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SOMMARIO del 12/07/2007
In un messaggio, il grazie di Benedetto XVI a Lorenzago per l’accoglienza ricevuta in questi primi giorni di riposo nella località del Cadore
◊ I bellissimi boschi e le maestose montagne delle Dolomiti continuano a fare da sfondo al periodo di riposo di Benedetto XVI a Lorenzago. Ieri pomeriggio, il Papa ha lasciato la villetta, dove soggiornerà fino al prossimo 27 luglio, per una breve passeggiata ed ha recitato il Rosario nel Santuario di Lozzo dedicato alla Madonna di Loreto, risalente al XVII secolo. Sempre ieri, si è tenuto nella parrocchia della cittadina bellunese un concerto d’organo per la festa di San Benedetto. In un messaggio letto prima dell’inizio dell'evento dal segretario particolare del Papa, mons. Georg Gaenswein, il Santo Padre ha ringraziato l’intera comunità “per l’accoglienza ricevuta”. Benedetto XVI ha anche espresso apprezzamento per i componenti della Schola Cantorum di Lorenzago perché – ha sottolineato, ricordando le parole di Sant’Agostino – “chi canta prega due volte”. A Lorenzago, intanto, si celebra oggi la solennità dei Santi Ermagora e Fortunato, patroni del Cadore. Per l'occasione, la cittadina bellunese si è vestita a festa, come sottolinea l’inviato del quotidiano "Avvenire", Salvatore Mazza, raggiunto telefonicamente a Lorenzago da Amedeo Lomonaco:
Oggi la cittadina di Lorenzago è stata svegliata dal suono delle campane per la festa patronale. C’è veramente un clima molto gioioso. Tra l’altro, oggi è un bella giornata ed il sole ha favorito il fatto che la gente si raccogliesse nella piazza principale.
D. – Ieri, c’è stata anche la prima uscita del Santo Padre: il Papa si è recato a Lozzo di Cadore per pregare nel Santuario dedicato alla Madonna di Loreto...
R. – Sì, è stata un'uscita assolutamente inattesa. Il Papa è passato attraverso il paese senza che quasi nessuno se ne accorgesse. Ha raggiunto questo piccolo Santuario che si trova a circa sette chilometri da Lorenzago. Lì ha incontrato una suora che l’ha salutato: la macchina si è fermata e il Papa ha abbassato il finestrino. La suora ha detto al Papa: “Io lavoro qui vicino, in una casa per gli anziani” e il Santo Padre ha risposto: “Anche io sono un anziano”! Poi, ha fatto un breve giro nei boschi e si è fermato a recitare il Rosario nel Santuario; quindi è tornato nella villetta.
D. – Sempre ieri sera è stato letto un messaggio del Santo Padre prima di un concerto nella parrocchia di Lorenzago. Come sono state accolte le parole del Papa?
R. – E’ stata anche questa una occasione molto bella, molto spontanea perché il concerto, alla vigilia della festa dei patroni di Lorenzago, era anche un’occasione nel giorno di San Benedetto per fare gli auguri al Papa. Benedetto XVI ha mandato il suo segretario, mons. Georg Gaenswein, a leggere il suo messaggio. Un messaggio molto semplice, molto affettuoso in cui ha ringraziato gli abitanti di Lorenzago per l’accoglienza ricevuta e li ha invitati a pregare per lui, per questi suoi giorni di permanenza in questa valle. Ovviamente, il messaggio è stato accolto dagli applausi di tutti i presenti. La chiesa, tra l’altro, non è riuscita a contenere tutti coloro che erano arrivati per l’occasione. Sono anche stati collocati degli schermi fuori per consentire alla gente di seguire il concerto, molto bello.
D. – A proposito di musica, il Papa nel messaggio scrive anche che l’organo è "il re degli strumenti musicali". Quello di Lorenzago, poi, è stato appena restaurato ed è un gioiello del 1790...
R. – E’ un organo il cui restauro rientra in un lavoro di recupero dei tesori d’arte dell’Alto Bellunese che è stato già avviato da quattro anni. Il restauro dell’organo è stato completato in queste ultime settimane. L'organo della parrocchia di Lorenzago è stato inaugurato martedì sera e ieri ha risuonato per la prima volta in pubblico dopo tanto tempo, proprio in omaggio a Benedetto XVI.
D. – Quest’anno sono state scelte le Alpi Orientali, in Veneto, lo scorso anno la località alpina di Introd in Val d’Aosta. La montagna e le Alpi in particolare si confermano, dunque, mete privilegiate per il periodo di riposo estivo del Papa?
R. – Sì, sono posti molto tranquilli, a parte la spettacolarità dei paesaggi, sia dall’una che dall’altra parte. In Val d’Aosta ci sono le montagne più alte d’Europa e Lorenzago è immersa in un altro scenario indimenticabile come quello delle Dolomiti. Sono, dunque, due luoghi eletti per questo periodo di riposo che ormai, dal 1987, è diventato una tradizione per i Papi.
In un clima costruttivo, incontro a Gerusalemme della commissione bilaterale Santa Sede-Stato di Israele
◊ La Commissione bilaterale di lavoro tra la Santa Sede e lo Stato di Israele si è riunita, ieri mattina, a Gerusalemme presso il Ministero degli esteri israeliano per proseguire i negoziati sull’ “Acccordo Economico” per quanto concerne le questioni fiscali e quelle relative alle proprietà. Le delegazioni si sono incontrate in un clima costruttivo per poter concludere l’accordo in tempi brevi. Le due parti hanno deciso di incontrarsi nuovamente a Gerusalemme il 3 settembre prossimo.
Nomina
◊ Benedetto XVI ha accettato la rinuncia al governo pastorale dell’arcidiocesi americana di Baltimora, presentata dal cardinale William Henry Keeler, per sopraggiunti limiti d’età. Il Santo Padre ha nominato arcivescovo metropolita di Baltimora mons. Edwin Frederick O’Brien, finora Ordinario Militare degli Stati Uniti.
Oggi su "L'Osservatore Romano"
◊ Servizio vaticano - La Lettera con la quale il Santo Padre autorizza la pubblicazione del documento conclusivo della quinta Conferenza generale dell'Episcopato Latinoamericano e dei Caraibi.
Servizio estero - Un articolo di Pierluigi Natalia dal titolo "Bosnia ed Erzegovina, commemorate le vittime di Srebrenica nel dodicesimo anniversario dell'eccidio".
Servizio culturale - Un articolo di Giovanni Marchi dal titolo "La parola poetica come porta d'accesso all'ascolto della Parola di Dio": cinquant'anni dalla morte di Albert Beguin.
Servizio italiano - In rilievo il tema delle pensioni.
La vicenda di padre Bossi ci insegni a non parlare dei missionari solo in circostanze drammatiche: è l’esortazione, ai nostri microfoni, del missionario del PIME, padre Gheddo
◊ Si moltiplicano gli appelli per la liberazione di padre Giancarlo Bossi, il missionario del PIME, rapito il 10 giugno scorso nelle Filippine. Ieri, il vicepresidente del Parlamento europeo, Mario Mauro, ha sollecitato una mobilitazione dell’istituzione parlamentare in favore del religioso italiano. Dal canto suo, l’agenzia MISNA riferisce oggi di un appello lanciato dal leader musulmano filippino, Asgar Sani per il rilascio di padre Bossi. Sempre oggi, il quotidiano Manila Times dedica un ampio servizio alla vicenda riportando le testimonianze dei parrocchiani del missionario che lo descrivono, in ragione della sua statura, come un “gigante buono”. Intanto, padre Piero Gheddo, missionario del PIME e amico di padre Bossi, rileva con amarezza che dell’impegno dei missionari si parla quasi esclusivamente in circostanze drammatiche. Ecco la riflessione di padre Gheddo, intervistato da Alessandro Gisotti:
R. - La mia riflessione è questa: sono contentissimo che si parli molto di padre Bossi, perché viene alla ribalta un missionario – io lo conosco molto bene, ho visto anche dove lavora – che ha fatto tanto bene per la gente, per i poveri e che ha portato Gesù Cristo. Ha potuto fare del bene non solo aiutando i poveri, i bambini, i lebbrosi, etc., ma anche convertendo i costumi, la mentalità e portando i valori nuovi come il perdono, il rispetto della donna, il senso del gratuito. Questi missionari che operano nel cosiddetto Terzo Mondo sono dimenticati! Si parla molto adesso di povertà dei popoli, di ingiustizie tra Nord e Sud ed è vero, è giusto che se ne parli molto. Tuttavia, quando si indicano i rimedi si dice sempre e solo che bisogna dare molti soldi. Ma lo sviluppo non viene dai soldi! I soldi sono indispensabili per mantenere, per dare da mangiare, ma lo sviluppo viene anche dal cambiamento di una mentalità profonda.
D. - La vicenda umana di un missionario come padre Bossi può essere un esempio per i giovani in un periodo segnato anche da smarrimento, confusione, soprattutto per le nuove generazioni?
R. - Sì, penso proprio di sì. Sono un esempio padre Bossi e tanti altri missionari come lui, uomini e donne, preti, suore, volontari laici. Padre Bossi è un eroe positivo, un uomo che ha donato la sua vita agli altri, per amore di Cristo, di Dio, e ha realizzato delle cose notevoli per il benessere dei popoli che vivevano in una società, a volte disumana. Bisogna raccontare queste storie, bisogna fare delle fiction, dei racconti, delle interviste, in modo che si valorizzino gli esempi positivi dei missionari e dei volontari laici che vengono come missionari per donare la vita. Perché questi aspetti positivi della vita italiana non vengono portati molto più spesso alla ribalta?
Nel primo anniversario dell’inizio della guerra in Libano tra israeliani e miliziani Hezbollah, ancora tensioni nel Paese dei Cedri
◊ La decisione di Israele di lanciare un anno fa gli attacchi contro il Libano fu giusta: lo ha detto oggi il premier israeliano, Ehud Olmert, ricordando il primo anniversario del conflitto, che ha provocato 1112 vittime libanesi e 43 israeliane. La scintilla che innescò le violenze fu la cattura, da parte dei miliziani di Hezbollah, di due soldati dello Stato ebraico, tuttora prigionieri del movimento guerrigliero. Intanto, quattro soldati libanesi sono rimasti uccisi stamani in violenti scontri in corso nel campo profughi palestinese di Nahr al-Bared, nel nord del Libano, dal quale l’esercito di Beirut ha evacuato ieri 160 persone, probabilmente in vista di un massiccio attacco ai guerriglieri di Fatah al-Islam. Combattimenti con il gruppo, accusato di prossimità con Al Qaeda, sono cominciati nel campo profughi il 20 maggio scorso e sono proseguiti da allora senza interruzione. Ma in che modo il conflitto tra Israele ed Hezbollah ha mutato il panorama libanese e mediorientale? Giancarlo la Vella lo ha chiesto a Roger Bouchaïne, dell’Osservatorio geopolitico mediorientale:
R. – Attualmente Hezbollah controlla la situazione politica interna libanese. Dopo la guerra dello scorso luglio si è arrivati alla peggiore situazione, che mai si era creata in tutti gli anni di guerra. Hezbollah non si aspettava infatti di trovare all’interno del Paese un contrasto, pensava al contrario di riuscire a sottomettere tutta la politica libanese. La situazione ora è molto più complicata di quanto noi possiamo in realtà immaginare.
D. – Il Libano rimane un Paese in una condizione di estrema emergenza. Questi ultimi scontri nel campo profughi Nar El Baret possono essere considerati anche l’effetto di una destabilizzazione nata proprio un anno fa?
R. – Sì, anche se chiaramente il primo aspetto non è stato quello di Nar El Baret , ma certamente quello relativo a tutti gli attentati. La situazione è ora ancora più urgente e pericolosa, perché altri colpi sono pronti: appena l’UNIFIL abbassa un po’ la guardia o si trova in una situazione di minor sicurezza verrà sicuramente colpita. Ma non soltanto l’UNIFIL rischia di essere colpita. Possono essere colpiti anche l’esercito e i ministeri. Colpiranno appena possibile e questo per poter riuscire ad arrivare ad avere un contatto direttamente con Israele. Si vuole creare un varco. Lo scenario è veramente aperto e complesso e si sta ancor più allargando e in un modo così rapido che proprio non ci si aspettava.
D. – Perché il campo profughi di Nar El Baret è considerato un pericolo per la stabilità in Libano?
R. – Tutti i campi palestinesi - e non a caso la Risoluzione 1559 chiedeva il disarmo totale di tutte le milizie e in particolar modo di tutti i palestinesi che si trovano nei campi – hanno rappresentato luoghi di addestramento e di fornitura di armi, di droga e di tanto altro. Chiaramente Nar El Baret è un campo che ospita centinaia e centinaia di personaggi che sfruttano proprio il disagio sociale all’interno del campo stesso per reclutare uomini, ragazzi ed anche donne per combattere la Jihad. Al Qaeda trova sempre un territorio fertile nel disagio sociale. Tutto questo per arrivare ad avere dei combattenti che possono sacrificare la loro vita in nome della loro ideologia.
Fervono i preparativi per il raduno mondiale degli scout, in Inghilterra dal 27 luglio, per il centesimo anniversario di fondazione del movimento
◊ Rinsaldare lo spirito di fratellanza per affrontare le sfide del mondo globalizzato. Così, il vicepresidente della Federazione italiana dello scoutismo, Sergio Fiorenza, alla presentazione italiana, avvenuta ieri a Roma, del Jamboree 2007, il raduno mondiale degli scout organizzato per celebrare il centenario del movimento. Dal 27 luglio all’8 agosto, 40.000 ragazzi e ragazze scout di 161 nazioni diverse condivideranno avventura, amicizia internazionale e crescita personale. Dall’Italia partirà un nutrito gruppo di circa 2400 giovani. Il servizio di Cecilia Seppia:
E’ partito il conto alla rovescia per gli oltre 40.000 scout che il 27 luglio prenderanno parte al Jamboree, l’incontro mondiale che si terrà in Inghilterra per celebrare il centenario dello scoutismo. Il primo campo scout organizzato da Baden-Powell compie 100 anni e quei 20 ragazzi che vi parteciparono nel 1907 oggi sono diventati 28 milioni, presenti in tutto il mondo. Sotto il segno del confronto, dell’amicizia, della solidarietà internazionale, il raduno sarà un'occasione unica per comprendere che è possibile per persone con differenti culture, religioni e lingue, lavorare e vivere insieme in pace per costruire un mondo migliore, come ha spiegato Andrea Abrate, capo contingente della Federazione Italiana dello Scoutismo:
“Sicuramente sottolineare quella che è la valenza educativa dello scoutismo, quella di creare dei cittadini del mondo. Il messaggio che si vuole dare con il centenario è: siamo 200 mila in Italia, ma forse siamo ancora troppo pochi, dovremmo crescere ancora di più. I ragazzi si stanno preparando, attraverso delle attività, a saper cogliere nella differenza un valore come la ricchezza”.
Il ruolo principale dei 2000 ragazzi italiani che parteciperanno al raduno mondiale è quello di essere "ambasciatori". Ma cosa si aspettano i ragazzi scout del contingente italiano dal Jamboree? A rispondere è Marco Presutto, capo pattuglia “Aquile”:
“Mi aspetto di conoscere nuove persone, nuovi stili di vita scout, nuove culture, nuovi usi, costumi, ma anche divertimento, soprattutto quello!”.
Dopo l’udienza con il presidente della Repubblica italiana, Giorgio Napolitano, e il saluto di Benedetto XVI, dei giorni scorsi, che ha ribadito l’invito a condurre una vita nella carità, mettendosi al servizio del prossimo, gli scout sono pronti a ripronunciare, in tutte le lingue del mondo, la loro promessa consapevoli di essere portatori di una fraternità vivente non solo umana ma anche spirituale.
Con i fondi dell’otto per mille e la collaborazione di diverse istituzioni, inaugurato in Nigeria un centro per ragazze costrette a prostituirsi
◊ E’ stato inaugurato, ieri a Benin City, in Nigeria, il “Women Resource Centre”, un centro di accoglienza per donne costrette a prostituirsi in Italia. La struttura, realizzata grazie ai fondi dell’otto per mille e alla collaborazione di volontari, USMI, Caritas Italiana, ed altre istituzioni, offre aiuto per il reinserimento delle donne nelle famiglie e nelle comunità di origine. In Italia, sono circa 30 mila le ragazze nigeriane costrette a prostituirsi e almeno il 70 per cento proviene da Benin City. Tiziana Campisi ha chiesto a suor Claudia Biondi, coordinatrice del settore Aree di bisogno della Caritas ambrosiana attualmente a Benin City, da quali realtà provengano queste ragazze:
R. – Molte delle ragazze che sono in strada in Italia, arrivano da alcune regioni della Nigeria come Lagos e poi dalla regione di Benin. La situazione qui è di estrema povertà, le città sono veramente degradate. Stiamo conoscendo una popolazione giovane, dinamica, in una situazione economica di corruzione estrema, molto difficile. Quindi, è comprensibile l’emigrazione verso l’Europa di tanti giovani, anche se, per le donne, spesso assume una connotazione - quale è quella della prostituzione - estremamente dolorosa.
D. – Come aiutare queste donne?
R. – Il Centro che abbiamo appena inaugurato, da un lato, ha l’obiettivo di compiere un’azione di prevenzione e quindi di far conoscere, nella regione di Benin, che il destino delle ragazze che arrivano in Italia è purtroppo quello della prostituzione. Un altro degli obiettivi è quello di aiutare anche le famiglie a difendersi nel momento in cui le ragazze non vorrebbero o non vogliono più "onorare il debito" che hanno contratto per arrivare in Europa. L’ultimo aspetto è quello dell’accoglienza delle ragazze che rientrano in Benin: offrire loro un primo appoggio e dei percorsi di cosiddetto reinserimento.
D. – Quanto ancora c’è da fare e in che cosa sperare per il futuro per aiutare queste donne?
R. – C'è da lavorare a livello internazionale, sull’economia; sono necessarie campagne contro lo sfruttamento dell’intera Nigeria, contro l’ingiustizia, contro la corruzione; occorre offrire degli strumenti di educazione e di formazione per il lavoro.
D. – Le ragazze che si rivolgono allo sportello di assistenza sociale e legale, finanziato dalla Caritas ambrosiana, che tipo di aiuto ricevono?
R. – Una consulenza, un orientamento, una difesa a livello legale nel momento in cui ci sono pressioni per le famiglie, perché devono restituire quei soldi con i quali hanno preso degli impegni al momento della partenza per l’Italia.
Recuperare ragazzi che rischiano di abbandonare la scuola: è la missione dell’associazione “Mentoring”, attiva negli Stati Uniti e in Italia
◊ Sono circa 20 mila i ragazzi recuperati alla scuola negli Stati Uniti ed ottomila quelli in Italia grazie all’impegno dell’associazione “Mentoring”, sorta per volontà di Matilda Cuomo, moglie dell’ex governatore dello Stato di New York, con l’obiettivo di combattere il grave fenomeno dell’abbandono scolastico, spesso all’origine di molti altri mali che coinvolgono i giovanissimi come la microcriminalità, il bullismo, la violenza negli stadi, la droga e l’alcolismo. Il servizio di Roberta Gisotti:
“One to one”: uno ad uno, il motto del "metodo Mentoring", che abbina ad ogni ragazzo a rischio un mentore, ovvero un volontario adulto che si prende cura di lui, come un vero amico sa fare, almeno due ore a settimana, seguendo i suoi studi, incoraggiandolo nell’autostima e sostenendolo in un cammino di crescita integrale. L’associazione “Mentoring” nata nel 1986 negli USA, si è diffusa da quasi dieci d’anni anche in Italia e si sta preparando ad aprire nuove sedi in altri Paesi europei. Da qui, la visita in questi giorni della fondatrice, Matilda Cuomo, in varie città italiane al nord e al sud, per promuovere le attività del Mentoring, con il sostegno già consolidato delle autorità statali ed anche di enti privati. Associazione già premiata nel 2004 per la sua missione sociale con un medaglia al merito del presidente della Repubblica. Ascoltiamo la stessa Matilda Cuomo descrivere la grande gioia che accomuna le migliaia di volontari le cui vite si sono intrecciate con quelle di altrettanti ragazzi:
R. - I volontari divengono parte importante nella vita di questi ragazzi. E' una soddisfazione per il mentore ed una soddisfazione per il ragazzo che ne beneficia. Noi diciamo "Win-Win", come dire che vincono tutti e due. Tutto ciò dà molta soddisfazione a me e a tutti quelli che lavorano e sono impegnati in questo programma. E' un lavoro che si fa col cuore e che rende un ragazzo forte per la vita.
D. - Il segreto è quello di dare amore ai bambini, ai giovani, ai ragazzi?
R. - Sì, questo è l'obiettivo, come anche di dire ad un ragazzo: "Ce la puoi fare", dandogli quindi speranza - o dirgli: "Sei in grado di farlo e di farlo molto bene", dirgli: "Io sono qui per aiutarti". Un ragazzo allora comprende che questo stare vicino a lui - che è volontariato - è proprio ciò che gli serve. E' una cosa molto bella, è certamente un regalo.
Al via oggi la 37.ma edizione del Giffoni Film Festival: protagonisti, come da tradizione, i giovani
◊ Coinvolgendo ragazzi dai 6 ai 19 anni, Giffoni in provincia di Salerno diventa da oggi e fino al 21 luglio, per la trentasettesima volta, la capitale divertente e colorata del cinema grazie al suo notissimo Film Festival: per dodici giorni, giurie di giovanissimi vedranno film, li giudicheranno, li premieranno, incontreranno attori e registi, si interrogheranno sui più attuali temi della vita e della società. Una grande festa, un impegno civile. Il servizio di Luca Pellegrini:
Giffoni: anche quest’anno il Festival del Cinema è un Festival dei grandi numeri: 2.000 giovanissimi giurati provenienti da 31 paesi del mondo, selezionati dopo aver vagliato ben 12.000 richieste, 600 famiglie impegnate nell’ospitalità, 64 opere in competizione, 54 fuori concorso. E’ un Festival di ospiti illustri e di impegno civile: Roman Polanski e Jim Caviezel, Gillian Anderson e Carlo Verdone, per avvicinare i ragazzi all’arte cinematografica e ad un uso sapiente e maturo della critica. Giffoni viene, quest’anno, simpaticamente descritta con un’immagine biblica dal suo direttore, Claudio Gubitosi: il Festival come una grande, coloratissima Arca di Noè. Gli abbiamo chiesto di spiegarne i motivi:
R. – Non deve sembrare irriverente questo paragone, ma mi sono guardato un po’ in giro negli ultimi tempi, e mi sembra che ci siamo tutti un po’ appiattiti e affoghiamo un po’ nella banalità e ho voluto, praticamente, fare di Giffoni qualcosa di diverso, già nella sua genetica, già nella sua storia e ho voluto mettere dentro, in quest’arca - in attesa non di un diluvio universale ma proprio per distaccarci da tutto quello che sembra appunto banale o appiattito - tanti valori. L’Arca di Giffoni è un’arca piena di ideali, di passioni, di impegno, ho voluto metterci le cose giuste, quelle che noi riteniamo giuste, fatte da autori che sono alle loro prime armi, dalla musica buona, dall’impegno sociale, un po’ tutto per dire: “Guardate, Giffoni è un’altra cosa!”.
D. - Sull’arca di Giffoni quale tema si propone quest’anno ai ragazzi?
R. – Ogni anno il tema segna un po’ la storia dell’edizione. Quest’anno abbiamo un tema veramente molto conflittuale: “Confini”. Anche qui bisogna meditare su un tema che è controverso e soprattutto particolarmente sensibile. Noi costruiamo i muri un po’ per tenere dentro delle persone e un po’ per tenerle fuori, ma quello che ci interessa di più è indagare i confini labili e liquidi, ad esempio quelli metaforici: che senso ha oggi parlare di confini tra infanzia ed età adulta in un mondo in cui sempre di più mi sembra che i bambini vengono chiamati a ruoli che non appartengono a loro tempo anagrafico? Ancora, che senso ha parlare di inizio dell’età adulta in una cultura occidentale che tiene i figli ben protetti, forse e perfino troppo a lungo? Questo è un po’ il segno che darà un tocco in più, una marcia in più, al festival.
Il neo eletto presidente del CELAM, mons. Raymundo Damasceno Assis, interviene sui lavori dell'Assemblea ordinaria del Consiglio Episcopale latino-americano e dei Caraibi
◊ Prosegue a Cuba l’assemblea ordinaria del Consiglio Episcopale Latino-Americano e dei Caraibi. "Il lavoro principale della nuova presidenza del CELAM è senza alcun dubbio quello di realizzare praticamente le conclusioni della conferenza di Aparecida". Così in sintesi, il neo eletto presidente del CELAM, mons. Raymundo Damasceno Assis, arcivescovo di Aparecida, si è espresso in un’intervista concessa a Zenit e pubblicata sul sito della Conferenza episcopale brasiliana. "Ho accolto con sorpresa l’elezione per un incarico come questo" ha detto monsignor Assis che martedì è stato eletto alla guida del CELAM. L’arcivescovo di Aparecida, la città che ha accolto la V Conferenza dell’episcopato latino-americano dei Carabi in maggio, parla in un’intervista concessa a Zenit, dei primi compiti che si presentano alla nuova presidenza del CELAM. "Centrale è realizzare le conclusioni della conferenza di Aparecida. Spetta ad ogni diocesi, ha spiegato il presule, elaborare le sue direttrici ispirate alla conferenza di Aparecida ma anche il CELAM pianificherà le attività secondo questa conferenza e darà il suo appoggio alle conferenze episcopali". A partire da oggi il presule ha detto che si comincerà a studiare la proposta della missione continentale. Ieri, nella seconda giornata di lavori dell’assemblea ordinaria, è stato eletto il nuovo segretario generale dell’organizzazione, mons. Víctor Sánchez, vescovo ausiliare dell’arcidiocesi di Messico e i delegati hanno lavorato nelle commissioni. (A cura di Debora Donnini)
La metropoli indiana di Mumbai ha ricordato ieri gli attentati ai treni. Il vescovo di Vasai rinnova l'invito al dialogo interreligioso per sconfiggere il terrorismo
◊ La città di Mumbai ha ricordato ieri il primo anniversario del violento attentato che l’11 luglio 2006 colpì diversi convogli di treni pendolari facendo 187 vittime. Sette bombe esplosero nell’arco di 15 minuti in differenti stazioni ferroviarie nell’ora di rientro dal lavoro. Oltre 700 persone rimasero ferite; dell’attacco la polizia indiana ritiene responsabile un gruppo terrorista affiliato al Lashkar-e-Toiba, che ha sede in Pakistan. Per ricordare il tragico evento, uno dei vagoni distrutti l’anno scorso, riparato e rimesso sulle rotaie, è partito dalla stazione di Churchgate alle 18.24, l’ora esatta in cui è avvenuta la prima deflagrazione. Cerimonie di commemorazione - scrive l'Agenzia AsiaNews - si sono svolte anche nelle altre 6 stazioni ferroviarie: dalla Mahim station – nel centro della città - fino alla Mira Road station - alla periferia ovest. I cittadini di ogni religione hanno reso omaggio alle vittime con fiori e accedendo candele. Mons. Thomas Dabre, vescovo di Vasai e presidente della Commissione episcopale per la dottrina e la teologia, ribadendo la “condanna di ogni atto terroristico” invita tutti i “leader religiosi ad unirsi alle proprie comunità ed insieme dialogare per rivelare il vero volto della religione, abusata invece dai terroristi”. Nelle bombe ai treni di Mumbai il vescovo ha perso 70 fedeli della sua diocesi e ne ha visti 200 feriti. “Mentre alcune ferite si rimarginano con il tempo – dice il presule – altre non potranno mai guarire del tutto, parlo delle ferite psicologiche dei sopravvissuti o di chi ha perso i propri cari”. “La religione – conclude – promuove la pace, mentre i terroristi la utilizzano per uccidere e chi ci va di mezzo sono sempre i più poveri, i semplici cittadini. Per questo noi, come guide religiose, abbiamo il dovere di denunciare in modo chiaro questi mezzi criminali e ingiustificabili”. (R.P.)
Iraq: un video sul sito ankawa.com per raccontare la persecuzione dei cristiani
◊ Un video di dieci minuti per raccontare le sofferenze e le persecuzioni che la minoranza cristiana irachena sta subendo da tempo. A diffonderlo il sito ankawa.com che per renderlo comprensibile ad un pubblico più vasto ha prodotto le didascalie e i testi delle immagini anche in inglese. Una sequenza di foto - riferisce l'Agenzia Sir - che racconta il calvario dei cristiani iracheni con un lungo elenco di chiese, santuari e conventi distrutti o danneggiati da autobomba a partire dal 2004 e con una altrettanto triste lista di sacerdoti rapiti (10) e uccisi (tre) dal 2006. Il video si apre con il volto di Cristo in croce, tratto dal film ‘The Passion’ e si chiude con una frase del Vangelo di Giovanni “Verrà l'ora in cui chiunque vi ucciderà crederà di rendere culto a Dio” (16,2). In Italia il sito Baghdadhope ha tradotto e adattato i testi e le didascalie anche in lingua italiana. Lo stesso sito rende nota la notizia del rapimento di un altro fedele cristiano, a Bakhdida, per il quale è già stato richiesto un riscatto. Ed è di questi giorni, infine, l'uccisione di due impiegati della sede diplomatica Usa a Baghdad, entrambi di fede cristiana. Un gruppo islamico radicale, definito Stato Islamico dell'Iraq, aveva annunciato l'esecuzione della coppia su un sito web e l'intenzione di "continuare ad uccidere i crociati, i loro impiegati e coloro che leccano loro le scarpe". (R.P.)
L’episcopato delle Filippine chiede al governo una revisione del sistema elettorale
◊ Si dovrebbero compiere seri sforzi nelle Filippine per depoliticizzare e rendere più competente e professionale la burocrazia: è quanto ha dichiarato l’arcivescovo di Jaro mons. Angel Lagdameo che insieme agli altri vescovi delle Conferenza episcopale chiede al governo di attuare una modernizzazione del sistema elettorale per le elezioni del 2010. Tale modernizzazione, secondo SAR News, aprirebbe una via verso la pace, come sostiene il presidente della Conferenza episcopale. Nelle Filippine, ricorda l’agenzia Fides, si sono svolte elezioni locali e nazionali il 14 maggio, in un clima caratterizzato da violenze, omicidi, frodi e irregolarità. I voti vengono controllati e contati manualmente con un procedimento che impiega un mese prima che si arrivi ad annunciare i risultati finali. In questo frattempo c’è ampia possibilità di brogli. I sette membri della Commissione per le elezioni (Comelec) possono divenire i catalizzatori del rinnovamento dell’istituzione; scelti dal presidente per sette anni, possono essere rimossi dall’ufficio solo attraverso un impeachment o dimissioni spontanee. Durante le ultime elezioni il Comelec aveva soltanto tre membri per seguire le votazioni. La richiesta al governo da parte dei vescovi filippini è maturata nel corso della 95.ma Assemblea plenaria della Conferenza episcopale, durante la quale i vescovi hanno segnalato il persistente potere di poche famiglie o clan nella politica delle Filippine, notando un aumento della loro influenza. I presuli sperano e pregano che le norme per il completamento della Commissione per le elezioni siano approvate al più presto per fermare questo malessere. Gruppi di controllo sulle votazioni come il PPCRV, il Consiglio pastorale delle parrocchie per la responsabilità di chi vota, sostenuto dalla Chiesa cattolica, il Movimento nazionale per le elezioni libere (NAMFREL) e il Segretariato nazionale per l’azione sociale (NASSA), hanno lavorato insieme per assicurare la regolarità delle elezioni. Oggi si riconoscono comunque i segni di una maggiore maturità tra i votanti, tanto che la Conferenza Episcopale ha dichiarato che le ultime elezioni, nella globalità, nonostante gli avvenimenti e le profonde mancanze, sono state un successo, in quanto i risultati riflettono la volontà popolare. (T.C.)
Nascerà a Colombo, nello Sri Lanka, una nuova università cattolica gestita dai domenicani
◊ La Provincia domenicana delle Filippine sta per aprire una Università Cattolica a Colombo. L’obiettivo è quello di offrire maggiore qualità formativa agli studenti di tutte le religioni dello Sri Lanka. L’avvio dell’università, scrive l’agenzia Fides, farà capo al Collegio San Tommaso di Manila, una delle istituzioni asiatiche più antiche che celebrerà 400 anni nel 2011. Come riferisce una nota di SAR News, i domenicani sono presenti in Sri Lanka, Paese prevalentemente buddista, già dalla fine del XVI secolo. La giurisdizione territoriale della Provincia domenicana delle Filippine comprende, oltre alle Filippine, anche l’Indonesia e lo Sri Lanka. Attualmente i domenicani operano in Asia anche in Iraq, Pakistan, India, Vietnam, Hong Kong, Taiwan, Corea del Sud, Giappone, Tailandia e Cina centrale. Fondato da San Domenico de Guzman nel 1215, l’Ordine dei domenicani è presente oggi in 92 nazioni. (T.C.)
Leader cristiani ed ebrei hanno ricordato in Svizzera la “Dichiarazione di Seelisberg"
◊ È stato solennemente commemorato, nei giorni scorsi, dai leader delle Chiese cristiane elvetiche e dalla Federazione delle comunità israelite svizzere (FSCI), l’incontro fra cristiani ed ebrei a Seelisberg, in Svizzera, nell’estate del 1947. In quell’incontro, per la prima volta, si discusse delle radici cristiane dell’anti-giudaismo e dell’influenza di quest’ultimo nella Shoah. Frutto della conferenza voluta dall’Amicizia internazionale ebraico-cristiana con il convinto sostegno di eminenti personalità cattoliche come Jacques Maritain, fu una Dichiarazione che, in 10 punti, invitava le Chiese a riconsiderare tutti quegli elementi della loro predicazione che potevano, anche involontariamente, aver contribuito ad alimentare l’anti-semitismo. Lo storico evento, ha influenzato il mutamento della coscienza ecclesiale nei rapporti tra cristiani ed ebrei fino alla grande svolta del Concilio. La celebrazione dei giorni scorsi è stata un’occasione per confermare i solidi rapporti di stima e amicizia che legano oggi cristiani ed ebrei in Svizzera e più in generale la volontà di collaborazione in una fase storica di rinascente conflittualità interreligiosa e di risorgente anti-semitismo nel mondo. Proprio per ribadire questo impegno, la Conferenza dei vescovi svizzeri (CES), la Federazione delle Chiese protestanti della Svizzera (Feps) e la Fsci hanno voluto firmare una nuova “Dichiarazione comune sull’importanza della collaborazione tra cristiani ed ebrei”. Nel documento viene sottolineata anche l’importanza del ruolo svolto in questo senso dal Consiglio svizzero delle religioni (CSR), costituito poco più di un anno fa come luogo istituzionale di dialogo e di incontro dei leader cristiani, ebrei e musulmani del Paese, ma anche come interlocutore delle autorità elvetiche in materia di politica religiosa. (L.Z.)
L'incontro dei giovani a Loreto con il Papa il 1° e 2 settembre prossimi sarà anche un evento ecologico
◊ Dalla torcia elettrica funzionante a manovella al telo in nylon riciclato, dalle posate in materiale compostabile alla raccolta differenziata dei rifiuti. L’incontro dei giovani a Loreto del 1° e 2 settembre sarà “un evento rispettoso del Creato e capace di aiutare le nuove generazioni ad individuare comportamenti e stili di vita efficaci per la tutela dell’ambiente”. Lo ha ribadito ieri mons. Paolo Giulietti, responsabile del Servizio nazionale Cei per la pastorale giovanile (Snpg), presentando alla stampa l’appuntamento di Loreto con il Papa. La coincidenza tra questo incontro con la II Giornata nazionale per la salvaguardia del Creato, ha indotto gli organizzatori ad adottare particolari attenzioni educative e logistiche, per renderlo un evento ecologico. “Il messaggio di Loreto per la salvaguardia del Creato – ha spiegato mons. Giulietti - sarà affidato non tanto alle parole, quanto ai gesti che i giovani faranno e alle cose che utilizzeranno”. Cinque le strategie “ecologiche” messe in atto: riutilizzo, l’uso di materiali ecologici, raccolta differenziata dei rifiuti, l’azzeramento delle emissioni di anidride carbonica CO2 e le iniziative educative. “A Loreto – ha detto mons. Giulietti - verranno forniti oggetti riutilizzabili anche nella vita ordinaria. E’ il caso della sacca del pellegrino, della torcia elettrica che può diventare anche un carica-cellulare o dei contenitori dei pasti da usarsi anche come borsa termica”. Per azzerare il quantitativo di CO2 immesso nell’atmosfera dall’evento di Loreto, in collaborazione con la società Azzero CO2, sponsor dell’incontro, verranno piantumati nella Regione Marche 15.000 alberi, altri 225 verranno donati alle 225 diocesi italiane. “A fianco di questi gesti concreti – ha concluso il responsabile del Snpg - sono previste anche delle iniziative educative come il pellegrinaggio per l’acqua, 300 chilometri a piedi dalla Toscana a Loreto, per sensibilizzare sul tema dell’acqua e la “fontana per la salvaguardia del Creato”, otto spazi di incontro per i giovani dedicati all’ambiente. (R.P.)
Padre Rino Benzoni rieletto superiore generale dei missionari saveriani
◊ Il XV Capitolo generale dei missionari saveriani, che si sta svolgendo in questi giorni a Tavernerio, in provincia di Como, ha eletto martedì scorso la nuova direzione generale della Congregazione. Padre Rino Benzoni e padre Luigi Menegazzo sono stati confermati rispettivamente superiore generale e vicario generale per il secondo sessennio. Nuovi consiglieri generali sono, l’italiano padre Carlo Girola, il messicano padre Armando Germán e il congolese padre Katindi Ramazani. La nuova direzione generale dei saveriani rispecchia l’arricchimento del carisma missionario del fondatore, il beato Guido Maria Conforti; i religiosi che fanno parte del consiglio generale provengono infatti da diversi continenti, rinnovando così il volto della Congregazione che si ispira al grande missionario dell’Asia, San Francesco Saverio. Al Capitolo generale dei missionari saveriani stanno prendendo parte 42 delegati provenienti da venti nazioni di quattro continenti, dove vivono e lavorano i saveriani. “Per quanto riguarda la missione, dobbiamo guardare al nuovo che avanza, più che al vecchio che viene meno – ha detto padre Benzoni – la chiesa è giovane perché lo Spirito la mantiene giovane. Perciò penso che le sfide non devono farci paura”. (T.C.)
L'esperienza missionaria di cento giovani della diocesi di Genova
◊ Sono un centinaio i giovani della Diocesi di Genova che quest'estate vivranno l'esperienza della vita missionaria. Il primo gruppo, partito questa settimana, scrive l'Agenzia Sir, è diretto in Perù mentre gli altri sette gruppi si recheranno nelle due missioni diocesane di Cuba e Santo Domingo ed ancora in Brasile, Congo e Burundi; Paesi nei quali sono presenti missioni rette da religiosi e sacerdoti genovesi. “Siamo molto contenti - ha spiegato il vice direttore dell'ufficio missionario diocesano don Francesco Di Comite – perché quest'anno, per la prima volta, siamo riusciti a sostenere e ad accontentare un così elevato numero di ragazzi”. “Sarà molto bello per i nostri ragazzi vedere che la Chiesa è ovunque e come altre persone ed altre culture vivono la loro fede in una realtà sociale così diversa dalla nostra” ha aggiunto don Roberto Fiscer. “Iniziative come queste – ha aggiunto – servono più per 'prendere' che per 'dare'. Si torna più arricchiti di quando si è partiti”. L'arcivescovo di Genova mons. Angelo Bagnasco, che ha incontrato i ragazzi alcuni giorni fa e ha donato loro un rosario, li ha invitati a “vivere due settimane in missione per tornare a Genova a testimoniare Cristo, con rinnovato slancio, nella quotidianità”. All'iniziativa ha dato un sostegno economico anche la Regione Liguria. (R.P.)
Ha 39 anni ed è stato ordinato nell’arcidiocesi di Seoul il primo sacerdote sordo della Chiesa asiatica
◊ È stato ordinato il 6 luglio scorso a Seoul, insieme ad altri 38 sacerdoti, padre Benedetto Min-Seo Park, sordo dall’età di due anni. La liturgia è stata presieduta dal cardinale Nicholas Cheong Jinsuk, arcivescovo di Seoul, e a concelebrare con lui c’erano circa 400 sacerdoti, oltre a 15 mila fedeli che hanno gremito il Ginnasio Olimpico Jamsil. Tra di loro molti sordi e muti che hanno partecipato alla Messa seguendo la traduzione simultanea nel linguaggio dei segni. Padre Benedetto è il primo sacerdote sordo della Chiesa di Corea e di tutta l’Asia. “I miei genitori piangevano spesso – ha commentato al termine della cerimonia il neosacerdote che perse l’udito a causa di una reazione inattesa a un farmaco – perché sono rimasto sordo a causa di un loro errore. Però Dio ha mostrato l’amore attraverso di loro e la forza di questo amore mi ha permesso di superare tutte le difficoltà nei miei anni di studio all’estero”. Padre Min-Seo Park, infatti, con l’aiuto di un sacerdote figlio di genitori sordi e muti, terminato il liceo per sordi in patria, ha frequentato la facoltà di filosofia presso la Galaudette University di New York, prima di entrare al St. Joseph Seminary di New York e, successivamente alla St. John University. Dopo dieci anni negli Stati Uniti, nel 2004 è tornato in Corea per continuare gli studi di preparazione al sacerdozio nel seminario di Seoul. “Spero che la mia ordinazione sacerdotale – ha detto sorridendo il più anziano dei nuovi sacerdoti della chiesa coreana, con i sui 39 anni – non sia solo la mia gioia personale, ma sia anche la gioia per tutti i disabili come me. Lavorerò con sordi e muti e allo stesso tempo vorrei essere un prete al fianco dei poveri e degli emarginati”. (T.C.)
Distrutte in Angola, in 12 mesi, più di 320 armi e 281 tonnellate di ordigni inesplosi
◊ Grazie ad un programma statunitense per la distruzione di armi nel mondo messo in atto in Angola da vari organismi non governativi, negli ultimi 12 mesi sono state eliminate oltre 320 armi di piccolo taglio e 281 tonnellate di ordigni inesplosi. Impegnata a far superare agli angolani il conflitto civile che tra il 1975 e il 2002 ha causato circa mezzo milione di morti, di cui 80 mila a causa di ordigni inesplosi, anche la “Halo Trust”. L’organizzazione, riferisce l’agenzia MISNA, ha iniziato a lavorare per l’annientamento dell’arsenale angolano nel 2005, con un progetto da 1,2 milioni di dollari. L’anno scorso l’ong inglese - coadiuvata dall’Undp (Programma dell’ONU per lo sviluppo) e da altri organismi - ha distrutto 17.849 armi di piccolo taglio, 527 bombe e 44 missili a media e lunga gittata. Non è ancora chiaro quante siano le mine disseminate in Angola, ma stime ritenute credibili parlano di almeno 15 milioni su una popolazione di circa 10 milioni di persone. Vittime delle mine sono stati soprattutto ribelli e militari ma anche civili, donne e purtroppo anche molti bambini. (T.C.)
È l’Algeria ad ospitare la IX edizione dei Giochi africani che vede protagonisti 9 mila atleti
◊ È iniziata ieri e proseguirà fino al 23 luglio la IX edizione degli ‘All Africa Games’. Dopo 24 anni ad ospitare i Giochi africani è ancora l’Algeria dove si sono ritrovati oltre 9 mila atleti provenienti da 47 Paesi africani per sfidarsi in 27 diverse discipline sportive. Definendola “una grande festa per la famiglia africana”, riferisce l’agenzia MISNA, il presidente del comitato organizzatore, Yefsah Djaffar, ha sottolineato l’impegno della manifestazione “in favore degli sportivi e nella lotta al doping”. Sono oltre quaranta le località algerine che accoglieranno gli eventi sportivi, prima fra tutti la capitale Algeri, la cui cittadella olimpica ha subito per l’occasione un’ampia ristrutturazione, e che accoglierà nello stadio ‘5 luglio’ le prove di atletica e la finale del torneo di calcio. Ospiteranno poi gare sportive Blida, Boumerdes e Tipasa. Il governo algerino ha speso complessivamente circa 100 milioni di dollari per rinnovare otto villaggi destinati agli atleti. Un migliaio di algerini e 450 giornalisti stranieri sono stati accreditati per seguire la manifestazione che due anni fa si svolse ad Abuja, in Nigeria. A tre giorni dalla fine dei Giochi Africani, Algeri ospiterà anche i Giochi afro-asiatici, previsti dal 26 luglio al 4 agosto. In seguito all’attentato di ieri a Lakhdaria, nella regione orientale della Cabilia - con un bilancio di otto militari uccisi e una trentina di feriti - sono state aumentate le misure di sicurezza sia nella capitale che in altre località. (T.C.)
Dopo il sanguinoso assalto alla Moschea Rossa di Islamabad, Al Qaeda minaccia il presidente pakistano Musharraf - I musulmani di Bosnia commemorano le oltre 8 mila vittime della strage di Srebrenica: ancora latitanti i responsabili, Mladic e Karadzic
◊ Si è conclusa con un pesantissimo tributo di sangue l’occupazione della Moschea Rossa di Islamabad, in Pakistan. In otto giorni di combattimenti tra esercito e studenti coranici filo-talebani, i morti sono stati almeno 106. Intanto, in un nuovo video, il numero due di Al Qaeda, al Zawahiri, ha esortato i musulmani a una vendetta contro il presidente pakistano, Musharraf. Da parte sua, il capo di Stato ha fatto sapere che rivolgerà questa sera un discorso alla nazione, con cui presenterà una “nuova strategia” contro l'estremismo.
- Scontri a fuoco in corso intorno al campo profughi di al-Bureji, nella parte centrale della Striscia di Gaza, dove questa mattina un soldato israeliano è rimasto ucciso e altri due feriti. Le brigate Ezzedin al Qassam, braccio armato di Hamas, hanno dichiarato che la pattuglia israeliana è saltata su una mina piazzata dai miliziani a protezione del campo, mentre almeno quattro palestinesi della Jihad islamica risultano feriti.
- In Iraq, cinque miliziani che stavano piazzando una bomba su una strada nella città meridionale di Diwaniya sono morti in un attacco aereo americano. Lo ha annunciato una fonte militare, secondo cui i cinque erano membri dell'Esercito del Mahdi, del leader radicale sciita, Moqtada al Sadr. Fonti ospedaliere parlano anche di cinque civili uccisi nel raid. Sempre nella mattinata, un kamikaze in bicicletta si è fatto esplodere nel cortile del centro di reclutamento della polizia a sud di Falluja, uccidendo una giovane recluta e ferendone altre sei.
- In Afghanistan, sei poliziotti sono morti nella deflagrazione di una bomba al passaggio del loro veicolo. Il mezzo faceva parte di un convoglio guidato da forze americane, nella provincia sud orientale di Khost. In diversi attacchi delle forze di coalizione nel sud del Paese, poi, hanno perso la vita almeno 36 sospetti ribelli talebani. Sempre nel sud, ucciso anche un soldato NATO, di cui non si conosce la nazionalità.
- Al Qaeda è tornata forte come nel 2001, pronta a nuovi, micidiali attentati. Lo sostiene un Rapporto dell’intelligence americana che verrà discusso oggi al Congresso. La capacità operativa della rete di Osama bin Laden sarebbe tornata al livello che permise le stragi dell'11 settembre. La nuova valutazione di rischio indica che Al Qaeda ha potuto rigenerarsi, malgrado quasi sei anni di guerre e altre offensive.
- Un aereo della American Airlines, in volo da Los Angeles a Londra, è stato fatto atterrare a New York dopo un allarme-terrorismo, dovuto probabilmente a un malinteso. Lo ha riferito la CNN.
- Il braccio di Al Qaeda nel Maghreb ha rivendicato il sanguinoso attentato di ieri nella provincia di Cabila, nell’Algeria orientale. Un kamikaze al volante di un camion-bomba si è fatto saltare in aria in una caserma locale. Il bilancio delle vittime è di 10 morti e 35 feriti.
- I colloqui a sei sul nucleare nordcoreano riprenderanno il 18 luglio a Pechino. Lo ha annunciato il ministero degli Esteri cinese. La Corea del Nord, che a febbraio aveva accettato di chiudere il suo impianto nucleare di Yongbyon in cambio di forniture di petrolio, aveva poi rinviato la ripresa dei negoziati a sei, a causa di difficoltà insorte nel recuperare 25 milioni di dollari da una banca di Macao, benché fossero stati scongelati nel quadro dell’accordo di febbraio. Pyongyang è rientrata in possesso della somma a fine giugno.
- Medio Oriente e Africa in primo piano ieri a Londra, nell’incontro tra il neo premier, Gordon Brown, e il segretario generale dell’ONU, Ban Ki-moon. Dalla capitale britannica, Sagida Syed:
Il Regno Unito e l’ONU si impegnano ad intervenire direttamente in Darfur se il Sudan si rifiuterà di collaborare con la Comunità internazionale. A dichiararlo sono stati il primo ministro britannico, Gordon Brown, e il segretario dell’ONU, Ban Ki-moon, al termine dei colloqui bilaterali ieri a Downing Street. I due leader hanno aggiunto che moltiplicheranno gli sforzi per portare la pace nella ragione, creando se necessario un organo di peace-keeping con forze dell’ONU e dell’Unione Aafricana. Ban Ki-moon ha discusso poi con il premier britannico la situazione in Medio Oriente, i cambiamenti climatici e la cancellazione dei debiti ai Paesi africani. Argomenti che ha affrontato anche davanti alla platea dell’Istituto degli Affari Internazionali a Londra, durante la sua breve visita alla capitale britannica, sottolineando che l’ONU è il palcoscenico migliore per affrontare grandi problemi che affliggono il mondo. Nel rispetto dei tre principali fondamenti delle Nazioni Unite - la pace, lo sviluppo e i diritti umani - Ban Ki-moon ha sottolineato che il Darfur, la crisi israelo-palestinese e la guerra in Iraq, hanno la priorità nella sua agenda e che i leader attuali devono assumersi la responsabilità di risolvere le crisi politico-militari per potersi concentrare su altri problemi di scottante attualità, come il riscaldamento del globo. (Da Londra per la Radio Vaticana, Sagida Syed)
- Conclusa a Mosca la conferenza internazionale sul terrorismo e sulla criminalità organizzata: allargare la cooperazione tra le polizie, unico modo per limitare gli attentati nei grandi centri urbani. Il servizio di Giuseppe D’Amato:
“Grazie ai colleghi americani per averci informato di un attentato in preparazione qui, in occasione del 9 maggio”: questa la rivelazione a sorpresa del generale Pronin, capo della Polizia di Mosca. Esperti, politici e responsabili della sicurezza provenienti da sette Paesi dell’Europa centro orientale, si sono confrontati per due giorni. “La criminalità non conosce confini – affermano gli organizzatori dell’evento – e queste occasioni sono necessarie per i contatti personali, per la cooperazione e per una sicurezza migliore per tutti”. Grande attenzione è stata rivolta al terrorismo di stampo religioso ed i russi hanno raccontato della loro esperienza al Teatro della Dubrovka, della scuola di Beslan e delle operazioni Cecenia. I parlamenti tedeschi presenti hanno sottolineato l’importanza del controllo dell’operato delle Forze dell’Ordine da parte degli organi competenti. Allargare la base informativa di Schengen anche ad altri Paesi che non fanno parte dell’UE è stata una delle proposte. (Da Mosca, per la Radio Vaticana, Giuseppe D’Amato)
- Circa 30 mila musulmani si sono riuniti ieri a Srebrenica, in Bosnia, per il 12.mo anniversario del massacro compiuto dalle truppe serbo bosniache durante la guerra degli anni ‘90 nella ex Jugoslavia. Il servizio di Emiliano Bos:
Ancora inumazioni, altri 465 corpi finalmente messi a riposo nelle file di tombe, con la mezzaluna verde, scavate nel Memoriale di Potocari. Proprio qui, alle porte di Srebrenica, nel luglio del 1995, le milizie di Ratko Mladic, accusato di crimini di guerra ma ancora latitante, prelevarono ottomila maschi musulmani tra i 13 e i 77 anni: furono uccisi, i loro resti dispersi in oltre 60 fosse comuni. L’ultima, ritrovata in questi giorni, con i brandelli di una quarantina di vittime; altre tremila in totale, identificate grazie all’esame del Dna, hanno ottenuto una degna sepoltura nel grande Cimitero della Memoria alle porte di Srebrenica, inaugurato nel 2003. Lì, ieri, si sono riuniti i sopravissuti, i famigliari delle vittime, le autorità locali ma non quelle dell’entità dei serbi di Bosnia; presenti anche Carla Del Ponte, procuratore capo di quel Tribunale per l’ex Jugoslavia, che ha definito “genocidio” il massacro di Srebrenica, in attesa che vengano catturati il responsabile politico dell’eccidio Radovan Karadzic e quello militare Ratko Mladic. (Per la Radio Vaticana, Emiliano Bos)
- La Banca centrale europea (BCE) “esprime preoccupazione riguardo alle pressioni esercitate in diversi Paesi per allentare gli obiettivi di risanamento delle finanze pubbliche stabiliti in precedenza”. Nel consueto Bollettino mensile, la BCE ribadisce come, “nell'attuale contesto economico complessivamente propizio, è indispensabile che tutti i governi rispettino le disposizioni del Patto di Stabilità e Crescita sul riequilibrio dei conti pubblici in periodi economici favorevoli, e tengano fede agli impegni assunti alla riunione dell'Eurogruppo dello scorso 20 aprile a Berlino”.
- In Italia, governo battuto al Senato sulla riforma dell'ordinamento giudiziario. Con 157 voti contro 154 l'Aula di Palazzo Madama ha approvato, nonostante il parere contrario dell'esecutivo, un emendamento del senatore della Margherita, Roberto Manzione, sul quale era confluito il sì del centrodestra. L'emendamento stabilisce un giro di vite alle regole per il passaggio di funzioni dei magistrati.
- Somalia: bombardato, questa notte, il palazzo presidenziale di Mogadiscio: almeno quattro i morti. L’attacco è avvenuto poche ore dopo la visita di una delegazione di alto livello dell’Unione Europea, che aveva espresso ottimismo sulla Conferenza di riconciliazione somala, prevista per domenica. (A cura di Roberta Moretti e Beatrice Bossi)
Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LI No. 193
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