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SOMMARIO del 03/07/2007

Il Papa e la Santa Sede

  • Aspettative e speranze della Chiesa nella Repubblica Dominicana al centro delle udienze del Papa con i vescovi del Paese caraibico, in visita "ad Limina"
  • Udienze e nomine
  • Presentata una sintesi dei dati relativi al bilancio consuntivo della Santa Sede per il 2006. I Musei Vaticani visitati da oltre 4 milioni di persone
  • Una lampada come segno di solidarietà verso le Chiese e gli abitanti dei Paesi del Medio Oriente. L'ha accesa questa mattina mons. Leonardo Sandri
  • Mons. Silvano Tomasi al Comitato esecutivo dell'ACNUR: aumentare il livello di sicurezza dei profughi che chiedono asilo, soprattutto in Medio Oriente
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • Strage di turisti nello Yemen, forse perpetrata da Al Qaeda. Il commento di Lucio Caracciolo
  • Restituire una credibilità all'Afghanistan attraverso la certezza del diritto: se ne discute alla Conferenza internazionale in corso a Roma
  • Polemiche in Italia sui dati relativi all'applicazione della Legge 40 sulla procreazione assistita. Intervista con Carlo Casini
  • Chiesa e Società

  • La fiaccola benedettina “Pro pace et Europa una” fa tappa a Roma dopo aver “ripercorso” le radici cristiane del Vecchio continente
  • Nuovo appello dei vescovi del nord dell’Iraq per la riconciliazione delle comunità del Paese
  • In Tagikistan, le minoranze religiose preoccupate per il nuovo disegno di legge sui cultiù: molte misure colpirebbero anche la Chiesa cattolica
  • Battezzati in Cina 262 fedeli, all’indomani della pubblicazione della Lettera del Papa ai cattolici del Paese asiatico
  • I vescovi boliviani presentano le proposte che saranno sostenute all’Assemblea costituente del Paese
  • In occasione dei lavori del Consiglio economico dell’ONU, il segretario generale, Ban Ki-moon, esorta a rispettare gli “Obiettivi del Millennio"
  • Sergio de Queiroz Duarte nominato nuovo responsabile per il disarmo delle Nazioni Unite
  • In vista della visita ufficiale del Papa, in Austria apre un sito internet per ricevere e offrire intenzioni di preghiera
  • In Thailandia, il primo incontro dell’Istituto sull’apostolato dei laici per la famiglia (BILA)
  • Concluso in Croazia il congresso del Servizio europeo delle vocazioni su "La famiglia, luogo vocazionale"
  • A Rocca di Papa, il Convegno nazionale degli educatori dei seminari d'Italia. Vi partecipano 250 fra rettori, docenti e padri spirituali di 115 diocesi italiane
  • 24 Ore nel Mondo

  • Sale ad otto il numero delle persone arrestate perchè sospettate di essere coinvolte nei falliti attentati nel Regno Unito - In Iraq, il Consiglio dei ministri approva disegno di legge per la distribuziione dei proventi derivanti dal petrolio
  • Il Papa e la Santa Sede



    Aspettative e speranze della Chiesa nella Repubblica Dominicana al centro delle udienze del Papa con i vescovi del Paese caraibico, in visita "ad Limina"

    ◊   Le grandi attese della Chiesa nella Repubblica Dominicana e le speranze di sviluppo dei suoi abitanti: occasione per parlarne, la visita ad Limina dei vescovi dominicani, che ieri hanno iniziato le loro udienze con Benedetto XVI. Il servizio di Roberta Gisotti:


    “Una comunità viva, dinamica, partecipativa”, “ben voluta e rispettata dal popolo e considerata l’istituzione più credibile della nazione”: la fotografia della Chiesa dominicana scattata dal presidente della Conferenza episcopale, Ramon Benito De La Rosa y Carpio. Parlando, nel maggio scorso ad Aparecida, in Brasile alla V Conferenza generale dell’episcopato latinoamericano e dei Caraibi, il presule alla guida dei vescovi dominicani aveva evidenziato luci ed ombre di un momento storico che registra, sì, il consolidarsi della democrazia e la crescita economica in alcuni settori, ma che pure lascia irrisolti gravi mali sociali, appesantiti dai processi di globalizzazione: perdita di valori, disgregazione familiare, disuguaglianze, corruzione politica, migrazioni interne ed estere, criminalità, tossicodipendenza e narcotraffico.

     
    Sono circa nove milioni gli abitanti oggi della Repubblica Dominicana, già possedimento spagnolo, indipendente dal 1844, dopo varie traversie occupata dagli Stati Uniti dal 1916 al 1924, poi per un trentennio sotto la dittatura del generale Rafael Truillo, quindi - all’inizio degli anni ’60 - soggetta a vari colpi di Stato e insanguinata da una guerra civile, per arrivare all’attuale forma di governo repubblicano, sancito dalla nuova Costituzione del 1966, che vede oggi a capo dello Stato e dell’esecutivo Leonel Fernandez Reyna, eletto nel 2004.
     In questo Paese, che occupa la parte orientale dell’isola caraibica Hispaniola, condivisa con Haiti ad ovest, e dove cinque secoli orsono fu piantata la prima croce nel Nuovo mondo, i cattolici rappresentano quasi il 90 per cento della popolazione, suddivisi in 11 diocesi, sotto la cura pastorale di 440 sacerdoti, in 191 parrocchie. Di fronte alle preoccupanti sfide della modernità, i presuli lamentano la scarsa presenza dei laici nei campi della cultura, della politica, dell’economia, dell’educazione e della biotetica. In particolare, sollecitano nuovi cammini per l’evangelizzazione della cultura, e nuove proposte di pastorale urbana, rivolta ai ceti sociali medi ed alti, cosi come verso i giovani per capire il loro linguaggio e saper offrire risposte alle loro domande. Tanto più auspicano i presuli dominicani una riflessione sulla formazione dei sacerdoti ai compiti ministeriali loro assegnanti. E rilanciano, infine, l’opzione preferenziale per i poveri.

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    Udienze e nomine

    ◊   Benedetto XVI ha ricevuto ieri sera in udienza il cardinale Joachim Meisner, arcivescovo di Colonia.

    In Italia, il Papa ha accettato la rinuncia al governo pastorale della diocesi di Rimini, presentata per raggiunti limiti di età dal vescovo Mariano De Nicolò. Al suo posto, il Pontefice ha nominato mons. Francesco Lambiasi, assistente ecclesiastico generale dell’Azione cattolica italiana.

    In Australia, Benedetto XVI ha accettato la rinuncia al governo pastorale della diocesi di Darwin, presentata per raggiunti limiti di età dal vescovo J.P. Collins. Al suo posto, il Papa ha nominato mons. Daniel Eugene Hurley, finora vescovo di Port Pirie. Mons. Hurley, 67 anni, ha compiuto gli studi nel “St Francis Seminary” di Adelaide. Ha frequentato la “University of South Australia” ed il “South Australian Institute of Technology”, dove ha ottenuto il diploma in educazione. Dopo l'ordinazione ha svolto il ministero di parroco, quindi è stato nominato vescovo nel 1998. Attualmente, è presidente della Commissione per la vita pastorale e di quella per la famiglia e la vita della Conferenza episcopale australiana.

    In Costa Rica, il Pontefice ha accettato la rinuncia al governo pastorale della diocesi di Alajuela, presentata per raggiunti limiti di età dal vescovo José Rafael Barquero Arce. Al suo posto, Benedetto XVI ha nominato mons. Ángel San Casimiro Fernández, degli Agostiniani Recolletti, finora vescovo di Ciudad Quesada. Il presule ha 64 anni ed ha emesso la professione solenne nell’Ordine degli Agostiniani Recolletti il 4 settembre 1964. Dopo l’ordinazione sacerdotale, ha svolto gli uffici di cappellano d'ospedale, parroco, vicario episcopale per i religiosi della diocesi di Alajuela e Parroco di “San Antonio de Belén” . Nel 1995 è stato nominato vescovo di Ciudad Quesada.

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    Presentata una sintesi dei dati relativi al bilancio consuntivo della Santa Sede per il 2006. I Musei Vaticani visitati da oltre 4 milioni di persone

    ◊   Con un comunicato diffuso oggi dalla Segreteria di Stato, sono stati resi noti i dati del bilancio consolidato della Santa Sede per il 2006, approvati ieri durante la 41ª Riunione del Consiglio dei Cardinali per lo Studio dei problemi organizzativi ed economici, presieduta dal cardinale segretario di Stato, Tarcisio Bertone. I dati del Bilancio consuntivo della Santa Sede saranno anche oggetto di una presentazione - venerdì prossimo, alle 11.30, nella Sala stampa Vaticana - alla presenza, fra gli altri, del cardinale Sergio Sebastiani, presidente della Prefettura per gli Affari economici. Il servizio di Alessandro De Carolis:


    Il Bilancio consuntivo consolidato della Santa Sede registra per il 2006 entrate per 227 milioni 815 mila euro ed uscite per 225 milioni e 409 mila euro, con un avanzo di 2 milioni e 405 mila euro. Le uscite, si spiega nel comunicato, riguardano in maggioranza spese ordinarie e straordinarie dei Dicasteri e Organismi della Santa Sede, che vedono impiegate complessivamente 2704 persone, di cui 773 ecclesiastici, 331 religiosi e 1600 laici, mentre i dipendenti dello Stato della Città del Vaticano sono 1693. Tra i dati comunicati, anche quello riguardante i Musei Vaticani, visitati lo scorso anno da oltre 4 milioni 200 mila turisti provenienti da tutto il mondo. "Il 2006 - si legge nel comunicato - si è chiuso con un risultato positivo di 21 milioni e 849 mila euro". Per ciò che riguarda la previdenza, il Fondo Pensioni Vaticano ha erogato nel 2006 pensioni per oltre 15 milioni di Euro. Inoltre, prosegue il comunicato, “durante l’esame dei Bilanci - che come di consueto sono stati sottoposti a verifica e certificazione - i cardinali hanno affrontato, per la loro rilevanza informativa e pastorale, l’argomento dei mezzi di comunicazione sociale del Vaticano: Radio, CTV, L’Osservatore Romano, Sala Stampa, Internet, ecc.. Tali strumenti, per stare al passo con i tempi, richiedono rilevanti risorse finanziarie ed esigono continue innovazioni tecnologiche.

     
    Nel corso della riunione, è stato inoltre presentato l’andamento dell’Obolo di San Pietro, che si compone dell’insieme delle offerte in arrivo dalle Chiese locali - raccolte in occasione della solennità dei Santi Pietro e Paolo - di quelle raccolte dagli Istituti di vita consacrata, dalle Fondazioni e dai singoli fedeli. Per il 2006, tali offerte sono state complessivamente di 101 milioni 900 mila dollari, destinate dal Papa alle esigenze del suo ministero a servizio della Chiesa Universale. E sempre a sostegno della struttura centrale della Chiesa, anche i vescovi hanno contribuito, secondo le possibilità delle loro diocesi, offrendo in totale 24 milioni 81 mila euro. "Come è noto - conclude il comunicato - tali contributi sono distinti da quelli stabiliti tramite accordi bilaterali con alcuni Stati, come ad esempio l’otto per mille in Italia, che sono invece destinati alle rispettive Chiese particolari".

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    Una lampada come segno di solidarietà verso le Chiese e gli abitanti dei Paesi del Medio Oriente. L'ha accesa questa mattina mons. Leonardo Sandri

    ◊   Una lampada perché non siano dimenticati i Paesi orientali, coinvolti da tempo in una spirale di violenza che mortifica la convivenza personale e sociale. Ad accenderla questa mattina, davanti all’Icona della Santa Madre di Dio, l'arcivescovo Leonardo Sandri, da poco nominato prefetto della Congregazione per le Chiese Orientali. Il presule ha voluto coinvolgere in questo gesto simbolico, nella sede della Congregazione, ambasciatori e diplomatici del Medio Oriente, dell’Europa e di altre nazioni. Tiziana Campisi ha chiesto allo stesso mons. Leonardo Sandri quale sia il significato di questa lampada che resterà accesa fino a quando nei Paesi orientali non cesseranno conflitti e incomprensioni:


    R. - Che sia il segno della nostra vigilanza, della nostra attenzione ma soprattutto della nostra preghiera perché è quello che possiamo fare: pregare, dire con la nostra preghiera, gridare la nostra impotenza, la nostra impossibilità di fare qualche cosa e chiedere che sia Dio stesso ad agire in queste circostanze e a portare la pace. Io credo che almeno dobbiamo svegliare la sensibilità - intanto della nostra Congregazione e di quelli che appartengono e lavorano qui per le Chiese Orientali - e poi di tutti quelli che sono uniti a noi in questa ansia, in questa angoscia per la pace. Per esempio - pensavo alle vacanze qui in Occidente - che talvolta si ci dimentichiamo o mi dimentico io stesso forse di queste sofferenze. Vorrei che questa lampada rappresenti invece il segno della nostra piena attenzione verso i nostri fratelli dell’Oriente, che soffrono ogni giorno le conseguenze della guerra, della divisione, degli odi, degli attentati.

     
    D. - Quali sono le realtà più difficili oggi, per i cristiani?

     
    R. - Poter vivere serenamente la vita della Chiesa che implica avere i propri edifici, i propri templi, partecipare della Santa Messa, partecipare dei Sacramenti, svolgere tutta la pastorale della Chiesa per i giovani, per gli anziani, per i bambini, la catechesi. Come si può fare tutto questo in mezzo a queste difficoltà esterne? E’ una sfida che è per la Chiesa, per i patriarchi, per le chiese locali: come devono affrontare l’evangelizzazione, la vita pastorale.

     
    D. - Come prefetto della Congregazione per le Chiese orientali, quali sono le priorità alle quali guarda in particolare?

     
    R. - Innanzitutto, una priorità di comunione, di fratellanza con tutti, sia con le Chiese soprattutto del Medio Oriente ma anche con quelle dell’Europa Orientale. Noi, come Congregazione delle Chiese Orientali, siamo vicini a loro e facciamo tutto il possibile con i sussidi che abbiamo dal punto di vista pastorale, dal punto di vista economico, grazie anche a tutte le persone che ci aiutano a sostenerli, per dare loro tutto il sollievo che possiamo pur nella nostra, diciamo così, piccolezza. Io cerco anche di fare opera, o cercherò, di fare opera di animazione perché i nostri fratelli dell’Occidente conoscano tutti questi tesori, li apprezzino e li abbiano come luce anche per risolvere i propri problemi.

     
    D. - Rivolgendosi a tutti i cristiani, quale appello lancerebbe per sensibilizzarli alle necessità delle Chiese Orientali?

     
    R. - Pensate a Gesù, pensate a Lui che è nato in queste terre. Pensate che questi nostri fratelli delle Chiese Orientali sono gli eredi di quanti sono stati i più vicini discepoli, amici di Gesù. Fate un’opera concreta di vicinanza, di aiuto per le Chiese Orientali.

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    Mons. Silvano Tomasi al Comitato esecutivo dell'ACNUR: aumentare il livello di sicurezza dei profughi che chiedono asilo, soprattutto in Medio Oriente

    ◊   L’Alto Commissariato ONU per i rifugiati (ACNUR) proponga alle Nazioni Unite un maggior coordinamento delle politiche riguardanti i flussi migratori, per arginare il dramma delle migliaia di persone che muoiono nel tentativo di ricostruirsi una vita lontano dalle tragedie dei propri Paesi, in particolare i profughi dal Medio Oriente. La sollecitazione è venuta dall’arcivescovo Silvano Tomasi, osservatore permanente della Santa Sede all’ONU di Ginevra, intervenuto nei giorni scorsi durante la riunione del Comitato esecutivo dell’ACNUR. Il servizio di Alessandro De Carolis:


    Nel dramma mondiale che riguarda il quotidiano approdo di immigrati in nazioni considerate un mezzo per riapproriarsi di un futuro, altrimenti impossibile nei Paesi di provenienza, c’è un aspetto ricorrente e tragico che passa sovente in secondo piano: quello della morte che moltissimi sfollati trovano nel tentativo di rifarsi una vita. Le questioni giuridiche e il regolamento dei flussi di chi chiede asilo prendono il sopravvento sulla sorte di chi non è riuscito ad attraversare quel lembo di deserto o quel braccio di mare che significava la salvezza. Su questo specifico problema, e sulle possibili soluzioni che l’Alto Commissariato ONU per i rifugiati potrebbe avanzare, ha imperniato il proprio intervento mons. Silvano Tomasi. I rifugiati stimati dall’ACNUR, ha ricordato, sono attualmente 32 milioni ma il fenomeno è in “crescita” e “da diversi anni” è accompagnato da un altro fenomeno: quello - ha osservato il presule - “dei terribili incidenti mortali occorsi nel tentativo di raggiungere un porto sicuro da parte di migliaia di persone costrette da circostanze disperate a cercare una via di scampo al di fuori del proprio Paese”. Tale fenomeno, ha aggiunto mons. Tomasi, “non è solo regionale. È presente nel Mediterraneo per la gente che prova a passare dall'Africa all’Europa; nell'Atlantico per chi attraversa l'Africa occidentale verso le Isole Canarie. Altre persone perdono la vita nel muoversi dall'Africa orientale verso la penisola araba; o dalle isole caraibiche al continente americano; dal Messico attraverso il deserto per approdare negli Stati Uniti; in alcune regioni dell'Asia”.

     
    Mons. Tomasi ha invitato il Comitato esecutivo dell’ACNUR a verificare se vi sia “un vuoto normativo” per la protezione di queste vittime che - ha detto - "incontrano la morte nel tentativo di fuggire da altre forme certe di morte fisica o psicologica”. Dunque, è stata la sua proposta, l’ACNUR “potrebbe porre la questione di un coordinamento delle politiche a livello di Nazioni Unite”, stimolando l’avvio di “uno studio sistematico di come possa essere assicurata la protezione e provvedendo perfino a sviluppare una serie di ingranaggi specifici per garantirla”. Naturalmente, ha proseguito l’osservatore della Santa Sede, questo approccio positivo e preventivo al problema richiederebbe la garanzia di maggior sicurezza nei luoghi di origine del fenomeno, di rispetto dei diritti dell'uomo, di creazione di posti di lavoro e di un ambiente pacifico. Trasformazioni che tuttavia non possono verificarsi - ha rilevato mons. Tomasi – “senza il coinvolgimento della comunità internazionale” che organizzi al meglio i canali di migrazione e promuova al contempo eque politiche commerciali, agricole, finanziarie in rapporto ai Paesi più poveri.

     
    Spostando poi l’attenzione sui rifugiati dell’area mediorientale, mons. Tomasi ha denunciato il “peggioramento” della loro situazione a causa della “pulizia etnica e religiosa" che colpisce le minoranze”. I cristiani in particolare, ha asserito, “devono confrontarsi con una nuova epoca di martirio”. E comunque, i mezzi necessari “per un’adeguata risposta alla sofferenza dei rifugiati iracheni” non sono ancora sufficientemente disponibili. A suggellare l’intervento del presule è stato il richiamo di Benedetto XVI per la Giornata mondiale del rifugiato di quest’anno: “Accogliere favorevolmente i rifugiati e offrire loro ospitalità è un dovere della solidarietà umana”.

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   Servizio vaticano - L'omelia del Cardinale Tarcisio Bertone durante la Celebrazione Eucaristica nel Santuario di N.S. di Montallegro per il 450.mo anniversario delle apparizioni a Rapallo.

    Servizio estero - Terrorismo: attaccata comitiva di turisti; morti sette spagnoli e due guardie locali.

    Servizio culturale - Un articolo di Stefania Zuliani dal titolo “Un filo conduttore, la diffusa consapevolezza dell’inquietudine della contemporaneità”: la 52.ma edizione della Biennale d'Arte a Venezia.
    Per l’”Osservatore libri”, un articolo di Felice Accrocca dal titolo “Tra papato e impero: la storia di Farfa nel Medioevo”; due pubblicazioni dedicate alla splendida Abbazia della Sabina.
     Servizio italiano - In rilievo il tema degli incidenti sul lavoro.

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    Oggi in Primo Piano



    Strage di turisti nello Yemen, forse perpetrata da Al Qaeda. Il commento di Lucio Caracciolo

    ◊   E’ unanime la condanna per l’attentato di ieri, nello Yemen, costato la vita ad almeno sette turisti spagnoli e a due guide turistiche locali. Una decina i feriti. Secondo gli inquirenti, dietro l’attacco ci sarebbero terroristi legati ad Al Qaeda, entrati in azione alla periferia di Marib per assaltare quattro fuoristrada di turisti nei pressi di quello che la tradizione ha fatto conoscere a tutto il mondo come il Tempio della Regina di Saba. Il segretario generale dell’ONU, Ban Ki-moon, si è detto inorridito per l’accaduto e ha condannato “con forza” quanto successo, ribadendo che “nessuna causa può giustificare atti di violenza indiscriminata contro civili”. Il presidente Saleh ha già promesso una ricompensa a chi fornirà informazioni sull’attentato kamikaze, giunto a poche ore dalle fallite azioni terroristiche in Gran Bretagna. Sia per queste ultime, sia per lo Yemen, le indagini convergono su una rete diramata in tutto il mondo. Giada Aquilino ne ha parlato con Lucio Caracciolo, direttore della rivista di geopolitica Limes:


    R. - Gli attentati indicano che una struttura coerente di Al Qaeda non esiste, ma esistono persone, gruppi, cellule che si ispirano all’ideologia "jiadista", di Al Qaeda, e poi operano in maniera spesso del tutto autonoma gli uni dagli altri, sui vari territori.

     
    D. - I conflitti ancora aperti in Iraq ed Afghanistan e quello in corso tra israeliani e palestinesi possono influenzare o comunque incitare queste cellule terroristiche a colpire?

     
    R. - Sono motivo di ispirazione ideologica, di fanatizzazione e sono anche strumenti dal punto di vista militare, nel senso che offrono la possibilità di addestrare, di affinare le tecniche terroristiche, di sperimentare gli scontri, insomma di costruire delle generazioni di combattenti.

     
    D. - Si teme in qualche modo una moltiplicazione del caos generato da nuovi eventuali terroristi?

     
    R. - C’è una difficoltà di controllare un fenomeno così diffuso. D’altro lato, non è nemmeno il caso di enfatizzarlo troppo. Credo che, alla fine, l’unico modo per poterlo sconfiggere non sia quello di sradicarlo completamente - questione evidentemente impensabile almeno nel tempo storico - ma sapere in qualche modo gestirlo senza che le conseguenze degli attentati possano completamente sviare il nostro modo di vivere e di essere.

     
    D - Come può la comunità internazionale gestire questo allarme?

     
    R. - Credo che non ci sia una "comunità internazionale", piuttosto credo ci siano diversi soggetti che hanno interessi diversi in questa partita: c’è chi interpreta la guerra al terrorismo in modi completamente opposti dagli altri, anche perché la definizione di terrorismo è ovviamente in funzione degli interessi. Faccio un esempio: per i cinesi, i terroristi sono quelli che vengono chiamati gli indipendentisti del Xinjiang - che sono dei gruppi di religione musulmana e di etnia turca. Per gli americani, evidentemente, i terroristi sono quelli che combattono contro gli americani in Afghanistan e in Iraq. Per i russi, sono i ceceni. Non c’è un accordo generale quindi c’è un uso della guerra al terrorismo che gli Stati fanno in base ai loro interessi.

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    Restituire una credibilità all'Afghanistan attraverso la certezza del diritto: se ne discute alla Conferenza internazionale in corso a Roma

    ◊   "Serve un sistema di giustizia equo ed efficace". Lo ha detto il presidente afghano, Hamid Karzai, partecipando a Roma alla Conferenza internazionale intitolata "Lo Stato di diritto in Afghanistan". Tra i partecipanti all'incontro, 26 delegazioni internazionali e il segretario generale dell’ONU, Ban Ki-moon. Il segretario delle Nazioni Unite ha ribadito, ieri, il proprio 'no' alle vittime civili nel Paese asiatico a causa di operazioni militari condotte dalle forze internazionali. Intanto, dall’Unione Europea arrivano 200 milioni di euro per sviluppare il settore della giustizia in Afganistan. Ma qual è l’importanza di questo appuntamento internazionale? Isabella Piro lo ha chiesto a Mimmo Càndito, giornalista de La Stampa e per molto tempo inviato speciale in Afghanistan:

     
    R. - La partecipazione dei grandi attori presenti sul territorio non è quella che si sarebbe aspettata. E’ un fatto sicuramente interessante, come tutti gli incontri che portano a misurarsi con la realtà e le autorità politiche, ma certamente appare con qualche obiettivo realizzabile inferiore a quelle che erano le aspettative.

     
    D. - Significativa, in questo senso, l’assenza del segretario di Stato americano, Condoleeza Rice…

     
    R. - Non darei a questa assenza un significato politico particolare. E’ certò però che se ci fosse stata la signora Rice questa Conferenza avrebbe immediatamente acquistato un vigore, una capacità decisionale e conferito un'immagine all’interno del Paese così come al quadro internazionale molto più rilevante.

     
    D. - La Conferenza arriva in un momento critico per l’Afghanistan: negli ultimi giorni ci sono state vittime civili durante i raid delle forze multinazionali. Quanto influisce ciò sui futuri risultati della Conferenza?

     
    R. - Influisce di sicuro. L'intensità con la quale il presidente Karzai ha criticato le forme di intervento militare, che hanno prodotto appunto queste vittime civili, dimostra che vi è un elemento di rottura e di crisi fra il processo di ricomposizione del tessuto sociale ed istituzionale e la realtà che si sta verificando sul terreno.

     
    D. - Il tema della Conferenza è “Lo Stato di diritto in Afghanistan”: segno che la ricostruzione economica e sociale del Paese è strettamente legata al settore giustizia…

     
    R. - Sicuramente, e questo perché il settore giustizia non vuol dire soltanto il funzionamento della macchina giudiziaria e quindi la costituzione di tribunali credibili ed una capacità di giurisdizione che sia riconosciuta alla società, ma significa anche l’avvio di un apparato legislativo e normativo che risponda alle esigenze di uno Stato di diritto e contemporaneamente anche l’avvio di una cultura diversa nelle relazioni tra la società e il potere politico.

     
    D. - Tra le tavole rotonde in programma, quella sull’accesso ai diritti umani, pensiamo ad esempio alla condizione della donna, e quella sulla lotta al narcotraffico: due temi forti, per l’Afghanistan…

     
    R. – Fortissimi, non vi è dubbio. Per quanto riguarda il primo dovrebbe essere ormai ben chiaro che vi sono due Afghanistan: una è quella della capitale, Kabul, dove è possibile che le donne acquistino progressivamente un ruolo pubblico e la maggioranza delle donne a Kabul non indossano infatti il burka; ma nel resto dell’Afghanistan la realtà è totalmente diversa. Non soltanto domina il burka, ma domina il burka come elemento simbolico e quindi come incapacità delle donne di essere soggetto politico, soggetto pubblico e con una identità soltanto privata. Per quanto riguarda poi il secondo punto, quello del narcotraffico, bisogna dire c’è un fallimento totale per quanto riguarda il contenimento delle coltivazioni di oppio. Sappiamo, infatti, che dall’Afghanistan si muovono i tre quarti del traffico di eroina.

     
    D. – Alla conferenza interviene anche il segretario generale dell’ONU; Ban Ki-moon. Ma qual è il ruolo delle Nazioni Unite in questo contesto?

     
    R. – L’ONU in questo momento sta intervento sul piano strettamente umanitario. E’ una pedina insostituibile per quanto riguarda la sopravvivenza di milioni di persone. Se si immagina, invece, la possibilità di un ruolo politico all’interno della crisi, credo che non vi siano ancora le condizioni politiche generali per poterlo promuovere. Il conflitto è segnato sul territorio da contrasti molto alti e l’incapacità del governo centrale di essere autenticamente un governo nazionale in tutto il Paese rendono difficile un intervento risolutivo delle Nazioni Unite.

     
    D. - Ma di cosa ha più bisogno l’Afghanistan e cosa ci possiamo aspettare dalla conferenza?

    R. – Avrebbe anzitutto bisogno della pace e su questo non vi è dubbio. Cosa può nascere da questa conferenza? Come dicevo bisogna cercare di ricavare il convincimento e la certezza che soltanto la politica può portare a conclusione positiva i drammatici problemi che sono alla base delle condizioni di conflitto.

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    Polemiche in Italia sui dati relativi all'applicazione della Legge 40 sulla procreazione assistita. Intervista con Carlo Casini

    ◊   E’ polemica sui dati presentati ieri al parlamento italiano dal ministro della Salute, Livia Turco sull’applicazione delle tecniche di procreazione artificiale dopo l’introduzione della legge 40 che ha riordinato il settore. Il ministro ha rimarcato un calo delle gravidanze pari al 3,6% nel 2005 rispetto al 2003. Esponenti della sinistra e dei radicali hanno parlato di legge fallimentare che va cambiata, mentre alcuni senatori di centrodestra hanno definito "fuorvianti" i dati presentati, perché non usano paramenti omogenei. Sul punto, Massimiliano Menichetti ha chiesto il parere di Carlo Casini, presidente del Movimento per la Vita:


    R. - Prima di tutto, non sono affatto convinto che le gravidanze siano diminuite. Io ho fatto i calcoli in base alle stesse tabelle che sono state presentate dal Ministero e secondo me la percentuale è diversa. Bisogna tenere conto in sostanza non dei prelievi ma dei trasferimenti. Con questa tecnica di fecondazione artificiale, si preleva dal corpo della donna un certo numero di ovociti, si fecondano e si formano gli embrioni. Prima della legge, era possibile con un solo prelevo prendere dieci o 20 ovociti: tutti venivano fecondati e poi venivano trasferiti nel corpo della donna, provavano prima una volta, poi due volte, poi tre volte e così via di seguito. Oggi, proprio per evitare la morte degli embrioni, la legge permette che tutti gli embrioni siano trasferiti, perciò ad ogni prelievo corrisponde un trasferimento.

     
    D. - In sostanza, lei sta dicendo che si contano gli ovuli prelevati e poi fecondati, e non il numero degli embrioni impiantati: siamo di fronte ad un dato fuorviante?

     
    R. - E’ chiaro che se io faccio un prelievo e da un prelievo solo ricavo 20 embrioni, che trasferisco in più volte, può darsi che le percentuali di gravidanza diventino più alte. Ma in realtà i trasferimenti sono stati di più quindi non sono affatto d’accordo con questo dato.

     
    D. - Ma qual è il giudizio che si deve esercitare nella valutazione della legge 40?

     
    R. - Il giudizio deve utilizzare un criterio chiaro. E’ evidente che se si tiene conto esclusivamente dei desideri delle coppie adulte, e non si attribuisce nessun valore alla vita umana, si può anche sostenere che è diventata più complicata questa pratica. Ma il criterio scelto dalla legge è quello di ridurre al minimo le morti degli embrioni, cioè degli esseri umani, e comunque di escludere ogni uccisione diretta e premeditata di embrioni umani come avverrebbe attraverso la selezione. In questo caso, allora, è chiaro il risultato raggiunto dalla legge 40. La selezione degli embrioni comportava necessariamente l’uccisione premeditata di una grande quantità di embrioni ed è per questo che la relazione non fa il paragone con i trasferimenti ma lo fa soltanto con i prelievi.

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    Chiesa e Società



    La fiaccola benedettina “Pro pace et Europa una” fa tappa a Roma dopo aver “ripercorso” le radici cristiane del Vecchio continente

    ◊   Da Bucarest a Roma per riscoprire le radici cristiane dell’Europa, seguendo le orme dei primi benedettini che evangelizzarono la Romania. Questo è lo spirito con cui la fiaccola benedettina “Pro pace et Europa una” ha percorso il lungo tragitto che, oggi pomeriggio, la porterà alla sede della provincia di Roma, dove sarà accolta dal presidente Enrico Gasbarra. La Fiaccola arriverà intorno alle 18.15 al Colosseo, da qui percorrerà le ultime centinaia metri, che la separano da Palazzo Valentini, in mano a due tedofori. Domani la fiaccola sarà presente, invece, all’Udienza generale del Santo Padre; quindi il viaggio verso Norcia per le celebrazioni finali, in programma mercoledì 11 luglio. La Fiaccola era stata accesa sabato scorso a Bucarest dal Patriarca ortodosso Teoctist e dal Nunzio Apostolico in Romania, monsignor Jean Claude Pèrisset, alla presenza della delegazione italiana di cui fanno parte l’arcivescovo di Spoleto-Norcia, monsignor Riccardo Fontana, e il sindaco di Norcia, Nicola Alemanno. Domenica, la fiaccola è stata poi accolta dall’arcivescovo Ioan Robu, nella cattedrale cattolica della capitale rumena, dove è stata celebrata una messa presieduta dall’arcivescovo Riccardo Fontana. Il presule, nella sua omelia tradotta in rumeno, ha sottolineato che “attraverso il Santo patriarca nursino è facile ritrovare le radici cristiane d’Europa. S. Benedetto – ha aggiunto - ha un fascino particolare in Romania, perché i suoi monaci si adoperarono per l’evangelizzazione del Paese”. Anche il sindaco di Norcia, nel suo saluto, ha parlato del rapporto tra l’Europa e il Santo, facendo un riferimento particolare alle sfide che spettano alla Comunità europea allargata e al ruolo del suo paese, che all’Europa ha dato il Santo Patrono. Sempre nella Giornata di domenica la delegazione ha fatto visita alla chiesa degli italiani in Romania, dove vive la comunità discendente da quella che ha raggiunto il Paese nei primi anni del ‘900, e, nel pomeriggio, si è recata alla nuova struttura per anziani, ragazzi diversamente abili e orfani, gestita dagli orionini. (M.G.)

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    Nuovo appello dei vescovi del nord dell’Iraq per la riconciliazione delle comunità del Paese

    ◊   “Apriamo le nostre mani verso una seria riconciliazione nazionale, viviamo nel perdono costruendo ponti per mantenere il mosaico religioso, etnico, culturale della nostra terra”. Sono le parole del nuovo appello al dialogo e all’unità di tutti gli iracheni, lanciato ieri dai vescovi delle diocesi del nord di Kirkuk, Erbil, Alqosh, Zakho e Amadiyah, insieme ai loro sacerdoti. In particolare, i presuli si rivolgono ai cristiani che stanno soffrendo, chiedendogli “di rilanciare il loro ruolo guida nel campo del dialogo, della pace e della civiltà, con pazienza, saggezza, preghiera”. I firmatari dell’appello rifiutano inoltre ogni ipotesi di un enclave cristiana in luogo sicuro nella piana di Ninive poiché – scrivono i presuli – “l’Iraq è la nostra terra e dobbiamo vivere in pace e amicizia”. A tal proposito, però, vescovi e sacerdoti del Nord assicurano sostegno e solidarietà, aprendo chiese e centri religiosi ed invitando tutti ad accogliere i rifugiati. Nel messaggio, infine, si invitano le congregazioni religiose e le organizzazioni di carità a stabilirsi nelle diocesi del nord per operare nel campo della cultura, dell’accoglienza, della scuola, “dal momento che le condizioni di sicurezza sono buone”. (M.G.)

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    In Tagikistan, le minoranze religiose preoccupate per il nuovo disegno di legge sui culti: molte misure colpirebbero anche la Chiesa cattolica

    ◊   Le minoranze religiose del Tagikistan esprimo forti preoccupazioni per un nuovo disegno di legge sui culti religiosi. I leader delle religioni minoritarie locali – la maggioranza del popolazione del Paese è musulmana - hanno infatti inviato una lettera al parlamento dove sostengono che il provvedimento viola i diritti umani fondamentali. Al centro delle polemiche sul disegno di legge, la misura impone che per poter essere legalmente registrata, una comunità religiosa nelle aree rurali deve contare almeno 400 membri, contro i dieci previsti dalla legislazione attuale. Questa disposizione di fatto penalizza molti gruppi religiosi, a cominciare da quello cattolico che nel Paese conta appena 250 fedeli. Altri punti controversi sono poi l’articolo 10 che impone agli educatori religiosi di concordare le loro attività con la Commissione statale per le attività religiose e l’articolo 11 che vieta a cittadini stranieri di guidare e stabilire comunità e organizzazioni religiose. Misure che colpiscono in modo particolare la Chiesa cattolica, che dipende quasi esclusivamente da personale religioso straniero: tutti i sacerdoti attualmente operanti nel Paese sono infatti missionari argentini dell’Istituto del Verbo Incarnato. Si mostra molto preoccupato della situazione anche padre Carlos Avila, capo della missione argentina, che, in una testimonianza raccolta dall’ agenzia Ucan, afferma: “La nostra Chiesa è troppo piccola e non so come sarà possibile registrarla se passa questa legge”. La nuova legge vieta, inoltre, ogni attività di proselitismo, una norma che - come ha spiegato un giurista sempre all’agenzia Ucan - viola la stessa costituzione tagika, che permette ai cittadini di passare liberamente da una religione all’altra. (M.G.)

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    Battezzati in Cina 262 fedeli, all’indomani della pubblicazione della Lettera del Papa ai cattolici del Paese asiatico

    ◊   In Cina, la comunità cattolica di Pechino ha vissuto con grande emozione il battesimo di 262 catecumeni, celebrato all’indomani della pubblicazione della Lettera del Papa ai cattolici cinesi. Per l’occasione, i catecumeni hanno ricevuto anche la Cresima e la prima Eucaristia. Le cerimonie, che si sono svolte nella parrocchia dell’Immacolata Concezione, domenica primo luglio, hanno visto i 262 nuovi membri della comunità cristiana accompagnati da tutti i parrocchiani, tra i quali giovani lavoratori, intellettuali e intere famiglie con nonni, genitori e figli. Secondo fonti locali contattate da Fides, si è trattato di "una cerimonia commovente" dove, "nonostante il gran caldo, tutti erano concentrati e hanno partecipano attivamente alla celebrazione”. Sempre le stesse fonti riferiscono che i neofiti erano tutti molto emozionati e felici di essere entrati a far parte della famiglia cattolica, all’indomani della pubblicazione della Lettera del Papa, che segna un momento significativo ed importantissimo nel cammino della Chiesa in Cina e quindi anche del loro cammino spirituale di cattolici. (M.G.)

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    I vescovi boliviani presentano le proposte che saranno sostenute all’Assemblea costituente del Paese

    ◊   Il Comitato permanente della Conferenza episcopale boliviana (CEB) ha illustrato alla stampa le proposte che i vescovi Boliviani presenteranno all’ Assemblea Costituente del Paese. Il rapporto Chiesa-Stato, l'educazione, la famiglia e la scuola sono le tematiche affrontate, durante una conferenza stampa, dai presuli del Paese sudamericano. Per quanto riguarda il rapporto tra chiesa e stato, mons. Edmundo Abastoflor, arcivescovo di La Paz e vicepresidente della Conferenza episcopale, ha parlato del terzo articolo della Costituzione, rilevando che la sua attuale formulazione "dà l'impressione che la Chiesa cattolica sia privilegiata rispetto ad altre confessioni religiose presenti nel Paese". Monsignor Tito Solari, arcivescovo di Cochabamba, ha voluto invece affrontare le questioni inerenti alla scuola e all’educazione. Per il presule, in Bolivia, deve essere riconosciuta la diversità delle scuole e l'insegnamento della religione deve entrare stabilmente nei curriculum scolastici. Infine, si è parlato di matrimonio e famiglia, sostenendo la necessità di proteggere con le dovute misure queste istituzioni. Al termine dell’incontro con la stampa, il cardinale Julio Terrazas ha voluto precisare che “i punti menzionati non sono privilegi che si stanno difendendo, bensì sono valori che dobbiamo sostenere perché principi basilari del bene comune”. La Conferenza episcopale boliviana, intanto, ha avviato una raccolta di firme per sostenere queste proposte davanti all'Assemblea Costituente. (M.G.)

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    In occasione dei lavori del Consiglio economico dell’ONU, il segretario generale, Ban Ki-moon, esorta a rispettare gli “Obiettivi del Millennio"

    ◊   “Le attuali barriere commerciali, le sovvenzioni all’agricoltura e le severe regole sulla proprietà intellettuale rafforzano le disuguaglianze nel mondo e mettono in ridicolo tutte le nostre grandi dichiarazioni per l’eliminazione della fame e della povertà dal mondo”. Sono le dure parole con cui il segretario generale dell’ONU, Ban Ki-moon, ha aperto ieri il Consiglio Economico e sociale delle Nazioni Unite (ECOSOC), riunito in sessione a Ginevra fino al 27 luglio. Ban ha chiesto poi, agli stati membri dell’Organizzazione mondiale del Commercio (WTO), di raddoppiare gli sforzi per trovare un accordo sugli scambi commerciali, entrati in una nuova fase di stallo una settimana fa, dopo il fallimento dei colloqui del cosiddetto gruppo del G-4, composto da Unione Europea, Stati Uniti, Brasile e India. Il segretario generale dell’ONU ha inoltre esortato i paesi ricchi a rispettare l’impegno a devolvere lo 0,7 % del Prodotto interno lordo (Pil) agli aiuti allo sviluppo, come concordato sei anni fa nelle trattative commerciali di Doha. Secondo Ban Ki-moon riguardo agli ‘Obiettivi del Millennio’ fissati dall’ONU – in testa quelli di dimezzare la povertà e la fame entro il 2015 – il mondo è a metà strada, lo stesso ha poi sottolineato che i progressi sono stati troppo lenti in particolare nell' Africa Sub-sahariana. (M.G)

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    Sergio de Queiroz Duarte nominato nuovo responsabile per il disarmo delle Nazioni Unite

    ◊   Il nuovo alto rappresentante per il disarmo delle Nazioni Unite è Sergio de Queiroz Duarte, diplomatico brasiliano, già ambasciatore in Nicaragua, Canada, Repubblica Popolare Cinese e Austria. Duarte ha anche lavorato nel settore del disarmo presso la sede dell’ONU di Ginevra ed è stato responsabile dell’AIEA, l'Agenzia Internazionale per l'Energia Atomica, e presidente della VII conferenza per la revisione del Trattato di non proliferazione delle armi nucleari a New York. Il portavoce del Palazzo di Vetro, Marie Okabe, ha precisato che con il rango di segretario generale aggiunto, Duarte risponderà direttamente a Ban Ki-Moon. La sua nomina, “riconosce l’impegno instancabile del Brasile a favore del disarmo e contro le armi di distruzione di massa e gli sforzi per regolare le questioni relative alla pace e alla sicurezza internazionale in modo multilaterale” si legge in una nota del ministero degli Esteri di Brasilia. (M.G.)

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    In vista della visita ufficiale del Papa, in Austria apre un sito internet per ricevere e offrire intenzioni di preghiera

    ◊   Subito dopo la conferma ufficiale ieri del viaggio che il Papa compirà in Austria dal 7 al 9 settembre al santuario di Mariazell, in Austria sono cominciate a moltiplicare iniziative di preghiera. Ieri, tra queste, non sono mancate le intenzioni offerte sulla rete. Nel sito www.b16.at è possibile, infatti, registrarsi per offrire delle preghiere. A promuovere l’originale iniziativa sono la Pontificia opera missionaria Missio e la pastorale per le vocazioni dell’arcidiocesi di Vienna, insieme con numerose organizzazioni cattoliche. “Pregate con noi per una nuova esperienza dell’amore di Dio, per ricevere frutti durevoli dalla visita del Papa, per tutti coloro che partecipano all’organizzazione e alla preparazione di questi giorni e per il Papa”, recita l’appello all’adesione. Secondo gli organizzatori “l’esperienza in altri Paesi dimostra quanto siano forti gli impulsi derivanti dalla visita del Papa”. Nel sito è riportata la preghiera allo Spirito Santo, così come altre preghiere. Inoltre, compilando il modulo d’iscrizione nella pagina iniziale del sito è possibile ricevere al proprio indirizzo mail le specifiche intenzioni per cui pregare. (M.G.)

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    In Thailandia, il primo incontro dell’Istituto sull’apostolato dei laici per la famiglia (BILA)

    ◊   “Percorsi e approcci per rispondere alle sfide della pastorale familiare nel 21° secolo”. Questo è il titolo della prima riunione dell’Istituto sull’apostolato dei laici per la famiglia (BILA), organizzato a Pattaya, in Thailandia, dalla Federazione delle Conferenze episcopali dell’Asia (FABC). Al centro dei lavori - ai quali hanno preso parte 76 esponenti della Chiesa cattolica provenienti da 13 Paesi asiatici - ci sono state le sfide e gli effetti negativi della globalizzazione sulla stabilità dell’istituto familiare nelle società asiatiche. Si è parlato quindi di povertà, del crescente divario tra ricchi e poveri, dell’accresciuta mobilità umana, provocata dall’emigrazione, come fattore di disgregazione della famiglia e della diffusione, favorita dai media e dal benessere in alcuni strati sociali. Si è parlato anche di modelli culturali che sviliscono i valori della vita e della famiglia, dell’aumento dei matrimoni misti, delle convivenze e al contempo dei divorzi. Secondo l’Istituto, queste sfide richiedono una risposta pastorale mirata e coordinata che coinvolga tutte le realtà ecclesiali ai vari livelli. Al termine dell’incontro, è stato stilato un documento che fornisce alcune precise raccomandazioni in merito all’azione pastorale: promuovere nelle parrocchie e nelle diocesi una formazione permanente per le famiglie, assicurare un accompagnamento pastorale continuo per le coppie miste, costituire in tutte le diocesi commissioni per la famiglia operanti a tempo pieno. (M.G.)

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    Concluso in Croazia il congresso del Servizio europeo delle vocazioni su "La famiglia, luogo vocazionale"

    ◊   La “mancanza di vocazioni sacerdotali e religiose” di cui “soffre l’Europa” richiede “una maturazione lunga e paziente” nella quale “i due sacramenti della missione – sacerdozio e matrimonio – devono vivere in simbiosi”. La pastorale vocazionale - riferisce l'Agenzia Sir - ha bisogno “della stretta collaborazione tra vocazioni consacrata, sacerdotale, laica e battesimale. Unirsi per collaborare”,diventa allora una delle “principali priorità”. E’, in sintesi, quanto emerso dal congresso annuale del Servizio europeo delle vocazioni (Evs, Commissione del Consiglio delle Conferenze episcopali d’Europa), che si è concluso a Baške Uštarije (Croazia) su “La famiglia, luogo vocazionale”. “L’Europa soffre di un ateismo diffuso – hanno osservato i partecipanti, circa 50 responsabili della pastorale vocazionale di 17 delegazioni da altrettanti Paesi del continente -, un’allergia alla fede e, a volte, una certa “cristofobia”. In tale contesto “i genitori sono invitati a educare i propri figli e a trasmettere la fede” perché, nonostante le sue difficoltà, la famiglia rimane “luogo di grande speranza” e “vivaio naturale delle vocazioni”. L’Evs è presieduto da mons. Wojciech Polak, vescovo ausiliare di Gniezno (Polonia) e delegato per le vocazioni del Ccee. (R.P.)

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    A Rocca di Papa, il Convegno nazionale degli educatori dei seminari d'Italia. Vi partecipano 250 fra rettori, docenti e padri spirituali di 115 diocesi italiane

    ◊   “Questo passaggio di millennio risulta caratterizzato dalla transizione da una situazione di cristianità a una di post-cristianità. Di conseguenza, l’esercizio del ministero presbiterale si deve ‘ripensare’ a fondo per poter rimodulare forme, modelli, strutture operative affinché siano funzionali alla nuova situazione”: lo ha detto questa mattina a Rocca di Papa (Roma), il vescovo Francesco Lambiasi assistente generale dell’Azione cattolica e nominato proprio questa mattina dal Papa nuovo vescovo di Rimini, intervenendo come primo relatore della giornata al convegno nazionale degli educatori dei seminari d’Italia che vede radunati da ieri circa 250 tra rettori, docenti, padri spirituali di 115 diocesi italiane, oltre a numerosi formatori dei religiosi e delle religiose. “Ciò che caratterizza la carità pastorale del presbitero – ha detto mons. Lambiasi - è un amore primario e totale, una dedicazione ‘sponsale’ alla Chiesa. Non sarà l’impegno sociale e politico l’interesse prevalente del sacerdote, né la ricerca teologica né l’insegnamento, né qualsiasi altro lavoro sarà per lui più importante del servizio alla comunità”. Secondo il presule, riferisce l'Agenzia Sir, “il prete sposa la Chiesa ed intende consacrarsi per essa al servizio del Vangelo: potrà avere mille altri interessi e perseguirli, ma sottoponendoli al criterio derivante dal suo fondamentale amore alla Chiesa”. Dal canto suo mons. Lorenzo Ghizzoni, vescovo ausiliare di Reggio Emilia, nel suo intervento ha sostenuto che “gli psicologi aiutano a conoscere, a valutare e sviluppare la personalità, ma non devono dare giudizi sull’esistenza o meno di una vocazione”. “All’inizio del cammino è bene che ci sia una valutazione per individuare eventuali segni di una psicopatologia – ha proseguito il presule – che può essere anche latente o solo iniziale, dunque difficile da individuare per un educatore non specializzato. Durante il cammino possono offrire un accompagnamento che si mette a servizio della crescita vocazionale, senza rendere secondari gli altri educatori o la guida spirituale”. A parere di mons. Ghizzoni, inoltre, gli psicologi “possono aiutare il rettore e l’equipe educativa con la valutazione dei soggetti o con indicazioni psico-pedagogiche utili al cammino del gruppo. Possono inoltre arricchire la formazione teologica, morale, spirituale con le conoscenze e le acquisizioni delle scienze umane specie per l’area relazionale,affettiva e sessuale”. (R.P.)

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    24 Ore nel Mondo



    Sale ad otto il numero delle persone arrestate perchè sospettate di essere coinvolte nei falliti attentati nel Regno Unito - In Iraq, il Consiglio dei ministri approva disegno di legge per la distribuziione dei proventi derivanti dal petrolio

    ◊   Nel Regno Unito, la polizia ha fatto esplodere a Londra un pacco sospetto nei pressi della stazione della metropolitana di Hammersmith. A Glasgow, in Scozia, è stata inoltre fatta esplodere, in modo controllato, un'auto sospetta parcheggiata davanti a una moschea. Sul fronte delle indagini, intanto, è salito ad otto il numero delle persone arrestate per presunte responsabilità negli attentati sventati a Londra e nell’attacco fallito a Glasgow. Da Londra, ci riferisce Sagida Syed:


    L’ultimo arresto, l'ottavo - collegato ai falliti attentati terroristici di Londra e Glascow - sarebbe avvenuto all’estero, anche se la polizia non ha ancora specificato dove. E’ anche emerso che fra gli altri sette uomini fermati, due sono medici e altri tre sono probabilmente studenti di medicina. Tutti i fermati provengono da Paesi mediorientali. La mente del gruppo sarebbe un chirurgo giordano di 26 anni, Mohammed Asha, arrestato con la moglie ed emigrato nel Regno Unito tre anni fa. L’altro medico, Bilal Abdulla, originario dell’Iraq, è impiegato presso il Royal Alexandra Hospital di Paisley, circondato ieri dalla polizia per la presenza di esplosivo. Abdulla, insieme con un complice rimasto gravemente ustionato, sarebbe stato alla guida della Jeep schiantatasi nell’aeroporto scozzese e avrebbe parcheggiato le due Mercedes cariche di esplosivo nel cuore di Londra, lo scorso fine settimana. L’indagine, che procede a ritmo serrato, sembra aver scoperchiato una cellula alqaedista, che si appoggia non più solo a giovani menti facilmente impressionabili, ma a professionisti con un "curriculum" di tutto rispetto. Cauta e diplomatica la posizione del governo Brown: forte la condanna per i responsabili ma nessuna accusa al mondo musulmano dal quale provengono i presunti terroristi.

     
    - Si allargano dunque anche all'Australia, le indagini che hanno portato alla cattura degli otto presunti terroristi che hanno colpito la Gran Bretagna. Le autorità australiane hanno confermato il fermo a Brisbane di un medico indiano di 27 anni, Mohamed Hanif. Secondo gli inquirenti, l’uomo avrebbe partecipato all’organizzazione dei falliti attentati nel Regno Unito. Il primo ministro australiano, John Howard, ha anche aggiunto che è stato interrogato un altro medico.

    - Gli Stati Uniti potrebbero essere uno dei Paesi colpiti, questa estate, da un nuovo attentato terroristico compiuto da miliziani di Al Qaeda. E’ quanto rivela la televisione americana ABC, citando una fonte che anticipa i contenuti di un rapporto del Dipartimento della Sicurezza interna. Nei giorni scorsi, il segretario del Dipartimento aveva sottolineato come, per il momento, non ci siano informazioni precise che possano legare gli attentati falliti nel Regno Unito ad una nuova minaccia per gli Stati Uniti.

    - Una nuova proposta del presidente russo Vladimir Putin sullo scudo spaziale ed un fronte comune per rispondere, attraverso l’ONU, alla minaccia nucleare iraniana. Sono i nodi centrali del vertice tra il presidente statunitense, George W. Bush, ed il capo del Cremlino, svoltosi ieri nella residenza di famiglia del capo di Stato americano, nel Maine. Il servizio di Giuseppe D’Amato:

    La Russia rilancia ancora sullo scudo spaziale in Europa: il Cremlino è pronto non solo ad ammodernare il suo radar in Azerbaijan, ma anche a dare accesso a Washington a un suo radar in costruzione nel sud della Russia. Putin vuole anche creare un centro di analisi comune e di scambio di informazioni in tempo reale. Due le sedi: una a Mosca, l’altra a Bruxelles. L’iniziativa è interessante, ha commentato George Bush, ma gli Stati Uniti sono intenzionati ad andare avanti con il già noto e contestato progetto dei siti in Polonia e in Repubblica Ceca. La Russia invita i Paesi europei ad appoggiare questa proposta del Cremlino. Ulteriori consultazioni si devono tenere nel Consiglio NATO-Russia. Bush e Putin hanno confermato, infine, un fronte comune unico contro il programma nucleare iraniano attraverso le Nazioni Unite.

     
    - L'oligarca russo in esilio volontario a Londra, Boris Berezovski, è stato incriminato dalla magistratura russa per tentativo di colpo di Stato. Lo ha rivelato il suo legale aggiungendo che le accuse si basano su un’intervista rilasciata al britannico “Guardian”. Il magnate aveva auspicato l’uso della forza per rovesciare il governo di Putin in Russia.

    - In Iraq, almeno due persone sono rimaste uccise per l’esplosione di una bomba nei pressi di Kirkuk, nel Kurdistan iracheno. A Baghdad, è stato poi abbattuto un elicottero americano. I due piloti sono riusciti a salvarsi. Sul versante politico, intanto, il Consiglio dei ministri ha approvato il disegno di legge sulla distribuzione dei proventi del petrolio su base etnica. La prima bozza del provvedimento era stata approvata a febbraio, ma i curdi si erano opposti, ritenendosi penalizzati. La grande maggioranza dell’enorme riserva petrolifera irachena si trova nel nord, dove la maggioranza della popolazione è costituita da curdi, e nel sud, in prevalenza sciita. Il territorio a maggioranza sunnita è invece privo di giacimenti rilevanti. Il disegno di legge passerà ora all’esame del parlamento.

    - Un agente e due studenti sono rimasti uccisi, in Pakistan, in seguito a scontri scoppiati ad Islamabad tra forze di polizia ed estremisti nei pressi della Moschea Rossa. In Pakistan, l’obiettivo dei fondamentalisti è l’imposizione della sharia, la legge islamica. Negli ultimi mesi, l’integralismo islamico sembra aver trovato nuovi consensi ed il presidente, Pervez Musharraf, appare, secondo i sondaggi, sempre più indebolito. Nel Paese asiatico, le elezioni generali si terranno nel prossimo autunno.

    - Nelle Filippine, il Fronte di liberazione islamico Moro (MILF) ha annunciato di voler sospendere le ricerche di padre Giancarlo Bossi, il missionario italiano rapito lo scorso 10 giugno nel sud del Paese. Lo ha reso noto il capo delle forze del MILF, aggiungendo che le operazioni di ricerca simultanee con le forze armate governative non avrebbero dato i risultati sperati. I separatisti del MILF combattono da oltre 40 anni contro le forze governative per ottenere l’indipendenza di zone meridionali del Paese, abitate in prevalenza da musulmani. Ma in questo caso, si sono subito dichiarati disponibili a collaborare con l’esecutivo di Manila: il gruppo di ribelli ha anche precisato che, se necessario, appoggerà le operazioni dell’esercito. Tra le varie piste sul sequestro di padre Bossi, gli inquirenti seguono anche quella che porterebbe ad una quindicina di dissidenti del MILF.

    - Nuovo, importante appuntamento sul complesso dossier nucleare nordcoreano: il leader della Corea del Nord, Kim Jong Il, riceve oggi il capo della diplomazia cinese in visita a Pyongyang. Secondo fonti di stampa, il colloquio è incentrato sulle prime misure da adottare per avviare il processo di denuclearizzazione in Corea del Nord. La visita giunge a pochi giorni dalla conferma dell’accordo raggiunto dall’Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica (AIEA) con l’esecutivo di Pyongyang sulla chiusura del reattore nucleare di Yongbyon. Lo smantellamento di questa centrale rientra nell’intesa multilaterale firmata lo scorso 13 febbraio a Pachino. L’accordo, raggiunto dalle due Coree, Cina, Giappone, Stati Uniti e Russia, prevede anche l’invio di aiuti umanitari e finanziari alla Corea del Nord.

    - Si è conclusa ieri a Madrid, dopo quattro mesi e mezzo, la fase dibattimentale del processo sugli attentati dell’11 marzo 2004. Le sentenze per i 28 imputati saranno emesse entro il mese di ottobre. L’accusa ha chiesto oltre 300 mila anni di prigione complessivi, ma il Codice penale spagnolo non prevede pene superiori ai 40 anni. Gli imputati farebbero parte, secondo gli inquirenti, di una cellula jihadista legata ad Al Qaeda. Durante il dibattimento, si sono alternati più di 300 testimoni e sono state realizzate oltre 60 perizie per far luce sul più grave massacro terroristico nella storia spagnola. Gli attentati di Madrid hanno provocato la morte di 191 persone e il ferimento di oltre 1800.

    - Rimaniamo in Spagna, dove è alta l’attenzione nei confronti dei terroristi dell’ETA, l’organizzazione separatista basca. Questa mattina due persone, appartenenti al movimento indipendentista, sono state fermate dalla polizia francese nella regione parigina. Nella notte sono stati fermati, inoltre, tre presunti separatisti in una località sui Pirenei francesi. Secondo la stampa spagnola, gli uomini preparavano un attentato nel nord del Paese. Il 5 giugno, L’ETA, responsabile della morte di oltre 800 persone negli ultimi 40 anni, ha dichiarato la fine della tregua proclamata nel marzo del 2006. Questa mattina, intanto, il premier José Luis Rodríguez Zapatero ha esortato tutti i partiti politici a restare uniti contro l’ETA. Il primo ministro ha anche ribadito la necessità di riavviare il processo di pace. Zapatero ha sottolineato, tuttavia, la difficoltà di riaprire il dialogo, dopo la rottura della tregua da parte dell’ETA. (Panoramica internazionale a cura di Amedeo Lomonaco e Beatrice Bossi)

     

     
    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LI No. 184

     

     
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