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SOMMARIO del 09/07/2007

Il Papa e la Santa Sede

  • Festosa accoglienza per Benedetto XVI, giunto a Lorenzago di Cadore per il suo soggiorno estivo. Il Papa: "Penso ogni giorno a padre Bossi"
  • Nomine
  • Un documento che richiama all’unità della fede e guarda con speranza al futuro: la riflessione del teologo Bux e dello storico Cardini sul Motu Proprio di Benedetto XVI sull’uso del Messale Romano del 1962
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • Il PIME in dubbio sulla matrice degli estremisti islamici dietro il rapimento di p. Bossi nelle Filippine
  • L'Agenzia per l'energia atomica prepara una missione in Corea del Nord per sovrintendere allo smantellamento degli arsenali nucleari
  • La Giornata internazionale contro le armi leggere, "piaga" che causa decine di migliaia di vittime l'anno. Intervista con don Fabio Corazzina
  • Alla Settimana musicale senese, in scena al Teatro Rozzi, "La madre del mostro" di Fabio Vacchi: riflessione sul degrado dei legami familiari
  • Chiesa e Società

  • L’Agorà di Loreto un invito per tutti: così mons. Betori al pellegrinaggio sull’Adamello, in preparazione all’incontro di settembre con Benedetto XVI
  • Mons. Sako: no alla violenza in Iraq attraverso un clero più attento alla società moderna e governi che rispettino i diritti umani
  • I caldei iracheni hanno un nuovo sacerdote: a Baghdad, 59 bambini hanno ricevuto la Prima Comunione
  • Per promuovere il dialogo interreligioso, rappresentanti di varie confessioni hanno visitato insieme diversi luoghi di culto della Corea del Sud
  • In Vietnam, fervono i preparativi per i pellegrinaggi di agosto al Santuario della Madonna di La Vang
  • Chrysostomos II: consentiteci di restaurare le chiese dei territori controllati di Cipro
  • Venezuela: le sfide del relativismo e della secolarizzazione fra i temi del XXIX Corso per formatori dei Seminari maggiori latinoamericani
  • Per il suo impegno sociale e la promozione del dialogo interreligioso la Comunità di Sant’Egidio riceverà domani “La Menorah d’oro"
  • La Congregazione delle Suore Missionarie del Sacro Costato e di Maria SS.ma Addolorata ha eletto madre Fides Sebis nuova superiora generale
  • Alla Cittadella di Assisi, rinnovate le cariche della Pro Civitate Christiana
  • 24 Ore nel Mondo

  • In Pakistan, il presidente Musharraf ha prorogato l'ultimatum per continuare a trattare con i ribelli asserragliati nella Moschea rossa - Finalmente libera la bambina britannica rapita giovedì scorso in Nigeria
  • Il Papa e la Santa Sede



    Festosa accoglienza per Benedetto XVI, giunto a Lorenzago di Cadore per il suo soggiorno estivo. Il Papa: "Penso ogni giorno a padre Bossi"

    ◊   Comincia oggi il periodo di riposo estivo di Benedetto XVI a Lorenzago di Cadore, nella casa della Diocesi di Treviso, adiacente al Castello di Mirabello. Il Santo Padre resterà a Lorenzago fino al prossimo 27 luglio. “L’aria di montagna - ha detto ieri il Papa prima della recita dell’Angelus - mi farà bene e potrò dedicarmi liberamente alla riflessione e alla preghiera”. Il servizio di Amedeo Lomonaco:


    Dopo aver trascorso i due precedenti periodi di risposo a Les Combes, in Valle d’Aosta, Benedetto XVI si reca quest’anno in Cadore, nel ventennale della prima visita di Giovanni Paolo II. Il Santo Padre, che soggiornerà nella stessa villetta dove è stato più volte ospitato Giovanni Paolo II, ha lasciato il Vaticano alle 10 di questa mattina. L’aereo, partito poco dopo dallo scalo romano, è poi atterrato verso le 11.20 all’aeroporto di Treviso-Istrana. All’arrivo in Veneto, Benedetto XVI è stato accolto da mons. Andrea Bruno Mazzocato, vescovo di Treviso, da Giancarlo Galan, presidente della regione Veneto, da altre autorità civili e da oltre duemila persone. Il Papa è poi arrivato, dopo un trasferimento in elicottero, a Lorenzago di Cadore dove è stato salutato, tra gli altri, da mons. Giuseppe Andrich, vescovo di Belluno-Feltre e da Mario Tremonti, sindaco di Lorenzago. Hanno accolto il Papa anche centinaia di residenti, molti villeggianti e bambini delle scuole locali. Parlando con i giornalisti, il Santo Padre ha detto che il suo pensiero “va ogni giorno a padre Bossi”, il missionario italiano rapito lo scorso 10 giugno nelle Filippine.

     
    Benedetto XVI resterà a Lorenzago fino al prossimo 27 luglio, per quando è previsto il rientro a Castel Gandolfo. Durante questo periodo, sono sospese le udienze generali dei mercoledì 11, 18 e 25 luglio e tutte le udienze private. Per quanto riguarda l’Angelus, il Papa reciterà la preghiera mariana domenica 15 luglio dalla residenza del Castello di Mirabello e domenica 22 luglio nella Piazza Calvi di Lorenzago. Ieri, all'Angelus, Benedetto XVI ha augurato a tutti “di poter fare un po’ di vacanza per ritemprare le energie fisiche e spirituali” e ha sottolineato come la montagna evochi “l’ascesa dello spirito verso l’alto, l’elevazione verso la misura alta della nostra umanità”. Una misura, ha aggiunto, “che purtroppo la vita quotidiana tende ad abbassare”.

    Per i particolari sull’arrivo di Benedetto XVI a Lorenzago di Cadore, ascoltiamo l’inviato del quotidiano ‘Avvenire’ a Lorenzago di Cadore, Salvatore Mazza, al microfono di Amedeo Lomonaco:


    R. - E’ stata un’accoglienza molto calorosa. D’altra parte, Benedetto XVI è la prima volta che viene qui. Il Papa ha anche avuto modo di scambiare battute sia con i bambini che con i giornalisti presenti, che gli hanno chiesto anche se avesse un programma di lavoro particolare, se avesse qualche Enciclica in preparazione: il Papa ha risposto “vediamo, eventualmente”. Il che significa che, comunque, come sempre, questo è sì per lui un momento di riposo, ma anche un periodo di lavoro, di studio e di riflessione.

     
    D. - Quale atmosfera si respira in particolare a Lorenzago?

     
    R. - E’ un'atmosfera molto festosa. Un Papa, il Papa, mancava qui dal ’98, quando venne per l’ultima volta Giovanni Paolo. Per quasi 10 anni, si è aspettato e sperato che il Papa potesse tornare qui a riposarsi. Veder realizzato il desiderio degli abitanti del posto è stato per loro veramente un momento di grande gioia. C’è tutto il paese imbandierato, tutte le finestre sono piene di fiori: è chiaro che hanno voluto manifestare anche esteriormente la gioia per questo ritorno.

     
    D. - La natura e la montagna sono alcune delle straordinarie cornici della zona di Lorenzago. Dunque, un periodo, come quelli degli scorsi anni in Valle d’Aosta, all’insegna del riposo, delle passeggiate, nella cornice di paesaggi straordinari...

     
    R. - I paesaggi di queste zone sono notoriamente fra le località più belle delle Alpi. Sono stati preparati qui intorno dei sentieri in modo che il Papa possa, quando vuole, passeggiare liberamente senza essere disturbato e in completa tranquillità.

     
    D. - Quali sono le persone che hanno seguito Benedetto XVI in questo soggiorno estivo?

     
    R. - C’è il suo segretario, don Georg Genswein, e il medico, il dottor Renato Buzzonetti. E per l’occasione, è tornato anche Angelo Gugel, che è stato il suo cameriere privato nei primissimi tempi del suo Pontificato. Ci sono poi gli uomini della Vigilanza, la Polizia, ci sono le memores domini che lo accudiscono anche in Vaticano e che cucineranno per lui. Si tratta diciamo dell’ambiente della sua famiglia più stretta, che lo segue anche in questa occasione.

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    Nomine

    ◊   A Cuba, Benedetto XVI ha nominato vescovo di Cienfuegos il sacerdote Domingo Oropesa Lorente, del clero dell’arcidiocesi di Todelo, in Spagna, finora parroco di “Nuestra Señora del Carmen” in Florida, arcidiocesi cubana di Camagüey. Il neo presule, 56 anni, ha frequentato a Barcellona la Facoltà di Psicologia. Più tardi, nel Seminario maggiore arcivescovile di San Idelfonso di Toledo ha compiuto gli studi di Filosofia e Teologia. Dopo l'ordinazione, ha svolto il ministero di parroco, di sacerdote fidei donum per l’arcidiocesi di Camagüey, dove ha svolto le funzioni di amministratore e primo parroco di “El Sagrato Corazón de Jesús” in Céspedes.

    Sempre a Cuba, il Papa ha nominato vescovo di Santísimo Salvador de Bayamo y Manzanillo il sacerdote Álvaro Julio Beyra Luarca, del clero dell’arcidiocesi cubana di Camagüey, finora parroco di “Nuestra Señora de la Caridad” di Nuevitas. Mons. Beyra Luarca ha 62 anni e prima di entrare in Seminario ha conseguito la Laurea in Ingegneria Agronoma presso l’Università di Camagüey. Come laico è stato direttore della Rivista diocesana “Enfoque” e presidente del Segretariato diocesano per la cultura di Camagüey. Entratro nel Seminario Maggiore “San Carlos y San Ambrosio” di La Habana, è stato successivamente inviato all’Università di Lovanio in Belgio per terminare gli studi di Teologia. Dopo l'ordinazione sacerdotale, ha svolto gli incarichi pastorali di coadiutore ad universam causarum della parrocchia di “Nuestra Señora de la Caridad” di Nuevitas, e di parroco.

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    Un documento che richiama all’unità della fede e guarda con speranza al futuro: la riflessione del teologo Bux e dello storico Cardini sul Motu Proprio di Benedetto XVI sull’uso del Messale Romano del 1962

    ◊   Il Motu Proprio Summorum Pontificum di Benedetto XVI va accolto in maniera molto favorevole da tutti, poiché si tratta non di un provvedimento restrittivo, ma di un vero “allargamento” delle possibilità, secondo l’ormai nota linea ratzingeriana dell’“allargamento della ragione”. E’ quanto sottolinea l’agenzia Fides a proposito del documento sull’uso del Messale Romano del 1962, pubblicato sabato scorso. Intanto, soddisfazione per il Motu proprio viene espressa dalla Chiesa indiana. L’arcivescovo di Mumbai, Oswald Gracias, ha dichiarato all’agenzia AsiaNews che il documento viene “incontro alle necessità pastorali della comunità” e mette a disposizione della Chiesa “tutti i tesori della liturgia latina”. Per un approfondimento sul significato del Motu Proprio, Alessandro Gisotti ha intervistato il teologo don Nicola Bux, vicepreside dell’Istituto ecumenico “San Nicola” della Pontificia Università San Tommaso:


    R. - L’aspetto più qualificante è il richiamo all’unità della fede nella molteplicità, nella varietà, delle forme della preghiera. Credo che questo sia un dato di fatto che forse pochi notano.

     
    D. - Peraltro un Messale, quello del 1962, mai abrogato come il Papa stesso ha sottolineato. Eppure molti giornali, perfino prima della pubblicazione del Motu Proprio, hanno titolato: “La Chiesa torna indietro”, “Negazione del Concilio”. Cosa ne pensa?

     
    R. - I Libri Liturgici non sono mai abrogati. Questa parola “abrogato” riguarda il diritto, non riguarda la liturgia. Quindi sono “re-innovati”, si parla di “renovatio”. Ora si sa che la renovatio fa parte del processo fisiologico di formazione dei Libri Liturgici, per esempio gli antichi Sacramentari Romani, notoriamente conoscono nel tempo diverse edizioni senza che per questo l’una abroghi l’altra. Faccio un altro esempio: se il Sacramentario Gregoriano o il messale di San Pio V fossero stati abrogati, come si sarebbe potuto attingere ad essi per la renovatio dei Libri Liturgici? La parola novus significa semplicemente ultimo.

     
    D. - Cosa rispondere a quei fedeli che non comprendono appieno il significato di questo Motu proprio?

     
    R. - Per comprendere bisogna leggere, perché si sa che l’ignoranza è la madre dei pregiudizi in tutte le cose. Bisogna leggere attentamente sia il testo che la Lettera, che aiuta in qualche modo a capire il contesto. Naturalmente, se ciò risultasse arduo nella comprensione, si può certamente ricorrere ai vescovi e ai pastori che faranno la loro opera per far comprendere proprio quello che dicevo all’inizio e cioè che l’unica fede ha diverse forme di preghiera. D’altronde, anche oggi si assiste normalmente alla forma di preghiera dei Movimenti ecclesiali: c’è chi prega in un modo e chi prega in un altro, e anche in tempi antichi i Domenicani pregavano in un modo e in Francescani in un altro. Quindi, non esiste una abrogazione dei riti, esiste invece uno sviluppo e un rinnovamento delle forme. Credo che il Motu proprio, avendo proprio come fine - come spesso ripete il testo - il bene delle anime, vuole aiutare tutti, nel rispetto, a capire che ci sono anche diverse forme di espressione nella preghiera dell’unica fede.

    E che il Summorum Pontificum non rappresenti affatto un passo indietro, ma in realtà un documento lungimirante, viene ribadito anche dallo storico Franco Cardini, docente di Storia medievale all’Università di Firenze, intervistato da Alessandro Gisotti:


    R. - La Chiesa non torna mai indietro, la Chiesa va sempre avanti. Io credo che il Santo Padre ha interpretato perfettamente nel suo Motu proprio questa vocazione fondamentale della Chiesa a comprendere il mondo di oggi e ad intenderlo con uno sguardo attento a non perdere nulla del passato, ma allo stesso tempo a preparare al meglio il futuro. Questo ritorno importante del latino è una riaffermazione della vocazione universalistica della Chiesa e allo stesso tempo è un invito a superare quelle differenze che esistono, che ci sono, che sono storicamente opportune e direi sacrosante tra le varie genti che convergono nella Chiesa cattolica, ma che tutte si riconoscono in un comune linguaggio.

     
    D. - Dunque, un documento che amplia gli spazi di libertà dei fedeli, piuttosto che ridurli come pensa invece qualcuno…

     
    R. - C’è voluto il coraggio di Benedetto XVI nel riproporre il latino con queste indicazioni, con queste premesse, ben sapendo che avrebbe senza dubbio procurato qualche equivoco, qualche pregiudizio. Io lo paragonerei al coraggio che ha avuto Giovanni Paolo II nell’andare a pregare in una sinagoga o in una moschea. Si tratta veramente di un gesto rifondante, di un gesto che non solo ricorre alla fondazione stessa della Chiesa, ma che la ripropone oggi, giovane, fresca, come se fosse uscita ora dalla mente di Dio. E’ una cosa straordinaria, perché Benedetto XVI ha dimostrato come questo organismo, che ha duemila anni, abbia ancora la forza di una realtà appena nata.

     
    D. - Prof. Cardini, questo Motu proprio mette anche l’accento sul valore, sulla bellezza del latino. Una ricchezza, questa, forse dimenticata negli ultimi anni…

     
    R. - L’abbandono del latino anche da parte della società civile è stata una perdita in termini culturali ed io direi anche in termini etici, perché il latino è una lingua rigorosa, è una lingua che insegna a ragionare, è una lingua che impegna fortemente la logica, e non a caso è stata la lingua del grande diritto romano. Noi pensiamo di essere oggi veramente nel futuro perché usiamo questo banale “basic english” e mettiamo brandelli di parole o di espressioni inglesi all’interno del nostro linguaggio. Oggi, negli Stati Uniti ci sono centri informatici in cui si fanno degli esperimenti per cercare di verificare se il latino potrebbe essere utilizzato come base per un sistema informatico di tipo universale. E i risultati sono straordinari, perché il latino si adatta molto meglio dell’inglese alle esigenze informatiche! Non si tratta quindi di tornare indietro, ma si tratta proprio di guardare avanti.

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   Servizio vaticano - "Il tempo delle vacanze, elevazione della 'misura alta' della nostra umanità": all'Angelus in Piazza San Pietro, alla vigilia della partenza per il Cadore, il Papa augura a tutti un sereno periodo di riposo.

    Servizio estero - In evidenza l'Iraq, sempre alla prese con il dilagare delle sanguinose violenze.

    Servizio culturale - Un articolo di Giuseppe Degli Agosti dal titolo "Dal linguaggio dell'arte un tramite efficace per la potenza simbolica dell'Apocalisse": opere dal IV al XX secolo in mostra al Centro di Cultura internazionale di Illegio.

    Servizio italiano - Dossier Sismi: aspre polemiche per le dichiarazioni di Pollari. L'ex capo dei Servizi ha detto di voler svelare 30 anni di "misteri".

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    Oggi in Primo Piano



    Il PIME in dubbio sulla matrice degli estremisti islamici dietro il rapimento di p. Bossi nelle Filippine

    ◊   I missionari dele Pontificie Missioni Estere (PIME) nelle Filippine non condividono l'ipotesi che dietro il rapimento di padre Giancarlo Bossi, avvenuto un mese fa, vi sia il gruppo estremista islamico che fa capo ad Abu Sayyaf e considerato vicino ad Al Qaeda. In una dichiarazione rilasciata all'agenzia AsiaNews, padre Luciano Benedetti, della casa del PIME a Zamboanga, obietta: "Quello che sappiamo noi, invece, è che si trova ostaggio di una banda di malviventi". Mentre tutta la famiglia del PIME si prepara a celebrare domani una Giornata di preghiera per padre Bossi - e oggi, da Lorenzago di Cadore dove è appena giunto per il suo soggiorno estivo, anche il Papa ha detto di pregare per la sua sporte - padre Bernardo Cervellera, direttore dell’agenzia AsiaNews, si sofferma sulla questione dell'identità dei rapitori, al microfono di Isabella Piro:


    R. - Noi del PIME, qui in Italia, e i nostri confratelli di Zamboanga, aspettiamo che siano i rapitori a svelarci la loro identità e le ragioni del rapimento, perché trarre delle conclusioni affrettate può essere pericoloso sia per il rapito sia per la situazione in generale.

     
    D. - E’ possibile, secondo lei, che nei prossimi giorni vengano rese note altre foto di padre Bossi?

     
    R. - La richiesta del comitato che lavora a Zamboanga è stata di avere delle prove ancora più stringenti che il padre è vivo e delle prove più vicine alla data in cui vengono consegnate in modo tale che si sappia più o meno collocarle molto meglio nel tempo.

     
    D. - E domani, lo ricordiamo, si tiene la Giornata di preghiera indetta dal PIME per padre Bossi. Come vi state muovendo?

     
    R. - In ogni comunità del PIME nel mondo, in Asia, in Africa, in America Latina, in America settentrionale e in Oceania, ci sarà una celebrazione. A Roma, si celebrerà la Messa alle 20.30 alla casa del PIME di Via Guerrazzi, presieduta dal superiore generale. Noi preghiamo per padre Bossi che abbia sempre più coraggio e più pazienza. Preghiamo anche per i rapitori, perché cambi il loro cuore.

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    L'Agenzia per l'energia atomica prepara una missione in Corea del Nord per sovrintendere allo smantellamento degli arsenali nucleari

    ◊   Una missione in Corea del Nord per la supervisione dello smantellamento del programma nucleare, come previsto dagli accordi di Pechino. E’ quanto approvato questa mattina a Vienna dall’AIEA, l'Agenzia internazionale per l'energia atomica. Se da una parte, però, la crisi nordcoreana sembra instradarsi verso la normalizzazione, dall’altra a preoccupare il direttore dell'Agenzia, El Baradei, è invece l’Iran, che nonostante le già annunciate prossime sanzioni da parte dell’ONU, prosegue indisturbata col suo programma atomico. Ma quali sono le differenze sostanziali tra queste due crisi? Stefano Leszczynski lo ha chiesto a Maurizio Simoncelli dell'Istituto di Ricerche Internazionali Archivio Disarmo:


    R. - Prendiamo il primo caso, quello nord coreano: ci troviamo di fronte ad un Paese che è isolato a livello internazionale, in profonda crisi economica e che ha utilizzato, diciamo, l’arma nucleare in termini economici cioè dismissione dell’arsenale nucleare in cambio di abbondanti aiuti economici da parte della comunità internazionale. Teniamo presente che intanto la Corea del Nord ha realizzato comunque delle armi nucleari mentre l’Iran, e ci spostiamo in un altro quadro geopolitico, non ha ufficialmente nessuna intenzione di realizzare armi nucleari.

     
    D. - La Corea del Nord adesso dà un po’ la sensazione del Paese ragionevole pur possedendo, come essa stessa ha sottolineato, delle armi nucleari e quindi in possesso di una pericolosità che non è da sottovalutare. Ll’Iran, invece, continua ad essere visto e continua a giocare un po’ il ruolo della minaccia costante pur non avendo l’arma nucleare...

     
    R. - Noi ci troviamo di fronte a una situazione un po’ strana. Abbiamo l’Iran che a norma del Trattato di non proliferazione, che sovrintende alla discussione della tecnologia nucleare, ha pieno diritto a dotarsi di centrali nucleari mentre, avendolo firmato, si impegna ufficialmente a non dotarsi di armi nucleari. Il problema è un altro. Il problema è che contemporaneamente il governo iraniano, per bocca di Ahmadinejad, ha pronunciato chiaramente anche parole minacciose nei confronti di Israele.

     
    D. - E’ stata utilizzata in entrambi i casi l’arma delle sanzioni, eppure questo non sembra essere stato l’elemento determinante nella scelta delle strategie iraniane o nord coreane...

     
    R. - Certamente, non possiamo immaginare che siano solo quelle che possano risolvere un problema. L’altro grande problema che noi abbiamo nell'area mediorientale è che c’è una potenza nucleare che si è dotata di tali armi al di fuori del Trattato di non proliferazione nucleare ed è Israele. Io trovo estremamente limitante parlare solamente del nucleare iraniano e continuare a dimenticare il problema invece del nucleare di Paesi - che sono tra l’altro non firmatari del Trattato - come il Pakistan e l’India. Un problema che la comunità internazionale dovrebbe avere il coraggio di affrontare.

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    La Giornata internazionale contro le armi leggere, "piaga" che causa decine di migliaia di vittime l'anno. Intervista con don Fabio Corazzina

    ◊   Nel mondo, sono attualmente in circolazione 640 milioni di armi leggere e di piccolo calibro, in media una ogni dieci persone. Secondo “Small Arms Survey”, Centro di ricerca indipendente con sede a Ginevra, i due terzi di queste armi sono in mano a civili: nel 2003, le vittime di queste armi nei vari conflitti sono state stimate tra le 80 e le 110 mila. A questa cifra, vanno aggiunte le altre 200 mila vittime annuali non coinvolte in conflitti. Contro questa diffusione sempre fiorente - e contro il commercio che la sostiene - si celebra oggi, sotto il patrocicnio dell'ONU, la Giornata di distruzione delle armi leggere, che ha visto negli anni il costante appoggio anche della Santa Sede. Beatrice Bossi ne ha parlato con don Fabio Corazzina, coordinatore nazionale di Pax Christi:


    R. - C’è bisogno di una Giornata di questo genere, perchè la situazione nel mondo è ancora estremamente delicata e allarmante. Un dato molto semplice: ci sono nel mondo circa 639 milioni di armi leggere e di piccolo taglio. Ogni anno, ne produciamo più di otto milioni; tradotto in altri termini significa che una persona ogni 11 ha un’arma leggera, comprese le pallottole a disposizione. E’ un motivo più che serio per dire che dobbiamo prendere in mano questa situazione, dobbiamo valutare cosa significa riempire il mondo di queste armi e i dati che abbiamo a disposizione, le testimonianze, gli elementi che abbiamo raccolto ci fanno dire che è abbastanza naturale, anche se facciamo finta di non riconoscerlo: più armi ci sono a disposizione, soprattutto le armi leggere, più è insicura la situazione, il territorio, i Paesi in cui queste armi sono vendute e quindi utilizzate.

     
    D. - Quanto influisce il commercio delle armi nei Paesi ricchi e quanto in quelli poveri?

     
    R. - L’Italia, rispetto al 2005, ha incrementato le sue autorizzazioni a esportare armi in tutto il mondo del 61,12%: significa che siamo passati da 1.360 miliardi a 2.192 miliardi di euro, come autorizzazioni di esportazione. Non è una cosa da poco e abbiamo esportato armi dappertutto, per la maggior parte l’abbiamo esportate nei Paesi NATO, UE, ma il 37, 40% l’abbiamo esportato fuori dall’Alleanza. Il 20% delle nostre armi sono andate nelle zone “calde” del pianeta, Medio Oriente e Africa, il che significa che i Paesi che sono in situazioni di conflitto, quelli più poveri, offrono un discreto spazio di mercato d’armi sulle quali noi, tra l’altro, guadagniamo in modo abbastanza spudorato.

     
    D. - Qual è oggi la soluzione al problema?

     
    R. - Senza controlli severi, le armi continueranno ad alimentare dei conflitti violenti, continueranno a sostenere le repressioni di Stato, i crimini e le violenze domestiche nelle piccole comunità. La soluzione è innanzitutto che i governi intervengano per fermare la diffusione delle armi. Dunque, come primo elemento, servono leggi nazionali e internazionali. Dal punto di vista etico, un secondo elemento, che ci coinvolge direttamente anche come cristiani, è condannare la produzione e la vendita di armi, l’accumulo di armi, la vendita di armi ai Paesi poveri in conflitto, ai i Paesi che calpestano i diritti umani. E dal punto di vista del diritto internazionale, bisognerebbe promulgare un Trattato che porti al controllo di questa produzione e di questo commercio, che è un commercio di morte.

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    Alla Settimana musicale senese, in scena al Teatro Rozzi, "La madre del mostro" di Fabio Vacchi: riflessione sul degrado dei legami familiari

    ◊   Ha debuttato ieri e sarà replicata questa sera, al Teatro dei Rozzi di Siena, nell’ambito della 64.ma Settimana Musicale Senese, l’attesa nuova opera di Fabio Vacchi "La madre del mostro", su libretto di Michele Serra, diretta da Claire Gibaut e con la regia di Denis Krief. Uno spaccato di tragica contemporaneità sulla scena, un dramma vissuto da tante famiglie: quando l’assenza di valori, la mancanza d’amore e l’incomunicabilità generano il “mostro”, ossia un giovane tifoso ormai perduto nella violenza degli stadi di calcio. Il servizio di Luca Pellegrini:


    “Chiusi nel loro egoismi, nella loro opaca mediocrità, incapaci di qualche sentimento, di qualsiasi partecipazione affettiva”. Così sono descritti i personaggi dell’opera "La madre del mostro", commissionata dall’Accademia Musicale Chigiana e rappresentata ieri sera in prima assoluta a Siena. Universo di riferimento di tale tragica situazione umana e sociale, il mondo del calcio e degli stadi - veicolato dall’onnipresenza dello schermo televisivo acceso - e ciò che questo mondo genera intorno a sé in termini di violenza, squallore morale, ipocrisia, degradati e spropositati interessi economici. Fabio Vacchi, compositore di esemplare rigore e generosità di intuizioni artistiche, ha accettato la sfida di scrivere una musica capace di rendere palpabile e vivo sul palcoscenico questo ambiente ed i pochi personaggi che lo abitano. Maestro, quali sono i motivi del suo interesse per quest’opera?
     
    R. - Per me, in un’opera, è importante che si rispecchi un qualche tipo di realtà. Una realtà del calcio mi sembrava particolarmente interessante, perché nella sua attuale devastazione morale è in qualche modo lo specchio della nostra società. Inoltre, questo tema e questa ambientazione ci permettevano di spaziare in diversi ambiti e con diversi registri espressivi: dal grottesco, al comico, al tragico.

     
    D. - Quale tonalità ha utilizzato per descrivere il degrado della famiglia del “mostro”?

     
    R. - Il tono predominante è un tono scuro, un tono drammatico, o meglio più tragico che drammatico e a tratti è interrotto da spunti comici e soprattutto grotteschi. Credo che per dare uno spaccato di vita sia impossibile isolare un solo elemento, un solo carattere, una sola espressione. E questo perché la vita è fatta di tutte queste cose contraddittorie, impastate insieme.

     
    D. - Secondo lei, quali reazioni può avere lo spettatore dinanzi a questo tragico “melodramma”?

     
    R. - Probabilmente, quella di pensare e forse anche di vergognarsi un po’, perché troverà anche un pochino di se stesso in questa rappresentazione. Perché abbiamo parlato di tutto l’orrore, ma in realtà più che l’orrore in sé è l’orrore della normalità: si tratta infatti di una normale famiglia, dove il padre è un uomo che ha abbandonato i suoi ideali falliti, la madre è una specie di divoratrice oppressiva, ossessiva ed ansiosa, il figlio è un mostro, è uno che è completamente vuoto di ideali, sente la mancanza di ideali e di motivazione e di qualsiasi pulsione e si attacca a dei simulacri completamente privi di significato. Insomma, si tratta della normalità e in questa normalità ciascuno ha modo di riconoscere una parte di sé e quindi potrà ridere, potrà piangere e anche un po’ vergognarsi.

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    Chiesa e Società



    L’Agorà di Loreto un invito per tutti: così mons. Betori al pellegrinaggio sull’Adamello, in preparazione all’incontro di settembre con Benedetto XVI

    ◊   L’esperienza del pellegrinaggio a Loreto con Papa Benedetto XVI “è rivolta a tutti come universale è la destinazione del Vangelo di Gesù”: è quanto ha detto ieri mons. Giuseppe Betori, segretario generale della CEI, nel corso della celebrazione eucaristica sul monte dell’Adamello, a oltre 3000 metri di altitudine, per il pellegrinaggio dei giovani italiani che si preparano all’incontro dell’1 e 2 settembre con il Papa nella cittadina marchigiana. Il volto dell’amore di Dio “deve risplendere in modo particolare nella forma con cui la Chiesa si fa vicino a chi è più assetato di vita e di futuro, cioè i giovani” ha affermato il presule che ha esortato i fedeli a farsi attenti “ascoltatori e annunciatori del mondo giovanile e di ciascun giovane, nella concretezza” di Dio, “senza illusioni perché occorre essere ben consapevoli del contesto di avversità in cui il Vangelo risuona, senza però piegarci a una logica di contrapposizione”. “Il che – ha aggiunto mons. Betori – non si confonde con un vago unanimismo; al contrario, mantenendo ferma identità e chiarezza delle verità evangelica, anche a costo del rifiuto, si esprime in prossimità a tutti, specialmente a coloro che soffrono e per i quali l’azione del vangelo è cura e ministero di guarigione e di liberazione dalle potenze sataniche”. Il segretario generale della CEI, scrive l’agenzia SIR, ha offerto anche una riflessione sulla Croce ed ha affermato che quella dell’Adamello “distende la sua ombra sulle nascoste croci” di vittime di guerra. Il pensiero del presule è andato poi ai tanti conflitti dei Paesi più poveri, a chi soffre per la fede e per il servizio ai fratelli, come padre Giancarlo Bossi, e ancora “ai popoli del Medio Oriente e alle inascoltate aspirazioni di pace per la Terra Santa”. (T.C.)

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    Mons. Sako: no alla violenza in Iraq attraverso un clero più attento alla società moderna e governi che rispettino i diritti umani

    ◊   Per fronteggiare l’ondata di violenza che sta colpendo sempre più gravemente l’Iraq l’arcivescovo di Kerkuk dei caldei, mons. Louis Sako propone di “cambiare i programmi dell’insegnamento della religione nelle scuole, in casa e in generale nei luoghi di culto, riformare il clero per renderlo sempre più attento alla società moderna e spingere i governi a rispettare i diritti umani”. A pochi giorni dall’attentato ad Emerli - uno dei più sanguinosi dal 2003 - dove un camion bomba ha provocato oltre 170 morti e 250 feriti, il presule ha dichiarato all’agenzia SIR che gli attentati terroristici stanno colpendo “tutti gli iracheni senza fare distinzione tra le religioni”. “Assalti armati, uccisioni, rapimenti, sono una realtà quotidiana e i sobillatori sono i membri del disciolto partito Baath, i criminali rilasciati dal regime prima della guerra, i combattenti arabi (Moujahidin) e i fondamentalisti musulmani. Tutti – spiega mons. Sako – vogliono impedire il progetto di un Iraq democratico, pluralista e moderno. I criminali cercano soldi, i membri del partito vogliono il potere, i fondamentalisti pensano di essere i depositari dell’unica verità e pertanto coloro che la rifiutano vanno annientati”. In questa situazione i cristiani sono le “prime vittime perché sono assimilati agli americani”, ha spiegato il presule, “e poiché molti di loro sono relativamente benestanti, diventano anche obiettivi di rapimenti”. Per mons. Sako, tuttavia, “è possibile ricostruire il Paese sotto l’egida dell’ONU”. (T.C.)

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    I caldei iracheni hanno un nuovo sacerdote: a Baghdad, 59 bambini hanno ricevuto la Prima Comunione

    ◊   Un nuovo sacerdote caldeo a Karamles, in Iraq. E’ padre Ephram Gallyana, 31 anni, ordinato sabato scorso nella chiesa di Mar Addai. A celebrare la Santa Messa - come riporta il blog Baghdadhope - è stato il vescovo dei caldei di Mossul, mons. Paulos Faraj Rahho. Il nuovo sacerdote, riferisce l’agenzia AsiaNews, appartiene alla sua diocesi, ma ragioni di sicurezza hanno imposto lo svolgimento della funzione a Karamles, la stessa cittadina dove il 4 giugno scorso sono stati celebrati i funerali di padre Ragheed Aziz Ganni e dei tre suddiaconi uccisi con lui il giorno prima a Mossul. Proprio sulla tomba di padre Ragheed, padre Ephram, che si è impegnato a “continuare il lavoro del sacerdote ucciso, ha deposto una croce di rose gialle con la scritta: “Da tuo fratello, padre Ephram Gallyana”. E testimoni di grande coraggio sono stati ieri a Baghdad 59 bambini che hanno ricevuto la loro Prima Comunione nella chiesa siro-cattolica di Nostra Signora della Salvezza. “Ho pregato Gesù per il ritorno di mio padre sano e salvo a casa” ha detto Matti, 11 anni, il cui papà è stato rapito 9 mesi fa e di lui non si hanno ancora notizie. “Non soccombiamo alle minacce di chi fa il male” ha esortato durante la messa l’arcivescovo siro-cattolico di Baghdad Athanese Matti Shaba Matoka. Citato dal sito Ankawa.com lo stesso presule ha raccontato che “nonostante il pericolo, per oltre un mese i bambini si sono incontrati in parrocchia per seguire il catechismo. Molte chiese di Baghdad – ha detto ancora – hanno cancellato le cerimonie per la Prima Comunione per evitare possibili attacchi, ma noi abbiamo deciso di andare avanti con il nostro programma”. (T.C.)

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    Per promuovere il dialogo interreligioso, rappresentanti di varie confessioni hanno visitato insieme diversi luoghi di culto della Corea del Sud

    ◊   Sette leader di diverse religioni hanno compiuto un pellegrinaggio nei luoghi di culto più significativi della Corea del Sud. La delegazione composta da cattolici, protestanti, buddisti (won e tradizionalisti), confuciani aderenti al chondogyo e seguaci delle religioni ancestrali coreane, giunta a Daegu è stata accolta dall’arcivescovo John Choi Young-soo che ha definito l’iniziativa unica al mondo, che “aiuta la comprensione ed il rispetto fra i fedeli di ogni religione” e spinge ancora di più alla cooperazione sociale “tutti gli uomini di buona volontà”. Oltre alla cattedrale Gyesan ed al santuario mariano di Daegu, il gruppo, riferisce l’agenzia AsiaNews, ha visitato il tempio won di Seongju, il Wonmun di Cheongdo ed i santuari di Yongdamjeong e Seonggyungwan Hyanggyo. Infine, i pellegrini si sono fermati nella chiesa protestante Jacheong, a Yeongcheon. In ogni luogo, il gruppo ha piantato un albero commemorativo. In rappresentanza della Chiesa cattolica ha partecipato al viaggio mons. Hyginus Kim Hee-joong, vescovo ausiliare e vicario episcoale dell'arcidiocesi di Kwangju e presidente della Commissione episcopale per il dialogo interreligioso, che spiega: “Si è trattato di un bellissimo viaggio, un’occasione per conoscere meglio ed imparare a rispettare tutte le religioni. Spero che si possa costruire insieme una solidarietà comune, basata sulla cooperazione e sull’amicizia, che abbia come scopo la verità, l’amore e la giustizia”. (T.C.)

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    In Vietnam, fervono i preparativi per i pellegrinaggi di agosto al Santuario della Madonna di La Vang

    ◊   Cattolici e buddisti si preparano in Vietnam ai pellegrinaggi del 15 agosto al santuario nazionale della Madonna di La Vang, nella centrale provincia di Quang Tri. Il luogo nel quale la Vergine apparve nel 1798, riferisce l’agenzia AsiaNews, negli anni è stato colpito da conflitti e tifoni. Armi micidiali vi si sono abbattute ancora negli anni ‘70, durante la guerra, ma il santuario è ancora lì, a proteggere il popolo e la Chiesa di tutto il Vietnam. Sono diversi ad affermare che tante persone che hanno problemi vengono a pregare la Madre per le loro famiglie ed i loro figli, perchè credono nella Vergine. Ad agosto di ogni anno in migliaia si recano in pellegrinaggio al santuario della Madonna di La Vang per manifestare la loro fede e chiedere aiuto per superare difficoltà, tristezze ed affrontare le sfide della vita. (T.C.)

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    Chrysostomos II: consentiteci di restaurare le chiese dei territori controllati di Cipro

    ◊   Appello dell’arcivescovo di Nuova Giustiniana e di Tutta Cipro Chrysostomos II perché le truppe di occupazione consentano nei territori controllati dell’isola il restauro delle chiese nei territori controllati ed il ritorno di 6 monaci ultraottantenni nel monastero di San Barnaba, dove desiderano morire. L’arcivescovo ha rivolto il suo messaggio ai militari in un’intervista realizzata dal Tg3. A rilanciare il suo appello oggi, scrive l’agenzia SIR, anche l’ambasciata cipriota in Italia. “Vogliamo sensibilizzare la comunità internazionale per recuperare le opere d’arte trafugate e riportarle qui per poterle restaurare – ha detto Chrysostomos II - vogliamo che la nostra civiltà sia rispettata”. L’arcivescovo ha dato anche la disponibilità a restaurare le moschee della zona greca dell’isola di Cipro. “Quello che speriamo – ha affermato il primate della più antica Chiesa ortodossa - è che i soldi che la Comunità europea ha dato, 286 milioni di euro, per la comunità turco-cipriota, siano impiegati per restaurare le chiese, almeno quelle che hanno più bisogno”. Alcune stime parlano di 520 tra chiese, cappelle, monasteri a Cipro nord: di queste 133 sono state dissacrate, 78 convertite in moschee, 28 utilizzate a fini militari e ospedalieri e 13 come depositi. Circa 15 mila icone sono sul mercato clandestino internazionale di arte. (T.C.)

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    Venezuela: le sfide del relativismo e della secolarizzazione fra i temi del XXIX Corso per formatori dei Seminari maggiori latinoamericani

    ◊   Partirà il 15 luglio a Valencia, in Venezuela, la XXIX edizione del Corso latinoamericano per i formatori che lavorano nei Seminari maggiori dell’America Latina e dei Caraibi. I corsi, che da diversi anni vedono la partecipazione in media di 40-45 formatori, trarranno spunto dalle riflessioni e conclusioni della V Conferenza generale degli episcopati locali che si è tenuto ad Aparecida, in Brasile, nel maggio scorso e che ha visto la presenza del Papa. I partecipanti discuteranno sulle nuove sfide che il relativismo e la secolarizzazione pongono alla formazione sacerdotale. Le tematiche dei corsi, che si concluderanno il 10 agosto, consentiranno di approfondire l’odierna realtà dei seminari dell’America Latina, raggruppati nell’Organizzazione dei Seminari latinoamericani (OSLAM), in particolare attraverso l’Esortazione post-sinodale di Giovanni Paolo II «Pastores Dabo Vobis» (1992) e i sussidi del Dipartimento Vocazioni e Ministeri del Celam, che organizza l’evento. Diversi esperti, tra cui, padre Jorge Carlos Patrón (Messico), padre Alexis Rodríguez (Costa Rica), padre Juan Luis Negrón (Puerto Rico) e padre Leónidas Ortiz Lozada (Colombia), affronteranno la questione centrale della «Pastores Dabo Vobis» che afferma: “In realtà la formazione dei futuri sacerdoti, sia diocesani sia religiosi, e l’assidua cura, protratta lungo tutto il corso della vita, per la loro santificazione personale nel ministero e per l'aggiornamento costante del loro impegno pastorale, sono considerate dalla Chiesa come uno dei compiti di massima delicatezza e importanza per il futuro dell'evangelizzazione dell’umanità”. (L.B.)

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    Per il suo impegno sociale e la promozione del dialogo interreligioso la Comunità di Sant’Egidio riceverà domani “La Menorah d’oro"

    ◊   Sarà assegnata alla Comunità di Sant’Egidio “La Menorah d’oro” edizione 2007. Il riconoscimento verrà consegnato all’ “Associazione pubblica di laici della Chiesa” per l’impegno sociale e le sue attività di dialogo tra le religioni. Il premio viene conferito annualmente a personalità o organizzazioni che si sono particolarmente distinte nella lotta all’antisemitismo, in una corretta informazione nel delicato contesto del medioriente, nella difesa al diritto di esistere dello Stato d’Israele, nel rispetto dei diritti umani, nel dialogo tra le religioni. “La Menorah d’oro” è un’idea dall’associazione Benè Berith, che si propone di diffondere l’elevazione spirituale e morale, il rafforzamento dei sentimenti di amicizia e di concordia, lo spirito di difesa della dignità umana e dei principi di eguaglianza degli uomini di fronte alle leggi, l’insegnamento e la propagazione delle tradizioni ebraiche, l’opera di assistenza alle vittime delle persecuzioni, agli ammalati ed ai bisognosi, l’ausilio agli orfani ed alle vedove, l’esercizio della beneficenza. Obiettivo dell’associazione è inoltre quello di dare impulso alle attività culturali, artistiche e scientifiche. Alla cerimonia di consegna del riconoscimento, che si svolgerà domani a Roma alle 20.30 al Casale dei Cedri, è prevista la presenza del rabbino capo d’Israele Yona Metzger, oltre a quella di varie autorità civili e religiose e di diversi ambasciatori. (T.C.)

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    La Congregazione delle Suore Missionarie del Sacro Costato e di Maria SS.ma Addolorata ha eletto madre Fides Sebis nuova superiora generale

    ◊   E’ madre Fides Sebis la nuova superiora generale della Congregazione delle Suore Missionarie del Sacro Costato e di Maria SS.ma Addolorata. La religiosa è stata eletta sabato scorso. In questi giorni la Congregazione sta celebrando a Roma il Capitolo generale sul tema: “Con lo sguardo rivolto al Costato trafitto di Gesù, andiamo incontro all’umanità di oggi testimoniando la speranza nel Cristo risorto”. I lavori sono guidati dal padre gesuita German Arana. Le Suore Missionarie del Sacro Costato, fondate nel 1908 da don Eustachio Montemurro a Gravina di Puglia, incarnano il loro carisma di amore e di riparazione al Sacro Cuore di Gesù nell’educazione dell’infanzia e della giovenù, nell’insegnamento del catechismo e nell’apostolato parrocchiale; ed ancora nelle missioni estere, nell’assistenza spirituale e fisica ai poveri e agli malati e in diverse opere di carità. Attualmente le suore della famiglia religiosa sono 450. Le loro comunità - sparse in Italia, Taiwan, Isole Filippine, Stati Uniti d’America, Brasile, Ecuador, Albania, Indonesia e Vietnam – sono 67. (T.C.)

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    Alla Cittadella di Assisi, rinnovate le cariche della Pro Civitate Christiana

    ◊   Marco Marchini è stato rieletto all’unanimità presidente della Pro Civitate Christiana, l’associazione laicale di volontariato cristiano, composta di uomini e donne, secondo le indicazioni del Concilio Vaticano II, con sede alla Cittadella di Assisi, in Umbria. Il vescovo di Assisi-Nocera Umbra-Gualdo Tadino, mons. Domenico Sorrentino, ha concesso la deroga necessaria per la rielezione. L’Assemblea generale dell’associazione ha anche rinnovato il governo eleggendo Aminta Marchetti, Clorinda Delli Paoli, Antonio Cicero, Claudia Mazzetti, Anna Portoghese, Mirella Pappalardo. La Pro Civitate Christiana si propone fin dalla fondazione (1939) di far conoscere Gesù Cristo nel mondo sociale, direttamente con l’annuncio missionario, indirettamente con vari strumenti culturali, nell’incrocio della modernità, nelle sue trasformazioni culturali e nei suoi attuali sviluppi critici. (T.C.)

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    24 Ore nel Mondo



    In Pakistan, il presidente Musharraf ha prorogato l'ultimatum per continuare a trattare con i ribelli asserragliati nella Moschea rossa - Finalmente libera la bambina britannica rapita giovedì scorso in Nigeria

    ◊   In Pakistan, è ancora estremamente tesa la situazione a Islamabad. Il presidente pachistano Pervez Musharraf, ha presieduto stamani una riunione straordinaria con i vertici delle forze di sicurezza per analizzare la situazione della Moschea Rossa di Islamabad, al termine della quale è stato prorogato l'ultimatum agli integralisti che, dalla scorsa settimana, tengono in ostaggio diverse donne e bambini. Il servizio di Salvatore Sabatino:


    Si cerca una mediazione, per evitare lo spargimento di sangue – nell’immediato – e la rivolta della comunità islamica pakistana – sul breve e lungo periodo. Mediazione cercata dagli ulema di diverse scuole coraniche. Sull’altro fronte, invece, il presidente Musharraf caldeggia un attacco immediato delle truppe regolari al luogo di culto. In mezzo lo stallo. Gli studenti – ed il numero resta imprecisato – continuano la loro occupazione, con la minaccia di una strage di bambini e donne, tenuti come ostaggio. E la richiesta è sempre la stessa: l'imposizione della legge islamica e l'avvio di una campagna di moralizzazione dei costumi sul modello talebano. Ripercorsa, dunque, la strada tracciata nei mesi scorsi, quando lo stesso Musharraf si era trovato sul tavolo gli appelli degli stessi militanti. Nel frattempo, il governo di Islamabad ha liberato un gruppo di 125 persone, arrestate nei giorni scorsi dopo aver lasciato la Moschea rossa.

    - Rimaniamo in Pakistan, dove ieri tre cinesi sono stati assassinati a Peshawar, nella zona nord-occidentale del Paese. Fonti governative affermano si sia trattato di un agguato: alcuni uomini armati avrebbero freddato i tre, all'uscita della fabbrica nella quale lavoravano. L’ultimo caso di violenza, sulla popolazione cinese in Pakistan, risale a fine giugno, quando alcuni studenti integralisti sequestrarono sei donne, in un centro per massaggi terapeutici a Islamabad, accusandole di prostituirsi. Le ragazze furono liberate, solo dopo la promessa delle autorità locali di chiudere tutti i locali dello stesso genere, nella capitale.

    - In Nigeria: è finalmente libera Margaret, la bimba britannica di tre anni rapita giovedì scorso nella regione petrolifera del Delta del Niger. La bambina, che è in buona salute, è stata rilasciata ieri sera. Intanto nella stessa zona proseguono senza sosta i rapimenti organizzati dalle bande armate: ieri è toccato ad altri 3 stranieri. La cronaca nel servizio di Giulio Albanese:


    In Nigeria proseguono senza sosta i sequestri di persona perpetrati dalle bande armate che infestano la regione petrolifera del Delta del Niger. Uomini armati hanno rapito ieri tre stranieri nella stessa zona dove giovedì scorso era stata sequestrata Margaret, una bambina britannica di tre anni, rilasciata per fortuna ieri sera dai suoi sequestratori. L’emittente Channels Television ha riferito che i tre stranieri sequestrati, prelevati in un complesso a Port Harcourt, potrebbero essere di nazionalità libanese o cinese. Un portavoce dello Stato di Rivers intanto ha spiegato che la piccola Margaret è ora in mano ai servizi di Sicurezza nigeriani ed è in buona salute. I sequestratori avevano minacciato di uccidere la bambina, figlia di un cittadino britannico che da dieci anni lavora nel Paese africano e di una nigeriana, e avevano chiesto inizialmente che il padre si consegnasse al suo posto e poi il pagamento di un riscatto.(Per la Radio Vaticana, Giulio Albanese)

    - “La Road map è fallita”: lo affermano i ministri degli Esteri di dieci Paesi dell'Unione Europea in una lettera a Tony Blair, il nuovo mediatore del Quartetto per il Medio Oriente. “Lo status quo che prevale in Medio Oriente dal 2000 non porta a nulla”, scrivono i ministri che indicano, poi, anche quattro obiettivi per il futuro: offrire una soluzione politica concreta, stanziare una forza internazionale che assicuri l’ordine, ottenere da Israele provvedimenti a favore di Abu Mazen e ristabilire il dialogo tra Hamas e Al-Fatah. Tra i firmatari della missiva, il ministro degli Esteri francese, Bernard Kouchner, quello italiano, Massimo D’Alema, il portoghese Luís Amado e lo spagnolo, Miguel Ángel Moratinos Cuyaubé.

    - Critiche alle scelte di politica estera di Tony Blair da parte di Alastair Campbell, ex capo della comunicazione del governo britannico. Secondo Campbell, l’ex premier era l’unico convinto sulla guerra in Iraq, a fianco degli Stati Uniti: lo fa intendere nel libro che racconta le sue memorie, uscito oggi nelle librerie britanniche. Il libro, che arriva ad appena due settimane dall'addio di Blair al governo e alla guida del Labour Party, rivela anche altri dettagli inediti dei primi mesi 2003, quando la guerra in Iraq era alle porte.

    - "Non si può rinviare ulteriormente, dopo 60 anni, il momento della pace, come garanzia dei popoli della regione e garanzia per Israele ad esistere". Ad affermarlo è il presidente del Consiglio italiano, Romano Prodi, nel secondo incontro con il premier israeliano Olmert, tenutosi, stamani, a Gerusalemme. Prodi ha poi ribadito che “l'Italia, indipendentemente dal colore del suo governo è vicina al popolo ebraico”. “Il governo italiano - ha continuato Prodi - lavora affinché le “voci terribili”, che evocano scenari di sterminio non abbiano diritto di cittadinanza”. Nel pomeriggio, il capo dell’esecutivo italiano sarà a Sderot, la città bersagliata dai razzi Qassam palestinesi; domani, invece, incontrerà a Ramallah il presidente palestinese Abu Mazen e il premier Fayyad.

    - Sempre in Medio Oriente dove, ieri, è avvenuto il primo incontro ufficiale tra il premier del governo di emergenza palestinese Salam Fayyad e il ministro degli esteri di Israele, Tzipi Livni. I due hanno parlato delle possibili azioni volte a migliorare le condizioni di vita dei residenti in Cisgiordania, nel contesto delle esigenze di sicurezza dello Stato ebraico. Sempre ieri il governo israeliano ha approvato il rilascio di 250 prigionieri palestinesi vicini al movimento di Fatah. Fonti israeliane e arabe danno conto, inoltre, della prossima visita in Israele di una delegazione della Lega Araba, per discutere del piano di pace saudita presentato nel 2002.

    - Trasferiamoci in Iraq dove non si fermano gli attacchi della guerriglia. Questa mattina tre poliziotti e un civile sono rimasti uccisi a seguito dell'esplosione di due ordigni vicino al principale terminal dei bus a Baghdad. Vittime anche tra le truppe statunitensi: il comando militare americano ha reso noto che un soldato è stato ucciso ed altri tre sono rimasti feriti in seguito ad un attacco suicida compiuto ieri nella parte occidentale della capitale irachena. E cresce il malcontento per il conflitto nell’opinione pubblica americana. Ieri, Il quotidiano New York Times si schiera a favore del ritiro delle truppe dall’Iraq con un lungo editoriale intitolato “la via del ritorno”, in cui la testata lancia un duro attacco alla politica del presidente George Bush.

    - In Afghanistan, un bambino di 10 anni è stato ucciso e otto persone, fra le quali cinque soldati della NATO, sono rimaste ferite ieri in un attacco a colpi di mortaio sferrato dai ribelli in un villaggio del distretto di Nari, nell’est dell’ Afghanistan. Ieri, intanto, quattro soldati polacchi sono rimasti feriti da un'esplosione avvenuta nel corso di un pattugliamento vicino alla loro base. Sul fronte politico interno si registrano le dimissioni del ministro afghano per la Lotta Anti-droga che, ufficialmente, ha lasciato la carica per motivi di salute. Le stime delle Nazioni Unite dicono, però, che dalla sua nomina la produzione di oppio nel Paese è più che raddoppiata.
     - Violenza in Somalia. Sono almeno due le vittime per l’esplosione di una bomba in un mercato di Mogadiscio. Sette i morti, sempre nella capitale, in seguito ai colpi sparati dalle truppe governative. Ieri sera, un camion carico di sfollati in fuga da Mogadiscio si è schiantato nei pressi del villaggio di Mataban, in una provincia settentrionale del Paese. Almeno 16 i morti e decine i feriti, tra cui 20 bambini. La tensione resta, dunque, alta nel Paese dopo la sconfitta delle Corti Islamiche, e la conferenza di pace prevista per metà mese, rischia di slittare per la quarta volta.

    - Almeno 94 morti e 25 dispersi: è il drammatico bilancio delle piogge torrenziali e delle tempeste che da diversi giorni si imbattono sulla Cina. Sono 555 mila le persone che hanno abbandonato le loro case e oltre 16 milioni quelle che hanno subito danni dal maltempo. L'agenzia d'informazione cinese afferma che i danni per l'agricoltura ammontano a circa 257 milioni di dollari. Secondo le previsioni meteorologiche, fino a domani non è previsto alcun miglioramento. (Panoramica internazionale a cura di Marco Guerra e Beatrice Bossi)

     

     
    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LI No. 190

     

     
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