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SOMMARIO del 06/07/2007
Promulgati da Benedetto XVI i Decreti per due nuovi Santi fondatori, per la canonizzazione di un gruppo di martiri e per cinque nuovi Beati
◊ Due nuovi Santi fondatori di Istituti religiosi, cinque nuovi Beati, un gruppo di canonizzandi uccisi in odio alla fede 530 anni fa, in Italia. Sono alcune delle figure per le quali Benedetto XVI ha autorizzato oggi la promulgazione dei Decreti, nel ricevere in udienza il cardinale José Saraiva Martins, prefetto della Congregazione per le Cause dei Santi. Ce ne parla Alessandro De Carolis:
Visse tra la fine del Settecento e la prima metà dell'Ottocento il Beato Gaetano Errico, italiano della Campania, sacerdote professo che fondò la Congregazione dei Missionari dei Sacri Cuori di Gesù e Maria. I Decreti pubblicati oggi attribuiscono un miracolo alla sua intercessione, come pure lo attribuiscono alla fondatrice della Congregazione delle Suore Missionarie Franescane di Maria Ausiliatrice, la Beata Maria Bernarda Bütler, svizzera di origine ma morta a Cartagena, in Colombia, nel 1924. A questi due futuri Santi vanno accostati i Beati Antonio Primaldo e i compagni laici, vittime del martirio il 13 agosto 1480 ad Otranto, in Puglia. Cinque invece saranno i nuovi Beati: quattro donne - tra le quali due fondatrici di istituti religiosi, una suora professa della Polonia e una religiosa italiana - e un uomo, Zeffirino Namuncurà, un giovane alunno salesiano della Patagonia, che morì a Roma nel 1905 a soli 19 anni. Il documento promulgato dal Papa riporta anche le virtù eroiche di cinque donne e tre uomini, tra i quali spicca il nome del cardinale veneziano, Marco Antonio Barbarigo, che fu vescovo di Montefiascone e Corneto, l’attuale Tarquinia, vissuto tra il 1600 e il 1700. Tra le donne di questo gruppo, figurano tre iniziatrici di famiglie religiose: Ignazia dello Spirito Santo, fondatrice della Congregazione delle Suore della Beata Vergine Maria, morta nelle Filippine; Leopoldina Naudet, fondatrice della Congregazione delle Suore della Sacra Famiglia di Verona, dove morì nel 1834, e la tedesca Ildegarda Burjan, madre di famiglia e fondatrice delle Suore della Carità Sociale, che morì a Vienna nel giugno del 1933.
Altre udienze e nomine
◊ Benedetto XVI ha ricevuto nel corso della mattinata, in successive udienze, i cardinali Ivan Dias, prefetto della Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli, Franc Rodé, prefetto della Congregazione per gli Istituti di vita consacrata e le Società di vita apostolica, e Renato Martino, presidente del Pontificio Consiglio della Giustizia e della pace, e del Pontificio Consiglio della Pastorale per i migranti e gli itineranti.
In Portogallo, il Papa ha nominato ausiliare di Braga padre António José da Rocha Couto, superiore generale della Società Portoghese per le Missioni. Il neo presule ha 55 anni ed è entrato nel Seminario di Tomar, della Società Portoghese per le Missioni, NEL 1963. Dopo l'ordinazione sacerdotale, è stato formatore di seminaristi, cappellano militare, studente a Roma, dove nel 1986 ottenne la Licenza in Sacra Scrittura. Ha anche trascorso un anno a Gerusalemme, per laurearsi in Teologia presso l'istituto Francescano Emmaus. Professore di Sacra Scrittura a Luanda, in Angola, e allo stesso tempo collaboratore nelle attività pastorali di una parrocchia locale, mons. da Rocha Couto, è stato anche professore dell'Università Cattolica di Porto e di quella di Lisbona.
Presentato in conferenza stampa il Bilancio della Santa Sede per il 2006. Il cardinale Sebastiani: conti in attivo e risultato soddisfacente
◊ Presentazione stamani in Sala Stampa Vaticana del Bilancio consuntivo consolidato della Santa Sede per l’anno 2006, già anticipato nei giorni scorsi da una nota della Segreteria di Stato, dopo l’approvazione da parte del Consiglio dei cardinali incaricati di studiare i problemi organizzativi ed economici della Santa Sede. Il servizio di Roberta Gisotti:
Conti in attivo per la Santa Sede sono state 227 milioni 815 mila euro le entrate e 225 milioni e 409 mila euro le uscite. Un risultato sicuramente soddisfacente, come ha sottolineato il cardinale Sergio Sebastiani presidente della Prefettura degli Affari economici, che ha presieduto la conferenza stampa:
"La buona notizia è che il bilancio consuntivo consolidato della Santa Sede per l’esercizio 2006 si è chiuso per il terzo anno consecutivo con un risultato positivo di 2 milioni e 400 mila euro, che rappresenta il valore meno elevato dopo quelli registrati lo scorso esercizio 2005, quando fu di 9,7 milioni di euro e nel 2004 che fu di 3,1 milioni di euro".
Per bilancio consuntivo consolidato - ha chiarito il porporato - si intendono i costi e i ricavi in questo caso di tutte le Amministrazioni pontificie, oltre alle 118 Sedi di rappresentanza pontificia sparse in tutto il mondo e le nove Sedi presso gli organismi internazionali.
La conferenza - introdotta dal direttore della sala stampa Federico Lombardi, presenti anche mons. Franco Croci segretario della Prefettura degli Affari economici ed il ragioniere generale Paolo Trombetta - è proseguita con l’esame delle varie voci del Bilancio.
Anzitutto le attività istituzionali, ovvero tutti i dicasteri e gli Uffici della Curia Romana, “organismi che assistono da vicino il Santo Padre nella missione di pastore universale a servizio delle Chiese locali, come anche a beneficio dell’umanità, come operatori di pace”, e che non producono - ha spiegato il cardinale Sebastiani - ricavi, e per questo sono soggetti alla prescrizione canonica 1271 che invita i vescovi a venire incontro liberamente alle attività della Santa Sede”. Ebbene, l’intera massa oblativa giunta da Conferenze episcopali, diocesi, istituti religiosi, fedeli ed enti vari è aumentata da 73,9 milioni di euro nel 2005 ad 86 milioni nel 2006. E le note più positive si devono proprio alle offerte libere del canone 1271, passate da 21,5 milioni di euro ad oltre 24 milioni, con un incremento di circa il 12 per cento. Saliti anche i costi di questo settore, passati da 121,3 milioni di euro nel 2005 a 126,2 milioni lo scorso anno, variazione dovuta a costi aggiuntivi per il personale. Aumentate anche le spese generali ed amministrative da 13,4 milioni di euro a 15,3 milioni e per il mantenimento di rappresentanze e nunziature da 19,6 milioni di euro a 20,6 milioni di euro.
Passando poi all’attività finanziaria l’incremento dei contributi ha permesso di assorbire il calo molto pronunciato dell’avanzo netto che è stato nel 2006 di 13,7 milioni di euro contro 43,3 milioni nel 2005. Ciò è - dovuto ha detto il cardinale Sebastiani, sollecitato dai giornalisti - al “principio della prudenza” che guida questo settore, per cui gran parte degli investimenti sono obbligazioni statali anziché azioni, che sono a maggior rischio.
Ed ancora il settore immobiliare ha ottenuto un netto di 32,3 milioni di euro superiore al 22,4 milioni dell’anno prima.
Quindi le istituzioni collegate con la Santa Sede, ovvero Radio Vaticana, Tipografia vaticana, Osservatore Romano, Centro televisivo vaticano e Libreria Editrice vaticana, che hanno registrato un saldo negativo di 12,8 milioni di euro, dovuto in massima parte ai disavanzi attribuiti alla nostra emittente, circa 23,8 milioni e a L’Osservatore Romano, 4,4 milioni. Attivi invece gli altri organismi.
Ultima voce costi e ricavi diversi anche questi in saldo positivo di 184 mila euro.
Infine una domanda dei giornalisti sull’aumento considerevole - che era stato anticipato dalla nota della Segreteria di Stato – dell’obolo di San Pietro di ben 101 milioni e 900 mila dollari. Obolo che comprende tutte le offerte in arrivo dalle Chiese locali, dagli Istituti religiosi, dalle Fondazioni e dai singoli fedeli Voce questa che non rientra nel bilancio della Santa Sede, ma in quello del Governatorato del città del Vaticano. Punto sul quale ha preso la parola padre Lombardi:
"E’ un fatto che quest’anno ci sono state delle offerte eccezionali, questo però è bene dirlo, perché non ci si aspetti che ogni anno ci siano. Puoi avere un anno in cui uno ti fa una grandissima offerta e questo fa salire molto l’entrata, ma se l’anno dopo quest’offerta eccezionale non c’è, tu non puoi contarci e non te ne puoi neanche stupire".
Ma quali sono i Paesi maggiori donatori? In testa restano gli Stati Uniti, nonostante gli scandali che hanno interessato in passato la Chiesa di questo grande Stato – come ha rilevato il cardinale Sebastiani – e poi a seguire Germania ed Italia.
Un gesto di coraggio per amore della Chiesa che è in Cina: così, il sinologo del PIME, padre Giancarlo Politi, definisce la Lettera del Papa ai cattolici cinesi
◊ Il governo cinese raccolga l’invito del Papa per un rinnovato dialogo ed una normalizzazione dei rapporti: è quanto sottolinea padre Giancarlo Politi, esperto sinologo del PIME. A padre Politi, Alessandro Gisotti ha chiesto quale aspetto della Lettera di Benedetto XVI ai cattolici cinesi lo abbia colpito maggiormente:
R. - Io direi il coraggio del Papa nell’affrontare e dare un nome ai tantissimi problemi che hanno travagliato la Chiesa cattolica che è in Cina in questi anni. Quando si è cominciato a sapere che la Santa Sede avrebbe inviato una lettera, anch’io ho pensato: “Forse è meglio che venga firmata da altri e non dal Papa in persona”. Invece, l’ha voluta firmare lui e questo è certamente un atto di coraggio e anche un atto di umiltà. Il Papa non si è sottratto al suo compito di pastore universale. Credo che per questo c’è da essergli grati.
D. - Il Papa usa il linguaggio della verità e della carità, anche affrontando temi delicati come la nomina dei vescovi. Una sua riflessione su questo stile ...
R. - Chiaramente, la nomina dei vescovi è l’argomento che maggiormente interessa i rapporti della Chiesa in Cina, come nel resto del mondo. Come Benedetto XVI, anche i suoi predecessori non hanno mai mancato di dare un’inquadratura ben precisa sull’argomento. Purtroppo, all’interno della Chiesa di Cina, attraverso i rappresentanti ufficiali messi dal governo, non dai vescovi in quanto tali, avviene sempre una lettura che è distorta come se il vescovo fosse semplicemente un amministratore, un manager che dirige le attività della Chiesa. Questo è voluto perché chi parla, chi usa questo linguaggio, sa bene che non è vero e qui il disaccordo e il conflitto permane. Occorre anche da parte del governo cinese, secondo me, lo stesso coraggio che ha avuto il Papa.
D. - Benedetto XVI auspica una normalizzazione nei rapporti con le autorità civili. In alcune parti della Lettera sembra quasi voler spiegare, rassicurare il governo cinese sulle reali intenzioni della Chiesa. E’ un approccio nuovo?
R. - Non direi, perché anche Giovanni Paolo II l’ha fatto in molteplici occasioni chiedendo alla Cina, alle autorità cinesi di non aver paura della Chiesa, che la Chiesa non ha alcuna pretesa di privilegi. E’ un approccio normale su questo tema. Bisogna tener conto però che il governo cinese fondamentalmente non è interessato alla religione e alla Chiesa cattolica se non per i risvolti che ha sul piano e sulla politica internazionale. Anche qui ci sono due piani diversi: un governo cinese che fa i suoi calcoli, come è anche giusto direi, ma con un Papa che invece dice: “Noi vogliamo semplicemente il rispetto di ciò che crediamo”.
Nell’intervento dell’arcivescovo Tomasi al Consiglio economico e sociale dell'ONU, l’esortazione a combattere più efficacemente la povertà
◊ Aiuti mirati a livello locale per creare nuovi posti di lavoro e potenziare i sistemi economici, educativi e sanitari dei Paesi poveri: questa la strategia per combattere la povertà nella società globalizzata, secondo l’Osservatore permanente della Santa Sede presso l’ufficio ONU di Ginevra, l’arcivescovo Silvano Maria Tomasi. Intervenendo, in questi giorni, alla sessione del Consiglio economico e sociale delle Nazioni Unite (ECOSOC), il presule ha sottolineato la necessità di un’analisi profonda, da parte dei Paesi industrializzati, delle cause e degli errori che finora hanno ostacolato il cammino verso la risoluzione del problema. Il servizio di Roberta Moretti:
“Cambiare la mentalità a un livello locale può diventare una strategia vincente nella lotta alla povertà”: è quanto sottolineato dall’arcivescovo Tomasi. L'Osservatore vaticano all'ONU di Ginevra ha ripreso le parole di Benedetto XVI nella lettera del 16 dicembre scorso al cancelliere tedesco e presidente di turno UE, Angela Merkel, per sottolineare che alla questione della povertà “dovrebbe essere data la massima attenzione e priorità, in egual misura per il bene dei Paesi ricchi e di quelli poveri”. Ricordando che a tutt’oggi, nel mondo, quasi un miliardo e 400 milioni di persone vivono con meno di due dollari al giorno, mons. Tomasi ha evidenziato l’urgenza di “destinare gli aiuti a progetti più mirati e meno generici, che possano rafforzare in maniera tangibile e misurabile l’esperienza quotidiana di individui e famiglie nel tessuto sociale della comunità”. “Tale aiuto efficace - ha aggiunto - richiede molteplici canali di distribuzione e dovrebbe raggiungere le infrastrutture di base delle comunità; questo sostegno è garantito non solo dai governi, ma anche da organizzazioni e istituzioni presenti nella società, comprese quelle gestite da gruppi religiosi, come scuole, ospedali e cliniche, centri sociali e programmi di educazione e ricreazione giovanile”. Bisogna, dunque, puntare sulla creazione di nuovi posti di lavoro, come anche sul potenziamento dei sistemi sanitari ed educativi.
Secondo l’Osservatore permanente della Santa Sede, infatti, “le persone istruite possono stabilire tra loro relazioni sociali basate non sulla forza e l’abuso, ma sul rispetto e l’amicizia”. In questo contesto - ha continuato l’arcivescovo Tomasi - “diventa più facile ridurre la corruzione, una delle piaghe dei Paesi poveri”, che può anche scoraggiare la fiducia e l’intervento dei Paesi donatori. Necessari, poi, “nuovi accordi internazionali che regolino lo sfruttamento delle risorse naturali, che recuperino fondi pubblici sottratti illegalmente, che limitino il commercio di armi ed eliminino la distribuzione distorta dei sussidi all’agricoltura”. Se quindi gli investitori stranieri devono contribuire allo sviluppo economico dei Paesi dove operano - ha precisato il presule - d’altra parte, i vari governi devono “assicurare condizioni favorevoli a investimenti etici, compresi un sistema giuridico efficiente, un sistema fiscale stabile, la protezione del diritto alla proprietà, e infrastrutture che permettano l’accesso dei produttori locali ai mercati regionali e globali”. “Lo sradicamento della povertà - ha concluso - è un impegno morale”.
Oggi su "L'Osservatore Romano"
◊ Servizio vaticano - Una pagina dedicata al cammino della Chiesa in Africa.
Servizio estero - Iraq: l’ambasciatore statunitense all’ONU accusa l’Iran di sostenere gli insorti sciiti.
Servizio culturale - Un articolo di Francesco Licinio Galati sull’assegnazione del Premio Strega a Niccolò Ammaniti, autore dell’opera “Come Dio comanda”.
Servizio italiano - In rilievo il tema delle pensioni.
Inaugurato nella città di York il Sinodo generale della Chiesa anglicana. Intervista con padre Jonathan Boardman
◊ E’ iniziato oggi, presso l’Università di York, il Sinodo generale della Chiesa d’Inghilterra. Tra i temi di dibattito, questioni di particolare rilievo riguardano la missione e il ministero della Chiesa anglicana, i rapporti con le altre Chiese e l’impegno verso la società. Il primo ambito di riflessione include in particolare il confronto delle diverse province sul cosiddetto “Anglican Communion Covenant”, un patto volto ad incoraggiare la comprensione reciproca tra le province anglicane, in un’ottica di collaborazione e di interdipendenza, per rafforzare ed alimentare la vita di comunione in Cristo della Chiesa anglicana. A spiegare l’importanza di questo Statuto in via di elaborazione è padre Jonathan Boardman, vicario nella chiesa di All Saints a Roma e membro del Sinodo della Chiesa d’Inghilterra, intervistato da Philippa Hitchen, della nostra redazione inglese:
R. - Sicuramente, la discussione è, in principio, sulla possibilità di ottenere un accordo dalla Chiesa d’Inghilterra per l’intera Comunione anglicana. Sarà una delle discussioni più forti e più significative, perché se la Comunione anglicana può sviluppare questo “Covenant”, avrà modo di fare parte di una comunità più grande delle Chiese che formano tale Comunione e che sono autonome, e ciò vorrebbe dire che la crisi attuale nella Chiesa anglicana può essere risolta. Un “Covenant” potrà meglio chiarire cosa significhi “essere anglicano” e renderà più facile la discussione con la Comunione anglicana e con i partner, come la Chiesa cattolico-romana.
D. – Quindi, questo “Covenant”, questo tipo Statuto, come viene visto dalla Chiesa d’Inghilterra e in altri Paesi dove la Chiesa anglicana ha una maggioranza?
R. - Adesso stiamo considerando una bozza del “Covenant”, che dovrà tornare dopo la discussione nella riunione degli arcivescovi delle varie province. Ma questo è il primo passo per lo sviluppo del “Covenant” e deve tornare per una ratificazione finale.
D. - Ci sono anche argomenti ecumenici sull’agenda per questo Sinodo?
R. - Prendiamo in considerazione un accordo tra la Chiesa metodista in Inghilterra e la Chiesa d’Inghilterra e questo nuovo documento parla della risposta della Chiesa metodista alla possibilità nel futuro di accettare vescovi nella loro Chiesa.
D. - Si utilizza per questo dibattito tra metodisti e anglicani una tipologia di lavoro che è stato usato nell’ARCIC con la Chiesa cattolica?
R. - Sì, infatti i documenti ARCIC tra la Chiesa cattolica e la Comunione anglicana sono stati i testi teologici più usati anche per questo nuovo sviluppo tra la Chiesa metodista e quella anglicana.
Venti studenti di 13 Paesi in via di sviluppo al Master in "Sviluppo globale e giustizia sociale", inaugurato a Roma
◊ “Sviluppo globale e giustizia sociale”: questo il tema del Master universitario organizzato dalla Caritas diocesana di Roma, in collaborazione con la St. John’s University di New York. Il corso, della durata biennale, ha preso il via oggi con la partecipazione di 20 studenti provenienti da 13 Paesi in via di sviluppo. Ce ne parla Isabella Piro.
Scienze sociali ed umane, salute mondiale, migrazioni e trattamento delle vittime di violenze di massa: sono queste le quattre aree tematiche in cui si articola il Master. Ad affiancare il tutto, la Dottrina sociale della Chiesa perché lo sviluppo globale non sia mai separato dalla giustizia sociale. Ma qual è l’obiettivo del corso? Annalisa Saccà, responsabile del progetto:
"Formare dei leader che possano cambiare il mondo. Alla parola 'globale' potremmo sostituire la parola 'integrale': integrale è considerare anche la parte spirituale dell’uomo, guardare l’uomo e non solo alle cose delle quali llui ha bisogno esternamente ma anche internamente. Uno sviluppo integrale significa dare un’importanza spirituale che non si è mai data: ho fame mi dai da mangiare, però ho un altro tipo di fame, per cui ho bisogno di un altro tipo di cibo, come leggevamo nel Vangelo".
Camerun, Thailandia, Costa d’Avorio, Bulgaria, ma anche Israele e Stati Uniti sono alcuni dei Paesi di provenienza degli studenti. Il master prevede la formazione a distanza, ma per i primi due mesi, i ragazzi sono ospitati a Roma, presso la Caritas, realizzando così un modello di integrazione. Ancora Annalisa Saccà:
"Si vedono, si parlano, interagiscono; si parlano dei loro problemi, di quello che succede nei loro Paesi ed è molto bello vederli: questo è veramente sviluppo integrale".
Una volta diplomati, gli studenti potranno tornare nel loro Paesi e diventare dirigenti ed operatori sociali, mettendo in pratica direttamente sul posto ciò che hanno imparato. L’azione pedagogica del master, quindi, non è quella di imporre dall’alto modelli di sviluppo, ma di favorirne la condivisione.
Presentata alla Radio Vaticana l'edizione de "Le Università e le Giornate 2007 per la pace", alla presenza del cardinale Lozano Barragán
◊ Torna l’appuntamento annuale in Francia, a Lourdes, con “Le Università e le Giornate 2007 per la pace”, dal 20 al 22 luglio e poi il 14 agosto. Nate in occasione del Giubileo del 2000 sono un’occasione per promuovere il cammino di avvicinamento tra popoli e di conoscenza reciproca per arrivare alla pace. Nell’edizione di quest’anno, dedicata all’Europa, saranno esposti alcuni progetti accademici, frutto del lavoro di alcuni team provenienti dai più importanti atenei di tutto il mondo. Ospite d’onore sarà l’Armenia, in concomitanza con le celebrazioni francesi a ricordo del genocidio del popolo caucasico. Il servizio è di Gabriella Ceraso:
Si parlerà di religioni, popoli e culture, di riconciliazione e di democrazia, di geopolitica e difesa nelle Giornate della pace 2007: 14 interventi da 12 Paesi del mondo: docenti, esperti, osservatori e responsabili di programmi convinti che insieme si può e si deve promuovere e sviluppare la convivenza pacifica tra i popoli a sostegno delle operazioni concrete condotte da Stati e dalle istituzioni. Non siamo organizzazioni non governative e non firmeremo trattati ha detto il sindaco di Lourdes, Jeanne Pierre Artiganave:
R. - Nous avouons et nous pensons...
"Pensiamo che siccome viene a Lourdes tutta l’umanità, si debba con una parola rispondere a partire dal suo vissuto che è quello del servizio ai malati, non solo nel corpo ma anche ai malati nella speranza e nella verità".
Il servizio è base indispensabile per la conoscenza, ha aggiunto Artiganave, conoscenza reciproca e riconciliazione. Alla base dunque del progetto il messaggio di Lourdes come ha ribadito anche il cardinale Javier Lozano Barrágan presidente del Pontificio Consiglio degli operatori sanitari delegato del Santo Padre a Lourdes:
"Un sì assoluto al Signore questo è quello che significa la frase di Maria che ha detto a Louders che Lei era l’Immacolata Concezione. Cosa significa questo? Una piena disposizione, una fede assoluta, non importano i problemi, non importano i disagi, non importa il dolore, non importa la sofferenza, a tutti dice un sì combattendo veramente il dolore e la sofferenza, l’angoscia, perché siamo noi assolutamente sicuri e la risurrezione".
Dunque, insieme per costruire la pace. L’obiettivo quest’anno è formare Osservatori di pace, case di pace collegate tra loro per monitorare le esigenze dei popoli e cercare di risolverle. Il tema, l’Europa: perché il Vecchio continente è stato sì sede di guerre e massacri, ma è anche ora il simbolo di una riconciliazione e di un’unità riuscita.
In Colombia un milione di persone in piazza per chiedere la liberazione degli oltre tre mila ostaggi ancora nelle mani della guerriglia. Appello dei vescovi per la fine delle violenze
◊ Grande mobilitazione popolare in diverse città colombiane per chiedere la liberazione di tutti gli ostaggi ancora nelle mani della guerriglia, dei gruppi paramilitari e della criminalità organizzata. Almeno un milione di persone, molti dei quali con indosso una camicia bianca, hanno partecipato alla marcia che si è svolta ieri per le strade di Bogotà, dove sono oltre 3 mila le persone sequestrate di cui si sono perse le tracce. I raduni, organizzati da familiari dei sequestrati, dalla Chiesa e da associazioni per i diritti umani, in molti casi si sono svolti con la partecipazione delle autorità locali e del governo centrale. In piazza anche Yolanda Pulecio la madre di Ingrid Betancourt - da cinque anni nelle mani delle Farc - che ha affermato: “l’intera Colombia vuole le libertà dei sequestrati. Ma essa si ottiene con il dialogo, con una zona smilitarizzata e non con la violenza, le operazioni militari e le bombe”. Intanto, i vescovi della Colombia hanno esortato il Governo a trovare un accordo umanitario che consenta il ritorno a casa di tutte le persone private dalla libertà. In un comunicato, firmato da mons. Luis Augusto Castro Quiroga, arcivescovo di Tunja e presidente della Conferenza episcopale colombiana, i presuli hanno condannato e il nuovo attentato contro la vita costituito dal recente assassinio di 11 deputati, rapiti quasi cinque anni fa dalle FARC. “E’ ora di superare la paura, l’indifferenza, l’egoismo, che ci rendono insensibili davanti al dolore altrui”, hanno esortato i vescovi che – afferma l’agenzia Fides - in nome della libertà e contro la violenza ieri hanno celebrato una Santa Messa nella Cattedrale Primate di Bogotà. (E. B.)
I vescovi filippini assicurano che faranno tutto il possibile per la liberazione di padre Bossi
◊ La Conferenza episcopale delle Filippine ha assicurato il proprio aiuto per risolvere al più presto il rapimento di padre Giancarlo Bossi, missionario del Pontificio Istituto Missioni Estere rapito dalla sua parrocchia di Payao lo scorso 10 giugno. Come riferisce l'Agenzia AsiaNews, l’arcivescovo di Jalo e presidente della Conferenza, mons. Angel Lagdameo, ha telefonato all’inviato del governo italiano nelle Filippine, l’on. Margherita Boniver, assicurando la vicinanza e la collaborazione della Chiesa nazionale. Nel corso della telefonata, mons. Lagdameo ha indicato come proprio referente l’arcivescovo di Davao, mons. Fernando Capalla, una “figura chiave nel Forum vescovi-ulema, un uomo che da anni lavora con i musulmani per il dialogo e la pace”. Questi, ha concluso, “è al servizio, e lavora da tempo per la liberazione di padre Bossi”. Mentre dalle Filippine si susseguono notizie sulle operazioni di ricerca del missionario, puntualmente smentite dai confratelli che seguono il sequestro, il Pime ha indetto per il prossimo 10 luglio – ad un mese esatto dal rapimento del loro confratello – una giornata internazionale di preghiera per la sua liberazione. A questa si sono unite anche le suore di clausura in Italia, su invito della Pontificia unione missionaria. (R.P.)
La Caritas di Gerusalemme in prima linea contro la diffusione della droga tra le nuove generazioni palesitinesi
◊ A Gerusalemme prosegue l’impegno della Caritas contro la diffusione delle sostanze stupefacenti. Nei giorni scorsi, in occasione della giornata mondiale contro il traffico di droga, 400 tra giovani, volontari, operatori sociali e rappresentanti delle istituzioni locali e di governo si sono ritrovati nel centro di Counseling della Caritas di Gerusalemme (OCCC) situato nella città vecchia. Come ricorda l’agenzia Sir, da tempo ormai l’organismo cattolico ha avviato una campagna contro la droga e per il recupero dei tossicodipendenti, un problema in crescita specialmente tra le nuove generazioni palestinesi. Secondo quanto riferisce la Caritas in una nota, nell’incontro è stata ribadita “la necessità di lavorare insieme per fronteggiate questa piaga e di investire sui trattamenti di recupero, assistenza e riabilitazione”. Ai rappresentanti di governo è stato chiesto “di attivare un’azione di coordinamento tra i vari operatori che lavorano nel campo del recupero e della lotta alla droga, a partire dalle scuole”. (E. B.)
Ponte fra musulmani ed ebrei. Questa la missione dei cristiani in Terra Santa secondo il ministro generale dell’Ordine dei Frati Minori, padre José Rodriguez Carballo
◊ “La Terra Santa è la perla delle missioni. La Chiesa ci ha affidato la Custodia dei luoghi santi e con questo capitolo vogliamo dire il nostro amore per questa Terra”. Così il ministro generale dell’Ordine dei frati minori, padre José Rodriguez Carballo spiega la scelta di tenere in Terra Santa il capitolo dei frati con alle spalle meno di 10 anni di professione solenne, al quale partecipano 200 frati e che si chiude domenica prossima. “San Francesco nella Regola ha scritto un capitolo per quei frati che vanno ‘fra saraceni e altri infedeli’ – afferma il Ministro in un’intervista all’agenzia Sir – ma attenzione alle parole: Francesco dice 'fra' e non 'contro' i saraceni. Allora come oggi – prosegue - i francescani tentano di vivere in Terra Santa il dialogo della vita. Ci sentiamo chiamati ad essere ponti tra musulmani ed ebrei”. Anche se il cristianesimo è una minoranza nella regione, ha una importanza notevole nell’incontro tra i popoli. Abbiamo scuole in Terra Santa dove gli alunni musulmani arrivano al 75% della popolazione studentesca”, cha affermato infatti padre Rodriguez Carballo che ha concluso: “educando con lo spirito francescano senza proselitismo e senza rinunciare al Vangelo, si può costruire un futuro di pace”. (E. B.)
In Argentina i medici cattolici ribadiscono il proprio ‘no’ all’aborto mentre nel Paese si discute della possibilità di ampliare la pratica in tutti i casi di violenza
◊ "L’aborto diretto è sempre l’omicidio di una persona umana". E’ quanto si legge in un comunicato del consorzio dei medici cattolici di Buenos Aires emesso di fronte ai tentativi delle autorità di permettere l’aborto in tutti i casi di violenza. I medici argentini – afferma l’agenzia Fides – ricordano che “il diritto naturale ci insegna inequivocabilmente che la vita è il primo diritto umano e che nessuno deve disporre di essa”. Perciò né i politici, né i legislatori, né le autorità “devono pretendere che i medici, che, per vocazione, professione e tradizione ippocratica hanno giurato di difendere la salute e la vita, incomincino a praticare aborti e ad uccidere persone piccole, deboli ed indifese”. I medici cattolici reclamano inoltre il diritto all’obiezione di coscienza, che il medico “deve potere esercitare in ogni procedimento medico che sia presentato al professionista durante la sua vita”. Per tutto ciò, il consorzio “esorta i politici, i legislatori e le autorità a difendere la vita e la salute di tutti i cittadini, siano vecchi, adulti, giovani o bambini appena concepiti nel seno delle loro madri”. (E. B.)
Nello Zimbabwe, il dimezzamento dei prezzi per contrastare l’inflazione rischia di creare conseguenze drammatiche per l’economia del Paese
◊ L’economia dello Zimbabwe è in crisi dopo la decisione del governo di imporre una riduzione del 50% dei prezzi al dettaglio per far fronte all’inflazione ormai fuori controllo. Secondo l’agenzia Fides, fonti giornalistiche da Harare, la capitale, descrivono una situazione drammatica con i negozi di alimentari completamente privi di merce in vendita. Per far rispettare l’imposizione sono stati mobilitati gli ispettori governativi, gli organi di polizia e gli appartenenti alla milizia giovanile vicina al Presidente Robert Mugabe. Diversi negozianti, per sfuggire ai controlli, hanno preferito tenere chiusi i negozi. Di conseguenza si è creato un mercato clandestino dove i prezzi sono più alti. La decisione del governo rischia quindi di aggravare una situazione già fortemente compromessa dall’alta inflazione, dalla forte disoccupazione e dal crollo della produzione agricola e industriale, che, secondo la Confederazione degli industriali locali oggi è un terzo di quella del 2000. Per tenere sotto controllo il malcontento popolare e l’opposizione politica, il governo fa sempre più ricorso alla forza. Le confessioni cristiane dello Zimbabwe hanno espresso di recente una forte condanna per l’uso delle tortura nei confronti delle persone arrestate. Anche Mons. Kevin Dowling, vescovo di Rustenburg, in Sudafrica, ha condannato l’uso della tortura. “I vescovi sudafricani sanno cosa l’apartheid ha causato allo spirito del proprio popolo” ha detto Mons. Dowling, parlando a Bulawayo, la seconda città dello Zimbabwe. “Il nostro popolo ha sofferto, alcune persone sono scomparse e altre sono state uccise. Dio non era con il regime dell’apartheid e Dio non è con il regime dello Zimbabwe” ha concluso il presule. (E. B.)
Sono migliaia i nuovi sfollati in Darfur: è quanto afferma un recente rapporto dell’ONU
◊ A causa della continua insicurezza e delle violenze, migliaia di persone hanno cercato riparo nei campi profughi del Darfur, regione occidentale sudanese teatro dal febbraio 2003 di un conflitto interno e di una grave crisi umanitaria. A sostenerlo un recente rapporto della UNMIS, la missione ONU in Sudan, in cui si aggiunge che circa 3 mila nuovi profughi sono arrivati nel mese di giugno a El Fasher, capitale dello Stato del Darfur settentrionale, una delle tre regioni che compone l’omonima regione sudanese. Come riporta l’agenzia Misna, queste persone hanno lasciato la zona orientale del massiccio di origine vulcanica del Jabel Marra, dove nelle scorse settimane si sono verificati attacchi e scontri tra truppe governative e forze ribelli. Anche nel Darfur meridionale migliaia di civili hanno ricominciato a fuggire per il peggioramento della situazione. Sono infatti oltre 33 mila i civili ospitati nel campo di ‘al Salam’, che fino allo scorso marzo aveva una popolazione stimata di circa 13 mila persone. “Un alto numero di rifugiati si sta muovendo anche verso il Ciad e il Centrafrica” afferma la nota ONU. Il Movimento-Esercito di liberazione del Sudan (Sla-m, fazione che non ha siglato l’accordo di pace con Khartoum) ha intanto denunciato i voli quotidiani a bassa quota compiuti negli ultimi giorni dall’aviazione sudanese su alcuni campi per sfollati del Sud Darfur. (E. B.)
Turchia: Amnesty International denuncia l’assenza di giustizia per le vittime di tortura e delle uccisioni da parte delle forze di sicurezza
◊ In Turchia, la tortura, i maltrattamenti e le uccisioni perpetrate dalle forze di sicurezza continuano ad essere impunite. E’ la denuncia Amnesty International contenuta in un rapporto pubblicato ieri in cui, segnalando vizi e ritardi delle indagini relative al rispetto dei diritti umani, si chiede una immediata revisione del sistema giudiziario e penale del Paese. “La protezione dei diritti umani dei cittadini” deve essere “al di sopra della tutela di quelli che vengono percepiti come interessi delle istituzioni e dei funzionari statali” – ha affermato Nicola Duckworth, direttrice del Programma Europa - Asia centrale di Amnesty International. Secondo il rapporto dell’organizzazione per i diritti umani, alla base dell’impunità di poliziotti e gendarmi vi sono ritardi amministrativi, procedure giudiziarie carenti e intimidazioni nei confronti dei difensori dei diritti umani e dei giornalisti. Il documento mette inoltre in rilievo la mancanza di un organismo indipendente che possa indagare in modo imparziale ed efficace sulle violazioni dei diritti umani compiute da funzionari statali e l’assenza di un archivio centrale delle violazioni commesse dalle forze di sicurezza. Amnesty parla poi di dichiarazioni estorte mediante tortura e impiegate in tribunale, dove spesso non vengono accettati esami medici indipendenti. Nel marzo 2006, a Diyarbakır, nella Turchia orientale, una serie di manifestazioni contro il governo terminò con un’ondata di arresti. Sulla base dei rapporti del Servizio di assistenza legale dell’ordine degli avvocati, si stima che il 35% degli arrestati, bambini inclusi, furono sottoposti a maltrattamenti e torture. Vennero avviate 35 inchieste che, a distanza di oltre un anno, non hanno dato luogo neanche a una incriminazione nei confronti delle forze di sicurezza. (E. B.)
In 97 foto il ritratto di due Papi: il cardinale Dziwisz, mons. Betori e mons. Bressan hanno inaugurato la mostra dedicata a Giovanni Paolo II e Benedetto XVI
◊ Più di cento istantanee per raccontare il comune percorso di Giovanni Paolo II e Benedetto XVI. E’ il senso della mostra fotografica inaugurata ieri sera a Carisolo (in provincia di Trento) dal card. Stanislaw Dziwisz, arcivescovo di Cracovia e promossa dall’Agorà dei giovani italiani per il “Pellegrinaggio dei giovani alla croce dell'Adamello". Ricordando gli anni passati con Giovanni Paolo II, riferisce l'agenzia Sir, il cardinale ha sottolineato il filo che unisce i due pontefici, in particolare ha citato la Gmg di Colonia del 2005 nella quale Benedetto XVI “ha dato un’espressiva testimonianza del rapporto che legava i giovani e il Servo di Dio Giovanni Paolo II. Il Pontefice – ha detto l’arcivescovo di Cracovia - affermava un’idea basilare del Papa venuto da lontano, di mostrare ai giovani Gesù Cristo, Figlio di Dio, che ci fa entrare in rapporto con il Padre. Poi Benedetto XVI puntava sulla fede, la quale secondo Giovanni Paolo II è il fondamento del rapporto tra l’uomo e Dio”. ”Infine – ha concluso Dziwisz – poneva l’accento sul momento più importante per questo grande Papa, di rispondere ai problemi contemporanei ed incoraggiare i giovani ad essere annunciatori del Vangelo”. La mostra, promossa tra gli altri dalla Fondazione Giovanni Paolo II per la Gioventù, toccherà diverse città europee, compresa Cracovia, paese natale di Giovanni Paolo II. (R.P.)
Provengono da tutto il mondo i 40 mila giovani che parteciperanno al raduno per il centenario dello scoutismo, in programma in Gran Bretagna tra la fine di luglio e i primi di agosto
◊ Saranno 40mila, provenienti da tutto il mondo, i ragazzi e le ragazze scout che dal 27 luglio all’8 agosto parteciperanno al Jamboree, il raduno mondiale del centenario di fondazione dello scoutismo. Durante l’evento, che si terrà ad Hylands Park, nei pressi di Londra, nella contea di Chelmsford, il primo agosto si svolgerà un incontro nell’isola di Brownsea, dove cento anni fa, il primo agosto 1907, il britannico Robert Baden Powell ha organizzato il primo campo scout. Come riporta l’agenzia Sir il tema scelto per il raduno, “Un mondo una promessa”, esprime - spiegano i promotori - “il forte legame che unisce tutti gli scout e le guide del mondo, nonostante le differenze culturali, linguistiche, etniche e religiose”, ed è occasione “per comprendere che è possibile lavorare insieme” per “un mondo migliore”. Il gruppo italiano che parteciperà al Jamboree del centenario è composto da circa 2.400 persone, quasi tutti giovani. Per presentare l’evento, la mattina dell’11 luglio a Roma, alle ore 11.30, si terrà una conferenza stampa promossa dalla Federazione italiana dello scoutismo, che raccoglie i circa 200mila aderenti alle associazioni AGESCI e CNGEI. (E. B.)
Il calcio per la solidarietà con l'Africa. Domani a Frosinone, Nazionale cantanti e Forze armate in campo per i bambini del Rwanda
◊ Domani sera alle 20.30 nello stadio comunale Matusa di Frosinone, scenderanno in campo la Nazionale Italiana Attori e la rappresentativa delle Forze di Polizia e delle Forze Armate. La partita - scrive l'Agenzia Sir - è organizzata dall’Associazione di volontariato "Maria Pia Grimaldi" di Supino. “Attraverso il ricavato delle vendite della partita di beneficenza – spiega Marco Arduini della Caritas diocesana - l’obiettivo è promuovere un nuovo progetto di adozioni scolastica (fornire, cioè, grembiuli, quaderni, libri, cancelleria) per il mantenimento e la scolarizzazione di bambini e giovani che vivono in Rwanda, messo a dura prova da eccidi, guerra civile, carestie”. L’evento è sponsorizzato dalla Banca popolare del Frusinate che aderisce ai progetti della Caritas diocesana, non soltanto in materia di adozioni. È attivo, infatti, un progetto di Microcredito grazie al quale, attraverso l’assistenza e la mediazione della Caritas, le persone possono ottenere dei piccoli prestiti necessari a fabbisogni primari, senza cadere nelle reti degli usurai. (R.P.)
In Pakistan, gli studenti ancora asserragliati nella moschea Rossa di Islamabad – In Medio Oriente, le forze israeliane si ritirano dalla Striscia di Gaza dopo le incursioni costate la vita ad 11 palestinesi
◊ In Pakistan, la tensione resta altissima: centinaia di militari e agenti continuano a circondare ad Islamabad la moschea Rossa occupata da studenti integralisti che non intendono arrendersi. Nel Paese asiatico ha ricevuto inoltre vasta eco la notizia, poi smentita dall’esercito, di un attentato fallito diretto contro il presidente Pervez Musharraf. Il nostro servizio:
Gli studenti che, da martedì scorso occupano la moschea Rossa di Islamabad, hanno deciso di non arrendersi e hanno dichiarato di essere pronti al martirio. Ieri, il governo pakistano aveva respinto l’offerta di un leader religioso, asserragliato nell’edificio, per una resa onorevole in cambio dell’impunità. Le autorità chiedono l’immediato rilascio delle donne e dei bambini che tuttora si trovano nel complesso. Il timore è che possano essere usati come scudi umani. Si teme anche che il bilancio delle vittime possa aggravarsi: gli scontri tra studenti integralisti e forze di sicurezza pakistane, che durano ormai da quattro giorni, hanno provocato, finora, la morte di almeno 16 persone. La situazione è tesa anche nel nord ovest del Paese, dove un attentato kamikaze ha provocato la morte di almeno 4 soldati. L’attentato è avvenuto in una zona già teatro, in passato, di attacchi sferrati da integralisti islamici. In Pakistan, intanto, è giallo su un presunto attacco contro l’aereo del presidente, Pervez Musharraf. Secondo alcune emittenti locali, il capo di Stato pakistano sarebbe scampato ad un attentato, condotto con missili terra-aria. I razzi avrebbero mancato di poco l’aereo presidenziale durante la fase di decollo da una base militare. Il portavoce dell’esercito ha tuttavia smentito la notizia dell’attacco e dichiarato che non è stato sparato alcun missile. Il presidente pakistano, alleato degli Stati Uniti nella guerra contro il terrorismo, è scampato a due attentati organizzati da Al Qaeda nel 2003.
- Ancora attacchi contro la NATO in Afghanistan: l’Alleanza Atlantica ha reso noto, in un comunicato, che due soldati della Forza internazionale di assistenza per la sicurezza (ISAF) sono rimasti uccisi ieri in seguito ad operazioni condotte nell’est del Paese. Questa mattina, poi, sono rimasti feriti due soldati britannici della NATO in seguito ad un attacco suicida nei pressi di Kabul.
- Nei Territori Palestinesi, sembra tornata alla normalità la situazione nella Striscia di Gaza dopo le operazioni militari israeliane di ieri, costate la vita a diversi integralisti palestinesi. Il servizio di Beatrice Bossi:
Dopo le incursioni di terra e i raid aerei di ieri nel centro della Striscia di Gaza, le forze israeliane si ritirano. Le operazioni militari, condotte in due campi profughi nel nord della regione, hanno provocato la morte di 11 palestinesi, tra i quali 6 miliziani di Hamas. L’ex premier palestinese Ismail Haniyeh, leader del gruppo radicale, ha subito definito “un massacro criminale” l’incursione israeliana nella Striscia di Gaza. Ha anche affermato che adesso i militanti palestinesi hanno il diritto di rispondere all’offensiva lanciata dagli israeliani. Sul terreno, intanto, 3 mila palestinesi sono scesi in strada per chiedere la riapertura del dialogo tra Hamas e Al Fatah, dopo la conquista della Striscia di Gaza da parte del movimento islamico. Sulla situazione in Medio Oriente, si è pronunciato, stamani, anche il presidente del Consiglio italiano, Romano Prodi. Ad un quotidiano israeliano, Prodi ha dichiarato di non vedere le condizioni per poter inviare una forza militare multinazionale a Gaza. L’amministrazione americana ha reso noto, infine, di non aver cambiato opinione su Hamas dopo la liberazione del giornalista britannico, Alan Johnston, rilasciato anche grazie alla mediazione del gruppo radicale.
- Commercio e investimenti, responsabilmente gestiti, possono rafforzare la pace, la sicurezza e la qualità della vita, a vantaggio di tutti. E’ la convinzione alla base del vertice dei partner del “patto globale” delle Nazioni Unite, dal titolo “Affrontare la realtà, mettersi al lavoro”, svoltosi a Ginevra. Il servizio di Mario Martelli:
Rispetto dei diritti dell’uomo e delle norme sociali, lotta conto la corruzione e protezione dell’ambiente. Si tratta di impegni che i dirigenti di oltre 4000 imprese di 116 Paesi includono in una dichiarazione che deve essere firmata alla conclusione di due giorni di lavori a Ginevra. Un vertice - ha detto il segretario generale dell’ONU, Ban Ki-moon, nel discorso di apertura dell’incontro - che deve ribadire lo sforzo comune per la ricerca di soluzioni ai problemi e per fronteggiare le sfide della mondializzazione. Un’adesione ai principi di quello che viene definito il “Global Compact” delle Nazioni Unite e che i dirigenti delle aziende devono rispettare nelle loro operazioni come guida manageriale e morale. Ban Ki-moon ha invitato i leader sindacali e della società civile ad essere partner critici ma costruttivi. Un patto che include, oltre al rispetto e la protezione dei diritti umani, l’eliminazione delle discriminazioni di ogni forma di lavoro forzato e lavoro infantile, le iniziative per la protezione dell’ambiente e per lo sviluppo e la diffusione di tecnologie appropriate, oltre alla lotta contro la corruzione.(Da Ginevra, Mario Martelli, per la Radio Vaticana)
- Continuano le indagini per fare luce sui falliti attacchi in Gran Bretagna: la polizia australiana ha interrogato cinque medici, dopo una serie di perquisizioni in cui sarebbero emerse prove di collegamenti con i falliti attentati di Londra e Glasgow.
- Cresce l’apprensione per la sorte della bambina britannica di tre anni rapita ieri nel sud della Nigeria. Il Ministero degli Esteri britannico ha chiesto l’immediato rilascio della piccola, figlia di un cittadino britannico residente in Nigeria da dieci anni, ma dai rapitori arrivano inquietanti minacce. Il nostro servizio:
I sequestratori hanno minacciato di uccidere la bambina, Margaret Hill, se il padre non si consegnerà al suo posto. Lo ha riferito la mamma della piccola alla televisione britannica BBC, dopo aver ricevuto una telefonata dei rapitori. I sequestratori hanno chiesto alla donna di recarsi in una città della regione del Delta del Niger, per lo scambio degli ostaggi. Poi, le hanno permesso di parlare con la figlia che, mentre piangeva, ha detto di stare bene. Michael Hill, padre della piccola, sarebbe disposto a consegnarsi ai sequestratori, ma la polizia locale glielo impedisce. Il Movimento per l’Emancipazione del Delta del Niger (MEND) - principale gruppo ribelle attivo nella regione, che chiede una più equa distribuzione degli introiti derivanti dalle attività petrolifere - ha escluso qualsiasi coinvolgimento nella vicenda. Si tratta del terzo rapimento di un bambino nella regione del delta del Niger, nelle ultime due settimane. Negli altri due casi, gli ostaggi sono stati rilasciati dopo il pagamento di un riscatto.
- Il popolo turco il 22 luglio sarà chiamato a scegliere il futuro del suo Paese, tre mesi dopo quello della sua Costituzione. Ieri, la Corte Costituzionale, ha respinto i ricorsi presentati dal presidente della Repubblica, Ahmet Necdet Sezer, e dal Partito repubblicano del popolo, attualmente all’opposizione. L’obiettivo era quello di fermare la riforma costituzionale fatta votare dal governo Erdogan. La riforma, che prevede l’elezione diretta del capo dello Stato, è stata fortemente criticata dai partiti laici perché ritenuta pericolosa per la tenuta della democrazia nel Paese. Si teme, in particolare, una predominanza di rappresentanti islamici nelle istituzioni. (Panoramica internazionale a cura di Amedeo Lomonaco)
Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LI No. 187
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