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SOMMARIO del 21/06/2007
Il Papa alla ROACO: la pace in Medio Oriente sia liberata dalla malattia mortale della discriminazione religiosa e culturale
◊ La pace in Medio Oriente sia liberata dalla malattia mortale della discriminazione religiosa, culturale, storica e geografica: è il grido accorato di Benedetto XVI che stamani ha ricevuto i partecipanti all’Assemblea della ROACO, la Riunione delle Opere in Aiuto alle Chiese Orientali. Il Papa ha sottolineato in particolare che la Chiesa in Iraq sta subendo “un autentico martirio per il nome di Cristo”. Il servizio di Sergio Centofanti.
Il Papa esprime la propria preoccupazione per quanto sta accadendo in Medio Oriente, dove “la pace, tanto implorata e attesa, è purtroppo ancora largamente offesa” e indebolita da “ingiustizie antiche e nuove”. Così – afferma il Pontefice – la pace “si spegne, lasciando spazio alla violenza, che spesso degenera in guerra più o meno dichiarata fino a costituire, come ai nostri giorni, un assillante problema internazionale”:
“Insieme a ciascuno di voi, sentendomi in comunione con tutte le Chiese e comunità cristiane, ma anche con coloro che venerano il nome di Dio e lo cercano in sincerità di coscienza, e a tutti gli uomini di buona volontà desidero bussare nuovamente al cuore di Dio, Creatore e Padre, per chiedere con immensa fiducia il dono della pace. Busso al cuore di coloro che hanno specifiche responsabilità perché aderiscano al grave dovere di garantire la pace a tutti, indistintamente, liberandola dalla malattia mortale della discriminazione religiosa, culturale, storica o geografica”.
Benedetto XVI assicura “ancora una volta che la Terra Santa, l’Iraq e il Libano sono presenti, con l’urgenza e la costanza che meritano, nella preghiera e nell’azione della Sede Apostolica e di tutta la Chiesa”. Chiede dunque alla Congregazione per le Chiese Orientali e a ciascuna delle Opere ad essa collegate di “confermare la stessa premura al fine di rendere più incisivi la vicinanza e l’intervento a favore” delle comunità cristiane di questa regione perché sentano “il conforto della fraternità ecclesiale”. Un aiuto che vada al di là di “una gestione individualistica” per garantire un “servizio più ordinato ed equo”. Esprime poi il suo cordoglio “per la barbara uccisione di un inerme sacerdote e di tre suddiaconi avvenuta al termine della Liturgia domenicale il 3 giugno scorso in Iraq”:
“La Chiesa intera accompagna con affetto e ammirazione tutti i suoi figli e le sue figlie e li sostiene in quest’ora di autentico martirio per il nome di Cristo”.
Un abbraccio che rivolge ugualmente ai fedeli in Terra Santa e Turchia. Il Papa ribadisce poi ancora una volta la necessità del dialogo:
“Circa l’irreversibilità della scelta ecumenica e l’inderogabilità di quella interreligiosa, da me più volte ribadite, mi preme di sottolineare in questa occasione quanto esse traggano alimento dal movimento della carità ecclesiale. Tali scelte altro non sono che espressioni della stessa carità, la sola capace di stimolare i passi del dialogo e di aprire orizzonti insperati”.
Un dialogo, secondo il Papa, che deve rifuggire “da ogni sorta di indifferentismo” non eludendo mai “nell’esercizio della carità la missione della comunità cattolica locale”. Infine il Papa sottolinea che l’azione caritativa deve svilupparsi sul “mistero dell’amore eucaristico” che “dà garanzia di autenticità al nostro donare” come ha spiegato nell’Esortazione post-sinodale Sacramentum caritatis:
“Il cibo della verità ci spinge a denunciare le situazioni indegne dell’uomo, in cui si muore per mancanza di cibo a causa dell’ingiustizia e dello sfruttamento, e ci dona nuova forza e coraggio per lavorare senza sosta all’edificazione della civiltà dell’amore. Ma proprio l’ispirazione eucaristica del nostro agire interpellerà in profondità l’uomo, il quale non può vivere di solo pane, per annunciargli il cibo della vita eterna, preparato da Dio nel Figlio Gesù”.
Nell’udienza al Catholicos Patriarca Mar Dinkha IV, Benedetto XVI esprime vicinanza ai cristiani dell’Iraq che testimoniano la propria fede “a prezzo di sacrifici eroici”
◊ La difficile situazione dei cristiani in Iraq e l’impegno ad un rinnovato dialogo ecumenico: questi i temi forti del discorso di Benedetto XVI a Mar Dinkha IV, Catholicos Patriarca della Chiesa Assira dell’Oriente. Il Papa ha auspicato una più stretta cooperazione pastorale tra le comunità cattolica e assira, che conta oggi circa 400 mila fedeli, ed ha messo l’accento sui risultati raggiunti dalla Commissione per il dialogo teologico tra la Chiesa cattolica e la Chiesa Assira dell’Oriente. Il servizio di Alessandro Gisotti:
Benedetto XVI porta nel cuore i cristiani che soffrono"tragicamente", “materialmente e spiritualmente”, soprattutto in quelle terre dove fin dalle origini della Chiesa, i fedeli in Cristo hanno “contribuito alla diffusione del Vangelo”. Un pensiero particolare, il Papa lo dedica ai cristiani iracheni. “In Iraq – è stato il suo richiamo – terra di tanti fedeli” della Chiesa Assira, “le famiglie e le comunità cristiane sentono sempre più la pressione dell’insicurezza, dell’aggressione e un senso di abbandono”. Molti di loro, ha aggiunto, “non vedono altra possibilità se non quella di lasciare il Paese e cercare una nuova vita all’estero”.
“Queste difficoltà – ha sottolineato – sono per me fonte di grande preoccupazione, ed esprimo dunque solidarietà ai pastori e ai fedeli delle comunità cristiane che rimangono in questi luoghi, spesso al prezzo di eroici sacrifici”. In queste aree travagliate, ha detto ancora, i fedeli cattolici ed assiri “sono chiamati a lavorare assieme”, nella speranza di trovare un sostegno reciproco sempre più efficace. Il Papa ha quindi rivolto l’attenzione al dialogo ecumenico, ricordando la significativa visita in Vaticano del 1994 del Patriarca Mar Dinkha IV, quando fu firmata la “Dichiarazione cristologica congiunta”. Il Pontefice ha espresso apprezzamento per i risultati raggiunti dalla Commissione congiunta, che ha concentrato i suoi studi sulla vita sacramentale nelle rispettive tradizioni. Tali risultati, ha detto, esortano a progredire anche su altre questioni oggetto di confronto.
“Nel pieno rispetto delle tradizioni dottrinali di ognuno – ha avvertito il Papa – cattolici e cristiani assiri sono chiamati a respingere comportamenti antagonistici e dichiarazioni polemiche”. E ciò con il fine di crescere nella conoscenza della fede cristiana. Recenti sviluppi nella Chiesa Assira dell’Oriente, ha rilevato, “hanno creato alcuni ostacoli nel promettente lavoro della Commissione congiunta”. Di qui l’auspicio del Pontefice affinché tale organismo ecumenico possa continuate a lavorare fruttuosamente negli anni a venire, “senza mai perdere di vista che l’obiettivo ultimo” è il “ristabilimento di una piena comunione” di tutti i cristiani. Nel suo discorso, Benedetto XVI si è anche soffermato sulle ondate di emigrazioni dei cristiani assiri, che ora vivono in Occidente. “Quando i cristiani dell’Oriente e dell’Occidente vivono fianco a fianco – ha sottolineato – hanno la preziosa opportunità di arricchirsi l’un l’altro e di comprendere meglio la cattolicità della Chiesa, che, pellegrina nel mondo, vive, prega e dà testimonianza di Cristo in una varietà di contesti sociali e culturali”.
Altre udienze e nomine
◊ Il Papa oggi ha ricevuto Sua Beatitudine il cardinale Ignace Moussa I Daoud, prefetto emerito della Congregazione per le Chiese Orientali. Questo pomeriggio riceverà il cardinale Javier Lozano Barragán, presidente del Pontificio Consiglio per gli Operatori Sanitari.
Il Santo Padre ha nominato vescovo di Coria-Cáceres, in Spagna, il rev. Francisco Cerro Chaves, delegato diocesano per la pastorale giovanile e direttore del Centro Diocesano di Spiritualità di Valladolid. Il rev. Francisco Cerro Chaves è nato a Malpartida de Cáceres, diocesi di Coria-Cáceres, il 18 ottobre 1957. È entrato, all’età di 17 anni, nel Seminario di Cáceres, dove ha seguito i corsi di Filosofia. Nel 1978 si è trasferito al Seminario di Toledo, dove ha compiuto i suoi studi teologici. È stato ordinato sacerdote a Toledo il 12 luglio 1981. Ha poi conseguito il Dottorato in Teologia Spirituale, presso la Pontificia Università Gregoriana. Nei primi anni del suo ministero, ha svolto i seguenti incarichi: vicario parrocchiale della Parrocchia di San Nicolás (1981); assistente per la gioventù (1982-1989); collaboratore della Parrocchia di Santa Teresa (1986-1987); direttore della Casa Diocesana di Esercizi Spirituali (1986-1989). Nel 1992 si è incardinato nell’arcidiocesi di Valladolid, dove svolgeva già il suo ministero dal 1989, come direttore del Centro di Spiritualità Diocesano, presso il Santuario della Grande Promessa del Cuore di Gesù. Attualmente è cappellano del Santuario della "Gran Promesa" e direttore del centro di Formazione e Spiritualità del Sacro Cuore di Gesù, a Valladolid (1989); direttore diocesano dell’"Apostolato della Preghiera"; membro del Consiglio Presbiterale (1994); delegato diocesano per la Pastorale giovanile (1996); professore di Teologia Spirituale dello Studio Teologico Agostiniano di Valladolid. È autore di 80 pubblicazioni, riguardanti, soprattutto, la formazione spirituale dei giovani. È membro fondatore della "Fraternidad Sacerdotal en el Corazón de Cristo".
Il Papa esprime il proprio apprezzamento per l'operato del cardinale Martino, che ha festeggiato i 50 anni di sacerdozio
◊ “Un lungo tratto di ministero, arricchito di lodevoli opere”: così Benedetto XVI qualifica i 50 anni di sacerdozio del cardinale Renato Raffaele Martino che, ieri pomeriggio, contornato da parenti, amici ed estimatori, ha celebrato solennemente nella Basilica Vaticana il suo giubileo sacerdotale. All’Altare della Cattedra facevano da corona al porporato numerosi cardinali e presuli della Curia Romana e di varie nazioni del mondo, legati al cardinale Martino da vincoli di amicizia e di stima negli anni del suo apostolato. Nel messaggio del Santo Padre, inviato per la ricorrenza, sono ricordati gli “incarichi di sempre maggiore importanza”, svolti dal festeggiato in Segreteria di Stato, nelle rappresentanze pontificie e nella Curia Romana, “per sostenere i valori e le ragioni della Chiesa in campi sempre più vasti”. Insieme alle benemerenze per l’elevazione e la formazione dei fedeli e di tutti gli uomini con attestati di operosità in vari Paesi del mondo, viene in particolare sottolineata da Benedetto XVI “l’opera di promozione delle relazioni e della concordia tra i popoli”, realizzata dall’allora arcivescovo Martino in seno alle Nazioni Unite nei 16 anni trascorsi al Palazzo di Vetro come rappresentante della Santa Sede, non senza “ampio riconoscimento e manifestazioni di onore e di stima”. Menzionate dal Pontefice sono anche le capacità e l’operosità del porporato all’attuale guida dei Pontifici Consigli della Giustizia e della Pace e della Pastorale per i Migranti e gli Itineranti. A conclusione del messaggio, il Santo Padre rinnova al porporato la sua “approvazione e gratitudine”, impartendo la benedizione apostolica a lui e a quanti gli sono uniti con particolare vincolo di amicizia.
Messaggio di Benedetto XVI al cardinale Ivan Dias, in occasione del suo 25.mo anniversario di episcopato
◊ Una vita spesa al servizio del Vangelo e della Chiesa: il Papa tratteggia, così, l’impegno del cardinale Ivan Dias, prefetto della Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli, in occasione della felice ricorrenza del 25.mo anniversario di episcopato, celebrata il 19 giugno scorso. Benedetto XVI ripercorre le tappe della vita del porporato indiano fin da quando divenne presbitero nell’arcidiocesi di Bombay. Nel 1964, poi, inizia a lavorare nel servizio diplomatico E’ in tale contesto che il cardinale Dias si adoperò per la visita di Paolo VI a Bombay, in occasione del Congresso Eucaristico Internazionale. Il Papa ricorda gli incarichi rivestiti come pro-nunzio apostolico in Ghana, Togo e Benin e la nomina alla dignità arcivescovile. Ancora, nel messaggio si rammentano gli anni a capo della nunziatura presso la Corea del Sud e in Albania, dove - scrive il Pontefice - il cardinale Dias ha “aiutato a restaurare la fede cattolica”. Proprio in Albania, nel 1993, il nunzio Ivan Dias accoglierà con gioia e commozione la visita di Giovanni Paolo II.
Nel 2001, si legge nel messaggio, giunge la nomina ad arcivescovo metropolita di Bombay e la berretta cardinalizia. “Pastore sollecito e fedele – sottolinea Benedetto XVI – hai alimentato il tuo gregge con la sana dottrina e hai promosso la nuova evangelizzazione”. Qualità che lo hanno riportato a Roma, l’anno scorso, per reggere la Congregazione dell’Evangelizzazione dei Popoli. Il Papa assicura, dunque, le sue preghiere per il porporato, invocando l’intercessione della Madonna e della Beata Teresa di Calcutta. Dal canto suo, il 19 giugno, il cardinale Ivan Dias ha presieduto una solenne concelebrazione Eucaristica nella Cappella del Pontificio Collegio Urbano. Il porporato, riferisce l’agenzia Fides, ha affermato nell’omelia di “aver imparato tante lezioni”, soprattutto nel suo servizio reso presso le nunziature di diverse parti del mondo e di aver avuto modo di toccare la sofferenza di tante persone che, pur nelle tribolazioni, dimostravano una grande fede nel Signore. (A cura di Alessandro Gisotti)
Il cardinale Bertone: non è ingerenza della Chiesa indicare i valori fondanti di una società giusta
◊ La Chiesa non commette ingerenze quando indica i valori fondanti di una società che vuole essere giusta. Lo ha affermato il cardinale segretario di Stato Tarcisio Bertone incontrando i giornalisti all’Università Cattolica di Roma. Il porporato ha chiuso ieri pomeriggio il ciclo di incontri promossi dall’Associazione internazionale di diritto pontificio “Carità politica” sulla prima Enciclica di Benedetto XVI “Deus caritas est”. E sul modo di fare politica oggi ascoltiamo le dichiarazioni rilasciate dal cardinale Bertone a margine della conferenza e raccolte da Tiziana Campisi:
R. – E’ un impegno di responsabilità - soprattutto per un credente, ma anche per un non credente - verso la società, verso il bene comune, che veramente costringe a purificare intenzioni, metodi, azioni, obiettivi, perché questi possano essere orientati al servizio vero della società e dell’uomo. Lo diciamo specialmente ai giovani, ai giovani professionisti, ai giovani che si avviano agli studi universitari, di non aver paura di entrare in politica, di scegliere le facoltà di scienze politiche, scienze sociali, scienze della comunicazione, per poter servire il prossimo con vero amore, perché la politica, secondo la concezione cristiana, deve essere animata dalle due virtù fondamentali della giustizia e dell’amore.
Quanto ai rapporti tra Chiesa e politica, il cardinale Tarcisio Bertone ha affermato:
R. – Il Papa stesso l’ha ripetuto, la Chiesa non vuole entrare direttamente nella battaglia politica. Sono i laici che devono impegnarsi nell’animazione delle realtà temporali, della vita concreta, e tra queste realtà temporali c’è anche la politica.
E sulla realtà politica di oggi, questo il commento del porporato:
R. – Tutti potete giudicare ed anche vedere concretamente gli atteggiamenti di uomini e donne impegnati in politica; se in loro prevalgono interessi personali, o prevalga il pragmatismo o un’alta concezione della politica. Nostro compito è aiutarli ad elevare i loro obiettivi e la concezione che, in coscienza, dovrebbero realizzare proprio nel loro impegno politico. La Chiesa svolge proprio questa funzione di formare le coscienze, anche dei credenti impegnati in politica e dei non credenti, presentando dei valori che vengono ritenuti essenziali, proprio secondo la natura dell’uomo e secondo la visione della fede cristiana, valori che la società politica deve incarnare.
A proposito delle presunte ingerenze della Chiesa in politica, così si è espresso invece il cardinale Bertone:
R. – Io sono contro l’ingerenza. Non credo che quando la Chiesa parla faccia ingerenza, perché presenta questi valori e questi obiettivi che sono compatibili con il bene dell’uomo, la dignità della persona e il bene di una società che si vuole giusta, che tutti vogliamo giusta, ma dove poi, in concreto, vediamo ancora tante ingiustizie, e lottiamo contro le ingiustizie.
Oggi su "L'Osservatore Romano"
◊ Servizio vaticano - "Busso nuovamente al cuore di Dio per chiedere con immensa fiducia il dono della pace": l'invocazione di Benedetto XVI per il Medio Oriente durante l'udienza all'Assemblea della "Roaco".
Servizio estero - In evidenza l'Iraq con un articolo dal titolo "Scoperto a Baghdad l'orfanotrofio degli orrori": 24 bambini denutriti e legati ai letti.
Servizio culturale - Un articolo di Danilo Veneruso dal titolo "Quando il Vecchio Continente si aprì all'universalità della storia": l'Europa nel XVII secolo; dalle guerre di religione al Trattato di Vestfalia.
Una monografica dedicata all' "Incontro europeo dei docenti universitari", a Roma, fino al 24 giugno. Viene pubblicato il testo della relazione introduttiva del Cardinale Camillo Ruini.
Servizio italiano - In rilievo il tema degli incidenti sul lavoro.
Nuove violenze anticristiane in Iraq
◊ In Iraq, prosegue l’offensiva delle forze americane e irachene contro le roccaforti di al Qaeda, a nord est di Baghdad. Nel corso delle operazioni militari sono rimasti uccisi, finora, almeno 41 presunti ribelli. Agli scontri si devono poi aggiungere nuove violenze anticristiane. Il servizio di Amedeo Lomonaco:
Nel Kurdistan iracheno un camion bomba lanciato contro un municipio di una cittadina nei pressi di Kirkuk ha provocato la morte di almeno 13 persone. Tra le vittime ci sono anche donne e bambini. Sempre dal Kurdistan, arrivano ancora notizie di violenze contro la comunità cristiana. A Mossul uomini armati hanno ucciso, ieri, due cristiani. Il duplice omicidio è avvenuto nello stesso quartiere dove lo scorso 3 giugno sono stati assassinati un sacerdote caldeo e tre suddiaconi. Altri 8 cristiani - 3 professori e 5 studenti - sono stati rapiti nel nord del Paese, nella piana di Niniveh. Lo strazio in Iraq si riflette, poi, anche nello sguardo perso nel vuoto di oltre 20 bambini ritrovati dai soldati americani in un orfanotrofio di Baghdad. Erano denutriti, allo stremo delle forze e con evidenti segni di maltrattamento. I militari temevano fossero morti e hanno lanciato una palla in aria: improvvisamente, quegli occhi persi si sono rianimati facendo svanire i timori peggiori. Ma restano inquietanti dubbi sulle condizioni dei bambini nelle strutture pubbliche irachene. Le autorità del Paese arabo hanno comunque subito respinto la definizione di orfanotrofio lager, attribuita all’istituto di Baghdad. Il ministro del Lavoro ha precisato che i bambini erano stati abbandonati dalle loro famiglie in condizioni gravissime e salvati da morte certa.
In Iraq dunque la stabilizzazione sembra molto lontana, la Chiesa Caldea è tornata a ribadire la necessità d’intervento della Comunità internazionale e del Governo iracheno affinché cessino le violenze e le persecuzioni contro i cristiani. Da più parti si sostiene anche che gruppi estremisti, esterni all’Iraq, avrebbero interessi affinché nel Paese continui a regnare il caos. Massimiliano Menichetti ha raccolto il commento del corepiscopo Philip Najim, visitatore apostolico per i fedeli Caldei in Europa.
R. – Sono dei gruppi fondamentalisti terroristici che vogliono creare questa divisione tra il popolo iracheno. Nel corso della storia, sì, abbiamo avuto qualche evento di persecuzione, però normalmente, i cristiani hanno sempre goduto dei loro diritti e hanno contribuito proprio alla costruzione del Paese, dal punto di vista culturale, materiale e sociale. Oggi come oggi, siccome sono perseguitati anche gli sciiti ed i sunniti, anche i cristiani pagano questa conseguenza.
D. – Dopo la liberazione di padre Hani, qualche giorno fa, ieri di nuovo il sequestro di otto cristiani, tra studenti e professori. Poi, l’uccisione di altri due cristiani ...
R. – Ma loro continueranno con i sequestri, continueranno a seminare la paura nei cuori dei cristiani, perché sanno che questa è una comunità pacifica e continueranno proprio per creare disagi e divisioni ...
D. – Lei ha già parlato di un Iraq sotto l’assedio di forze oscure che vogliono dividere. Ma è possibile un dialogo?
R. – C’è qualcuno che dice: è necessario il dialogo. Ma dialogare, con chi? Oggi non possiamo dialogare con i terroristi, non possiamo dialogare con i fondamentalisti. Non nego che ci sono dei moderati islamici e che il patriarcato della Chiesa caldea non ha mai cessato di contattare questi capi per discutere il futuro del Paese con loro, perché noi abbiamo sempre avuto questo pluralismo, specialmente nelle ultime repubbliche.
D. – Un pluralismo che però oggi sembra non esserci...
R. – Il pluralismo oggi si applica ad una situazione del genere. E’ quello che succede in Iraq, quando c’è la pace, quando regna la democrazia, quando io riconosco l’altro e riconosco i suoi diritti e quando io riconosco la sua umanità e il suo diritto alla vita. Se c’è, dunque, un fondamentalismo che esclude l’altro, come posso creare un dialogo, con chi posso dialogare?
D. – Un dato allarmante è quello dei cristiani che fuggono dall’Iraq, anche se la presenza è ancora forte...
R. – Noi in Iraq abbiamo avuto un milione e mezzo di cristiani e quelli che sono emigrati negli ultimi anni non superano i 100 mila. Rimane una presenza forte sul territorio che deve godere dei suoi diritti e che deve essere protetta dalle forze di coalizione. Il governo iracheno stesso, responsabile della sicurezza, deve fare in modo che si trovi una situazione di pace, che cessino questi atti terroristici contro tutto il popolo iracheno, specialmente contro i cristiani.
Al via a Bruxelles il vertice dell'UE: intervista con mons. Aldo Giordano
◊ Un vertice che dovrà segnare lo sblocco dell’impasse istituzionale in cui si trova l’Unione Europea da almeno due anni. E’ quello che si apre oggi pomeriggio a Bruxelles, che nelle previsioni appare come uno dei più difficili summit degli ultimi anni. Il servizio di Giovanni Del Re:
Una cosa è chiara: il Trattato costituzionale, affondato dai referendum in Olanda e in Francia nel 2005, è definitivamente morto. Nella proposta della presidenza tedesca sparisce infatti il nome stesso di “Costituzione”, si ricorre al metodo tradizionale degli emendamenti ai vecchi trattati, scompaiono i simboli come l’inno e la bandiera che qualcuno temeva somigliassero troppo a quelli di uno Stato. Ma per il resto, la presidenza tedesca, sostenuta dalla stragrande maggioranza degli Stati membri, cerca di preservare almeno la sostanza della vecchia Costituzione. Così, nella sua proposta si mantiene la presidenza fissa per due anni dell’Unione che assume finalmente personalità giuridica; si rafforza la politica estera comune e, inoltre, Berlino e con essa quasi tutti gli Stati membri, propone di mantenere il complicato sistema della doppia maggioranza per i voti nel Consiglio UE, e cioè il 55 per cento degli Stati che deve corrispondere ad almeno il 65 per cento della popolazione. Una formula complessa su cui, dopo notti insonni, i 27 leader si erano finalmente accordati nel giugno 2004. Su questo, per ora sta bloccando la Polonia che ha chiesto un nuovo sistema di computo, sostenuta in questo dalla sola Repubblica Ceca. Finora, Varsavia ha minacciato il veto anche se ieri sono giunti segnali più distensivi dal governo polacco. Del resto, problemi giungono anche dalla Gran Bretagna, contraria alla personalità giuridica, all’estensione del voto a maggioranza ad altre materie e soprattutto al carattere vincolante della Carta dei diritti. E l’Olanda chiede più poteri ai parlamenti nazionali e più limitazioni alle competenze dell’UE. Sarà, insomma, una difficile quadratura del cerchio: si preannuncia un vertice che potrebbe prolungarsi almeno fino a sabato. (Da Bruxelles, per la Radio Vaticana, Giovanni Del Re, AKI)
A Bruxelles il vertice europeo dovrebbe dunque decidere come riformare il Trattato. Ma si può in realtà parlare ancora di futuro per il Trattato costituzionale? Luca Collodi lo ha chiesto a mons. Aldo Giordano, segretario generale del Consiglio delle Conferenze Episcopali d'Europa:
R. - Certamente è una domanda difficile, le posizioni sono molto diversificate. C’è chi sostiene e spera che il Trattato attuale possa essere riproposto, altri che parlano di un Trattato riformato o di un Trattato ridotto e quindi è difficile dire quale sarà il futuro del Trattato. E’ già interessante che si sia ripresa seriamente la discussione. Ci sono alcuni nodi molto cruciali: uno è il nodo della seconda parte del Trattato, la parte dedicata alla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea. L’Inghilterra, ad esempio, non vorrebbe che questa parte avesse un carattere vincolante, quindi ci si domanda se questa parte resterà nel Trattato; c’è la grossa questione di instaurare un Ministero degli Esteri per far pesare l’Europa nel campo internazionale soprattutto; ci sono altre questioni che interessano molto i Paesi dell’Est come la Polonia o la Repubblica Ceca, che è il peso dei voti. Ecco, oggi, il Trattato propone delle votazioni del Parlamento europeo a doppia maggioranza e loro sono critici perché vorrebbero dare più peso a Paesi che hanno grossa popolazione europea, come la Polonia, e quindi questa è un’altra questione cruciale. Dal punto di vista della Chiesa, non sembra che nell’aria ci sia l’intenzione di riprendere il dibattito sulle radici cristiane, purtroppo. D’altra parte, positivamente, possiamo dire che riguardo l’articolo 52 che regola o auspica un rapporto stabile e trasparente tra le Istituzioni e le Chiese, sembra che questo articolo non venga messo in discussione e questo è un aspetto positivo. Alcuni parlano anche di un’Europa a due velocità: questo forse potrebbe dare una spinta a fare dei passi in avanti ad alcuni Paesi come è già avvenuto con il Trattato di Schengen, come è già avvenuto per l’euro e anche questo realisticamente forse è una possibilità.
D. - Come Chiesa europea, voi non pensate che il progetto di costituzione poi bocciato in Francia e in Olanda -oggi ancora oggetto di discussioni, come lei ricordava- sia stato un progetto un po’ troppo ambizioso e lontano dalle reali esigenze anche culturali della gente, anche nei singoli Paesi, magari ancora attaccata a un’identità nazionale?
R. - Adesso dobbiamo registrare la verità di quest’osservazione. Praticamente è stato un Trattato che è passato sopra la testa degli europei e dei cittadini europei, i popoli non si sono resi ben conto di un Trattato e di cosa significava questo. Noi sentiamo quest’osservazione specialmente dai Paesi dell’Est, che in qualche maniera si sono sentiti ancora troppo poco considerati nell’elaborazione di questo Trattato e quindi per quanto riguarda la loro tradizione, i loro valori e anche la loro situazione economica, i Paesi dell’Est sentono che l’Unione Europea conserva una certa forma di ingiustizia nei loro confronti e non è consapevole della loro situazione né economica, né sociale, né politica.
Si celebra oggi in Italia la Giornata per la lotta contro leucemie, linfomi e mielomi
◊ “Molte vite ricominciano dalla ricerca”: è questo il tema della giornata nazionale per la lotta contro leucemie, linfomi e mielomi che si celebra oggi in Italia. Per l’occasione l’AIL, l’Associazione italiana che si occupa dei tumori del sangue, ha attivato solo per oggi il numero verde “Problemi ematologici” 800 – 22 65 24, e inoltre ha voluto promuovere il progetto GIMEMA. Antonella Villani ha chiesto a Franco Mandelli, presidente dell’AIL, in che cosa consista:
R. - GINEMA è il Gruppo italiano malattie ematologiche dell’adulto. E’ nato ormai molti anni fa per coordinare i centri di ematologia italiani. In pratica tutti gli ospedali e tutte le università che hanno dei reparti di ematologia fanno parte del GINEMA, per cui la diagnosi e la cura delle malattie del sangue hanno delle linee guida valide per tutta l’Italia. Ciò è importante perché non rende necessarie le migrazioni dal centro-sud al nord, inoltre dà la garanzia ai malati di ricevere i migliori trattamenti e dà garanzie anche ai centri, perché le terapie effettuate sono le migliori a livello internazionale.
D. - Novità di quest’anno è l’attivazione di un numero verde: come funziona?
R. - Purtroppo abbiamo avuto un finanziamento solo per una giornata e i malati, solo per oggi, da tutta l’Italia, potranno chiamare e sentirsi rispondere per i quesiti che pongono: la cura è buona? La diagnosi è esatta?
D. - Per capire quanto gli italiani conoscono le malattie del sangue, l’AIL ha svolto un indagine: cosa è emerso?
R. - La malattia più conosciuta è la leucemia, si conoscono poco invece linfoma e mieloma; non molti italiani sanno che di tumori del sangue si viene curati meglio rispetto ai casi in cui si è affetti da altri tumori e, ancora, è emerso che i giovanissimi sanno ancora meno degli adulti e degli anziani. Quindi, cercheremo di dare queste informazioni nelle scuole.
D. - Gli italiani hanno fiducia nelle terapie e nei centri di ematologia del Paese?
R. - Abbastanza. Invece, sanno poco di quanto scarsamente viene finanziata la ricerca e quanto più servirebbe finanziarla al meglio.
Terminata a Triuggio la Settimana nazionale di aggiornamento pastorale
◊ Si è chiusa alla Villa Sacro Cuore di Triuggio, in provincia di Milano, la 57.ma Settimana nazionale di aggiornamento pastorale, organizzata dal COP, il Centro di Orientamento Pastorale, sul tema: “Cinquant’anni dopo, dov’è la missione? Dalla missione popolare di Milano alle forme di missione quotidiana nei nuovi areopaghi”. Il servizio è di Fabio Brenna:
Percorsi concreti per ridare slancio alla missione della Chiesa sono stati forniti dal patriarca di Lisbona, il cardinale José da Cruz Policarpo, che ha illustrato l’esperienza del Congresso internazionale per la nuova evangelizzazione appena vissuta dalla sua diocesi insieme a quelle di Vienna, Parigi, Bruxelles e Budapest.
Il patriarca ha ripercorso le fasi preparatorie del Congresso che hanno permesso di evidenziare l’evangelizzazione come un dialogo tra la Chiesa e la società, attraverso il quale la Chiesa ha voluto dare il suo contributo all’umanizzazione della città. Grazie poi alla collaborazione fra parrocchie e movimenti si è visto che la nuova evangelizzazione è proporre un nuovo dinamismo sorretto da un rinnovata spiritualità. Dal Congresso è nato quindi un nuovo impulso basato sulla fedeltà alla Chiesa attraverso l’annuncio di Cristo vivente nella comunità. In che cosa si è tradotto ce lo spiega il cardinale José da Cruz Policarpo:
“Tutta la Chiesa può trasormarsi nelle sue strutture, nei suoi metodi, che possono essere più vicini alla gente e più comunicativi, volti all’accoglienza, alla comunicazione dello spirito del Vangelo, e in fondo non soltanto al servizio della Chiesa, ma al servizio della società”.
Nel corso degli incontri di questa 57° Settimana è emerso ripetutamente la convinzione che la missione della Chiesa fa perno sulla parrocchia, elemento vivo di presenza cristiana sul territorio. Mons. Domenico Sigalini, vescovo di Palestrina e presidente del Cop-Centro di Orientamento Pastorale:
“Purché questa missione – evidentemente nessuno pensa ad un proselitismo – non sia un far venire le persone dove siamo noi, ma sia un annunciare a tutti il centro fondamentale della fede che è il Signore morto e risorto, che è la sua salvezza, che è la sua proposta di vita felice, in modo che le persone non vedano le organizzazioni ma la potenza della Parola di Dio”. (Da Milano, per Radio Vaticana, Fabio Brenna)
La Chiesa ricorda San Luigi Gonzaga
◊ Oggi la Chiesa ricorda San Luigi Gonzaga, religioso gesuita, patrono della gioventù: ha unito carità evangelica, austerità e purezza di cuore. Ce ne parla Sergio Centofanti.
Luigi Gonzaga nasce nel 1568: è il figlio primogenito del marchese di Mantova. Sull’Italia si stende il dominio spagnolo. La penisola comincia a risentire della scoperta dell’America: le rotte commerciali si spostano dal Mediterraneo all’Atlantico mentre le grandi potenze attuano una forte espansione coloniale. La Chiesa ha concluso da cinque anni il Concilio di Trento e avvia un profondo rinnovamento spirituale come risposta al Protestantesimo. In questo clima Luigi è educato dal padre alle armi e all’affermazione di sé. Ma nel cuore, anche guidato dalla intensa spiritualità della madre, sente che la sua strada è un’altra: quella dell’umiltà e dell’affidamento totale a Dio. A 16 anni, vincendo la strenua opposizione del padre, abbandona eredità e titolo nobiliare per entrare nella Compagnia di Gesù: si dedica in particolare ai poveri e agli ammalati, distinguendosi soprattutto durante l'epidemia di peste che colpisce Roma nel 1590. Trova un moribondo abbandonato sul ciglio della strada: lo raccoglie, trasportandolo sulle spalle fino a un ospizio. Luigi ne resta contagiato e muore: era il 1591, aveva solo 23 anni. Luigi Gonzaga voleva “rallegrarsi con quelli che sono nella gioia” e “piangere con quelli che sono nel pianto”. “Puntiamo le nostre aspirazioni verso il cielo” - diceva - “Dio mi indica la vera felicità” e di fronte alla sua “bontà divina, mare senza fondo e senza confini, la mia mente si smarrisce”. Un mirabile esempio di austerità e purezza evangelica, dunque, che il Papa ieri all’udienza generale ha indicato ai giovani, ai malati e agli sposi novelli:
“Invocatelo, cari giovani, perché vi aiuti a costruire un’intima amicizia con Gesù che vi renda capaci di affrontare con serietà la vostra vita. Questo giovane santo sia per voi, cari malati, sostegno nel trasformare le sofferenze e le prove quotidiane in privilegiate occasioni per cooperare alla salvezza delle anime e renda voi, cari sposi novelli, testimoni di un amore casto e generoso”.
Le autorità cinesi ordinano la distruzione del Santuario di Tianjiajing, dedicato alla Madonna del Carmelo
◊ In Cina, il governo della provincia dell’Henan ha decretato la distruzione dello storico santuario di Tianjiajing, dedicato alla Madonna del Carmelo. Lo rende noto l’agenzia AsiaNews, secondo cui è stato fatto divieto assoluto per i cattolici di organizzare il pellegrinaggio annuale e proibito di svolgere in quel luogo qualunque devozione o incontro. Anche una statua della Vergine, di oltre un secolo fa, è destinata ad essere distrutta, insieme alle 14 stazioni della Via Crucis che costeggiano la strada. Secondo fonti locali, la mossa del governo sarebbe dovuta alla posizione geografica del santuario, costruito su una montagna che sovrasta un suggestivo panorama, ideale per costruire un albergo. Da marzo, il dipartimento provinciale per gli Affari religiosi ha cominciato una sorveglianza stretta di tutti i sacerdoti, costringendoli a “colloqui” per convincerli a desistere dal pellegrinaggio annuale del 16 luglio, cui di solito partecipano 40-50 mila persone. L’11 maggio, poi, il segretario generale della provincia di Henan ha ordinato la cancellazione del pellegrinaggio e diffuso la notizia anche nelle province vicine di Hebei e Shanxi. Per occupare il campo ed evitare ogni sit-in, il governo provinciale ha quindi organizzato esercitazioni militari proprio nella zona del santuario, costruito nei primi del ‘900, mobilitando circa 700 soldati. A tutt’oggi, la strada che conduce verso il santuario è chiusa e le auto e le persone che passano vengono controllate e perquisite. La decisione del governo provinciale ha stupito i fedeli della diocesi di Anyang, perché proprio quest’anno erano ricominciati i lavori di ricostruzione del santuario, distrutto quasi completamente prima dai giapponesi nella II Guerra mondiale e poi dalle Guardie Rosse negli anni 60. Per tutta risposta, il 14 maggio il governo ha revocato il permesso al santuario e al pellegrinaggio, definendoli “attività religiose illegali”, e il 16 maggio ha emesso una Risoluzione che nega l’uso del terreno nazionale alla Chiesa di Anyang, requisendo lo spazio del santuario. Intanto, dalla fine di maggio, un “gruppo di lavoro” del governo locale si è insediato a Tianjiajing. I fedeli della diocesi hanno fatto giungere ad AsiaNews un appello: “Chiediamo a tutti i fratelli e sorelle nel Signore – hanno invitato – di pregare per noi e di diffondere il nostro messaggio anche ad altri fratelli e sorelle nel mondo”. (R.M.)
A Venezia, appello per i cristiani iracheni dalla conferenza stampa conclusiva di “Oasis”
◊ A Venezia, dove si è concluso stamani l’incontro annuale del Comitato scientifico del Centro internazionale studi e ricerche “Oasis”, è arrivato il grido di dolore dei cristiani iracheni. Mons. Louis Sako, arcivescovo di Kirkuk dei Caldei, impossibilitato a partecipare ai lavori, ha fatto pervenire un messaggio, letto durante la conferenza stampa conclusiva, in cui afferma che la situazione in Iraq “sta peggiorando”. Devo rimanere con i fedeli in questi tempi bui” – spiega il presule – e per questo “non è possibile viaggiare fuori dall’Iraq per il momento”. Drammatica anche la testimonianza di mons. Ruggero Franceschini, arcivescovo di Smirne, in Turchia. “La nostra tragedia – ha scritto agli organizzatori – non è che ci taglino la gola, ma è l’assenza di preti che ogni giorno ci consuma”. Le enormi potenzialità che la Chiesa può esprimere sono dunque al centro della riflessione, come anche le difficoltà concrete di un’opera di evangelizzazione che viene sentita ogni volta di più urgente e indispensabile, nel segno della tolleranza e del dialogo tra le culture. Un tema risuonato nell’appello di mons. Fouad Twal, arcivescovo coadiutore di Gerusalemme, che ha svolto una lucida analisi della situazione, mettendo l’accento sulle responsabilità della comunità internazionale nella situazione palestinese nella Striscia di Gaza. Il mancato aiuto, un anno fa, ha portato quel peggioramento che ha fatto dilagare il fondamentalismo. Perché dunque un anno fa non si è fatto quell’intervento internazionale e quell’aiuto alla democrazia palestinese, che di fronte al precipitare degli eventi si vuol realizzare ora? Ma soprattutto, importano le conseguenze della fuga dei cristiani dalla Terra Santa. Tra di loro, si trovano i settori più tolleranti e preparati della popolazione. La loro fuga, la loro disperazione, avrà effetti negativi su tutto il processo di pace. E a proposito di pace – ha insistito mons. Twal – si parla tanto di “processo”: perché non smetterla e decidersi a “entrare una buona volta” nella pace? Di fronte alle denunce e di fronte alle analisi, il Comitato scientifico di “Oasis” ha ribadito la bontà del concetto di “meticciato di civiltà”, impostato dal cardinale Angelo Scola, Patriarca di Venezia, e che costituisce il filo conduttore dei nostri tempi, in cui le civiltà si incontrano e devono dialogare. Non una “costrizione” ma un “segno dei tempi” e un antidoto di fronte al dilagare della violenza e della mentalità dello scontro. Altre voci, dall’India, dal Pakistan, dall’Indonesia, dalla Bosnia, dalla Turchia, hanno arricchito il confronto. La riunione del Comitato scientifico di “Oasis” si svolge ogni anno, e ogni due anni si tiene a Venezia. (A cura di Fabrizio Mastrofini)
Agorà dei giovani: a Loreto, con Benedetto XVI, anche palestinesi, israeliani, libanesi e iracheni
◊ All’incontro di Loreto con Benedetto XVI, in programma l’1 e il 2 settembre, ci saranno anche giovani palestinesi, israeliani, libanesi e iracheni. Faranno parte – riferisce l’agenzia SIR – degli 800 delegati in rappresentanza di 50 Paesi dell'Europa e del Mediterraneo, che si uniranno ai coetanei italiani, in quello che è l’appuntamento principale, per il 2007, di Agorà dei giovani italiani, il percorso triennale di pastorale giovanile promosso dalla CEI. “La presenza di delegati esteri – spiegano da Agorà – rappresenta un invito al confronto e allo scambio di esperienze, oltre che l’occasione per creare relazioni che possano durare anche dopo Loreto”. I polacchi sono i più numerosi, con 100 delegati, seguiti da francesi, spagnoli, croati, ungheresi, greci, russi, portoghesi e sloveni. Ma nella piana di Montorso sventoleranno anche le bandiere di Inghilterra, Danimarca, Repubblica Ceca, Finlandia, Estonia, Lettonia, Moldova, Olanda, Austria, Svizzera e Ucraina. Meno numerosa, ma di grande significato, la presenza di giovani da Algeria, Egitto, Tunisia, Giordania, Siria e Turchia. Molti dei delegati esteri saranno ospitati nelle diocesi di San Marino, Ancona, Macerata, Foligno, Imola e Teramo-Atri.(R.M.)
Appello dei missionari del PIME nelle Filippine per la liberazione di padre Giancarlo Bossi
◊ “La cattura di padre Giancarlo Bossi è stata pianificata con attenzione”: lo scrivono i missionari del Pontificio istituto missioni estere (PIME) nelle Filippine, in una dichiarazione dal titolo “Noi speriamo ancora”, in cui chiedono a chiunque sappia qualcosa sulla sorte del sacerdote, rapito lo scorso 10 giugno nella provincia di Zamboanga Sibugay, di farsi avanti e aiutare le ricerche. Il testo, pubblicato su un blog creato dai missionari per raccogliere informazioni su padre Bossi, è stato diffuso integralmente da AsiaNews. “Ad oggi, 21 giugno – scrivono i missionari – non vi sono stati contatti con i rapitori o con qualcuno che abbia potuto verificare la sua condizione. Da quello che abbiamo saputo fino ad ora – aggiungono – i rapitori e i mandanti non sono stati identificati con chiarezza, anche se tutto fa pensare ad un gruppo ben organizzato, che ha potuto usare una barca potente ed è ben armato e ben equipaggiato”. “Il governo – informano i missionari del PIME – dice di stare utilizzando tutte le risorse a sua disposizione per cercare il rapito. Il Fronte islamico di liberazione Moro (MILF) ha dichiarato a sua volta di aver accesso a diversi gruppi armati dell’area”. Tuttavia, AsiaNews riferisce che si è interrotto oggi formalmente l’accordo di collaborazione fra esercito filippino e ribelli del MILF, uniti da dieci giorni per cercare il sacerdote rapito. I missionari credono “che Dio sappia chi è implicato in questa storia, e perché. Ma Dio – precisano – potrebbe essere in attesa di una persona sincera e coraggiosa, che possa rivelare la verità”. Infine, esortano: “Preghiamo affinché delle persone di buona volontà si impegnino per far uscire la verità, e liberino la nazione da questi tremendi atti di tensione. Forse padre Giancarlo si sente abbandonato come Gesù sulla Croce: possa invece condividere con noi e con la nostra popolazione la gioia della Risurrezione”. Nel frattempo, i fedeli di tutte le religioni continuano a incontrarsi nelle Filippine per pregare per il ritorno a casa del missionario, il “gigante buono” di Mindanao. E anche in Italia, si terrà domani una fiaccolata silenziosa ad Abbiategrasso, Paese di origine del sacerdote, per esprimere vicinanza alla famiglia e chiedere con forza la sua liberazione. (R.M.)
Domani a Bangalore, in India, manifestazione contro le crescenti persecuzioni della minoranza cristiana
◊ Contro le crescenti persecuzioni dei cristiani in India (specie in Karnataka, Orissa, Maharashtra, Madhya Pradesh e Himachal Pradesh), il Global Council of Indian Christians (GCIC) ha organizzato per domani a Bangalore una manifestazione a favore dei diritti umani, cui parteciperanno persone provenienti dal Kashmir al Kanyakumari, diversi attivisti per i diritti umani ed esponenti della comunità cristiana. Del GCIC, che dal 2006 è stato approvato dalle Nazioni Unite, fanno parte la Conferenza episcopale dell’India e l’Organizzazione mondiale dei diritti umani. All’agenzia AsiaNews, l’arcivescovo di Bangalore, mons. Bernard Blasius Moras, si è detto felice per l’iniziativa. “Le leggi anticonversione introdotte in molti Stati e la crescita del fondamentalismo – ha spiegato il presule – sono motivi di seria preoccupazione e il governo può e deve riconoscere i diritti della minoranza cattolica del Paese. Le violenze perpetrate sui singoli o su comunità intere in base alla casta, alla religione e alla provenienza – ha aggiunto – sono del tutto inaccettabili in un Paese che garantisce il fondamentale diritto di professare e praticare la propria religione. Ben venga dunque questa giornata per i diritti organizzata dal GCIC in questo momento così delicato”. L’arcivescovo Moras ha anche lodato il “prezioso” ruolo a Bangalore del Consiglio, che “combatte i fondamentalismi e assicura giustizia, assistenza legale e medica ai cristiani perseguitati” (R.M.)
“La Chiesa in Nigeria non può assumersi tutte le funzioni che spettano allo Stato”: così, l’arcivescovo di Abuja, mons. Onaiyekan, ospite in Germania di “Aiuto della Chiesa che Soffre”
◊ "La Chiesa della Nigeria chiede allo Stato di assumersi le sue responsabilità e insiste per una politica giusta e responsabile per il Paese". Lo ha dichiarato a Koenigstein, in Germania, l’arcivescovo di Abuja, mons. John Olorunfemi Onaiyekan, ospite nei giorni scorsi dell’Opera “Aiuto della Chiesa che Soffre” (ACS). Secondo il presule, la Chiesa fa molto nel campo sociale, ma non può assolvere a tutte le funzioni che spettano allo Stato. “Non possiamo occuparci di tutto questo mondo in difficoltà e sofferente” o “far funzionare tutte le scuole”, ha affermato il presule, aggiungendo: “Il governo riceve denaro dai cittadini per questi problemi ed è suo compito trovare delle soluzioni”. L’arcivescovo Onaiyekan ha quindi ribadito la denuncia, più volte formulata dai vescovi, del crescente divario tra ricchi e poveri in Nigeria, frutto – ha detto - dell’arricchimento illecito di una minoranza e di pseudo-riforme economiche che hanno prodotto milionari, ma anche relegato i poveri nelle bidonvilles. Una situazione che alimenta pericolose tensioni sociali: “L’odio tra i poveri cresce e da questo odio – ha ammonito il presule – nasce quello che spesso viene chiamato terrorismo, che io disapprovo, ma al quale ricorrono i giovani che non accettano più di sopportare passivamente questa ingiustizia e che credono di non avere nulla da perdere”. Mons. Onaiyekan ha poi parlato dell’Occidente: l’Europa e l’America - ha detto – dovrebbero riflettere sul modo in cui sfruttano le risorse dei Paesi poveri, a cominciare dal ricorso alla corruzione delle loro classi dirigenti. Di qui, l’appello a “rivoluzionare il nostro modo di pensare”. Riferendosi, infine, alle contestate elezioni del 21 aprile scorso, vinte dal candidato governativo, Alhaji Umaru Musa Yar’Adua, l’arcivescovo di Abuja ha evidenziato i limiti dell’attuale legislazione elettorale in Nigeria, che impedisce l’affermarsi di una democrazia compiuta nel Paese. (L.Z.)
Sudan: ucciso un operatore Caritas nel Darfur occidentale
◊ Un operatore umanitario della Caritas è stato ucciso questa domenica nel Darfur occidentale, in Sudan. Come riferisce il quotidiano Avvenire, la vittima si chiamava Adam Adam ed era uno dei responsabili del campo rifugiati di Khamsa Degaig, nei pressi di Zalingei, teatro delle violenze dei miliziani Janjaweed. Adam faceva parte di un team congiunto di Caritas e Action by Churches Together (ACT), ente umanitario cristiano ed ecumenico con base a Ginevra, in Svizzera. L’operatore umanitario è stato ucciso a colpi di arma da fuoco da tre uomini, mentre tornava a casa dal lavoro a bordo della sua auto. Gli assalitori sono poi riusciti a fuggire. Caritas Internationalis ha riferito che l’omicidio segue una serie di attacchi nei campi attorno a Zalingei e che la situazione della sicurezza nella zona continua a peggiorare. Dall’inizio di giugno, cinque residenti nei campi sono stati uccisi a colpi di arma da fuoco. Continuano, inoltre, i dirottamenti di veicoli appartenenti all’ONU e ad altre organizzazioni internazionali. Circa 100 mila rifugiati sono accampati attualmente a Zalingei e molti altri continuano ad arrivare. (R.M.)
Confermate le condanne per gli assassini di mons. Gerardi Conedera, ausiliare di Guatemala ucciso nel 1998
◊ L’arcivescovado di Città del Guatemala ha definito “storica” la conferma, da parte della Corte Costituzionale, delle sentenze di condanna emesse contro due militari e un sacerdote per l’assassinio di mons. Juan José Gerardi Conedera, ausiliare di Guatemala, ucciso il 26 aprile 1998 nella sua parrocchia di San Sebastián, due giorni dopo aver pubblicato il rapporto “Guatemala nunca más”, sui crimini compiuti durante la guerra civile. “Per noi è un fatto storico aver ottenuto una sentenza definitiva in un caso tanto polemico, ma in cui è stata dimostrata la responsabilità dei condannati”, ha dichiarato alla stampa Nery Rodenas, direttore dell’Ufficio dei diritti umani dell’arcivescovado di Guatemala, citato dall’agenzia MISNA. Nel 2001, un tribunale aveva condannato a 30 anni di carcere, in quanto “co-autori” del crimine, il colonnello dell’esercito, Byron Disrael Lima Estrada (membro dello ‘Estado mayor presidencial’ nel governo di Alvaro Arzú) e suo figlio, il capitano Byron Lima Oliva; a padre Mario Orantes, segretario del vescovo ucciso, erano stati comminati 20 anni. Nel 2005, una corte d’appello aveva ridotto le sentenze a 20 anni per i due militari, ratificando quella inflitta al sacerdote, sostenendo che sarebbero stati ‘complici’ e non autori materiali dell’omicidio; nella stessa occasione, erano stati comminati 20 anni di prigione anche a un terzo militare, Obdulio Villanueva, ucciso in carcere nel 2004 durante una sommossa. Secondo Nery Rodenas, la decisione della Corte Costituzionale lascia aperta la possibilità che altre persone continuino ad essere indagate, nella speranza che vangano portati di fronte alla giustizia i mandanti dell’omicidio. A conclusione di un processo contrassegnato “da un cumulo di irregolarità, dalle false testimonianze alla manipolazione delle prove”, all’uccisione di testimoni e alle minacce ricevute da diversi giudici, è stato infatti annunciato l’avvio di indagini a carico di altri tre militari appartenenti all’EMP di Arzú. (R.M.)
Stasera a Roma, Veglia ecumenica “per non dimenticare” le vittime dei “viaggi della speranza” verso l’Europa
◊ Una Veglia per non dimenticare: la Fondazione CEI Migrantes, il Centro Astalli, la Comunità di Sant’Egidio, la Caritas italiana e la Federazione delle Chiese evangeliche in Italia promuoveranno questo pomeriggio alle 17.30, nella Basilica romana di Santa Maria in Trastevere, la Veglia ecumenica “Morire di speranza”, in memoria degli immigrati deceduti nei loro “viaggi della speranza” verso l’Europa. All’iniziativa parteciperanno comunità e associazioni di immigrati, rifugiati e organizzazioni di volontariato. Nei primi cinque mesi del 2007 – informano i promotori della Veglia, citati dall’agenzia SIR – i morti nel Canale di Sicilia sono stati 131, più 35 sulle rotte tra Algeria e Sardegna. Dal 1988, le morti documentate dalla stampa internazionale sono state 8.995: di questi, 3.087 sono dispersi in mare. “Sono uomini e donne in fuga dalla fame, dalla guerra, dalle persecuzioni – si legge in un comunicato diffuso ieri – sono esseri umani talmente disperati da rischiare di mettere a repentaglio la loro stessa vita, pur di arrivare alle soglie della salvezza che l’Europa per loro e i propri figli rappresenta”. “Dimenticare, rimuovere, rassegnarsi alla normalità delle tragedie dell’immigrazione – concludono i promotori dell’iniziativa – vuol dire lasciare morire ancora una volta le vittime in viaggio verso l’Europa”. (R.M.)
Bielorussia: petizione di cattolici contro la destinazione di una chiesa ad albergo a Minsk
◊ In Bielorussia, la comunità cattolica si sta mobilitando contro la realizzazione di un grande complesso alberghiero in una chiesa e un monastero del XVII secolo nella capitale, Minsk. La chiesa di San Giuseppe e l’annesso monastero erano stati confiscati durante il regime sovietico e, già due anni fa, la Chiesa ne aveva chiesto la restituzione alle autorità statali, che nei mesi scorsi hanno invece annunciato l’intenzione di convertire la struttura. Un gruppo di fedeli ha firmato una petizione per chiedere l’intervento del presidente, Alexandre Lukashenko. Ai media è stato richiesto di dare il massimo risalto alla notizia per fermare il progetto. Da tempo, la Chiesa in Bielorussia, dove i cattolici costituiscono il 14 per cento della popolazione, lamenta discriminazioni. Da diversi mesi, un gruppo di fedeli sta attuando uno sciopero della fame per protestare contro il divieto posto alla costruzione di una nuova chiesa nella città di Grodno e contro il rifiuto dei visti ai sacerdoti e alle religiose chiamati dalla vicina Polonia, per sopperire alla scarsità del clero locale. Solidarietà con la Chiesa cattolica è stata espressa dalla comunità protestante, anch’essa penalizzata e discriminata dalla nuova legge sui culti del 2003, una delle più restrittive in materia di libertà religiosa delle ex Repubbliche Sovietiche. (L.Z.)
In Medio Oriente, lunedì a Sharm el-Sheikh, in Egitto, il summit regionale
◊ Nella Striscia di Gaza potrebbe scattare una vera e propria emergenza alimentare nel giro di un mese, quando cominceranno a scarseggiare farina, riso, olio e altri viveri di base. L’allarme è stato lanciato dall’ONU che sollecita la riapertura del valico commerciale di Karni, tra Gaza e Israele. Un portavoce della presidenza palestinese ha reso noto, intanto, che si terrà lunedì prossimo a Sharm el-Sheikh, in Egitto, il summit regionale sul Medio Oriente. Alla riunione è prevista la partecipazione del presidente palestinese Abu Mazen, del premier israeliano, Ehud Olmert, del re di Giordania Abdallah II e del presidente egiziano, Hosni Mubarak.
- In Libano, la polizia ha denunciato che aerei da guerra israeliani sono penetrati nello spazio aereo del Paese dei Cedri. Quattro aerei israeliani, contravvenendo alle disposizioni della risoluzione ONU 1701 della scorsa estate, hanno sorvolato il porto di Tiro spingendosi fino a nord di Sidone. L'aviazione israeliana per il momento non ha rilasciato dichiarazioni, ma si pensa che le incursioni aeree siano la risposta di Israele al recente lancio di missili Katyusha dal territorio libanese verso il nord di Israele.
- In Afghanistan, ancora attacchi e sequestri: un soldato della NATO è morto in seguito all’esplosione di una bomba nella parte orientale del Paese. Al momento non si conosce la nazionalità della vittima, ma è probabile che si tratti di un militare statunitense: in quella zona operano, infatti, soprattutto truppe americane. Cinque medici afgani e il loro autista sono stati rapiti, inoltre, nel Nooristan, provincia nord orientale. Ieri, intanto, otto persone - tra cui tre soldati canadesi dell’ONU - sono morti in seguito alla deflagrazione di una mina nel sud del Paese, roccaforte dei talebani. Sale così a 92 il numero di morti delle NATO in Afghanistan, dall’inizio dell’anno.
- L’Iran, intanto, smentisce categoricamente di aver fornito armi ai talebani. Il viceministro degli Esteri iraniano, Mehdi Safari, afferma che si tratta solo di accuse infondate, per nascondere la debolezza delle forze straniere contro il terrorismo.
- Il presidente americano, George Bush, ha posto il veto alla legge del Congresso, che elimina le restrizioni ai finanziamenti per la ricerca sulle cellule staminali. Il veto è stato giustificato dalla Casa Bianca con il fatto che la ricerca “distrugge gli embrioni umani”. Sarà adesso necessaria una maggioranza di due terzi dei votanti in Senato ed alla Camera per superare l’opposizione di Bush e trasformare in legge il progetto.
- La Serbia ha respinto, ieri, la bozza di risoluzione, proposta da Stati Uniti, Gran Bretagna e Francia, che chiede altri quattro mesi di trattative per negoziare lo status del Kosovo. “Qualsiasi tentativo di nascondere il piano per l’indipendenza della provincia dietro a un rinvio di vari mesi è inaccettabile”, ha dichiarato il primo ministro serbo, Vojislav Kostunica.
- Questione nucleare nordcoreana: il negoziatore americano per l’estremo oriente, Christopher Hill, è giunto stamani a Pyongyang. Durante la visita, la prima di un emissario americano dopo cinque anni, Hill dovrebbe incontrarsi con il collega Kim Kyegwan; ma non sembra escluso che possa essere ricevuto a più alto livello nell’ambito del processo di attuazione dell’accordo internazionale del febbraio scorso sul disarmo nucleare di Pyongyang. L’intesa prevede lo smantellamento del programma atomico nordcoreano in cambio di aiuti umanitari e finanziari alla Corea del Nord. (A cura di Amedeo Lomonaco e Beatrice Bossi)
Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LI No. 172
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