentalità dello scontro. Io credo che gli incontri nel solco di Assisi, e quindi il prossimo incontro a Napoli in ottobre, rappresenterà un’altra grande occasione durante la quale - insieme con i musulmani e con altri grandi leader delle religioni mondiali - cercheremo di costruire un “pezzetto” in più di un mondo fatto non di scontro, ma di convivenza.

     
    Quindi, attraverso il dialogo e la comprensione si gettano ponti per costruire insieme un mondo pieno di pace.

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    E' morto a 72 anni Gaspare Barbiellini Amidei, figura storica e popolare del giornalismo italiano, sensibile al mondo sociale e religioso. Una delle sue ultime interviste alla Radio Vaticana

    ◊   Si è spenta ieri a Roma, a 72 anni, una delle firme più popolari del giornalismo italiano. Gaspare Barbiellini Amidei è morto in una clinica romana per complicazioni improvvise dovute ad un intervento chirurgico considerato di routine. Già vicedirettore vicario del Corriere della Sera e direttore del Tempo, Barbiellini Amidei teneva da anni sul settimanale Oggi, la rubrica “I nostri ragazzi”, oltre a collaborare con numerosi altri quotidiani. Nel suo messaggio di cordoglio, il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, ha definito Barbiellini Amidei un "raffinato intellettuale" che ha offerto tra l'altro "lucide testimonianze dei grandi valori della vita nei rapporti tra genitori e figli e analizzato in profondita' le questioni morali, anche nei loro risvolti politici, della religione nel nostro tempo". Riascoltiamolo offrire, in una recente intervista di Fabio Colagrande, un'acuta riflessione sul modo in cui il mondo mediatico tende spesso a banalizzare l'informazione relativa al Papa o alla religione:


    R. - Benedetto XVI si cerca talvolta di semplificarlo in modo vignettistico: nell'accentuare il suo accento tedesco, nel rappresentarlo sempre come l’ex prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede... Ma poi, quando lo si vede ragionare come lui sempre ragiona, quando risulta difficile schematizzare gettandolo in un’angolazione la più odiosa possibile, allora ci si ritrae... Questo è avvenuto di recente, persino con il libro del Pontefice su Gesù. Quello che lui scrive, è molto importante culturalmente, perché ricorda che Gesù è Cristo, ed è quindi una implicita risposta a tutta la deriva del New Age. Ma il meccanismo del "riduzionismo" non è applicato solo al Pontefice: è applicato all’intero cristianesimo e anche all’idea, all’immagine e alla storicità, ma anche alla divinità del Cristo. Dopo qualche giorno di curiosità dall'uscita del libro, la stampa si è annoiata, non è passata alla recensione di fondo in base alla quale - appunto - sarebbe costretta a dire che un Pontefice racconta Gesù per quello che è, cioè Gesù Cristo.

     
    D. - Quindi, potremmo dire che il fatto che il Papa stia ri-centrando l’annuncio su Cristo fa sì che le sue parole interessino sempre di meno un certo tipo di stampa?

     
    R. - Certo. Perché un Gesù che non è innamorato della Maddalena, che non ha avuto figli, che non fa tradizione "misteriosofica" e che non ha eredi che intrigano, è un Gesù che loro pensano faccia meno tiratura. Il che, oltretutto, è pure sbagliato perché questo non è così. Basterebbe anche vedere le cifre dei libri.

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    Chiesa e Società



    In Austria, fervono i preparativi per la visita del Papa dal 7 al 9 settembre. A Mariazell prosegue la novena in attesa del suo arrivo

    ◊   “Guardare Cristo”: questo il motto del viaggio apostolico in Austria che impegnerà Benedetto XVI dal 7 al 9 settembre in occasione dell’850.mo anniversario del santuario mariano di Mariazell. Fonte d’ispirazione è il libro omonimo pubblicato alcuni anni fa dal cardinale Ratzinger. Il motto esprime le tematiche più importanti del nostro tempo e rappresenta il fondamento e il concetto dell’attuale pontificato: i temi che interessano la gente di oggi, e soprattutto in Europa, sono il futuro e le radici della fede cristiana – e sono quindi Gesù Cristo. Nel primo libro del Santo Padre, “Gesù di Nazaret”, la fede cristiana diventa tema centrale ed è fonte d’ispirazione sia per tutti coloro che si preparano sotto diversi aspetti alla visita di Benedetto XVI in Austria, nonché per tutti i fedeli e credenti. Leggendo questo libro i lettori hanno la possibilità di accompagnare il Papa nel suo cammino verso Gesù Cristo. I vescovi provenienti da otto diversi Paesi, già durante l’incontro dei cattolici dell’Europa centrale, il 22 maggio di tre anni fa a Mariazell, hanno trovato sette risposte alle sfide che riguardano il cristianesimo in Europa e le hanno pubblicate in un messaggio comune. Il primo e più importante compito dei fedeli, hanno voluto ricordare i presuli, è quello di avvicinare l’uomo moderno a Cristo e così i fedeli rispettano anche la parola di Dio: “... e mi sarete testimoni”. L’8 settembre il Papa, insieme a diversi fedeli, andrà in pellegrinaggio a Mariazell e raggiungerà il luogo che da secoli per i cristiani dell’Austria e di tutta l’Europa centrale è punto di incontro e riferimento per ringraziare e pregare a Dio, per essere incoraggiati, per ricevere conforto e per conciliarsi. Tutti i fedeli, a Mariazell, possono vedere l’immagine misericordiosa della Madre di Dio che mostra il figlio Gesù Cristo. Sin dall’8 dicembre dello scorso anno i fedeli austriaci, in preparazione alla visita papale, pregano una “grande novena”. Guardando la statua della Madonna delle Grazie si rivolgono alla Vergine con le parole del Papa: “Mostraci Gesù. Guidaci a Lui. Insegnaci a conoscerlo e ad amarlo, perché possiamo anche noi diventare capaci di vero amore ed essere sorgenti di acqua viva in un mondo assetato”. (L.B.)

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    Fa discutere, in Corea del Sud, una sentenza della Corte Suprema che non riconosce il feto come essere umano fino alle doglie della madre

    ◊   Ha suscitato aspre polemiche nella Corea del Sud la sentenza della Corte Suprema secondo la quale un feto non può essere considerato un essere umano fino a che non iniziano le doglie della madre. La comunità cattolica, riferisce l'agenzia AsiaNews, parla di “verdetto deplorevole e sconvolgente”. Secondo padre Lee Dong-ik, professore di medicina presso l’Università cattolica di Corea e membro della Commissione bioetica della Conferenza episcopale sudcoreana, “ogni Paese ha delle piccole differenze in campo legale su dove inizi o come considerare la vita, ma nessuno, oltre ai giudici coreani, ha mai stabilito che un bambino non nato non è un essere umano”. La sentenza nasce dalla denuncia presentata nel 2001 da una giovane donna contro la sua ostetrica, accusata di omicidio colposo nei confronti del bambino che la donna portava in grembo perché a causa dei suoi consigli era stato evitato un parto cesareo ed era stata procurata un’emorragia cerebrale al bambino, nato morto. La Corte, chiamata a pronunciarsi dopo la presentazione dell’appello da parte dell’ostetrica, ha deciso di condannarla per negligenza sanitaria, un crimine che in Corea si paga con un anno di galera, in questo caso convertito in una multa. Il punto più controverso del pronunciamento, che un giudice ha definito “molto difficile”, è quello in cui la Corte stabilisce che, “seppure fosse disponibile l’opzione del parto cesareo, dati i cinque chili di peso del feto e le 42 settimane di crescita nell’utero materno, non si può parlare di omicidio perché esso non è da considerare essere umano fino al travaglio materno”. Per padre Lee, questa frase “è una sconfitta sociale: viviamo in una società che riesce, grazie ai progressi della medicina, a salvare un bimbo di 21 settimane. E’ inaccettabile che un altro, praticamente già nato, non sia nemmeno un essere umano”. (T.C.)

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    È giunta al PIME una richiesta di farmaci per padre Bossi. Si moltiplicano, intanto, le iniziative mondiali di solidarietà per il sacerdote rapito

    ◊   L’esercito filippino ha inviato rinforzi nell’isola meridionale di Basilan, dove martedì scorso, in scontri con militanti del Fronto islamico di liberazione Moro (Milf), sono stati uccisi 14 marines. Lo ha annunciato un portavoce militare, il colonnello Ariel Caculitan, secondo il quale il dispiegamento di altri 500 marines sull’isola servirà a intensificare le ricerche di padre Giancarlo Bossi, il missionario rapito il 10 giugno scorso. “Abbiamo compreso che non abbiamo forze sufficienti per perseguire le operazioni” ha spiegato Caculitan. Ed è con cautela che il Pontificio Istituto delle Missioni all’Estero (Pime) ha accolto ieri la richiesta, pervenuta da fonti non identificate, al sostituto di padre Bossi nella parrocchia di Payao, di alcuni farmaci per regolare la pressione da far arrivare al sacerdote tenuto sotto sequestro. “È una notizia da prendere con le pinze; dobbiamo fare le opportune verifiche - ha commentato padre Luciano Benedetti, confratello del Pime nella provincia di Zamboanga, nelle Filippine - una persona qui del posto che conosciamo bene ci ha telefonato per riferirci di un’altra persona che si è messa in contatto con lui per avere le medicine che padre Giancarlo abitualmente prende per la pressione alta e portargliele”. “Dobbiamo verificare l’attendibilità di questi soggetti – ha detto ancora padre Benedetti – e che le medicine effettivamente arrivino al nostro confratello. Da parte loro, queste persone non ci hanno dato alcuna prova di avere in mano padre Bossi. Qui a Zamboanga si è sviluppato un vero e proprio commercio di presunte foto e messaggi del nostro confratello”. Padre Gian Battista Zanchi, superiore generale del Pime ha riferito che “una volta giunta la richiesta, un pacco contenente medicine è stato inviato a padre Bossi”; mentre contemporaneamente sono state chieste notizie dirette sulle sue condizioni”. Intanto crescono le iniziative di solidarietà per il sacerdote rapito. In Italia, a Firenze, per chiedere la liberazione di padre Giancarlo Bossi lunedì prossimo si svolgerà un presidio di solidarietà, mentre a Napoli, da domani una gigantografia del sacerdote sarà esposta ai balconi di Palazzo San Giacomo, sede del Comune. Tomas Concepcion, artista filippino ha promosso nel suo Paese una raccolta di firme fra cristiani e musulmani per la liberazione di padre Bossi. “Con le mie opere – ha affermato il 74enne artista, costretto da 4 anni su una sedia a rotelle in seguito ad un intervento chirurgico all’anca – desidero superare le divisioni fra le religioni e promuovere l’unità”. “Non so se servirà allo scopo – sottolinea l’artista – ma ogni iniziativa credo possa essere utile per ottenere la liberazione di padre Bossi”. Tomas Concepcion ha realizzato un ritratto (80x100cm) del prete italiano, sebbene non lo abbia mai incontrato di persona, prendendo spunto da una fotografia pubblicata su un quotidiano. “Padre Bossi ha dedicato la propria vita al popolo filippino – continua l’artista – senza distinzioni fra cristiani e musulmani. Egli merita tutto il nostro sostegno e il nostro appoggio volto a ottenerne la liberazione”. Il ritratto verrà affisso su un supporto più grande in modo che i sostenitori del movimento interreligioso che si batte per il rilascio di padre Bossi possano sottoporvi le loro firme. In una nota, l’agenzia SIR, scrive che “sulla frontiera di una fede che diventa volto di un uomo che ha accettato di farsi dono, anche la ‘cultura laica’ prende le misure di se stessa, si interroga sulla sua consistenza e sul suo compito nella storia”. “Padre Giancarlo Bossi – prosegue la nota – sconosciuto a molti fino al 10 giugno 2007, è oggi più missionario nel mondo occidentale che in quello orientale. Senza parlare sta provocando domande, spingendo ad alta quota i pensieri liberandoli dall’affanno mediatico, da strumentalizzazioni politiche”. (T.C.)

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    Domani, in Vietnam, il preposito generale dei Gesuiti, padre Kolvenbach, istituisce la Provincia dell’Assistenza dell’Asia Orientale-Oceania

    ◊   La Regione gesuita Indipendente del Vietnam diventerà la Provincia dell’Assistenza dell’Asia Orientale-Oceania. Lo stabilisce un decreto del preposito generale della Compagnia di Gesù, padre Peter-Hans Kolvenbach, in Vietnam fino al 15 luglio. Durante la sua visita, riferisce l’agenzia Fides, padre Kolvenbach ha benedetto a Saigon il nuovo edificio, in costruzione, che ospiterà i giovani gesuiti studenti di filosofia e teologia. Secondo le informazioni dell’ufficio stampa della Compagnia di Gesù, domani verrà celebrato solennemente il 50.mo anniversario del ritorno dei Gesuiti in Vietnam. Parteciperanno il cardinale Joseph Paul Pham Dinh Tung, arcivescovo emerito di Ha Noi, numerosi vescovi e sacerdoti. E proprio domani padre Kolvenbach darà lettura del decreto che proclama Provincia l’antica regione del Vietnam ed annuncerà il nome del primo superiore provinciale. La storia della Chiesa in Vietnam coincide con la presenza dei gesuiti nel XVII secolo: il 18 gennaio 1615 tre gesuiti (un italiano e due portoghesi) che erano stati espulsi dal Giappone, giunsero a Danang e diedero inizio alla prima evangelizzazione del Paese. La presenza dei gesuiti fu ininterrotta fino al 1773, anno della soppressione dell’Ordine. La Compagnia tornò in Vietnam dopo circa due secoli. Nel 1955 il governo di Saigon interpellò il padre generale Janssens per valutare la possibilità di aprire una università cattolica a Saigon. Il progetto non si materializzò ma, al suo posto, il delegato apostolico propose al padre generale di occuparsi di un seminario pontificio nella città di Dalat. Nel 1956 i primi gesuiti espulsi dalla Cina arrivarono a Saigon e un anno dopo la comunità di Saigon era una realtà. Contemporaneamente assunsero la gestione del seminario pontificio a Dalat. L’attività apostolica continuò fino al 1975, quando, in seguito agli sconvolgimenti politici, i missionari stranieri dovettero abbandonare il Paese. Alla fine del 1975 la Compagnia contava in Vietnam 11 sacerdoti, 10 scolastici, 1 fratello, 4 novizi e 15 candidati. Le proprietà dell’Ordine furono confiscate, diversi gesuiti furono incarcerati e tutti soffrirono i rigori del regime. Oggi la nuova Provincia del Vietnam comprende 134 membri: 38 sacerdoti, 45 scolastici, 20 fratelli, 31 novizi e 150 candidati. (T.C.)

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    L’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati chiede fondi per aiutare le vittime delle alluvioni in Pakistan

    ◊   Entro la fine della settimana, per i rifugiati del Pakistan, dovrebbero arrivare 250 tonnellate di aiuti di emergenza provenienti dai magazzini di Peshawar a Quetta, capitale della provincia del Baluchistan. L’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (UNHCR) sta richiedendo più di 622 mila dollari, attraverso il Fondo Centrale di Risposta alle Emergenze delle Nazioni Unite (CERF), per rifornire i magazzini e procurarsi materiale per gli alloggi per le 150 mila vittime dell’alluvione dei giorni scorsi. Ora che le acque cominciano a ritirarsi, scrive l’agenzia Fides, l’UNHCR, in concerto con i propri partner, ha accelerato le operazioni di soccorso. La distribuzione degli aiuti è iniziata da più di una settimana nel distretto di Chagai in Baluchistan, dove case e muri di protezione dei campi per rifugiati sono crollati sotto la violenza delle piogge. Tende, teli di plastica, materassini, trapunte e tutto l’occorrente per cucinare, sono stati distribuiti tra gli afgani e la comunità pakistana che li ospita. La vita sembra pian piano tornare alla normalità e le famiglie stanno cominciando a ricostruire le proprie case di fango. Ma le strade sono state spazzate via e a nord sono stati danneggiati i sistemi di rifornimento delle acque nei campi di Malgagai e Ghazgai Minara. Le piogge hanno colpito anche la provincia del Nord-Ovest, allagando tre campi situati vicino ad un fiume e a Landi Kotal, nella zona del Khyber. (T.C.)

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    ONG cattoliche austriache denunciano l'allarmante diminuzione degli stanziamenti per lo sviluppo dei Paesi più poveri del mondo

    ◊   Cinque grandi organizzazioni caritative austriache - Caritas, Care, SOS-Kinderdorf, “Licht für die Welt” e Croce Rossa – hanno criticato il mancato raggiungimento degli obiettivi del millennio in una conferenza stampa congiunta, svoltasi a Vienna. “Si è ancora ben lungi dall’obbiettivo di dimezzare la povertà mondiale entro il 2015”, è il giudizio delle organizzazioni; pur riconoscendo “tendenze allo sviluppo positive in Asia e in America Latina”, i rappresentanti delle organizzazioni hanno evidenziato che “gli Stati africani a Sud del Sahara sono per lo più esclusi da questi progressi”. “Occorre aumentare urgentemente le spese mondiali per la cooperazione per lo sviluppo”, ha sottolineato Christoph Petrik-Schweifer della Caritas, che ha definito “allarmante” la diminuzione in tutto il mondo del 5 per cento degli stanziamenti allo sviluppo tra il 2005 e il 2006. Petrik-Schweifer ha criticato il governo austriaco che stanzia attualmente solo lo 0,21-0,26 per cento del Pil per gli aiuti allo sviluppo. Ulrike Schelander, direttrice di “Care Österreich”, si è soffermata sulla mancanza di attenzione alla tutela delle donne negli obiettivi del millennio. “La povertà è donna”, ha dichiarato ricordando che circa 2/3 delle persone che vivono in situazioni di “povertà acuta” sono donne, e che la percentuale di donne positive al virus Hiv è cresciuta dal 35 al 50 cento. “La lotta alla povertà femminile è possibile solo con migliori opportunità formative e con una partecipazione politica delle donne”, ha aggiunto. Ulrike Schelander ha menzionato anche il problema della violenza contro le donne, evidenziando che prevenzione e lotta devono essere inserite tra gli obiettivi del millennio”. Bilancio negativo anche per Denis Djulic, referente per la cooperazione per lo sviluppo di Sos Kinderdorf, che ha illustrato la situazione dell’Africa, fanalino di coda nella lotta alla povertà infantile. Rispetto al 1990, la mortalità infantile è aumentata in 16 Paesi, di cui 14 nel solo Continente africano. Da Rupert Roniger, direttore di “Licht für die Welt”, è giunta invece la denuncia della “mancata inclusione dei disabili” nella cooperazione per lo sviluppo in tutto il mondo. (L.B.)

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    L’ONU: per un efficiente sistema agricolo in Africa, è necessaria una “rivoluzione verde” che incentivi anche la produzione su piccola scala

    ◊   Fao (Organizzazione per l’agricoltura e l’alimentazione), Pam/Wfp (Programma alimentare mondiale) e Ifad (Fondo internazionale per lo sviluppo agricolo) chiedono aiuti per l’agricoltura in Africa. Per gli organismi internazionali, riferisce l’agenzia MISNA, il Continente ha bisogno di una “rivoluzione verde” per realizzare un sistema agricolo efficiente e salvare così decine di milioni di persone dalla povertà. Le tre istituzioni dell’ONU hanno invitato l’Africa a ispirarsi alla ‘rivoluzione verde’ attuata negli anni ‘70 da alcuni Paesi asiatici, in particolare l’India, ma a non limitarsi a “copiare” l’esempio orientale, piuttosto a basarsi sulle realtà locali. Una modalità potrebbe consistere nell’incentivare l’agricoltura su piccola scala e nell’attribuire maggior potere gestionale alle donne. Secondo stime ONU, negli ultimi 15 anni, le persone esposte al rischio della fame in Africa sono aumentate da 45 a 220 milioni. Tra le cause principali dell’insicurezza alimentare - sempre secondo gli organismi ONU - vi sono istituzioni politiche e amministrative troppo deboli, scarsi investimenti nell’agricoltura da parte di governi e donatori internazionali, corruzione, cattiva gestione delle risorse e l’ambiente sfavorevole dovuto ai cambiamenti climatici. (T.C.)

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    La Chiesa boliviana fa nascere il "Signis-Bolivia", Associazione di comunicatori cattolici

    ◊   Nascerà ufficialmente il 20 luglio a La Paz, in Bolivia il Signis-Bolivia, Associazione di Comunicatori Cattolici. L’iniziativa, riferisce l’agenzia Fides, è della Conferenza Episcopale Boliviana e di altre enti della Chiesa cattolica, ed è nata nel giugno 2003, nella cornice del Terzo Congresso Nazionale dei Comunicatori Cattolici della Bolivia. Il verbale di fondazione dell’associazione è stato firmato in questa occasione, come si legge nella lettera di presentazione di mons. Krzysztof Bialasik Wawrowska, vescovo di Oruro e presidente della Commissione delle Comunicazioni della Conferenza episcopale boliviana. Dopo la costituzione di un comitato per redigere gli statuti della nuova organizzazione è stata convocata l’assemblea costitutiva che il 19 luglio sarà impegnata in una Giornata di formazione e riflessione che proporrà i seguenti temi: “Comunicatori e mezzi di comunicazione cattolici al crocevia della società dell’informazione in America Latina”; “Il ruolo del comunicatore cattolico nella società boliviana”; “L’Edu-comunicazione come cammino per la costruzione di una cultura di pace”; “Criteri e linee di azione per la nuova Associazione dei Comunicatori cattolici”. Obiettivo generale della nuova Associazione è accompagnare e coordinare gli sforzi dei suoi membri, singoli o istituzioni, in modo che, a partire dalla spiritualità, dalla identità e dalla missione cattolica e da uno sguardo critico sugli avvenimenti del Paese, si possano organizzare campagne di opinione di forte impatto sociale ed offrire servizi di formazione, consultazione e promozione. Signis-Bolivia abbraccia tutte le aree della comunicazione sociale nel Paese, come evangelizzazione e spiritualità, animazione e coordinazione, area dei mezzi, produzione, formazione e ricerca ed educazione. (T.C.)

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    Essere cristiani significa obbedire a ciò che non è contrario alla volontà di Dio: così il Patriarca ortodosso, Bartolomeo I, alla Conferenza della gioventù di Istanbul

    ◊   Seicento delegati da tutto il mondo, in rappresentanza di varie Chiese, istituzioni e fondazioni ortodosse, si sono ritrovati ad Istanbul, in Turchia, per la II Conferenza della gioventù ortodossa sul tema “Membri della Chiesa, cittadini del mondo”. Ad aprire i lavori, ieri, scrive l’agenzia AsiaNews, il patriarca ecumenico di Costantinopoli, Bartolomeo I. “Essere cristiani significa sentirsi ad un tempo membra del ‘corpo’ che è la Chiesa – ha detto Bartolomeo I nel discorso inaugurale – e parte di un mondo secolarizzato al quale portare il Vangelo, prendendo ciò che di buono la globalizzazione offre, ma senza identificarsi con esso”. A presiedere i lavori sono il metropolita ortodosso di Sassima, Gennadios, copresidente della Commissione mista internazionale per il Dialogo Teologico tra la Chiesa cattolica e la Chiesa ortodossa, ed il segretario del Santo Sinodo del patriarcato ecumenico di Costantinopoli Elpidophoros. “La Chiesa - ha spiegato Bartolomeo I - non è una istituzione, una fondazione o una associazione, ma un corpo, il corpo di nostro Signore, che ha come testa il Figlio unico e logos di Dio e come membri tutti noi che siamo battezzati nel Suo nome e siamo misticamente in comunione con il Suo corpo e il Suo sangue, versato per la nostra salvezza”. Noi siamo delle cellule del suo corpo – ha proseguito – cioè della sua Chiesa, ma anche cellule uno dell’altro, come dice San Paolo. Solo la nostra obbedienza alla volontà della mente Divina e il reciproco amore e rispetto della personalità e del carisma altrui, stabiliscono la corretta funzione del corpo. Qualsiasi deviazione a favore del proprio interesse, ha come conseguenza la non corretta funzione del corpo”. Ai giovani, il patriarca ha quindi rivolto l’esortazione a sentirsi “all’interno di questo corpo di Cristo, che è la nostra Chiesa”. “Siete chiamati – ha aggiunto - a partecipare come cellule ed a definire il vostro ruolo come diaconi del Signore, e quindi al servizio del prossimo, secondo il talento e carisma donati dal nostro Dio. E proprio la parrocchia, la Chiesa, la comunità devono essere punto di riferimento e di fratellanza”. Membra di un’unica Chiesa, ma al tempo stesso, ha osservato Bartolomeo, “siamo cittadini di Paesi diversi, dove usufruiamo di certi diritti e abbiamo di conseguenza anche degli obblighi. Certamente il nostro mondo non è il Paradiso e la situazione dei cristiani non è ideale. E’ un mondo di ‘maliziosità’, come dice Giovanni evangelista, che rifiuta Lui come suo Signore. Dobbiamo vivere in questo mondo, ma senza accettarne le ‘maliziosità’. Essere cristiani in questo mondo significa obbedire a tutto ciò che non è contrario alla volontà di Dio. Vivere insomma come i pesci nell’acqua salata, senza diventare salati”. “Si vive in mondo globalizzato che ha azzerato le distanze – ha detto ancora Bartolomeo I – questo ha portato degli enormi vantaggi, ma ha anche dei difetti. Per esempio la UE ha fatto crollare i confini e ci auguriamo che la Turchia faccia presto parte di essa”. La domanda allora è “qual'è il ruolo dei cristiani in questo mondo globalizzato. La risposta è che non dobbiamo secolarizzarci – ha affermato il patriarca – non dobbiamo identificarci con esso, ma dobbiamo fare uso discreto e razionale degli strumenti che esso ci offre, ad majorem Dei gloriam, come dicono i cristiani dell’occidente. Non dimentichiamo che l’umanità non ha ancora un’ampia conoscenza di Cristo e del Vangelo”. (T.C.)

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    I monaci pompieri bavaresi di Sant'Ottilia festeggiano 100 anni di fondazione

    ◊   Non sono solo dediti alla preghiera e al lavoro monastico, nel rispetto della Regola benedettina dell’ “Ora et labora”, quando serve si trasformano in vigili del fuoco volontari. Sono i monaci dell’unità di pompieri volontari della comunità benedettina missionaria di Santa Ottilia, in Baviera, che domani festeggia il centenario della sua istituzione. La comunità risale, infatti, al gennaio del 1907, appena venti anni dopo la fondazione in Baviera dei Benedettini di Sant’Ottilia da parte di Dom Andreas Amrhein con lo scopo di curare le missioni in Africa e in Asia. E’ proprio questa Congregazione benedettina ad avere il più grande monastero dell’Asia, quello di Waegwan, in Corea del Sud, purtroppo rovinato, nella Settimana Santa di quest’anno, da un incendio. Sarà l’attuale arciabate di Sant’Ottilia, Dom Jeremias Schröder, a presiedere, domani, la celebrazione della Santa Messa di ringraziamento. Attualmente i 19 monaci vigili del fuoco di Sant’Ottilia sono responsabili della sicurezza non solo del grande monastero ma anche di un liceo con 750 studenti, di una casa per esercizi spirituali con 120 posti letto, di un’azienda agricola, di varie botteghe artigianali, di una casa editrice, nonché di un tratto della vicina autostrada A 96. Inoltre, i monaci vigili del fuoco vengono chiamati per prestare servizio in casi di emergenza nelle vicinanze del monastero. Nei primi anni, dopo la loro fondazione, i monaci eseguivano i soccorsi indossando il loro abito monastico, oggi dispongono di una divisa che risponde alle vigenti norme di sicurezza. Ai festeggiamenti per il centenario prenderanno parte, a Santa Ottilia, molte unità di pompieri alle quali i monaci sono legati da amicizia. Sono attesi anche due rappresentanti dei Vigili del fuoco della Città del Vaticano. (A.M.)

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    24 Ore nel Mondo



    Sull’Iraq, è scontro negli Stati Uniti tra Bush e Camera dei deputati, che ieri ha votato il rientro delle truppe entro aprile - L’Iran dà il via libera agli ispettori dell’AIEA

    ◊   Torna in primo piano la violenza in Iraq. Stamani, una serie di attentati hanno provocato diverse vittime. Intanto ieri, dopo le notizie sulla riorganizzazione di Al Qaeda, la rete terroristica di Osama Bin Laden, il presidente Bush è tornato a ribadire al mondo e agli Stati Uniti la necessità di rinforzare l’impegno nel Paese del Golfo. “Andare via ora dall’Iraq sarebbe un disastro”, ha detto il capo della Casa Bianca, mentre la Camera degli Stati Uniti ha approvato sempre ieri il ritiro dall’Iraq entro l'aprile 2008. Il servizio di Beatrice Bossi:

    A Samawa, a sud di Baghdad, due bambini sono morti e cinque sono rimasti feriti per l’esplosione di un residuo bellico trovato nell’immondizia, mentre giocavano. Due dei feriti sono in gravi condizioni. Uccisi poi da uomini armati cinque poliziotti appena fuori il Ministero degli interni della capitale. E nuovo tributo di sangue anche per la stampa: dopo il fotografo della Reuters, che ha perso la vita ieri a Baghdad nei combattimenti scoppiati tra forze della coalizione e miliziani, stamani è stato ucciso nel quartiere meridionale di Saidiyah, in circostanze ancora non chiarite, Khaled W. Hassan, corrispondente iracheno del New York Times. Sale così a 187 il numero dei giornalisti rimasti uccisi in Iraq dal 2003. Intanto, le truppe USA hanno catturato nella notte un ufficiale della polizia irachena accusato di dirigere una cellula terroristica e di ricevere supporto logistico dall’Iran. Nell’operazione, hanno perso la vita sette militanti e sei poliziotti. E mentre il segretario generale dell’ONU, Ban Ki-moon, ha espresso preoccupazione per il peggioramento della situazione irachena e per la strategia degli Stati Uniti nel Paese, il presidente americano, Bush, ha ribadito che “l’Iraq non è una causa persa”. Ieri, durante la conferenza stampa tenuta in occasione della diffusione del rapporto dell’intelligence americana sullo stato di Al Qaeda, Bush ha ribadito la necessità di rinforzare l’impegno nel Paese del Golfo. Proprio mentre a Washington, la Camera dei rappresentanti approvava il ritiro delle truppe dall'Iraq entro aprile. Ipotesi alla quale il capo della Casa Bianca ha già detto di voler opporre il suo veto.

    E sulla temuta ripresa dell’attività di Al Qaeda, Marina Tomarro ha intervistato Loretta Napoleoni, consulente USA antiterrorismo:


    R. - Gli Stati Uniti continuano a parlare di Al Qaeda come se Al Qaeda fosse la stessa organizzazione di prima dell’11 settembre. Questa organizzazione non esiste più, ma si è trasformata in qualcosa di diverso ed io parlerei più di "alqaedismo", più di movimento ideologico antimperialista, che ha come obiettivo principale non più la distruzione del nemico lontano e cioè degli Stati Uniti, ma anche e soprattutto in particolare la distruzione dei regimi corrotti oligarchici che - secondo loro - governano il mondo musulmano.

     
    D. - Quali potrebbero essere gli obiettivi più sensibili nelle nostre città?

     
    R. - Io sono convinta che data la sicurezza negli aeroporti, l’obiettivo principale sarà sicuramente quello delle metropolitane e dei treni, come abbiamo visto sia a Londra, sia a Madrid. Bisognerà, quindi, lavorare moltissimo sull’intelligence e come in effetti abbiamo avuto solamente due grossi attacchi e moltissimi sono stati sventati.

     
    D. - La situazione è sempre più tesa in Iraq, in Afghanistan e in Pakistan. Sono recenti gli attentati sventati a Londra e adesso questa nuova allerta dei servizi segreti americani. Come leggere, allora, questo insieme di fattori?

     
    R. - Sicuramente, c’è il tentativo di rilanciare al Qaeda da parte del gruppo storico e quindi parliamo di Al Zawahiri. Ci sono poi una concomitanza di fattori, come l’anniversario del 7 luglio e il fallito attentato di Londra. C’è sicuramente una decisione di muoversi su un fronte unitario in questo mese. Se questa sia poi una strategia di lungo periodo o di breve periodo è difficile dirlo.

    - Guerra all’estremismo islamico. Questo, in sintesi, il discorso televisivo che il presidente pakistano, Musharraf, ha rivolto ieri alla nazione, a conclusione della crisi alla Moschea rossa di Islamabad. Musharraf ha definito l'attacco alla Moschea “inevitabile”, dopo il fallimento dei negoziati, e ha promesso che il suo governo “distruggera” il fondamentalismo, dovunque esso sia.

    - Libano. Dopo averlo annunciato per settimane, l’esercito di Beirut ha avviato ieri l’attacco finale al campo profughi palestinese di Nahr al Bared, nel nord del Paese, dove sono asserragliati i guerriglieri di Fatah al Islam, legati ad Al Qaeda. Ucciso stamani negli scontri un soldato libanese, mentre diversi razzi katyusha sono stati lanciati nella zona del campo profughi da “ignoti”, senza causare vittime o feriti.

    - La Commissione indipendente dell'ONU che indaga sull'assassinio dell'ex premier libanese, Rafic Hariri, ha individuato in un nuovo Rapporto una serie di persone sospettate di essere coinvolte nell'attentato, compiuto con una potente autobomba a Beirut il 14 febbraio 2005. Insieme a Hariri, altre 22 persone erano rimaste uccise. Il Rapporto sarà sottoposto giovedì prossimo al Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite.

    - La prossima riunione del Quartetto sul Medio Oriente si terrà il 19 luglio a Lisbona. Sarà presente il nuovo inviato speciale per il Medio Oriente, Tony Blair. Lo hanno confermato fonti del Ministero degli esteri portoghese, precisando che i dettagli della riunione non sono ancora stati definiti.

    - L’Agenzia internazionale per l'energia atomica (AIEA) e l'Iran hanno raggiunto un accordo per una serie di ispezioni entro la fine di luglio ad un reattore ad acqua pesante in grado di produrre il plutonio, prodotto necessario, insieme all’uranio, alla realizzazione di ordigni nucleari. Ne ha dato notizia la stessa AIEA, aggiungendo che nel corso dei colloqui avviati giovedì a Teheran, sono state anche convenute la nomina di nuovi ispettori e le misure di sicurezza da adottare da inizio agosto nell'impianto sotterraneo di arricchimento dell'uranio di Natanz.

    - Ancora lontana una soluzione del caso Kosovo alle Nazioni Unite. La Russia ha bocciato ieri l’ultima versione della bozza di risoluzione ONU, sostenendo che, nonostante le nuove formule diplomatiche, non cambia la sostanza del piano Ahtisaari. La relazione dell’emissario ONU prevede una “indipendenza controllata” per Pristina. Oggi, intanto, il ministro degli Esteri russo, Lavrov, ha auspicato l'intervento di “mediatori internazionali indipendenti” nei negoziati tra Belgrado e Pristina.

    - La Gran Bretagna dovrebbe astenersi dal politicizzare il caso. Con queste parole, ieri il ministro degli Esteri russo, Serghei Lavrov, ha sottolineato la sorpresa di Mosca davanti alle evoluzioni delle indagini sull’ex spia del KGB, Andrei Lugovoi, accusato di aver avvelenato a Londra l’ex collega Aleksander Litvinenko. Le indagini, infatti, sono ora passate al Ministero degli Esteri, dopo il rifiuto di Mosca all’estradizione di Lugovoi.

    - Francia. Tragedia in una caserma della gendarmeria di Malakoff, un sobborgo di Parigi della HautsSeine. Almeno quattro persone sono morte tra cui due bambini, nel corso di una sparatoria fra agenti. Secondo una prima ricostruzione, un gendarme avrebbe ucciso i suoi due figli e un collega prima di rivolgere l'arma contro se stesso e suicidarsi.

    - Alcuni caschi blu pakistani dislocati nella Repubblica Democratica del Congo sono implicati in un traffico di oro dal Paese africano. Lo ha accertato un'inchiesta dell’ONU, riportata sulla BBC online. Sotto accusa vi era l’intero contingente pakistano per sospetti traffici tra il 2005 e il 2006 di oro in cambio di fucili con gruppi della milizia congolese, che invece dovevano essere disarmati.

    - Il Perù presenterà un immediato ricorso, in merito alla sentenza di un giudice della Corte suprema cilena che respinge l’ipotesi di estradizione dell’ex presidente, Alberto Fujimori. Ricordiamo che Lima intende processare l’ex capo dello Stato per violazione dei diritti umani e arricchimento illecito.

    - Scampati alla morte 81 immigrati clandestini dal Centroamerica, che da due giorni erano stipati nel fondo di un camion nel deserto messicano. La scoperta, secondo il sito on-line della BBC, è stata fatta nei pressi della città di Hualahuises da una pattuglia di militari. Gli immigrati, 65 dei quali provenienti dal Salvador e 14 dall'Honduras, sono stati ricoverati per grave disidratazione. A permettere ai clandestini di sopravvivere, poche bottiglie di bevanda energetica che si erano divisi tra loro.

    - Si è abbattuto sull’arcipelago di Okinawa, nell’estremo sud del Giappone, il tifone Man-Yi, il quarto della stagione nell'Oceano Pacifico e il primo a toccare il Giappone. Il tifone, accompagnato da raffiche di vento che hanno raggiunto oltre 250 chilometri l’ora, ha provocato sull'arcipelago numerose interruzioni della corrente elettrica, l'annullamento di centinaia di voli e anche sette feriti, alcuni dei quali in modo grave. Lo si apprende dalle autorità locali. Il tifone ha sollevato onde altre 10 metri. (Panoramica internazionale a cura di Roberta Moretti)


    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LI No. 194

     

     
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