Logo 50Radiogiornale Radio Vaticana
Redazione +390669883674 | +390669883998 | e-mail: sicsegre@vatiradio.va

SOMMARIO del 18/06/2007

Il Papa e la Santa Sede

  • Aprite le porte a Cristo, senza paura e senza calcoli: l’esortazione di Benedetto VXI ai giovani che lo hanno accolto ieri pomeriggio in un clima di grande festa, a conclusione della visita pastorale ad Assisi
  • Il cordoglio del Papa per la scomparsa del cardinale Angelo Felici: è stato un "solerte collaboratore" della Santa Sede
  • La Cattedrale di Noto, tornata a risplendere nella sua bellezza, inviti i fedeli siciliani ad un rinnovato entusiasmo spirituale: così, il Papa in occasione della cerimonia di riapertura della Cattedrale, dopo 8 anni di restauro
  • Dal Papa i vescovi del Togo per la visita ad Limina
  • Al via in Vaticano l'assemblea della ROACO: al centro dei lavori la difficile situazione dei cristiani in Iraq, Turchia e Terra Santa
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • Liberato in Iraq padre Hani, dopo 12 giorni di prigionia
  • A Roma, la seconda Conferenza internazionale Africa for life, promossa dalla Comunità di Sant’Egidio
  • Chiesa e Società

  • Celebrati i funerali di padre Giovanni Marchesi, prestigiosa firma della rivista dei Gesuiti Civiltà Cattolica
  • Starebbe bene padre Giancarlo Bossi, rapito nelle Filippine il 10 giugno
  • 200 milioni i cristiani a rischio persecuzione in ben 60 Paesi del mondo: lo documenta un dettagliato Rapporto del Servizio segreto britannico MI6
  • Afghanistan: con il plauso del governo, i gesuiti aprono una scuola tecnica ad Herat
  • Cresce l’informazione su Internet ma non intacca il mercato della stampa quotidiana e delle riviste in grande espansione nei Paesi emergenti
  • La Caritas diocesana di Roma propone una mostra ed un documentario sul tema migrazioni, in vista della Giornata mondiale per i rifugiati, il 20 giugno
  • Inizia oggi a Milano la Settimana Nazionale di aggiornamento pastorale
  • 24 Ore nel Mondo

  • In Afghanistan, decine di talebani morti per un attacco contro un covo di Al Qaeda. In un raid delle forze della coalizione, uccisi anche 7 bambini
  • Il Papa e la Santa Sede



    Aprite le porte a Cristo, senza paura e senza calcoli: l’esortazione di Benedetto VXI ai giovani che lo hanno accolto ieri pomeriggio in un clima di grande festa, a conclusione della visita pastorale ad Assisi

    ◊   E’ stato il caloroso e sincero abbraccio dei giovani il premio che Benedetto XVI ha riscosso, non senza emozione, al termine della visita pastorale che domenica lo ha portato ad Assisi. Un viaggio all’insegna della conversione di San Francesco e del messaggio divino ricevuto a San Damiano: “Va', Francesco, e ripara la mia casa”. In poco più di dieci ore, il Papa ha toccato tutti i luoghi di Francesco e Chiara nella città di Assisi, con momenti di preghiera privata di grande intensità, come quello sulla tomba del Santo avvenuto dopo la recita dell’Angelus e il pressante appello per la pace in Medio Oriente. Presso le Clarisse, in mattinata, il Papa ha sostato in venerazione del Crocifisso miracoloso di San Damiano, e alle monache di clausura ha chiesto di pregare per sostenerlo nel suo compito di timoniere della Chiesa. Il servizio è del nostro inviato ad Assisi, Stefano Leszczynski:


    E' stato un pomeriggio intenso, con diversi appuntamenti, quello di Benedetto XVI ad Assisi. Dopo la Messa celebrata in un’assolata piazza di fronte alla Basilica di San Francesco, il Pontefice si è recato presso la tomba del Santo, nella Basilica inferiore, per un momento privato di preghiera, accompagnato dal Custode, padre Vincenzo Coli. Quindi il pranzo nel refettorio con accanto il presidente del Consiglio, Romano Prodi, e il vescovo di Assisi, Domenico Sorrentino. Subito dopo, l’incontro con le suore Clarisse Cappuccine tedesche del convento di Assisi, dove era stato ospitato più volte quando era ancora cardinale. Poi, l'impegnativo incontro con i Francescani del Sacro Convento ed i partecipanti al Capitolo generale dell'Ordine dei Frati minori conventuali, ai quali il Papa ha consegnato un messaggio. Benedetto XVI ha sottolineato il pericolo che i cristiani di oggi si accontentino di un ''Cristo diminuito'' o di un San Francesco ''mutilato'', validi per tutte le stagioni, per credenti e non credenti. Il Papa ha ribadito con forza che l'unica chiave interpretativa del Santo di Assisi è quella delle fede cristiana:

     
    "I milioni di pellegrini che passano per queste strade attirati dal carisma di Francesco, devono essere aiutati a cogliere il nucleo essenziale della vita cristiana ed a tendere alla sua 'misura alta', che è appunto la santità. Non basta che ammirino Francesco: attraverso di lui devono poter incontrare Cristo, per confessarlo e amarlo con 'fede dritta, speranza certa e caritade perfetta'(Preghiera di Francesco davanti al Crocifisso, 1: FF 276).

     
    “Coraggio carissimi” ha esortato il Papa parlando ai religiosi. “A questa città - ha spiegato - a questa comunità ecclesiale, guarda con particolare simpatia la Chiesa da tutte le regioni del mondo”. Francesco e Chiara con la loro scelta radicale di vivere il Vangelo nel quotidiano e sempre umilmente fedeli alla Chiesa, chiedono con il loro esempio che Assisi si distingua per un particolare slancio missionario. Il tema dell’amore inscindibile tra Francesco e la Chiesa è tornato più volte nei discorsi del Papa, anche durante l’incontro conclusivo con gli oltre 10 mila giovani assiepati fin dal mattino nel piazzale antistante la Basilica di Santa Maria degli Angeli, dove si trova la Porziuncola. Ed è stato proprio con loro che questa visita pastorale ha raggiunto il suo apice in un’atmosfera di sorprendente affetto reciproco tra i giovani e Benedetto XVI.

     
    (musica)

     
    (Marco)
    Abbiamo mille interrogativi, ma facciamo fatica a trovare risposte convincenti, e siamo tentati di pensare che la verità non esiste, che ognuno abbia la sua verità. Naturalmente ci piace essere allegri, ma anche noi sentiamo come il Papa che il puro divertimento non ci rende felici. Ci aiuti, Santo Padre, a capire e a fare nostra l’esperienza di Francesco.

     
    (Ilaria)
    Santo Padre, Francesco affascina, ma non è facile seguirlo, imitarlo. Viviamo in una società che ci appare sempre più povera di valori umani e spirituali. Tanti nostri coetanei bruciano la vita senza avere imparato ad amarla. Guardando a Francesco, sentiamo la nostalgia di qualcosa che non riusciamo facilmente a focalizzare. Ci aiuta la sua preghiera davanti al Crocifisso di San Damiano: “Alto e glorioso Iddio, illumina le tenebre de lo core mio” (FF 276). Santo Padre, ci aiuti ad amare Gesù come lo amò Francesco. A nome di tutti i giovani qui presenti L’abbraccio e La ringrazio.

     
    Il Papa, nonostante la fatica per una giornata così intensa, ha affrontato con emozione e con evidente gioia l’incontro con i giovani, tanto da infrangere senza esitazione il protocollo, parlando più volte a braccio e prolungando l’incontro di oltre mezz’ora. E le domande poste dai giovani, del resto, richiedevano di essere affrontate con particolare confidenza ed intimità pastorale:

     
    "San Francesco parla a tutti, ma so che ha proprio per voi giovani un’attrazione speciale. Me lo conferma la vostra presenza così numerosa, come anche gli interrogativi che mi avete posto. La sua conversione avvenne quando era nel pieno della sua vitalità, delle sue esperienze, dei suoi sogni. Aveva trascorso venticinque anni senza venire a capo del senso della vita. Pochi mesi prima di morire, ricorderà quel periodo come il tempo in cui 'era nei peccati'”.

     
    Benedetto XVI addita Francesco e Chiara come modelli per affrontare le numerose insidie di ciò che è effimero e i problemi che spesso affliggono la vita dei più giovani. Tanti ragazzi - ha ricordato il Papa - cadono vittime della droga alla ricerca di una felicità artificiale, o si smarriscono preda di una cultura che spesso esalta l’egoismo. E’ stato anche il dramma della prima vita di Francesco - ha aggiunto - prima di sperimentare il suo cammino di conversione con l’abbraccio al lebbroso, “non una mera ‘conversione ‘sociale’, ma una vera esperienza religiosa, comandata dalla grazia e dall’amore di Dio”. La bussola della vostra vita - ha affermato il Pontefice abbandonando il discorso ufficiale - deve essere la verità, perché senza verità si perde anche il fondamento della pace comune:

     
    "All’insegna della preghiera è da vedere anche l’impegno di Francesco per la pace. Questo aspetto della sua vita è di grande attualità, in un mondo che di pace ha tanto bisogno e non riesce a trovarne la via. Francesco fu un uomo di pace e un operatore di pace. Lo mostrò anche nella mitezza con cui si pose, senza tuttavia mai tacere la sua fede, di fronte ad uomini di altre fedi, come dimostra il suo incontro con il Sultano". (cfr 1 Cel I, 20, 57: FF 422).

     
    E il tema della pace, insieme a quello della conversione, è stato uno dei temi centrali di questo viaggio attraversato dallo spirito di Assisi. Al momento di congedarsi, per ripartire alla volta di Roma, Benedetto XVI ha dato ai ‘suoi’ giovani appuntamento alla Santa Casa di Loreto, ai primi di settembre, per l'Agorà dei giovani:

     
    “Aprite le porte a Cristo. Apritele come fece Francesco, senza paura, senza calcoli, senza misura. Siate, cari giovani, la mia gioia, come lo siete stati di Giovanni Paolo II".

    inizio pagina

    Il cordoglio del Papa per la scomparsa del cardinale Angelo Felici: è stato un "solerte collaboratore" della Santa Sede

    ◊   Un sentimento di “affettuoso rimpianto” al ricordo “della fervorosa opera prestata alla Santa Sede e della chiara testimonianza di solerte collaboratore dei miei venerati predecessori”. E’ una delle frasi del lungo telegramma con il quale Benedetto XVI descrive la figura e l’opera del cardinale Angelo Felici, deceduto ieri a poco meno di 88 anni di età. Il Papa ha indirizzato un telegramma di cordoglio a mons. Vincenzo Apicella, vescovo di Velletri e Segni - città d’origine del porporato scomparso - e un analogo telegramma al cardinale Angelo Sodano, decano del Collegio cardinalizio, ora composto da 183 porporati, dei quali 105 elettori e 78 non elettori. E sarà lo stesso Benedetto XVI a celebrare le esequie del cardinale Felici, domani alle 17, all’altare della Cattedra nella Basilica di San Pietro.

    Quando il giovane Angelo Felici viene ordinato sacerdote non ha ancora 23 anni e per ricevere il Sacramento si rende necessaria la dispensa dall’età di Pio XII. Quando poi entra per la prima volta in Segreteria di Stato ne ha appena compiuti 26. Quello alla Sede di Pietro di uno dei più importanti diplomatici della Santa Sede tra gli anni Sessanta e Ottanta è dunque un servizio precoce. La storia del futuro cardinale inizia in una cittadina del Lazio, Segni, dove Angelo compie gli studi primari e secondari. Filosofia e Teologia vengono affrontate nel Pontificio Collegio Leoniano di Anagni, ma già nel 1941 il giovane, ancora suddiacono, entra nella Pontificia Accademia Ecclesiastica. Alla prima Sezione della Segreteria di Stato, quella che oggi è la Sezione per i Rapporti con gli Stati, don Angelo arriva per volere dell’allora segretario di Stato, mons. Angelo Tardini. Diciannove anni di delicato lavoro e poi la prima importante missione diplomatica in una delle zone “calde” del pianeta, il Medio Oriente. Paolo VI lo invia a Gerusalemme nel 1967, subito dopo la “Guerra dei sei giorni”. La nomina ad arcivescovo arriva nel ’67 insieme con l’incarico di pro-nunzio nei Paesi Bassi. Seguono poi le nunziature di Lisbona e Parigi: in Francia, mons. Felici per tre volte accoglie Giovanni Paolo II in visita pastorale. Lo stesso Papa Wojtyla gli conferisce la berretta cardinalizia nel Concistoro del 28 giugno 1988 e tre giorni più tardi la nomina a prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi, incarico che manterrà fino al giugno del 1995. Sei mesi più tardi, il Papa lo nomina presidente della Pontificia Commissione “Ecclesia Dei”. (A cura di Alessandro De Carolis)

    inizio pagina

    La Cattedrale di Noto, tornata a risplendere nella sua bellezza, inviti i fedeli siciliani ad un rinnovato entusiasmo spirituale: così, il Papa in occasione della cerimonia di riapertura della Cattedrale, dopo 8 anni di restauro

    ◊   La riapertura della Cattedrale di Noto susciti un rinnovato entusiasmo spirituale nei fedeli siciliani: è l’esortazione di Benedetto XVI, in un messaggio inviato al vescovo di Noto, mons. Giuseppe Malandrino, in occasione della cerimonia di riapertura della Cattedrale barocca dedicata a San Nicolò, avvenuta stamani nella città siciliana. Il Papa manifesta inoltre il suo apprezzamento per quanti si sono adoperati a restaurare l’edificio sacro, dopo il rovinoso crollo di 11 anni fa. Il servizio di Alessandro Gisotti:


    “La rinata Cattedrale sia per l’intero Popolo di Dio richiamo costante alla propria vocazione e missione”: è quanto scrive il Papa nel messaggio al vescovo di Noto, nel quale sottolinea che la Cattedrale è non solo “una mirabile opera d’arte”, ma anche una “singolare testimonianza di fede”. Per questo, scrive il Pontefice, al “fascino esteriore del Duomo restituito al suo splendore, si unisca ora quello interiore di coloro che in esso si riuniscono per lodare Dio”. Ciascun credente così come ogni comunità ecclesiale, è il richiamo del Papa, è chiamato “a brillare per la santità e per l’amore con cui testimoniano la loro fedeltà evangelica”. Ecco allora che la Cattedrale ricostruita deve essere nella sua bellezza un “invito a crescere nella comunione e nel fervore apostolico”. Il felice evento della riapertura, esorta ancora il Papa, possa suscitare nel popolo un “rinnovato entusiasmo ed una coraggiosa testimonianza missionaria”. Benedetto XVI non ha mancato di esprimere riconoscenza a quanti “con tenacia” e “ammirevole impegno” hanno contribuito alla “necessaria e urgente opera di ricostruzione” della Cattedrale, “capolavoro del barocco siciliano” e “patrimonio dell’umanità”. Il Papa rivolge, dunque, il suo plauso a tutte le istituzioni come ai “valenti progettisti” e le “esperte maestranze” che hanno mostrato “sensibilità nei confronti di un intervento tanto imponente e delicato”.

     
    Dunque, oggi è un giorno di festa per la Chiesa siciliana e per tutto il mondo della cultura: ad 11 anni dal rovinoso crollo, è stata riconsegnata ai fedeli la Cattedrale di Noto, splendido esemplare di barocco siciliano e patrimonio dell’UNESCO. L’inaugurazione è stata celebrata in modo solenne con la Messa in Cattedrale, presieduta dal cardinale Giovanni Battista Re. Hanno preso parte all’evento numerose personalità ecclesiali e istituzionali, tra cui il presidente dell’episcopato italiano, mons. Angelo Bagnasco, e il presidente del Consiglio, Romano Prodi. Per il restauro, durato 8 anni, sono stati utilizzati ben 150 mila blocchi di pietra. Il servizio di Alessandra Zaffiro:


    Con una processione e una Messa solenne concelebrata dal vescovo Giuseppe Malandrino, ad 11 anni dal crollo della cupola di San Nicolò, questa mattina è tornata ai fedeli la Cattedrale di Noto, già danneggiata dal terremoto del 1990. La ricostruzione è stata eseguita con materiali usati all'epoca, come la calcarenite bianca, ma assemblati con le moderne tecniche antisismiche. I lavori hanno interessato la navata centrale, quella di destra, il transetto destro, il tamburo, la cupola e la lanterna. Ma anche i pilastri di sinistra non caduti nel crollo del 1996. "Questa splendida cattedrale, monumento di fede e di arte del 1700 - ha detto nell'omelia il cardinale Giovanni Battista Re, prefetto della Congregazione per i Vescovi - ora è rinata. Questa Cattedrale nel cuore della città, è invito ad aprire i nostri cuori a Dio per essere pietre vive, edificate attorno a Cristo. Dio occupa poco posto nelle preoccupazioni degli uomini e delle donne di oggi. Non si sa più riconoscere la mancanza di Dio come una mancanza. Le cose terrene si sono fatte affascinanti. Dio -  ha proseguito il cardinale Re - è indispensabile a noi esseri umani, perché senza Dio non si può realizzare se stessi, né migliorare l'umanità. Dove Dio non c'è, anche l'uomo smarrisce il suo valore e la sua dignità. Come ha affermato il Santo Padre Benedetto XVI - ha ricordato il prefetto della Congregazione per i Vescovi - dove Dio scompare, l'uomo non diventa più grande, solo se Dio è grande l'uomo è grande". Infine, l'augurio del cardinale Re alla cattedrale di Noto: "Che siano molti ad entrarvi per adorare Dio. Ed uscendo da qui, siano accompagnati dalla benedizione del Signore e da sentimenti di attenzione, solidarietà e amore per gli altri". (Da Noto, per la Radio Vaticana, Alessandra Zaffiro).

     
    Per una testimonianza su come la comunità di fedeli di Noto stia vivendo questo momento a lungo atteso, Alessandro Gisotti ha intervistato il vescovo di Noto, mons. Giuseppe Malandrino:


    R. – Per un vescovo che per nove anni è stato senza cattedrale – io sono venuto qui con la cattedrale già distrutta – è un’emozione enorme: per la prima volta, da vescovo, entro nella mia casa, che è la Cattedrale, casa di tutta la comunità! Quindi, una commozione enorme ... Se poi questa casa è la Cattedrale di Noto, allora è bella come culto ma è bella anche come cultura ...

     
    D. – Come i fedeli hanno vissuto questi anni, dopo questa ferita inferta ad un luogo così sacro e così amato dal popolo di tutta la Sicilia?

     
    R. – Prima, c’è stato il periodo del crollo, che ha creato uno shock enorme; poi, tutto questo ha infuso però tanta fiducia. Infatti, io lo considero quasi un miracolo, perché non ci siamo arresi: sono stati anni di lavoro, non lavoro secondario. Basta considerare che si tratta di una Cattedrale non in calcestruzzo, ma tutta in pietra, come i padri ce l’avevano lasciata. Quindi, tutto sommato, in appena otto anni, poterla vedere restituita. Dopo la trepidazione e l’attesa, le incertezze – ce la faremo?, non ce la faremo? – poi, quando si è visto che le cose si mettevano bene, l’attesa, la trepidazione che si trasformano in gioia! Una gioia, però, impegnativa: non possiamo accontentarci solo della Cattedrale dinanzi a tanti altri problemi che ci sono e, finiti i lavori della costruzione della Cattedrale di pietra, come ha ricordato sempre il Papa, ci occorre il lavoro grossissimo della Cattedrale delle pietre spirituali.

     
    D. – Dunque, in questo senso, può essere anche un’esortazione a fare di più ai fedeli, in particolare, ad avvicinarsi con rinnovato ardore alla Chiesa?

     
    R. – E’ una bella Cattedrale! Ci si è impegnati a portarla avanti. Allora, acceleriamo il passo per quanto riguarda per noi l’attuazione del Sinodo diocesano, e l’abbiamo fatto anche quest’anno. Io ho ripetuto sempre che vale per me e per tutta la diocesi, l’esortazione del Crocifisso a Francesco: “Va', edifica, costruisci la mia Chiesa”. E certo il Crocifisso non intendeva parlare solo della Chiesa materiale!

    inizio pagina

    Dal Papa i vescovi del Togo per la visita ad Limina

    ◊   Il Papa ha ricevuto stamani il primo gruppo di vescovi del Togo in visita “ad limina”. Il Togo, indipendente dal 1960, sta cercando di superare definitivamente un turbolento periodo politico. Piccolo Paese dell’Africa Occidentale, conta 5 milioni e mezzo di abitanti, di cui il 27% sono cattolici, di fronte a un 33% di seguaci delle religioni tradizionali africane. Permangono gravi i problemi sociali: gli analfabeti sono il 36%, alta la mortalità infantile e l’incidenza di AIDS, tubercolosi e malaria. Le speranze di vita si attestano a 55 anni per gli uomini e a 59 per le donne. Sul contesto socio-politico in vive la Chiesa del Togo ascoltiamo mons. Ambroise Djoliba, vescovo di Sokodé e presidente dei vescovi togolesi, al microfono di Jean Pierre Bodjoko:


    L'Eglise du Togo est évolue actuellement dans un climat...
    La Chiesa del Togo cresce in un clima attualmente tranquillo dove tutti cercano di ritrovare la pace e di valorizzarla. La Chiesa da parte sua ha molto contribuito a portare la pace, ha assistito le vittime delle agitazioni socio-politiche e continua a stare vicino ai profughi, ai poveri. La Chiesa in Togo è sempre aperta al popolo che soffre. Ed è aperta al dialogo interreligioso: io guido una diocesi a maggioranza islamica e le relazioni sono buone. Cristiani e musulmani lavorano insieme. La coesistenza è pacifica.

    Attualmente la nostra sfida principale è la formazione, la questione dell’educazione: occorre formare il popolo ed educarlo ad assumere le sue responsabilità. E poi le elezioni si avvicinano. Pubblicheremo un’altra lettera pastorale per dire ciò che è giusto ed essenziale, per guidare i nostri cristiani e gli uomini di buona volontà. E la gente aspetta la nostra parola. Per esempio siamo intervenuti quando il parlamento ha approvato la legge che legalizza l’aborto in alcuni casi: qui si tratta dell’avvenire stesso della nazione, dell’avvenire del nostro Paese. Si deve rispettare la vita! In un’Africa dove tutti ricercano la vita, è contraddittorio che si sopprima facilmente la vita. Ci sono delle coppie che non possono avere bambini e che ne soffrono, mentre ce ne sono altre che ne hanno la possibilità ed eliminano la vita! Noi, nonostante le difficoltà, non ci scoraggiamo, abbiamo fiducia. Abbiamo vissuto dei momenti dolorosi e ci rendiamo conto che la mano del Signore è su di noi. Noi non ci scoraggiamo!

    inizio pagina

    Al via in Vaticano l'assemblea della ROACO: al centro dei lavori la difficile situazione dei cristiani in Iraq, Turchia e Terra Santa

    ◊   Si svolge domani e dopodomani in Vaticano la riunione semestrale della ROACO, la Riunione delle Opere di Assistenza alle Chiese Orientali. Quest’anno, al centro dei lavori è la drammatica situazione dei cristiani in Iraq, Turchia e Terra Santa. Di questi temi ci parla il segretario generale della ROACO, don Leon Lemmens, al microfono di Giovanni Peduto:
     
    R. – Come si sa, purtroppo, le cose non stanno andando bene per i cristiani in Iraq. Da alcune settimane, il patriarca, Sua Beatitudine Emmanuel III Delly, ha alzato con forza la sua voce per attirare l’attenzione del mondo sulla persecuzione dei cristiani in Iraq. E’ proprio una sua espressione, che ha usato per la prima volta – penso – sei settimane fa. I cristiani in Iraq soffrono la persecuzione e dunque ha chiesto protezione per questi cristiani. Diceva: “I cristiani sono oggi perseguitati in un Paese dove tutti lottano per i propri interessi personali”. I cristiani vivono da sempre in Iraq e nel tempo hanno fatto tutto il possibile per contribuire al suo sviluppo, insieme ai loro fratelli musulmani. Ma oggi i cristiani vengono uccisi, cacciati dalle loro case davanti agli occhi di chi, invece, dovrebbe essere responsabile della loro sicurezza. Allora il patriarca Emmanuel III Delly sarà presente alla ROACO insieme al nunzio apostolico, mons. Francis Assisi Chullikat, e parleremo della situazione dei cristiani che vivono nelle diverse zone dell’Iraq; parleremo dei cristiani rifugiati, tanto quelli che si sono rifugiati all’interno del Paese, per esempio in Kurdistan, quanto i cristiani – numerosissimi – che si trovano ora in Siria e in Giordania. Lo scopo è sempre di chiarire come si può aiutare questi cristiani, in modo molto concreto, per alleviare le loro sofferenze.

     
    D. – Riguardo alla Turchia, cosa si prospetta nell’ambito della riunione della ROACO?

     
    R. – In Turchia sono presenti diverse comunità cattoliche. Accanto alla Chiesa latina, ci sono comunità caldee, siro-cattoliche e armeno-cattoliche. E malgrado il fatto che ci sia una separazione ufficiale tra Chiesa e Stato in Turchia, e malgrado il fatto che si stiano svolgendo i negoziati per l’entrata della Turchia nell’Unione Europea, i diritti di queste Chiese sono tuttora fortemente limitati. La Chiesa cattolica, per esempio, non ha personalità giuridica; allo stesso tempo, questi cristiani soffrono nei tempi recenti per un clima di nazionalismo acceso, come pure per un certo islamismo fondamentalista diffuso, e ambedue queste correnti vorrebbero far credere che non si può essere allo stesso tempo turchi e cristiani. E come sappiamo, recentemente ci sono stati alcuni atti violenti contro i cristiani: tutti ricordiamo l’assassinio, l’anno scorso, di don Andrea Santoro o, più recentemente ancora, l’assassinio di tre cristiani protestanti che avevano stampato la Bibbia in lingua turca. Insieme a diversi rappresentanti della Conferenza episcopale turca, sotto la guida di mons. Ruggero Franceschini, e alla presenza del nunzio apostolico, mons. Antonio Lucibello, vorremmo cercare piste concrete per sostenere la presenza delle comunità cattoliche in Turchia, e anche riflettere sul futuro di queste comunità. Perché noi crediamo che sia molto importante che ci siano cristiani in Turchia, per rendere presente l’amore del Signore e la presenza del Vangelo, come don Andrea Santoro l’aveva tanto sottolineato nelle lettere da lui inviate.

     
    D. – Anche la situazione in Terra Santa diventa sempre più critica ...

     
    R. – Purtroppo anche la Terra Santa continua a sprofondare in un clima di violenza sempre più frammentata. Non si vedono, per il momento, molti segni di speranza in una pace vicina. E anche lì, purtroppo, soprattutto nei Territori occupati da ormai 40 anni, la sorte dei cristiani è difficilissima, e l’emigrazione non smette di indebolire ulteriormente la presenza cristiana nella terra di Gesù. Sarà presente il nunzio apostolico in Israele e delegato apostolico in Palestina, mons. Antonio Franco, che presenterà alla ROACO il suo rapporto sulla situazione attuale e si rifletterà anche su cosa possiamo fare, quali aiuti concreti possiamo fornire per dare speranza, per incoraggiare i cristiani presenti e dunque cercheremo il modo per aiutare questi cristiani, far loro coraggio, sostenere la loro volontà di rimanere in questo Paese. Perché pure questo è molto importante: che nella terra di Gesù ci siano delle comunità cristiane veramente presenti.

    inizio pagina

    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   Servizio vaticano - "Benedetto XVI riconsegna al Terzo Millennio la vita e la testimonianza di Francesco": Benedetto XVI in visita, ieri, ad Assisi. Il dettagliato resoconto dell'avvenimento, con i servizi dell'inviato Giampaolo Mattei.

    Servizio estero - Medio Oriente: ribadito sostegno ad Abu Mazen; isolata la Striscia di Gaza controllata da Hamas.

    Servizio culturale - Un articolo di Marco Testi dal titolo "Quel groviglio inestricabile di vita e di arte": a cento anni dalla morte di Sergio Corazzini, riscopriamo la profondità di un autore finora sottovalutato.

    Servizio italiano - In rilievo il tema delle pensioni.

    inizio pagina

    Oggi in Primo Piano



    Liberato in Iraq padre Hani, dopo 12 giorni di prigionia

    ◊   In Iraq le forze della coalizione hanno ucciso, nelle ultime ore, almeno 20 insorti. I raid - hanno indicato in un comunicato fonti militari americane – sono stati condotti contro miliziani coinvolti in contrabbando di armi dall’Iran. A Baghdad, intanto, è stato rilasciato, dopo 12 giorni di prigionia, il sacerdote cattolico di rito caldeo Hani Abdel Ahad. Il servizio di Amedeo Lomonaco:


    Padre Hani è finalmente libero. Il sacerdote caldeo, rapito lo scorso 6 giugno a Baghdad insieme con 5 giovani cristiani subito liberati, è stato rilasciato ieri nella capitale irachena. E’ in buone condizioni di salute e non ha subito maltrattamenti. Ma la situazione dei cristiani in Iraq, spesso vittime di sequestri e persecuzioni, continua ad essere drammatica. Il sequestro di padre Hani, avvenuto tre giorni dopo il barbaro assassinio a Mossul di padre Ragheed Gani e di tre suoi subdiaconi, è solo l’ultimo di una tragica serie di rapimenti. I sequestri di sacerdoti in Iraq sono legati soprattutto a questioni economiche perché sono una fonte di guadagno ma sono anche un modo per seminare terrore e indurre i cristiani alla fuga. Gli effetti di questa campagna sono purtroppo evidenti. Nel quartiere di Dora a Baghdad, in passato abitato da molte famiglie cristiane, la fuga è spesso una necessità. Anche l’area di Amiriya, roccaforte sunnita, sta diventando una “zona minata” per i cristiani. Nella capitale irachena, ad eccezione di rari casi, sono ormai rimasti solo quei cittadini cristiani che non sono riusciti a trasferirsi in zone più sicure del Paese o all’estero. Le minacce di morte non risparmiano, poi, neanche i musulmani che cercano di aiutare i cristiani.

    Ma quali sono adesso le speranze per i cristiani in iraq, dopo la liberazione di padre Hani? Amedeo Lomonaco lo ha chiesto al procuratore apostolico per i caldei in Italia, mons. Philip Najim:


    R. - Certamente siamo felici della liberazione di padre Hani dopo 12 giorni di prigionia. Speriamo che i rapimenti non accadano più perché sono uomini che hanno dedicato la loro vita a servire tutta la comunità irachena, senza distinzione tra musulmani e cristiani.

     
    D. – Il rapimento di padre Hani è avvenuto tre giorni dopo il barbaro assassinio a Mossul di un sacerdote caldeo e di tre subdiaconi. Quando finirà e come potrà finire questa barbarie?

     
    R. – Queste barbarie devono finire con l’intervento della comunità internazionale; come ha sottolineato ieri il Santo Padre ad Assisi, la comunità internazionale deve intervenire e porre fine a questa tragedia che riguarda tutto il Medio Oriente, specialmente l’Iraq. Noi preghiamo sempre, continuiamo a pregare affinchè la comunità internazionale almeno consideri questa situazione come una situazione umanitaria. Si deve porre fine a questa tragedia e promuovere la pace in Iraq.

     
    D. – Dunque è necessario l’intervento della comunità internazionale; ma come reagisce in Iraq la comunità musulmana a questi sequestri e alle persecuzioni contro i cristiani?

     
    R. – I musulmani sono amareggiati di quello che accade ai cristiani e di quello che accade a loro perché queste azioni non fanno parte della storia del popolo iracheno. Queste sono forze oscure che vengono dal di fuori del Paese per creare queste divisioni. Il popolo iracheno è sempre stato unito e i fratelli musulmani soffrono e sono amareggiati; non accettano quello che accade ai loro fratelli iracheni cristiani in Iraq.

    inizio pagina

    A Roma, la seconda Conferenza internazionale Africa for life, promossa dalla Comunità di Sant’Egidio

    ◊   Abolizione della pena di morte in Africa, oggi in primo piano al Campidoglio a Roma, per la II Conferenza internazionale "Africa for Life". L’evento, con la partecipazione di ministri della Giustizia e operatori umanitari dei Paesi africani, è promosso dalla Comunità di Sant’Egidio. Il servizio di Giada Aquilino:

     
    “L’Africa per la vita. Senza la pena di morte”. Con questo slogan si è riunita a Roma la Conferenza promossa dalla Comunità di Sant’Egidio, a due anni dal Convegno "Africa for Life", che nel 2005 già vide a confronto nella capitale italiana numerosi ministri della Giustizia di quel continente. Proprio l’Africa, pur provata da conflitti e povertà, si distingue - sottolineano gli operatori di Sant’Egidio - per una tendenza positiva sia nella diminuzione costante del numero di esecuzioni, sia nell’aumento dei Paesi abolizionisti o che attuano una moratoria della pena capitale. Ascoltiamo il portavoce della Comunità, Mario Marazziti:

     
    "L’Europa è il primo continente ad essere senza pena di morte. Ma il continente che più rapidamente sta facendo passi avanti è l’Africa: da soltanto quattro Paesi, siamo ormai arrivati a 14 Stati che hanno abolito la pena capitale: abbiamo 24 Paesi che non la utilizzano da più di 10 anni, con una moratoria di fatto o con una moratoria per legge, e 15 Paesi che ancora la usano. L’Africa è il continente che può fare la differenza. La Comunità di Sant’Egidio sta accompagnando alcuni Stati in questo percorso legislativo, per trovare una forma di giustizia che sempre rispetti la vita. Questo può fare la differenza anche dal punto di vista di una risoluzione dell’assemblea generale delle Nazioni Unite.

     
    Nell’affiancare l’Africa in questo suo percorso verso l’abolizione della pena di morte è l’Unione Europea, in prima linea - con l’Italia - per una moratoria all’Assemblea generale dell’ONU. Proprio oggi i ministri degli Esteri dell'UE hanno raggiunto un accordo per la risoluzione sulla moratoria da presentare nella sessione autunnale dell’Assemblea. Sugli obiettivi europei, ascoltiamo il vicepresidente della Commissione UE, Franco Frattini:

     
    R. - In primo luogo, lavorare per diffondere il valore della vita fuori dall’Unione Europea; impegnarsi poi per ribadire che nell’Unione Europea il diritto alla vita e il rifiuto della pena di morte sono principi non solo consolidati, ma su cui si fondano i Trattati dell’Unione stessa; infine, aiutare i Paesi di quei Continenti - in particolare dell’Africa - che hanno ancora dubbi, o che magari di fatto non eseguono condanne ma le cui leggi prevedono la pena di morte, a fare il passo avanti necessario: prima sottoscrivendo la moratoria universale, poi abolendo definitivamente la pena di morte.

     
    D. - Quali sono i dati sulla pena di morte oggi?

     
    R. - Sono dati tragici: 1.500 esecuzioni capitali solo nello scorso anno e 4 mila condanne a morte che non sono state fortunatamente eseguite, ma ci sono e pesano. L’Unione Europea vuole dare un contributo concreto. Ho proposto una “Giornata europea contro la pena di morte” che domani sarà adottata dalla Commissione Europea come iniziativa ufficiale.

     
    Tra i Paesi africani che hanno fattivamente cancellato la pena di morte dal loro ordinamento giuridico, c’è il Rwanda, il cui parlamento si è espresso l’8 giugno scorso, a più di 10 anni dal genocidio. In Burundi invece le esecuzioni capitali sono ancora ammesse. Ma il movimento per la loro abolizione e per il diritto alla vita è sempre più esteso. Ce ne parla Margherite Barankitse, cristiana, che con la sua ONG Maison Shalom dagli anni ‘90 si occupa dei bambini vittime della guerra civile in Burundi:

     
    R. - Le chrétien sait qu’il appartient à une famille plus noble, la famille...
    Il cristiano sa di appartenere alla famiglia dei figli di Dio, dalla quale neppure i malfattori sono esclusi. Il valore più importante è il perdono. Vorrei ricordare la storia di Glorieuse, che dimostra quanto l’amore possa andare oltre la legge. Fu violentata durante il conflitto tra hutu e tutsi. Portò in grembo il figlio del suo violentatore. La legge, ad esempio, avrebbe dato la possibilità a questa ragazzina di abortire e di uccidere il proprio bimbo, perché figlio dei criminali che l’avevano violentata e avevano ucciso i suoi genitori. Ma Glorieuse ha partorito quel piccolo e ci ha dato una lezione su quell’amore che va oltre la legge, annunciando la meraviglia dell’amore di Dio. Noi siamo stati salvati, il Venerdì Santo, affinché potessimo proclamare lo splendore della Risurrezione.

     
    A soffermarsi sull’impegno del mondo di oggi contro la pena di morte è il cardinale Renato Raffaele Martino, presidente del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace:

     
    La società moderna ha tutti i mezzi per rendere inoffensiva una persona che ha commesso un delitto e quindi non c’è assolutamente bisogno della pena di morte. Mi auguro che finalmente si abbia non solo una moratoria, ma l’abolizione completa della pena di morte. Essa non serve a riformare, a rieducare il colpevole: la pena per un crimine, invece, deve mirare al reinserimento del colpevole nella società.

    inizio pagina

    Chiesa e Società



    Celebrati i funerali di padre Giovanni Marchesi, prestigiosa firma della rivista dei Gesuiti Civiltà Cattolica

    ◊   “Sia che viviamo, sia che moriamo, siamo del Signore”: aveva sussurrato padre Giovanni Marchesi richiamando la frase di San Paolo, nel ricevere l’estrema unzione pochi giorni fa. A ricordare stamane con parole di profonda stima e grande affetto il noto teologo gesuita, scomparso giovedì scorso a Roma, all’età di 68 anni, è stato padre Gian Paolo Salvini, pronunciando l’omelia del suo funerale, celebrato nella Cappella della Casa della Civiltà Cattolica, la prestigiosa rivista, di cui padre Marchesi, docente di Cristologia all’Università cattolica, era prestigioso notista. Nella chiesa a rendere l’ultimo saluto a padre Giovanni, i confratelli e i numerosi amici ed estimatori che hanno ripercorso il profilo umano e spirituale dello studioso. “Un confratello che ci lascia senza tramonto – ha osservato padre Salvini – che se ne va al termine della sua giornata di lavoro, per noi ancora incompleta, quasi temesse di disturbare prolungando il bisogno di cure e di assistenza”. Era malato di cancro, padre Marchesi, già da diversi mesi, eppure progettava di recarsi in Norvegia quest’estate. “La sua passione per i viaggi forse era la reazione alla vita di tavolino dello scrittore, forse era il sogno segreto di un figlio di Sant’Ignazio che parla di se stesso come del ‘pellegrino”. Ora ha concluso il suo ultimo viaggio che, nonostante il dolore per la perdita, si chiude nel segno della speranza, tanto più grande della nostra, che viene dall’incontro con quel Gesù che Giannetto” - come lui soleva firmare – ha amato, ha annunciato, ha insegnato e che ha ringraziato in punto di morte.” Di lui restano la grande eredità di studioso e il ricordo affettuoso delle moltissime persone illustri altolocate e potenti che aveva conosciuto ed anche semplici ed umili che aveva sempre frequentato. (R.G.)

    inizio pagina

    Starebbe bene padre Giancarlo Bossi, rapito nelle Filippine il 10 giugno

    ◊   “Sta bene, ma sembra molto stanco”: lo ha detto l'esponente del Fronte Islamico di Liberazione Moro (MILF), Mohammed Nassif, in riferimento alle condizioni di salute di padre Giancarlo Bossi, il missionario italiano rapito il 10 giugno scorso, nel sud est asiatico. Anche padre Gianni Sandalo, superiore regionale del Pontificio Istituto Missioni Estere (PIME) dichiara all’agenzia Asianews, di aver avuto i primi “contatti verbali, da parte di un gruppo anonimo”. Alcune fonti affermano che in mattinata i sequestratori abbiano chiesto per la liberazione del sacerdote un riscatto di diversi milioni di pesos filippini, ossia decine di migliaia di dollari. Altre fonti, tra cui il ministero italiano degli Esteri, sostengono invece non sia stata avanzata ancora alcuna richiesta precisa. Intanto una zona dell’arcipelago filippino è stata isolata dai militari del MILF, che hanno condannato il rapimento e si sono offerti come mediatori. Grazie alle loro informazioni, è stato localizzato il luogo in cui si trova padre Bossi: nella regione montagnosa di Mamagun, nella provincia meridionale di Zamboanga Sibugay, lontano dal luogo del rapimento. Secondo l’esercito, il sacerdote, sarebbe stato rapito da una quindicina di dissidenti del MILF, con a capo Abdulsalam Akiddin, già responsabile di altri rapimenti a scopo di lucro. Molta solidarietà arriva dai fedeli di ogni confessione: a Payao, dove lavorava padre Bossi, tutti i luoghi di culto sono affollati di credenti che pregano per l’immediata liberazione del sacerdote. Ieri a Ipil, capoluogo della penisola della Zamboanga Sibugay, la Veglia di preghiera è durata tutta la notte. Oggi decine di gruppi di preghiera si sono riuniti nella città di Zamboanga, capitale provinciale dell’arcipelago meridionale di Mindanao. (B.B.)

    inizio pagina

    200 milioni i cristiani a rischio persecuzione in ben 60 Paesi del mondo: lo documenta un dettagliato Rapporto del Servizio segreto britannico MI6

    ◊   200 milioni di cristiani in 60 diversi Paesi sono a rischio di persecuzione. Lo sostiene il Servizio segreto britannico MI6, in un allarmato Rapporto pubblicato dalla rivista “Sunday Express”. In Sudan, ad esempio, ''migliaia di cristiani sono stati massacrati e il governo fondamentalista islamico ha fatto poco per proteggerli''. Anche in Iraq, secondo lo studio, ''la situazione è grave: i cristiani non hanno una propria milizia con cui difendersi, le fazioni sunnite e quelle sciiti li accusano di collaborare con i 'crociati' americani e tra i centinaia di rapimenti compiuti nell'ultimo anno c'è un crescente numero di cristiani''. Nell'ultimo anno anche in Pakistan sono stati uccisi almeno una settantina di cristiani. In Turkmenistan, Uzbekistan e Tagikistan i cristiani appartenenti alla Chiesa ortodossa russa, sono spesso malvisti: in queste tre Repubbliche ex-sovietiche dell'Asia Centrale, a stragrande maggioranza musulmana, sono sovente presi di mira nelle mosche da predicatori ''sotto l'influenza di Al Qaida'', che li presentano come seguaci di un religione associata strettamente all'odiato colonialismo occidentale e ne chiedono l'espulsione. Altri Paesi segnalati dall'MI6 per le vessazioni ai danni dei cristiani sono Corea del nord, Cina, Etiopia, Nigeria e Uganda. La Corea del nord avrebbe rinchiuso in campi di lavoro più di 50 mila cristiani e questo soltanto a causa delle loro convinzioni religiose. Nelle stesse terribili condizioni si troverebbero in Cina 40 mila cristiani. Il rapporto del Servizio segreto britannico segnala infine le difficoltà crescenti di palestinesi cristiani, alle prese con la progressiva radicalizzazione delle masse islamiche in Medio Oriente. (R.G.)

    inizio pagina

    Afghanistan: con il plauso del governo, i gesuiti aprono una scuola tecnica ad Herat

    ◊   Il Jesuit Refugee Service (JRS) ha inaugurato una scuola tecnica ad Herat, che ha subito riscosso grande approvazione e lodi da parte della autorità locali. Lo stesso ministro dell’Educazione, Mohmmad Hanif Atmar, presente alla cerimonia di apertura la settimana scorsa, si è detto certo che “con l’aiuto del JRS l’Afghanistan potrà raggiungere alti livelli nel campo dell’istruzione”. Il responsabile della missio sui juris nel Paese, p. Giuseppe Moretti, da Kabul commenta all'Agenzia AsiaNews che “la stima che i gesuiti godono nel campo dell'educazione varca anche i confini afghani e fa indubbiamente piacere che le autorità locali ne prendano atto e ne auspichino l'incremento”. Poche settimane fa, inoltre, il JRS ha aperto anche una seconda missione a Bamyan. Per la costruzione della Herat Technical School, il JRS ha speso oltre 145 mila dollari, per lo più pervenuti tramite “donazioni dai gesuiti di tutto il mondo, come pure da amici e benefattori in Germania, Svizzera e Austria”, riferisce p. Noel. Il sacerdote gesuita, di origine indiana, è stato uno dei pionieri della ONG in Afghanistan; insieme a p. A. Santiago, sono stati in prima linea nel progetto della scuola. “Oggi vi sono oltre 490 alunni, comprese 120 ragazze, e le lezioni sono incentrate soprattutto sui soggetti come elettronica/elettricità e architettura”. Padre Moretti, anche parroco dell’unica chiesa in Afghanistan, tiene a sottolineare come “ogni presenza della operatività umanitaria cattolica è un seme: questo vale non solo per i gesuiti, ma in primis per le Piccole Sorelle di Gesù, le Suore di Madre Teresa, le Suore Missionarie Francescane di Maria e le Suore Missionarie Domenicane di Santa Caterina della ‘Associazione pro bambini di Kabul’ che hanno aperto il primo centro di assistenza per bambini disabili mentali in Afghanistan”. (R.P.)

    inizio pagina

    Cresce l’informazione su Internet ma non intacca il mercato della stampa quotidiana e delle riviste in grande espansione nei Paesi emergenti

    ◊   Internet e giornali possono convivere nello scenario mediatico in rapida evoluzione, contrariamente alle previsioni di progressiva scomparsa dell’informazione su carta. Il risultato sorprendente è emerso dai lavori del 60mo Congresso mondiale dei giornali e del 14mo World Editor Forum, svoltisi la settimana scorsa a Città del Capo, in Sud Africa, presenti 1600 professionisti dei media – editori, direttori e redattori capo, manager e studiosi – provenienti da 109 Paesi. “Si è grandemente esagerata la ‘morte’ dei giornali’’, ha rilevato Gavin O’Reilly, presidente dell’Associazione mondiale dei giornali (WAN), se lo scorso anno sono stati venduti ogni giorno 515 milioni di giornali, e distribuite gratis altre 40 milioni e 700 mila copie, come documenta il Rapporto mondiale sulle tendenze della stampa (World Press Trends), stimando in 1 miliardo e 400 mila i lettori quotidiani di giornali. L’attacco dei media digitali è più forte negli Stati industrializzati rispetto ai Paesi emergenti dove invece continua a salire la diffusione dei quotidiani, ma ci sono incrementi anche in molte Nazioni ricche, ha segnalato Timothy Balding, amministratore delegato dell'Associazione. I quotidiani a pagamento hanno aumentato nel 2006 i proventi pubblicitari del 3,8 per cento, segnando un incremento del 15,8 negli ultimi cinque anni. Non sono invece disponibili i dati sulle entrate pubblicitarie dei 287 giornali gratuiti pubblicati oggi nel mondo, che coprono l'8 per cento di diffusione mondiale del settore. La quota del mercato pubblicitario mondiale dei quotidiani è rimasta salda al 29,6 per cento, rispetto al 29,8 per cento del 2005. Dunque i quotidiani restano il secondo maggiore veicolo pubblicitario al mondo, dopo la televisione, ma salgono al primo posto tenendo conto anche delle riviste, con il 42 per cento totale rispetto al 38 per cento della televisione. E’ stata l’India a registrare nel 2006 il maggior incremento pubblicitario del 23 per cento nei quotidiani, seguita dalla Cina con il 16 per cento, mentre gli introiti sono scesi dell'1,7 per cento negli Stati Uniti, del 3,2 per cento in Giappone e del 4 per cento nel Regno Unito. Il numero di nuovi quotidiani a pagamento è salito del 3,5 per cento l'anno scorso, per raggiungere la cifra record di 11.207. "Sette su 10 tra i 100 quotidiani a maggiore diffusione nel mondo sono oggi pubblicati in Asia", il 60 per cento in Cina, Giappone e India. Il maggiore mercato per la stampa quotidiana risulta la Cina, dove nel 2006 sono state vendute 98 milioni e 700 copie al giorno. (A cura di Roberta Gisotti)

    inizio pagina

    La Caritas diocesana di Roma propone una mostra ed un documentario sul tema migrazioni, in vista della Giornata mondiale per i rifugiati, il 20 giugno

    ◊   Una mostra dell’artista Elena Marioni intitolata “5 minuti nelle mie scarpe” ed un film documentario “La piazza è chiusa” del regista Edoardo Winspeare: due tra gli appuntamenti proposti dalla Caritas diocesana di Roma, in vista della Giornata mondiale per i rifugiati, che si celebrerà il 20 giugno. Iniziative volte a favorire la conoscenza e sensibilizzare le coscienze sui diversi, spesso sofferti a volte drammatici, aspetti del fenomeno migratorio. “I rifugiati - commenta all’agenzia Sir mons. Guerino Di Tora, direttore della Caritas diocesana di Roma - non scelgono di venire in Italia. È un viaggio forzato che per alcuni si interromperà tragicamente in un naufragio, per altri non avrà ritorno. Per altri ancora il viaggio schiuderà un futuro migliore. Ma per tutti le ferite fisiche e morali e i lutti patiti saranno sempre compagni di vita”. Per questo, aggiunge, “siamo chiamati ad essere luce di speranza per quanti l’hanno smarrita e ad essere Patria per quanti non la hanno più”. Per i rifugiati e richiedenti asilo, da anni, la Caritas ha attivato servizi di ascolto, di orientamento sociale e legale, di corsi di italiano, di sportelli lavoro con inserimento professionale attraverso laboratori, stage e tirocini presso aziende, oltre a cure mediche specializzate per vittime di violenza. (R.G.)

    inizio pagina

    Inizia oggi a Milano la Settimana Nazionale di aggiornamento pastorale

    ◊   Si apre oggi a Milano, la 57esima edizione della Settimana Nazionale di aggiornamento pastorale. L’iniziativa, organizzata dal Centro Orientamento pastorale (COP), analizza tutte le altre forme di missione popolare. “Cinquant’anni dopo, dov’è la missione? Dalla missione popolare di Milano (1957) alle forme di missione quotidiana nei nuovi areopaghi” è il tema dell’incontro, che si pone l’obiettivo di confrontare le diverse forme di evangelizzazione ed offrire nuove prospettive pastorali. Spazio anche ai laboratori di lavoro che analizzeranno il rapporto tra missione, mass media, scuola e università. Alle 18, nella basilica di San Babila a Milano, padre Dionigi Tattamanzi celebrerà una Messa in memoria di mons. Cerini, fondatore del COP. Tra gli altri, parteciperanno anche mons. Gaetano Bonicelli, arcivescovo emerito di Siena, mons. Aldo Giordano, segretario generale del Consiglio delle Conferenze episcopali europee e il vescovo di Palestrina, Domenico Segalini. (B.B.)

    inizio pagina

    24 Ore nel Mondo



    In Afghanistan, decine di talebani morti per un attacco contro un covo di Al Qaeda. In un raid delle forze della coalizione, uccisi anche 7 bambini

    ◊   In Medio Oriente, ha giurato ieri a Ramallah, davanti al presidente Abu Mazen, il nuovo governo palestinese. Presieduto da Salam Fayyad, il nuovo esecutivo ha riscosso l’unanime consenso internazionale, anche se Hamas continua a definirlo illegale. Il governo palestinese può godere dell'appoggio degli Stati Uniti ed Israele. Proprio lo Stato ebraico ha assicurato l'autorizzazione all'invio di aiuti umanitari nella Striscia di Gaza. Sul terreno, intanto, l’Esercito dell’Islam, il gruppo palestinese che lo scorso 12 marzo ha rapito a Gaza il giornalista della BBC, Alan Johnston, nega di aver raggiunto un accordo con Hamas per il rilascio del reporter.
    - Continuano nel nord del Libano, nei pressi del campo profughi palestinese di Nahr al Bared, gli scontri tra miliziani del gruppo Fatah al Islam e soldati libanesi: fonti di stampa hanno rivelato che l'esplosione di una bomba ha provocato la morte di almeno tre militari libanesi.

    - E a preoccupare la comunità internazionale è anche l’Afghanistan, dove violenti combattimenti sono avvenuti, nelle ultime ore, nell’area meridionale del Paese. Sono decine i talebani rimasti uccisi, secondo il commando americano. In un raid aereo della coalizione hanno perso la vita anche 7 bambini.

    - In Francia, il premier Francois Fillon ha presentato le dimissioni del governo al capo dello Stato, Nicolas Sarkozy, dopo le elezioni legislative di ieri, segnate da una vittoria, meno netta di quella prevista dai sondaggi, del partito del presidente. Sull’esito delle elezioni legislative, ci riferisce Francesca Pierantozzi:


    Grande sorpresa al secondo turno delle legislative francesi. Il centro destra del presidente Sarkozy conferma la maggioranza assoluta al Parlamento, ma non c’è il trionfo annunciato. La destra conquista 330 seggi su 577 perdendone una sessantina rispetto al Parlamento uscente. Tira un sospiro di sollievo la sinistra: il partito socialista che sperava al massimo di conservare i suoi 149 seggi, supera in realtà i 200. Duro colpo per il governo di François Fillon: è stato clamorosamente bocciato al ballottaggio il super ministro dell’ecologia Alain Juppe' che ha subito annunciato le dimissioni. Il premier Fillon ha comunque parlato di una scelta chiara e coerente degli elettori e ha dichiarato che comincia ora il periodo dell’azione. Il primo segretario del partito socialista, François Holland, ha invece salutato il sussulto democratico dei francesi, ha promesso un’opposizione che critica e che propone ma anche un profondo rinnovamento della sinistra. Sempre nella serata di ieri è arrivato anche l’annuncio della separazione di Holland da Ségolène Royal. L’ex candidata alle presidenziali ha dichiarato in un’intervista che è rimasta in buoni rapporti con il padre dei suoi quattro figli e che intende ora candidarsi alla successione di Holland alla direzione del partito. (Francesca Pierantozzi da Parigi, per la Radio Vaticana)

    Segni di speranza per il Sahara occidentale, ex colonia spagnola annessa al Marocco nel 1975. Per la prima volta dopo dieci anni, infatti, si ritrovano al tavolo dei negoziati Rabat e i rappresentanti del Fronte Polisario, movimento indipendentista. Ma dopo un conflitto, che ormai dura da anni, questa tornata di colloqui può costituire un reale punto di svolta? Giancarlo La Vella lo ha chiesto a Luciano Ardesi, esperto della regione del Maghreb:


    R. – E’ un passo importante, forse è troppo presto per parlare di una vera e propria svolta. Era dal 2000 che si erano interrotti i contatti diretti tra il Fronte Polisario ed il Marocco. Questo negoziato deve permettere alle due parti di mettersi d’accordo sullo svolgimento di un referendum di autodeterminazione così come è richiesto dal Consiglio di sicurezza alla fine di aprile.

     
    D. – Che cosa potrà scaturire da questi incontri? Pensare già ad uno Stato del Sahara occidentale forse è troppo presto?

     
    R. – Sicuramente sì. Le due parti si devono mettere d’accordo innanzitutto sul principio della tenuta di un referendum. Il Fronte Polisario ha già detto di accettare questo principio; ha già detto che accetterà la votazione sia della popolazione Saharawi, sia della popolazione marocchina attualmente residente nel territorio del Sahara Occidentale. Il Marocco è disposto ad un eventuale referendum a condizione che, tra le possibili opzioni non ci sia quella dell’indipendenza. Però, risulta difficile pensare che un referendum di auto determinazione possa escludere a priori quello dell’indipendenza.

     
    D. – La storia di questo conflitto che cosa ha rappresentato per il nord Africa?

     
    R. – Il fatto che la questione non si sia risolta fino ad oggi ha impedito di fatto all’organizzazione del 'Maghreb arabo', questa unione proclamata 20 anni fa, di realizzarsi. Si è pensato di poter fare a meno di risolvere tale questione ma è stato impossibile. Senza la definizione di uno status del Sahara occidentale, non è pensabile che i Paesi - in questo momento sono in tensione tra di loro come l’Algeria e il Marocco - possano aprire non solo i loro mercati ma le loro frontiere.

    - Buone notizie dal Sudan. Il presidente Omar al-Beshir ha accettato, senza condizioni, il dispiegamento in Darfur di un contingente formato da 23.000 uomini dell'ONU, che si affiancheranno ai settemila soldati dell'Unione Africana, presenti da oltre un anno nella tormentata regione occidentale del Sudan.

    - Ennesimo naufragio nel Canale di Sicilia. I cadaveri di 14 immigrati sono stati recuperati, ieri, in mare, nei pressi di Lampedusa, dalla Marina militare italiana. Intanto, questa mattina, sono riprese le ricerche di altri cadaveri: si teme, infatti, che il bilancio della tragedia possa crescere nelle prossime ore. (Panoramica internazionale a cura di Amedeo Lomonaco)

    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LI No. 169

     

     
    E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sulla home page del sito www.radiovaticana.va/italiano

    inizio pagina